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NIDO INCLUSIVO E BAMBINI CON DISABILITA

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NIDO INCLUSIVO E BAMBINI CON DISABILITA’
CAPITOLO 1: I BAMBINI CON DISABILITA’ E IL NIDO: DIRITTI E OPPORTUNITA’
DISABILITÀ, INCLUSIONE E EDUCABILITÀ
La definizione di salute e disabilità, è riportata nella Classificazione Internazionale del Funzionamento, della
disabilità e della salute (ICF).
Le “condizioni di salute” sono un termine che rimanda a malattie, sindromi, ferite, traumi o anomalie congenite
o predisposizioni genetiche. Nell’ICF, sono classificati il funzionamento della persona, che comprende le
funzioni corporee, le attività e la partecipazione, la disabilità associata alle condizioni di salute.
Tabella che riporta le relazioni tra le condizioni di salute e i fattori contestuali nel configurare le attività e la
partecipazione delle persone: (Modello ICF)
Condizione di salute (disturbo o malattia)
Funzioni e strutture
corporee
Partecipazione
Attività
Fattori ambientali
Fattori personali
- Le funzioni corporee: classificate in mentali,
e dolore; del sistema cardio vascolare, ematologico,
Fattorisensoriali
contestuali
sistema digestivo…
- Le strutture corporee: classificate in riferimento al sistema nervoso, strutture collegate alla voce, al sistema
respiratorio e digestivo, e collegate al movimento
- Attività: cioè l’esecuzione di compiti e azioni, e la partecipazione cioè il coinvolgimento della persona nella
situazione di vita, riguardano l’apprendimento e l’applicazione della conoscenza.
- I fattori contestuali - ambientali: sono i prodotti e la tecnologia, l’ambiente naturale e i cambiamenti
apportati dall’uomo e gli atteggiamenti.
L’ICF, promuove un modello bio - psico - sociale, in cui la salute e la disabilità sono definite come un’interazione
tra le condizioni di salute dell’individuo e l’ambiente: la persona con disabilità è un individuo con cere
peculiarità che interagisce con un contesto.
Le azioni educative hanno un ruolo importante per lavorare sulle funzioni corporee al fine di una migliore
partecipazione della persona.
Barriere e facilitatori sono due concetti chiave introdotti dall’ICF.
Il livello di capacità di una persona è quello che essa può fare, il livello di performance è quello che la persona
fa nel suo ambiente quotidiano.
Quando l’ambiente è una barriera la performance della persona è più basse del livello di capacità, quando
l’ambiente è un facilitatore, la performance della persona supera la sua capacità.
Approfondimento: la partecipazione
Il concetto di partecipazione riguarda:
• il tema dell’essere presenti o del frequentare
• il tema del coinvolgimento nell’attività
Descriviamo anche altri tre concetti legati alla partecipazione:
1. Preferenze: attività che risultano significative per la persona e che vengono volutamente scelte
2. Competenza nell’attività acquisire delle capacitò in seguito alla partecipazione
3. Senso di fiducia in sé: cambiamento della percezione del sé che si genera grazie alla
partecipazione
Sono stati fatti alcuni studi sui fattori che influenzano la partecipazione nei bambini.
Lo studio di Anaby, evidenzia che l’età, il genere il livello socio economico familiare influenzano la
partecipazione dei bambini.
Quando un bambino presenta disabilità, sono la severità della condizione e le abilità funzionali che influenzano
la partecipazione.
All’interno dei servizi educativi sono tre i fattori che hanno effetto sulla partecipazione:
1.
2.
3.
Caratteristiche fisiche dell’ambiente
Aspetti organizzativi del servizio
Atteggiamenti del personale educativo
Le caratteristiche degli educatori che influenzano i loro atteggiamenti verso l’inclusione e la disabilita:
 età
 genere
 livello istruzione
 anni di esperienza
Infine possiamo elencare degli atteggiamenti che diventano barriere verso l’inclusione:
- convinzioni errate verso la disabilita
- luoghi comuni
- stereotipi
- etichettamento
- paura
Canevaro parla del percorso verso l’inclusione distinguendo tre concetti:
1.
Inserimento: entrata di una persona in un contesto e permette l’instaurarsi di interazioni tra essa e le
persone che al contesto già appartengono. Segna l’uscita da una condizione di esclusione.
2. Integrazione: quando la persona e il contesto ospitante entrano in una dinamica di adattamento reciproco.
3. Inclusione: processo che va oltre l’integrazione, qui tutti entrano nei contesti con pari dignità e pari diritti.
Si tratta di un processo sempre in divenire, insieme all’evolversi delle persone e delle culture.
L’ottica inclusiva porta con sé l’idea che ogni persona, con le sue caratteristiche, possa entrare nel processo
educativo.
Cos’è l’educabilità? È la capacità di essere educati. Consiste nella possibilità di realizzare le proprie inclinazioni,
predisposizioni e potenzialità nel miglior modo possibile, grazie all’incontro partecipativo tra educante e
educando attivo e coinvolto nel processo che porta verso l’autonomia.
Quando pensiamo al bimbo disabile, fare propria la visione dell’educabilità è fondamentale, poiché ci guida
alla relazione educativa nella certezza che il bambino può e deve essere accolto nel rispetto della sua specificità
e individualità.
IL DIRITTO DEI BAMBINI ALL’EDUCAZIONE E ALL’INCLUSIONE
Il diritto all’educazione e all’inclusione per tutti i bambini è oggetto di diversi documenti internazionali e
nazionali.
Il diritto all’inclusione:
É sancito dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza; essa è stata ratificata in
Italia con la Legge n.176 ed è riferita ad ogni individuo al di sotto dei 18 anni. La convenzione è orientata a
quattro principi generali:
1. non discriminazione
2. tutela del superiore interesse del bambino
3. diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo
4. partecipazione e rispetto per l’opinione del fanciullo
La convenzione riconosce quindi al bambino, un ruolo di cittadino attivo.
Per quanto riguarda i bambini con disabilità, la Legge quadro per l’assistenza n.104 dichiara che “Al bambino
da 0-3 anni handicappato è garantito l’inserimento negli asili nido”.
Abbiamo poi la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, il suo principale scopo è sostenere il processo
d’inclusione delle persone con disabilità che spesso vivono forme di esclusione. I principi di questa convenzione
sono:
•
rispetto per la dignità e indipendenza delle persone
•
non discriminazione
•
piena partecipazione e inclusione nella società
•
rispetto per la differenza
•
pari opportunità
•
accessibilità
•
parità tra uomo e donna
•
rispetto per lo sviluppo delle capacità dei bambini con disabilità
La convenzione infine prevede che i diritti umani universalmente riconosciuti siano estesi alle persone con
disabilità, nella prospettiva di consentire a ognuno di realizzare nel modo migliore i propri desideri e di
esprimere al massimo le proprie potenzialità.
La Risoluzione del Parlamento europeo sull’apprendimento durante la prima infanzia dell’Unione europea
ribadisce che i servizi per la cura e l’educazione della prima infanzia (CEPI) dovrebbero essere universali e
promuovere un’istruzione inclusiva.
Dichiara inoltre che i bambini disabili dovrebbero usufruire dei servizi del CEPI e se necessario avere
un’assistenza specializzata supplementare.
IL NIDO COME SERVIZIO INCLUSIVO. BREVI CENNI SULLA NORMATIVA NAZIONALE
L’istruzione del nido d’infanzia in Italia risale alla Legge n.1044 (=> piano quinquennale per l’istruzione di asilinido comunali con il concorso dello Stato). Il nido è un sevizio che svolge una doppia funzione:
•
è pensato come sostegno alla famiglia
•
favorisce e promuove lo sviluppo del bambino, sotto profilo cognitivo, affettivo, relazionale e sociale.
In particolare l’articolo 6 di questa legge elenca quattro principali funzioni dei nidi:
1. essere realizzati in modo da rispondere alle esigenze delle famiglie
2. essere gestiti con la partecipazione delle famiglie
3. essere dotati di personale qualificato
4. possedere requisiti tecnici, edilizi e organizzativi, tali da garantire l’armonico sviluppo del
bimbo
Un passaggio importante —> 1992
La legge 104 sancisce “l’integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni
delle scuole di ogni odine e grado e nelle università”
Il nido è quindi un servizio educativo che mira all’inclusione e che favorisce lo sviluppo della persona.
Oggi i nidi sono dichiarati essere servizi inclusivi, aperti a tutti i bambini, nel rispetto dell’individualità, della
cultura e della relazione del bambino e della famiglia.
Altro passaggio importante —> 1997
La legge 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza, avvia la
possibilità di sperimentare forme innovative di servizi socio - educativi per la prima infanzia, che non si
sostituiscono al nido ma lo affiancano per meglio rispondere alle necessita mutanti della società (mica nidi,
spazi gioco…); essi da una parte sono servizi più flessibili rispetto ad orari e possibilità di frequenza. Questa
legge, in sostanza, permette di promuovere in modo più capillare il diritto all’educazione per tutti i bambini, in
un’ottica politica di supporto alla famiglia e di inclusione.
Un pre requisito importante per definire un servizio educativo “inclusivo” consiste nella possibilità dello stesso
di raggiungere tutti i bambini che possono usufruirne.
Legge 107 / 2015 si propone di migliorare e aumentare l’accessibilità dei servizi educativi.
Quindi, infine compatibilmente con le rispose strutturali ed economiche del Paese, il servizio educativo
intrigato mira a raggiungere la totalità dei bambini, poiché è riconosciuto il ruolo cardine dell’educazione
precoce per il pieno sviluppo dell’individuo.
LA DISABILITA’ NELLE NORMATIVE NAZIONALI E REGIONALI SUI NIDI
Ulteriori e specifici riferimenti al bambino con disabilità o in condizioni di disagio sono presenti negli articoli
relativi ai servizi per la prima infanzia delle normative regionali, che traducono e applicano le leggi nazionali.
Alcune normative dichiarano apertamente che i servizi per la prima infanzia, favoriscono, promuovono e
garantiscono il diritto all’inserimento e all’integrazione dei bambini con disabilità.
La realizzazione dell’integrazione e dell’inclusione del bambino con disabilità si attua anche grazie a forme di
collaborazione territoriale tra i servizi educativi, gli entri sanitari locali e i comuni.
Proprio secondo l’ottica bio - psico - sociale promossa dall’ICF, i limiti che la persona incontra nella
partecipazione alle attività quotidiane sono dovute a un infruttuoso incontro tra le caratteristiche
dell’individuo e quelle dell’ambiente, ma anche in termini di atteggiamenti, conoscenze e credenze riferite alla
disabilità.
Le normative nazionali e regionali prevedono che si lavori sulle conoscenze relative alla disabilità attraverso la
formazione specifica e continua del personale educativo.
Per i cicli scolastici a partire dalla scuola d’infanzia, la normativa nazionale prevede l’inserimento
dell’insegnante di sostegno nella sezione o classe cui apparenza almeno un bambino con disabilità. La figura
dell’educatore di sostegno diventa uno strumento funzionale all’inclusione quando viene interpretata e usata
come risorsa per la sezione o per il gruppo di bambini.
CAPITOLO 2: LE DISABILITA’
Secondo l’ICF la disabilità è il risultato di una complessa interazione tra condizioni di salute di una persona da
una parte e i fattori personali e ambientali specifici dei contesti in cui la persona vive.
Quindi la disabilità indica un’interazione negativa tra individuo e ambiente e porta con sé restrizioni della
partecipazione.
LA DISABILITÀ INTELLETTIVA
Il DSM-5 (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) distingue tra la disabilita intellettiva il ritardo
dello sviluppo e la disabilità intellettiva senza specificazione. Per diagnosticare questa disabilità, si fa
riferimento a tre elementi:
1. Deficit nel funzionamento cognitivo: difficoltà a livello di ragionamento, pianificazione e
apprendimento a partire dall’esperienza. Il bambino nella prima infanzia, ha difficoltà nelle capacità
sensomotorie e nel rallentamento del pensiero e del gioco simbolico.
2. Deficit nel funzionamento adottivo: riferito alle abilità cognitive e comunicative, sociali e pratiche
messe in atto nella vita quotidiana. Fa riferimento alle aree di autonomia e alle aspettative che la società
ha nei confronti delle persone in base alla loro età e al loro ruolo sociale.
3. Deficit nel funzionamento intellettivo e adattivo: emergono nell’infanzia e nella fanciullezza.
La diagnosi di disabilità intellettiva richiede di essere svolta da un professionista esperto, che si appoggi anche
sull’utilizzo di test o scale di sviluppo.
Le cause principali possono essere:
•
di tipo biologico cromosomico (Sindrome di Down) (i bimbi con sindrome di Down tendono a usare
strategie non funzionali per risolvere i piccoli problemi della vita quotidiana)
•
di tipi biologico genetico
•
di tipo biologico non genetico (infezioni, uso di sostanze...)
•
legate a malformazioni del sistema nervoso o a disfunzioni a carico del sistema entrino
•
nascite prenatali e post natali
Questa disabilità nella prima infanzia si manifesta con un ritardo generalizzato dello sviluppo.
Nei casi di grave ritardo intellettivo, nel bambino possono perdurare nel tempo riflessi tipici del neonato. I
bambini affetti da questa disabilità presentano un rallentamento nella manipolazione e nella coordinazione.
Il bambino perdura più a lungo nella manipolazione del proprio corpo prima di passare a quella degli oggetti
e poi alla loro esplorazione.
È importante sottolineare che le linee di sviluppo dei bambini con disabilità intellettiva sono molto variabili, a
causa dell’evoluzione di fattori interni all’ambiente relazionale ed educativo.
DISABILITA’ VISIVA
É una limitazione funzionale del sistema visivo che non può essere recuperata con mezzi esterni (es. occhiali).
Può portare a una perdita o diminuzione della capacità di distinguere forme a una certa distanza, o all’ambienta
della scena visibile.
Si parla di:
•
Ipovisione: viene mantenuta una parziale capacità visiva
•
cecità legale: il residuo visivo è al di sotto dei un certo residuo stabilito per legge
•
cecità totale: quando la persona non percepisce alcuno stimolo visivo
Le cause principali possono essere:
•
di tipo congenito quando legate a fattori biologici cromosomici e genetici
•
di tipo biologico non genetiche (es. infezioni)
•
rischi prenatali o post natali
Lo sviluppo grosso e fino motorio risulta rallentato, anche di 6 mesi rispetto alla “normalità”.
