Rifaximina: un antibiotico multiuso

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Nr. 256
novembre 2014
Rifaximina: un antibiotico multiuso
La rifaximina è un antibiotico orale non assorbibile che esercita la sua azione battericida solo nei
confronti dei batteri intestinali. Attualmente, la quasi totalità delle prescrizioni del farmaco è riservata al
trattamento della diverticolosi sintomatica, che non figura però tra le indicazioni registrate e che è
difficilmente riconducibile all'interno di quelle più generiche (es. infezioni intestinali acute e croniche ...).
Disturbi addominali associati a diverticolosi e diarrea del viaggiatore (questa specificata nel foglietto
illustrativo) rappresentano le due condizioni cliniche nelle quali la rifaximina è stata studiata, le uniche
che consentono una valutazione critica del suo ruolo terapeutico.
Diverticolosi (malattia diverticolare)
I diverticoli, in genere multipli, sono piccole ernie dal diametro compreso tra i 3mm e i 3 cm, che si
formano prevalentemente nella parete del colon a livello del sigma. Il loro sviluppo è legato a complesse
interazioni tra struttura e motilità intestinale, dieta e fattori genetici. Un ruolo importante viene attribuito
ad uno spasmo della muscolatura intestinale; l'aumento della pressione che ne consegue determina
una estroflessione della mucosa, strutturalmente alterata a causa dell'invecchiamento, nel punto più
debole della tonaca muscolare (l'area adiacente ai vasi sanguigni intramurali).
La diverticolosi è una malattia esclusiva dei paesi industrializzati, mentre è molto rara nei paesi del
terzo mondo che hanno una dieta ricca di fibre vegetali. La sua prevalenza aumenta con l'età e
interessa quasi 3 grandi anziani su 4. Nella maggior parte dei casi (80-85%) i diverticoli non provocano
sintomi e sono rilevabili solo all'esame endoscopico o radiografico con bario. I pazienti sintomatici in
genere manifestano disturbi addominali non specifici come crampi o gonfiore, talora associati a
stitichezza o diarrea. Alcuni lamentano un dolore localizzato nel quadrante sinistro dell'addome, in
particolare dopo i pasti, che spesso viene alleviato dalla defecazione o dalla emissione di aria. La
complicanza più temuta, ma rara (inferiore al 5% dei casi), è la diverticolite, caratterizzata da dolore
acuto intenso nella fossa iliaca sinistra (“appendicite di sinistra”), segni di flogosi e infezione (febbre).
L'infezione si verifica in seguito alla erosione/rottura della barriera mucosa di uno o più diverticoli in
presenza di feci nel sacco diverticolare; le sequele correlate sono perforazione, peritonite, formazione
di ascessi e fistole, sanguinamento. Nei casi meno gravi il paziente può essere trattato a casa con un
antibiotico ad ampio spettro per via orale, mentre nelle situazioni più impegnative deve essere
ricoverato in ospedale per una terapia antibiotica endovenosa e/o un intervento chirurgico.
Studi epidemiologici indicano che un fattore predisponente all'insorgenza dei diverticoli è l'assunzione
di alimenti troppo raffinati e poveri di scorie, mentre un ruolo protettivo può esercitarlo una dieta ricca
di fibre. Sulla base di queste osservazioni, nei pazienti con diverticolosi è prassi comune consigliare
una dieta ad elevato contenuto di fibre, ma non vi sono evidenze che sia in grado produrre un
miglioramento dei sintomi (gonfiore e dolore), né di ridurre il rischio di complicanze. E' invece più
probabile che i sintomi addominali possano migliorare con l'uso di rifaximina. La rifaximina,
somministrata a cicli (400mg 2 volte al giorno per una settimana al mese) e abbinata ad una dieta
integrata con fibre vegetali, si è dimostrata in grado di attenuare i sintomi rispetto al placebo, con un
NNT di 3 (ogni 3 pazienti trattati uno ottiene un miglioramento significativo dei sintomi). Nessuno studio
controllato ha dimostrato l'utilità dei farmaci antispastici (anticolinergici) nel ridurre i sintomi intestinali.
Ad oggi non vi sono dimostrazioni che l'uso profilattico di qualche farmaco - dagli antibiotici non
assorbibili come la rifaximina stessa o la neomicina agli antinfiammatori come la mesalazina - possa
ridurre il rischio di diverticolite. Non vi sono prove nemmeno a sostegno della raccomandazione rivolta
ai pazienti con diverticoli di evitare cibi che contengano semi, pop-corn, noccioline, nel timore che
possano rimanere intrappolati nelle sacche diverticolari e provocare infiammazione e infezione.
