insegnamento di storia della pedagogia

INSEGNAMENTO DI
STORIA DELLA PEDAGOGIA
LEZIONE II
“LA PAIDEIA
PROF. CARMINE PISCOPO
Storia della Pedagogia
Lezione II
Indice
1
La paideia -------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
Paideia formale o istituzionale ------------------------------------------------------------------------- 6
3
Paideia non formale------------------------------------------------------------------------------------ 12
4
Paideia informale--------------------------------------------------------------------------------------- 14
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione II
1 La paideia
Un oggetto di studio privilegiato della pedagogia è sicuramente la paideia, la cui genesi si
ritrova nell’età greca, ma continua a mantenere il suo significato anche nell’epoca moderna e
contemporanea.
I filosofi greci hanno fornito un contributo fondamentale alla costruzione della paideia
greca, non solo attraverso la definizione del concetto stesso di paideia ad opera dei sofisti 1 , ma
anche attraverso l’opera dei pensatori anteriori e lo sviluppo, all’interno del sapere filosofico, della
teorizzazione pedagogica.
La svolta avviene tuttavia nella Grecia del V secolo, in cui i rivolgimenti politici collegati
all’avvento delle democrazie mettono in discussione il patrimonio consolidato delle tradizioni.
È così sempre più sentita la necessità di una preparazione del giovane ad affrontare la nuova
vita di “cittadino”, che si traduce nel bisogno di un’educazione capace di offrire una risposta alle
nuove esigenze della polis.
I sofisti sono i primi, quindi, ad elaborare un’idea di educazione che per essere rivolta
all’uomo in quanto tale, si può definire “umanistica”; infatti, se in un primo tempo lo scopo
dell’educazione che essi propongono è di carattere politico, in un secondo momento essa appare
fine a se stessa.
Come afferma Platone nel Protagora, il giovane deve studiare «non per esercitare un’arte e
farne pubblica professione, ma come si conviene a persone libere e indipendenti».
Il termine paidéia, che nel V secolo significa ancora “allevamento e cura dei fanciulli”,
diventerà con i sofisti sinonimo di “cultura” e di “educazione mediante la cultura”, intendendo per
cultura quel sapere che il medioevo conoscerà come “trivio” o “quadrivio” o come “arti liberali”
proprie dell’uomo libero e che lo rendono tale. Essa tra il V e VI secolo non era una disciplina, ma
il realizzarsi completo della vita individuale e della polis, perché la paideia era personale ma anche
fondamentalmente politica, come capacità di realizzare il bene e di produrre valore.
1
I sofisti: “sapienti”, erano un gruppo eterogeneo di pensatori. Compare così nella scena greca la figura del
“professionista della cultura”, dotato di una buona preparazione di base, che si rivolge a chiunque voglia dedicarsi
all’attività politica offrendogli la tecnica e gli strumenti per far valere la sua opinione. Questi maestri si definiscono
sapienti ed educatori non perché ritengano di possedere verità assolute, ma solo in quanto capaci di condurre i giovani
all’affermazione politica e pratica. Come istitutori di una téchne politica sono i primi “tecnicizzatori” dell’educazione.
Essi svilupperanno una nuova concezione dell’educazione e un nuovo curricolo, cui si contrapporrà Socrate quale padre
di una concezione radicalmente differente, di un altro metodo e della prima teorizzazione filosofica della pedagogia.
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Nell'Enciclopedia Filosofica alla voce Paideia leggiamo: ''Nel suo significato letterale ed
originario vale ''educazione'' come tecnica con cui il fanciullo è preparato alla vita. Nondimeno il
termine nel mondo ellenico andò sempre più arricchendosi di significato, fino ad esprimere l'ideale
della formazione umana; non più dunque, preparazione alla cultura, ma la cultura stessa in quanto
"valore" della personalità. I latini tradussero "paideia" con "humanitas"; i tedeschi traducono
"Bildung", significando, appunto, un concetto diverso dalla "Kultur".
La paideia, l'humanitas, non è, infatti, la cultura in senso quantitativo ed oggettivo, ma la
cultura nella sua alta espressione qualitativa e personale. Nella civiltà greca, di conseguenza, la
persona umana realizzava interamente se stessa nella paideia e per questo conquistava l'immortalità
e la beatitudine''.