Prima di poter raffinare il raggiungimento e la presa degli oggetti, il bambino deve acquisire una postura che
glielo permetta. Risulta più facile che i bimbi usino le mani per auto stimolarsi mettendole in bocca ad esempio.
Data l’impossibilità di cogliere il mondo esterno, l’esplorazione degli oggetti da parte del bimbo emerge più
lentamente e va supportata dall’adulto.
Risultano anche rallentate le tappe dello sviluppo sensomotorio.
Risulta anche presente il rallentamento del linguaggio verbale e dell’uso di frasi comporta da due o tre parole.
Il tatto e l’udito sono i sensi maggiormente utilizzati da un bambino con disabilita visiva.
Lo sviluppo linguistico nel bambino non vedente segue un percorso in parte diverso rispetto allo sviluppo tipico:
differenze sono già rilevabili nella lallazione.
DISABILITA’ UDITIVA:
Definita come la perdita di udito o la presenza di una perdita nella soglia uditiva di almeno 25 decibel. La
perdita dell’udito può essere: lieve, moderata, Severa o profonda, può riguardare un orecchio o entrambi.
Le persone con disabilità possono beneficiare l’uso di protesi o impianti cocleari.
Le cause principali possono essere:
Congenite o acquisite quando emergono in gravidanza o dopo il parto.
•
congenite di tipo ereditario o non ereditario
•
acquisite fanno riferimenti a eventi che possono avvenire in qualsiasi momento della vita della
persona.
La disabilita uditiva interferisce principalmente con lo sviluppo del linguaggio verbale, le problematiche di
sviluppo della comunicazione emergono soprattutto quando il bambino sordo nasce e cresce in una famiglia
le persone udenti, quando invece è esposto alla lingua dei segni da parte di almeno uno dei genitori, le tappe
di acquisizione e sviluppo del linguaggio sono simili a quelle della lingua parlata.
Nel caso della sordità, può presentarsi un ritardo nello sviluppo cognitivo legato solitamente allo sviluppo
linguistico, se presente.
DISABILITA’ MOTORIA:
Consiste in una sostanziale limitazione permanente delle abilità fisiche o delle capacità motorie. La capacità di
muoversi è limitata.
La disabilita motoria può riguardare:
-
sistema scheletrico, neuro muscolare o entrambi
sistema nervoso (paralisi cerebrale infantile PCI)
La disabilità può essere lieve, moderata, severa; di conseguenza anche il tipo di supporto si basa sul livello di
“gravità” se è lieve avremo un basso supporto, se è moderata un supporto significativo se è severa un supporto
molto significativo.
La disabilità può essere progressiva o cronica.
É detta congenita quando legata a malformazioni fetali o cause ereditarie.
É detta acquisita quando emerge durante lo sviluppo dell’individuo.
Lo sviluppo motorio varia molto da bambino a bambino, in base alla locazione del danno e alla
specificità funzionali.
Questa disabilità interferisce con lo sviluppo cognitivo. Rispetto allo sviluppo linguistico sono presenti disturbi
a livello fonologico e articolatorio.
LE DIFFICOLTA’ DELLA COMUNICAZIONE:
Nei primi anni di vita del bambino è difficile che emerga chiaramente un disturbo della comunicazione, che è
identificabile quando il bambino inizia a parlare, o a partire da quando ci si aspetta che inizi a farlo.
Si parla di bambini parlatori tardivi quando a 24 mesi ancora non hanno detto nemmeno una parola, oppure
non usano la combinazione di due parole a 36 mesi.
Nei bambini di età del nido, si può parlare di difficoltà di comunicazione e non di disturbo vero e proprio.
I disturbi della comunicazione vengono diagnosticati intorno ai 4 anni. Il disturbo della comunicazione fa parte
dei disturbi del neuro sviluppo e include deficit a diversi livelli:
•
disturbo fonetico - fonologico: l’articolazione dei suoni e la fluenza della lingua sono compromesse a
tal punto da rendere incomprensibile il parlato.
•
disturbo del linguaggio: sono intaccati la forma, la funzione e l’uso di un sistema di simboli per
comunicare, difficolta del bambino nel produrre e comprendere il linguaggio
•
disturbo della comunicazione sociale (pragmatica): deficit nell’uso sociale del linguaggio, il bambino
non adegua il suo linguaggio rispetto alla persona che ha davanti o al contesto...
Le cause principali del disturbo di comunicazione sono da cercare in un funzionamento neurologico atipico,
tant’è che sesso esso si associa a difficoltà nell’attenzione, percezione, memoria e nei processi di pensiero.
LA SINDROME DELLO SPETTRO AUTISTICO:
La sindrome dello spettro autistico è un disturbo del neurosviluppo (DSM-5) e viene diagnosticata in base a
cinque criteri :
1. Deficit presentati nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale: il bimbo ha un comportamento
anomalo nello scambio socio - emotivo, è molto ritirato o eccessivamente sociale. Il bambino ha difficoltà
nel gioco e non mostra interesse nei pari.
2. Comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi: il bambino mostro movimenti, uso degli oggetti
o linguaggio stereotipato e ripetitivo. Mostra interessi molto ristretti. É ipo-reattivo o iper reattivo a
stimolazioni sensoriali.
3. Presenza dei sintomi a partire della prima infanzia
4. Presenza di limitazioni nella vita quotidiana del bambino a seguito dei sintomi
5. Possibile ritardo cognitivo non può essere sufficiente a giustificare il livello di funzionamento della
comunicazione sociale
Le cause dell’autismo sono ancora per gran parte ignote; è chiaro che si tratta di cause di tipo genetico biologico.
I bambini con autismo possono mostrare ritardi o disfunzioni a livello motorio, come difficoltà nell’equilibrio e
nell’andatura, movimenti rallentati e ridotta stabilità posturale.
Circa il 50% dei bambini con autismo viene definito “a basso funzionamento” cioè presenta un ritardo
cognitivo.
I bimbi con autismo sono caratterizzati dalla difficoltà di integrare le info per creare un tutto di senso compiuto,
e per questo spesso mostrano un’attenzione elevata ai particolari, hanno anche difficoltà nelle funzioni
esecutive: pianificazione e organizzazione dell’azione. Faticano ad orientarsi nelle routine quotidiane e
reagiscono male ai cambiamenti nelle loro abitudini.
Il bambino con autismo può produrre frasi ecolaliche, cioè rispondere a una domanda ripetendo la stessa
domanda. Inoltre è possibile che ripeta molte volte una frase tratta da un film o una canzone che gli piacciono.
LA DISABILITA’ MULTIPLA:
É la condizione in cui una delle sei precedenti disabilita sia presente insieme a una disabilità sensoriale a livello
uditivo, visivo o tattile.
Le condizioni cliniche dei bambini con disabilità multipla variano moltissimo da bambino a bambino, poiché
l’interazione e l’integrazione tra le limitazioni, le disabilità e i punti di forza del bambino creano di volta in volta
quadri specifici.
Abbiamo una disabilità multipla lieve quando il bambino preserva alcune autonomie, disabilità media quando
lo sviluppo armonico del bambino è compromesso e anche il linguaggio ha del ritardo e disabilità grave quando
la disabilita intellettiva è profonda, il linguaggio assente e il movimento compromesso.
CAPITOLO 3: L’IDENTIFICAZIONE DELLE DIFFICOLTA’ E IL SUPPORTO ALLA FAMIGLIA
L’IDENTIFICAZIONE PRECOCE DELLE DIFFICOLTA’. IL NIDO COME CONTESTO STRATEGICO:
Il nido è un contesto importante per l’identificazione di situazioni a rischio nei bimbi.
Gli educatori hanno competenze specifiche e conoscenze di base sulle principali tappe di sviluppo dei bambini
e inoltre hanno una grande esperienza concreta, quindi possono notare aspetti che di discostano dallo sviluppo
tipico in modo più chiaro rispetto ai genitori.
Il nido presenta alcune caratteristiche organizzative che permettono di osservare più facilmente le competenze
del bimbo: le routine, al bambino è richiesto un margine di autonomia, ha la possibilità di interagire con i pari.
É stata fatta una ricerca, “Il bambino con disabilità al nido”, in cui si è chiesto agli educatori quali siano i segnali
che fanno sospettate la presenza di una difficoltà nei bambini. (il gioco, il linguaggio, i movimenti, l’ambientarsi,
l’attenzione…). La ricerca ha lo scopo di descrivere l’esperienza diretta del personale del nido con i bambini
con disabilità, le riflessioni sulle pratiche messe in atto per favorirne l’inclusione, le difficoltà incontrate e le
strategie per fronteggiarle.
-
Competenza comunicativa linguistica: le educatrici notano la produzione di vocalizzi poco modulati o
gutturali, la mancanza di gesti di indicazione, l’assenza di parole nel secondo anno.
-
Capacità attentive: se il bambino ascolta gli adulti e i pari, se riesce a concentrarsi nelle attività che
svolge
-
Sviluppo motorio le educatrici prestano attenzione alla scarsa coordinazione motoria, al fatto che il
bimbo cammini in punta di piedi, che non riesca a stare fermo o seduto …
-
Il gioco: le educatrici sono allertate dal gioco isolato, ripetitivo e dalla qualità della relazione con i pari
Alcuni indicatori sono specifici soprattutto dello spettro autistico: la mancanza di condivisione nello sguardo
del bambino, il fatto che non risponda quando lo chiamano…
Le manifestazioni di comportamenti anomali sono in evoluzione dal primo al secondo anno di vita e prima di
avere un quadro chiaro della situazione è necessario monitorare il bambino per mesi, perché ogni bambino ha
tempi diversi e non si può subito giungere a una conclusione.
La rilevazione delle difficoltà di sviluppo al nido è un processo importante perché può dare avvio
all’identificazione precoce delle disabilità e alla loro diagnosi.
Quando il nido rileva delle difficoltà, può dare avvio alla diagnosi. La diagnosi può essere vista in vari modi:
•
come un’etichetta data al bambino
•
come strumento di esclusione
•
quando viene intesa
•
come opportunità di comprensione è uno strumento prezioso
•
può essere utile quando dà il via a percorsi di intervento precoce
“Progetto di vita” (2009): consiste nel realizzare un intervento fatto di azioni concrete organizzate in fasi e
tempistiche monitorate, è finalizzato all’acquisizione di competenze da parte dell’individuo, alla costruzione
della sua identità autentica e al suo inserimento nella società.
Al nido è possibile accompagnare i genitori a entrare in questa visione del bambino, uscendo dallo stereotipo
del “figlio malato” e agendo nell’ottica di costruzione di esperienze educative per un individuo che deve avere
la piena opportunità di sviluppare le sue competenze.
L’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO A FRONTE DI SEGNALI DI DIFFICOLTA’:
L’osservazione è l’azione del guardare con occhio attento, con atteggiamento critico o scientifico, un
comportamento, nel tentativo di acquisire delle conoscenze. Nell’osservazione lo strumento di misura e
raccolta dati è l’uomo.
L’osservazione, porta con sé sempre una componente soggettiva, che in alcuni approcci, si cerca di contenere
costruendo sistemi di codifica e check - list per la rilevazione del comportamento. Quando si decide di
osservare il comportamento del bambino:
•
Si opera una scelta su quali aspetti dello Sviluppo siano salienti, quali tappe non possono mancare.
•
L’osservazione implica l’attribuzione di senso ai comportamenti dei soggetti che osserviamo, senso che
viene costruito a partire dalla particolare angolatura con cui si guarda l’altro.
•
La scelta egli indicatori dovrebbe avvenire all’interno dell’equipe. Una volta scelti gli indicatori, gli
educatori possono svolgere osservazioni descrittive e narrative, oppure costruisci griglie di osservazione ad
hoc.
•
La scelta dello strumento più utile da utilizzare dipenderà dal tipo di competenza che si vuole
osservare.
•
Una volta identificati i comportamenti o gli indicatori e scelto il tipo di strumento, in linea generale
sono necessari almeno 2-3 mesi per osservare e monitorare le evoluzioni nel bambino.
•
Infine, partendo alle osservazioni svolte, l’equipe può prendere in considerazione l’idea Di
confrontarsi con esperti (psicologi, pediatri…)
LA COMUNICAZIONE SULLE DIFFICOLTA’ CON LA FAMIGLIA:
Prima di qualsiasi tipo di comunicazione, è importante che gli educatori abbiamo instaurato una relazione di
fiducia con i genitori. Una condizione per far si che si crei questa relazione è capire che la funzione educativa
svolta del nido e quella genitoriale non sono ne sovrapposte ne sovrapponibili.
Quando poi gli educatori pensano che i tempi siano maturi per una comunicazione più strutturata, possono
proporre ai genitori un colloquio che avvenga in uno spazio tranquillo, che faccia sentire i genitori a proprio
agio. Importante che gli educatori non monopolizzino il colloquio ma lascino spazio ai genitori, l’obiettivo del
colloquio sarà quello di non spaventare i genitori.
I genitori una volta appresa “la notizia” possono reagire in diversi modi, i più comuni sono:
•
minimizzare o negare la situazione, in questo caso è importante mandare il messaggio che gli educatori
desiderano il bene del bambino e che on ci sono ragioni altre che hanno portato al colloquio
•
fanno resistenza alla presa di consapevolezza di una disabilità nel proprio figlio perché sono spaventati
dalla prospettiva del futuro, infatti il genitore in questo caso ha bisogno di essere accompagnato in questo
percorso di consapevolezza
Gli educatori devono rimanere aperti alla relazione e alla comunicazione con la famiglia, dicendo che
resteranno sempre li a disposizione, va portata avanti l’idea che l’obiettivo comune è il bene del bambino.
La visione autoriflessiva che caratterizza la professione dell’educatore implica anche un lavoro specifico per
portare a consapevolezza le concettualizzazioni di bambino, sviluppo, relazione educativa, e per cercare di
capire se esse siano condivise con i genitori che hanno di fronte, e fino a che punto lo siano.
LA FAMIGLIA CON UN BAMBINO CON DISABILITA’:
Il momento in cui la famiglia apprende che il figlio ha delle difficoltà è sempre molto delicato.
Le preoccupazioni dei genitori sono sia riferite alla salute, all’autonomia e alla qualità di vita del bambino ma
anche a loro stessi.
Di fronte alla disabilita del figlio come la vivono i genitori:
-
la madre può rispondere provando un senso di colpa per non essere stata capace di dare vita a un
bambino sano.
