Editoriale Vol. 99, N. 3, Marzo 2008 Pagg. 149-154 Ruolo dell’imaging cardiaco non invasivo nelle miocarditi Gianluca Di Bella1, Concetta Zito1, Fabio Minutoli2, Carmelo Anfuso2, Giuseppe Dattilo1, Rocco Donato2, Sebastiano Coglitore1, Francesco Arrigo1, Scipione Carerj1 Riassunto. La miocardite è una malattia cardiaca caratterizzata da infiammazione del tessuto miocardico. In contrapposizione alla semplicità della definizione, la diagnosi e la terapia delle miocarditi rimangono un problema nella pratica clinica. In questa revisione poniamo l’attenzione sul ruolo delle tecniche di imaging nella diagnostica dei pazienti con miocardite acuta e/o pregressa. Parole chiave. Imaging cardiaco, miocardite, risonanza magnetica cardiaca. Summary. Role of non invasive cardiac imaging in myocarditis. Myocarditis is a cardiac disease characterized by inflammation of myocardial tissue. Despite clear definition, diagnosis and therapy of myocarditis remain a problem in clinical practice. In this paper, the role of non-invasive cardiac imaging techniques in identifying patients with acute and chronic myocarditis is reviewed. Key words. Cardiac imaging, cardiac magnetic resonance, myocarditis. Introduzione Recentemente classificata fra le cardiomiopaLa patogenesi della miocardite virale può estie primitive acquisite (acquired primary carsere suddivisa in 3 fasi: la prima fase caratterizdiomyopathy), la miocardite è definita dalla prezata da proliferazione virale, la seconda in cui si senza di infiltrato infiammatorio del miocardio con verifica il danno miocardico acuto (immuno-menecrosi e/o alterazioni degenerative non tipiche di diato o diretto) e la fase tardiva che persiste nel necrosi ischemica (infarto del miocardio)1. tempo in cui si realizzano i processi di fibrosi e rimodellamento ventricolare5. In contrapposizione alla semplicità della definizione, sia la diagnosi sia la terapia delle miocarditi Il danno miocardico rimangono un problema dovuto a miocardite si caIn questa revisione, poniamo l’attenzione nella pratica clinica. ratterizza per una infiamsul ruolo e potenzialità delle tecniche di imaging cardiaco nella diagnosi non invasiSebbene la biopsia con mazione con successiva va e nell’assistenza ai pazienti con sospetmetodiche immuno-istoevoluzione in fibrosi di ta miocardite acuta e pregressa. chimiche rappresenti la tessuto miocardico. Quemetodica invasiva che sto può localizzarsi in permette di formulare qualsiasi zona delle pareuna diagnosi di certezza2, fondamentale è il contriti muscolari cardiache, sebbene prediliga una distribuzione multifocale (a “patch”), con prevalente buto delle metodiche di imaging non invasivo nella coinvolgimento dello strato epicardico della parete assistenza ai pazienti con sospetta miocardite3. laterale ventricolare sinistra6. Dall’eziologia all’anatomia-patologica Dal punto di vista istologico, la miocardite viNonostante l’estrema varietà di agenti eziologirale è caratterizzata dalla contemporanea preci responsabili di processi infiammatori a carico senza di abbondante infiltrato infiammatorio del tessuto miocardico2, le infezioni virali trami(predominanza di linfociti, meno macrofagi e te un danno diretto o immunomediato a livello neutrofili) e tessuto fibrotico di natura non ischemiocitario, rappresentano di gran lunga la causa mica2. 4 più frequente di miocardite nei paesi occidentali . 1Istituto di Medicina e Farmacologia Clinica e Sperimentale; 2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Università, Messina. Pervenuto il 7 gennaio 2007. 150 Recenti Progressi in Medicina, 99, 3, 2008 La necessità dell’imaging cardiaco nella diagnosi di miocardite Sebbene la diagnosi di miocardite possa essere posta mediante la combinazione di criteri clinici, di laboratorio e strumentali, spesso nella pratica la diagnosi differenziale con altre forme di cardiomiopatie, quali la cardiomiopatia ischemica e dilatativa, risulta difficoltosa3,4. L’estrema variabilità del quadro clinico (febbre, dispnea, dolore toracico, diarrea, scompenso cardiaco, morte cardiaca improvvisa), la presenza di dati di laboratorio non specifici di coinvolgimento infiammatorio cardiaco, l’assenza di alterazioni specifiche sia all’elettrocardiogramma sia all’ecocardiogramma, rendono di primaria importanza la possibilità di avere a disposizione tecniche o metodiche accurate nel porre diagnosi di miocardite (tabella 1). La difficoltà diagnostica ha sicuramente contribuito