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UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE
Candidata: Simona di Renzo
Relatore:
Correlatore:
Prof. F. Somma
Dr. N.M. Grande
"COMPARAZIONE IN VITRO
DELL' AFFIDABILITA DI SEI LOCALIZZATTORI APICALI"
INTRODUZIONE
“L'Endodonzia è la branca dell'odontoiatria che si interessa della morfologia, fisiologia e patologia della polpa dentale e
dei tessuti periapicali. Il suo scopo è preservare la polpa sana prevenendone le malattie e, quando ciò fallisca, riportando
alla normale funzione quei denti colpiti da patologie irreversibili.
L'endodontista dovrà saper effettuare una diagnosi differenziale, controllare il dolore orale pulpare e/o periradicolare,
nonché tutti i trattamenti terapeutici di natura endodontica. L'endodontista è inoltre responsabile del progresso delle
conoscenze in questo campo attraverso la ricerca, la trasmissione delle informazioni riguardanti le più recenti scoperte
di procedure e materiali biologicamente accettabili e l'educazione del pubblico sull'importanza di tale disciplina nel
mantenere la dentizione in uno stato funzionale, per il mantenimento della salute orale e sistemica”.
KAARE LANGELAND
A.
LA TERAPIA ENDODONTICA
Il trattamento endodontico, prevede tre fasi fondamentali:
1. la fase diagnostica;
2. la fase preparatoria;
3. la fase di otturazione canalare.
(Grossmann 1965, Ingle 1978, Weine 1982)
Per un approccio terapeutico corretto, alla patologia pulpare è estremamente importante la formulazione di una diagnosi
precisa. Occorre, dunque, effettuare: un’accurata anamnesi generale, l'anamnesi dentale e l'esame obiettivo orale,
nonché eseguire test strumentali (test di vitalità ecc.) ed esami radiografici.
I mezzi d’indagine clinica a nostra disposizione sono diversi, ma nulla può sostituire l’esperienza, l’intuito, la pazienza,
la curiosità e il buon senso, che devono sempre accompagnare l’indagine di un buon medico. Solo dopo aver raccolto
tutti i dati clinici, nella maggior parte dei casi siamo in grado di formulare una diagnosi e di affrontare il caso
impostando la terapia più indicata.
Quando il dente è vitale e presenta una sofferenza pulpare, limitata ad aree ben circoscritte, per cui le lesioni possono
essere ancora reversibili, il clinico può ricorrere ai trattamenti cosiddetti “vitali”, come: l’incappucciamento indiretto,
l’incappucciamento diretto e la pulpotomia.
Di fronte a quadri di pulpite conclamata e irreversibile o di periodontite apicale, l’unico trattamento indicato è la
pulpectomia che, consiste nell’asportazione completa della polpa ancora vitale (biopulpectomia), oppure dei suoi residui
necrotici (necropulpectomia) e nella chiusura tridimensionale del sistema canalare. Escludendo i casi in cui vi siano
delle controindicazioni relative o assolute, si procede alla preparazione canalare, la quale è costituita da vari
procedimenti, tutti essenziali per il successo finale del trattamento.
La prima fase prevede l’infiltrazione dell’anestetico locale, secondo le modalità indicate per il dente da trattare.
L’anestesia mira a eliminare il dolore durante l’intervento, è indispensabile nelle biopulpeoctomie; e permette inoltre di
mettere il paziente a proprio agio dando all’operatore la possibilità di agire in modo ottimale.
Si procede quindi alla preparazione del dente, che consiste nella rimozione di tutte le vecchie otturazioni, carie e
strutture dentali compromesse, nonché nella rimozione del tartaro. L’obiettivo è: semplificare e rendere possibile il
posizionamento della diga di gomma ed ottenere un campo operatorio il più sterile possibile.
La fase successiva prevede l’isolamento del campo operatorio tramite diga di gomma il cui uso è indispensabile per
eseguire correttamente l’endodonzia, come dimostrato da vari studi sperimentali (Franchi et al. 1986, Heling et al. 1977,
Bence et al. 1980). La diga di gomma permette infatti di: mantenere asciutto, pulito e disinfettato il campo operatorio;
protegge il paziente dalla possibile ingestione di materiale d’otturazione, residui pulpari necrotici, strumenti e materiale
operativo; è, inoltre, rapida da montare ed elimina la continua e noiosa sostituzione dei rulli di cotone.
Applicata la diga di gomma, si procede alla disinfezione del dente con acqua ossigenata al 3%, alcool iodato, oppure
alcol isopropilico al 70%.
La fase successiva consiste nella preparazione della cavità d’accesso, la cui non corretta, esecuzione pregiudica
l’ottenimento di un risultato ottimale. Essa deve permettere un accesso il più rettilineo possibile ai canali radicolari, ed
avere pareti divergenti in senso occlusale, per ottenere una visione completa del pavimento della camera pulpare e
dell’imbocco dei canali radicolari.
A questo punto è importante determinare la lunghezza di lavoro che, mira a stabilire l’esatta estensione apicale della
strumentazione ed, in seguito, il livello apicale dell’otturazione canalare. È una delle operazioni più importanti per il
successo della terapia endodontica; errori compiuti in questa fase, sia in eccesso che in difetto; si ripercuoteranno
negativamente sull’esito del trattamento.
Si procede quindi all’alesaggio biomeccanico del sistema canalare, i cui principali obiettivi sono: la detersione e la
sagomatura dei canali radicolari, tramite l’uso combinato di strumenti endodontici e lavaggi canalari. Con la detersione
si eliminano dall’endodonto, i residui pulpari, i microrganismi e i prodotti della necrosi, in modo da creare un ambiente
favorevole all’instaurarsi dei processi biologici di riparazione dei tessuti periradicolari. La sagomatura meccanica del
canale deve permettere agli irriganti di poter agire in tutto lo spazio endodontico e deve allo stesso tempo mirare a
conseguire la forma più adatta a ricevere, nel modo più semplice ed efficace, l’otturazione canalare, rappresenta dunque
il primo passo verso una buona riuscita dell’otturazione stessa (Ruddle 1992, Ruddle 1994).
La fase conclusiva della terapia endodontica è rappresentata dall’otturazione tridimensionale dei canali. Questa mira
ad ottenere una chiusura ermetica dello spazio endodontico ed un perfetto sigillo apicale, tali da prevenire l’infiltrazione
di essudati a provenienza periodontale, impedire l’instaurarsi di reinfezioni ortograde e creare un ambiente biologico
favorevole al processo di guarigione dei tessuti periradicolari (Schilder 1967). Possiamo infatti affermare che una delle
cause più frequenti di insuccesso endodontico è rappresentata da otturazioni canalari incomplete o difettose (Schilder
1967, Nicolin et al. 1985).
1.A
La Lunghezza di Lavoro
La lunghezza di lavoro è definita come la distanza tra un punto di repere coronale ed il limite apicale della preparazione.
Il repere coronale viene individuato facilmente con uno strumento canalare, fornito di stop di gomma da posizionare in
corrispondenza di un margine o di una cuspide, molto più difficile è l’individuazione del limite apicale, sulla cui scelta
gli endodontisti si sono scontrati per decenni.
Figura 1 anatomia ideale dell’apice radicolare: (a) forame apicale maggiore, (b) forame apicale minore (costrizione
apicale) che può essere coincidente con la giunzione cemento-dentinale (CDJ), (c) cemento, (d) dentina (e) apice
radicolare.
La determinazione della lunghezza di lavoro rappresenta un momento cruciale per il successo della terapia, ed errori
compiuti in questa fase, sia in eccesso che in difetto, ne influenzeranno negativamente l’esito (Strindeberg 1956).
Il limite apicale non va oltrepassato per non interferire col processo di guarigione apicale (Laurichesse 1990). Nel
momento in cui, venga stabilita una lunghezza di lavoro (l.d.l.) maggiore della lunghezza reale del canale radicolare, si
provocherà una perforazione dell’apice e una irritazione periapicale dovuta alla sovrastrumentazione della regione
apicale, all’infiltrazione delle sostanze irriganti nel tessuto parodontale circostante ed alla conseguente sovraotturazione;
determinando così, una aumentata incidenza del dolore postoperatorio e un prolungato periodo di guarigione dovuto ad
un’incompleta rigenerazione del cemento, del legamento periodontale e dell’osso alveolare (Ingle 2003). C’è addirittura
il pericolo di scatenare una sinusite odontogena, se l’apice del dente è separato dall’epitelio sinusale solo dal
desmodonto.
Se invece, si stabilisce una lunghezza di lavoro (1.d.l.) minore rispetto alla reale lunghezza del canale radicolare si
effettuerà una strumentazione incompleta ed un riempimento in difetto del canale, facendo si che nella porzione più
apicale permangano frustoli di polpa vitale o residui necrotici, che potrebbero causare dolore postoperatorio, o essere
responsabili della insorgenza o della mancata guarigione di eventuali lesioni periapicali.
Deduciamo così, che errori effettuati durante la determinazione della lunghezza di lavoro, sia in eccesso che in difetto,
si ripercuoteranno negativamente sull’esito della terapia stessa.
Nonostante l’importanza di questa fase nei trattamenti endodontici, rimane ancora insoluto il problema di quale “punto
scegliere nella determinazione della lunghezza di lavoro”, cioè dove far terminare la preparazione canalare.
Kuttler (1955) ha distinto i seguenti elementi:
• Forame Apicale Minore (o Costrizione Apicale)
• Forame Apicale Maggiore;
• Apice Anatomico o Radiografico
- Il Forame Apicale Minore rappresenta il punto di massimo restringimento del lume canalare. Spesso, in
corrispondenza di questo, si ha la giunzione cemento-dentinale (CDJ), dove, istologicamente, si osserva il passaggio
senza soluzione di continuità dal tessuto pulpare al connettivo desmodontale.
- Il Forame Apicale Maggiore è, la porzione estrema del canale, a livello della quale la sezione torna ad aumentare; oltre
questo punto il canale si apre sulla superficie esterna della radice. Istologicamente è formato da cemento per lo più di
tipo cellulare.
- L’Apice Anatomico, è detto anche Radiografico perché ben individuabile sui radiogrammi; è il punto più apicale, il
vertice geometrico della radice costituito da cemento. La distanza tra tale punto e il margine incisale (per i denti
anteriori) o il vertice cuspidale (per i denti posteriori) corrisponde alla lunghezza del dente. L’Apice Radiografico va
inteso per definizione, come termine radiografico del canale, intendendo con esso, il punto in cui radiograficamente il
canale, incontra il profilo della radice.
Molte scuole (Kuttler 1955, 1958, Ricucci 1998, Ponce & Fernandez 2003), sostengono che strumentazione e
otturazione canalare devono terminare a livello della giunzione cemento-dentinale (CDJ), in vicinanza della quale, in
genere, è presente la massima costrizione apicale. In tal punto, inoltre, termina il tessuto pulpare, si passa quindi
dall’endodonto al parodonto, dove le pareti canalari non sono più formate da dentina, ma da cemento. Questo modo di
vedere le cose è considerato corretto dalla maggior parte degli Autori (Grossman, Ingle, Kuttler, Langeland,
Laurichesse), poiché la costrizione apicale assicura un buono stop alla preparazione ed alla otturazione canalare, che
deve avere il massimo rispetto per il parodonto e per i tessuti periapicali. Teoricamente la giunzione cemento dentinale
è il limite apicale appropriato per il trattamento del canale radicolare, poiché in tal punto l’area di contatto tra i tessuti
periradicolari e il materiale d’otturazione del canale radicolare è minima, per cui l’aria lesa è estremamente piccola
(Palmer et al. 1971, Seltzer 1988, Katz et al. 1991, Ricucci & Langeland 1998). Inoltre, la maggior parte dei degli studi
effettuati, sostengono che i tassi ottimali di guarigione, si hanno quando: la strumentazione, la disinfezione e il
riempimento del canale radicolare rimangono contenuti all’interno della “regione” della costrizione apicale, (
Basmadjian-Charles et al. 2002, Kojima et al. 2004).
La giunzione cemento-dentinale è però un sito istologico e può esser determinato solo in denti estratti in seguito al
sezionamento (Ponce & Fernandez, 2003). Si consideri che riuscire a localizzare tale struttura è un compito molto
difficile, anche perché non sempre alla giunzione cemento-dentinale corrisponde un vero e proprio restringimento del
lume canalare.
2.A Fattori che possono influenzare la morfologia della zona apicale
MATURAZIONE DELLA RADICE:
Nei denti immaturi, la radice non ha completato la sua formazione, perciò la polpa comunica con i tessuti periapicali
circostanti attraverso un’ampia apertura; pian piano con l’allungamento della radice e l’apposizione di dentina e
cemento, l’apertura apicale si riduce progressivamente, come anche il numero dei vasi che entrano ed escono.
Raggiunta la maturità il cemento va a ricoprire la dentina estendendosi all’interno del canale.
All’inizio, nel dente maturo, il forarne principale è piccolo, rotondo, centrato nell’apice radicolare e delimitato solo da
cemento.
FUNZIONE:
La spinta mesiale e la forza eruttiva determinano un continuo movimento dei denti in direzione mesiale e occlusale. La
compressione nella sede della spinta, e la tensione nella sede opposta, determinano rispettivamente riassorbimento ed
apposizione di osso e cemento, responsabili di modificazioni nell’anatomia apicale.
Il forame, che originariamente si trovava all’apice della radice, può spostarsi gradualmente, ed il cono cementizio
deviare rispetto all’asse del dente. Il forame potrà inoltre aprirsi su una parete della radice mesialmente, distalmente,
vestibolarmente o lingualmente.
Per la continua apposizione di cemento il forame si modifica nel diametro, si allarga e si ovalizza.
PATOLOGIA PARODONTALE ED ENDODONTICA:
Nel dente parodontopatico il cemento e a volte anche un po’ di dentina vengono completamente riassorbiti a livello
apicale, lasciando una struttura denudata, dentellata, imbutiforme.
In alcune circostanze il riassorbimento può venire riparato da un sottile strato di cemento su una parete della radice,
mentre sull’altra il cemento è sottile o assente. In altri casi il cemento può estendersi notevolmente all’interno del canale
e, a volte, ricoprire la dentina per l’intera lunghezza della radice. Nel dente con lesione endodontica si verifica un
riassorbimento apicale, che va ad ampliare il forame, lasciando una struttura imbutiforme.
3.A Quale punto scegliere nella determinazione della lunghezza d i lavoro
Oggi come oggi è dunque chiaro che, il successo di una terapia endodontica viene a dipendere da un’adeguata
detersione dei canali radicolari, dall’asportazione dei detriti in essi contenuti e dall’obliterazione tridimensionale dello
spazio endodontico (Ingle 1976, Schilder 1974, Grossman 1978, Lin et al. 2005).
