40% 3,7% 1,6% 50 giorni 1,7% 27% 2,5% Yuan Il debito pubblico della Cina in rapporto al PIL. Il governo può pertanto continuare ad alimentare il ciclo del credito, per sostenere l’espansione dell’economia. Pagina 2 La crescita americana nel 2° trimestre, che è stata rivista al rialzo. Pagina 4 rispetto al precedente 1,8%, per le previsioni d’inflazione a lungo termine in Europa. Pagina 5 La durata media di un regime di volatilità superiore al 25%, che noi consideriamo di rischio sistemico. Pagina 6 Le plusvalenze accumulate dagli US Treasury nel periodo tra il 20 luglio e il 24 agosto. Pagina 7 di correzione della borsa di Shanghai dopo il cambiamento della politica di cambio da parte delle autorità cinesi. Pagina 10 Il rialzo del corso del platino nel mese di agosto. Esso riflette una probabile progressiva riduzione dell’offerta. Pagina 11 I recenti interventi della banca centrale cinese e le sue dichiarazioni non denotano la volontà di lasciare che la moneta si deprezzi in modo significativo. Pagina 12 Nonostante la Cina, l’economia mondiale non cambia rotta Settembre 2015 Prospettive COMMENTO I timori riguardanti la Cina non compromettono l'economia mondiale Christophe Donay Responsabile dell’asset allocation e della ricerca macroeconomica Chief Strategist Per i mercati finanziari è stata una fine estate turbolenta. Le nuove ondate di vendita sui listini azionari cinesi si sono riflesse su tutti i mercati a livello globale, amplificando le preoccupazioni in merito alle prospettive per la crescita economica della Cina, dopo la recente svalutazione dello yuan. Tendiamo a qualificare i recenti sviluppi sui mercati cinesi come una forte correzione piuttosto che l’inizio di un mercato ribassista a lungo termine. Nel contempo, la ripresa economica negli Stati Uniti e nell’eurozona continua a guadagnare trazione. I recenti sviluppi in Cina devono essere inquadrati nel contesto dei trend economici a lungo termine. La Cina si trova in un delicato periodo di transizione, tra la sua fase «emergente» (all’incirca dal 1990 al 2006), quando è entrata a far parte del club dei paesi capitalisti e ha messo a segno eccezionali tassi di crescita del PIL in termini reali (del 12%-13% all'anno), e quella della «maturità», che dovrebbe iniziare entro il 2020, in cui la crescita si attesterà intorno al 5%. Il periodo di transizione comporta un difficile cambiamento di modello economico, da una crescita guidata dagli investimenti e dalle esportazioni ad una crescita basata sui consumi privati. Nello stesso tempo, la transizione della Cina è stata ritardata e complicata dalle conseguenze della crisi dei subprime negli Stati Uniti, che ha costretto le autorità cinesi a effettuare massicci interventi di stimolo. La crescita è riuscita così a rimanere in carreggiata, sia pure al costo di creare importanti squilibri. Il grande dubbio è se le autorità cinesi saranno capaci di completare la fase di transizione senza subire un crash finanziario o economico. A nostro avviso, probabilmente non vi riusciranno, per due motivi. Primo, la crescita della Cina è ancora eccessivamente basata sugli investimenti. Secondo, negli ultimi anni la crescita è stata guidata dalla continua immissione di credito, il quale ha superato di molto la crescita del PIL nominale per diversi anni (v. grafico), e questo tende a creare una pericolosa instabilità nell’economia. Questi squilibri puntano infine verso un momento Minsky1 in Cina—un improvviso e brusco crollo dei prezzi delle attività . Non è possibile prevedere quando ciò accadrà, ma non sembra vi siano ancora le condizioni, a meno di un grave errore di politica economica da parte delle autorità cinesi. Il debito pubblico è pari solo al 40% del PIL (rispetto alla tipica percentuale del 100% del PIL nelle economie sviluppate) e il governo per il momento può pertanto continuare ad alimentare il ciclo creditizio e mantenere la crescita economica vicina alla nostra stima del 6,5% per quest’anno e per il 2016. Tuttavia, sebbene le autorità abbiano le risorse per evitare per il momento un crash, non saranno in grado di farlo a tempo indeterminato, visto che gli squilibri continuano ad aumentare. Attualmente peraltro la perdurante crescita robusta in Cina comporta prospettive economiche globali secondo noi ancora ragionevolmente positive. Negli Stati Uniti i segnali di una crescita guidata dall’aumento dei consumi sono sempre più numerosi. Il calo dei |2| prospettive|settembre 2015 ECCESSO DI CREDITO: CREDITO IN ESSERE E PIL NOMINALE (VARIAZIONE % RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE) % 34 32 30 28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 : Eccesso di credito Credito in essere (totale finanziamenti alle imprese e alle famiglie) PIL nominale 2003 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 Fonte: Pictet WM - AA&MR, Datastream prezzi delle commodity sta facendo salire i redditi in termini reali e quindi prevediamo per l’economia una crescita più forte nella seconda metà del 2015. Anche nell'eurozona vi sono segnali incoraggianti, sebbene più modesti. L’espansione economica sia negli Stati Uniti che nell'eurozona è supportata dalla crescita del credito, che è bene avviata negli Stati Uniti con una dinamica di circa il 7% anno su anno ed è infine tornata positiva nell’eurozona, attualmente a circa l’1% anno su anno. Queste prospettive piuttosto positive per l’economia globale dovrebbero sostenere un rimbalzo dei mercati - anche se probabilmente si dovrà prima attendere una seconda impennata nella volatilità, che solitamente si verifica circa 28 giorni dopo la prima, guardando alle correzioni del passato. In questo scenario, il trend rialzista per le azioni dei mercati sviluppati dovrebbe rimanere invariato. 