Ci sono nella concezione greca (soprattutto in quella platonica e aristotelica, in cui paideia è
educazione permanente, compito del cittadino e del politico, precondizione di chiunque intenda
partecipare alla “custodia” civile, militare, culturale della propria vita) aspetti di etica, di politica e
d’educazione che andrebbero ripresi oggi, tenendo conto del mutato contesto storico.
riassumendo, quindi, possiamo affermare che la Paideia è l’azione educativa esercitata dalla società,
in ogni tempo storico, per la formazione delle giovani generazioni. Quindi la Paideia rappresenta
una metafora e non solo di parola, perché serve a designare l’intera società e tutta la cultura di un
tempo in termini d’educazione e di strategie per formare in modo irriflesso-riflesso le giovani
generazioni.
In altri termini, la paideia è la connessione stretta tra cultura viva di una comunità ed i
bisogni di maturazione delle giovani generazioni, sempre finalizzata alla compiuta umanizzazione
dell’uomo.
La cultura della paideia rappresenta anche l’orizzonte di senso, di riferimento, di significato,
di valori personali, sociali, solidaristici, morali, religiosi, politici, estetici, economici capaci di
trasformarsi in fini connessi con l’integrale formazione umana.
Valorialità e finalità, quindi, acquistano priorità e primizia in ogni processo d’umana
maturazione secondo una gerarchizzazione motivata storicamente da ragioni contingenti, in quanto
in alcune epoche assumono rilevanza e prevalenza certuni valori considerati beni irrinunciabili ed
imprescindibili di un particolare contesto sociale ed, in altre epoche, gli stessi valori finiscono per
occupare posti bassi nella scala assiologica.
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Si tratta di utilizzare tutto il patrimonio di civiltà capace di conferire non solo conoscenza e
competenza, ma anche saggezza che trasforma il sapere in virtù.
Rifacendoci alla definizione data dal grande filosofo tedesco Hegel alla filosofia «il proprio
tempo appreso col pensiero», possiamo affermare che in una prospettiva paidetica, la pedagogia
diviene il proprio tempo appreso con la pratica educativa e la riflessione su di essa.
Nel corso della civiltà occidentale, e attraverso tutte le sue vicissitudini, il concetto di
paideia è venuto sempre più assumendo il significato d’azione formale o informale, istituzionale o
non-istituzionale che la società svolge sotto il profilo complessivamente formativo nei confronti
delle giovani generazioni e recentemente anche degli adulti (educazione continua e permanente).
Famiglia, scuola, associazioni, strategie di comunicazione tra le generazioni, mass-media,
multimedia, stili di vita, modelli macro e micro-culturali, costituiscono, quindi, le dinamiche
strutturali della paideia.
Si comprende che ogni società, in determinati tempi storici e in diverse fasi della sua vita,
mette in atto una pideia più o meno consapevole, più o meno frammentata e slegata, o anche riesce
a produrre una paideia fortemente intessuta di consapevolezza e di intenzionalità. Al grado zero
(ipotizzabile solo sotto un profilo meramente “teorico”) vi può essere l’assenza di paideia; per
aspetti diversi ci può essere il tramonto di una paideia e il suo essere avvicendata da altre forme
prevalenti di consapevole/inconsapevole paideia.
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2 Paideia formale o istituzionale
La paideia formale è l’insieme delle istituzioni e delle agenzie formative che svolgono
azione educativa in maniera intenzionale, sistematica, professionale.
Essa è costituita da una struttura multiforme, policentrica e differenziata che comprende
molti sistemi quali la famiglia, la scuola, le chiese, i partiti politici, le associazioni culturali,
l’addestramento professionale qualificato, i servizi di formazione continua delle aziende, ecc.
Essa rappresenta la faccia istituzionale della paideia ed è connotata dalle tre caratteristiche
qualificanti la funzione formativa: l’intenzionalità, la sistematicità e la professionalità.
1. L’intenzionalità si evidenzia mediante l’esplicita indicazione dei fini formativi,
educativi, maturativi che ciascun sistema si propone di conseguire in termini di
valori, di significati, di saperi sul piano personale, sociale, professionale, etico,
estetico, religioso, politico, economico, lungo le due linee inscindibili della
teleologia e dell’assiologia.
2. La sistematicità è il carattere che imprime all’azione formativa forza propositiva,
continuità nel tempo ed efficienza del risultato, assicurando il monitoraggio dei
percorsi e la valutazione degli esiti finali.