a sottostimare la precisa incidenza di tale patologia, anche se sono attribuibili a miocardite circa il 9-12% delle morti cardiache improvvise e circa il 9% delle cardiomiopatie dilatative6,7. Pertanto, tecniche di imaging appaiono indispensabili nella pratica clinica per una diagnosi non invasiva più accurata, per una corretta stratificazione prognostica e per verificare l’efficacia del trattamento delle miocarditi. Inoltre, negli ultimi anni, si è osservato un ridimensionamento della biopsia miocardica con l’applicazione dei criteri di Dallas, considerata il gold standard nel porre la diagnosi di miocardite8. Con i criteri di Dallas, per ottenere una sensibilità diagnostica del 80%, sono necessari almeno 17 prelievi bioptici, e tali criteri hanno mostrato una bassa specificità nella diagnosi clinica di miocardite poiché la ricca presenza di cellule infiammatorie associata a fibrosi è riscontrabile in numerose patologie cardiache ad eziologia non primariamente infettivo-infiammatoria9. Va altresì ricordato che le nuove metodiche immunoistochimiche, attualmente adottate dai patologi cardiovascolari in supporto dell’istologia standard, hanno portato ad un radicale miglioramento della sensibilità nella diagnosi di miocardite, anche focale8,10. Inoltre, la biopsia è l’unico ausilio che permette di porre diagnosi eziopatogenetica di miocardite virale, in presenza di genoma virale con reazione a catena della polimerasi, ed immuno-mediata, in sua assenza8-10. Le tecniche di imaging cardiaco ECOCARDIOGRAFIA L’ecocardiografia rappresenta la metodica di imaging di prima esecuzione nei pazienti con sospetta miocardite11,12, in quanto permette di evidenziare sia le dimensioni ventricolari, solitamente normali o lievemente aumentate, sia i disturbi di cinetica parietale a carico dei ventricoli sinistro (circa 2/3 dei pazienti) e destro (1/4 dei pazienti). Talvolta, durante la fase acuta, consente di mostrare un’ipertrofia (aumento dello spessore parietale), espressione della tumefazione infiammatoria, che è reversibile e regredisce dopo qualche mese rispetto alla fase acuta11. Inoltre, l’ecocardiografia consente di individuare eventuali complicanze, quali il versamento pericardico, la formazione di trombi ed il coinvolgimento del ventricolo destro, oltre che rivelarsi molto utile nel valutare la risposta alla terapia (recupero contrattile e diminuzione di spessori). I limiti della metodica dipendono dalla bassa specificità nel differenziare la miocardite dalla cardiomiopatia ischemica e dilatativa (i disturbi di contrattilità e la dilatazione non sono reperti specifici di miocardite) e dalla bassa sensibilità nei casi di miocardite focale con normale cinesi ventricolare, casi che rappresentano ben 1/3 delle miocarditi12. Tabella 1. Potenzialità delle tecniche di imaging non invasivo nella miocardite. Ecocardiografia SPET In-111 ab-Antimyosin Tomografia computerizzata multicanale MRI Morfologia miocardica +++ + +++ ++++ Funzione cardiaca +++ - ++ ++++ + - ++++ ++ ++ ++++ +++ ++++ Differenziazione miocardite vs infarto + +++ +++ ++++ Aumento accuratezza biopsia + ++ ++ ++++ ++++ + + ++++ No si si no Morfologia coronarica Individuazione danno miocardico Follow-up Radiazioni ionizzanti G. Di Bella et al.: Ruolo dell’imaging cardiaco non invasivo nelle miocarditi Al fine di aumentare l’accuratezza diagnostica dell’ecocardiografia, in questi anni sono state proposte varie applicazioni delle metodiche ecocardiografiche ed in particolare il backscatter e le tecniche derivate dal Doppler tessutale13. Nonostante gli incoraggianti risultati (presenza di maggior ecogenicità parietale nei pazienti con accertata miocardite all’esame istologico), la valutazione tessutale tramite backscatter non è routinariamente applicata nella clinica sia per le problematiche connesse alla metodica stessa, sia per l’impossibilità di differenziare la miocardite da molte altre cause di disfunzione sistolica ventricolare13. Anche l’applicazione del Doppler tessutale è stata suggerita come ausilio nel paziente con miocardite acuta14,15. Recentemente è stata dimostrata la possibilità di identificare, con lo studio ecocardiografico dello strain, la disfunzione longitudinale derivata dall’edema in assenza di alterazioni della cinesi all’ecocardiografia transtoracica15. In conclusione, l’ecocardiografia riesce ad identificare la disfunzione sistolica segmentaria, a valutare l’evoluzione del processo infiammatorio