1 Un «momento Minsky» è un improvviso e importante crollo dei mercati che si verifica dopo un prolungato periodo di speculazione o di crescita squilibrata finanziata dall’eccesso di credito. Secondo questo concetto questi periodi sono alla fine destinati a concludersi in una crisi, dato che l’aumento del valore degli investimenti alimenta una crescente speculazione. Ha preso il nome da Hyman Minsky, l’economista che ha formulato la tesi secondo cui i mercati, in particolare quelli rialzisti, sono intrinsecamente instabili, ed è stato coniato per descrivere la crisi del debito asiatico del 1997. La crisi americana dei subprime è stata un esempio di momento Minsky. «Prospettive» è disponibile anche online. Seguite quotidianamente e abbonatevi alle nostre opinioni sull’economia, i mercati e le tendenze secolari sul sito http://perspectives.pictet.com prospettive|settembre 2015 |3| MACROECONOMIA La Cina trema ma l’economia mondiale resiste Gli attori economici e finanziari si interrogano sull’intensità della crescita economica cinese. Il peggioramento degli indicatori anticipatori fa temere un brusco rallentamento. Le autorità comunque dispongono ancora di molti strumenti per contrastare le forze deflazionistiche. Christophe Donay, Nadia Gharbi, Jacques Henry e Bernard Lambert Anche se la Cina desta preoccupazioni, la crescita dell’economia mondiale rimane sostenuta grazie all’accelerazione negli Stati Uniti e a quella, più modesta, in Europa. L’obiettivo di crescita economica delle autorità cinesi è intorno al 6,5%. Per contrastare il rallentamento, la banca centrale cinese dispone di due strumenti efficaci per stimolare il credito: l’abbassamento dei tassi di riserva obbligatoria delle banche e la riduzione dei tassi di riferimento. Da parte sua, la politica di bilancio ha ancora sufficienti margini di manovra per stimolare la spesa nelle infrastrutture. La Cina persegue pertanto la sua politica complessivamente di tipo stop and go corrispondente ad una politica economica di stimolo quando l’attività rallenta e a minori immissioni di credito nelle fasi di accelerazione. L’alternanza tra speranze e timori di rallentamento genera volatilità, sia nella sfera economica che in quella finanziaria. Cina: lo scenario di un hard landing quest’anno resta poco probabile Il timido miglioramento dell’economia osservato nel 2° trimestre si è trasformato in un nuovo peggioramento a luglio-agosto, in particolare per quanto riguarda gli indici dei direttori degli acquisti (PMI) e dei dati sul commercio estero. Il sentiment negativo è stato amplificato dal crac borsistico. Questo deterioramento economico deve tuttavia essere relativizzato. Da una parte, esso è dovuto in parte a fattori non ricorrenti: cicloni sulla costa, blocco temporaneo delle produzioni inquinanti nella regione di Pechino ed esplosione a Tianjin. Dall’altra, il settore dei servizi, che ha guadagnato molta importanza nell’economia cinese, sembra andare molto meglio del settore manifatturiero. Cosa dobbiamo quindi attenderci? La recente svalutazione dello yuan (v. pagine 7 e 12) non dovrebbe fornire un sostegno significativo, ma le iniezioni di liquidità, i ribassi dei tassi d’interesse e le riduzioni dei quozienti di riserva obbligatoria decisi negli scorsi mesi (gli ultimi movimenti sono datati 25 agosto), uniti ad una politica di bilancio più espansiva, dovrebbero avere un impatto positivo, seppure con un certo sfasamento temporale. Senza essere particolarmente ottimisti circa la crescita cinese, un atterraggio duro (hard landing) nel 2° semestre 2015 è secondo noi poco probabile. Al contrario, un leggero miglioramento dell’economia nei prossimi mesi ci sembra lo scenario più verosimile. A medio termine, tuttavia, l’eccesso di credito e le necessarie transizioni strutturali accumulano rischi considerevoli sull’economia cinese. |4| Stati Uniti: prospettive di crescita tuttora favorevoli Oltre Atlantico, la crescita del 2° trimestre è stata rivista al rialzo al 3,7%. La progressione media del PIL per il 1° semestre è pertanto salita al 2,2%. Da un lato, questo risultato è largamente superiore alle previsioni che venivano formulate solo poco più di un mese fa. Dall’altro, il tasso di crescita raggiunto lo scorso semestre non sembra particolarmente elevato, dato che corrisponde esattamente al tasso medio osservato dalla ripresa iniziata sei anni fa. Le statistiche disponibili per il 3° trimestre sono rimaste complessivamente favorevoli, indicando una crescita tuttora robusta. Il rialzo del dollaro come valore medio, amplificato ulteriormente dal movimento osservato nelle ultime settimane, le incertezze in merito alla crescita mondiale e le recenti turbolenze sui mercati finanziari dovrebbero pesare sulla crescita dell’economia americana. Tuttavia, il crollo degli investimenti nel settore petrolifero dello scorso semestre, che ha fortemente penalizzato la progressione del PIL (0,6 punti percentuali), dovrebbe comportare una contrazione molto più modesta nel 2° semestre. Inoltre, la buona progressione dell’occupazione e l’impatto positivo del ribasso del prezzo della benzina sul reddito reale delle famiglie dovrebbero continuare a sostenere i consumi, mentre il settore immobiliare dovrebbe continuare il suo buon andamento. In questo contesto, prevediamo una crescita sostenuta intorno al 2,7% per il 2° semestre 2015. «L'eccesso di credito e le necessarie transizioni strutturali accumulano rischi considerevoli sull’economia cinese» I timori riguardanti la crescita cinese e i recenti storni dei mercati finanziari internazionali hanno ridotto la probabilità di un rialzo dei tassi dei Fed funds a settembre. Nello scenario a nostro avviso più probabile, la Federal reserve dovrebbe aumentare i suoi tassi d’interesse a dicembre. Continuiamo anche a ritenere che, dopo la stretta in atto delle condizioni monetarie e finanziarie, questo movimento iniziale di aumento dei tassi sarà probabilmente seguito da una azione estremamente prudente da parte della Fed l’anno prossimo. Prevediamo pertanto che gli aumenti dei tassi non supereranno complessivamente i 75 punti base nel 2016, ovvero che la stretta monetaria sarà particolarmente lenta in termini storici. prospettive|settembre 2015 L’INCIDENZA DEGLI INVESTIMENTI SUL PIL CINESE È TROPPO ELEVATA La transizione da una economia guidata dalle esportazioni ad una economia guidata dai consumi si dimostra delicata. % del PIL 80 Crescita economica squilibrata ed eccesso di credito 70 60 Consumi privati 50 40 30 20 Investimenti 10 0 1952 56 60 64 68 72 76 80 84 88 92 96 00 04 08 12 16 Fonte: Pictet PWM – AA&MR, Datastream Eurozona: i timori di deflazione si riaffacciano all’improvviso Gli ultimi sondaggi sull’economia nell’eurozona sono stati positivi. L’indice composito dei direttori degli acquisti (Markit/PMI), che misura l’attività nei settori dei servizi e dell’industria, è leggermente migliorato ad agosto, attestandosi a 54,3, il massimo da quattro anni. Nel dettaglio, la componente relativa ai nuovi ordinativi all’esportazione è nettamente aumentata, in particolare in Germania. Quest’ultimo elemento costituisce un segnale molto rassicurante, considerate le incertezze che pesano sulle economie emergenti, in particolare