3. La professionalità è rappresentata dalla disponibilità e dell’uso conveniente ed
efficace delle risorse umane, economiche, strutturali, di competenze, di mezzi, di
tecniche, di conoscenze scientifiche, di aggiornamento permanente del personale,
di verifiche puntuali dell’azione educativa e dei contenuti.
Se queste sono le condizioni che legittimano una possibile paideia formale/istituzionale, ci si
chiede se già altrettanto lecito parlare di paideia familiare, sociale, politica, religiosa, economica,
estetica, ecc.
La risposta potrebbe essere rinvenuta nell’accertamento di un criterio generale che funge da
discrimine tra paideia formale e paideia informale e non formale, ossia nella finalità progettuale (il
telos pedagogico) prevalente ed esplicita in ogni proposta educativa. In sostanza, occorre verificare
che l’autentica paideia formale è quella che persegue l’integrale formazione della persona in tutti i
suoi aspetti, al fine di conseguire la piena realizzazione della personalità. Se, pertanto la famiglia, la
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società, il partito politico, la chiesa, l’associazione, l’agenzia sono in grado di assicurare la
complessiva maturazione dell’umano in fieri, si possono ritenere fondate paideie formali, anche con
accentuazione delle precipue finalità delle singole istituzioni, legittimando, così, una paideia
rispecificata all’interno sempre dei criteri generali dell’autentica paideia fondante.
Analizzando singolarmente le agenzie formative possiamo affermare che:
•
LA FAMIGLIA: prima e insostituibile istituzione educativa è affidata la formazione della
persona. La famiglia è la cellula primaria della società: infatti la sopravvivenza di quest'
ultima dipende dalle condizioni in cui essa vive, in un sistema di relazioni che somiglia al
rapporto che c’è tra organismo umano e le sue singole cellule. Pertanto lo stato di salute di
una società è strettamente connesso a quello della famiglia. L’educazione familiare si basa
su tre principi fondamentali: libertà, responsabilità e autorità. Il suo fine è la crescita
dell’uomo come persona. L’ideale invece è rappresentato dalla felicità personale che si
esplica nel progetto di vita del singolo. Il contenuto dell’educazione familiare è indicata
mediante l’espressione “stile di vita”, che designa l’insieme degli elementi che
caratterizzano una persona e il suo modo di comportarsi. Quindi possiamo affermare che la
famiglia possiede una particolare rilevanza in quanto promotrice di una società ordinata e
come luogo di avvio dell’educazione della persona. Lo sviluppo del soggetto si iscrive
dunque in una rete di autonomie e dipendenze. Lo sforzo educativo e rieducativi, attuato
dalla famiglia, dovrebbe infatti dirigere il soggetto verso la progressiva conquista della sua
coscienza come costrutto intenzionale, verso la consapevolezza della sua capacità di
intenzionare attivamente il mondo. La relazione educativa quale comunicazione
intersoggettiva e trasmissione culturale di valori è centrale nell’indirizzare il processo di
formazione della soggettività. L’intervento pedagogico, recuperando la centralità insita in
ogni azione educativa, può indirizzarla all’orientamento del soggetto verso l’adeguamento di
quel livello di esistenza chiamato soggettività. Occorre riconoscere che ciascun individuo,
proprio per la sua capacità di intenzionale si costruisce una propria visione del mondo.
Giungere alla consapevolezza del proprio contributo nella costruzione della personale
esistenza, significa considerare ogni individuo nella sua singolarità e nell’origine del senso
che si attribuisce al mondo in cui ogni ragazzo è continuamente implicato. Se ogni individuo
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contribuisce alla sua visione del mondo che sia la motivazione cardine del suo agire sociale,
l’individuo stesso sarà dunque radice responsabile delle sue parole, delle sue azioni, delle
sue emozioni. Educare e ri-educare non significano perseguire l’onnipotenza del soggetto o
liberarlo dalle dipendenze naturali, storiche e culturali, significa portarlo alla
consapevolezza della sua autonomia entro quelle dipendenze, le possibilità di
autodeterminazione entro le determinazioni, ma anche renderlo consapevole delle
responsabilità che gli derivano dal suo essere soggetto attivo nel mondo e con gli altri.