-
I genitori vivono una condizione di lutto per la perdita dell’immagine del figlio ideale
I genitori mettono in atto un “misconoscimento” della situazione del bimbo, le difficoltà del bimbo non
vengono riconosciute e vengono attribuite al suo temperamento, il bambino viene iper controllato, tenuto
in una continua condizione di “bimbo piccolo” e quindi non ha modo di sperimentarsi autonomamente.
La presenza di un bambino con disabilità pone delle sfide alla famiglia lungo il ciclo di vita, e i livelli di stress
dei genitori possono essere molto alti.
Anche i fratelli sono esposti a effetti legati alla presenza di un bimbo con disabilità:
-
possono vivere senso di ingiustizia, risentimento per il tempo e le attenzioni dedicate al fratello con
disabilità
-
possono provare senso di colpa per il fatto di essere in salute
possono essere preoccupati per il benessere dei genitori e del fratello
possono sentire un senso di responsabilità e un grado di maggiore indipendenza
il bimbo con disabilità può favorire nei fratelli lo sviluppo di competenze socio emotive (empatia,
compassione)
Anche i nonni sono un supporto importante per la gestione dei bimbi, spesso i nonni accettano più
velocemente le condizioni di salute del nipote rispetto ai genitori. Le reazioni dei nonni alla comunicazione
delle difficoltà del bambino sono simile a quelle del genitore.
È importante non disconoscere che la presenza di un bambino con disabilità in famiglia è anche una fonte di
soddisfazione e appagamento per gli adulti: l’esperienza della genitorialità e la presenza del figlio diventano
forme di gratificazione, così come il riconoscimento delle piccole conquiste quotidiane di crescita e di sviluppo.
IL SUPPORTO ALLA FAMIGLIA:
Gli educatori possono agire a diversi livelli per dare supporto alla famiglia del bimbo con disabilità:
- sul piano relazionale
- sul piano delle azioni a sostegno della rete intorno ad essa
Per i genitori è molto importante avere uno spazio di accoglienza e comprensione dei loro vissuti, uno spazio
per condividere, e il nido può essere il contro per creare questa dimensione di ascolto nella relazione con le
figure educative.
PRIMA INTERVISTA AL TESTIMONE: RELAZIONE TRA EDUCATORI E FAMIGLIA (SILVIA PSICOLOGA E
PSICOTERAPEUTA)
• Quale aspetto deve essere curato con attenzione nella relazione con la famiglia di un bambino con
difficolta o disabilità?
Capacità dell’educatrice di trovare un equilibrio, senza sbilanciarsi troppo in un’unica direzione e
trovando a restare ancorati a dimensioni con più sfaccettature. Ci va una solida preparazione teorica,
unita all’accostarsi di curiosità e senza avere pregiudizi. Una delle chiavi sia avere in mente il più possibile
il bambino reale e predisporre l’ambiente e le attività adatte allo sviluppo delle sue abilità con
atteggiamento positivo e di fiducia.
• Perché è importante l’atteggiamento di fiducia?
Perché mostrano fiducia durante le prove che il bambino deve affrontare, lo si aiuta a interiorizzare una
percezione di se come in grado e capace di fare. Tale percezione è poi la base dell’autostima.
• Che strategia possono essere messe in atto dagli educatori per curare la relazione con la famiglia?
É fondamentale l formazione con persone esperte e la supervisione periodica, pet affrontare i vissuti
problematici con fiducia nella risoluzione.
Anche gli educatori possono vivere con angoscia e preoccupazione la relazione affettiva con il bambino con
disabilità, e potrebbe avere bisogno di uno spazio di accoglienza e questo va creato nel rapporto tra colleghi.
Quando avviene il colloquio tra famiglia e educatori per parlare delle difficoltà del bambino e importante che
diano informazioni anche su enti a cui rivolgerei in futuro, e progettino insieme una strategia di intervento.
Devono anche tenere conto che anche i genitori potrebbero avere bisogno di sostegno, quindi lasciare a loro
riferimenti per trovare supporto per se stessi.
SECONDA INTERVISTA AL TESTIMONE: ESPERIENZA DI MAMMA E NIDO INCLUSIVO
(LAURA MAMMA DI UN BIMBO CON SINDROME DI DOWN)
• Quali aspetti del servizio e quali apporgli degli educatori hanno favorito l’inclusione di Leonardo e della
vostra famiglia al nido?
La mentalità inclusiva negli educatori era molto forte. L’ambiente era pensato in funzione delle esigenze di
sviluppo di Leo. Era un bambino pensato, pensavano che può e deve sviluppare comportamenti autonomi,
intelligenti e adeguati.
• Tra i tanti aspetti che un servizio educativo deve curare per favorire l’inclusione, quale è imprescindibile?
Gli aspetti imprescindibili per un nido inclusivo sono l’accoglienza della famiglia, ascoltare il bambino e
guardare alle sue potenzialità e non solo alle difficoltà.
CAPITOLO 4: AGIRE L’INCLUSIONE AL NIDO
Promuovere e costruire l’inclusione al nido richiede ai professionisti dell’infanzia di agire a diversi livelli.
Significa mettere in atto una programmazione e specifiche pratiche educative quotidiane attente alla
partecipazione di tutti i bambini. Inoltre, l’inclusione è un processo che cambia nel tempo, perché nel tempo
cambiano le persone che vivono al nido.
Gli strumenti per l’inclusione: Profilo Dinamico Funzionale e Piano Educativo Individualizzato
Può succedere che al nido venga inserito un bimbo con disabilità ciò certificata e che l’inserimento faccia
parte del percorso educativo e di intervento che è stato progettato per lui.
STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE E
L’INCLUSIONE DEFINITI DALLA LEGGE 104 / 1992
Accordo di programma
Si riferisce alle direttive che le Regioni emanano ai
direttori generali dell’ASL
Individuazione dell’Handicap
I genitori fanno domanda all’ASL, che è tenuta a
rispondere nel termine di 30 giorni dalla ricezione
della richiesta.
Diagnosi funzionale (DF)
Viene redatta dall’equipe multidisciplinare
dell’ASL e mette in luce le potenzialità
dell’individuo e i danni.
Profilo dimentico funzionale (PDF)
PDF - è redatto da un gruppo di lavoro comporto
dalla famiglia, dai professionisti dei servizi
educativi e sanitari. Raccoglie le conoscenze e le
info sul bimbo e trasforma le aspettative sullo
sviluppo del bambino ipotizzando linee di lavoro.
Piano educativo individualizzato (PEI)
PEI - si basa sul PDF e lo traduce operativamente
in obiettivi e attività educative. Riporta li obiettivi
tarati sul bambino insieme alle modalità e
procedure di lavoro.
L’apporto degli educatori alla stesura del PDF e del PEI è importantissimo, perché sei hanno una conoscenza
specifica del bambino nel contesto del nido e hanno una visione complementare a quella dei genitori perché
osservano il bambino in un contesto differente.
L’ambiente educativo inclusivo: la proposta dell’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e
l’Educazione Inclusiva
Strumento di auto riflessione sui contesti dell’insegnamento inclusivo nella prima infanzia:
-
Lo strumento è finalizzato a: attivare la riflessione del personale educativo circa le caratteristiche
inclusive del contesto in cui esso lavora, prendendone in considerazione gli aspetti sociali, educativi e
fisici.
-
Ambiente inclusivo: piena e sconvolta partecipazione del bambino alle attività e alle interazioni.
Le finalità dello strumento sono tre:
1. restituire un’immagine dello stato dell’inclusione in un servizio
2. essere una base di discussione dell’equipe educativa sulle tematiche dell’inclusione
3. individuare le aree della pratica inclusiva che necessitano di essere migliorate
Lo strumento di auto riflessione segue otto aspetti dell’inclusione:
1. Atmosfera accogliente
2. Contesto sociale inclusivo
3. Approccio centrato sul bambino
4. Ambiente fisico a misura di bambino
5. Materiali per tutti i bambini
6. Opportunità di comunicazione per tutti
7. Insegnamento e ambiente di apprendimento inclusivi
8. Ambiente a misura di famiglia
Dalle analisi di questo strumento emerge come la qualità dell’esperienza di vita di bimbi e adulti al nido, la loro
partecipazione e il loro benessere siano responsabilità di tutta l’equipe educativa.
Emerge una forte attenzione al bambino nella sua individualità, nella valorizzazione delle sue peculiarità e nel
creare uno spazio di ascolto nei suoi interessi.
Infine si è analizzato che questo strumento è molto ricco e può guidare gli educatori nell’auto valutazione delle
caratteristiche inclusive dei contesti in cui lavorano perché stimola una riflessione sulle pratiche utilizzate.
Le risorse per la didattica inclusiva nell’ottica della speciale normalità:
un’altra operazionalizzazione del costrutto di inclusione=> Quadro della riflessione sui contesti scolastici:
-
comporto da una classificazione di 14 tipi di risorse attuabili da parte del personale docente, per
organizzare una didattica inclusiva nell’ottica della speciale normalità.
-
vuole attivare le risorse necessarie privilegiando quelle più vicine alla normalità
vuole includere nella normalità, trasformandola, quei principi attivi tecnici che la rendono più efficace.
Elenchiamo le 14 risorse per l’inclusione che il personale può attivare nel servizio educativo:
1. Organizzazione generale
2. Spazi e architettura
3. Sensibilizzazione generale
4. Alleanze extra-scolastiche
5. Formazione
6. Documentazione
7. Attività educative comuni
8. Percorsi educativi e relazionali comuni
9. Didattica individuale
10. Percorsi educativi e relazionali individuali
11. Ausili
12. Interventi di assistenza e aiuto personale
13. Interventi riabilitativi specifici
14. Interventi sanitari e terapeutici
Si dà anche molta importanza alla documentazione:
-
supporta l’approccio riflessivo negli educatori quindi la costruzione e il riconoscimento dei significati
sottostanti alle pratiche educative
-
Facilita lo scambio di punti di vista tra professionisti
Necessaria per la valutazione e la verifica del lavoro svolto rispetto agli obiettivi che l’equipe si è posta
- É rivolta ai bambini stessi, ai genitori, agli educatori e ai professionisti dell’educazione.
- Supporta il coinvolgimento della famiglia e del territorio e facilita e favorire la promozione
dell’immagine del nido a livello sociale e culturale.
Approfondimento: Intervista Nicole Bianquin
 Secondo lei, perché è importante valutare l’inclusione? Più che valutare si può dire auto valutare
l’inclusione. Un processo di auto valutazione volto dall’interno del servizio comporta un percorso
arricchente che incrementa la capacità di un servizio. Auto valutarsi corrisponde alla capacità e alla
volontà di rileggere e analizzare il servizio in relazione all’idea di ciò che può essere considerato un
buon servizio educativo inclusivo.
 Qual è il valore aggiunto di un processo auto-valutativo sull’inclusione svolto da educatori e
insegnanti? L’elemento distintivo di un processo autovalutativo è connesso alla ricorsività circolare
tra esperienza e riflessione, tra azione e conoscenza, tra sapere pratico e sapere teorico: il processo
di miglioramento che si crea attraverso la riflessione nasce dalla rielaborazione dell’esperienza a
partire dallo sviluppo dell’anello ricorsivo tra l’azione e la conoscenza su di essa.
Possiamo riconoscere due livelli di risultato in un processo autovalutativo:
1. Riguarda gli esiti del prodotto, ovvero le soluzioni migliorative messe effettivamente in atto
per incrementare l’inclusione
2. Riguarda gli esiti di un processo, ovvero la padronanza di un metodo di lavoro rigoroso e
sistematico con cui affrontare problemi che anche in futuro si potranno manifestare nel
servizio educativo.
 Svolgere la valutazione all’interno dell’èquipe educativa migliora questo processo? La proposta
autovalutativa si qualifica per la costruzione diretta della mappa della qualità con cui esplorare e
interrogare il proprio fare educativo, e per la centralità del confronto tra i soggetti della comunità
educativa.
L’intero processo di auto valutazione si basa sul bisogno di occasioni di confronto.
 Le famiglie possono o devono essere un partner del processo di valutazione dell’inclusione? Si, il
processo è un approccio partecipato alla valutazione messo in atto dalla comunità sociale che
compone e tutta attorno alla struttura stessa.
Favorire l’inclusione: la voce degli educatori
É stato fatto un questionario rivolto agli educatori “Il bambino con disabilità al nido”, qui di seguito riporteremo
alcuni risultati emersi dal questionario durante l’analisi di due domande: le strategie per favorire l’inclusione
e le barriere e facilitatori dell’inclusione.
Strategie per l’inclusione.
- Generale atmosfera di accoglienza
- Ambiente sociale inclusivo => es. dividiamo i bambini in piccoli gruppi per facilitare la socializzazione
con i pari e il rapporto di fiducia con l’educatrice.
- Approccio centrato sul bambino => es. abbiamo privilegiato i giochi, gli oggetti che il bambino sceglie
- Ambiente fisico a misura di bambino => es. abbiamo spazi pensati sia nei momenti di gioco strutturato
che non strutturato
- Materiali per tutti i bambini
- Opportunità di comunicazione per tutti=> abbiamo semplificato richieste e consegne.
- Ambiente di insegnamento / apprendimento inclusivo
- Ambiente aperto alle famiglie
Per quanto riguarda il bambino disabile l’inclusione sociale avviene facendo in modo che il bambino partecipi
il più possibile alle attività e alle routine quotidiane come i pari.
Approfondimento: discutiamo ed esploriamo le differenze tra bambini al nido
-
Differenze a livello fisico (es. colore degli occhi, altezza…)
Preferenze rispetto ai tipi di gioco o giocattoli, cibo
Ritmi quotidiani legati al corpo
Differenze rispetto al comportamento
Questa documentazione è un punto di partenza importante per comunicare con i genitori quali riflessioni sulle
differenze sono state svolte con il gruppo dei bambini.
Approfondimento: il programma TEACCH e gli schemi visivi
TEACCH => insegnamento strutturato, si tratta dunque di una specie di gioco di parole.
Rivolto ai bambini e alle famiglie, è basato sulle caratteristiche di apprendimento specifiche delle persone con
autismo, che presentano punti di forza, e difficoltà nella comunicazione sociale, nell’attenzione e nelle funzioni
esecutive. Quindi, strutturare l’insegnamento significa:
-
Creare supporti organizzativi nell’ambiente che permettano di superare i problemi dell’attenzione e
della programmazione e il monitoraggio di sequenze di azioni da svolgere.
