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Università : Università degli studi di Siena
Facoltà : Sc.Politiche
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NASCITA E MORTE PRECOCE DELLA “NUOVA DIPLOMAZIA”.
1. Una proposta di lettura.
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L’inizio del XX secolo vide il dominio della Gran Bretagna come impero
globale e lo slancio nella politica internazionale della Germania di Guglielmo
II, grazie ad un sistema economico in rapida crescita. La Germania apparve in
grado di contrastare l’egemonia britannica (con la creazione di una flotta
militare ed il progetto di costruire la linea ferroviaria Berlino-Bagdad) e
quest’ultima reagì avviandosi verso la formazione di una coalizione antitedesca. Così, per gioco di alleanze che vedeva Francia, Russia e Gran Bretagna
nella triplice Intesa, con l’Italia facente parte della Triplice Alleanza che
stipulava accordi economici con Francia e Russia, mentre la Germania, isolata,
veniva appoggiata solo dall’Impero Austro-Ungarico. Con i nuovi schieramenti
non si voleva solo favorire la Francia nel recupero dell’Alsazia e della Lorena
(1870-71), ma anche ad impedire l’avanzata tedesca a scapito dell’ “uomo
malato d’Europa”, l’Impero Ottomano, su cui tutti avevano ambizioni, in
particolar modo dopo la scoperta del petrolio.
Nel 1895, respingendo un piano di spartizione proposto dagli inglesi, la
Germania ottenne le prime concessioni per la costruzione della linea ferroviaria,
da quel momento era lei a sorreggere l’impero ottomano, divenendo, così,
l’obiettivo della controffensiva diplomatica inglese. Indefinita la posizione
dell’Italia. Alla crescente fibrillazione nella zona mediorientale, si aggiunse il
dilagare in Europa del Movimento Socialista e l’affermazione degli USA come
forza economica globale, nonché, come artefice della creazione di un nuovo
ordina mondiale. Ma, se il pericolo rivoluzionario non era difficile da
contenere, nulla impedì agli Usa di affermarsi. Alla vigilia della Prima Guerra
Mondiale, infatti, era già una superpotenza economica che mirava ad eliminare
alcuni elementi di insicurezza territoriale. Le questioni territoriali riguardavano
la presenza spagnola a Cuba ed il controllo dei progetti riguardanti la
costruzione del Canale di Panama. Le questioni ideologiche, invece,
riguardavano il ruolo della politica estera americana nel mondo.
Le prime questioni venero risolte nel 1898 con la guerra alla Spagna che portò
ad occupare Cuba, le Filippine e Guam nonché all’annessione di Portorico e
delle Hawaii. Nel 1903, inoltre, gli USA ottennero il diritto di occupare e
controllare la navigazione della zona prossima al Canale di Panama. Gli USA
furono da sempre stretti tra isolazionismo e presenza internazionale. Il
successore di Roosvelt, Taft, preferì sviluppare un’espansione finanziaria,
“diplomazia del dollaro”, la cosiddetta “politica della porta aperta” (per
esempio in Cina affluivano soldi americani per riforme al governo). Percependo
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la complessità della diplomazia mondiale, Taft preferiva i trattati di arbitrato, lo
strumento più utile per risolvere pacificamente controversie internazionali.
Wilson mediò tra le due anime ponendosi in Europa come paladino della pace.
Riguardo la Prima Guerra Mondiale, egli non prese subito posizioni pensando
terminasse presto. Ma, quando nel 1917 gli americani intervennero, la Guerra
aveva già offerto loro nuove prospettive commerciali e finanziarie; alla fine del
conflitto risultavano tra i principali finanziatori del conflitto. Le ostilità nei
confronti della Germania si rafforzarono a causa della guerra sottomarina ed il
carattere disumano della guerra si scontrava con il pacifismo wilsoniano che
voleva imporre con la forza dell’economia e delle pressioni politiche un nuovo
ordine internazionale. I principi che Wilson espose al Senato nel gennaio ’17
erano:
pace senza vincitori; uguaglianza delle nazioni; l’autogoverno dei popoli; la
libertà dei mari; una generale riduzione degli armamenti; una lega perpetua di
tutte le nazioni.