L’azione educativa si dispiega sul soggetto in formazione come strumento di apertura verso
la realtà oggettiva, attribuendo modalità di ricerca di senso e significato nel mondo che
risulta imprescindibile dalla conoscenza di sé in rapporto al proprio essere e in relazione con
gli altri che interagiscono nell’essere, in sé e per sé, all’interno della realtà data. Nell’agire
pedagogico è insita una sensibilità verso la libertà personale dell’educando e aperta alla
prospettazione di orizzonti e punti di vista, di valori non stereotipati, ma costruiti e ripensati
durante quell’incontro intersoggettivo della relazione educativa. Il rapporto pedagogico
familiare per essere autentico deve fondarsi su una reale comunicazione con l’altro, nella
comunicazione come interscambio. L’educazione e la costituzione della soggettività sono
legate da un’intima relazione in quanto premessa indispensabile all’analisi del problema del
disagio dei giovani difficili e allo studio dei modi e dei fini che sono pertinenti alla loro
educazione. Il disagio potrebbe comparire in quanto, crescendo, i figli entrano in un periodo
particolarmente importante (l’adolescenza), periodo delicato e difficile soprattutto per la
loro educazione. La necessaria conquista della propria identità porta gli adolescenti ad una
autoaffermazione, che non di rado è accompagnata dalla tentazione di assumere un
atteggiamento di contestazione dell’autorità dei genitori, con un certo distanziamento
dall’ambiente familiare, rimasto fino ad allora quasi il loro unico ambito vitale. Proprio in
questa età si produce l’affascinante scoperta dell’altro sesso e si accentua l’influenza degli
elementi
extra-familiari
nella
vita
dell’adolescente,
specialmente
dei
mezzi
di
comunicazione sociale, dei gruppi di amici, della scuola. Tutto ciò rende più difficile, ma
non per questo meno importante, l’azione educativa dei genitori, affidata ormai soprattutto
alla forza trascinatrice dell’esempio e dell’influsso discreto di un atteggiamento prudente,
che coltivi un vincolo profondo con il giovane, adeguato nella forma e nello stile alla sua età
e alle sue caratteristiche personali. È necessario favorire e realizzare un coordinamento e una
cooperazione molto più stretti tra genitori ed educatori nei collegi e nelle scuole. I genitori
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non possono delegare tutte le loro funzioni educative alla scuola, la quale, a sua volta, non
può prescindere da coloro che le affidano i propri figli per un’educazione completa. La
scuola e i genitori devono aiutarsi reciprocamente nel compito educativo del bambino e
dell’adolescente.
•
LA SCUOLA: attualmente sussiste una situazione di crisi nella scuola italiana e delle idee
pedagogiche che dovrebbero stare alla base delle istituzioni educative. La scuola appare
lacerata dall'autonomia, fra un'educazione ed un'istruzione che ha monopolizzato il dibattito
degli ultimi decenni intorno alla scuola, estremizzando una dimensione che non avrebbe
ragione di esistere, tra uno spazio affettivo ed un ambito cognitivo. La tipica condizione
attuale umana ed intellettuale della modernità si rivela in una generale crisi di senso e
significato. Siamo di fronte ad una scuola priva di memoria, incapace di progettare il futuro,
senza un orizzonte culturale ideologico di riferimento che magari un tempo possedeva. Vi è
una crisi irreversibile delle forme di cultura e di eticità proprie della paideia occidentale, nel
tramonto dell’educazione per il fatto che non risulta più vivo e presente, al di fuori di assunti
dogmatici ed ideistici, alcun atteggiamento volto a proporre alle giovani generazioni progetti
e percorsi dotati di senso, per la propria formazione professionale: è una crisi di senso
epistemologica, politica, etica, scientifica, investendo inevitabilmente anche i progetti e
processi educativi, anche per l’incapacità della pedagogia di rispondere di fornire risposte
adeguate a questa crisi imminente. Tuttavia l’educazione non è dominata da un pessimistico
ripiegamento solipsistico e narcisistico né da una rinuncia alla fiducia della possibilità della
pedagogia di intervenire attivamente sulle situazioni, ma è dominata dalla premessa
realistica di un rilancio della progettualità pedagogica come risposta che può essere
adeguata, forse più di altre, al mutamento di paradigma che caratterizza l’orizzonte culturale
della postmodernità. Nonostante la crisi di progettualità, la mancanza di finalità educative
condivise, l’assenza di una dimensione etica, infatti, non si è mai parlato tanto di educazione
e scuola come nel periodo attuale, né la scuola, e il suo impianto formativo, è mai stato tanto