Si è dibattuto a lungo su quale “punto” scegliere nella determinazione della lunghezza di lavoro, perciò, dove far
terminare la preparazione e quindi l’otturazione canalare.
Consultando la letteratura si trovano opinioni contrastanti; nel tempo si sono delineati due schieramenti:
1. il primo (Grossman, Ingle, Langeland, Laurichesse) ritiene che ci si debba mantenere sempre ad una specifica
distanza dal termine del canale, per essere sicuri di posizionare il limite della preparazione alla giunzione cementodentinale, dove c’è la massima costrizione apicale. La costrizione apicale fornisce una forma di resistenza naturale
contro la quale viene riempito il materiale da otturazione (Ingle 1985, McDonald 1990), che deve avere il massimo
rispetto per il parodonto e per i tessuti periapicali;
2. il secondo (Schilder e la scuola di Boston) sostiene che si debba sempre raggiungere il termine del canale ovvero il
punto in cui il canale incontra il profilo della radice.
C’è però grande difficoltà nell’identificare con sicurezza la sede della giunzione cemento-dentinale nelle singole
situazioni, poiché non sempre corrisponde al punto di massimo restringimento del lume canalare. Coolidge nel 1929
sosteneva che la sede della giunzione cemento-dentinale è talmente variabile, che tentare di usarla come guida è di
scarso aiuto all’operatore; spesso non ha limiti netti, e può trovarsi a differenti livelli all’interno del canale stesso.
I1 tessuto pulpare presenta le stesse caratteristiche sia poco prima che poco dopo l’attraversamento del forame, per cui è
impossibile stabilire in quale punto, termina il tessuto pulpare ed inizia quello parodontale.
Grove, 1929 affermava che, dopo l’eruzione, l’apice radicolare è formato interamente da cementoblasti, perciò
l’estremità della radice è interamente formata da cemento. Nella zona formata da cemento non si estende la polpa,
poiché se fosse presente la polpa avremmo la formazione di dentina al posto di cemento; la polpa termina quindi alla
giunzione cemento-dentinale e va rimossa fino a questo punto.
Secondo Grove non c’è dubbio sull’esistenza della giunzione cemento-dentinale, e sull’irregolarità di tale linea di
demarcazione, ma non è detto che tale irregolarità esista in tutta la circonferenza del canale. La presenza
dell’irregolarità della giunzione non significa che non sia pratico, o che sia impossibile, otturare alla giunzione
cemento-dentinale.
In quello stesso anno, Orban, in accordo con quanto scritto da Coolidge e criticando Grove, affermava che da un punto
di vista pratico fosse impossibile utilizzare la giunzione cemento-dentinale come confine nella preparazione ed
otturazione endodontica, e che quando ciò si verifica, il più delle volte è per caso.
Skillen, 1930 sosteneva l’impossibilità di definire istologicamente, una linea di demarcazione netta tra polpa e
membrana parodontale; per cui risulta impossibile trovare un punto del canale in cui finisca il tessuto pulpare e cominci
quello parodontale.
Schilder, 1974 affermava che preparazione ed otturazione canalare vanno eseguite fino al termine radiografico del
canale. Sosteneva, infatti, come tale determinazione non risultasse arbitraria, soggettiva, o dettata dalle statistiche, ma
fosse facilmente riconoscibile attraverso la semplice osservazione di una radiografia intra-operatoria. Inoltre nel 50%
dei casi il canale termina all’apice anatomico ed è quindi riconoscibile radiograficamente, non comportando così, né
sovrastrumentazione né sovrariempimento.
Langeland (1985) sosteneva fosse opportuno estendere il trattamento endodontico fino al forame minore, in caso di
biopulpectomia e al forame maggiore, in caso di necropulpectomia.
La maggior parte degli autori fissa la lunghezza di lavoro alla giunzione cemento-dentinale indipendentemente dallo
stato della polpa (Green 1964, Palmer 1971, Soltanoff 1973, Kuttler 1958, Seltzer 1973, Ingle 1985).
Il limite della preparazione e dell’otturazione viene definito su basi istologiche ed embriologiche, per cui la lunghezza
di lavoro non dovrà superare la costrizione apicale, poiché in questo punto termina la polpa ed apicalmente ad essa
inizia il legamento parodontale (Grove 1929, Kuttler 1955), diverso sia per caratteristiche istologiche che per origine
embrionale (Grove 1929).
4.A Difficoltà nell’individuare il termine ideale fino a cui strumentare il canale.
L’orientamento che ha riscosso maggior consenso nell’arco degli anni, è stato quello di considerare la giunzione
cemento-dentinale come termine ideale, sia per la detersione che per l’otturazione canalare.
Vi sono però notevoli difficoltà nella sua individuazione, legate a motivi clinici ed istologici.
I motivi clinici sono dati dall’ impossibilità di identificare e localizzare la giunzione.
I motivi istologici sono rappresentati da:
• irregolarità del confine;
• incostante posizione del canale;
• indifferenziazione del fascio vascolo-nervoso prima e dopo il suo ingresso nel forame;
• variazione della sede da dente a dente, e nello stesso da radice a radice;
• assenza in denti parodontopatici o con lesione endodontica.
La principale difficoltà sta nel localizzare precisamente il forame apicale rispetto all’apice anatomico, visto che il più
delle volte non coincidono. Qualora l’emergenza del canale sia in posizione laterale risulterà comunque riconoscibile
radiograficamente, se situata in posizione mesiale o distale, ma se il forame è spostato in posizione vestibolare o
linguale non sarà riconoscibile radiograficamente.
Numerosi studi sono stati compiuti per quantificare la deviazione del forame dall’apice.
Kuttler, 1955 ha rilevato che più dell’8O% delle radici esaminate mostravano deviazione del forame dall’apice, e la
distanza fosse pari a 0,507-0,524mm in pazienti giovani, precisamente fra i 18 e i 25 anni, mentre in pazienti sopra i 55
anni era di: 0,659-0,784.
Green, 1960 in uno studio sugli apici radicolari di denti posteriori ha rilevato una deviazione del forame dall’apice nel
50% dei casi; la deviazione si classificava sui 2mm, con una media di 0,44mm. In uno studio sui denti anteriori Green
ha riscontrato una deviazione del forame dall’apice nel 69% dei casi, con distanza media di 0,3mm.
Levy e Glatt (1970) evidenziarono che nel 66,4% dei denti da loro studiati, vi era una deviazione del forame dall’apice
e di questi il 33,6% presentava forami spostati in direzione buccale o linguale, perciò non rilevabi1i radiograficamente.
Burch (1972) ha rilevato deviazione del forame dall’apice nel 92,4% dei casi ed una distanza media di 0,59mm; Chunn
et al. (1981) hanno rilevato una distanza media di 0,73mm, Dummer et al. (1984) di 0,5mm; McDonald (1990) di
0,59mm nei denti anteriori e 0,40mm nei denti posteriori.
Castellucci (1993) ha valutato che nel 47,8% dei casi il forame apicale è all’apice anatomico, nel 44,4% dei casi è in
posizione mesiale o distale e solamente nel 7,8% dei casi è sulla superficie vestibolare o linguale, quindi non visibile
radiograficamente.
Da tutto ciò nasce una reale esigenza, di elaborare un metodo di determinazione della lunghezza di lavoro che sia
semplice, rapido, accurato, e facilmente riconfermabile indipendentemente dall’operatore e da fattori contingenti.
B. DEFINIZIONE DELLA LUNGHEZZA DI LAVORO
Del tutto inaffidabile, risulta la localizzazione della giunzione cemento-dentinale affidata alla sensazione tattile del
restringimento canalare presente nei 2mm apicali, anche se vi sono degli autori che sostengono il contrario (Seidberg et
al. 1975). Questa metodica, potrebbe talora essere utilizzata da un esperto endodontista, ma non è proponibile ad un
principiante, che può essere facilmente indotto al errore.
Un restringimento del lume canalare può essere dovuto ad una calcificazione più o meno lontana dal reale termine
dell’endodonto, scambiata per il punto in cui far terminare la preparazione. Inoltre tale metodica risulta inaffidabile nel
caso di apici non completamente chiusi, o canali radicolari difficilmente sondabili perché angusti e ristretti per tutta la
loro lunghezza o complicati da brusche curvature (Ingle 1985).
Altrettanto ingannevole è la possibilità di affidarsi alla risposta dolorosa sollecitata nel paziente quando lo strumento
raggiunge il forame apicale e tocca i tessuti vitali circostanti.
La sensazione dolorosa, infatti, può essere evocata dalla notevole pressione idraulica che esercitiamo all’interno del
canale radicolare con lo strumento o gli irriganti canalari, pur senza raggiungere il forame apicale, oltre a ciò, la
sensazione dolorosa, può venire suscitata dal contatto dello strumento con frustoli di polpa vitale in un canale necrotico,
quindi in un dente non anestetizzato.
Risulta approssimativa inoltre la determinazione della giunzione cemento-dentinale mediante l’utilizzo di formule
matematiche e statistiche.
Attualmente non esiste una tecnica di localizzazione che da sola permetta all'Endodontista di stabilire con certezza
assoluta la lunghezza di lavoro a cui operare.
Possiamo distinguere a questo proposito due metodiche una radiologica ed una elettronica.
1.B
La tecnica radiografica
La determinazione della lunghezza di lavoro effettuata tramite la tecnica radiografica è stata introdotta nel 1899 quando
C. Edmund Kells diede il via all’impiego clinico dei raggi X in odontoiatria, utilizzandoli per calcolare la lunghezza del
dente nel corso della terapia endodontica.
La radiografia è in grado di fornirci, un’immagine visiva dell’oggetto, permettendo la visualizzazione dell’anatomia
complessiva del dente: taglia, forma, lunghezza, posizione, numero delle radici, canali radicolari, struttura dei tessuti
duri adiacenti.
La precisione della lunghezza di lavoro con il metodo radiografico, viene a dipendere dalla particolare tecnica
radiografica utilizzata (Forsberg 1987, Katz et al. 1991)
I metodi più usati per le radiografie endorali sono la tecnica dei raggi paralleli e la tecnica della bisettrice.
Nella tecnica dei raggi paralleli la pellicola è posizionata parallelamente all’asse lungo del dente ed il fascio di raggi
e proiettato perpendicolarmente all’asse del dente e alla pellicola. Per realizzare tale tecnica si ricorre in genere all’uso
di particolari supporti detti centratori; quello più comunemente usato è il centratore di Rinn.
Nella tecnica della bisettrice il fascio di raggi è proiettato perpendicolarmente alla bisettrice tra l’asse del dente e
l’asse della pellicola, tenuta in sede da un dito del paziente.
Clinicamente è difficile eseguire una radiografia con la tecnica della bisettrice senza produrre alcuna distorsione, che
aumenterà in relazione ad un aumento o riduzione nell’angolazione del raggio (Stein et al. 1992)
La tecnica dei raggi paralleli offre una migliore riproduzione della lunghezza totale del dente e della regione apicale
rispetto alla tecnica della bisettrice (Forsberg 1987).
Sarebbe inoltre, opportuno che, le radiografie effettuate per la determinazione della lunghezza di lavoro, venissero
eseguite con una densità più alta (Sheaffer et al. 2003).
L’orientamento che ha riscosso il più vasto consenso nell’arco di decenni è stato quello di considerare la giunzione
cemento-dentinale come termine ideale, sia per la detersione che per l’otturazione canalare, ed è generalmente accettato
che questa sia localizzata a 0,5 - 1 mm dall’apice radiografico (Katz et al. 1991, Morfis et al. 1994). C’è però, una
grande variazione di questo valore che, può andare da 0 a 3 mm (Green 1956, Chapman 1969, Dummer et al. 1984),
questo divario, ci fa capire come la lunghezza di lavoro determinata radiograficamente, sia molto arbitraria (Hör &
Attin 2001).
Inizialmente, la tecnica radiografica, si basava sul metodo tattile; che consisteva, nell’inserire un file nel canale finché il
clinico non riteneva di aver raggiunto la porzione più stretta del canale, il dente veniva quindi radiografato, veniva
determinata la relazione tra la punta dello strumento e l’apice radicolare, e confermata o modificata la posizione del file.
Veniva quindi eseguita una nuova radiografia nel caso di una differenza significativa.
a. METODO DI INGLE
Sono stati elaborati vari metodi per la determinazione radiografica della lunghezza di lavoro (Bregman 1950, Best 1960,
Bramante 1974, Ingle 1985); tra questi il più diffuso e conosciuto è il metodo di Ingle.
Per tale metodica sono necessari:
• Una buona radiografia preoperatoria del dente interessato;
• Un adeguato accesso coronale a tutti i canali;
• Un misuratore endodontico;
• Una buona conoscenza della lunghezza media di tutti i denti;
• Un repere coronale ben determinato.
Il piano di riferimento più comune è rappresentato dal margine incisale per i denti anteriori e dalla sommità delle
cuspidi per i denti posteriori. È necessario preparare adeguatamente i denti con cuspidi fratturate o gravemente
indebolire dalla carie, in modo da ottenere una superficie piana e ben sostenuta da dentina, altrimenti, si rischia la
perdita del punto di riferimento, da un appuntamento all’altro. Se tale frattura passa inosservata si corre il rischio di
andare oltre apice con gli strumenti, eseguendo una sovraotturazione.
Il repere coronale viene preso mediante un file fornito di stop di gomma. Lo strumento esplorante deve adattarsi
comodamente nel canale e deve essere estratto facilmente; è inoltre preferibile usare uno strumento precurvato.
1. si esegue una radiografia preoperatoria e si misura la lunghezza del dente da trattare, dall’apice radiologico o dai
forame apicale (se visibile) fino al nostro punto di riferimento;
2. si sottrae al valore ottenuto almeno1mm;
3. si sistema lo stop di gomma dello strumento a tale lunghezza di lavoro provvisoria;
4. dopo adeguata irrigazione del canale si introduce lo strumento finché lo stop raggiunge il punto di repere coronale;
5. si esegue una radiografia di controllo;
6. si misura la distanza tra la punta dello strumento e l’apice radiologico. Si aggiunge questo valore alla lunghezza
misurata in origine; se per errore lo strumento ha oltrepassato l’apice i sottrae tale differenza;
7. da questo valore si sottrae 1 mm, in quanto il termine ideale della preparazione è la giunzione cemento-dentinale e
non l’apice anatomico. Se la radiografia mostra segni di riassorbimento osseo, e quindi di riassorbimento radicolare, si
sottraggono 2mm, poiché la costrizione apicale è andata probabilmente distrutta e pertanto il canale è più corto;
8. si regola lo stop di gomma dello strumento su questa nuova lunghezza;
9. si esegue una radiografia di conferma;
10. se la lunghezza del dente è stata adeguatamente confermata, la si registra come definitiva.