sulla Cina. Sul fronte del credito e degli aggregati monetari continua la schiarita. Il volume dei prestiti concessi al settore privato è aumentato dello 0,9% anno su anno a luglio, facendo registrare il suo migliore tasso di crescita da dicembre 2011. In questo contesto, le nostre stime sull’espansione dell’economia rimangono invariate. Prevediamo una crescita del PIL intorno allo 0,4% per trimestre e dell’1,3% per l’intero 2015. Nello stesso tempo, secondo le più recenti stime di Eurostat, il tasso d’inflazione globale annuale si è stabilizzato allo 0,2% ad agosto. Il ribasso dei prezzi delle commodity, oltre all’andamento dell’economia mondiale, esercitano nuovamente pressioni ribassiste sulle prospettive d’inflazione. Dopo essersi stabilizzate intorno all’1,8%, le previsioni d’inflazione a lungo termine, misurate dai tassi di prospettive|settembre 2015 breakeven, sono ritornate al loro livello dello scorso aprile (1,6%). La BCE potrebbe pertanto essere chiamata ad intervenire se le prospettive d’inflazione dovessero peggiorare in modo significativo. Le lunghe riforme giapponesi Per la prima volta, a fine luglio il tasso di gradimento della politica di Shinzo Abe è sceso sotto la soglia del 40%, il livello più basso dalla sua salita al potere a fine 2012. Ciò potrebbe mettere in pericolo la prosecuzione delle riforme strutturali, ma questo movimento è soprattutto legato ad un posizionamento meno pacifista del Giappone per quanto riguarda la sua politica estera. Questo argomento resterà comunque al centro delle discussioni a lungo. I conflitti territoriali, sia con la Cina che con la Russia, sono infatti lontani dall’essere risolti, soprattutto dopo la visita di Dimitri Medvedev alle isole Curili e il rifiuto di Shinzo Abe di assistere alla parata militare cinese in commemorazione dell’aggressione giapponese nella seconda guerra mondiale. Malgrado tutto, le riforme continuano in modo prudente. Dopo la catastrofe del 2011, il primo reattore nucleare è stato riacceso l’11 agosto. Il governo Abe ha riconosciuto le difficoltà nel conseguire l’obiettivo d’inflazione del 2% in un contesto di debolezza del prezzo del petrolio. Diversi indicatori economici rimangono comunque bene orientati. Nel 2° trimestre, gli investimenti sono aumentati del 5,6%, mentre la domanda di credito proveniente dalle imprese continuava a crescere. Come variazione annuale, le vendite al dettaglio hanno registrato una progressione del 3,4% a luglio, compensando gli effetti negativi dell’aumento dell’IVA ad aprile 2014. Per potere continuare, questa tendenza dovrà tuttavia essere supportata da un aumento dei salari. Vi è pertanto un’attesa particolare per le statistiche di luglio. |5| STRATEGIA Gli investimenti rifugio non rispettano il loro ruolo La marcata correzione dei principali mercati azionari ad agosto non è stata accompagnata da un sensibile rialzo degli investmenti rifugio, come ad esempio gli US Treasury decennali. Anche il dollaro USA, che solitamente viene ricercato durante le crisi, non si è apprezzato. Christophe Donay, Jacques Henry, Luc Luyet e Alexandre Tavazzi MERCATI FINANZIARI Performance in % degli indici finanziari in moneta locale. Dati al 31.08.2015 Indice Dal 31.12.2014 Mese precedente Azioni statunitensi* USD S&P 500 -2.9% -6.0% Azioni europee* EUR Stoxx600 8.7% -8.2% Azioni mercati emergenti* USD MSCI Emerging Markets -12.6% -9.0% US Treasury* USD ML Treasury Master 0.9% 0.1% Obbligazioni societarie investment grade statunitensi* USD ML Corp Master -0.6% -0.7% Obbligazioni societarie high yield statunitensi* USD ML US High Yield Master II 0.1% -1.8% Hedge fund USD Credit Suisse Tremont Index global** 2.9% 0.9% Commodity USD Reuters Commodities Index -12.1% -0.2% Oro USD Oncia troy oro -4.7% 3.3% * Dividendi/cedole reinvestiti ** fine luglio 2015 Sulla scia dei timori riguardanti l’economia cinese, gli indici di volatilità delle azioni sono saliti bruscamente, entrando nell’area, superiore al 25%, che consideriamo di rischio sistemico. Il picco della volatilità è stato raggiunto il 24 agosto con il 53,3%. La crisi di fiducia nell’economia cinese ci sembra temporanea (per maggiori dettagli, v. le rubriche «Commento» e «Macroeconomia»). Il trend rialzista dei mercati azionari dei paesi sviluppati non è stato messo in discussione. Restiamo positivi in merito alle azioni americane ed europee. La nostra analisi mostra che la volatilità implicita raggiunge generalmente il regime di rischio sistemico in due picchi successivi, intervallati tra loro di 28 giorni, e che in totale questo regime dura per 50 giorni. In termini di timing, è pertanto probabile che un rimbalzo dei principali mercati azionari sviluppati si verifichi nella prima quindicina del mese di ottobre. I settori caratterizzati da una crescita sostenuta e da cashflow resistenti potrebbero |6| pertanto suscitare l’interesse degli investitori. Durante la correzione dei mercati azionari ad agosto, gli US Treasury non hanno rispettato il loro ruolo di protezione dei portafogli. I rendimenti sono rimasti vicini al 2%, su livelli già raggiunti dopo il ribasso delle previsioni d’inflazione da metà luglio, quando erano intorno al 2,5%. Significativamente, anche il biglietto verde non si è apprezzato, come avviene solitamente in presenza di un regime di crisi sistemica. Tuttavia, lo yen e l’euro si sono rafforzati, mentre l’oro non ha subìto variazioni, suggerendo che il mercato preferiva le attività e le monete dei paesi che praticano una politica monetaria di allentamento quantitativo, particolarmente appropriata in caso di forte rallentamento dell’economia. Un’altra spiegazione plausibile sta nella vendita di attività estere da parte delle banche centrali per difendere la propria moneta o per sostenere il proprio mercato azionario. Pare che banca centrale cinese abbia iniettato nel suo mercato azionario 2500 miliardi di dollari nell’arco di poche settimane. Gli US Treasury hanno offerto poca protezione Bisogna risalire al 2011 per trovare una correzione di ampiezza maggiore a quella cui si è assistito nel mese di agosto, con l’indice S&P 500 che ha lasciato sul terreno il 12%. Questa correzione è iniziata il 20 luglio, ma i tre quarti del ribasso si sono verificati tra il 17 e il 25 agosto. Durante questa fase di volatilità dei mercati azionari, gli US Treasury a 10 anni non hanno rispettato il loro ruolo di investimento rifugio. È tuttavia ancora presto per dichiarare che tale classe di attività abbia perso tale