- Fornire info visive o scritte per integrare la comunicazione verbale
- Fornire un supporto strutturato per facilitare la comunicazione sociale
L’obiettivo di questi interventi è promuovere il coinvolgimento della persona con autismo nelle attività, la
flessibilità, l’autonomia e il senso di auto-efficacia. Queste strategie di organizzazione dell’ambiente possono
essere di utilità anche con bambini disabilità intellettiva o con disturbo della comunicazione.
Ambiente fisico a misura di bambino
Si parla di una strutturazione degli spazi in angoli raccolti e che siano ben riconoscibile la cui funzione resti
stabile nel tempo.
Anche oggetti, giochi e attrezzature vengono selezionate affinché non vi siano oggetti contundenti e perché
l’ambiente rimanga sicuro
Approfondimento: lingua madre e bilinguismo al nido
Riconoscere l’importanza della lingua madre e accoglierla al nido è un importante modalità per favorire
l’inclusione, perché vuol dire attuare un approccio centrato sul bambino, lavorare sulla generale atmosfera di
accoglienza verso la famiglia e lasciare spazio all’espressione delle differenze nel contesto nido.
La possibilità di praticare la lingua madre ha effetti positivi sullo sviluppo dei bambini. Il bilinguismo ha effetti
sulla competenza linguistica in generale, sula competenza di lettura e scrittura, sulla percezione dei colori o
dei toni musicali.
Le persone bilingue hanno modalità di pensiero diverse e sono spesso più esperte nel linguaggio rispetto ai
monolingui.
Tutta via il bilinguismo può avere effetti negativi nel caso del “bilinguismo sottrattivo” che si manifesta quando
il contesto sociale della seconda lingua appresa scoraggia l’uso della prima lingua.
Ambiente di insegnamento / apprendimento inclusivo
Le educatrici cercano di garantire la partecipazione di tutti i bambini, e quindi anche del bambino con difficoltà
o con disabilità alle attività educative quotidiane.
Ambiente aperto alle famiglie
Le educatrici parlano di avere cura della comunicazione con la famiglia del bambino con disabilità questo è un
punto di partenza importante per costruire fiducia nella relazione con i genitori.
Generale atmosfera di accoglienza
Fa riferimento al senso di accoglienza che i bambini e le famiglie percepiscono presso il nido e il senso di
appartenenza dei bambini al gruppo dei pari.
Barriere e facilitatori alla partecipazione e all’inclusione:
La partecipazione è uno dei fattori che permette di costruire l’inclusione. É definita come coinvolgimento in
una situazione di vita. Diversi fattori influenzano la partecipazione del bambino all’attività: fattori personali,
fattori ambientali…
I principali facilitatori per l’inclusione di un bimbo con disabilità sono:
- organizzazione degli ambienti
- scelta dei giochi
- organizzazione di attività e routine
Le principali barriere sono:
- relative al numero di bambini in sezione (spesso vissuto come troppo elevato)
- rapporto numerico educatore - bambino che non facilita un approccio centrato sulle esigenze
specifiche dei bambini.
CAPITOLO 5: IL GIOCO E LA PLAYFULNESS
Definizione di gioco e playfulness
La definizione di gioco adottata in questo libro è quella scelta dall’azione COST LUDI - Play for Children with
Disabilities - un network europeo di professionisti che lavorano sulla tematica del gioco e della disabilità nel
bambino.
Definizione: il gioco è una gamma di attività volontarie e intrinsecamente motivate, normalmente associate
a piacere ricreativo e divertimento: quindi, ogni attività che abbia caratteristiche di volontarietà, motivazione
interna alla persona, piacere e divertimento è gioco.
La motivazione interna è quando un aspetto dell’attività spinge l’individuo a portare avanti l’attività stessa. La
motivazione interna si lega strettamente anche alla volontarietà e all’intenzionalità delle azioni coinvolte nel
gioco.
Definizione playfulness: è la disposizione del bambino al gioco, viene definito secondo quattro elementi:
1. motivazione intrinseca: il bambino gioca semplicemente perché vuole giocare
2. percezione interna del controllo: il bambino ha il controllo delle sue azioni
3. sospensione della realtà: il bimbo non è costretto a vinili della realtà e può scegliere fino a che punto
l’attività sia prossima alla realtà oggettiva
4. quadro sociale: è un grado di scambiare e comprendere le interazioni che permettono di stare in
relazione con i compagni di gioco
Dunque la playfulness dipende in parte dalle caratteristiche del bambino e dalle caratteristiche dell’ambiente
(fisico, materiali, atteggiamenti…)
Il diritto al gioco per il piacere del gioco
Il gioco è riconosciuto a livello internazionale con un diritto del bambino, in quanto dimensione prioritaria nella
vita degli individui, è un diritto inalienabile.
Nel 1959 il gioco venne visto come un’attività con finalità educative.
Infine anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006 afferma che le
persone con disabilità devono avere pari accesso e opportunità di fruizione di materiali, di partecipazione alle
attività ludiche, ricreative, sportive e pari opportunità nello sviluppo del loro potenziale creativo.
Dunque i vari documenti sostengono una visione del gioco come una dimensione della vita che può e deve
essere praticata per se stessa: il gioco per il piacere del gioco.
Approfondimento: Serenella Besio parla del diritto al gioco
 Secondo lei, oggi il diritto al gioco di tutti i bimbi è davvero pienamente tutelato?
No, in relazione a una prospettiva politico - geografia e no sul piano della consapevolezza culturale media delle
popolazioni. E non è ancora sufficientemente rispettato e tutelato il diritto al gioco nell’area dei bambini con
bisogni particolari.
 É necessaria un’azione politica e sociale più strutturata per tutelare il diritto al gioco?
Si, sarebbero necessarie molte iniziative, sicuramente di tipo politico. A livello interazione molto è stato
ottenuto ora bisognerebbe far si che ciò che è stato scritto diventi azione reale.
Pagina 15
 Gli educatori nei servizi educativi hanno ruolo importante per promuovere il diritto al gioco?
Gli educatori sono le persone che stanno più di tutte nella posizione giusta per poter fare qualcosa. La loro
attività professionale e la prospettiva che scelgono di adottare può essere fondamentale. Bisogna saper poi
trasformare in gioco le attività che hanno un diverso obiettivo.
Il gioco è visto dagli adulti come un’attività importante in quanto veicola educazione, apprendimenti, sviluppo
di competenze.
I bambini con disabilità facilmente presentano difficoltà nelle attività di gioco. Inoltre, spesso le attività
educative e riabilitative che sono proposte ai bambini con disabilità sono “mascherate” sotto forma di gioco,
per renderle più facilmente accettabili e per far meglio tollerare ai bambini la fatica legata al loro svolgimento.
Le tipologie di gioco
La lettura psico pedagogica si focalizza sostanzialmente su due dimensioni:
‣
Dimensione cognitiva => differenzia il gioco rispetto alla complessità delle funzioni cognitive che
sottendono l’attività ludica
‣
Dimensione sociale => differenzia la complessità delle interazioni con i partner di gioco, quando sono
presenti.
GIOCO COGNITIVO
GIOCO SOCIALE
Gioco pratico
Gioco solitario
Gioco simbolico
Gioco parallelo
Gioco di costruzione
Gioco associativo
Gioco di regole
Gioco cooperativo
GIOCO COGNITIVO
Il gioco pratico:
•
Si fa attraverso azioni e sperimentazioni del proprio corpo, con movimenti di mani, faccia, gambe,
braccia, testa, vocalizzazioni
•
Esplorazioni attraverso i sensi
•
Cause ed effetti: il rumore che cambia di un oggetto che cade dalle mani
•
Questo gioco è caratterizzato da ripetizione
Il gioco simbolico:
Si manifesta quando il bambino dà un nuovo significato ad oggetti e persone. Ha diversi livelli di complessità:
•
Simulazioni di azioni che coinvolgono solo il corpo
•
Simulazioni di azioni che coinvolgono gli oggetti (far finta di bere da una tazzina vuota)
•
Simulazione con sostituzione in cui il bambino usa un oggetto come se fosse un altro (l’astuccio che è
un telefono)
•
Senza uso di oggetti
Il gioco di ruolo o gioco socio-drammatico, in cui il bambino mette in scena ruoli sociali della vita quotidiana
(vi è anche la dimensione narrativa)
Il gioco di costruzione:
•
Consiste nel radunare, combinare, incastrare più elementi per formare un’entità unica. Spesso il
bambino utilizza blocchetti e materiali che si possono combinare e la dimensione della progettualità è
fondamentale per definire questo tipo di gioco.
•
Il bambino definisce un suo “progetto” (es. costruzione di una torre)
Il gioco di regole:
•
Consiste in giochi governati da regole specifiche che sono condivide da tutti i giocatori
•
Di solito sono combinati al gioco pratico, al gioco di costruzione e al gioco simbolico.
GIOCO SOCIALE
Il gioco solitario:
•
Il bambino gioca da solo, anche se circondato da altri bambini
•
L’attività ha un inizio e una fine
•
Può anche essere un gioco simbolico che prevede il coinvolgimento di oggetti
Il gioco parallelo:
•
Fare lo stesso gioco in parallelo, senza una particolare condivisione (es. ogni bambino per sé, sono
seduti vicini, ognuno gioca con un cestino da riempire e poi da svuotare)
Il gioco associativo:
•
In questo caso, seppur svolgendo attività separate, i bambini si scambiano sguardi e sorrisi,
osservano l’azione dell’altro, si scambiano gli oggetti (è l’opposto del gioco parallelo)
Il gioco cooperativo:
•
I bambini sono coinvolti in un’attività condivisa con uno scopo comune da raggiunge.
•
Si danno dei ruoli complementari (io faccio un’azione e tu ne fai un’altra) e reciproci (fare insieme
un’azione) per raggiungere uno scopo comune
Ogni tipologia di gioco cognitivo può essere volta a un livello diverso di quello sociale.
Lo sviluppo del gioco
Primi mesi di vita:
Gioco pratico => 1° ad emergere
Gioco parallelo
Gioco sociale
18-24 mesi:
Gioco simbolico=> emerge in concomitanza con il linguaggio e la capacità di
riconoscimento di sé
Gioco associativo
Gioco cooperativo
3 anni:
Gioco di costruzione=> attività pianificata e auto-regolata
Gioco di regole
Due tipologie di sviluppo agiscono sulla competenza di gioco:
-
Vi sono tipologie di gioco più semplici a cui seguono le più complesse
La stessa tipologia di gioco si manifesta, nel tempo, in forme prima più semplice e poi via via più
complesse.
questa visione del gioco caratterizza la teoria piagetiana. Per Piaget, il gioco è una delle diverse espressioni
dell’intelligenza del bambino, quindi lo sviluppo del gioco segue le tappe di quello intellettivo e ogni tipo di
gioco è caratterizzato dalla struttura cognitiva tipica dello stadio in cui si manifesta.
Per Piaget lo sviluppo degli stadi segue una sequenza invariante e gerarchica: il gioco pratico precede quello
simbolico, che precede quello di regole, e ogni tipo di gioco è cognitivamente più semplice di quello che gli
succederà.
Dunque il gioco si complessifica e si autoalimenta, evolve ed è anche riconosciuta una funzione fondamentale
di motore dello sviluppo del bambino, a livello motorio, cognitivo, affettivo e sociale.
Capitolo 6: il quadro ludico: ambiente, giocattolo e ruolo dell’adulto
Il quadro ludico è un contenitore di gioco e delle persone che svolgono attività ludiche. É il tentativo grazie al
quale il gioco esiste nel rispetto delle sue antinomie costituzionali.
Il quadro ludico è composto da sei elementi:
1. Ambiente specifico, riconosciuto come ambiente di gioco, che contiene il bambino ed eventualmente
l’adulto
2. Spazi separati in base alla tipologia di gioco
3. Oggetti e giocattoli scelti appositamente a supporto del tipo di gioco
4. Presenza dell’adulto, accompagnatore o professionista
5. Regole di utilizzo di spazi e materiali
6. Relazione di appartenenza
Il quadro ludico ha cinque funzioni principali:
1. Istituisce il gioco, gli attribuisce uno statuto di attività educativa in se stessa. Questa visione è diffusa
nei servizi per i bambini 0-6 anni.
2. Fornisce una soluzione a quello che la libertà di espressione ed esplorazione del gioco e l’incolumità
del bambino. Il quadro ludico quindi tutela la sicurezza: fisica, emotiva e affettiva, mentale.
3. Funzione relativa alla socializzazione, poiché esso costituisce una struttura in cui il bambino può
passare da “io” al “me sociale”. Il gioco è un luogo di relazioni e parte da attività individuali che diventano
gradualmente sempre più sociali.
4. Dare senso alla presenza dell’adulto
5. Fornire all’adulto un contesto per osservazione del gioco, con i diversi obiettivi di osservazione.
AMBIENTE
L’ambiente di gioco deve essere strutturato e pensate in modo adeguato. L’educatore che organizza lo spazio
è un attivatore un gioco e un facilitatore delle interazioni tra i bambini dell’attività di gioco.
Al nido è molto comune che le aree di gioco siano poste in sale polivalenti che vengono utilizzate per attività
diverse nell’arco della giornata e/o in zone specifiche delle sezioni.
É importante al nido che l’area di gioco sia riconoscibile e che non possa essere confusa con gli spazi della
nanna o del pranzo.
Il fatto che sia riconoscibile aiuta a dare una cornice all’attività di gioco, che deve esistere in uno spazio e in un
tempo dedicati.
Le aree di gioco devono essere accessibili ai bimbi, devono agevolare le loro attività e devono essere
esteticamente belle.
Lo spazio va allestito tenendo conto delle competenze cognitive, motorie e sociali di tutti i bambini. Un altro
aspetto importante è che l’adulto abbia una sua collocazione adeguata e pensata nello spazio di gioco.
Lo spazio va organizzato in base alle caratteristiche e competenze dei bambini ma anche in base alla tipologia
di gioco proposta.
•
Gioco pratico: spazi definiti con oggetti accessibili che facilitino la ripetizione dell’esperienza
esplorativa.
•
Gioco di manipolazione: spazio chiuso da barriere in modo che i giochi non rotolino via
•
Gioco motorio: ampie aree, in cui il bambino possa fare esperienza della spazialità.