È importante ricontrollare la lunghezza di lavoro nel caso di canali curvi, poiché è probabile che essa diminuisca nel
corso dell’allargamento e della rettifica dei canali.
b. LIMITI DELLA TECINICA RADIOGRAFICA
La tecnica radiografica presenta dei limiti che sono legati, da un lato alla tecnica stessa e, dall’altro, al paziente:
• la bidimensionalità dell’immagine che riduce, se sproiettata, o appiattisce del tutto la dimensione bucco-linguale, si
tratta infatti della riproduzione bidimensionale di un’immagine tridimensionale;
• la somministrazione di dosi di radiazioni che, per quanto minime, sono da evitare soprattutto in gravidanza;
• la difficoltà di esecuzione in pazienti che presentano mascelle anchilosate o malformate, o in pazienti anestetizzati,
ansiosi, iperattivi, o in portatori di handicap;
• la difficoltà a leggere l’immagine nel caso di apici vicini ad altre radici o a strutture scheletriche importanti (linea
obliqua esterna, arco zigomatico, seni mascellari);
• la sovrapposizione delle radici nei pluriradicolati;
• la deviazione del forame dall’apice anatomico, che non risulterà riconoscibile radiograficamente se in posizione
vestibolare o linguale (Kuttler 1955, Green 1960, Levy e Glatt 1970, Burch 1972, Chunn 1981, Dummer 1984,
McDonald 1990, Schaeffer 2005);
• tempi di realizzazione lunghi;
• impossibilità di realizzare nello stesso soggetto diagrammi sempre perfettamente sovrapponibili;
• variazioni nell’interpretazione dell’immagine radiografica da operatore a operatore e a seconda della sua esperienza.
Le imprecisioni della tecnica radiografica sono ben documentate in letteratura.
Chunn et al.,1981 hanno rilevato come un file introdotto nel canale, e diagnosticato corto dall’apice radiografico, in
realtà si estendeva oltre la punta della radice nel 33% dei casi in cui si era eseguita la radiografia con la tecnica della
bisettrice e nel 20% dei casi in cui si era usata la tecnica dei raggi paralleli.
Stein et al.,1992 hanno rilevato che la distanza radiografica del file dal vertice apicale era di 0,7mm più corta della
posizione effettiva del file, suggerendo una distanza di lavoro tra 1,5 e 2,0 mm in meno dal vertice apicale per prevenire
la sovrastrumentazione del canale.
Numerosi studi svolti, hanno dunque mostrato che, la lunghezza canalare determinata radiograficamente, varia
considerevolmente dall’effettivo valore (Kuttler 1955, 1958, Green 1956, Green 1960, Dummer et al. 1984, Forsberg
1987, a,b, Martinez-Lozano et al. 2001).
Possiamo dunque concludere che: il clinico che nella diagnosi faccia uso solo di radiografie può incorrere in vari errori.
Teniamo infatti presente che, nonostante le radiografie siano una parte critica ed integrante della terapia endodontica
(Vertucci 2005), c’è la necessità di ridurre l’esposizione alle radiazioni ionizzanti, ogni qual volta sia possibile (Brunton
et al. 2002, Pendlebury et al. 2004). Sono questi i motivi che, hanno spinto diversi ricercatori ad elaborare nuove
metodiche di localizzazione dell’apice radicolare, avvalendosi di apparecchi che localizzano l’apice elettronicamente.
2.B La localizzazione elettronica dell’apice radicolare
Attualmente il clinico che non voglia limitarsi alla sola diagnosi radiologica può avvalersi di apparecchi che localizzano
l'apice elettronicamente, si tratta di congegni elettronici che hanno avuto un notevole incremento di popolarità negli
ultimi anni (Kim & Lee 2004).
La determinazione elettronica della lunghezza di lavoro è un metodo alternativo che, da alcuni decenni, ha suscitato
l’interesse di molti ricercatori e che fornisce alla terapia endodontica indiscutibili vantaggi. Tale metodica, associata con
radiografie, eseguite in modo appropriato, permette una migliore e più accurata determinazione della lunghezza di
lavoro (McDonald 1992, Stein & Corcoran 1992, Pratten & McDonald 1996, Hoer & Attin 2004).
Venne introdotto nel 1918 con Custer che, fu il primo a suggerire l’uso di una corrente elettrica per valutare la
lunghezza del canale radicolare.
Nel 1942 Suzuki studiò il flusso di corrente attraverso il dente, scoprendo che la, resistenza elettrica tra uno strumento
inserito nel canale radicolare ed un elettrodo applicato sulla mucosa orale registrava valori costanti, indipendentemente
dal tipo o dalla forma del dente, dal diametro del canale, dall’età del paziente, dalla patologia apicale. Da queste
considerazioni ha ipotizzato che un nuovo metodo elettronico potesse misurare la lunghezza del canale radicolare.
Suzuki ha studiato gli effetti della ionoforesi in denti di cane: ponendo all’interno del canale radicolare l’elettrodo
negativo e una soluzione di nitrato di argento con sali di ammonio e collocando l’elettrodo positivo sulla mucosa orale;
osservò che l’emulsione penetrava nello spessore delle pareti canalari in modo costante ed uniforme per tutta la
lunghezza del canale indipendentemente dalla posizione dei due elettrodi. Da ciò dedusse che il tessuto dentario offriva
una resistenza elevata e costante al passaggio di corrente, e che la corrente fatta passare nel canale non solo non avrebbe
subito una dispersione laterale, ma sarebbe stata convogliata tutta verso il forame apicale.
Sunada, 1958 ha proseguito le ricerche di Suzuki e nel 1962 costruì un apparecchio dotato di un microamperometro, un
modificatore di resistenza, e due elettrodi: l’elettrodo positivo veniva collegato allo strumento canalare e l’elettrodo
negativo veniva connesso ad una placchetta metallica, adagiata sulla mucosa orale; in questo modo si veniva a creare un
circuito elettrico tra mucosa orale e legamento parodontale. Sunada, effettuando un esperimento in vivo, ha rilevato
valori di 6,5 KΩ di resistenza e 40 µA di corrente quando lo strumento toccava il parodonto in apice, di 9,0 KΩ e 37 µA
a 0,5 - l,0 mm dall’apice e di 3,9 KΩ e 43 µA oltre apice, riportando risultati costanti indipendentemente dal tipo o dalla
forma del dente. I valori erano però, molto variabili, nella porzione più coronale del canale, ciò era dovuto al contenuto
del canale stesso, supponendo invece, che l’ultimo mm apicale fosse sempre abbastanza pulito, si veniva a spiegare
l’attendibilità dello strumento in prossimità dell’apice. Inoltre l’apparecchio era in grado di riconoscere il legamento
parodontale anche attraverso perforazioni o canali laterali.
Sunada ha così elaborato la “teoria delle caratteristiche biologiche” secondo cui la mucosa orale (su cui viene
posizionato il catodo) ed il parodonto (sfiorato dal reamer in apice) presentano caratteristiche biologiche, tali per cui,
risulta costante la resistenza tra l’elettrodo positivo endocanalare e quello negativo intraorale. Il valore della resistenza è
elevato quando il reamer si trova nella porzione coronale della radice, poiché i tessuti dentari sono isolanti, mentre
tende a decrescere quando lo strumento è esterno all’apice, dato che i fluidi tissutali del parodonto sono conduttori.
Risulta così possibile determinare la l.d.l. prendendo come valore, la lunghezza dello strumento che è stato stoppato
quando il dispositivo ha registrato 40 µA. Nonostante tutto però, gli studi compiuti da Sunada si basavano sull’uso della
corrente continua, che portava facilmente a problemi di polarizzazione, con conseguenti difficoltà nell’ottenere delle
misurazioni precise; per tale motivo si passa più tardi, all’utilizzo della corrente alternata.
Successivamente Huang, 1987 ha dimostrato che i valori di resistenza costante non sono determinati dalle
caratteristiche biologiche dei tessuti, ma derivano da un fenomeno puramente fisico, perciò si viene ad avere un valore
costante perché è costante l’estensione della superficie di contatto tra elettrodo e tessuto parodontale.
Huang ha effettuato un esperimento in vitro tramite un apparecchio dotato di un microamperometro, un elettrodo di
riferimento immerso in soluzione salina ed un elettrodo-sonda collegato al reamer all’interno del canale. I denti presi in
esame, venivano privati della polpa e posizionati, su una tavoletta in cera, che veniva fatta galleggiare in un contenitore
con soluzione salina che, aveva la funzione di simulare il tessuto parodontale.
Si ottennero risultati analoghi a quelli ricavati in vivo da Sunada, per cui, l’intensità di corrente era:
- inferiore a 40 µA quando il reamer era all’interno del canale e la superficie di contatto tra questo e la soluzione era
inferiore a 2 mm2;
- pari a 40 µA quando il reamer raggiungeva l’apice sfiorando la soluzione con una superficie di contatto pari a 2 mm2;
- maggiore di 40 µA quando il reamer oltrepassava l’apice e la superficie di contatto superava i 2 mm2.
Correlando i dati sperimentali alle leggi fisiche Huang ha evidenziato che l’intensità di corrente è direttamente
proporzionale alla differenza di potenziale e inversamente proporzionale alla resistenza elettrica secondo la legge di
Ohm (I=∆V/R). Stabilendo costante la differenza di potenziale (K=∆V) applicata per mezzo del dispositivo, l’intensità
di corrente dipenderà da R (I=K/R). R a sua volta dipende dalla fluidità del conduttore a contatto con l’elettrodo
positivo (R=ρl/s) per cui:
• Risulta elevata all’interno del dente con canale asciutto, poiché il tessuto dentale è isolante, e quindi l’intensità di
corrente registrata è inferiore a 40 µA;
• Risulta costante in corrispondenza del forame apicale, che lascia esposta una superficie costante di soluzione, per cui
l’intensità di corrente registrata è pari a 40 µA;
• Risulta ridotta oltre apice, perchè i fluidi tissutali del parodonto sono conduttori e la sonda ha un’ampia superficie di
contatto con la soluzione, perciò l’intensità di corrente registrata supera i 40 µA.
Nel corso dei suoi esperimenti Huang ebbe, inoltre, modo di dimostrare che due fattori hanno un’influenza significativa
sulla precisione delle misurazioni potendo comprometterla: un fluido altamente conducente all’interno del canale, come
la soluzione saline; e la larghezza dei forame apicale, quando superiore a 0,2 mm.
Huang ha perciò condotto un esperimento, analogo al precedente in cui i denti venivano sostituiti da tubicini isolanti in
vetro con diametro variabile da 0,3 a 0,8 mm, i quali erano immersi e riempiti con soluzione salina. I tubicini con
calibro inferiore o uguale a 0,4 mm (paragonabile a quello del forame apicale), presentavano risultati identici a quelli
ottenuti con i denti. Questo dimostrava che, il valore costante di resistenza registrato a livello del forame apicale, non è
una caratteristica biologica dei tessuti, essendo rilevato anche con l’utilizzo di un modello sperimentale, costituito da
tubicini di vetro di sezione paragonabile a quella del forame apicale.
Ushyama (1983, 1984, 1988) ha elaborato il “metodo del gradiente di voltaggio” che permette di ottenere misurazioni
precise del canale anche in presenza di elettroliti forti. Il metodo prevede l’applicazione di una corrente continua,
all’interno del canale ed il rilievo della caduta di voltaggio che, risulta inversamente proporzionale al diametro canalare
punto per punto. Il metodo si basa sul principio che la densità di corrente attraverso un canale riempito con un elettrolita
risulta maggiore nel punto più stretto ed in basso al forame apicale. Tale studio è stato effettuato, su denti umani estratti,
immersi fino al colletto in una vaschetta con soluzione fisiologica e riempiti con la stessa soluzione. L’apparecchio
utilizzato prevedeva una sorgente di corrente ad elevata compliance: un oscillatore che generava un’onda sinusoidale di
400 Hz di frequenza, da cui risultava una corrente di intensità pari a 24 µA. Data l’elevata compliance della sorgente, il
flusso di corrente rimaneva costante indipendentemente dalla resistenza dovuta al canale o all’elettrodo usato.
Vennero usati, due tipi di elettrodi:
• di erogazione, deputati a mantenere sempre aperto il circuito;
• di registrazione, deputati a registrare la differenza di potenziale.
Gli elettrodi erano stati isolati per tutta la loro lunghezza tranne che all’estremità, riducendo al minimo l’influenza della
resistenza degli elettrodi sulle registrazioni. Tenendo, inoltre, presente che ogni elettrodo va incontro a polarizzazione e
questa risulta direttamente proporzionale all’estensione della superficie di contatto con l’elettrolita, erano state ridotte al
minimo le imprecisioni legate al fenomeno della polarizzazione.
Ushyama ha eseguito due tipi di registrazioni della differenza di potenziale: monopolare e bipolare. Le registrazioni
monopolari leggono ogni 0,1 mm la differenza di potenziale tra la punta dell’elettrodo-sonda, che penetra gradualmente
nel canale, e l’elettrodo indifferente (a potenziale 0) immerso nella vaschetta, permettendo l’individuazione del forame
apicale. Le registrazioni bipolari misurano, sezione per sezione, la differenza di potenziale tra le due punte di cui è
dotato l’elettrodo distanti 0,11-0,26 mm, fornendo un’idea relativa di tutta la morfologia canalare ed in grado di
localizzare per prime la costrizione apicale oltre il forame apicale.
Ushyama ha condotto la sua sperimentazione in due fasi, prima in vitro, e poi in vivo su denti destinati all’estrazione,
ottenendo le stesse conclusioni. È possibile rilevare dei limiti alla sperimentazione di Ushyama: l’elettrodo bipolare non
è in grado di attraversare canali stretti; ogni costrizione all’interno del canale viene identificata come costrizione
apicale; in assenza di costrizione non si ha rilevazione elettronica (Kobayashi 1995).
a. EVOLUZIONE DEI LOCALIZZATORI ELETTRONICI
L’idea che si potesse determinare la lunghezza del canale radicolare tramite la corrente elettrica venne elaborata già nel
1918 da Custer.
- PRIMA GENERAZIONE:
Gli studi compiuti da Suzuki nel 1942 e la scoperta di una resistenza elettrica costante tra uno strumento inserito nel
canale radicolare ed un elettrodo applicato sulla mucosa orale, hanno condotto Sunada nel 1962 a costruire il primo
localizzatore elettronico apicale.
Il localizzatore elettronico di Sunada era un ohmetro, che utilizzava una corrente continua e andava tarato ogni volta
mettendo a contatto i due elettrodi. La l.d.l veniva stabilita misurando la lunghezza dello strumento canalare che era
stato stoppato nel momento in cui il dispositivo registrava un valore di 40 µA. I risultati ottenuti non erano influenzati
dalla forma o dal tipo di dente, né tanto meno dall’età del paziente. È su questi principi che si sono basati tutti i
localizzatori elettronici di prima generazione.