status. Il flusso della liquidità in questa fase ha sicuramente contrastato il loro comportamento come investimento rifugio, ma non si tratta di fenomeni necessariamente duraturi. Una retrospettiva mostra che tra il 18 settembre e il 15 ottobre 2014 il ribasso del 7,3% dello S&P 500 era stato in parte compensato da un guadagno del 5% sugli US Treasury a 10 anni e, in media, dal 2007 i titoli decennali hanno assorbito circa il 42% delle flessioni più significative subìte dalle azioni americane. A luglio e agosto, malgrado la forte correzione delle azioni, i guadagni registrati dalle obbligazioni a 10 anni sono stati solo del 2,3%. I Bund tedeschi, che storicamente proteggono meno bene un portafoglio di azioni europee, non hanno fatto meglio, dato che i guadagni tra il 20 luglio e il 24 agosto sono stati più bassi (1,7%). L’imminenza del rialzo dei tassi della Fed distorce le regole abituali di costruzione del portafoglio, come era avvenuto a maggio 2013 quando Ben Bernanke aveva annunciato la fase di riduzione del QE. prospettive|settembre 2015 Azioni sviluppate: le valutazioni divengono più attraenti Mentre i parlamenti europei ratificavano il terzo programma di aiuti alla Grecia, le autorità cinesi hanno sorpreso i mercati finanziari l’11 agosto, annunciando nuove modalità per il fixing dello yuan. Questa decisione, che fa seguito a diversi tentativi di stabilizzazione del mercato azionario cinese, conferma le preoccupazioni degli investitori in merito alla crescita del paese e al suo impatto mondiale. L’effetto diretto di questa decisione si eserciterà sui paesi emergenti, i principali produttori delle commodity consumate in Cina. La debolezza della moneta si aggiungerà al rallentamento della domanda e aumenterà ulteriormente le pressioni deflazionistiche su queste economie. Il profilo di rischio/ rendimento di questi mercati ci sembra sfavorevole. I mercati azionari sviluppati sono scesi sulla scia delle altre borse, ma bisogna ricordare che l’impatto economico della decisione cinese è meno importante, poiché la crescita economica in Europa e negli Stati Uniti è alimentata principalmente da fattori interni. Le previsioni di crescita dei settori più esposti verso l’economia cinese potrebbero comunque essere riviste al ribasso. Gli investimenti nelle imprese che generano cashflow importanti e beneficiano della debolezza delle commodity dovrebbero pertanto risultare vincenti. In questo contesto, le politiche monetarie rimarranno accomodanti, mentre le valutazioni dei mercati borsistici sono divenute più attraenti, a 14,5x per il mercato americano, prospettive|settembre 2015 13,3x per il mercato europeo e 12,4x per il mercato giapponese. Lo yuan amplifica le divergenze tra le monete La debolezza delle monete delle economie emergenti e delle monete legate alle commodity non è un fenomeno nuovo. Tuttavia, i timori per una svalutazione dello yuan, in relazione alla modifica del suo tasso di cambio di riferimento da parte della banca centrale cinese (per maggiori dettagli v. la rubrica «Tema del mese»), hanno rafforzato questa tematica. Al di là della perdita di velocità di queste monete, lo stato delle monete sviluppate è anch’esso oggetto di numerose analisi. In effetti, il dollaro USA e la sterlina britannica rimangono forti, in particolare grazie alla prospettiva di un imminente rialzo dei tassi d’interesse di riferimento. L’euro, lo yen e il franco svizzero rimangono sostenuti, grazie al saldo positivo delle partite correnti, che li rafforza in caso di una diminuzione della propensione per il rischio. Dato che la prospettiva di un rialzo dei tassi da parte della Fed prima di fine anno continuerà a pesare sulla propensione per il rischio globale, è probabile che queste monete rimangano complessivamente forti. Bisogna tuttavia ricordare che la propensione per il rischio non resterà debole a tempo indeterminato. |7| FATTI SALIENTI NEL MONDO La Cina provoca una caduta delle esportazioni Con il rallentamento dell’economia cinese, le esportazioni dei suoi partner commerciali sono crollate, aggiungendo nuovi timori in merito alle prospettive per l’economia globale e per i mercati emergenti in particolare. Inoltre, tutto ciò si aggiunge ad una frenata strutturale nell’espansione dei commerci mondiali, che negli ultimi anni è stata modesta. USD 43,8 miliardi Il deficit commerciale statunitense si è ampliato, passando da 40,9 miliardi di dollari a maggio a 43,8 miliardi a giugno, a causa della diminuzione delle esportazioni di beni e servizi di 136 milioni di dollari e dell'aumento delle importazioni di 2,8 miliardi. La debolezza delle esportazioni è stata concentrata nei beni capitali, che sono diminuiti di 769 milioni di dollari. L’aumento delle esportazioni di beni di consumo ha largamente compensato il declino delle esportazioni dei beni capitali e dei prodotti petroliferi. USD 2,3 miliardi Il deficit commerciale del Messico ha raggiunto 2,3 miliardi di dollari a luglio, portando la flessione cumulativa dei primi sette mesi dell’anno a 6,3 miliardi. Nell'anno trascorso le esportazioni sono diminuite del 2,6% a 32,8 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono aumentate dell’1,1% a 35,1 miliardi. Per il futuro, il deprezzamento del peso a minimi storici nei confronti del dollaro dovrebbe favorire gli esportatori messicani. Dato che gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale del Messico, l’economia messicana è meno esposta al rallentamento della Cina. 25 anni Il Brasile, che negli ultimi anni aveva beneficiato della forte domanda cinese per le sue commodity, risente ora pesantemente del rallentamento economico della Cina e del calo dei prezzi delle commodity. La svalutazione della moneta cinese è un altro colpo per il Brasile, che sta già subendo la peggiore contrazione da 25 anni a questa parte. |8| prospettive|settembre 2015 2,0% Nonostante il rallentamento dell’economia cinese e i persistenti timori in merito al debito greco, gli ordinativi delle esportazioni manifatturiere tedesche, rettificati in base alle oscillazioni stagionali e all’inflazione, a giugno sono aumentati del 2,0% rispetto al mese precedente, portando il volume degli ordinativi totali a livelli che non si vedevano dall’aprile 2008. I dati sono stati comunque gonfiati da un volume insolitamente elevato di grossi ordini, che potrebbero determinare una futura contrazione di questo aggregato. -14,7% Le esportazioni sudcoreane sono diminuite del 14,7% anno su anno ad agosto, la più