• Gioco di costruzione: spazio delimitato, con pavimenti duri ma con la possibile presenza di un tappeto per
comodità dei bimbi
I giocattoli
La scelta dei giocattoli adatti per essere inseriti nei servizi educativi deve seguire dei criteri:
•
rispetto e conformità alle norme di sicurezza europee
•
analisi della qualità dei materiali: solidità, stabilità, ergonomia dell’oggetto…
•
analisi delle possibilità di gioco offerte dal giocattolo, devono poter incontrare le esigenze dei bambini,
anche in base alle loro età
Quando si scelgono i giocattoli per i contesti educativi collettivi come un nido, bisogna prestare attenzione
affinché si abbia un numero adeguato di giocattoli, la proposta di giocattoli sia variegata e lo stesso oggetto
sia presente in più esemplari. Come gli ambienti, anche i giocattoli devono essere esteticamente belli e l’adulto
deve regolarmente rinnovare quelli rovinati o rotti.
Quando poi i bambini sono sufficientemente autonomi, dovrebbero essere coinvolti nel riordino dei giocattoli,
dei materiali e degli spazi in generale.
Approfondimento: Quali giocattoli per quali bambini? La valutazione del giocattolo
Si vuole arrivare a una proposta che dia modo agli educatori di scegliere autonomamente giochi con cui
popolare la loro sezione. Un buon punto di partenza per scegliere e selezionare gli oggetti e i giocattoli è
valutare le loro caratteristiche, la tipologia di gioco che essi supportano e le competenze necessarie per giocare
con questi oggetti.
Il sistema ESAR ha fatto una classificazione dove i giocattoli sono valutari secondo sei aspetti:
1. tipo di gioco favorito
2. abilità cognitive richieste
3. abilità sociali
4. abilita motorie e funzionali
5. abilita linguistiche
6. abilità affettive
Il Centre National de Formation aux Métiers du Jeu et du Jouet , ha proposto la classificazione degli oggetti
ludici specificando la classificazione di gioco partendo dal sistema ESAR :
•
giocattoli per i giochi di esercizio: sensoriali, di manipolazione
•
giocattoli per i giochi simbolici: di ruolo, di messa in scena
•
giocattoli di regole: di associazione, di espressione, di combinazione, di sport
•
giochi di assemblaggio: di costruzione, organizzazione, fabbricazione
Able Play: sistema di valutazione del giocattolo che viene costantemente aggiornato. La sua classificazione
organizza i giochi nelle seguenti categorie
giochi di finzione
giochi all’aperto
giochi per bimbi 0-3 anni
giochi educativi
gioco di costruzione
…
TUET: scheda messa a punto per la valutazione dell’usabilità del giocattolo.
La scheda permette di analizzare l’usabilità del giocattolo roseto ai bambini con disabilitò uditiva, visiva e
motoria. La scheda è composta poi da tre parti, ognuna dedicata in specifico a indagare l’usabilità del giocattolo
dalla parte del bambino con una delle tre disabilità elencate.
Pone una serie di domande sull’usabilità dell’oggetto, se il giocattolo viene classificato come “inusabile” il TUET
chiede se un semplice adattamento del giocattolo o l’aiuto da parte di qualche compagno di gioco renderebbe
l’oggetto usabile.
La domanda del TUET è finalizzata a far riflettere i designer sulle modifiche del giocattolo e gli educatori su
come l’aiuto di un partner di gioco può supportare l’uso del giocattolo.
Infine il TUET è pensato pario per favorire la riflessione sull’usabilità del giocattolo da parte di bambini con
disabilità, ma presenta potenzialità utili per la scelta dei giocattoli in generale.
Il ruolo dell’adulto
All’interno del quadro ludico, l’educatore svolge un ruolo di scaffolder (letteralmente vuol dire
“impalcatura”) e si riferisce a strategie di sostegno offerte da una persona più esperta a un’altra persona che
è in fase di apprendimento.
Quando un bambino si trova in una situazione di problem solving, le strategie di scaffolding sono efficaci
quando sostengono il bambino a mantenere l’attenzione focalizzata sul compito.
Lo scaffolding chiama in causa la zona di sviluppo prossimale e implica collaborazione e accompagnamento
tarato sulle esigenze del soggetto. Mira all’attenuazione dell’accompagnamento e alla diminuzione
dell’intervento da parte dell’esperto.
Lo scaffolder del gioco si pone in un’ottica di “gioco per piacere del gioco”, guida e aiuta il bambino a diventare
un espero del gioco, creando un ambiente pensato e stimolante che limiti le barriere fisiche, sociali e personali
al gioco.
L’adulto in questo caso può rivestire tre ruoli diversi nel suo approccio professionale al gioco del bambino:
•
osservatore
•
attivatore
•
partner di gioco
L’osservatore del gioco
Ci sono alcune fasi operative necessarie da svolgere in ogni progetto osservativo.
1. La prima cosa da fare è identificare la domanda “perché osservare il gioco? In generale questo il modo
principale per conoscere bene i bambini e quindi attuare il proprio ruolo di scaffolder del gioco in maniera
adeguata e cooperativa.
L’educatore può essere interessato a diversi aspetti:
•
i bisogni di gioco dei bambini: quali attività proporre, in quali ambienti, come organizzare l’ambiente…
•
le preferenze di gioco dei bambini, in termini di materiali, giochi…
•
i punti di forza e di debolezze e l’autonomia dei bambini nelle attività di gioco
•
lo sviluppo delle competenze
•
l’accessibilità degli spazi
•
la coerenza dell’uso degli spazi e dei giocattoli da parte dei bambini
2. L’osservazione dunque è uno strumento utile per analizzare diversi elementi del quadro ludico.
Una volta identificata la domanda, è necessario focalizzare un oggetto di osservazione specifico. Importante è
decidere su cosa puntare la propria attenzione:
•
tipologie di gioco
•
stadi di sviluppo del gioco
•
playfulness
•
partecipazione al gioco
•
contesti e gli ambienti di gioco
3. A questo punto, gli educatori devono decidere se osservare un bambino specifico o un gruppetto di bambini.
Questo aspetto è tecnicamente chiamato “campionamento” ed esistono tre modalità principali per rilevare i
dati:
•
individuo focale: un solo bambino viene osservato per un determinato periodo di tempo, riportando
tutti i comportamenti che mette in atto
•
scansione rapida: tutti i bambini del gruppo sono osservati, focalizzando l’attenzione su ogni bambino
per pochi secondi
•
campionamento dei comportamenti: l’osservatore monitora la situazione e prende nota di uno
specifico comportamento nel momento in cui esso viene messo in atto da un bambino.
4. L’osservatore deve identificare poi lo strumento con cui si svolgerà l’osservazione; l’adulto può decidere di:
•
effettuare una descrizione dei comportamenti identificati come salienti
•
crearsi una griglia ad hoc
•
utilizzare uno strumento già pubblicato
In questo caso vi sono due macro categorie di strumenti che valutano il gioco.
Alcuni sono focalizzati sul gioco in sé, altri usano il gioco per rilevare e valutare altre competenze del bambino.
Quando si decide si usare uno strumento già pubblicato per osservare è importane controllare alcuni aspetti:
•
lo strumento deve focalizzarsi sul gioco
•
quale è l’oggetto di valutazione dello strumento
•
lo strumento non deve presentare restrizioni per il suo uso
•
lo strumento richiede particolari procedure per essere usato
•
tipo di popolazione per cui è progetto
•
lo strumento deve essere valido e tarato su una popolazione di riferimento
approfondimento: Alcuni strumenti per la valutazione del gioco nel panorama internazionale e nazionale:
•
Children’s Playfulness Scale: valuta la spontaneità fisica, sociale, cognitiva…
•
Play History: finalizzata a identificare le esperienze, interazioni, ambienti…
•
Scala di valutazione delle abilità ludico - simboliche infantili: scala osservativa che valuta cinque linee
evolutive del gioco simbolico.
5. Una volta deciso lo strumento, l’adulto deve organizzare le sedute osservative. Deve decidere tempi
specificamente dedicati all’osservazione.
L’attivatore del gioco
L’educatore al nido riveste diverse funzioni : organizzatore, facilitatore, promotore di attività. => in questo
senso che parliamo di adulto come attivatore di gioco.
In veste, l’educatore deve identificare le situazioni che possono meglio permetterà al gioco di emergere e
svilupparsi, per fare ciò l’adulto deve svolgere diverse attività:
•
attiva situazioni di gioco e motiva i bimbi
•
cura e organizza gli spazi di gioco
•
sceglie i giocattoli
•
organizza e supporta le situazioni di gioco
•
dedica tempi specifici al gioco
•
promuovere l’inclusione
Come attivatore del gioco, l’adulto decide quali tipologie di gioco e attività vuole favorire, in quali spazi specifici
della sezione o del nido farli, in quali momenti della giornata.
L’adulto agisce anche a livello culturale e implementa attività di sensibilizzazione rispetto all’importanza del
gioco per il piacere del gioco.
Il partner di gioco
Quando l’adulto diventa partner di gioco, entra nella dimensione ludica in modo paritario.
Condivide con il bambino i significati e gli obiettivi dell’attività e si immerge in una dimensione di reciprocità e
complicità. L’obiettivo è il coinvolgimento e il divertimento.
L’educatore deve però anche saper uscire dalla dimensione relazionale simmetrica con il bambino e entrare in
una dimensione relazione asimmetrica tra adulto - esperto e bambino – inesperto.
L’adulto come partner di gioco instaura un clima di collaborazione e condivisione e si muove seguendo un
approccio centrato sul bambino.
Il partner di gioco efficace mostra un’attenzione empatia verso il bambino, comunica che l’attività è
interessante, significativa e degna di essere accolta e assecondata.
Gli interventi sono mirati a suggerire piccoli cambiamenti nell’attività, l’adulto diventa poi un modello che il
bambino può imitare.
Due elementi fanno da sfondo al ruolo dell’educatore come partner di gioco:
•
fase di osservazione del gioco, importante perché fonda la conoscenza che l’educatore ha di
preferenze, interessi, competenze e abilità del bambino
•
buona competenza interattiva e relazionale dell’adulto => l’adulto deve saper riconoscere i segnali
emotivi e comunicativi del bambino.
Capitolo 7: il gioco nella disabilità
Il gioco del bambino con disabilità intellettiva:
lo sviluppo delle tappe del gioco cognitivo nei bambini con disabilità intellettiva è molto simili a quello dei
bambini a sviluppo tipico.
•
Dipende dal grado di compromissione del funzionamento cognitivo (severa o lieve)
•
I bambini con disabilità intellettiva tengono a svolgere più frequentemente il Gioco pratico,
manipolativo, funzionale, simbolico (più avanti)
•
Rispetto ai pari il gioco del bambino con disabilità intellettiva è ripetitivo e solitario
•
Interagiscono poco con i pari
•
Hanno difficoltà a passare dal piano della comunicazione a quello del gioco rispetto ai pari
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
 L’adulto deve creare un ambiente stabile e supportivo per favorire l’autonomia nel gioco del bambino
con disabilità intellettiva
 L’educatore deve essere una guida e coinvolgere il bambino
 L’adulto deve rispettare i tempi del bambino.
 L’educatore deve prestare attenzione a mantenere adeguato il suo livello di sollecitazione e a
supportare il coinvolgimento nell’attività ludica da parte del bambino.
I giocattoli:
per il gioco pratico:
 Il giocattolo deve mostrare stimoli chiari
 Evitare giocattoli con effetti imprevedibili o con meccanismi di attivazione non visibili
 Proponete al bambino oggetti diversi per svolgere lo stesso tipo di attività
Per il gioco simbolico:
 Scegliete giocattoli il più realistici possibile nella forma e dimensioni
 Devono richiamare le routine e le attività quotidiane
Gioco di costruzione:
 aiuto il bambino ad assemblare i pezzi e raggiungere l’obiettivo in tempi brevi
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISABILITÀ VISIVA
La mancanza della visione nei primi mesi e anni di vita ha un forte impatto sullo sviluppo del gioco del bambino
•
Esplorazione tattile più marcata e gioco ripetitivo (con il corpo)
•
•
•
Il gioco simbolico ha sviluppo tardivo
Il gioco simbolico per i bambini con disabilità visiva risulta meno fantasioso
Nel gioco sociale prevale il gioco solitario (proporzionalmente alla severità della disabilità)
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
•
Il compito principale dell’adulto è portare il bambino non vedente all’autonomia
•
L’ambiente deve essere esplorabile e sicuro e deve quindi mantenere fissi gli allestimenti degli spazi.
•
L’adulto deve proporre giocattoli interessanti dal punto di vista tattile e uditivo, deve seguire le attività
svolte in gruppo in modo da orientare il bambino non vedente considerando sempre la numerosità dei pari,
in quanto sono preferibili giochi in diede e successivamente in piccoli gruppi.
•
Anche le azioni di mediazione da parte dell’adulto nelle attività di gioco con i pari sono molto
importanti
I giocattoli:
•
Il gioco pratico: giochi sensorialmente interessanti dal punto di vista tattile, uditivo e olfattivo e devono
essere facili da manipolare, devono essere fatti di materiali adattati a essere esplorati con la bocca
•
Il gioco simbolico: i giocattoli devono essere di uso comune e il più possibile realistici, le dimensioni e
il peso degli oggetti devono facilitarne l’esplorazione tattile
•
Il gioco di costruzione: pezzi leggeri in mondo che siano facilmente assemblabili, nel caso di un puzzle
i pezzi devono essere riconoscibili tramite rilievi tattili
Attività da fare:
Materiale = cubi morbidi di forme diverse con aggiunta di velcro ( il quale facilità l’unione dei cubi l’uno all’altro)
Gioco = dopo aver toccato tutti i cubi, assembrarli dal più grande al più piccolo in modo tale da formare una
torre.
Significato = far scoprire al bambino le diverse forme degli oggetti con cui sta giocando.
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISABILITÀ UDITIVA
•
Sviluppo linguistico e comunicativo influenzano lo sviluppo del gioco
•
Il contesto di partenza è arricchito da opportunità di parlare con i pari tramite la lingua dei segni.
•
Sviluppo linguistico e comunicativo, una comunicazione non verbale attraverso sguardi, sorrisi
•
Le interazioni con i pari favoriscono lo sviluppo comunicativo e linguistico.