Al progetto wilsoniano i tedeschi reagirono con la ripresa della guerra
sottomarina, mentre nel frattempo in Russia imperversava la Rivoluzione. Ora
gli Usa dovevano misurarsi con le proposte comuniste, nuovo avversario da
battere sul terreno ideologico. L’Europa però non era alla vigilia della
Rivoluzione, anzi, proprio la paura della sovversione accelerava lo scontro
risolutivo e favoriva l’influenza wilsoniana. La scesa in campo degli USA
provocò una svolta nelle operazioni militari: Germania e Austria persero più
che sul terreno bellico, su quello delle risorse economiche e su quello delle
ripercussioni che le idee di Wilson provocarono. Ai 14 punti di Wilson si
contrappose il “Decreto per la pace” di Lenin con il quale si chiedeva ai popoli
dei paesi belligeranti ed ai governi l’immediata apertura dei negoziati per una
pace senza vincitori ne vinti, al fine di attuare la Rivoluzione proletaria.
Il sistema dei Soviet era diretto contro gli stati capitalisti, quello wilsoniano
esprimeva invece il modo americano di guardare all’Europa. Con il suo piano,
infatti, Wilson voleva mettere in difficoltà sia i nemici delle potenze occidentali
sia le potenze occidentali stesse: Francia, in riferimento alla sua sicurezza
futura, e Gran Bretagna, in relazione al suo sistema imperiale. Il progetto
incoronava la visione di un nuovo ordine basato sugli interessi economici degli
USA. Con i 14 punti gli USA precisavano di non essere entrati in guerra per
interessi propri ma per far si che il mondo fosse sicuro. In generale
proclamavano: fine della diplomazia segreta, libertà di navigazione,
soppressione delle barriere per un libero commercio, limitazione degli
armamenti, e che gli interessi dei popoli colonizzati avessero lo stesso peso di
quello delle potenze coloniali.
Si prometteva alla Russia che i suoi territori sarebbero stati evacuati dai nemici,
alla Francia Alsazia e Lorena, al Belgio l’indipendenza, di rettificare le
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frontiere italiane, l’evacuazione della Romania, della Serbia e Montenegro,
piena sovranità e sicurezza alle “parti turche” dell’ ex Impero Ottomano, e il
controllo internazionale dei Dardanelli, indipendenza polacca con sbocco al
mare e la costituzione della Società delle Nazioni. Ma la diplomazia aperta fu
un’illusione: a Parigi, durante una conferenza di pace, il “Consigli dei Quattro”
(USA, Gran Bretagna, Italia e Francia) decisero segretamente le clausole dei
trattati di pace. Solo per l’Italia si pose la questione del principio di nazionalità
senza che ciò fosse specificato per la Russia o per le colonie, né tanto meno per
la questione serba e polacca, dove il principio di nazionalità era in secondo
piano per la necessità di assicurare lo sbocco al mare della Polonia. Si fece poi
di tutto per dissolvere l’Impero Asburgico e quello Ottomano. La disgregazione
di quest’ultimo apriva al colonialismo anglo-francese il controllo del
Mediterraneo orientale, lasciando però scoperta la situazione araba.
Quest’ultima zona era molto importante per gli USA vista la presenza del
petrolio e la politica della porta aperta metteva alle corde la Gran Bretagna.
Era l’inizio di un percorso che avrebbe portato gli USA a sostituirsi alla Gran
Bretagna nel controllo delle risorse petrolifere medio-orientali.
Circa l’Impero Austro-Ungarico, italiani ed americani incoraggiavano le
aspirazioni nazionalistiche dei popoli: venne creata la Grande Serbia, stato
serbo-croato-sloveno, entità indipendente, era una polveriera di tensioni e
conflitti tra le varie nazionalità. Nacque poi la Jugoslavia e la Cecoslovacchia,
nella quale convivevano cinque nazionalità. Tali “creature” di Wilson avevano
lo scopo di creare un “cordone sanitario” contro la Russia. Circa l’Italia, Wilson
attizzò la polemica riguardo l’Alto Adige/Sud Tirolo, confine orientale,
respingendo le intese del Patto di Londra (1915). I francesi, invece, auspicavano
alla cancellazione del pericolo tedesco, tramite la separazione della Renania.