brusca flessione dal 2009. La Cina assorbe circa un quarto delle esportazioni della Corea del Sud, ma anche le esportazioni verso il Giappone e l’Europa hanno subìto forti flessioni. Ad essere più colpiti sono stati i prodotti petroliferi, le automobili e il settore navale. -4,4% -19,2% Le esportazioni dell’Indonesia hanno fatto registrare pesanti flessioni per diversi mesi e il crollo a luglio ha raggiunto il 19,2% anno su anno. Analogamente ad altri produttori di commodity asiatici, il paese è esposto al rallentamento della crescita della Cina sia direttamente – la Cina è il suo principale mercato per le esportazioni, rappresentando il 14% delle esportazioni totali – che indirettamente, tramite il ribasso dei prezzi delle commodity. Circa il 60% delle esportazioni dell’Indonesia è costituito dalle commodity. Il governo sta cercando di diversificare l’economia. prospettive|settembre 2015 Le esportazioni giapponesi sono diminuite del 4,4% trimestre su trimestre nel 2° trimestre 2015 a causa della flessione delle vendite alla Cina (che rappresentano il 18% delle esportazioni giapponesi) e al resto dell’Asia. Le esportazioni fiacche hanno avuto una parte di responsabilità nella contrazione dell’economia dell’1,6% anno su anno nel 2° trimestre, e sollevano nuovi dubbi in merito al futuro del programma di rilancio della terza economia mondiale (la cosiddetta «Abenomics»). |9| CLASSI DI ATTIVITÀ Gli hedge fund mostrano una buona tenuta nelle turbolenze Le brusche correzioni per i principali mercati azionari nel mese di agosto hanno avuto un impatto limitato sul settore degli hedge fund. Taluni gestori, specializzati nelle strategie tactical trading, sono persino riusciti a guadagnare grazie ai movimenti nel settore dell’energia e dei cambi. Azioni Tempesta sui mercati I timori legati al rallentamento cinese soffiano una ventata di panico sui mercati. Le autorità cinesi erano probabilmente lontane dall’immaginare che una modifica della loro politica di cambio avrebbe innescato una fase di pesante correzione dei mercati finanziari. Nella settimana successiva a tale decisione, l’indice Shanghai Composite ha perso quasi il 27%. Questo ribasso è venuto dopo una flessione del 22% da metà giugno. Sulla scia della Cina, nello stesso periodo gli indici S&P 500, Stoxx Europe 600 e Topix hanno perso rispettivamente l’11%, il 15% e il 13% in moneta locale. Da parte loro, i mercati emergenti, sensibili all’economia cinese, hanno perso il 13%, portando la loro flessione da fine aprile al 28%. La volatilità, che era rimasta relativamente contenuta durante la recente crisi greca, si è impennata a un livello corrispondente ad una crisi estrema. L’indice Vix ha superato il livello del 50%, mentre l’indice Vstoxx ha superato il 45%. La pubblicazione degli utili del 2° trimestre ha modificato solo di poco le stime sulla crescita degli utili per il 2015. Quest’ultima dovrebbe raggiungere l’1,3% negli Stati Uniti, il 6,5% in Europa e il 19,8% in Giappone. Per l’anno prossimo, si assiste a un leggero ribasso delle stime di crescita degli utili, pari al 10,6% per lo S&P 500, al 10,8% per lo Stoxx600 e al 9,1% per il Topix. Con il ribasso degli indici, i multipli di mercato sono divenuti più attraenti, ritrovando i loro livelli di ottobre 2014 (S&P 500: 14,5x, Stoxx600: 13,3x, Topix: 12,4x). Le valutazioni si sono pertanto riavvicinate alle medie a lungo termine. |10| Obbligazioni Obbligazioni societarie Malgrado la paura provocata sui mercati finanziari dai timori legati all’economia cinese, i mercati dei titoli di Stato ha dimostrato una relativa stabilità, rispetto alle altre classi di attività, come le azioni o le commodity. L’estate si è rivelata difficile per questa classe di attività, e in particolare per le obbligazioni dell’energia, che hanno visto crollare la loro performance a seguito del ribasso del prezzo del petrolio. Le performance da inizio anno restano deludenti e per i prossimi mesi il contesto si preannuncia poco favorevole. Relativa stabilità nei titoli sovrani Solitamente preferiti durante le fasi di grande turbolenza dei mercati finanziari, i Bund tedeschi e gli US Treasury hanno guadagnato solo poco nella seconda quindicina del mese di agosto. Negli Stati Uniti, i tassi degli US Treasury decennali hanno chiuso il mese sullo stesso livello in cui lo avevano iniziato, intorno al 2,18%. Sull’altra sponda dell’Atlantico, il tasso dei Bund tedeschi nel mese ha guadagnato 15 punti base per attestarsi sullo 0,8%. Per i paesi periferici, i tassi dei titoli decennali italiani e spagnoli sono leggermente saliti nel corso del mese, aumentando di più di 20 punti base e chiudendo rispettivamente all’1,96% e al 2,11%. Nel contempo, l’accordo definitivo sul terzo programma di aiuti per la Grecia a metà agosto ha permesso ai tassi dei titoli decennali greci di scendere di 272 punti base per attestarsi al 9,31%. Nei prossimi mesi, sui titoli di Stato agiranno diverse forze contraddittorie. Da un lato, le pressioni deflazionistiche legate al rallentamento cinese e al ribasso delle commodity dovrebbero spingere verso il basso i tassi di rendimento. Dall’altro, il rafforzamento dell’economia americana, e soprattutto l’imminente rialzo dei tassi di riferimento della Fed, dovrebbero spingere i tassi d’interesse, in particolare quelli americani, verso l’alto. High Yield sotto pressione Ad agosto, la volatilità dei mercati azionari e il ribasso dei prezzi delle commodity hanno messo sotto pressione il segmento High Yield (HY). L’HY ha infatti chiuso con una performance mensile del -1,8%, facendo registrare il suo terzo risultato negativo consecutivo. Nello stesso tempo, anche l’Investment Grade (IG) ha prodotto una controperformance (-0,7%), mentre gli US Treasury sono rimasti in territorio positivo (+0,1%). Da inizio anno, le performance rimangono modeste. In testa, abbiamo gli US Treasury (+0,9%), seguiti dall'HY (+0,1%) e dall'IG (-0,6%). In termini settoriali, nessun settore è riuscito a restare in territorio positivo nel mese di agosto. Ad essere più colpito è stato l’indice HY energia, che rappresenta il 13% dell’indice totale. Nel mese, sotto l’impatto del ribasso del prezzo del petrolio, ha perso il 7%. Nei prossimi mesi, il contesto si preannuncia difficile per questa classe di attività. Da una parte, il miglioramento congiunturale negli Stati Uniti contribuisce a confermare l’eventualità di un rialzo dei tassi di riferimento quest’anno. Dall’altro, il ribasso dei prezzi delle commodity