LO STRETCHING – METODI – Relazione di Antonio Ascanio Petrelli LA STORIA Le origini sono orientali. Le filosofie orientali tendono infatti a considerare corpo e mente un tutt’uno. Inoltre deriva proprio da questi popoli lontani l’idea di concentrarsi sulle proprie sensazioni. A Bangkok statue di 2000 anni rappresentano persone nell’atto di allungarsi. Nell’antica Cina in moltissimi praticavano l’allungamento. Alcuni modelli di esercizi sono stati ritrovati nello yoga indiano. Il pioniere dell’era “moderna” è stato Kabat, ideatore della P.N.F. (proprioceptive neuromuscolar facilitation), seguito poi da Bob Anderson e Jan Ekstrand. Holt nel 1971 rielaborò il metodo P.N.F. arrivando alla nuova tecnica “Stretching per lo sport”. Mobilità articolare, esecuzioni e, quindi, facilitazione ed ottimizzazione dei movimenti di: flesso estensione, abduzione-adduzione e circonduzione. ESTENSIBILITÀ - Capacità che ha un muscolo di allungarsi. Dopo un certo limite più il muscolo si allunga, maggiore è la resistenza che si oppone all’allungamento. Johns e Wright affermano che la resistenza all’allungamento dipende: per il 47% dalla capsula articolare e dai legamenti, per il 41% dai muscoli, per il 10% dai tendini, per il 2% dalla cute. FLESSIBILITÀ - Dipende dalla mobilità articolare e della estensibilità. È influenzata dai seguenti fattori: - età. Tende a ridursi con il trascorrere degli anni. L’età giovanile è anche l’età ideale per favore il miglioramento della flessibilità e quindi della estensibilità e della mobilità articolare. - sesso. Le donne hanno maggiore flessibilità degli uomini a tutte le età. Nell’uomo comincia a diminuire già intorno ai 10 anni e dai 13 anni rimane pressochè costante per molti anni dopodiché inizia ulteriormente a diminuire. L’allenamento, in relazione allo sport praticato rallenta la diminuzione della mobilità articolare. - temperatura. Con il caldo la flessibilità tende ad aumentare, con il freddo a diminuire. - Orario. Nel pomeriggio la flessibilità è maggiore rispetto alla mattina. - Componenti ereditarie. Si può essere più o meno flessibili anche geneticamente. FLESSIBILITA’ PERMANENTE O TEMPORANEA - aumenta già dopo la prima seduta; l’aumento permane per 24 ore dimostrando che non è solo legato all’ innalzamento della temperatura corporea. Lo stretching praticato sistematicamente migliora la flessibilità in modo pressoché permanente. È dimostrato che dopo 3-4 settimane non varia. I FATTORI CHE DETERMINANO L’AUMENTO DELLA FLESSIBILITÀ: - cambiamenti strutturali della capsula articolare e dei legamenti; - cambiamenti strutturali nei muscoli e sembra anche nei tendini; - aumentata inibizione dei riflessi dei muscoli che si oppongono al movimento Pagina 2 A COSA SERVE A COSA SERVE LO STRETCHING: a) contribuisce a migliorare la flessibilità; b) contribuisce a rendere muscoli, tendini e articolazioni in grado di sfruttare la propria flessibilità muscolare; c) contribuisce a prevenire gli infortuni; d) contribuisce a recuperare la fatica di un allenamento o di una gara; e) contribuisce ad affrontare nel miglior modo un allenamento o una gara. Supporto al riscaldamento; f) contribuisce a diminuire il costo energetico della corsa o del gesto tecnico; g) contribuisce ad allentare tensioni legate anche all’aspetto psicologico; h) contribuisce al miglioramento della stato di salute generale; i) stimola la lubrificazione delle articolazioni; l) favorisce la circolazione del sangue; m) migliora la funzionalità del sistema respiratorio; n) sviluppa la consapevolezza del proprio corpo; o) attenua lo stress; p) è un presupposto alla coordinazione ed all’apprendimento degli schemi motori. I METODI I METODI Non esiste una sola forma di stretching, anche se il metodo più conosciuto è quello codificato da Bob Anderson. STRETCHING DI BASE È il primo metodo di allungamento ad essere stato utilizzato ed è molto semplice: raggiunta la posizione di allungamento si molleggiare l’arto con cui si sta lavorando. Oggi, però, non viene più praticato perché può essere pericoloso dal momento che il movimento fa attivare nel muscolo il riflesso di stiramento, ovvero un riflesso incondizionato che ordina al muscolo di reagire a una tensione brusca con una rapida contrazione. Il rischio di trauma muscolare è elevato. STRETCHING A FASI È il sistema di stretching più conosciuto e attualmente praticato, ed è stato codificato da Bob Anderson. Questa metodologia, che dà grande importanza al respiro, prende spunto dallo yoga ed è fatta di esercizi di stiramento muscolare che hanno lo scopo di mantenere il corpo in un buono stato di forma fisica. L’allungamento muscolare è perseguito tramite posizioni che richiedono il raggiungimento della massima flessione, estensione o torsione. Le posizioni devono essere raggiunte lentamente in modo da non stimolare nei muscoli antagonisti il riflesso da stiramento. Una corretta respirazione è un valido aiuto in questo tipo di esercizi. Anderson codificò il processo di allungamento in tre fasi; le prime due non procurano dolore a differenza, invece, dell’ultima fase. Pagina 3 PRIMA FASE: bisogna trovare una tensione facile, mantenerla dai 10 ai 30 secondi senza molleggiare, dopodiché arrivare a una tensione media e, continuando a mantenere la posizione, diminuire lentamente la tensione. Questa fase prepara alla tensione di sviluppo. SECONDA FASE: la tensione di sviluppo, con cui si concludeva