Wilson si oppose proponendo un compromesso basato sullo scambio con un
trattato di garanzia cinquantennale che gli Usa e la Gran Bretagna concedevano
alla Francia rispetto al pericolo tedesco. Wilson aggiunse un patto costitutivo
della Società delle Nazioni (Covenant). Egli però nell’ottobre’19 fu colto dalla
malattia e l’opposizione repubblicana bocciò il patto, così gli USA non
entrarono nella Società delle Nazioni, venendo meno a tutto ciò che Wilson
aveva garantito. Ciò non fece altro che: acuire il problema della sicurezza per la
Francia, la vittoria “mutilata” in Italia per la mancata attuazione del Patto di
Londra, la Gran Bretagna preferì l’isolazionismo, i tedeschi assoggettati al
diktat iniziarono a coltivare la politica revisionista, il nuovo ordine dell’Europa
centro-orientale non ebbe più garanzia ed i Balcani iniziarono a negoziare con
Mosca. I trattati furono firmati ma la pace sembrava lontana.
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2. Il diagramma evemenenziale.
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Nel 1914 l’impero britannico occupava un terzo della superficie terrestre:
dall’Egitto all’Unione sudafricana, L’India, al Birmania, l’Australia, la Nuova
Zelanda, il Canada, Gibilterra, Malta, Cipro, il Canale di Suez, Singapore, Hong
Kong, tutte strategiche per quel che riguardava il controllo delle comunicazioni
con la madrepatria. Le colonie erano all’origine del primato politico, economico
e commerciale britannico. Per quanto riguarda l’impero tedesco, finché
Bismarck mantenne la carica di cancelliere, la politica estera fu caratterizzata
dall’intento di proteggere il paese dallo spirito di rivalsa francese, attraverso
una fitta rete di alleanze che la vedevano legata all’Austia-Ungheria (1879) e
all’Italia (Triplice alleanza 1882). L’intento di Bismack era principalmente
quello di tener uniti i tre imperi dell’Europa Centrale, attraverso il Trattato di
Controassicurazione del 1887 stipulato con la Russia per evitare un
avvicinamento di quest’ultima alla Francia. Estromesso Bismarck dal potere,
però, per opera dell’imperatore Guglielmo II, che intraprese una politica estera
meno cauta, attenta agli interessi della grande industria. Egli, infatti, dal ’93
avviò una vera e propria guerra tariffaria contro la Russia, portandola così a
stringere contatti diplomatici con la Francia. Nel 1893 questa non era più isolata
e vedeva aprirsi la strada della “revanche”. La Germania cessava, così, di essere
l’elemento dominante delle relazioni internazionali ma continuava ad essere la
potenza più forte e dinamica d’Europa. Manifestazioni della sua forza si
evidenziavano con l’impegno coloniale che la portò ad occupare Namibia
(Africa sud-occidentale) e Tanzania (Africa orientale), l’Arcipelago delle
Caroline e delle Marianne (nel Pacifico), divenendo anche un elemento
dominante nel Medio Oriente, con l’intervento della Deutsche Bank per la
ferrovia Berlino-Bagdad, e con l’avvento al potere dei Giovani Turchi ad
Istambul, che favorirono la penetrazione tedesca in Turchia, investirono in
un’area strategica per gli inglesi. Si manifestò ancora con la preparazione di una
grande flotta militare guidata dall’ammiraglio Von Tirpitz.
La corsa al riarmo navale portava però la Germania a contrapporsi
diplomaticamente alla gran Bretagna. Gli inglesi compresero ben presto che la
Germania Guglielmina costituiva una minaccia per l’Europa. Così, nel 1898, il
ministro per le Colonie britannico, Chamberlain, propose la stipulazione di
un’alleanza alla Germania. Proposta che però venne accolta a Berlino con molta
diffidenza. Un’eventuale alleanza anglo-tedesca, infatti, avrebbe approfondito il
solco che già divideva Russia e Germania, in un momento in cui tra Gran
Bretagna e Russia esistevano pessime relazioni politico-diplomatiche. Anche se
l’alleanza con l’Austria e l’Italia (appena uscita dalla sconfitta di Adua) non era
sufficiente per l’avvenire della politica estera tedesca, il ministro degli esteri
tedesco Von Bullow lasciò cadere la proposta tedesca poiché quell’ alleanza
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avrebbe solo peggiorato i rapporti con la Russia senza assicurare in cambio un
appoggio militare, poiché la Gran Bretagna non aveva la circoscrizione
obbligatoria. Anzi Bullow ritenne più importante stringere alleanza con i russi,
pensando erroneamente che le differenza tra Russia e Francia avrebbero ben
presto portato alla rottura dell’alleanza. Dopo questa proposta e dopo l’azione
congiuntamente svolta in Cina per reprimere la rivolta dei boxers, Chamberlain
ripropose una nuova alleanza. L’insistenza inglese venne considerata un segno
di debolezza e Bullow replicò proponendo a sua volta un altro accordo per far
entrare la Gran Bretagna nella triplice Alleanza, ma questa rifiutò. Nel 1904
Francia e Gran Bretagna raggiunsero una completa intesa su tutte le
controversie coloniali e strinsero il segreto impegno di favorire l’azione
francese in Marocco anche contro terze potenze.