miocardico, la presenza di eventuali complicanze e l’effetto della terapia, ma non permette una diagnosi differenziale con la cardiopatia ischemica. METODICHE MEDICO-NUCLEARI La diagnostica medico-nucleare in pazienti con sospetta miocardite si avvale fondamentalmente dell’impiego di anticorpi monoclonali anti-miosina marcati con 111In (indium), in grado di rilevare la necrosi miocitaria16. Tale metodica di imaging, inizialmente sviluppatasi per la individuazione dell’infarto del miocardio acuto, ha visto ampliarsi le proprie applicazioni, comprendendo varie patologie miocardiche caratterizzate da necrosi cellulare. L’insulto ischemico ed infiammatorio al miocardio, associato a necrosi dei miociti, comporta, infatti, la perdita dell’integrità della membrana cellulare e l’esposizione all’ambiente extracellulare delle catene intracellulari di miosina che, essendo macromolecole insolubili, rimangono localizzate a livello delle cellule necrotiche. Le catene pesanti della miosina, così esposta, rappresentano il target per gli anticorpi monoclonali radiomarcati. L’accoppiamento tra l’esame con anticorpi antimiosina ed un esame con traccianti di perfusione consente di meglio distinguere pazienti con necrosi su base ischemica (alterazioni concordanti di entrambi i traccianti), da pazienti con miocardite diffusa o focale. La diagnostica medico-nucleare, nell’evidenziare il danno miocardico da miocardite ha mostrato una alta sensibilità (83%), ma una moderata specificità (53%)16. RISONANZA MAGNETICA CARDIACA La risonanza magnetica cardiaca (RMC) è l’unica metodica diagnostica che, pur non utilizzando radiazioni ionizzanti, permette una valutazione multiparametrica della funzione e della morfologia cardiaca senza limiti di risoluzione spaziale3, consentendo, inoltre, una maggiore ca- 151 ratterizzazione dei tessuti rispetto alle altre tecniche di imaging. La RMC evidenzia, tramite immagini pesate T2 (senza mezzo di contrasto) l’edema durante la fase acuta di miocardite (figura 1A-B), mentre, con la tecnica del “delayed contrast enhancement” (DCE), dopo somministrazione di mdc a base di gadolinio, riesce a mostrare il danno miocardico acuto (edema, infiltrato infiammatorio, fibrosi) e la cicatrice cronica conseguenza della miocardite (figura 1C-D e figura 2)12,17. La metanalisi pubblicata da Liu et al.18, su studi condotti dal 1998 al 2005 che hanno utilizzato in taluni casi sequenze T2 pesate ed in altri casi sequenze T1 pesate pre e post-contrasto, oppure sequenze T1 gradient echo dopo somministrazione di gadolinio (metodica DCE), ha chiaramente evidenziato una sensibilità media dell’86% e una specificità media del 95%. Questi risultati presentano un ulteriore incremento diagnostico nell’identificare un coinvolgimento miocardico secondario a miocardite, quando si esegue un protocollo comprensivo di sequenze T2-pesate e sequenze gradient echo inversion recovery T1-pesate dopo somministrazione di gadolinio (metodica del DCE)19. I vantaggi della RMC rispetto alle altre metodiche di imaging cardiaco, oltre che per l’elevata risoluzione spaziale, dipendono dalla possibilità sia di localizzare il danno del tessuto miocardico nella parete ventricolare sia di individuare i disturbi anche minimi della cinetica ventricolare. La localizzazione del danno miocardico a livello epicardico (edema o fibrosi) rende possibile escludere l’infarto miocardico17-19 in quanto, come è noto, in caso di infarto miocardico, l’endocardio risulta sempre coinvolto dal processo necrotico (fronte d’onda ischemico endo-epicardico, figura 3). Differentemente, il tessuto fibrotico conseguenza di miocardite avrà distribuzione casuale (endo, meso o epicardica) con prevalenza nel versante epicardico e nella parete laterale (figure 1 e 2). Importante appare, in fine, il ruolo della RMC nel valutare l’efficacia della terapia intrapresa e nella selezione dei pazienti da sottoporre a metodiche invasive, quali, ad esempio, la biopsia17. Mahrholt et al. hanno recentemente utilizzato la tecnica del DCE come guida alla biopsia ventricolare. Le biopsie eseguite nelle zone con DCE alla RMC hanno mostrato un valore predittivo positivo di miocardite del 71% ed un valore predittivo negativo del 100%17. Pertanto, la RMC con DCE, oltre a selezionare i pazienti da sottoporre a biopsia, guida la sede del prelievo bioptico. In conclusione, la RMC è diventata la metodica non invasiva di riferimento nei pazienti con sospetta miocardite per: porre la diagnosi, valutare l’effetto della terapia e guidare la biopsia che tuttora permette di effettuare la diagnosi di certezza. 