Il dispositivo costruito da Sunada presentava però, dei limiti: il canale doveva essere privo di tessuto pulpare, essudato,
pus, sangue, ipoclorito di sodio, praticamente, di qualsiasi contenuto che, potesse agire da conduttore (Suchde & Talim
1977, Trope 1985, Nekoofar et al. 2002, Pommer et al. 2002, Tinaz et al. 2002). In tali situazioni il localizzatore
indicava di aver raggiunto l’apice, quando in realtà ciò non era vero, ma era la punta del file che, andava a toccare la
soluzione elettroconducente, chiudendo il circuito. Inoltre l’utilizzo di una corrente continua creava effetti di
polarizzazione degli elettrodi (la direzione della corrente continua è sempre la stessa e può determinare un eccessivo
addensamento di ioni intorno all’elettrodo non permettendo la cessione di cariche) e quindi difficoltà di misurazione.
Nel 1973 Inoue ha messo a punto il Sono-Explorer. Tale dispositivo, si basa sul principio che: la resistenza tissutale
della membrana parodontale che circonda il dente è costante, ed è pertanto la stessa sia a livello del solco gengivale che
a livello del forame apicale. Lo strumento deve quindi essere tarato introducendo la lima collegata all’inserto nel solco
gengivale del dente del paziente, prima dell’isolamento con la diga di gomma. Il Sono-Explorer è un dispositivo
indicatore audio, che registra la differenza di potenziale dei tessuti dentali, trasformandola in suoni che vengono
interpretati dall’operatore. Il principale svantaggio di questo congegno è rappresentato dalla necessità di calibrazioni
individuali, tale localizzatore va infatti calibrato al solco parodontale di ogni singolo dente.
- SECONDA GENERAZIONE:
Con l’introduzione dei localizzatori elettronici di seconda generazione vengono in parte superate le problematiche degli
apparecchi precedenti, mediante l’utilizzo della corrente alternata (proposta da Suchde & Talim 1977), ma permangono,
le difficoltà connesse con la presenza di fluidi conduttori.
A questa categoria appartiene l’Apex Finder che non necessita della taratura individuale e visualizza il raggiungimento
del forame apicale mediante una scala digitale. Il dispositivo fornisce misurazione regolarmente decrescenti di distanza
dall’apice a circa l mm da esso, utili in termini di orientamento. In presenza di valori continuamente variabili bisogna
modificare le condizioni di misura (asciugatura, numero dello strumento canalare impiegato, spostamento dello
strumento canalare in modo da modificare l’aderenza con le pareti del canale). In presenza di soluzioni conduttrici,
fornisce misurazioni erronee.
Nel 1979 Hasegawa ha messo a punto l’Endocater, che utilizza una corrente ad alta frequenza (400 kHz) e, a differenza
dei dispositivi precedenti rileva un cambiamento della resistenza elettrica nella regione apicale della dentina trasparente.
Il dente diviene semplicemente un lungo tubo cavo di piccolo diametro con una minore resistenza nella porzione
coronale ed una maggiore resistenza in quella apicale. Alla, fine del tubo, che corrisponde al forame apicale (Takei
1983), c’è un brusco abbassamento della resistenza indotta. L’Endocater è in grado di eseguire misurazioni anche in
presenza di fluidi conduttori poiché utilizza una sonda elettrodo rivestita da un materiale isolante, ma ciò fa si che, non
possa essere utilizzato in tutti i canali, poiché lo strato che ricopre la sonda ne aumenta il calibro impedendogli di
raggiungere il forame apicale in canali stretti (Foud 1990, McDonald 1990, Keller 1991).
- TERZA GENERAZIONE:
Le ricerche successive (Ushyama 1983) hanno portato ad elaborare il “metodo del gradiente d’impedenza” che
permetteva di determinare la lunghezza di lavoro in presenza di elettroliti. Inoltre hanno evidenziato che il principio
elettrico su cui si basava la localizzazione elettronica non si fondava sulle caratteristiche biologiche dei tessuti, ma era
dovuto ad un fenomeno puramente fisico (Huang 1987).
Queste scoperte hanno condotto alla realizzazione dei localizzatori elettronici di terza generazione, in grado di
apprezzare l’incremento del valore di impedenza lungo le pareti del canale radicolare, che risulta maggiore nella
porzione apicale del canale rispetto a quella coronale. Questi moderni localizzatori apicali, vanno dunque a misurare il
gradiente d’impedenza tra il forame apicale maggiore e quello minore, partendo dalla misurazione dell’impedenza, tra
la punta del file e il fluido canalare, con differenti frequenze (Hör & Attin 2001, 2004, Gordon & Chandler 2004). Il
principio di misurazione di questi congegni, è basato sulla resistenza elettrica della dentina (Ushyama 1983); precedenti
studi in vitro, hanno infatti dimostrato che, i localizzatori apicali elettronici, sono in grado di determinare un punto tra la
costrizione apicale e il forame maggiore che, viene a dipendere dalla resistenza della dentina (Voß & Siebenkees 1994).
I LEA di terza generazione garantiscono delle misurazioni non compromesse dalla presenza di fluidi elettroconduttori,
dato che, non rilevano direttamente il valore d’impedenza all’interno del canale radicolare, ma lo ricavano, dopo
l’interpretazione da parte dei circuiti interni dello strumento, delle risposte conseguenti all’applicazione per mezzo del
file-elettrodo di più correnti con diversi segnali di frequenza.
Sono stati condotti diversi studi, sia in vivo che in vitro, sui vari localizzatori in commercio, per determinarne
l’accuratezza e l’affidabilità (Fouad et al. 1990, Mayeda et al. 1993, Shabahang et al. 1996, Dunlap et al. 1998), tali
studi hanno rilevato che i LEA di recente generazione, presentavano un’accuratezza approssimativamente del 90 %
(Fouad et al. 1993, Frank & Torabinejad 1993, Weiger et al. 1999, Welk at al. 2003).
Il primo localizzatore elettronico di terza generazione uscito sul mercato è stato l’Apit-Endex (Osada Electric
Co.Inc.LA) che utilizza due correnti elettriche con due diverse frequenze (1-5 KHz) e va a calcolare la differenza delle
relative impedenze. Quest’ultimo valore viene utilizzato per indicare la posizione del file nel canale. Prima di iniziare la
misurazione è necessario eseguire una taratura dello strumento, trovando all’interno del canale un punto in cui la
differenza fra le due impedenze sia uguale a zero; dal momento che per una buona taratura le condizioni elettrolitiche
del canale devono essere stabili e costanti, i migliori risultati vengono ottenuti in presenza di un elettrolita forte. L’Apit
inoltre non garantisce misurazioni accurate in presenza di un canale secco (Frank et al. 1993, Kobayashi et al. 1993), e
le sue misurazioni non vengono particolarmente influenzate dalla presenza di elettroliti come: 5% NaOCl, 14% EDTA e
3% H2O2 (Saito & Yamashita 1990).
Il secondo localizzatore elettronico di terza generazione introdotto è il Root ZX (J.Morita Corporation) che utilizza due
correnti elettriche con due diverse frequenze (400Hz e 8KHz) e calcola il rapporto delle relative impedenze, utilizzando
questo valore per identificare la posizione del file nel canale. Il rapporto tra i valori d’impedenza non viene influenzato
dalle proprietà elettrolitiche dei vari fluidi eventualmente presenti nel canale, dal momento che le impedenze cambiano
proporzionalmente. Il Root ZX non necessita della taratura, comincia la misurazione nel primo momento in cui lo
strumento viene inserito nel lume canalare, e permette di ottenere risposte affidabili sia in canali asciutti che contenenti
un fluido conduttore, nonché nelle varie condizioni cliniche (Mayeda et al. 1993, Kobayashi & Suda 1994, Dunlap et al.
1998, Jenkins et al. 2001, Meares & Steiman 2002). Dunlap (1998), per di più, ha messo in evidenza che, non ci sono
differenze statisticamente significative, da parte del Root ZX nel determinare la costrizione apicale in canali vitali,
rispetto a canali necrotici, e la sua accuratezza viene quindi mantenuta in entrambe le situazioni.
Il Locapex 3000 (Ionyx SA.) utilizza tre correnti elettriche con tre diverse frequenze e calcola il rapporto delle relative
impedenze. Questo valore rappresenta la distanza che separa l’estremità dello strumento alesatore dall’apice e viene
letto sul display dell’apparecchio. Il Locapex 3000 non necessita della taratura iniziale e garantisce delle misurazioni
che non vengono influenzate dalla presenza della maggioranza degli elettroliti. Per ottenere un valore attendibile è
consigliabile evitare che la parte esterna del dente sia ricoperta, totalmente o parzialmente, dai liquidi di irrigazione,
inoltre un amalgama a contatto con la gengiva e lo strumento alesatore non permetterà la misurazione.
L’AFA Apex Finder, Model 7005 (Analytic Endodontics, Orange,CA) utilizza cinque differenti frequenze (0,5KHz, l,
2, 4, 8Kz) e calcola il rapporto delle relative impedenze. L’apparecchio è dotato di un display numerico e di uno grafico
che indicano la posizione del file nel canale. La scala numerica rileva distanze dal forame tra 1,5mm e -0,1 mm con
incrementi di 0,1 mm; a una distanza dal forame superiore a 1,5mm non si ottengono misurazioni affidabili e non
vengono pertanto visualizzate. Il display grafico mostra un istogramma inverso e la barra aumenta in ampiezza man
mano che la lima si avvicina all’apice. L’apparecchio fornisce indicazioni anche sul livello di umidità del canale,
permettendo all’operatore di regolarla in modo da garantire la massima precisione nella misurazione. Garantisce
misurazioni accurate in canali contenti differenti elettroliti come essudato, sangue, ipoclorito di sodio.
Tenendo presente che un canale con tessuto vitale può mostrare una differente impedenza rispetto ad un canale con
tessuto necrotico, sono stati condotti numerosi studi per verificare l’attendibilità dei localizzatori elettronici in tali
situazioni, dimostrando che c’è una maggiore precisione nei casi di tessuto vitale.
Sono stati rilevati valori dall’apice radiografico di -0,057mm nei casi vitali e -0,107mm nei casi necrotici (Mayeda et al.
1993) e – 0,21mm nei casi vitali e – 0,51mm nei casi necrotici (Dunlap et al. 1998).
L’AFA Apex Finder ha dimostrato di raggiungere l,0±0,5mm dall’apice radiografico nel 94% dei casi vitali contro un
77% dei casi necrotici, esso presenta perciò una maggiore precisione nelle misurazioni di denti aventi canali vitali
(Pommer et al. 2002).
- QUARTA GENERAZIONE:
Il Bingo 1020 (Forum Engineering Technologies, Rishon Lezion, Israel) commercializzato dalla Dentsply come RayPex 4 può essere definito come un localizzatore elettronico di quarta generazione. Utilizza due differenti frequenze (400
Hz, 8 kHz) separatamente, e studi in vitro (Kaufman et al. 2002) hanno dimostrato una precisione paragonabile al Root
ZX ed una migliore maneggevolezza.
Un nuovo apparecchio introdotto nel 2003 è l’Elements Diagnostic Unit and Apex Locator (SybronEndo, Anaheim,
CA, USA) costituito da un localizzatore apicale e da uno scanner della vitalità pulpare. Esso utilizza segnali con
frequenza di 0,5 e 4 kHz. Il localizzatore misura la resistenza e la capacitanza del circuito separatamente, per cui non
elabora il dato dell’impedenza come algoritmo matematico, ma confronta i valori di resistenza e capacitanza con una
base-dati per determinare la distanza dall’apice (Gordon & Chandler 2004, Vera & Gutierrez 2004). L’Elements Unit,
usa frequenze multiple, per eliminare le influenze dovute alle differenti condizioni del canale (Tselnik et al. 2005). Sulla
base di osservazioni cliniche, Vera & Gutierrez (2004), hanno riportato che, quando si utilizza l’Elements Diagnostic
Unit, il file dovrebbe essere riportato indietro ad una profondità di 0,5 mm invece di 0,0 mm dal termine del canale
radicolare, per raggiungere l’esatta identificazione della costrizione apicale che, si reputa sia 0,5mm più corta del
forame (maggiore) esterno; ne consegue quindi che, il metodo più accurato di utilizzare questo congegno, sia quello di
portare il file sul display, ad una lunghezza di 0,0 mm dal termine canalare, per poi portarlo indietro ad una lunghezza
di 0,5 mm. Vera & Gutierrez (2004), raccomandano inoltre, di asciugare accuratamente la cavità d’accesso, prima di
introdurre il file nel canale. Studi recenti, hanno dimostrato un grande livello di accuratezza, di questo localizzatore sia
quando è usato in vivo (Tselnik et al. 2005), sia quando viene utilizzato in vitro (Plotino et al. 2006).
Il ProPex (Dentsply Maillefer, Ballaigues, Switzerland) è un localizzatore di nuova generazione che usa una tecnologia
a multifrequenza, permettendo così la localizzazione dell’apice nella maggior parte delle condizioni canalari, esso
consente infatti di effettuare la misurazione della lunghezza canalare, anche in presenza di sangue e/o tessuti.
Un’importante caratteristica di tale localizzatore è che, i calcoli si basano sull’energia del segnale e non sull’ampiezza
come avviene per gli altri localizzatori, ciò fa si che si ottengano delle misurazioni estremamente precise (Plotino et al.
2006). Tale dispositivo, si è dimostrato essere altrettanto preciso, anche quando utilizzato per il ritrattamento di denti
sottoposti a terapia endodontica, con una precisione paragonabile al Root ZX e al NovApex (Goldberg F. et al. 2005).
Il NovApex (Forum Technologies, Rishon Le-zion, Israel), è un localizzatore di quarta generazione che, impiega una
tecnologia a multifrequenza ed è anche in grado di dare misurazioni in ambiente umido. Tale congegno, utilizza una
differenza di voltaggio e opera in base al principio che la misurazione dell’impedenza, non differisce solo tra i due
elettrodi, ma dipende dalla frequenza usata, e differisce anche di molto, nella regione della costrizione apicale.
Sfortunatamente la letteratura scarseggia di studi in merito a tale localizzatore, nonostante tutto, in uno studio condotto
da Cunha D’Assuncao et al., nel 2006, è stato dimostrato che il Novapex è un dispositivo utile e accurato per la
localizzazione del forame apicale, inoltre le sue misurazioni risultano molto simili a quelle ottenute con il Root ZX, che
è un localizzatore estremamente affidabile.