Bullow, però, ritenne di poter dimostrare alla Francia che la sua alleanza altro
non era che una “tigre di carta”. Ciò avvenne in modo teatrale durante un
viaggio di Guglielmo II a Tangeri durante il quale disse al sultano che avrebbe
difeso gli interessi tedeschi in Marocco. Tutto ciò proprio quando la Francia
aveva intrapreso senza consultare Berlino un’azione diplomatica volta a porre il
Marocco sotto il suo protettorato. La Francia dovette accettare che la questione
marocchina fosse discussa in una conferenza internazionale durante la quale
ebbe l’appoggio inglese, russo ed italiano. Ciò era segno di un pericoloso
isolamento tedesco che continuò ad accentuarsi quando nel 1907 la Gran
Bretagna si avviò verso l’intesa con la Russia, raggiungendo un accordo circa
l’Asia, la Persia, l’Afghanistan e il Tibet, portando così ala nascita della Trilice
Intesa. Intanto la Triplice Alleanza continuava a sgretolarsi, infatti nel 1908
anche l’Italia, dopo che l’Austria-Ungheria aveva annesso la Bosnia si accordò
segretamente con la Russia per il mantenimento dello status quo nei Balcani.
2.1 La formazione delle alleanze contrapposte in Europa
I nuovi schieramenti furono messi alla prova nel 1908 con la crisi balcanica,
ovvero quando l’Austria-Ungheria decise di trasformare l’amministrazione
della Bosnia Erzegovina (dopo la fine della guerra russo-turca) in annessione.
Ciò rese evidente l’idea che la situazione dei Balcani potesse essere modificata
unilateralmente, violando alcune stipulazioni che vincolavano l’Austria con la
Russia e l’Italia a non modificare senza preavviso l’assetto balcanico. Tuttavia
nell’estate del 1903 un colpo di stato in Serbia aveva destituito la vecchia
dinastia e aveva posto al trono quella rivale, che aveva intrapreso una politica
nazionalistica e filorussa. Gli anni successivi furono caratterizzati dall’acuirsi
delle rivalità tra Russia e Austria circa la questione dell’indipendenza della
Bulgaria, sostenuta dagli austriaci e riguardo l’ipotesi di una completa
annessione della Bosnia in cambio dell’appoggio del governo di Vienna alle
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richieste russe di revisione del regime di navigazione degli Stretti. Durante un
incontro tra il ministro degli esteri russo e quello austriaco un compromesso
parve possibile ma, all’annuncio dell’annessione, il ministro russo si sentì
giocato e considerò violati gli accordi del 1903, vi fu l’appoggio tedesco e
inglese, ma i serbi protestarono con tre giorni di violenza. Gli italiani, invece,
considerarono violata la Triplice alleanza secondo la quale non si dovevano
attuare mutamenti nei Balcani senza preventivo accordo. Rivalità,
nazionalismo, spinta militaristica, e colonialismo rendevano esplosive aree
come l’Impero Ottomano (ciò che rimaneva di esso in Europa) e la Penisola
Balcanica. Ma l’acuirsi della crisi ebbe luogo in Marocco quando i tedeschi
inviarono nelle acque del porto marocchino una cannoniera per tutelare i loro
commerci nell’area. La reazione francese fu risoluta, infatti, dopo settimane di
negoziato, i tedeschi dovettero riconoscere la preminenza degli interessi
francesi in Marocco, che questo diventasse un protettorato francese salvo la
città libera di Tangeri, un’area che restava sotto il controllo spagnolo, mentre la
Germania ottenne concessioni coloniali nel Camerun e nel Congo francese. Il
compromesso, però, lasciava sospetti e rivalità. Primo tra tutti quello italiano.