Diarrea del viaggiatore
La diarrea del viaggiatore è uno dei disturbi più frequenti di chi si reca all'estero, generalmente
provocato dall'ingestione di acqua o alimenti contaminati: ne sono colpiti dal 30% al 70% dei viaggiatori
a seconda della destinazione. Di solito è di lieve entità e transitorio, ma può rovinare una vacanza o
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compromettere un viaggio di lavoro. La diarrea si accompagna a crampi addominali, spesso a nausea
o vomito, talora a febbre e presenza di sangue nelle feci. I sintomi compaiono nell'arco di 6-7 giorni
dall'arrivo e si protraggono per 3-5 giorni.
La maggior parte degli episodi diarroici è provocata da batteri (Escherichia coli enterotossigeno e ceppi
invasivi di Salmonella, Shigella e Campylobacter). I protozoi (es. Giardia lamblia) e i virus (es. rotavirus)
sono coinvolti sporadicamente. Nel 50% circa dei casi non viene identificato alcun agente patogeno,
forse perché il germe responsabile è difficile da identificare o perché la diarrea ha un'altra causa
(l'effetto indesiderato dell'antimalarico che il viaggiatore sta assumendo, i cambiamenti alimentari e/o
climatici).
Le aree geografiche a maggior rischio di diarrea del viaggiatore sono l'Africa, l'America del Sud, alcune
regioni del Medio Oriente e la maggior parte dell'Asia. Alle persone che si recano in queste zone vanno
raccomandate precauzioni nell'assumere cibi e bevande (es. utilizzare solo bevande contenute in
bottiglie sigillate o in lattine, evitando acqua di rubinetto e ghiaccio, pesci e frutti di mare crudi o poco
cotti, prodotti caseari non pastorizzati, cibi acquistati da venditori ambulanti che non siano chiaramente
preparati di recente o caldi fumanti).
Qualora la diarrea dovesse manifestarsi, è importante mantenere un adeguato equilibrio
idroelettrolitico, aumentando l'assunzione di liquidi e sali minerali con bevande zuccherate in bottiglia o
lattina, seguendo una dieta a base di alimenti amidacei come riso, patate e pane. Nei bambini piccoli,
negli anziani e nelle persone con malattie croniche debilitanti, più esposti al rischio di disidratazione, è
necessaria una terapia reidratante orale con una soluzione di glucosio ed elettroliti. In questi casi è
bene premunirsi prima della partenza di una delle numerose formulazioni glucosaline disponibili per la
reidratazione orale e usarle al momento del bisogno sciogliendole in acqua “sicura”. Nelle prime 24 ore,
per ridurre la frequenza delle scariche si può utilizzare la loperamide, un oppioide sintetico che blocca
la peristalsi intestinale (4mg, seguiti da 2mg ogni scarica sino ad un massimo di 16mg/die).
Gli antibiotici vanno aggiunti alla reidratazione orale se la diarrea è grave (più di 6 scariche acquose
nell'arco di 24 ore) o associata a febbre e/o a feci ematiche. Non tutti i viaggiatori diretti in paesi ad alto
rischio di diarrea devono portare con sé un antibiotico, ma è consigliabile lo facciano coloro che
affrontano un tour fuori dai circuiti turistici tradizionali in aree dove non siano facilmente raggiungibili
servizi medici o le persone che si trovano in precarie condizioni di salute nelle quali un episodio di
diarrea infettiva potrebbe risultare pericoloso. Di prima scelta sono i chinoloni (es. ciprofloxacina 500mg
per 2/die per 3 giorni) e in alternativa l'azitromicina (500mg/die per 3 giorni) nelle persone che non
tollerano i chinoloni, nelle donne in gravidanza, nei bambini (10mg/kg il 1°giorno e 5mg/kg il 2° e 3°
giorno) e nei viaggiatori diretti nei paesi del sud-est asiatico (es. Thailandia) dove è elevata la resistenza
ai chinoloni.
Non esistono ad oggi evidenze di vantaggi a favore della rifaximina che possano modificare questa
strategia terapeutica. La rifaximina (200mg per 3/die per 3 giorni) si è dimostrata equivalente alla
ciprofloxacina nella diarrea causata da ceppi di Escherichia coli (prevalenti in Africa e in America
Latina), ma meno efficace nelle forme sostenute da patogeni invasivi come Salmonella, Shigella e
Campylobacter, responsabili di una diarrea tipicamente dissenterica, caratterizzata da scariche molto
frequenti, tracce di sangue nelle feci e febbre.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
1. Strate LL et al. Diverticular disease as a chronic illness: evolving epidemiologic and clinical insights. Am J Gastroenterol 2012; 107:1486.93.
2. Tursi A. Advances in the management of colonic diverticulitis. CMAJ 2012; 184:14706. 3. Bianchi M et al. Meta-analysis: long term therapy
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diarrhoea. J Travel Med 2009; 16:14960. 6. Rifaximin for the treatment of travellers' diarrhoea? DTB 2013; 51:10-3. 7. Scottish Medicines
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