•
I bambini non udenti sono più facilmente coinvolti nel gioco solitario
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
il primo aspetto da curare pensando al gioco del bambino con disabilità uditiva è la garanzia che la
comunicazione possa avvenire nel modo più chiaro possibile
•
Ruolo di mediazione = mediare tra i bambini con disabilità e bambini senza disabilità
•
Ruolo di osservatore = lasciare liberi di esplorare i bambini con disabilità uditiva
•
Importante la comunicazione faccia a faccia
I giocattoli:
•
Gioco pratico = stimolazione sensoriale, giocattoli con stimoli tattili e motori
•
Gioco associativo = predisporre l’ambiente con giochi realistici
•
Gioco di costruzione = giochi accattivanti che coinvolgano il bambino dall’inizio alla fine dell’attività
•
Gioco simbolico = oggetti realistici nelle diverse aree tematiche
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISABILITÀ DELLA COMUNICAZIONE
•
i bambini con questa disabilità perdurano più lungamente in forme di gioco pratico di tipo
manipolatorio e mostrano gioco simbolico meno frequentemente rispetto ai bambini a sviluppo tipico.
•
rispetto al gioco sociale, i bambini con difficoltà della comunicazione giocano più facilmente in modo
solitario e silenzioso hanno più difficoltà soprattutto nel gioco cooperativo perché, in questo tipo di attività,
la mediazione del linguaggio nell’interazione con gli altri bambini è importante.
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
•
il compito principale dell’adulto consiste nel supportare la comunicazione e il linguaggio del bambino,
per aiutarlo a esprimere desideri, idee, bisogni…
•
importante che l’adulto lasci il tempo sufficiente al bambino per formulare richiese e dare risposte
•
deve anche svolgere funzione di facilitatore di gioco inclusivo e in questo senso può aiutare il bambino
con difficoltà della comunicazione a esprimere e aiutare i pari a comprendere i suoi messaggi comunicativi
•
l’ambiente invece deve favorire il gioco faccia a faccia del bambino per facilitare la comunicazione
I giocattoli:
•
per il gioco pratico si deve favorire l’uso di giocatori che permettano il gioco di movimento
•
per il gioco simbolico e di costruzione giochi accattivanti che coinvolgano il bambino dall’inizio alla fine
dell’attività e oggetti realistici nelle diverse aree tematiche
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISABILITÀ MOTORIA
•
Difficoltà nell’esplorazione e nella manipolazione degli oggetti
•
Gioco simbolico: difficoltà del linguaggio che è compromesso da questo tipo di disabilità.
•
Gioco sociale: difficoltà da parte dei pari di includere il bambino con disabilita e viceversa difficoltà del
bambino con disabilità di integrarsi a pieno nel gruppo dei pari.
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
•
Mediatore: tra bambino e gioco e tra bambino e pari
•
Partner: deve lasciare autonomia al bambino nel gestire il gioco
•
Moderatore: ruolo educativo nel gioco con il bambino
I giocattoli:
•
Vanno scelti in base alle capacità del bambino
•
Gioco pratico: devono essere facili da tenere in mano, con una manipolazione non precisa e devono
permettere l’esportazione del corpo e del movimento
•
Gioco simbolico: giochi realistici e devono adattarsi all’esigenza del bambino
•
Gioco di costruzione: metodo dell’assemblaggio secondo l’esigenza del bambino
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO
•
Prevalenza di giochi ripetitivi e di manipolazione stereotipata
•
Uso di oggetti: centrato su parti particolarità sensoriali e comprensione fisica
•
Limitate capacità di imitazione e raro gioco simbolico, spesso sorge in ritardo
•
il gioco solitario è più facilmente di tipo solitario
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
•
L’adulto deve strutturare l’ambiente in modo chiaro e stabile per aiutare il bambino a orientarsi e far
si che egli percepisca gli spazi come confortevoli e sicuri, deve anche lasciare spazio al bambino e
incoraggiarlo nelle attività. Deve inoltre proporre una ristretta scelta di possibili attività poiché il bambino
ha difficoltà ad occupare autonomamente il tempo libero.
•
L’ambiente deve essere stabile e semplice, deve essere concordato con la famiglia e con l’equipe di
lavoro
I giocattoli:
•
Gioco sociale: ci si concentra sul gioco solitario e hanno difficoltà a organizzare sequenze di gioco e a
coordinarsi con i pari
•
Gioco pratico: prestare attenzione alle caratteristiche sensoriali, oggetti semplici
•
Gioco simbolico: usare pochi oggetti in contesti semplici
•
Gioco di costruzione: mostrare loro come giocare con quel determinato oggetto e quindi avere chiaro
lo scopo e far si che l’attività
IL GIOCO DEL BAMBINO CON DISABILITÀ MULTIPLA
•
questi bambini presentano quadri spesso gravi, ma molto diversi l’uno dall’altro
•
sono tutti accomunati dalla presenza di una disabilita sensoriale associata a un altro tipo di disabilità
•
hanno difficoltà a decodificare le info che arrivano dal mondo esterno
•
spesso mostrano comportamenti insoliti nel gioco, come l’essere lenti
Il ruolo dell’adulto e l’ambiente:
•
l’adulto deve imparare a lasciare al bambino il tempo necessario per il gioco, senza essere troppo
intrusivo
•
l’osservazione è fondamentale per comprendere le tempistiche del bambino e quali siano le sue
preferenze di gioco
•
l’ambiente va costruito a partire da queste preferenze, deve essere accessibile e confortevole,
strutturato per facilitare l’esplorazione tattile autonoma.
I giocattoli
•
Gioco pratico: devono offrire esperienze multisensoriali (luci, suoni…) e possibilmente gli oggetti devo
essere piccoli
•
Gioco simbolico: oggetti realistici in contesti chiari e ridotti
•
Gioco di costruzione: dipenderà dalle abilita sensoriali, motorie e cognitive del bambino
Capitolo 8: la comunicazione e il linguaggio nello sviluppo tipico
La comunicazione è l’uso del linguaggio verbale o di segni non verbali, finalizzata a trasmettere info
e messaggi.
Le componenti della comunicazione:
Componente verbale
Componente non verbale
Parole combinante secondo
regole sintattiche
Elementi non verbali del parlato •
Intonazioni
•
Para linguistica
(vocalizzazioni, pause...)
Elementi cinesici
•
•
•
mimica facciale
sguardo
movimenti di parti del
corpo
(gesti, segnali)
•
movimenti di corpo
nello spazio (postura,
distanza)
Canale
vocale
uditivo
Canale
cinesico
visivo
Il linguaggio è una parte della comunicazione, ed è riferito a un sistema di segni convenzionali grazie ai quali
le persone comunicano tra loro.
Il linguaggio ha diverse caratteristiche:
•
referenzialità: i segni linguistici si riferiscono a oggetti e eventi esterni al linguaggio stesso
•
arbitrarietà: l’associazione tra suono e il suo significato è frutto di una convenzione sociale
•
creatività e produttività: partendo da pochi segni e simboli è possibile creare infiniti messaggi
Il linguaggio parlato è un sistema composto da più elementi:
•
aspetto fonologico: riferito ai suoni della lingua e al modo in cui vengono percepiti
•
aspetto lessicale e semantico: riferito alle parole della lingua e al loro significato
•
aspetto sintattico: riferito a regole che governano la produzione linguistica
•
aspetto morfologico: riferito alle variazioni a cui vanno soggette le parti del discorso a
seconda delle funzioni grammaticali che assumono
Lo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino avviene grazie ad alcuni processi principali:
Piaget
Chomsky
Bruner
secondo lui il linguaggio si
sviluppa in interdipendenza con
lo sviluppo cognitivo che si
esprime anche nel gioco e
nell’imitazione differita.
secondo lui il linguaggio si
sottolinea il ruolo
sviluppa grazie alla maturazione dell’interazione adulto di un modulo autonomo da altri bambino e del contesto per lo
sistemi come il pensiero e la
sviluppo del linguaggio, chiama il
memoria, questo modulo si
suo metodo LASS.
chiama LAD. La sua. teoria nasce
dalla constatazione che tutti i
linguaggi umani condividono
una struttura di base molto
simile
Secondo la prospettiva assunta da questo testo, dunque la comunicazione e il linguaggio si esprimono e
sviluppano all’interno dell’interazione.
Fasi e tappe dello sviluppo comunicativo e linguistico:
Fasi e tappe
Età di comparsa (in mesi)
Fase della comunicazione preintenzionale
Vocalizzazioni non di pianto
Lallazione canonica
Attenzione condivida o triadica
0-9
2-6
6-7
8-9
Fase della comunicazione intenzionale
Prima comprensione del linguaggio
Gesti comunicativi deittici
Gesti comunicativi referenziali
9-12
8-10
9-12
12-24
Fase del primo linguaggio
Produzione delle prime parole
Sviluppo lessicale: prime 50 parole
Esplosione del vocabolario
12-20
11-13
12-16
17-24
Fase dello sviluppo morfosintattico
Prime combinazioni di parole
Prime frasi
Prime capacità morfosintattiche
20-36
20
24-30
30-36
La comunicazione preintenzionale: dagli 0 ai 9 mesi
I primi scambi comunicativi tra adulto e bambino sono di natura emotiva.
É stato osservato come il bambino “eserciti” le espressioni facciali delle emozioni di base già nel periodo fetale.
Elenchiamo ora alcuni dei teorici più importanti del primo sviluppo comunicativo:
•
Trevarthen: Parla di inter soggettività primaria riferendosi al fatto che il bimbo di 2 mesi è già in grado
di rispondere in modo coordinato in un’interazione faccia a faccia con l’adulto famigliare.
•
Stern: Parla di “danza conversazionale” riferendosi a scambi comunicativi tra adulto e bambino nei
primi mesi di vita.
•
Schaffer: Parla di “pseudo dialoghi” riferendosi a scambi comunicativi tra adulto e bambino nei primi
mesi di vita.
•
Fogel: Parla di co - regolazione tra madre e lattante; la mamma e il bimbo adattano reciprocamente il
loro comportamento, aggiustando le posture e modulando la direzione dello sguardo. Così si creano
emozioni condivise e si stabilizzano come configurazioni comunicative.
•
Tronick: Parla del paradigma della “still face” (x bambini dai 2 ai 6 mesi): si chiede alla mamma di
interagire con il bimbo e poi di colpo assumere una espressione neutra, il bambino subito si agiterà
dimostrano il disagio emotivo, appena lei riprende a interagire tutto torna come prima. Questo esperimento
dimostra come i bimbi piccoli hanno un’aspettativa strutturata su cosa sia una buona interazione e si sentono
a disagio se l’interazione non avviene in modo corretto, dimostra anche le capacità di regolazione emotiva
che il bambino sa mettere in atto per uscire da una situazione per lui sgradevole.
Questo elenco ci ha permesso di mettere in luce le caratteristiche importanti delle prime interazioni
comunicative:
-
alternanza di turni
simultaneità dello sguardo reciproco
bidirezionalità degli scambi
la comunicazione intenzionale: dai 9 ai 12 mesi
Tra 9-12 mesi emerge una chiara intenzionalità comunicativa. Una serie di comportamenti permettono di
cogliere l’intenzionalità comunicativa del bambino :
-
ripetizione di un comportamento che non ha ricevuto una buona risposta
espressione di disappunto che cessa al momento della risposta
gesti di pressione verso gli oggetti
uso ripetitivo di espressioni in specifiche situazioni
combinazione dello sguardo con il gesto o la parola (indicatore più affidabile di intenzionalità)
Da un punto di vista teorico, Piaget, ha definito l’intenzionalità come un comportamento consapevole
diretto a un fine e l’ha collocata nel quinto sottostanno del periodo senso motorio (12-18 mesi). Secondo
lui il modo in cui il bambino interagisce con il mondo fisico degli oggetti e con il mondo sociale delle persone
è lo stesso.
Bater, Camaioni e Volterra hanno distinto tra intenzione richiestivi o intenzione dichiarava:
-
Gesti deittici: riferiti a quelle espressioni che hanno bisogno di un riferimento al contesto spazio
temporale per essere capito
Gesti referenziali: il cui significato può essere compreso indipendentemente dal contesto
Quando emerge l’intenzionalità comunicativa l’attenzione congiunta si arricchisce di un terzo poloattentivo:
l’oggetto.
Sviluppo dell’attenzione congiunta
Comprensione dell’attenzione congiunta:
-
6 mesi, il bimbo si sofferma su un’oggetto che guarda la madre solo se questo è unico e nel campo
visivo del bimbo
12 mesi, l’identificazione dell’oggetto avviene in maniera precisa, seguendo la linea tra occhi della
madre e oggetto.
18 mesi, è in grado di cercare il focus di attenzione dell’adulto quando è alle sue spalle
Gesto di indicazione:
 fino a 6 mesi, non ne comprende la funzione
 12 mesi, guarda l’oggetto e sé è all’interno del suo campo visivo
 18 mesi, identifica anche oggetti alle sue spalle
Produzione del gesto di indicazione:
 preceduto da forme come gesti di pressione
 2 mesi è già osservabile nell’interazione accia a faccia con la madre.
 12 mesi, produce prima il gesto di indicazione poi guarda l’adulto
 16 mesi prima controlla lo sguardo dell’adulto poi produce il gesto di indicazione
Il primo linguaggio: dai 12 ai 20 mesi
Lo sviluppo linguistico si fonda sul precedente sviluppo della comunicazione non verbale, si dice vi sia una
continuità nella loro funzione (passare messaggio, perseguire uno scopo) che però viene svolta con strumenti
diversi cioè gesti e parole.
Lo sviluppo cognitivo e l’interazione con l’adulto aiuta il bambino a strutturare il vocabolario. Intorno al
compimento del primo anno, i bambini producono le prime parole che sono tipicamente rivolte a persone
importanti, a oggetti o routine, alimenti, animali... Esse si presentano come semplificazioni e adattamenti delle
parole adulte.
Costruendo poi le “olofrasi” cioè frasi di senso compiuto ma espresse con una sola parola dal bambino, il
significato viene tipicamente co costruito nella conversazione con l’adulto che parafrasa il bambino (es.
Bambino: “pappe” - Mamma: “ti piacciono le scarpe?”) In questa fase è difficile per il bambino aiutare l’adulto
quando non capisce, perché il suo vocabolario è ristretto e le capacità di spiegarsi in autonomia ancora non ci
sono. Con le olofrasi il bambino denomina oggetti, fa richiesta, commenta...