Dal 1887 gli italiani si preparavano all’estensione dei loro domini coloniali in
Cirenaica e Tripolitania. All’inizio del secolo, anche la Francia aveva accettato
i progetti di Roma, come moneta di scambio per l’appoggio italiano alla
questione marocchina. Conclusasi quest’ultima, l’Italia avvertiva l’urgenza di
dare concretezza alle sue ambizioni. Così, il 29 ottobre 1911 ebbe luogo
l’azione militare italiana in Tripolitania e Cirenaica, sancita da una guerra tra
Italia e Impero Ottomano. L’Italia poteva fare ciò poiché le altre potenze
avevano riconosciuto le sue aspirazioni. Ma l’esercito italiano ebbe facile solo
sulle coste, poi attaccò Rodi e il Dodecaneso. Il governo ottomano accettò la
resa e cedette la Libia con il Trattato di Losanna (1912) e agli italiani rimase
anche il Dodecaneso. La sconfitta accelerò la disintegrazione dell’Impero e
avvicinò sempre più la guerra generale poiché mise alla prova i contrasti tra i
nazionalismi della penisola. Grecia, Bulgaria, Serbia, Montenegro e i
nazionalismi albanesi erano pronti a combattere contro l’impero ottomano e a
dividersi le sue spoglie. Nel marzo 1912 Serbia e Bulgaria si accordarono
segretamente per dividersi la Macedonia, appoggiati dalla Russia; in magio si
unirono al loro i Greci. La prima guerra balcanica iniziò così in ottobre e si
concluse nel maggio del 1913 quando i turchi furono costretti a rinunciare a
tutti i territori europei, tranne una striscia a ridosso degli Stretti. Erano le
spoglie macedoni, però, ad accendere le tensioni: i bulgari si allearono a
Costantinopoli, poiché ritenevano di aver dispiegato il maggior impegno
militare senza grandi risultati, dando così vita alla seconda guerra, in cui
intervennero anche greci e rumeni (senza successo) e la Bulgaria venne
ridimensionata a vantaggio dei vicini e anche degli ottomani. L’Albania venne
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trasformata in un principato autonomo mentre Serbia e Romania uscirono
rafforzate. Le due guerre
ebbero numerose conseguenze: la Serbia,
insoddisfatta per aver avuto lo sbocco al mare, stipulò un patto con la Russia;
l’Impero Ottomano ottenne una solida intesa con gli Imperi Centrali; i
nazionalisti serbi per combattere l’Austria patrocinarono la causa della
nazionalità tra gli slavi del Sud.
La penisola balcanica e l’impero ottomano, palcoscenico della “prova
generale”.
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Motivo scatenante della prima guerra mondiale fu l’assassinio dell’Arciduca
ereditario austro-ungarico Francesco Ferdinando, per mano di un estremista
nazionalista serbo di cittadinanza austro-ungarica. L’Arciduca, fautore della
creazione di un’entità nazionale trovata nell’Impero Asburgico, mirava a
contenere il nazionalismo serbo presente nell’Impero. “Primo motore” ben
identificato della guerra fu la reazione austro-ungarica al nazionalismo serbo,
ma si estese per ragioni molto più profondamente radicate nella storia dei
decenni precedenti (così da rendere molto difficile una chiara indicazione di
responsabilità). Infatti, nei 14 Punti non venne esplicitata una dichiarazione di
colpevolezza tedesca e dell’Impero Asburgico, mentre tale colpevolezza venne
sancita nel trattato di pace di Versailles (1919), con l’art. 231 in cui la
Germania ed i suoi alleati furono costretti a pagarne i costi.
Gli austriaci non decisero subito di attaccare la Serbia aspettando l’emergere
reale delle responsabilità del governo di Belgrado nell’attentato. Vienna chiese
solidarietà a Berlino e questa rispose positivamente nel caso in cui la Russia
avesse appoggiato la Serbia.
Vienna, senza consultare l’Italia, lanciò un ultimatum chiedendo entro 24 ore
una dichiarazione di condanna all’attentato e un impegno di procedere con
rigore verso i responsabili della campagna anti-asburgica. Inoltre l’ultimatum
conteneva richieste così perentorie tali da provocare una risposta negativa.