influisce negativamente sulle imprese del settore dell’energia. prospettive|settembre 2015 Hedge fund Gli hedge fund minimizzano i danni dovuti alla turbolenza dei mercati Le scosse sui mercati delle ultime settimane hanno messo alla prova la resistenza degli investitori. Finora gli hedge fund sembrano avere retto alla crisi, in taluni casi persino fornendo protezione contro i ribassi per i portafogli in un periodo di forti flessioni delle classi di attività tradizionali. Agosto per molti è stato un mese da dimenticare. La volatilità ha raggiunto massimi che non si vedevano da quattro anni e le condizioni dei mercati sono divenute a dir poco difficili, ma gli hedge fund sembrano avere superato bene la tempesta. Pur non essendo rimasti immuni dallo choc, secondo le prime stime tutte le strategie hanno fatto meglio degli investimenti tradizionali. I trader tattici hanno ottenuto i migliori risultati nella classe di attività, guadagnando con le loro strategie short nell’energia e nei cambi asiatici, nonostante le perdite sui loro book azionari e sulle posizioni short nell’euro. Nelle strategie azionarie, i gestori hanno ottenuto risultati peggiori, poiché nomi molto popolari come Amazon e Facebook hanno subìto pesanti perdite, analogamente ai settori sovrappesati come la biotecnologia e i semiconduttori. Taluni gestori sono comunque riusciti a creare alfa nei book short, e questo più in Europa che negli Stati Uniti. Anche nell'universo event driven vi sono state perdite, a causa del crollo di nomi come Allergan. In attesa che la situazione si stabilizzi e permetta di tirare le conclusioni definitive, alcuni gestori stanno attivamente cercando punti d'ingresso interessanti per i nomi di alta qualità e altri incrementano la loro esposizione verso il settore M&A. prospettive|settembre 2015 Metalli preziosi Cambi I recenti timori in merito allo stato di salute dell’economia cinese hanno prodotto effetti diversi sui vari metalli preziosi. Dal mese di agosto, i due indici più rappresentativi dell’andamento del dollaro USA si comportano in modo differente tra loro. Performance contrastate Da un lato, l’oro ha tratto vantaggio dal forte aumento della volatilità sui mercati azionari internazionali, chiudendo il mese di agosto con una performance superiore al 3%. Oltre alla sua caratteristica di bene rifugio, il metallo giallo ha beneficiato del fatto che questi eventi hanno ridotto le probabilità di un rialzo dei tassi d’interesse da parte della Fed a settembre. Dall’altro, l’argento e il palladio hanno sofferto, a causa della loro relativa dipendenza dalla domanda cinese. I due metalli hanno toccato i minimi da più di 4 anni e a fine mese erano in territorio negativo (rispettivamente -1,2% e -1,6%). Per completare la panoramica, bisogna menzionare il rialzo del 2,5% del platino durante il mese. Il platino è peraltro il metallo che meglio rappresenta la situazione in questo settore. Mentre l’abbondanza dell’offerta è stata molto penalizzante, appare sempre più improbabile che l’offerta rimanga così forte, visto l’aumento dei rischi di un arresto della produzione dovuti al ribasso del prezzo del metallo e ai numerosi rinvii nelle spese d’investimento. Sul fronte della domanda, le recenti statistiche economiche nei paesi sviluppati confermano uno scenario di ripresa mondiale, mentre la domanda fisica e la domanda delle banche centrali per l’oro e l’argento (in particolare Cina e India) restano sostenute. Le aspettative particolarmente negative per quanto riguarda i metalli preziosi sembrano pertanto sempre più difficilmente giustificabili. Le due facce del dollaro USA Il mercato dei cambi, quando vuole valutare la forza o la debolezza della moneta americana, solitamente fa riferimento all'US Dollar Index (DXY). La Fed invece, quando commenta la performance del biglietto verde, utilizza un indice più ampio. Normalmente questi due indici sono fortemente correlati e forniscono gli stessi segnali. Tuttavia, dall’inizio del mese di agosto, si è evidenziata una significativa divergenza tra i due indici, a causa della loro diversa composizione. L’indice DXY comprende sei monete, esclusivamente di paesi sviluppati, con una forte incidenza dell’euro (57,6%). L’indice allargato include invece un gran numero di monete (26), ponderate in base agli scambi commerciali. Lo yuan cinese (21,3%) e il peso messicano (11,9%) hanno un’influenza importante sulla performance dell’indice, mentre il peso dell’euro (16,4%) è più contenuto rispetto al DXY. Il forte deprezzamento delle monete emergenti ha spinto l’indice allargato al rialzo ma non ha avuto alcun effetto sul DXY, che è persino arretrato. Alla luce delle prospettive di crescita più positiva nei paesi sviluppati, del rallentamento strutturale cinese e della flessione delle esportazioni nei paesi emergenti, l’indice allargato del dollaro dovrebbe mantenere la sua forza. Dato che un apprezzamento del dollaro ha effetti restrittivi sulle condizioni monetarie negli Stati Uniti, il rialzo dei tassi della Fed probabilmente avverrà in modo molto graduale. |11| TEMA DEL MESE: LO YUAN Lo yuan continua la sua trasformazione Il nuovo sistema di fissazione del tasso di cambio di riferimento conferma la volontà della Cina di trasformare la sua moneta al fine di favorirne l’utilizzo sulla scena internazionale. Secondo il triangolo di incompatibilità di Mundell, una economia che desidera aprire il suo mercato dei capitali non può avere al tempo stesso un tasso di cambio stabile e una politica monetaria indipendente. Per assicurare una crescita duratura, la Cina sta attuando riforme strutturali, che passano in particolare attraverso uno sviluppo e una liberalizzazione del mercato finanziario. Il cambiamento del tasso di cambio di riferimento costituisce pertanto una conferma della continuazione dell’apertura della Cina e della volontà di internazionalizzare lo yuan. Verso uno yuan più conforme alle condizioni di mercato L’11 agosto, la banca centrale cinese ha cambiato le modalità di determinazione del tasso di cambio di riferimento dello yuan, provocando una svalutazione dell’1,86% e ravvivando i timori di una forte caduta della moneta cinese. Prima di sapere se questi timori sono fondati, vediamo come tale banca centrale ha gestito la sua moneta in passato. Cominciamo dal 1978, anno in cui sono iniziate le profonde riforme in Luc Luyet Forex Strategist |12| Cina per passare da una economia pianificata ad una economia di mercato. In particolare, l’apertura al