Sfortunatamente, ancora oggi, molti produttori di tali dispositivi, non definiscono l’esatta natura dei loro congegni,
neanche i loro principi di funzionamento elettronico. La classificazione e la descrizione in “Generazioni” non è di
grande aiuto ai clinici ma è più adeguata al marketing e alla distribuzione di tali prodotti. In sostanza, non è possibile
classificare tutti i diversi congegni sul mercato; piuttosto, solo quelli i cui principi di funzionamento sono stati rilasciati
dal produttore, possono essere categorizzati. È dunque chiaro che, dalle limitate informazioni fornite dai produttori, la
classificazione dei localizzatore elettronici è materia di grande controversia e ignoranza (Nekoofar 2005).
b. UTILITA’ DEL LOCALIZZATORE
La localizzazione elettronica dell’apice radicolare può quindi essere considerata una tecnica accurata, veloce e di facile
esecuzione. Permette di ridurre l’esposizione ai raggi X, è stato infatti calcolato che, nella pratica endodontica, vengono
effettuate circa 3-4 radiografie per completare il trattamento con successo, mentre, utilizzando un localizzatore in
maniera accurata, è possibile evitare di effettuare almeno una di tali radiografie, nell’85% dei casi (Soujanya et al.
2006). Viene inoltre, in aiuto in tutte quelle situazioni in cui la radiografia da sola risulta inefficacie o addirittura non
può essere eseguita.
Il localizzatore elettronico risulta essere un eccellente strumento diagnostico per tutte quelle situazioni in cui si
stabilisce una comunicazione tra il canale radicolare e la membrana parodontale quali la frattura radicolare, il
riassorbimento interno ed esterno (Nahmias et al. 1983, Chong & Pitt Ford 1994).
Consente di diagnosticare la presenza di perforazioni in quanto, quando lo strumento raggiunge il legamento
parodontale in corrispondenza di una perforazione, misurerà la stessa resistenza elettrica che misurerebbe al forarne
apicale. Le letture risultano però imprecise nei denti con apice immaturo o con un ampio canale laterale.
Le misurazioni della gran parte dei localizzatori elettronici attuali non vengono alterate dagli irriganti canalari (Jenkins
et al. 2001). Meares & Steiman nel 2002 hanno dimostrato che il Root ZX è addirittura dotato, di una maggior
accuratezza in presenza dell’ipoclorito di sodio all’interno del canale; infatti in tale studio, si vide che quando il
localizzatore veniva utilizzato in assenza di ipoclorito di sodio, presentava un’accuratezza all’interno di ± 0.5mm
nell’81% dei casi; quando invece, era utilizzato in canali sottoposti a lavaggio con soluzione di ipoclorito di sodio al
2,125%, la sua accuratezza all’interno di ± 0.5mm si verificava nell’83% dei casi, percentuale che saliva all’85% dei
casi, quando veniva utilizzato per la misurazione della lunghezza di lavoro in canali sottoposti a lavaggio con ipoclorito
di sodio al 5,25%.
È necessario ridurre al minimo la presenza di residui tissutali, essudato infiammatorio e sangue prima delle misurazioni
elettroniche poiché, essendo conduttori, possono determinare una lettura alterata (Trope et al. 1985).
Altri conduttori che possono causare un corto-circuito sono i restauri in amalgama, corone proteiche metalliche, carie,
saliva e strumenti endodontici in un secondo canale.
L’accumulo di detriti dentinali e la presenza di calcificazioni possono alterare la precisione dei localizzatori elettronici
(Aurelio et al., 1983, Monta 1994).
Anche il diametro del forame apicale può influenzare la determinazione elettronica della lunghezza canalare. Huang,
1987 ha rilevato che un diametro del forame apicale maggiore superiore 0,2 mm può incrementare le distanze misurate.
Anche Stein et al., 1990 hanno valutato che all’aumentare del diametro del forame apicale maggiore aumenta la
distanza tra la punta del file e il forame, mentre non hanno trovato alcuna correlazione significativa tra l’ampiezza della
CDJ e la lunghezza misurata.
Nonostante l’estrema precisione dei localizzatori elettronici, Hoer & Attin (2004), hanno dimostrato che si veniva ad
avere una determinazione accurata della costrizione apicale nel 51-64% dei canali radicolari, in base al diverso
congegno elettronico utilizzato; inoltre la probabilità di determinare la posizione tra il forame maggiore e minore era
stimata tra l’81 e l’82% dei casi. Welk et al. (2003) riportarono anche che l’abilità dei vari localizzatori nel determinare
il “diametro minore” era tra il 90.7 e il 34.4%.
L’utilizzo esclusivo dei localizzatori elettronici, senza radiografie preliminari e postoperatorie, risulta comunque una
pratica sconsigliabile a causa dell’ampia variabilità nella morfologia dentale; d’altronde ElAyouti et al. 2001 hanno
rilevato che la sola valutazione radiografica della lunghezza canalare comporta un rischio di sovrastrumentazione nel
56% dei premolari e nel 33% dei molari, mentre l’utilizzo del Root ZX riduce la sovrastima della lavoro al 21% dei
premolari (ElAyouti et al. 2002).
c. RICHIAMI DI ELETTRONICA
I localizzatori elettronici dell’apice radicolare misurano la resistenza equivalente (impedenza equivalente) ai capi di due
elettrodi. Un elettrodo (il catodo) viene posizionato a contatto con la mucosa orale, l’altro (l’anodo) viene connesso con
lo strumento endodontico inserito nel canale radicolare. La punta dello strumento può così sfiorare i tessuti parodontali
profondi, ricchi di fluidi e quindi conduttori.
L’intero sistema può essere paragonato ad una cella elettrolitica, in cui si possono distinguere:
• un elettrodo positivo chiamato anodo;
• un elettrodo negativo chiamato catodo;
• una soluzione elettrolitica in cui sono immersi gli elettrodi.
La misurazione della resistenza (impedenza) equivalente all’interno della cella elettrolitica può essere ottenuta
attraverso due sistemi.
Il primo consiste nell’applicare una differenza di potenziale nota tra i due elettrodi mediante un generatore di tensione, e
quindi rilevare la corrente che circola nel circuito grazie ad un amperometro.
Il secondo prevede l’applicazione di una corrente nota nel circuito attraverso un generatore di corrente, e quindi la
rilevazione della differenza di potenziale instauratasi, mediante un voltmetro.
I localizzatori elettronici di prima generazione utilizzano un generatore di tensione che applica una differenza di
potenziale costante, e misurano la resistenza equivalente della cella elettrolitica. La misurazione della resistenza è
indiretta, si ottiene applicando la I legge di Ohm:
R=∆V/I
R [Ω]: resistenza
∆V [V]: differenza di potenziale
I [A]: intensità di corrente
L’intensità di corrente può essere definita come la quantità di Carica Q[c] che attraversa la sezione S[m2]di un
conduttore, sottoposto ad una differenza di potenziale non nulla, nell’unità di tempo.
Nella cella elettrolitica gli ioni presenti nella soluzione trasportano la quantità di carica Q; infatti, applicata una
differenza di potenziale agli elettrodi, gli ioni positivi (cationi), vengono attratti dal polo negativo, rappresentato dal
catodo e quelli negativi (anioni), sono attratti dal polo positivo, costituito dall’anodo. Quando hanno raggiunto
l’elettrodo cedono ad esso la propria carica consentendo il passaggio di corrente nel circuito. Appena viene ceduta la
propria carica la molecola dovrebbe allontanarsi dall’elettrodo e ionizzarsi, in modo da permettere un passaggio di
corrente continua. Può accadere però che un eccessivo addensamento di ioni intorno all’elettrodo non consenta la
cessione di cariche, riducendo la superficie di ricambio tra l’elettrodo stesso e la soluzione. Tale fenomeno prende il
nome di polarizzazione e determina un aumento della resistenza equivalente della cella.
Anche per ovviare a questo fenomeno sono stati progettati e realizzati i localizzatori elettronici di seconda e terza
generazione, che utilizzano la corrente alternata; cioè quella corrente, la cui intensità non varia nel tempo.
Un generatore di corrente alternata, detta di tipo sinusoidale, induce una differenza di potenziale sinusoidale descritta
dall’equazione:
V=V0sin (ωt+φ)
V0 [V]: ampiezza
ω [Hz]: pulsazione
φ: fase della differenza di potenziale
Analogamente la corrente alternata può essere descritta dall’equazione:
I=I0sin (ωt+φ')
I0 [A]: ampiezza
ω [Hz]: pulsazione
φ': fase della corrente
La differenza di potenziale V è in ritardo di fase rispetto alla corrente; il valore dello sfasamento è π/2, perciò φ'= φ+
π/2.
Ricordiamo:
v [Hz] = ω/2π: frequenza della sinusoide
T[s] = 2π/ω: periodo della sinusoide
Nell’ambito dei dispositivi che fanno uso della corrente alternata è necessario considerare gli effetti capacitivi ed
induttivi, oltre quelli resistivi già visti in circuiti che utilizzano la corrente continua.
Definiamo “Reattanza Capacitiva” di un condensatore la grandezza Xc, che svolge la stessa funzione della resistenza R
nella normale legge di Ohm (a parte la variazione di fase che per differenza di potenziale e correnti continue non esiste):
Xc [ohm]=1/ωC
C[F]: capacità di un condensatore
ω [Hz] =2πv: pulsazione
La reattanza capacitiva è inversamente proporzionale alla frequenza, dipende fortemente dalla frequenza del generatore
e dalle condizioni di misura (presenza di fluidi nel canale, temperatura, forma dell’apice, ecc.).
Definiamo “Reattanza Induttiva” la grandezza XL:
XL[ohm]=ωL
L[H]: induttanza
ω [Hz]: pulsazione
La reattanza induttiva è direttamente proporzionale alla frequenza.
Considerando il caso generale di un dispositivo in cui siano presenti simultaneamente una resistenza, un’induttanza ed
una capacità collegate in serie, alimentate da una differenza di potenziale sinusoidale, dobbiamo valutare una nuova
grandezza: l’impedenza o resistenza apparente. Essa risulta descritta dalla seguente equazione:
Z[ohm]=√R2+(ωL- l/ωC)2
L’impedenza non è né una resistenza nel senso ohmico, né una reattanza induttiva, ma una mescolanza delle due cose.
Si riduce alla semplice resistenza R, quando L=0 e C=∞, cioè in un circuito puramente resistivo.
Ricordiamo che i localizzatori elettronici di terza generazione si basano sulla valutazione del gradiente d’impedenza
lungo il canale radicolare per determinare l’esatta posizione dell’apice.
II. SCOPO DEL LAVORO
La determinazione della lunghezza di lavoro è riconosciuta come una delle operazioni più importanti per il successo
della terapia endodontica. Per questo durante la terapia si usano dei misuratori endodontici che ci permettono di fissare
per ogni strumento la giusta posizione dello stop di gomma.
Numerosi studi hanno dimostrato come la sovra o sottostrumentazione influenzi negativamente il decorso e la prognosi
della terapia canalare.
Il limite apicale non deve essere assolutamente oltrepassato per non interferire con il processo di guarigione apicale
(Laurichesse 1990). Qualora, infatti, sia stabilita una lunghezza di lavoro (l.d.l.) maggiore della lunghezza reale del
canale radicolare, si avrà una sovrastrumentazione della regione apicale, con infiltrazione delle sostanze irriganti nel
tessuto parodontale circostante e conseguente sovraotturazione, perciò, non solo si provocherà una perforazione
dell’apice, ma ci sarà una condizione di persistente infiammazione del tessuto periapicale (Ricucci & Langeland 1998,
Williams et al. 2006).
Ciò determina una aumentata incidenza del “dolore postoperatorio” ed un prolungato periodo di guarigione dovuto ad
un’incompleta rigenerazione del cemento, del legamento periodontale e dell’osso alveolare (Ingle 2003).
Qualora, invece, sia stabilita una lunghezza di lavoro (1.d.l.) minore rispetto alla lunghezza reale del canale radicolare si
effettuerà una strumentazione incompleta ed un riempimento in difetto del canale, facendo si che nella porzione più
apicale permangano frustoli di polpa vitale o residui necrotici, che potrebbero causare dolore postoperatorio, o essere
responsabili della insorgenza o della mancata guarigione di eventuali lesioni periapicali.
Lo scopo del presente studio è di verificare l’accuratezza nella localizzazione del limite elettronico di preparazione
canalare da parte di sei localizzatori elettronici.
III.
MATERIALI E METODI
I dispositivi testati sono stati, i localizzatori:
1. Root ZX (Morita Corporation)
2. DentaPort Root ZX (Morita Corporation)
3. Raypex 5 (VDW)
4. Ipex (NSK)
5. Propex II (Dentsply Meilfeller)
6. Apit EMS-7 (Sweden & Martina)
• Il localizzatore Root ZX della Morita Corporation, è costituito da un’unità di controllo fornita di un display di
misurazione a cristalli liquidi. La presa della sonda viene collegata allo strumento canalare tramite un connettore,
mentre un secondo cavo viene unito ad una clip labiale, che deve essere messa in contatto con la mucosa del paziente. Il
Root ZX non necessita della taratura, comincia la misurazione nel primo momento in cui lo strumento viene inserito nel
lume canalare, e permette di ottenere risposte affidabili sia in canali asciutti che contenenti un fluido conduttore, nonché
nelle varie condizioni cliniche (Mayeda et al. 1993, Kobayashi & Suda 1994, Dunlap et al. 1998, Jenkins et al. 2001,
Meares & Steiman 2002).
Una volta accesso l’apparecchio e stabilito il contatto si può iniziare subito la misurazione. La scala digitale leggibile
sul display informa l’operatore sulla reale distanza dal forame apicale, evidenziando con precisione il raggiungimento
della costrizione apicale, dell’apice o il superamento di esso.
Un segnale acustico accompagna la lettura visiva. E’ dotato di indicatore di batteria visibile sullo schermo che ci
informa sullo stato della batterie e possiede la funzione di spegnimento automatico; inoltre grazie al suo design esterno
liscio, ne viene permessa una facile pulizia.
Il localizzatore DentaPort Root ZX della Morita Corporation, è dotato di un ampio display a cristalli liquidi, su cui
viene visualizzata in tempo reale, la posizione e il movimento del file; questo display fornisce la corrispondenza tra
sensazione tattile del file e scala di misura visualizzata. Per effettuare la misurazione, viene collegata la pinza portalima
allo strumento canalare, mentre un secondo cavo viene unito ad un elettrodo neutro da agganciare alle labbra, a questo
punto viene acceso il localizzatore ed è così possibile effettuare la registrazione della lunghezza di lavoro. La scala
digitale, leggibile sul display, informa l’operatore sulla reale distanza dal forame apicale, evidenziando con precisione il
raggiungimento della costrizione apicale, dell’apice o il superamento di esso. Un segnale acustico accompagnerà la
lettura visiva, perciò la posizione del nostro strumento; in più, è possibile regolare il volume del segnale acustico. Il
DentaPort ZX localizzatore permette di effettuare misurazioni, sia con canale asciutto che bagnato (da sangue o da
liquidi di irrigazione).