Belgrado accettò tutto tranne il fatto che i rappresentanti austriaci
partecipassero alle inchieste serbe in atto. Allo scadere dell’ultimatum, il 28
luglio 1914, Vienna dichiarò guerra alla Serbia. Due giorni dopo la Russia
decretò la mobilitazione generale allo scopo di fermare austriaci e tedeschi. I
tedeschi, pensando alle difficoltà di reagire sul fronte franco e russo, decisero di
liquidare i francesi prima che la mobilitazione russa fosse compiuta. Secondo il
piano Schlieffen la guerra alla Francia doveva essere lampo e doveva prevedere
l’attacco del Belgio e sul fronte occidentale. Il 31 luglio il governo tedesco
intimò a quello russo di sospendere la mobilitazione entro 12 ore. Il rifiuto
russo ebbe come conseguenza la dichiarazione di guerra della Germania: i
tedeschi attraversarono il Belgio e subito dopo la Germania dichiarò guerra alla
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Francia. Così facendo immediata fu la risposta inglese con la dichiarazione di
guerra ai tedeschi. Intanto l’Italia dichiarò la sua neutralità scatenando
polemiche tra i partiti. Nel 1915 con il segreto Patto di Londra, l’Italia si
affiancava all’Intesa. Così sempre nel ’15 dichiarò guerra all’Austria e alla
Germania. I bulgari nel settembre affiancarono gli Imperi Centrali e insieme
alle forze austriache sconfissero i serbi che si rifugiarono a Corfu al riparo dalle
truppe italiane. Costantinopoli si alleò alla Germania e mesi dopo entrò in
guerra. Infatti in Medio Oriente il Sultano diede inizio alla Guerra Santa contro
gli Anglo-Francesi, ma questi gli aizzarono contro i nazionalisti arabi e
favorirono l’insediamento degli ebrei in Palestina. Il Giappone si alleò con
l’Intesa. Circa la guerra, l’offensiva tedesca in Francia fallì e le truppe si
fermarono lungo il Marna. Iniziò per i tedeschi una guerra di logoramento resa
più difficoltosa dal blocco commerciale attuato dalla flotta inglese. In oriente
l’offensiva russa venne fermata dalla vittoria tedesca in Polonia (Laghi Masuri)
mentre i russi bloccavano l’offensiva austriaca in Galizia, occupandola. Con
l’entrata in guerra dell’Impero Ottomano si aprirono altri due fronti: TurcoRusso in Armenia e Anglo-Turco in Egitto. Nel Medio Oriente, gli Ottomani
prevalsero sugli occidentali senza riuscire a raggiungere Suez. Intanto gli
inglesi stipulavano con i ribelli arabi, promettendogli di dar vita ad un grande
stato arabo indipendente. Con l’ingresso degli Stati Uniti in guerra, causato
dalla ripresa della guerra sottomarina tedesca, intervennero anche alcuni paesi
latino americani. Grecia e Cina si affiancarono all’Intesa. La rivoluzione russa
provocò la morte dell’esercito e la frantumazione dell’impero. La dissoluzione
dell’esercito infatti portò la Russia ad accettare il trattato di Brest-Litovsk (il
governo rivoluzionario perdeva gli stati baltici, la Finlandia, la Polonia e
l’Ucraina). Intanto però si estendevano le speranze rivoluzionarie. Ma le offerte
di una pace di compromesso si contrapposero alle spinte belliche. Già nel ’17 il
Papa Benedetto XV propose di mediare contro l’ “inutile strage” ma ciò non
valse a modificare il clima poiché, frattanto, gli aiuti americani giungevano
copiosi e l’azione politico-diplomatica di Wilson prevedeva una pace che,
sconfitta la Germania, non ne umiliasse il prestigio. Con la fine della guerra
l’Impero Ottomano sopravisse mentre l’Austria si dissolveva ed i movimenti
nazionali tendevano a proclamare l’indipendenza dei loro paesi. In Germania
l’imperatore abdicò e venne proclamata la repubblica governata dal partito
social-democratico guidato da Ebert e appoggiato da militari. I vincitori si
accingevano a stipulare la pace con soggetti diversi da quelli contro i quali
avevano combattuto.
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La prima guerra mondiale: gli sviluppi militari e quelli politico-diplomatici.