al centro dell’interesse politico e della società civile come lo sono ora con la discussione
sulla riforma complessiva dei cicli scolastici, sulle riflessioni della parità scolastica e tutti gli
altri cambiamenti in atto. L’obiettivo è quello di raggiungere un necessario rigore
progettuale, in cui il senso dell’insegnamento e dell’apprendimento si misura sul piano
esistenziale, sulla capacità di introdurre senso e di creare valore per sé e per la comunità
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sociale, a partire dall’esperienza significativamente vissuta e intenzionalmente orientata. La
dimensione esistenziale, la creazione di valore, sono concetti che dovrebbero trovare spazio
a scuola dove i bambini e gli adolescenti formano i propri vissuti, le proprie biografie, la
propria memoria, le proprie aspirazioni, rivalutando le esperienze extrascolastiche vissute
nella comunità sociale nei primi anni dell’infanzia e che dovrebbero accompagnare
l’individuo in tutto l’arco della vita. L’educazione è, e deve essere, quel processo che
sviluppa nei soggetti la competenza della creazione di valori. La formazione non è, e non
può essere solo la preparazione alla vita adulta intesa come sforzo per acquisire ciò che
manca, un passaggio dallo stato di non persona a quello di soggetto, ma deve essere in sé un
momento significativo dal punto di vista esistenziale, cioè un’esperienza che inizia nel “qui
ed ora” e non soltanto nell’attesa di un esito migliore. L’insegnante, co-costruttore di saperi,
è anche regista di una piccola vita sociale che nella scuola si costruisce come prova di
partecipazione alla più ampia società. Solo una scuola che non dimentica l’etica pubblica è
davvero pubblica. Per evitare che la parola educazione si cristallizzi, si solidifichi e diventi
priva di significato, diventa importante allora coltivare il pensiero: il pensiero libero, che
crea il rinnovamento intellettuale. E nell'educazione oggi, nel rapporto fra i professori e gli
studenti, nell'organizzazione della scuola, e anche nel mondo dell'informatica e in quello
dell'informazione, va stimolato come non mai, guardando al futuro, quanto la capacità di
pensare, di rinnovare il suo sapere, di rivederlo, di ricrearlo. In caso contrario saremo
condannati a un inaridimento, a un esaurimento del nostro orizzonte di possibilità.È certo
molto importante anche in una prospettiva pedagogica che l'uomo, l'individuo, il bambino
possa svilupparsi verso il positivo. Infatti, solo l'educazione, con i suoi sistemi, istituzioni,
spazi, può far sì che il bambino sia virtuoso nel senso greco; solo l'educazione può
consentirgli di sviluppare le sue capacità, il suo essere, ciò che gli è proprio e che porta
dentro di sé. Ma l'educazione è, nel contempo, un'azione che la società opera nei confronti
dei singoli ed un processo personale dell'Individuo, nell'acquisizione dei dati necessari al
suo sviluppo globale. Non dobbiamo dimenticare che essa è uno strumento, una premessa
necessaria atta a risvegliare il giudizio e la personalità, a formare il carattere della società di
domani. Essa non si limita ad una fase della vita dell'uomo ma ne é, o, meglio, ne dovrebbe
essere, una costante nella formazione della persona. E’ necessario però tener conto del
mutato contesto storico. Oggi i rapporti sociali sono “tirati fuori” da contesti locali
d’interazione e riallacciati su archi spazio-tempo lontani e indefiniti e le relazioni sociali
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sono sempre più spesso stabilite a grandi distanza. Per questo si moltiplicano oggi azioni in
direzione contraria, orientate alla riappropriazione e ridefinizione di relazioni sociali alle
condizioni locali di spazio e tempo. La pedagogia, in conclusione, deve educare coscienze
che sono individuali ma ad un tempo collettive, private ma allo stesso tempo pubbliche. Fin
dall’infanzia, deve fare rientrare nei progetti educativi e nei programmi esperienze di
partecipazione, di collaborazione e d’assunzione d’incarichi e di responsabilità, con
l’obiettivo di promuovere la massima realizzazione dell’individuo, delle proprie possibilità
personali, così da renderlo attore di cambiamento all’interno dall’organizzazione. E’
importante che la scuola sia "un luogo di cittadinanza democratica". L’organizzazione stessa
della
scuola,
prefigurata
dalla
sperimentazione
dell’autonomia,
favorisce
la
responsabilizzazione e la partecipazione degli studenti alla vita scolastica, l’ascolto delle
loro proposte, la creazione di spazi adeguati alla crescita democratica e all’esercizio attivo di
diritti e responsabilità, la promozione di una cultura del dibattito e della negoziazione e la
legittimazione di punti di vista diversi.