Il DentaPort Root ZX può inoltre, essere abbinato al modulo Tri Auto ZX, si ha in tal modo un micromotore per
endodonzia con localizzatore apicale incorporato, ciò permette di ottenere, uno strumento in grado di alesare il canale e
di misurarne l'apice, in contemporanea. Si viene così a sviluppare il notevole vantaggio di eseguire il trattamento del
canale radicolare con un controllo costante della lunghezza di lavoro, permettendo all'endodontista di raggiungere la
corretta distanza apicale senza rischio di frattura degli strumenti più sottili. Il DentaPort Root ZX lavora sfruttando gli
stessi principi dell’originale Root ZX, il quale è stato oggetto di numerosi studi che ne hanno dimostrato il suo alto
livello di attendibilità.
Il nuovo localizzatore elettronico Raypex 5 della VDW funziona con l'ultima tecnologia digitale. Il relativo pannello
anteriore provvisto di cardini con uno schermo a colori caratterizza una rappresentazione unica e facile da usare del
canale radicolare.
Il movimento della lima può essere in tensione seguito su l'intera lunghezza del canale radicolare. Non appena la punta
della lima raggiunge il terzo apicale, l'esposizione commuta automaticamente in modalità “zoom dell'apice” che, mostra
un primo piano della costrizione apicale e del forame apicale. Ciò aiuta il dentista a prevedere il movimento della lima
in questa sezione e rende la determinazione di lunghezza più sicura e accurata.
La precisione nelle misurazioni realizzate da Raypex 5 è stata aumentata in confronto ad altri localizzatori apicali,
empiricamente calibrando l'esposizione su più di 300 canali radicolari. Ciò esclude virtualmente la sovrastrumentazione. Lo studio in vitro conferma un'esattezza di misurazione più del 95%. Il Raypex 5 è dotato di una
modalità demo che aiuta il dentista nell'informare i pazienti sul perché, è necessaria la localizzazione elettronica della
lunghezza del canale radicolare e su come funziona; tale dispositivo inoltre, può essere collegato ad un video esterno del
pc, permettendo anche ai pazienti di seguire il processo di misurazione su un grande schermo.
Grazie all'intelaiatura antiscorrimento e al disegno moderno il localizzatore è reso, sia pratico che attraente.
Sezione di terzo-coronale
e terzo-medio: illustrazione
del movimento del file.
Zoom dell'apice: proiezione
della sezione mostra la costrizione apicale al forame apicale.
Il file è alla costrizione apicale
Caso di sovra-strumentazione: il file ha passato il
forame apicale (puntino
rosso di avviso).
iPex NSK, dal design compatto ed elegante è l’ultima novità nel campo dei localizzatori elettronici apicali. Grazie
all’utilizzo di correnti multi-frequenza, è in grado di determinare con assoluta precisione e accuratezza l’apice
endodontico, in ogni tipo di condizione, anche nei casi in cui la cavità risulti asciutta, bagnata, in presenza di sangue o
di ipoclorito. Garantisce la massima sicurezza degli interventi canalari e migliora il comfort dei pazienti evitando
l’esposizione a radiazioni.
Presenta un display a cristalli liquidi, che è ben visibile, grazie all’alto contrasto e alle grandi dimensioni. Il monitor
LCD con segnale acustico, trasmette istantaneamente informazioni dettagliate sul trattamento del canale; nonché
permette la regolazione del volume audio a diversi livelli d’intensità. Il nuovo rilevatore apicale digitale NSK assicura
un’elevata precisione con chiare indicazioni sequenziali, numeriche e acustiche.
……..0
Il sistema di misurazione a multi-frequenza a tecnologia avanzata del sistema iPex filtra i segnali di minore importanza
che possono presentarsi nel caso di canali curvi o in circostanze particolari. Inoltre, seleziona automaticamente le
migliori combinazioni di frequenza in base alle condizioni del canale. Alimentato da batterie ricaricabili, presenta la
funzione di spegnimento automatico, che gli consente di raggiungere un’autonomia di lavoro fino a 50 ore.
Propex II (Dentsply Maillefer) è un moderno localizzatore apicale che utilizza l'innovativa tecnologia multifrequenza
per localizzare la posizione dell'apice. Si tratta di un localizzatore apicale di nuova generazione con ampio display a
colori, per facilitare la visualizzazione del file all’interno del canale radicolare. È dotato di segnale acustico progressivo
per un doppio controllo, consente inoltre di regolare il suono a 4 livelli: basso, medio, normale e alto. La moderna
tecnologia a multifrequenza permette la localizzazione dell’apice nella maggior parte delle condizioni canalari. Il
dispositivo è completamente automatico, viene alimentato da batteria ricaricabile, e permette un risparmio energetico,
grazie allo spegnimento automatico dopo 5 minuti di inattività, è comunque consigliabile spegnere manualmente
l'apparecchio dopo l’utilizzo semplicemente premendo il tasto (On/Off). Per assicurare una misurazione accurata, la
dimensione dello strumento dovrebbe essere selezionata in base al diametro del canale.
Nel terzo medio e terzo coronale occorre introdurre lentamente lo strumento canalare. Il cursore sull’icona del dente
darà indicazioni sulla progressione dello strumento all’interno del canale.
L’ulteriore progressione dello strumento nel canale si evince sia dall’icona del dente che dal valore numerico sulla scala
grafica. ProPex II segnala in modo acustico la progressione dello strumento attraverso una serie di segnali acustici
progressivi.
Il terzo apicale viene suddiviso in 10 segmenti graduati da 0.9 a 0.0 (apice) come informazione visiva della
progressione dello strumento.
Una volta raggiunto l’apice, il cursore mostrerà la scritta APEX (apice) e viene emesso un suono continuo.
Qualora si proceda oltre apice, in caso dunque di sovra strumentazione, una linea rossa e un segnale di avvertenza
indicano che lo strumento ha oltrepassato l’apice e il cursore sull’icona del dente mostrerà OVER.
L’Apit EMS-7 commercializzato da Sweden & Martina è costituito da un’unità di controllo, fornita di un display di
misurazione facilmente leggibile. Tale display è dotato di un ago di misurazione analogico caratterizzato dalla capacità
di seguire l'azione dello strumento nel canale radicolare durante il suo movimento. Ciò permette di seguire visivamente
l'avvicinamento della punta del file K all'orifizio apicale. Raggiunto l'apice, il suono da intermittente diventa stabile e
continuo. È dotato di pinzetta porta file e gancio da labbro autoclavabili; presenta un timer con funzione Auto-Off, per
lo spegnimento automatico dell'apparecchio. Il timer può essere regolato a 5, a 10, oppure a 20 minuti. C’è un sistema
di allarme elettronico personalizzabile: in modo tale che l’operatore può regolare il volume dell'allarme acustico al
livello desiderato e può scegliere il punto in cui far iniziare il rilevamento acustico intermittente. Ha una bobina
retrattile, ciò consente di estrarre il cavo solo per la lunghezza necessaria alla misurazione, garantendo così massimo
ordine ed efficienza. Il suo consumo è estremamente ridotto e viene alimentato da cinque batterie alcaline. Lo stato di
carica delle batterie viene monitorato da due led luminosi che rilevano quattro stadi di carica, indicando chiaramente
quando è opportuno sostituirle.
L’Apit consente di rilevare la posizione del forame apicale in modo accurato anche in presenza di sangue, polpa, pus,
soluzione salina e ipoclorito di sodio, poiché ogni singola misurazione viene effettuata dopo aver individualmente tarato
l'apparecchio in base alle condizioni rilevate nel canale. La regolazione dell'apparecchio viene effettuata in modo
automatico in maniera estremamente semplice. Qualora la condizione presente nel canale radicolare impedisca una
rilevazione sufficientemente precisa nella modalità automatica, è possibile ricorrere alla modalità manuale. Le
misurazioni sono completamente indolori poiché il voltaggio applicato è di solo 2mA, quindi anche i pazienti più
sensibili avvertono al massimo una sensazione di lieve formicolio.
Principio di funzionamento
Due segnali elettrici, A e B, corrispondenti a due differenti frequenze di misurazione, 1KHz e 5KHz, vengono
contrapposti per rilevare la differenza o variazione nelle reazioni di impedenza delle due frequenze in punti diversi del
canale radicolare.
Apit ha due modalità di funzionamento:
- misurazione a modalità automatica: é sufficiente introdurre il file K nel canale radicolare. La taratura si effettua
automaticamente e viene altrettanto automaticamente cancellata, 3 sec. dopo che il file è stato estratto dal canale
radicolare; ciò rende molto semplice anche la misurazione di canali con radici multiple
- misurazione a modalità manuale: qualora non fosse possibile la misurazione automatica è sufficiente premere ADJ per
passare a quella manuale
Nel presente studio sperimentale, sono stati utilizzati 40 denti monoradicolati. Sono stati selezionati elementi dentali,
estratti per motivi parodontali che, presentavano la completa formazione della struttura radicolare. Dopo l’estrazione, la
superficie radicolare, è stata detersa con curette parodontali e ultrasuoni in modo da rimuovere i residui tissutali. Dopo
tale procedura, i campioni sono stati conservati in soluzione di timolo all’1% e fisiologica, affinché ciascun elemento
fosse preservato da una rapida disidratazione della struttura dentale.
Sono state eseguite 2 radiografie preliminari di ciascun dente, per evidenziare l’anatomia canalare ed individuare l’apice
radiografico in posizione bucco-linguale e mesio-distale. I singoli elementi dentari sono stati decoronati per mezzo di
frese diamantate, con un taglio perpendicolare all’asse radicolare, in modo da guadagnare l’accesso alla camera pulpare
e creare un repere coronale che fosse stabile e riproducibile, per tutte le misurazioni. Aperta la cavità d’accesso di ogni
campione, sono stati individuati gli imbocchi dei canali e allargato il loro 3° coronale con frese Gates n° 1- 2 - 3 usate in
successione. Il canale di ogni dente, è stato sondato fino in apice, con un K-File #10 (Dentsply Maillefer). Tale file è
servito inoltre, a rilevare la lunghezza di lavoro di ciascun canale radicolare, acquisita in modo diretto, posizionando lo
stop di gomma del file sul repere coronale, e calcolando la lunghezza nel momento in cui la punta del file risultava
visibile all’apice. I canali radicolari sono stati irrigati con ipoclorito di sodio al 5%, sono stati asciugati con coni di carta
sterile (Hygenic, Akron, Ohio) e gli eccessi di irrigante sono stati eliminati dal canale e dalla cavità di accesso, con un
lieve spray d’aria.
Per realizzare il presente studio si è costruito un dispositivo in grado di ricreare in vitro le condizioni cliniche di
misurazione elettronica della lunghezza canalare. Come mezzo di conduzione, per simulare il rapporto costante nel
valore di impedenza tra la mucosa orale ed i tessuti parodontali profondi, è stato utilizzato l’alginato. Abbiamo creato
un modello costituito da una vaschetta contenente dell’alginato, al cui interno sono stati inseriti gli elementi dentari.
Tutte le misurazioni sono state effettuate nel range di 2 h dalla preparazione del modello in alginato, in modo tale che il
gel rimanesse sufficientemente umido (Lucena-Martin et al. 2004).
Il dente, pronto per essere misurato, è stato posizionato al centro del dispositivo in modo che soltanto la radice venisse a
contatto con l’alginato.
L’elettrodo labiale del localizzatore è stato collocato su un lato della vaschetta, a contatto con l’alginato.
Per la registrazione della lunghezza di lavoro determinata elettronicamente, è stato utilizzato un K-File n.# 10; dopo
aver acceso il localizzatore è stato collegato il gancio di connessione a tale strumento che, è stato fatto avanzare
lentamente all’interno del canale, mentre l’apparecchio ci informava della posizione raggiunta. Per effettuare le
misurazione in modo preciso e attendibile, come suggerito da alcuni autori (Dunlap et al. 1998, Lee et al. 2002), il file è
stato inserito lentamente e portato “oltre” l’apice indicato dal localizzatore, e poi lentamente retratto, fino a che il
display del localizzatore in esame, ha segnato nuovamente il valore “apice”, a quel punto è stato posizionato lo stop di
gomma del file sul repere coronale e acquisita la lunghezza del canale. Per ogni canale radicolare, misurato dai vari
localizzatori è stata registrata la lunghezza di lavoro, fino all’apice e a 0.5 mm dall’apice.
Tutte le procedure descritte sono state eseguite, per ogni campione con i localizzatori: DentaPort Root ZX, Raypex 5,
iPex, Propex II, Apit ed infine con il Root ZX. Quest’ultimo localizzatore, risulta essere dagli innumerevoli studi su di
esso effettuati, il localizzatore più affidabile sul mercato. Ogni apparecchio è stato calibrato seguendo le indicazioni
della casa produttrice.
IV. RISULTATI
Per ogni localizzatore è stato sottratto dalla lunghezza di lavoro, il valore riscontrato dal dispositivo in esame alle
diverse lunghezze di 0 e 0,5 mm dall’apice radicolare, registrando i risultati ottenuti come delta 0, delta 0,5 e sigma,
quest’ultimo non rappresenta altro che la differenza tra delta 0 e delta 0,5. I risultati ottenuti per ogni localizzatore (in
millimetri), sono stati registrati in differenti tabelle (1, 2, 3, 4, 5, 6) e riassunti nella tabella 7.
È stato utilizzato un test della varianza per determinare le differenze statisticamente significative dei valori registrati tra
i diversi gruppi. Nel caso in cui il test della varianza ha segnalato differenze statisticamente significative si è proceduto
a confronti multipli effettuati con t Test, con correzione di Bonferroni. Sono stati considerati valori statisticamente
significativi, per P< 0,05.
L’affidabilità dei localizzatori elettronici apicali nella determinazione del forame apicale, era del 100% per iPex e
Propex II, del 97,5% per Root Zx e Apit e del 95% per Raypex 5 e Dentaport Zx quando le lunghezze venivano prese a
0,5 mm dall’apice radicolare. Tali percentuali variavano leggermente andando ad effettuare le registrazioni a 0 mm
dall’apice (delta 0) divenendo del 100% per iPex, 97,5% per Propex II, 87,5% per Dentaport Zx, 85% per Apit e 80%
per Raypex5 e Root Zx.
Nonostante le misurazioni ottenute siano state nella media, si è potuto notare che vi erano delle misurazioni oltre il
repere stabilito (delta 0), con una percentuale più elevata quando le lunghezze venivano prese a 0,0 mm dall’apice, e in
particolare si sono registrate otto misurazioni lunghe con Root ZX e Raypex 5, sei con l’Apit, cinque con il DentaPort
Root ZX, una sola con il Propex II e infine zero con l’iPex; mentre, quando le misurazioni venivano terminate a 0,5 mm
dall’apice, la percentuale delle misurazioni lunghe è stata minore, e precisamente, ve ne sono state: due con il DentaPort
Root ZX e con il Raypex 5, una con il Root ZX e con l’Apit, e zero con l’iPex e il Propex II.