la prima fase, deve essere mantenuta dai 10 ai 30 secondi. in questo momento si sta lavorando sull’aumento della flessibilità. TERZA FASE: il sovrastiramento o tensione drastica provoca dolore e non dovrebbe mai essere raggiunta perché attiva il riflesso di stiramento, rischiando di diventare controproducente. STRETCHING CON CONTRAZIONI Questo tipo di stretching consiste in esercizi da eseguire con movimenti ampi. L’arto, o il segmento corporeo. con cui si lavora si sostiene contraendo i muscoli agonisti. STRETCHING RAPIDO Questo metodo lavora sull’elasticità dei muscoli e dei tendini ed è consigliato nei programmi sportivi basati su movimenti eseguiti rapidamente. Il muscolo agonista (quello che, in uno specifico movimento articolare, fornisce il maggior aiuto) contraendosi rapidamente tende ad allungare il muscolo antagonista (il muscolo che in questo esercizio vogliamo allungare); si eseguono, quindi, veloci movimenti a «rimbalzo». La tecnica consiste nello slanciare in modo controllato le gambe o le braccia senza molleggiare, rimbalzare o dondolare. STRETCHING CON ALLUNGAMENTI Questo tipo di stretching è costituito da allungamenti generali. Gli stiramenti vengono cercati con posizioni che allungano contemporaneamente tutta una catena muscolare, portando così a una rieducazione completa della postura. È una metodologia innovativa di rieducazione posturale, efficace nella prevenzione e nel trattamento del disequilibrio tonico dei muscoli e dell’equilibrio neurovegetativo nella pratica sportiva. Lo stretching globale attivo si basa sui principi della Rieducazione Posturale Globale, metodo del Campo Chiuso, creata da Philippe E. Souchard. L’originalità e l’efficacia di questo sistema è che agisce sulla globalità del corpo. Secondo Philippe E. Souchard, quando eseguiamo un esercizio di stretching classico otteniamo nel muscolo (o in un gruppo muscolare) un allungamento che è in parte delle fibre interessate e in parte preso “a prestito” da altri gruppi muscolari. Questo avviene perché quando si allunga un muscolo, altri gruppi muscolari devono cedere la propria tensione per permettere l’allungamento in questione. Il meccanismo darà una falsa mobilità al muscolo. Si comprende così che quando si mette in funzione un determinato muscolo, si provoca un movimento nell’intera struttura; diventa evidente come tale struttura sia organizzata in catene muscolari. Uno dei principi fondamentali dello stretching globale attivo è, appunto, la globalità. Questo metodo ha elaborato posizioni, regolate dalla respirazione, che evolvono in maniera dolce e progressiva verso una posizione finale di massimo allungamento, impiegando tutti i segmenti del corpo nello stesso momento. Pagina 4 Un’altra caratteristica distintiva di questo metodo stretching è la partecipazione “attiva” dei distretti muscolari interessati dallo stiramento, e si ottiene attraverso la contrazione isotonica-eccentrica che porta al rilasciamento riflesso. Vengono utilizzate nove posture. ognuna delle quali agisce specificatamente su una serie precisa di «catene muscolari». Nella pratica sportiva per esempio, e in alternativa allo stretching tradizionale, permette di raggiungere un allungamento muscolare maggiore, controllato attivamente dal soggetto tramite sequenze coordinate. Il metodo porta a un riequilibrio delle tensioni e permette una maggiore economia del sistema con conseguente aumento della performance atletica. Sembra, inoltre offrire una valida prevenzione contro le patologie da sovraccarico muscolo-tendinee. C.R.A.C. Deriva dall’inglese Contract Relax Antagonist Contract, tradotto in italiano come Contrazione, Rilassamento e Contrazione dei muscoli antagonisti. È simile al metodo P.N.F. tanto che i due metodi si differenziano solo nella fase finale dell’allungamento. Il C.R.A.C. prevede l’intervento attivo, ovvero la contrazione dei muscoli antagonisti (in questo caso sono agonisti del movimento) a quelli che si stanno allungando. Lavorando con questo metodo è necessaria la presenza di un compagno che collabori durante la contrazione iniziale dei muscoli che si vogliono allungare, e che dia anche un ulteriore aiuto nella fase finale di allungamento, quando bisogna contrarre i muscoli antagonisti. In questo sistema vi è una contrazione e un rilassamento del muscolo agonista quando viene contratto con forza l’antagonista. C.R.S. Deriva dall’inglese Contract Relax Stretching e significa Contrazione, Rilassamento e Stretcbing. Questo sistema consiste nella contrazione del muscolo in questione dai 10 ai 15 secondi, rilassarlo per 5 o 6 secondi e procedere con l’allungamento. P. N. F. Si tratta dell’acronimo delle parole inglesi Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation, tradotto e conosciuto in italiano come Facilitazione Propriocettiva Neuromuscolare. Questo metodo stretching è basato su una sequenza di 4 fasi consecutive: 1 Il massimo allungamento del muscolo è raggiunto tramite movimenti lenti e graduali. 2 Quando si è raggiunta la posizione di massimo allungamento si esegue una contrazione isometrica per circa 20 secondi. 3 Poi si rilassa il muscolo, o la fascia di muscoli, per circa 5 secondi. 4 Infine si allunga nuovamente il muscolo (contratto precedentemente) per almeno 30 secondi. L’intera sequenza di indicazioni deve essere ripetuta due volte. Questo tipo di stretching viene ampiamente usato durante le terapie di riabilitazione.