Avviene poi il fenomeno dell’esplosione del vocabolario: momento in cui intorno ai 17-24 mesi il bambino
super la soglia delle prime 50 parole, in questa fase l’acquisizione delle nuove parole avviene molto
rapidamente. Il bambino impara poi a fare uso congiunto di parole e gesti, l’uso di parole concatenate o
espressioni che grammaticalmente sono due parole ma che il bambino percepisce e usa come fossero una sola
parola.
Lo sviluppo morfosintattico: dai 20 ai 36 mesi
Il passaggio dall’uso di una parola singola alla combinazione di due è legato all’acquisizione della capacità
simbolica da parte del bambino Quando il bimbo ha un vocabolario di circa 200 parole, il 51% degli enunciati
che produce è comporto da combinazioni di parole, classificati come:
dominazione (ecco cane)
ricorrenza (ancora pappa)
non esistenza (più cane)
agente + azione
azione + oggetto
agente + oggetto (bimbo pappa)
azione + luogo
entità + luogo
entità + attributo
possessore + cosa posseduta
dimostrativo + entità (questo libro)
Successivamente, la presenza di due verbi segnala l’emergere di enunciati complessi; compaiono i primi
connettivi tra le frasi (ma, perché, quando...)
Le relazioni semantiche che legano gli enunciati complessi sono:
-
additive: il bambino sovrappone due elementi non dipendenti tra loro
temporali: presentati elementi in sequenza
causali: evento dipende da un altro
avversative: elementi in contrasto
specificazioni dell’oggetto: la seconda frase esplicita la funzione di un’oggetto della prima
epistemiche: la seconda frase esprime certezza o incertezza rispetto a ciò che si è detto nella prima
richiami di attenzione Via via il bambino impara a usare correttamente la morfologia legata
(convinzioni di verbi, genere, singolare...) e quella libera (articoli, pronomi...)
Accresce poi nel bimbo la capacità di narrarsi, la capacità di raccontare storie. Questa capacità è
importantissima per lo sviluppi dell’identità dell’individuo perché permette di organizzare l’esperienza e darle
senso. Le narrazioni sono sequenze di eventi.
Verso i 2 anni i bambini producono monologhi riportando sequenze di eventi in successione temporale. Verso
i 3-4 anni, azioni e eventi si integrano in questi racconti. In tarda età pre scolare, 5-6 anni i bambini
arricchiscono i loro racconti dando intenzionalità agli attori e parlando di eventi legati a stati mentali (faccio
questo perché penso questo)
L’interazione e la comunicazione nel gruppo dei pari:
-
3-4 mesi i bambini mostrano interesse verso gli altri bambini, se vicini cercano di toccarsi a vicenda,
guardarsi...
6 mesi, i bambini si sorridono e scambiano vocalizzi
2 anni, i bambini portano avanti gli scambi di sguardi, le vocalizzazioni, i gesti e giocano vicini. Iniziano
anche a litigare per i giochi.
Le interazioni più a fondo aggressivo nascono dal fatto che essi stanno costruendo le loro competenze
comunicative e sociali.
I bambini sono capaci di adottare un loro stile comunicativo nei confronti dei bambini più piccoli, mettendo
ad esempio in atto il “baby talk”. Tuttavia, il bambino nell’età del nido ha difficoltà a cogliere le intenzioni
comunicative e a capire bene cosa passa nella mente dell’altro bambino. Spesso quindi, i conflitti tra i
bambini nascono da percorsi di azione e di giochi che si incrociano in maniera non fruttuosa.
Importante, nel contesto del nido, che gli educatori lavorino per supporre la capacità dei bambini di risolvere
e negoziare i conflitti nella maniera più autonoma possibile. L’adulto deve focalizzarsi sulla consolazione del
bambino che è stato aggredito e sgridare l’aggressore. Importante che l’adulto non cerchi di etichettare
come “aggressivo” un bambino che si trova spesso coinvolto in conflitti. In quesi casi, l’adulto può facilmente
usare la parola per verbalizzare quello che succede e aiutare i bambini a capire le azioni e le reazioni messe
in atto in quella situazione.
Tre tappe di sviluppo delle capacità dei bambini:
1. a 16 mesi partecipato ad azioni coordinate di tipo ritualizzato, con i pari con cui hanno familiarità e
interazioni stabili, le interazioni sociali e i bambini si influenzano tra loro.
2. a 20-24 mesi, emergono azioni non ritualizzate e coordinate, i bambini iniziano le interazioni e rispondo
ad esse.
3. a 28-32 mesi, le azioni coordinate vengono raggiunte grazie all’uso di mezzi non verbali e verbali, i
bambini si imitano e regolano i loro comportamenti.
CAPITOLO 9: LE CARATTERISTICHE DELLA COMUNICAZIONE NELLE DISABILITA’
La comunicazione del bambino con disabilità intellettiva
I bambini con la sindrome di Down, presentano un generalizzato ritardo di sviluppo, e in particolare,
competenze linguistiche meno sviluppate.
La differenza tra il loro sviluppo comunicativo e quello dei bambini tipici, si ampliano sempre di più a partire
dal secondo anno di vita.
-
L’emergere della comunicazione intenzionale si attesta verso la fine del secondo anno per i bimbi con
sindrome di Down (bimbi tipici 9-12 mesi).
Le prime parole emergono in media a 21 mesi e la produzione linguistica è ridotta.
I bimbi con sindrome di Down compensano questa “povertà” di parole usano maggiormente i gesti
diettici e referenziali, significa che la loro capacità simbolica resta intatta e la difficoltà è specificamente
relativa alla produzione delle parole.
Studio di Laing: Ha descritto le caratteristiche dello sviluppo comunicativo e linguistico dei bimbi con sindrome
di Williams, una malattia genetica cui si associa un generale ritardo nello sviluppo cognitivo. In questi bimbi
emerge tardivamente il linguaggio e la comparsa delle parole precede l’uso del gesto di indicazione (l’opposto
dei bimbi tipici).
Questi bambini con la Sindrome di W. mostrano meno iniziative e meno risposte di attenzione congiunta. L’uso
di gesti richiestivi e dichiarativi, e del gesto di indicazione è ridotto, poiché questi bimbi hanno una buona
competenza nelle interazioni sociali di tipo diadico, si suppone che essi siano più interessati alle persone che
gli oggetti.
LA COMUNICAZIONE DEL BAMBINO CON DISABILITÀ VISIVA
Lo sviluppo comunicativo e linguistico dei bambini non vedenti presenta alcune peculiarità. I bambini ciechi
usano gesti e lo fanno nelle prime fasi di acquisizione del linguaggio, la maggior parte sono festi diettici, usati
per attirare l’attenzione di una persona su un oggetto. Producono anche gesti di richiesta, però di tipo “a
palmo”, inoltre i gesti di richiesta avvengono in riferimento a un oggetto vicino al bambino.
Non potendo controllare con la vista l’efficacia del gesto prodotto, per il bimbo non vedente, l’uso delle parole
risulta più funzionale.
Le tappe di acquisizione del linguaggio orale sono molto simili a quelle dei bambini a sviluppo tipico. I bambini
non vedenti quindi, usano prevalentemente la parola, infatti l’iper verbalismo è una caratteristica del
linguaggio delle persone cieche.
LA COMUNICAZIONE DEL BAMBINO CON DISABILITÀ UDITIVA
Lo sviluppo comunicativo e linguistico del bimbo sordo dipende da molti fattori come: gravità o profondità
della menomazione sensoriale e il tipo di ambiente comunicativo in cui è inserito.
Infatti, quando un bambino sordo nasce in una famiglia in cui almeno un genitore usa la lingua dei segni,
l’esposizione alla comunicazione è immediata, e lo sviluppo comunicativo e linguistico procede in modo simile
ai bimbi udenti, ma al posto delle parole il bimbo sordo produce e combina gesti.
Quando invece, un bambino sordo nasce e cresce in una famiglia udente è soggetto a deprivazione
comunicativa e linguistica nei primi mesi di vita.
L’impatto della menomazione uditiva sullo sviluppo del linguaggio avviene innanzitutto a livello fonologico,
perché il bambino ha difficoltà a distinguere i suoni della lingua. Le difficoltà fonologiche influiscono
negativamente sull’ampiezza del lessico. Anche gli aspetti morfologici de linguaggio sono difficili da acquisire
per il bimbo con disabilità uditiva.
Impianto cocleare:
Si tratta di un dispositivo che consiste in un microfono - ricevitore posto esternamente e magneticamente
fissato alla testa della persona, e di un ricevitore - stimolatore per stimolare il nervo uditivo. Ha un effetto
altamente positivo sullo sviluppo del linguaggio orale nei bambini con disabilitò uditiva severa. Lo sviluppo
comunicativo successivo all’impianto è positivamente influenzato dalla qualità delle interazioni con i genitori
e dallo status socio economico della famiglia.
La comunicazione del bambino con difficoltà della comunicazione
Come abbiamo già detto, non è possibile parlare in teoria di disturbo della comunicazione in bambini sotto i 4
anni, ma daremo ora un quadro più generale.
Nella fascia di età 0-3 si osservano bambini che prestano un ritardo nello sviluppo di conseguenze linguistiche;
si parla di bambini parlatori tardivi, quando a 24 mesi ancora non usano nessuna parola o a 36 mesi non usano
la comunicazione di due parole.
Sappiamo però, che i ritmi dei bimbi sono variare e una percentuale di bimbi parlatori tardivi recupera lo scarto
dei parti entri i 5-6 anni.
Nei bambini parlatori tardivi vi è una produzione ridotta di parole e anche una modalità atipica di pronunciare
i suoni della lingua. Il disturbo specifico di linguaggio è spesso associato a un generalizzato disturbo fino e
grosso motorio.
La comunicazione del bambino con disabilità motoria:
Quando la menomazione motoria interessa anche la muscolatura e il controllo dei movimenti del volto, il
linguaggio presenta caratteristiche atipiche sostanzialmente a livello fonologico: il bambino presenta quindi
tappe di sviluppo simili a quelle tipiche.
Le difficoltà nel parlato dei bambini con questa disabilità possono essere dovute alla difficoltà di modulare il
esporto e a mantenere una postura adeguata.
Nei quadri più compromissori a livello motorio, l’uso dello sguardo, dei sorrisi e delle vocalizzazioni è il
principale canale comunicativo del bambino.
Spacco la disabilità motoria è provocata da sofferenza cerebrale precoce, è possibile che si associ ad altri tipi
di disabilità:
-
nel caso del disturbo della intellettiva, il ritardo linguistico è legato al livello di funzionamento cognitivo
nel caso del disturbo della comunicazione, vi è un ritardo anche in presenza di un funzionamento
cognitivo tipico
nel caso della disabilità sensoriale, il quadro sarà complicato dalle specificità della menomazione.
La comunicazione del bambino con disturbo dello spettro autistico:
Il disturbo dello spettro autistico si caratterizza per un deficit specifico nella comunicazione e nell’interazione.
In età precoce è osservabile come i bambini autistici presentino distorsioni nella percezione dei volti.
A livello neurologico si osserva come le caratteristiche dell’attivazione neurale di questi bambini non
differiscano quando essi guardano la foto della madre o la foto di una donna sconosciuta.
Nel primo anno di vita, comportamenti comunicativi e interattivi atipici sono osservabili nel contatto oculare,
nel rispondere al proprio nome, nel seguire lo sguardo ... Le vocalizzazioni del bambino con autismo sono meno
combinate a sguardo, gesto o cambio espressione.
Essi hanno meno attitudine a rispondere alla voce umana o a quella della madre.
Anche il pianto è diverso, è un pianto breve, poco modulato, irregolare. Questo elenco di elementi illustrati ha
ovviamente effetto negativo sull’instaurazione di relazioni affettive sicure con i genitori.
Sviluppo gestuale:
bimbi con autismo usano il gesto di iniziazione nelle relazioni triadiche (bambino, adulto, oggetto) , lo
fanno con la finalità richiestiva e prevalentemente toccando l’adulto.
gesti referenziali convenzionali sono rari e limitati
gesti dichiarativi sono praticamente inesistenti
Comprensione comunicativa:
comprendono il gesto di indicazione richiestivo ma non quello dichiarativo
Sviluppo linguistico:
-
ritardo, sia sul versante della comprensione che della produzione.
Un fenomeno specifico della sindrome autistica è la perdita del linguaggio; il bambino non acquisisce nuove
parole e non interagisce più in routine comunicative cui prima partecipava. I bambini con autismo
presentano anche qualità vocali atipiche.
Ecolalia: Consiste nel rispondere a una frase altrui ripetendola, invece di dare la risposta. Emerge facilmente
quando il bimbo non capisce cosa gli viene detto o quando non sa cosa rispondere.
La comunicazione del bambino con disabilità multipla:
Uno dei quadri più complessi è quello dei bambini sordo - ciechi; la loro comunicazione avviene
principalmente attraverso movimenti del corpo, segnali tattili, tensioni muscolari, posture e gesti, perché il
bambino ha difficoltà ad accedere a forme convenzionali di comunicazione, specialmente nella prima
infanzia.
L’osservazione nel contesto del bambino e il confronto con i genitori, sono i principali canali per una
conoscenza approfondita delle sue specifiche modalità comunicative.
CAPITOLO 10: IL RUOLO DELL’ADULTO NEL FAVORIRE LA COMUNICAZIONE
Il ruolo dell’adulto nello sviluppo tipico della comunicazione del bambino
La competenza comunicativa e linguistica nasce all’interno della relazione e dell’interazione innanzitutto con i
genitori, successivamente con i pari. I processi che intercorrono tra adulto e bambino durante il suo sviluppo
sono molteplici:
-
Processo che modella l’interazione comunicativa è il fatto che l’adulto attribuisce automaticamente al
bambino un’intenzionalità comunicativa a partire dalle primissime ore di vita, anche quando intenzionalità
spesso non c’è
Secondo aspetto importante è che l’adulto, parallelamente al dare per scontato di avere di fronte un
bambino che comunica e vuole comunicare, si adatta al livello comunicativo del piccolo, per facilitare la sua
comprensione.
Lo stile di conversazione dell’adulto è chiamato motherese o baby talk. Questo tipo di comunicazione è
importate per lo scambio affettivo con il bambino e regia il suo livello di attivazione e attenzione. Esso
presenta alcune caratteristiche specifiche:
ritmo del parlato lento
-
prosodia, cioè musicalità del parlato
parole scandite e segmentate
parole riferite al qui e ora
frasi corte e molte pause
frasi accompagnate da espressioni emotive.
il baby tal si evolve con il crescere del bambino e varia in funzione della sua responsività. É osservabile nella
lingua dei segni e viene messo anche in atto dai bimbi più grandi verso i più piccoli.