commercio internazionale favorisce lo sviluppo delle esportazioni. Lo yuan (detto anche «renmimbi»), che era fortemente sopravvalutato, viene successivamente svalutato e favorisce così la forte crescita economica del paese. Il tasso di cambio ufficiale dello yuan di deprezza di quasi l’80% fino a gennaio 1994, data in cui viene unificato con il tasso di cambio determinato dalle transazioni di mercato ad un valore di 8,70 yuan per un dollaro USA. Nell’aprile dello stesso anno, la banca centrale cinese decide di ancorare il valore dello yuan contro dollaro USA ad un tasso fisso di 8,28 yuan. Nel 2005, in un clima di forti pressioni da parte dei partner commerciali della Cina, l’ancoraggio viene tolto e si passa ad un sistema di cambio fluttuante controllato. Viene allora introdotto il tasso di cambio di riferimento dello yuan determinato ogni giorno sulla base di un indice ponderato in funzione degli scambi commerciali, la cui composizione precisa viene tenuta segreta. A partire da questo livello di riferimento, il tasso di cambio dello yuan può fluttuare quotidianamente entro limiti precisi, fissati al ±0,3% nel 2005 e poi aumentati gradualmente fino a raggiungere l’attuale ±2%. Questo regime di cambio porta ad un apprezzamento dello yuan di oltre il 30% fino a gennaio 2014, quando esso raggiunge 6,04 contro il dollaro USA. Ne segue un periodo di circa sei mesi in cui il tasso di cambio di riferimento si deprezza, prima di restare relativamente stabile fino alla vigilia dell’11 agosto 2015. Con il nuovo sistema di calcolo, il tasso di cambio di riferimento del giorno si basa sul prezzo di chiusura della vigilia del tasso di cambio trattato, tenendo conto delle condizioni della domanda e dell’offerta prevalenti sul mercato dei cambi, nonché dei movimenti delle principali monete. Sebbene il meccanismo di fissazione del tasso di cambio di riferimento manchi di chiarezza, esso diviene fortemente dipendente dal prezzo dello yuan fissato dal mercato (che fluttua quotidianamente almeno del 2% intorno al tasso di cambio di riferimento). Di conseguenza, questo tasso di cambio di riferimento si avvicina, in teoria, ad un tasso di cambio moderno dettato dal gioco della domanda e dell’offerta. La Cina vuole internazionalizzare la sua moneta Questa è peraltro la motivazione fornita dalla banca centrale cinese, che vede nel nuovo sistema di calcolo del tasso di cambio di riferimento contro il dollaro USA un modo per migliorare l’impatto dell’andamento del mercato, nonché lo status ufficiale di tasso di cambio di riferimento, appannatosi a seguito della notevole duratura divergenza con il tasso di cambio trattato. Questa giustificazione fa chiaramente eco ai commenti pubblicati lo scorso 3 agosto dal Fondo monetario internazionale (FMI) in merito all’inclusione dello yuan nel paniere delle monete principali che costituiscono i prestigiosi diritti speciali di prelievo (Special Drawing Rights - SDR). In effetti, il FMI aveva segnalato che il tasso di cambio rappresentativo dello yuan era il tasso di cambio di riferimento, ma che quest’ultimo non era basato sui prezzi degli scambi di mercato e che poteva discostarsi fino al 2% dal prezzo pagato sul mercato continentale cinese. Un altro motivo è legato indubbiamente al desiderio della Cina prospettive|settembre 2015 di favorire un utilizzo più globale della sua moneta, con la necessità di una maggiore apertura al mercato dei capitali. Il triangolo di incompatibilità di Mundell mostra però che non è possibile mantenere un tasso di cambio strettamente controllato quando si conduce una politica monetaria indipendente e si apre il proprio mercato dei capitali. Da questo punto di vista, il cambiamento dell’11 agosto costituisce una evoluzione logica se la Cina desidera continuare ad aumentare i flussi transfrontalieri e conservare una politica monetaria indipendente. L’ultimo motivo riguarda il fatto che la vecchia metodologia di calcolo del tasso di cambio di riferimento rendeva in pratica lo yuan strettamente sincronizzato con l’andamento del dollaro americano, mentre le loro rispettive economie non lo erano. In particolare, viste le pressioni deflazionistiche in Cina e l’imminente rialzo dei tassi d’interesse da parte della Fed, la divergenza di politica monetaria avrebbe accentuato la sopravvalutazione dello yuan se la moneta cinese fosse rimasta strettamente legata al dollaro USA. A seguito della decisione dell’11 agosto, questo legame in teoria è stato eliminato. Lo yuan non può al tempo stesso sostenere le esportazioni ed essere ammissibile per i diritti speciali di prelievo (SDR) Malgrado la debolezza cronica delle esportazioni cinesi, il nuovo meccanismo di fissazione del tasso di cambio di riferimento sembra quindi rispondere a obiettivi diversi da una volontà di dopare questo settore. Primo, per produrre un effetto significativo sulle esportazioni, la debolezza dello yuan dovrebbe essere prospettive|settembre 2015 molto più marcata. Ma i recenti interventi della banca centrale cinese e le sue dichiarazioni non indicano la volontà di lasciare che la moneta si deprezzi in modo significativo. Secondo, un forte ribasso dello yuan sarebbe dannoso nell’ottica dei diritti speciali di prelievo, poiché sarebbe difficile vedere nella riforma dell’11 agosto qualcosa di diverso da una svalutazione competitiva. Terzo, un sensibile indebolimento dello yuan accelererebbe la fuga dei capitali che la banca centrale cinese cerca di stroncare, a causa della riduzione della liquidità che comporterebbe, e metterebbe altresì in una posizione pericolosa molte imprese cinesi che hanno emesso obbligazioni in moneta estera senza copertura valutaria. Infine, la Cina vuole che i consumi interni divengano il nuovo fattore trainante della crescita della sua economia. Una forte svalutazione dello yuan per favorire le esportazioni andrebbe pertanto in senso contrario rispetto alle riforme strutturali in corso. Senza contare che ciò provocherebbe sicuramente cor- rispondenti svalutazioni nelle monete dei paesi partner, riducendo di molto l’impatto della svalutazione dello yuan. Conseguenze della riforma dell’11 agosto per lo yuan La prima conseguenza naturale è che la volatilità dello yuan probabilmente aumenterà. Anche se per il momento la banca centrale cinese sembra determinata a stabilizzare il cambio di riferimento, in futuro un regime di tasso di cambio più flessibile dovrebbe tradursi in una maggiore volatilità. La seconda conseguenza è un valore dello yuan