152 Recenti Progressi in Medicina, 99, 3, 2008 A B C D Figura 1. Miocardite parcellare: immagini di risonanza magnetica cardiaca T2 pesate (pannello A e B) mostrano multiple aree di iperintensità di segnale (frecce bianche) a localizzazione subepicardica compatibile con edema. Similmente, le immagini di tecnica del delayed contrast enhacement (DCE) (pannelli C e D) mostrano iperintensità di segnale (frecce bianche), espressione di danno miocardico. A B Figura 2. Miocardite estesa: immagini di Risonanza magnetica cardiaca, in asse corto medio-ventricolare, tramite tecnica del DCE mostrano sia un’estesa area di iperintensità di segnale (frecce bianche nei pannelli A e B) a prevalente localizzazione epicardica, sia un’area di iperintensità di segnale a localizzazione medio settale (testa di freccia nel pannello B), espressione di danno miocardico, in paziente con pregressa miocardite estesa. G. Di Bella et al.: Ruolo dell’imaging cardiaco non invasivo nelle miocarditi A 153 B Figura 3. Infarto miocardico: immagini di Risonanza magnetica cardiaca a livello dell’asse corto medio. Nel pannello A si osserva la presenza di un’ estesa area di necrosi (iperintensità di segnale) ad estensione transmurale (maggiore 75% spessore parietale), localizzata nei segmenti medi della parete inferiore, inferolaterale ed in parte del segmento anterolaterale; il quadro coronarografico del paziente mostrava ostruzione della arteria circonflessa. Differentemente, nel pannello B è apprezzabile una piccola area di necrosi (iperintensità di segnale, freccia bianca) ad estensione subendocardica (minore 25% spessore parietale) localizzata nel segmento medio della parete inferiore; il quadro coronarografico del paziente mostrava stenosi critica della arteria coronarica destra. (VD: ventricolo destro, VS: ventricolo sinistro). TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA Recentemente, la tomografia computerizzata (TC) ha permesso l’identificazione del danno miocardico secondario a miocardite grazie all’acquisizione tardiva dopo mezzo di contrasto iodato. In particolare, 11 pazienti con sospetto di miocardite sono stati sottoposti a valutazione con RMC e TC, dimostrando congruenza nei risultati e consentendo, inoltre, la TC multistrato, l’esclusione di stenosi significative dell’albero coronarico. Nonostante questi incoraggianti dati preliminari, oltre alla necessità di studi su popolazioni più estese, permangono i limiti della metodica quali la somministrazione di mezzo di contrasto iodato e l’elevata somministrazione di radiazioni ionizzanti20. Conclusioni e prospettive L’utilizzo delle attuali tecniche diagnostiche ha permesso, con elevata accuratezza, la diretta identificazione del danno del tessuto miocardico. La diagnosi di miocardite nasce dall’integrazione di informazioni cliniche, anatomopatologiche, istologiche, immunoistochimiche, laboratoristiche e dall’imaging. Sebbene la biopsia (metodo immunoistochimico) permetta di effettuare una diagnosi di certezza di miocardite, oggigiorno la risonanza magnetica cardiaca rappresenta la metodica di imaging non-invasivo di riferimento per la localizzazione spaziale del danno miocardico, consentendo contestualmente di escludere il danno miocardico secondario ad infarto. Nuovi studi sono necessari al fine di correlare le informazioni istologiche e dell’imaging con le varie opzioni terapeutiche. Bibliografia 1. Maron BJ, Towbin JA, Thiene G, et al; American Heart Association; Council on Clinical Cardiology, Heart Failure and Transplantation Committee; Quality of Care and Outcomes Research and Functional Genomics and Translational Biology Interdisciplinary Working Groups; Council on Epidemiology and Prevention. Contemporary definitions and classification of the cardiomyopathies: an American Heart Association Scientific Statement from the Council on Clinical Cardiology, Heart Failure and Transplantation Committee; Quality of Care and Outcomes Research and Functional Genomics and Translational Biology Interdisciplinary Working Groups; and Council on Epidemiology and Prevention. Circulation 2006;113: 1807-16. 2. Aretz Ht, Billingham ME, Edwards WE, et al. Myocarditis: a histopathologic definition and classification. Am J Cardiol Pathol 1985; 1: 1-10. 3. 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