Ci sono due aspetti che hanno un ruolo importante per lo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino:
-
il primo è riferito al fatto che gli enunciati dell’adulto si situano nel campo di attenzione o in quello che
il bambino sta facendo e a cui è interessato
il secondo, che la conversazione si sviluppa all’interno di formati famigliari ai due interlocutori, per cui
lo sviluppo degli scambi e i contenuti sono in parte prevedibili.
Per “formati” (Bruner) si intende quelle interazioni che si ripetono tra adulto e bambino in maniera molto
simile e rivestono il ruolo di matrici di significati.
-
Un ultimo aspetto importante è la sensibilità materna, elaborato nell’ambito della teoria
dell’attaccamento. Si riferisce all’abilità dell’adulto di percepire e interpretare in maniera accurata i segnali
comunicativi del bambino e di rispondere ad essi in modo appropriato.
Il pianto del bambino
Il pianto è uno dei primi mezzi di comunicazione che il bimbo ha a disposizione per relazionarsi con l’adulto.
Ha delle caratteristiche “musicali” specifiche e l’adulto familiare riesce a riconoscerne la qualità e a
differenziarlo (pianto di fame, sonno, dolore).
Tendenzialmente il pianto genera stress in chi lo ascolta. La capacità dell’adulto di rispondere al pianto è legata
alla sua sensibilità comunicativa e affettiva.
Accogliere il pianto del bimbo è importante, facendolo l’adulto svolge il ruolo di regolatore dell’emozione del
bambino, contenendolo fisicamente, cullandolo, parlandogli...
Al nido, specialmente in momenti come quello dell’inserimento, l’educatore deve regolare il pianto del
bambino e deve anche regolare la propria frustrazione di non essere in grado di aiutarlo efficacemente. Nel
caso dei bimbi con disabilità, possono essere presente pianti che sono qualitativamente diversi da quelli dei
bambini a sviluppo tipico, quindi può essere più difficile per l’adulto capire il bisogno sottostante al pianto e
tollerare il pianto in sé. Il confronto con la famiglia l’osservazione possono essere in questo caso di grande
aiuto.
Il ruolo del nido d’infanzia nel favorire lo sviluppo comunicativo:
Favorire lo sviluppo comunicativo e linguistico nei bambini è un potente mezzo per facilitare la loro
partecipazione ai contesti sociali e per favorire l’inclusione di tutti i bambini. Lo sviluppo dei bambini è
correlato al titolo di studio materno. Infatti, il titolo di studio materno è usato nelle ricerche scientifiche come
indicatore del generale livello sociale, culturale e economico della famiglia in cui il bimbo vive.
In questo paragrafo vogliamo analizzare il ruolo che può svolgere il nido nei confronti dei bambini che crescono
in famiglie con livelli socio - economici più svantaggiati. Si è analizzato un effetto positivo della partecipazione
a nidi di buona qualità sullo sviluppo cognitivo e linguistico dei bambini misurato in età prescolare e scolare. Il
nido è un fattore di protezione per lo sviluppo del linguaggio. Infine risulta molto importante che nei nidi gli
educatori sostengano e incoraggino le famiglie straniere nella pratica della loro lingua madre e che,
contemporaneamente, vi sia un’attenzione specifica all’apprendimento della lingua del Paese ospitante da
parte del bambino con genitori stranieri.
Il ruolo dell’adulto nel nido: l’osservatore della comunicazione:
Rispetto allo sviluppo della comunicazione e del linguaggio l’educatore può svolgere due ruoli:
osservatore
attivo promotore
Strumenti per la valutazione della comunicazione e del linguaggio
-
Questionario sulla comunicazione Sociale precoce -Primo vocabolario del bambino
Test del primo linguaggio
Questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico
Parole in gioco
L’uso di strumenti di osservazione per la comunicazione e il linguaggio ha permesso di dimostrare che gli adulti
che hanno famigliarità con i bambini sono osservatori affidabili, poiché hanno la possibilità di osservarlo
sistematicamente e in situazioni variegate. Sebbene siano affidabili sia gli educatori che i genitori, a maggiore
garanzia è necessario che gli strumenti usato per l’osservazione siano costruiti in modo tale da imitare la
desiderabilità sociale (quando l persona non risponde pienamente in modo sincero) che può influire sul giudizio
dell’osservatore.
Gli strumenti affidabili chiedono al compilatore di osservare per qualche giorno il bambino prima di svolgere
l’osservazione versa e propria. Quando gli educatori hanno l’idea che ci possano essere difficoltà nel bambino
e ritengono importante parlarne con la famiglia, la richiesta di compilare uno stesso strumento, al nido e a
casa, può essere un punto di partenza per un confronto costruttivo.
Il ruolo dell’adulto nel nido: il promotore della comunicazione
Quando l’educatore vuole svolgere il ruolo di attivo promotore dello sviluppo comunicativo e linguistico del
bambino, può innanzitutto tarare il suo intervento comunicativo per meglio farsi comprendere dal bambino e
per supportare lo sviluppo della sua competenza, tarare il suo intervento comunicativo è importante proprio
per facilitare lo scambio comunicativo con il bambino. Questa capacità può essere supportata dalla conoscenza
approfondita del bambino.
Quando un’educante interagisce con un bambino con disabilità, alcune strategie comunicative vanno tarate
per superare meglio la menomazione sensoriale del bambino o per andare incontro alle specificità
comunicative presenti in quel tipo di disabilità. Anche la conoscenza delle specificità della disabilità è uno
strumento che supporta l’azione dell’educatore. Alcune regole per meglio tararsi sul bambino derivano dalle
modalità che l’adulto comunicatore usa con il bambino piccolo. In questa fase, risulta funzionare che l’adulto
si riferisca a se stesso o al bambino usano la terza persona singolare, così facendo facilita la comprensione da
parte del bambino che ancora non è in grado di comprendere l’attribuzione di “io” e “tu” rispetto a chi parla.
I bambini piccoli faticano a capire la situazione temporale del ieri, oggi e domani, confondono facilmente i
termini, per spiegare meglio quanto manca a qualcosa è una buona strategia elencare le routine dell’asilo e
cosi il bambino capirà.
Le caratteristiche di un intervento efficace sono principalmente tre:
1. L’intervento deve promuovere lo sviluppo delle competenze del bimbo che gli permettano di agire in
contesti e routine e interagire con gli altri in modo autonomo, inoltre il bimbo deve riconoscere le
competenze che possiede per poterle usare in maniera funzionale ed efficace.
2. L’intervento deve coinvolgere i professionisti dell’infanzia, i bambini ma anche i genitori. Il loro
coinvolgimento è efficace se rafforza le competenze interattive dei genitori e se rafforza anche la
fiducia dell’adulto nelle sue capacità genitoriali di offrire opportunità al bimbo che favoriscono lo
sviluppo.
3. Gli interventi più efficaci sono quelli in cui le pratiche non sono messe direttamente in atto dal
terapeuta per esempio, bensì dai genitori e dalle altre figure di riferimento.
Quattro tipi di interventi efficaci con i bambini con disabilità:
1. Intervento mirato all’apprendimento contingente alla risposta, cioè organizzazioni ambientali che
facciano si che il comportamento del bambino produca un rinforzo o una conseguenza interessante
2. Intervento mirato a promuovere le responsività e la sensibilità del genitore, questo intervento è
cruciale per lo sviluppo del bimbo. Si promuovono qualità, tempistiche, affettività delle risposte del
genitore al comportamento del bambino. La risposta dell’adulto al bambino deve cogliere il bisogno
che è inserito nella comunicazione e deve rispondere adeguatamente ad essa, la risposta deve arrivare
con tempi brevi.
3. Intervento mirato a creare opportunità di apprendimento naturale nelle quotidianità, le routine
quotidiane sono i contesti in cui i bambini apprendono comportamenti funzionali e ricchi di significato,
inseriti in una cultura specifica. I contenuti inclusivi e di partecipazione sono importanti.
4. Interventi che implementino pratiche che favoriscano la costruzione di capacità, questi interventi sono
i più efficaci, sia che le capacità siano rafforzate nei genitori che nei bambini. Si tratta di influenzare la
capacità dei genitori di svolgere i loro ruoli e compiti e supportare l’autoefficacia genitoriale e favorire
il piacere nell’interagire e giocare con il bambino.
Indicazioni specifiche per i bambini con disabilità intellettiva
Gli interventi con i bambini con sindrome di Down coinvolgono principalmente i genitori che sono chiamati
a mettere in atto uno stile genitoriale altamente responsivo, a promuovere l’alternanza di presa di turno
con i bambini e a sostenere l’acquisizione delle prime parole. L’idea di base è sostenere in modo puntuale
e consapevole il naturale sviluppo comunicativo come avviene nelle interazioni adulto - bambino.
Indicazioni specifiche per i bambini con disabilità visiva
Alcuni studi, riportano che talvolta le madri dei bimbi ciechi sono negativamente influenzate dalle
specificità comunicative dei loro bambini e tendono magari a parlare meno con loro. Altri studi hanno
sottolineato come alcuni genitori sono in grado di mettere in atto adattamenti efficaci per interagire con
il bambino non vedente. Il genitore che si adatta allo stile interattivo del bambino, dà maggiori info verbali
che non sarebbero necessarie per un bambino non vedente. Importante sottolineare che i bimbi ciechi
necessitano di info esplicite circa gli stati emotivi e le interazioni delle persone che interagiscono con loro.
Indicazioni specifiche per i bambini con disabilità uditiva
Anche nel caso di bimbi sordi, che nascono in famiglie udenti, l’approccio è mirato a sostenere la
responsività e la sensibilità comunicativa, è la strategia più promettente per supportare adeguatamente il
bambino.L’adulto può supportare il bimbo in molti modi , ad esempio controllando di svolgere il più
possibile interazioni faccia a faccia. L’adulto deve controllare che il bimbo abbia compreso la
comunicazione e può ripetere o riformulare le frasi per facilitare il processo. Bisogna mantenere un
ambiente tranquillo e poco rumoroso.
Indicazioni specifiche per i bambini con disabilità motoria
La sfida più grande con questi bimbi è aiutarli a assumere un ruolo attivo nella comunicazione. I modi per
comunicare di questi bambini sono molteplici: vocalizzazioni, linguaggio, gesti... Gli interventi rivolti agli
adulti che interagiscono con loro sono di solito finalizzati ad aiutarli a cogliere i segnali comunicativi
specifici usati e a supportare il bambino a trovare modalità comunicative naturali usano il corpo.
Importante insegnare ai bimbi a chiedere gli oggetti che vogliono attraverso l’uso di vocalizzazioni o di
sguardi.
Indicazioni specifiche per i bambini con difficoltà della comunicazione
É utile che l’educatore controlli sistematicamente se il bambino davvero comprende quello che gli viene
detto: la comprensione intatta del linguaggio è un primo indicatore positivo importante per una risoluzione
spontanea della difficoltà di comunicazione. In secondo luogo è utile che l’educatore monitori in maniera
sistematica eventuali evoluzioni nell’uso di gesti e delle parole da parte del bambino. I bambini con questa
difficoltà vanno supportati, sia a sviluppare strumenti per esprimersi, sia perché l’impossibilità di usare la
parola impedisce all’altro di comprendere cosa il bambino dica. L’uso della domanda è un modo che rende
il bambino un partecipatore attivo nell’interazione. L’adulto deve lasciare tempo e spazio al bambino per
esprimersi e restare in interazione con lui usano espressioni emotive facciali di interesse, sorpresa ...
Indicazioni specifiche per i bambini con sindrome dello spettro autistico
Facilitare la comunicazione è molto importante per i bambini con autismo, con la finalità di permettere loro
di comunicare al meglio bisogni e desideri e supportare l’attenzione congiunta. Creare innanzitutto un
ambiente neutro poco rumoroso è un fattore importante. L’organizzazione delle attività e della routine deve
garantire la stabilità di piccoli gruppi di bambini. Il passaggio da una routine l’altra può essere supportato con
l’ausilio di schemi visivi, è importante inoltre evitare cambiamenti improvvisi nella routine giornaliera. I
bambini con autismo mostrano maggiore responsività agli approcci comunicativi materni quando sono
caratterizzati da maggiore vicinanza fisica.
indicazioni specifiche per i bambini con disabilità multipla
Le indicazioni riportate qua si riferiscono a bambini sordo - ciechi, perché l’approccio verso di loro richiede
attenzioni e competenze specifiche. Questi bambini comunicano con i movimenti del corpo. L’adulto che entra
in interazione con questi bambini deve avere grandi competenze comunicative e interattive. L’intervento si
focalizza sul riconoscimento di otto dimensioni dell’interazione:
qualità dell’iniziativa
se l’iniziativa sia stata colpa dal partner
tipo di risposta ottenuta
riconoscimento del prendere il turno
focus attentivo
qualità dello scambio affettivo
regolazione dell’intensità dell’interazione
assenza dell’interazione
Ogni bambino sordo cieco sviluppa le sue modalità interattive, l’intervento deve essere tarato sulla coppia
specifica adulto - bambino.
Il ruolo dell’adulto nel nido: il mediatore della comunicazione tra i pari
Un altro ruolo che l’educatore può svolgere come attivo promotore dello sviluppo comunicativo e linguistico
del bambino è quello di mediate l’interazione tra i pari. Quando in una sezione ci sono uno o più bambini con
disabilità è necessario che l’adulto metta in atto azioni specifiche di mediazione. I bambini con disabilità meno
visibili necessitano maggiore supporto per l’inclusione. É quindi possibile che, trovandosi di fronte a
comportamenti a cui non riescono a dare un senso, i pari riducano sensibilmente le interazioni con il compagno
con disabilità, per questo motivo, la mediazione dell’adulto è cruciale.
Da una parte il riconoscimento delle emozioni vissute dai bambini è fondamentale perché sviluppino
un’adeguata competenza emotiva; dall’altra è anche importante evitare messaggi che passino una visione
troppo edulcorata della disabilità, che non va vista come la giustificazione per accettare, sempre e comunque,
atteggiamenti che possono essere percepiti come aggressivi.
Quindi infine, spetta all’adulto mediare tra i bambini in modo che la possibilità di interagire tra loro in
autonomia sia preservata il più possibile.
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