Tabella 1
Campione
ldl in apice
Root ZX 0,5
Root ZX 0,0
delta 0,5 delta 0 sigma
1
1,625 1,6
1,625 0,025 0
-0,025
2
1,725 1,775 1,8
-0,05 -0,075 -0,025
3
1,75
1,725 1,75
0,025 0
-0,025
4
1,625 1,6
1,625 0,025 0
-0,025
5
1,675 1,65
1,7
0,025 -0,025 -0,05
6
1,6
1,6
1,625 0
-0,025 -0,025
7
1,425 1,4
1,5
0,025 -0,075 -0,1
8
1,7
1,7
1,725 0
-0,025 -0,025
9
1,7
1,675 1,7
0,025 0
-0,025
10
1,825 1,8
1,825 0,025 0
-0,025
11
1,75
1,725 1,8
0,025 -0,05 -0,075
12
1,65
1,6
1,65
0,05
0
-0,05
13
1,65
1,525 1,55
0,125 0,1
-0,025
14
1,575 1,475 1,575 0,1
0
-0,1
15
1,475 1,4
1,425 0,075 0,05
-0,025
16
1,8
1,625 1,7
0,175 0,1
-0,075
17
1,8
1,8
1,825 0
-0,025 -0,025
18
1,9
1,85
1,9
0,05
0
-0,05
19
1,6
1,525 1,575 0,075 0,025 -0,05
20
1,525 1,475 1,5
0,05
0,025 -0,025
21
1,8
1,75
1,775 0,05
0,025 -0,025
22
1,8
1,775 1,8
0,025 0
-0,025
23
1,6
1,55
1,575 0,05
0,025 -0,025
24
1,9
1,825 1,85
0,075 0,05
-0,025
25
1,8
1,8
1,8
0
0
0
26
1,85
1,8
1,85
0,05
0
-0,05
27
1,525 1,475 1,5
0,05
0,025 -0,025
28
1,45
1,4
1,425 0,05
0,025 -0,025
29
1,5
1,35
1,45
0,15
0,05
-0,1
30
2
2
2
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34
35
36
37
38
39
40
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1,325
1,7
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1,7
1,6
1,4
1,9
1,575
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1,6
1,4
1,9
1,65
1,5
1,325
1,8
1,6
1,3
1,625
1,5
1,925
1,7
1,6
1,4
1,9
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0,05
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-0,075
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0
0
-0,025
-0,025
-0,025
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0,172760394
0,16408253
0,043835
Tabella 2
Campione
1
1,625
2
1,725
3
1,75
4
1,625
5
1,675
6
1,6
7
1,425
8
1,7
9
1,7
10
1,825
11
1,75
12
1,65
13
1,65
14
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17
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18
1,9
19
1,6
20
1,525
21
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23
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1,9
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1,8
26
1,85
27
1,525
28
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29
1,5
30
2
31
1,625
32
1,625
33
1,325
34
1,7
35
1,425
36
1,95
37
1,7
38
1,6
39
1,4
40
1,9
Tabella 3
Campione
1
1,625
2
1,725
3
1,75
ldl in apice
1,5
1,6
1,775 1,8
1,7
1,725
1,6
1,6
1,65
1,7
1,6
1,625
1,4
1,4
1,675 1,7
1,625 1,7
1,8
1,825
1,725 1,775
1,6
1,625
1,55
1,6
1,45
1,525
1,4
1,45
1,725 1,775
1,7
1,8
1,85
1,875
1,5
1,575
1,5
1,525
1,775 1,75
1,775 1,8
1,525 1,575
1,85
1,9
1,775 1,8
1,8
1,85
1,5
1,5
1,35
1,425
1,35
1,45
1,975 2
1,525 1,6
1,55
1,6
1,35
1,4
1,6
1,675
1,4
1,4
1,875 1,9
1,65
1,7
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0
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0,025 0
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0
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0,025 0
-0,025
0,05
0
-0,05
0,025 0,025 0
0,1
0,025 -0,075
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-0,1
0,025 0
-0,025
0,1
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-0,025 -0,075 -0,05
0,1
0,025 -0,075
0,025 0,025 0
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0,075 0
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ldl in apice
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1,6
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1,725 1,75
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-0,025
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7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
1,625
1,675
1,6
1,425
1,7
1,7
1,825
1,75
1,65
1,65
1,575
1,475
1,8
1,8
1,9
1,6
1,525
1,8
1,8
1,6
1,9
1,8
1,85
1,525
1,45
1,5
2
1,625
1,625
1,325
1,7
1,425
1,95
1,7
1,6
1,4
1,9
Tabella 4
Campione
1
1,625
2
1,725
3
1,75
4
1,625
5
1,675
6
1,6
7
1,425
8
1,7
9
1,7
10
1,825
11
1,75
12
1,65
13
1,65
14
1,575
15
1,475
16
1,8
17
1,8
18
1,9
19
1,6
20
1,525
1,6
1,65
1,6
1,375
1,675
1,675
1,8
1,725
1,6
1,575
1,575
1,425
1,725
1,8
1,85
1,525
1,475
1,75
1,75
1,525
1,825
1,7
1,8
1,475
1,35
1,425
1,925
1,525
1,575
1,35
1,6
1,4
1,925
1,675
1,525
1,3
1,825
1,625
1,7
1,6
1,4
1,7
1,7
1,8
1,75
1,625
1,6
1,6
1,5
1,8
1,825
1,875
1,6
1,5
1,825
1,8
1,575
1,85
1,725
1,825
1,5
1,425
1,5
2
1,55
1,6
1,375
1,65
1,4
1,975
1,7
1,575
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-0,03688
0,030905
ldl in apice
1,6
1,625
1,65
1,725
1,7
1,725
1,6
1,6
1,45
1,55
1,575 1,6
1,325 1,375
1,675 1,7
1,525 1,6
1,75
1,8
1,725 1,725
1,525 1,6
1,55
1,6
1,375 1,4
1,4
1,4
1,65
1,675
1,7
1,775
1,825 1,85
1,525 1,55
1,425 1,475
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delta 0,5 delta 0 sigma
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21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
1,8
1,8
1,6
1,9
1,8
1,85
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1,5
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1,625
1,325
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1,7
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1,4
1,9
1,725
1,75
1,5
1,85
1,7
1,825
1,45
1,4
1,3
1,95
1,5
1,525
1,3
1,625
1,4
1,85
1,625
1,525
1,2
1,25
1,75
1,8
1,575
1,9
1,725
1,825
1,5
1,425
1,35
2
1,525
1,55
1,325
1,65
1,4
1,9
1,7
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Tabella 5
Campione
1
1,625
2
1,725
3
1,75
4
1,625
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1,675
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1,6
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1,425
8
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9
1,7
10
1,825
11
1,75
12
1,65
13
1,65
14
1,575
15
1,475
16
1,8
17
1,8
18
1,9
19
1,6
20
1,525
21
1,8
22
1,8
23
1,6
24
1,9
25
1,8
26
1,85
27
1,525
28
1,45
29
1,5
30
2
31
1,625
32
1,625
33
1,325
34
1,7
35
1,425
36
1,95
ldl in apice
1,6
1,625
1,7
1,725
1,675 1,7
1,6
1,625
1,5
1,65
1,575 1,6
1,4
1,4
1,625 1,675
1,575 1,6
1,775 1,8
1,7
1,725
1,55
1,6
1,575 1,6
1,35
1,45
1,4
1,4
1,575 1,6
1,8
1,825
1,825 1,875
1,525 1,575
1,5
1,525
1,7
1,7
1,55
1,7
1,525 1,525
1,825 1,875
1,7
1,725
1,8
1,825
1,4
1,5
1,4
1,425
1,3
1,35
1,95
1,975
1,5
1,525
1,575 1,6
1,3
1,325
1,525 1,6
1,375 1,4
1,875 1,9
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0,025 0
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0,1
0
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0,075 -0,025
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0,025 -0,025
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37
38
39
40
1,7
1,6
1,4
1,9
Tabella 6
Campione
1
1,625
2
1,725
3
1,75
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1,625
5
1,675
6
1,6
7
1,425
8
1,7
9
1,7
10
1,825
11
1,75
12
1,65
13
1,65
14
1,575
15
1,475
16
1,8
17
1,8
18
1,9
19
1,6
20
1,525
21
1,8
22
1,8
23
1,6
24
1,9
25
1,8
26
1,85
27
1,525
28
1,45
29
1,5
30
2
31
1,625
32
1,625
33
1,325
34
1,7
35
1,425
36
1,95
37
1,7
38
1,6
39
1,4
40
1,9
1,625
1,5
1,3
1,825
1,65
1,525
1,325
1,9
0,075
0,1
0,1
0,075
0,05
0,075
0,075
0
-0,025
-0,025
-0,025
-0,075
1,584375
0,168390524
1,623125
0,167980797
0,086875
0,060708
0,048125
0,046818
ldl in apice
1,65
1,675
1,7
1,725
1,6
1,7
1,6
1,625
1,425 1,525
1,575 1,6
1,425 1,45
1,7
1,7
1,675 1,7
1,8
1,825
1,7
1,725
1,375 1,45
1,575 1,6
1,4
1,425
1,35
1,4
1,75
1,8
1,8
1,825
1,875 1,9
1,575 1,6
1,5
1,525
1,725 1,775
1,8
1,8
1,575 1,6
1,875 1,9
1,725 1,75
1,825 1,85
1,5
1,525
1,425 1,475
1,4
1,45
1,975 2
1,5
1,55
1,625 1,65
1,325 1,35
1,625 1,65
1,4
1,425
1,9
1,925
1,7
1,7
1,6
1,6
1,375 1,4
1,875 1,9
Apit 0,5Apit 0,0delta 0,5 delta 0 sigma
-0,025 -0,05 -0,025
0,025 0
-0,025
0,15
0,05
-0,1
0,025 0
-0,025
0,25
0,15
-0,1
0,025 0
-0,025
0
-0,025 -0,025
0
0
0
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
0,05
0,025 -0,025
0,275 0,2
-0,075
0,075 0,05
-0,025
0,175 0,15
-0,025
0,125 0,075 -0,05
0,05
0
-0,05
0
-0,025 -0,025
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
0,075 0,025 -0,05
0
0
0
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
0,075 0,05
-0,025
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
0,025 -0,025 -0,05
0,1
0,05
-0,05
0,025 0
-0,025
0,125 0,075 -0,05
0
-0,025 -0,025
0
-0,025 -0,025
0,075 0,05
-0,025
0,025 0
-0,025
0,05
0,025 -0,025
0
0
0
0
0
0
0,025 0
-0,025
0,025 0
-0,025
-0,03875
0,034414
1,62
1,65125 0,05125 0,02
-0,03125
0,175339
0,169175
0,065767
0,0507 0,021743
Le principali differenze e le deviazioni standard tra i valori ottenuti dai singoli localizzatori e le lunghezze di
riferimento, sono riassunti nella tabella 7.
Tabella 7
Root ZX
DentaPort ZX Raypex 5
iPex
PROPEX II
Apit
delta 0,5 0,05125 0,05500 0,04688 0,10125 0,08688 0,05125
DS
0,04383 0,04129 0,03499 0,10392 0,06071 0,06577
delta 0 0,00875 0,01188 0,01000 0,04500 0,04813 0,02000
DS
0,04025 0,02830 0,03091 0,04319 0,04682 0,05070
sigma -0,04250
-0,04313
-0,03688
-0,05625
-0,03875
-0,03125
DS
0,02953 0,02941 0,02467 0,09703 0,03441 0,02174
Alla luce di tali risultati (riassunti nella tabella a), possiamo affermare che le misurazioni lunghe ottenute sono state
esigue, anche se sono comunque state presenti, per cui è preferibile, terminare la preparazione canalare a 0,5 mm
dall’apice, per avere una maggiore sicurezza e poter quindi ottenere migliori risultati.
Tabella a
Dall’analisi dei valori ottenuti con i diversi localizzatori, sottoposti a confronti multipli effettuati con t Test con
correzione di Bonferroni, si è potuto notare che le differenze significative erano presenti sempre nei gruppi di
localizzatori 4 (iPex) e 5 (Propex II), quando posti a confronto con tutti gli altri dispositivi.
Possiamo dunque affermare che si osserva una differenza statisticamente significativa tra iPex e Propex II ponendoli a
confronto con RootZx, DentaPort Zx, Raypex 5 ed Apit (P<0.005).
Inoltre, quando le misurazioni venivano effettuate a 0,5 mm dall’apice, il valore di maggiore significatività, si è potuto
notare tra iPex e RootZx con P= 0.005, era invece P= 0.021 tra iPex e Raypex 5, P= 0.049 tra iPex e Apit, P= 0.097 tra
iPex e Dentaport Zx, mentre non era significativa tra iPex e Propex II.
A sua volta il Propex II mostrava valori statisticamente significativi con P=0.087 tra Propex II e RootZx, P= 0.274 tra
Propex II e Raypex 5, P= 0.530 tra Propex II e Apit, mentre non era significativa tra Propex II e iPex, e tra Propex II e
DentaPort Zx.
Figura 1: Box Plot delta 0,5 raffigurante la frequenza cumulativa della distanza dal termine apicale, quando la
lunghezza veniva registrata a 0,5 mm dall’apice.
I risultati del presente studio dimostrano che i localizzatori elettronici apicali, possono determinare accuratamente la
lunghezza del canale radicolare all’interno di valori minori del range di ± 0,5 mm dalla costrizione apicale, si nota
quindi una maggiore accuratezza da quello che era stato precedentemente dimostrato (Fouad et al. 1990, Czerw et al.
1995, Vajrabhaya & Tepmongkol 1997, Kauffman et al. 2002).
Multiple Comparison
Bonferroni
Mean Difference (I-J)
Std. Error
Sig.