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3 Paideia non formale
La paideia si configura, nelle varie forma educative, non solo sotto l’aspetto scolastico,
familiare e istituzionale, ma anche come onnipervadente modalità di mediazione culturale atropoetica, di costume e di promozione umana rispetto alle giovani generazioni.
La paideia non formale, infatti, è costituita dall’insieme delle istituzioni, associazioni,
aggregazioni sociali, agenzie, gruppi organizzati che pure svolgono informazione diffusa e
comunicazione continua non rispettano i tre criteri che disciplinano la paideia formale, cioè non
osservano l’intenzionalità, la sistematicità e la professionalità formative.
Sicuramente, in concreto, è possibile rinvenire in alcune fasi storiche ed in contesti sociali
particolari paideie legittime, come quelle familiari, ecclesiali, politiche, sociali che non svolgono
solo le specifiche funzioni proprie delle istituzioni che le pongono in essere, ma mirano a formare la
personalità integrale dei giovani, servendosi, talvolta, persino di tecniche, metodologie, strumenti,
sussidi efficaci e più redditivi di quelli usati dalla massima istituzione formativa che è rappresentata
dalla scuola.
Occorre prendere atto, pertanto, che in ogni contesto sociale, accanto alle paideie autentiche,
esiste un flusso informativo/formativo spontaneo non sistematico-integrato, ma che offre stimoli
continui e concorre a costituire modelli di vita, abitudini, prospettive di valore, indicazioni distorte
di senso.
Necessita che i responsabili delle politiche formative riescano a non disperdere, ma a gestire
al meglio questo tipo di risorsa, per evitare che diventi persino deleteria, perché capace di
neutralizzare gli effetti positivi dell’azione paidetica istituzionale. Il vasto patrimonio informatico
rappresentato dalla radio, dalla televisione, dalla stampa, da internet, se utilizzato opportunamente
dall’istituzione scuola potrà costituire una ricca riserva di beni immateriali e trasformarsi in
prestigioso capitale formativo aggiuntivo.
Un particolare tipo di paideia non formale è rappresentato dal gruppo dei pari.
Il gruppo dei pari è una forma di aggregazione sociale spontanea tipica dell'età
adolescenziale e giovanile che riveste una grande importanza nel processo di crescita degli
individui, una sorta di palestra per imparare a divenire adulti. Nel momento in cui gli adolescenti
avvertono il giusto bisogno di prendere le distanze dalla famiglia e dalla scuola per cercare una
propria dimensione individuale più autonoma il gruppo offre accoglienza, protezione e
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riconoscimento per la nuova identità che essi vanno formando: ciò li aiuta a non sentirsi più figli o
allievi ma individui liberi di sperimentare nuove regole, nuovi modi di stare in relazione, nuove
dimensioni quali l'autonomia, l'espressività, l'affettività, la sessualità, la creatività, l'affermazione
personale. Il gruppo dei pari è insomma un ambiente aperto in cui è più facile esprimersi e trovare
le forme per esprimere la propria personalità, anche contestando il mondo degli adulti. Nel gruppo
l'adolescente può mettersi alla prova in quelle nuove dimensioni e bisogni del sé che stanno
affiorando alla sua coscienza e che all'interno della famiglia e della scuola è spesso difficile, se non
impossibile, agire e soddisfare, a causa di un sistema di ruoli e gerarchie spesso rigido e poco
disponibile alle novità. Nel gruppo invece non ci sono ruoli prestabiliti e chiunque ha il diritto di
esprimere il proprio pensiero, di manifestare più lati di sé e di mettere in discussione assetti e
regole. Dunque il gruppo è un luogo in cui coltivare la crescita, l'innovazione e la critica alle
gerarchie e rigidità del mondo degli adulti, e questo non solo sul piano individuale ma spesso con
riflessi anche più collettivi: difatti le scelte e i modelli di comportamento di alcuni gruppi di pari
delle società metropolitane hanno prodotto dei veri e propri cambiamenti culturali di ampio respiro
influenzando e modificando modelli comportamentali in tutto il mondo. Non sempre però la
trasgressione e la contestazione si orientano in modo creativo, e talvolta prendono strade distruttive,
come nel caso di certe forme di contestazione che sconfinano nella violenza e nel teppismo o nel
caso dell’uso e abuso di sostanze tossiche (fumo, alcool, droghe). Parallelamente al bisogno di
critica, cambiamento e crescita la vita di gruppo soddisfa anche il bisogno di appartenenza ad una
comunità in cui specchiarsi e confrontarsi e da cui ricevere riconoscimento, rassicurazione e
sostegno. L'adolescente cerca, sì, libertà e autonomia, allontanandosi dalla famiglia e dalla scuola,
ma ha pur sempre bisogno di valori e regole, non però calati dall'alto e rigidi come a scuola o in
famiglia ma alla cui definizione il ragazzo possa in qualche modo compartecipare. Il gruppo svolge
dunque, a suo modo, una funzione di strutturazione, contenimento ed educazione, diversa e più
flessibile rispetto a quella esercitata da famiglia e scuola: vi è infatti nel gruppo una presenza
consistente, ancorché implicita, di norme e regole di comportamento, una gerarchia da rispettare, un
sistema di valori, un'organizzazione del tempo, tutti elementi con chiara valenza di strutturazione
appunto, non però così rigidi come a scuola o in famiglia e alla cui definizione l'adolescente può in
qualche modo compartecipare.