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Per farsi che la Prima Guerra Mondiale non diventasse tale era sufficiente che i
tedeschi avessero interpretato in senso stretto l’alleanza con l’Austria-Unghera,
poiché essa attaccò la Serbia in seguito ad una provocazione ed in tal caso l’art.
2 dell’alleanza del ’79 prevedeva una “benevola neutralità” dell’impero
tedesco. La guerra fu il frutto di sospetti e di errate percezioni, di calcoli
sbagliati sulla capacità delle proprie forze di raggiungere determinai obiettivi.
Non vi fu mai, però, tra tali obiettivi quello di provocare una sovversione
dell’ordine europeo. I soli stati, in realtà, che correvano rischi erano l’impero
ottomano e l’Italia, che con l’emergere del Partito Socialista e di alcuni settori
del mondo cattolico nella vita politica, non godeva di una solidità istituzionale.
Gli accordi tra Imperi Centrali, impero ottomano e Bulgaria riguardavano
soprattutto il contenimento della Serbia ed il potenziamento delle forze militari
ottomane. Queste potenze, ad eccezione della Germania che aveva mire
espansionistiche in Medio Oriente, non avevano obiettivi esterni all’Europa. Il 5
settembre ’14 essi sottoscrissero il comune impegno a non cercare una pace
separata.
Mentre, per quanto concerne le potenze dell’Intesa, nel marzo del ’15 fu
raggiunto un accordo nel quale i britannici accettavano che la Russia
conquistasse Costantinopoli e gli Stretti, mentre questa riconosceva
l’annessione della “zona neutrale” dell’Iran alla zona di influenza britannica
anche in Egitto. I francesi intanto si assicurarono che i progetti anglo-francesi in
Medio Oriente fossero riconosciuti da Mosca. Si trattava di una concessione
sbilanciata per mantenere alto il morale russo. Britannici e francesi chiarirono
quali fossero le loro ambizioni nel medio Oriente con gli accordi Sykes-Picot
(1916) che prebvedevano la suddivisione della “mezzaluna fertile”,
assegnavano alla Francia sulla Siria ed il Libano e alla Gran Bretagna Iraq e
Palestina. Gli accordi presupponevano poi la fine dell’Impero ottomano e la
nascita di un territorio arabo indipendente. Anche le aspirazioni italiane
venivano soddisfatte con il Patto di Londra con il quale le vennero promesse
Trentino Alto Adige, Venezia Giulia fino a Fiume, il protettorato sull’Albania e
sul Dodecaneso.
Invece il trattato di S. Giovanni di Mariana, con il quale l’Italia accettava gli
accordi di Sykes-Picot ricevendo in cambio il controllo di Smirne e un
ampliamento della sua influenza in Turchia, non entrò mai in vigore poiché, con
la rivoluzione i russi fecero mancare la loro adesione. Nel ’17 il ministro degli
esteri britannico assunse l’impegno con un esponente sionista per la costruzione
di una “national home” in Palestina. Tutta questa costruzione diplomatica si
scontrò, a partire dal ’18, con i progetti wilsoniani. Per un paio d’anni, dopo la
firma della pace di Versailles, il conflitto tra le affermazioni pubbliche di
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ABCtribe.com - [Pagina 11]
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Preparati con le domande di ABCtribe su .
1. la corte d
Risposta:
La corte (o, in alcuni paesi, tribunale) dei conti è un organo dello Stato, presente in vari ordinamenti, con
funzioni giurisdizionali e amministrative di controllo in materia di entrate e spese pubbliche.La corte dei
conti è solitamente prevista dalla costituzione ed appartiene al potere giudiziario, anche se, come si è
detto, è investita tanto di funzioni giurisdizionali (giurisdizione contabile), in relazione alle quali è giudice
speciale, quanto di funzioni amministrative di controllo.
È un organo collegiale o un organo complesso costituito da una pluralità di organi collegiali (sezioni,
camere ecc.), composto da magistrati contabili con uno status differenziato rispetto ai magistrati che
compongono gli organi della giurisdizione ordinaria. In certi ordinamenti ha un pubblico ministero, che
può essere interno alla corte stessa (come i
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2. perchè H3O+ è pi
Risposta:
H3O+ è l'acido coniugato di H2O
mentre
NH4+ è la base coniugata di NH3
sappiamo che tanto più forte è una base tanto più debole è il suo acido coniugato, per cui se è vero che
H3O+ è più acido di NH4+, allora deve esser
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