95% Confidence Interval
Dependent Variable
(I) Localizzatore (J) Localizzatore
Lower Bound
Upper Bound
delta 0,5 1
2
-0,0150 0,016827
1,000 -0,06490
0,03490
3
-0,0069 0,016827
1,000 -0,05678
0,04303
4
-0,0613 0,016827
0,005 -0,11115
-0,01135
5
-0,0469 0,016827
0,087 -0,09678
0,00303
6
-0,0113 0,016827
1,000 -0,06115
0,03865
2
1
0,0150 0,016827
1,000 -0,03490
0,06490
3
0,0081 0,016827
1,000 -0,04178
0,05803
4
-0,0463 0,016827
0,097 -0,09615
0,00365
5
-0,0319 0,016827
0,891 -0,08178
0,01803
6
0,0038 0,016827
1,000 -0,04615
0,05365
3
1
0,0069 0,016827
1,000 -0,04303
0,05678
2
-0,0081 0,016827
1,000 -0,05803
0,04178
4
-0,0544 0,016827
0,021 -0,10428
-0,00447
5
-0,0400 0,016827
0,274 -0,08990
0,00990
6
-0,0044 0,016827
1,000 -0,05428
0,04553
4
1
0,0613 0,016827
0,005 0,01135 0,11115
2
0,0463 0,016827
0,097 -0,00365
0,09615
3
0,0544 0,016827
0,021
5
0,0144 0,016827
1,000
6
0,0500 0,016827
0,049
5
1
0,0469 0,016827
0,087
2
0,0319 0,016827
0,891
3
0,0400 0,016827
0,274
4
-0,0144 0,016827
1,000
6
0,0356 0,016827
0,530
6
1
0,0113 0,016827
1,000
2
-0,0038 0,016827
1,000
3
0,0044 0,016827
1,000
4
-0,0500 0,016827
0,049
5
-0,0356 0,016827
0,530
DELTA_0
1
2
-0,0031 0,009131
3
-0,0012 0,009131
1,000
4
-0,0363 0,009131
0,001
5
-0,0394 0,009131
0,000
6
-0,0113 0,009131
1,000
2
1
0,0031 0,009131
1,000
3
0,0019 0,009131
1,000
4
-0,0331 0,009131
0,005
5
-0,0363 0,009131
0,001
6
-0,0081 0,009131
1,000
3
1
0,0012 0,009131
1,000
2
-0,0019 0,009131
1,000
4
-0,0350 0,009131
0,002
5
-0,0381 0,009131
0,001
6
-0,0100 0,009131
1,000
4
1
0,0363 0,009131
0,001
2
0,0331 0,009131
0,005
3
0,0350 0,009131
0,002
5
-0,0031 0,009131
1,000
6
0,0250 0,009131
0,100
5
1
0,0394 0,009131
0,000
2
0,0363 0,009131
0,001
3
0,0381 0,009131
0,001
4
0,0031 0,009131
1,000
6
0,0281 0,009131
0,035
6
1
0,0113 0,009131
1,000
2
0,0081 0,009131
1,000
3
0,0100 0,009131
1,000
4
-0,0250 0,009131
0,100
5
-0,0281 0,009131
0,035
*
The mean difference is significant at the .05 level.
0,00447 0,10428
-0,03553
0,06428
0,00010 0,09990
-0,00303
0,09678
-0,01803
0,08178
-0,00990
0,08990
-0,06428
0,03553
-0,01428
0,08553
-0,03865
0,06115
-0,05365
0,04615
-0,04553
0,05428
-0,09990
-0,00010
-0,08553
0,01428
1,000 -0,03020
0,02395
-0,02833
0,02583
-0,06333
-0,00917
-0,06645
-0,01230
-0,03833
0,01583
-0,02395
0,03020
-0,02520
0,02895
-0,06020
-0,00605
-0,06333
-0,00917
-0,03520
0,01895
-0,02583
0,02833
-0,02895
0,02520
-0,06208
-0,00792
-0,06520
-0,01105
-0,03708
0,01708
0,00917 0,06333
0,00605 0,06020
0,00792 0,06208
-0,03020
0,02395
-0,00208
0,05208
0,01230 0,06645
0,00917 0,06333
0,01105 0,06520
-0,02395
0,03020
0,00105 0,05520
-0,01583
0,03833
-0,01895
0,03520
-0,01708
0,03708
-0,05208
0,00208
-0,05520
-0,00105
Figura 2: Box Plot delta 0,0 raffigurante la frequenza cumulativa della distanza dal termine apicale, quando la
lunghezza veniva registrata a 0 mm dall’apice.
V. DISCUSSIONI
Tra le misurazioni ottenute con i diversi dispositivi, ci sono state differenze statisticamente significative, essendo
P<0,05 per il test ANOVA tra i gruppi. Tuttavia, le letture si sono mantenute nel range di affidabilità considerato
comunemente valido in letteratura (review), di ± 0,5 mm (Fouad et al. 1990, Katz et al. 1991, Czerw et al. 1995,
Vajrabhaya & Tepmongkol 1997, Kaufman et al. 2002).
Numerosi studi in vitro sono stati effettuati sui molti localizzatori apicali in commercio e questi hanno dimostrato la
loro elevata accuratezza nel determinare la lunghezza di lavoro ( Tselnik et al. 2005, Welk et al. 2003, Shabahang et al.
1996).
Il localizzatore DentaPort Zx lavora con lo stesso principio del Root Zx, conseguentemente i risultati di questi due
localizzatori possono essere facilmente accomunabili. Il Root Zx è considerato un dispositivo molto preciso e risulta
inoltre essere il dispositivo maggiormente studiato in letteratura. Fan et al. 2006, hanno riscontrato che l’accuratezza del
Root Zx, testato in tubi asciutti era tra il 75% e il 91,7% nel range di ± 0,5 mm e del 100% nel range di ± 1 mm; mentre
in tubi riempiti con elettroliti, l’accuratezza del Root Zx diminuiva in relazione all’aumento del diametro del tubo. In un
ulteriore studio svolto da Plotino et al. 2006, è stata comparata l’accuratezza di tre localizzatori elettronici su un
campione di 40 denti monoradicolati ed è stato misurato un grado di precisione da parte del Root Zx del 97,37% nel
range di ±0,5 mm dalla costrizione apicale, inoltre con tale localizzatore non si è registrato nessun caso di
sovrastrumentazione. Lucena Martin et al. 2004, hanno invece, effettuato uno studio utilizzando 20 denti
monoradicolati in cui si cercava di valutare l’accuratezza del Root Zx confrontandolo con altri due localizzatori
elettronici, nonché per avere un maggiore livello di precisione e affidabilità, le misurazione della lunghezza di lavoro
dei vari dispositivi, venivano registrate da tre differenti operatori e conseguentemente poste a confronto. Dall’analisi
statistica di tali risultati si è potuto determinare un livello di accuratezza da parte del Root Zx dell’85% nel range di
±0,5 mm dal forame.
Nel nostro studio si è riscontrata una precisione nelle misurazioni per il Root Zx del 97,5% e del 95% per il Dentaport
Zx quando la lunghezza di lavoro veniva registrata a 0,5 mm dall’apice, e dell’80% per il Root Zx e dell’87,5% per il
Dentaport Zx quando la lunghezza di lavoro veniva registrata all’apice (delta 0), valori che ne confermano la sua elevata
accuratezza.
Dalla disamina della letteratura, si è potuto inoltre osservare che non sono stati effettuati studi, che verifichino
l’accuratezza dell’iPex, né in vivo, né in vitro; mentre per quanto riguarda il Raypex 5, è presente in letteratura, solo
uno studio effettuato in vivo, in cui Wrbas et al. 2007, confrontano l’accuratezza del Root Zx e del Raypex 5 nel
determinare la lunghezza di lavoro prima dell’estrazione, su uno stesso campione di 20 denti monoradicolati. Tali autori
hanno riscontrato che il forame minore era localizzato nel range di ± 0,5 mm nel 75% dei casi con il Root Zx e
nell’80% dei casi con il Raypex 5.
Escludendo il Root Zx, per gli altri localizzatori la letteratura non offre molti studi al riguardo; infatti è stato effettuato
un solo studio sul nuovo localizzatore Propex II, da Ebru et al. 2007, in cui viene valutata l’affidabilità e la precisione di
tale localizzatore, in vitro ed in presenza di vari soluzioni irriganti. In tale studio è stata dimostrata un’elevata
accuratezza del Propex II, che però tendeva a diminuire quando utilizzato in presenza di fluidi conduttori come 0,9% di
NaCl e NaOCl.
Nel nostro studio è stato inoltre testato il localizzatore Apit 7 su cui non sono presenti molti lavori in letteratura, vi è
però uno studio in vitro effettuato da Ebrahim et al. 2007, che pone a confronto cinque localizzatori elettronici
(Dentaport Zx, Propex, Formatron D10, Apex NRG e Apit 7) per valutare il loro grado di accuratezza nel determinare
la lunghezza di lavoro in denti ritrattati. In tale lavoro venivano utilizzati 32 denti monoradicolati che dopo esser stati
estratti e otturati venivano conservati per 15 giorni a 37° C con umidità del 100%, conseguentemente il materiale
d’otturazione veniva rimosso, e i denti venivano montati su un apparato sperimentale dove si andavano a testare i
differenti localizzatori. Per la misurazione elettronica della lunghezza canalare, si usava un K-file 25, e durante la
misurazione, il canale si irrigava con ipoclorito di sodio al 2.5%. Dai dati ottenuti il Dentaport ZX, il ProPex e il
Foramatron D10 si sono dimostrati più accurati degli altri due localizzatori nel determinare la lunghezza di lavoro nei
denti dopo la rimozione dei materiali d’otturazione dal canale radicolare, tuttavia, l’apex NRG e l’Apit 7 erano
comunque affidabili nella determinazione della lunghezza di lavoro nella maggioranza dei casi .
È possibile affermare che, tutti i localizzatori testati nel nostro studio, sono stati in grado di rilevare le lunghezze di
lavoro con una precisione estremamente elevata che si è mantenuta all’interno di un range ridotto; si è inoltre osservato
che, la distanza tra i valori ideali a 0,5 mm dall’apice e l’apice stesso (da noi individuato come delta 0) indicati dai
localizzatori, non corrisponde esattamente ad un valore di 0,5mm, ma è un valore estremamente minore che si aggira
intorno a 0,025mm. I valori di sigma infatti, che è dato dalla differenza dei valori di delta 0 e delta 0,5, ottenuti dal
nostro studio, sono stati rispettivamente per i vari localizzatori di: DS 0,0295 per il RootZx, DS 0,0294 per il DentaPort
Zx, DS 0,0246 per il Raypex 5, DS 0,0970 per iPex, DS 0,0344 per Propex II e DS 0,0217 per Apit.
VI. CONCLUSIONI
Tutti i localizzatori testati nel nostro studio, sono stati in grado di rilevare le lunghezze di lavoro con una estrema
precisione che si è mantenuta all’interno di un range ridotto; e anche nei pochi casi in cui le misurazioni si sono
dimostrate più lunghe, andando oltre il repere stabilito, tale valore variava da un minimo di 0,025 ad un massimo di
0,075 per cui ci si è comunque mantenuti all’interno di un range notevolmente ristretto.
Alla luce dei risultati ottenuti dal nostro studio in vitro e delle impressioni durante l’utilizzo clinico, si può affermare
che tutti e sei i dispositivi possono essere considerati affidabili, essendo in grado di determinare accuratamente la
lunghezza del canale radicolare all’interno di 0,025 mm di media dalla costrizione apicale.
Le ridotte dimensioni, la buona maneggevolezza, la capacità di fornire informazioni in ambiente umido, e il fatto che
non sia necessaria una taratura preliminare degli apparecchi, ne rende rapido ed utile l’impiego clinico.
È bene tuttavia non rinunciare, quando possibile, agli esami radiologici. Essi, infatti, non solo ci danno delle precise ed
indispensabili informazioni riguardo forma, spessore, direzione delle radici e stato di salute dei tessuti periapicali, ma
possono fornire un’ulteriore conferma, o evidenziare una grave discrepanza, rispetto alla lunghezza di lavoro stabilita.
In conclusione, la determinazione della lunghezza di lavoro, poiché riveste un ruolo fondamentale per il successo di
tutto il trattamento endodontico, non può basarsi su delle informazioni incomplete. È quindi compito dell’operatore la
raccolta del maggior numero di informazioni possibili e la loro attenta valutazione, avvalendosi delle proprie esperienze
cliniche, prima di stabilire una corretta lunghezza di lavoro.
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INDICE
I. INTRODUZIONE
A. LA TERAPIA ENDODONTICA
1.
LA LUNGHEZZA DI LAVORO
2. FATTORI CHE POSSONO INFLUENZARE LA MORFOLOGIA DELLA ZONA APICALE
3. QUALE PUNTO SCEGLIERE NELLA DETERMINAZIONE DELLA LUNGHEZZA DI LAVORO
4. DIFFICOLTÀ NELL’INDIVIDUARE IL TERMINE IDEALE FINO A CUI STRUMENTARE IL CANALE
B. DEFINIZIONE DELLA LUNGHEZZA DI LAVORO
1. LA TECNICA RADIOGRAFICA
a. METODO DI INGLE
b. LIMITI DELLA TECNICA RADIOGRAFICA
2. LA LOCALIZZAZIONE ELETTRONICA DELL’APICE RADICOLARE
a. EVOLUZIONE DEI LOCALIZZATORI ELETTRONICI
b. UTILITA’ DEL LOCALIZZATORE
c. RICHIAMI DI ELETTRONICA
II. SCOPO DELLA RICERCA
III. MATERIALI E METODI
IV. RISULTATI
V. DISCUSSIONE
VI. CONCLUSIONI
VIII. BIBLIOGRAFIA
RINGRAZIAMENTI
Ho sempre pensato che scrivere i ringraziamenti, sarebbe stata una cosa semplice ed invece, mi ritrovo un po’ spiazzata,
sarà che non mi pare vero di aver finito questo lungo percorso ed esser giunta a tale traguardo. Certo è, che non vi son
giunta sol per merito mio, ma il sostegno economico e non solo, piuttosto quello psicologico avuto nei momenti più duri
e stressanti, da parte di tutta la mia famiglia, è stato sicuramente un fattore di fondamentale importanza; ecco perché
ringrazio con tutto il cuore i miei genitori, i quali mi hanno sopportato in tutti questi anni con una pazienza che è andata
oltre l’inverosimile. Un ringraziamento particolare va a Daniele e a Nico che, oltre ad essere i miei fratelli, sono anche i
mie migliori amici e con i quali ho avuto la fortuna di convivere e condividere questi anni universitari. La loro presenza
e vicinanza è sempre stata un punto di riferimento, per non parlare della fiducia che mi hanno infuso, spronandomi ad
andare avanti per la mia strada.
Desidero inoltre ringraziare il professor Francesco Somma, relatore di questa tesi, nonché il mio correlatore il dottor
Nicola Maria Grande, per la grande disponibilità e cortesia dimostratami, ma soprattutto per l’aiuto fornito durante la
stesura.
Un sentito ringraziamento va ad Elena senza la quale questa tesi sarebbe ancora alla prima pagina, la ringrazio per
avermi incitata, seguita ma soprattutto per avermi aiutata a scrivere in un italiano leggibile tale lavoro!!
E infine come non ringraziare i miei compagni di studi, con i quali abbiamo vissuto innumerevoli esperienze
condividendo momenti di gioia e tristezza, di amore e odio… esperienze che però ci hanno visto crescere e che
porteremo sempre nel cuore, insieme a questi anni universitari passati insieme.
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