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4 Paideia informale
Nel flusso informativo esiste anche una paideia informale costituita da una pluralità di
soggetti che sono fonte di informazioni, di suggestioni, di suggerimenti indotti, apparentemente
asettici e neutri, ma capaci di condizionare scelte, usi, costumi, abitudini e, conseguentemente, di
condizionare il comportamento e la condotta umana.
In genere, si tratta dell’universo pubblicitario, dell’azione sottile, penetrante, perché diffusa
con i caratteri della ripetitività estenuante e capace di incidere in maniera sub-conscia.
Nel 1958, Vance Packard, sostiene che vi è un tipo si persuasione subliminale: la strategia
da persuasione occulta, che rimane sotto la soglia della percezione cosciente, in grado di sedurre e
catturare il consumatore, puntare ai desideri segreti, blandire i suoi capricci ed indurlo alla scelta
precisa di un prodotto.
Si tratta ovviamente di un genere di paideia mediatica informatizzata di sicuro effetto e che
si avvale, in qualche modo, di una strategia capovolta della paideia formale, invece di agire sulla
persuasione responsabile e cosciente usa l’attacco all’inconscio per ottenere dal cliente l’adesione e
la resa incondizionata.
Spesso rientrano in tale rete persuasiva anche altri sistemi di comunicazione messi in atto,
oltre che dal mercato, dalla borsa, dal capitale, dalle imprese, dalla confindustria, dai sindacati, dalle
forze politiche, dalle corporazioni.
Un tipo di paideia informale caratterizzante la società della tarda modernità è la
multimedialità.
La multimedialità è la compresenza e interazione di più mezzi di comunicazione in uno
stesso supporto informativo. Si parla di contenuti multimediali, specie in ambito informatico,
quando per comunicare un'informazione riguardo a qualcosa ci si avvale di molti media, cioè mezzi
di comunicazione di massa, diversi: immagini in movimento (video), immagini statiche (fotografie),
musica e testo. Il termine multimedialità o multimediale, diffuso tra la fine degli anni ottanta e
l'inizio degli anni novanta, deriva al latino medium (= "mezzo", qui inteso come mezzo di
comunicazione) e si può grossolanamente tradurre in "con molti mezzi". Una svolta fondamentale in
campo informatico si è avuta con la nascita d’internet. La rete rappresenta una biblioteca sterminata,
che potenzia in modo prima inimmaginabile le nostre possibilità di conoscenza, almeno per quanto
riguarda l’accesso alle informazioni. Internet è fondamentalmente una rete d’ipertesti ed ipermedia.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione II
Per ipertesto s’intende un testo strutturato non in maniera sequenziale (dalla prima all’ultima
parola, dalla prima all’ultima pagina, come il libro stampato), ma con una struttura reticolare. La
diffusione di internet stimola un differente approccio alla conoscenza, uno stile di lettura alternativo
e forse anche un nuovo modo di pensare. Si passa dal leggere al navigare. Chi è entusiasta di questo
cambiamento sostiene il carattere interattivo della navigazione, le sue possibilità d’espansione
potenzialmente infinita. Nuovi linguaggi, nuovi media, nuovi simboli, nuove strategie educative
appaiono, quindi, gli elementi indispensabili per un sistema formativo aperto al sociale. Un
universo che ora appare dominato, e spesso succube, di quella comunicazione mediale (in primo
luogo televisiva) invasiva e mistificante che troppo spesso canalizza le nostre conoscenze, i nostri
gusti e le nostre scelte. Il messaggio audiovisivo influisce attraverso due strade fondamentali. La
prima passa attraverso il sistema di messaggi che viene inviato nel tempo. La seconda riguarda i
processi interni e mentali che ne vengono sollecitati. Sta di fatto che la televisione È diventata il
primo e fondamentale fattore di socializzazione del "villaggio globale", e attraverso una lenta e
progressiva sollecitazione esso incide sui nostri processi cognitivi, sul nostro modo di rapportarci
con la realtà e con gli altri, indirizzando il nostro comportamento verso un conformismo di massa.
Tuttavia, il messaggio audiovisivo stimolando maggiormente l'interesse, l'emotività e la
partecipazione, non sviluppa sufficientemente la riflessione, l'analisi critica, la creatività del
soggetto. Come sostiene Postman il messaggio televisivo, tanto incisivo, se non è adeguatamente
mediato dall'azione educativa è destinato a provocare uno “svuotamento” dell'uomo. Il mezzo
audiovisivo, infatti, è ritenuto in grado di stimolare alcuni processi cognitivi fondamentali.
Un’analisi circa gli effetti che producono i mass-media sulla formazione della personalità delle
giovani generazioni ci porta, inevitabilmente, a tenere conto dei rischi connessi ad una
massificazione della personalità ed uno schiacciamento dell'Io verso forme omologate di
comportamenti. I media provocano in ciascuno profondi e durevoli cambiamenti, trasformando
contemporaneamente l'ambiente reale e quello simbolico. La comunicazione, infatti, non è una
semplice trasmissione d’informazioni, ma è il luogo, e nel tempo stesso il mezzo nel quale e con il
quale si fabbrica la realtà. Tutte queste trasformazioni, avvenute nella comunicazione e nella
trasmissione di messaggi, valori e aspetti culturali, ha dato vita ad una cultura senza più punti di
riferimento, e di una realtà modellata dal media stesso, e che è al tempo stesso modellante. Tutto ciò
impone un’attenta analisi delle ripercussioni che si hanno in campo educativo. E' importante,
dunque, per la pedagogia contemporanea prendere atto della "crisi educativa come espressione della
crisi di una concezione dell'uomo, del mondo e della storia che per tanti anni ha sorretto la paideia
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occidentale e individuare quali sono i nuovi bisogni educativi nella società complessa. In tal senso
l'educazione contemporanea deve consentire ai soggetti stessi dell'educazione la possibilità di
decodificare i messaggi mediali e di porsi in modo critico rispetto ad essi, arrivando ad una
riorganizzazione considerando il problema degli aspetti di una formazione educativa che tenda a
formare una personalità creativa, ed in quanto tale in grado di recepire il nuovo in modo critico e
ricostruirlo secondo modalità individuali ed innovative. Diventa importante a questo punto capire in
quale direzione dovrebbero muoversi le istituzioni educative per finalizzare gli itinerari didattici alla
formazione di soggetti attrezzati a fronteggiare la complessità crescente del nostro sistema sociale.
In questo scenario si è compresa l’enorme importanza che assumono i media in tutti i campi del
sociale e il ruolo che essi hanno nella formazione complessiva dell'uomo e le ripercussioni sulle
istituzioni educative. Il percorso formativo, pertanto, dovrebbe mirare a fornire all'uomo sia
strumenti e abilità cognitive che capacità critiche e partecipative per una nuova forma mentis
contraddistinta da due requisiti fondamentali: la disponibilità ad apprendere e la flessibilità
nell'adattarsi in maniera critica all'estrema mutabilità dei punti di riferimento. Si è infatti convinti
che il soggetto, solo sapendosi destreggiare in modo costruttivo e non solo in modi di passiva
fruizione, nella gestione dei media, diventi capace di ristrutturare e riprodurre informazione, da
condividere in modo creativo e proficuo, con altre realtà scolastiche e territoriali, aprendosi ad un
rapporto non solo virtuale con l'esterno.
Possiamo affermare, quindi, che la paideia istituzionale non può trascurare l’enorme massa
di informazioni e di sollecitazioni che provengono dal canale informale, ma deve adattarla alle sue
esigenze con una curvatura paidetica autentica, rendendo avvertiti i soggetti esposti alle lusinghe
attraenti dei messaggi di utilizzare la capacità critica e di selezione razionale, ossia gli strumenti
affinati dall’educazione.
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