più rappresentativo dei fondamentali dell’economia cinese. Il FMI ha indicato a giugno che la moneta cinese non era più sottovalutata su un orizzonte a lungo termine, superiore a sei anni. Ciò implica una moneta vicina al suo livello di equilibrio, tale da rendere impossibile la previsione sia di un apprezzamento che di un deprezzamento. A medio termine i fondamentali cinesi depongono però a favore di un deprezzamento dello yuan. L’economia cinese è infatti in piena transizione da una fase di |13| TEMA DEL MESE: LO YUAN crescita a due cifre ad una crescita più moderata (intorno al 5%), caratteristica di una economia più matura. Inoltre, essa deve contemporaneamente correggere gli eccessi indotti nella sua prima fase di crescita estremamente sostenuta, come ad esempio l’indebitamento record delle imprese e delle famiglie cinesi, pari a oltre il 200% del PIL. Senza mettere in dubbio la capacità della Cina di gestire tale delicata correzione, questo tipo di esercizio provoca generalmente rischi negativi, come una recessione, anziché buone sorprese. E pertanto più probabile che le prospettive di crescita, senza considerare i possibili stimoli fiscali dagli effetti positivi temporanei, producano un impatto negativo sul valore dello yuan. Anche la politica monetaria suggerisce un deprezzamento dello yuan nei confronti del dollaro USA. La Fed dovrebbe infatti tra breve iniziare il suo ciclo di aumento dei tassi d’interesse, in risposta ad un mercato del lavoro vicino al pieno impiego, mentre la Cina si trova in un ciclo di ribasso dei tassi d’interesse, in particolare per facilitare le riforme strutturali dell’economia e controbilanciare la diminuzione della liquidità dovuta all’uscita dal paese da parte degli investitori alla ricerca di migliori rendimenti. Attraversare il fiume cercando una pietra d’appoggio dopo l’altra Malgrado il deprezzamento dello yuan da gennaio 2014 da 6,04 a 6,21 contro il dollaro USA prima dell’11 agosto 2015, la banca centrale cinese attinge alle sue abbondanti riserve valutarie per impedire una svaluta- zione eccessiva della sua moneta (lo yuan non può discostarsi più del 2% dal tasso di cambio di riferimento del giorno). Questo fenomeno non è affatto diminuito dopo l’11 agosto, spiegando le scarse variazioni dello yuan dopo il 13 agosto. Tuttavia, dato che l’obiettivo annunciato del nuovo calcolo del cambio di riferimento era di rendere lo yuan più sensibile al meccanismo della domanda e dell’offerta, la banca centrale cinese dovrà allentare la sua influenza sulla moneta per lasciare che trovi un nuovo punto di equilibrio. Visti i fondamentali cinesi cui abbiamo accennato, ciò implica un deprezzamento dello yuan, presumibilmente in direzione di 6,80. Ma questo aggiustamento sarà probabilmente graduale, poiché la banca centrale cinese non sembra disposta a lasciare l’intera guida della sua moneta alla legge della domanda ANDAMENTO DEL TASSO DI CAMBIO USD/CNY DAL 1993 5.0 5.5 Prima del 1994, il tasso di cambio indicato è il tasso ufficiale L'11 agosto 2015, la banca centrale cinese cambia il metodo di calcolo del tasso di cambio di riferimento 6.0 6.5 7.0 7.5 Il 1° gennaio 1994, la Cina unifica il proprio sistema di tasso di cambio, provocando una svalutazione istantanea del 33% 8.0 Dal 21 luglio 2005, il tasso di cambio non viene più fissato rispetto al dollaro USA. Esso oscilla intorno ad un tasso di cambio di riferimento calcolato in base ad un paniere di monete 8.5 9.0 Fino al 2005, il tasso di cambio viene fissato a 8,28 yuan per 1 dollaro USA Apprezzamento dello yuan 9.5 1993 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 15 16 Contributori | Christophe Donay, Jean-Pierre Durante, Bernard Lambert, Nadia Gharbi, Jacques Henry, Jean-Damien Marie, Luc Luyet, Alexandre Tavazzi Editoriale | Aidan Manktelow, Kalina Moore, Wilhelm Sissener | Redazione terminata il 3 settembre2015 Traduzione | Mario Clapis Impaginazione | Production Multimédia Pictet Stampa | Stampa su carta certificata FSC Disclaimer | Il presente documento non è destinato alle persone aventi cittadinanza, residenza o domicilio o alle entità registrate in un Paese o una giurisdizione in cui la sua distribuzione, pubblicazione, messa a disposizione o utilizzo sono in contrasto con norme di legge o regolamentari in vigore. 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Il valore borsistico può cambiare in funzione di cambiamenti di ordine economico, finanziario o politico, della vita residua, delle condizioni di mercato, della volatilità e della solvibilità dell’emittente o dell'emittente |14| e dell’offerta, per i possibili rischi indotti dalle forti oscillazioni del suo valore. In poche parole, lo yuan è divenuto teoricamente più flessibile. Secondo la strategia economica introdotta da Deng Xiaoping nel 1978, che egli ha riassunto efficacemente nello slogan «attraversare il fiume cercando una pietra d’appoggio dopo l’altra», lo yuan costituirà probabilmente una pietra importante per passare da una economia pianificata ad una economia di mercato. In pratica la banca centrale continuerà comunque a controllare da vicino le evoluzioni future della sua moneta, al fine di assicurare la stabilità di questa pietra d’appoggio. Vista la recente volatilità che ha colpito i mercati internazionali, non è detto che siano in molti a lamentarsene. Fonte: Pictet WM – AA&MR, Datastream di riferimento. I tassi di cambio possono inoltre influire positivamente o negativamente sul valore, sul prezzo o sul reddito dei titoli o degli investimenti ad essi relativi menzionati nel presente documento. Le performance del passato non devono essere considerate come una indicazione o una garanzia delle performance future, e le persone destinatarie del presente documento sono interamente responsabili dei loro eventuali investimenti. Non viene fornita alcuna garanzia esplicita o implicita in merito alle performance future. Il contenuto del presente documento è confidenziale e può essere letto e/o utilizzato solo dalla persona alla quale è indirizzato. Il Gruppo Pictet non è responsabile dell’utilizzo, della trasmissione o dell’ elaborazione dei dati contenuti nel presente documento. Di conseguenza, qualsiasi forma di riproduzione, copia, divulgazione, modifica e/o pubblicazione del contenuto è sotto la responsabilità esclusiva del destinatario del documento, a completo discarico del Gruppo Pictet. Il destinatario di questo documento si impegna a rispettare le norme di legge e regolamentari applicabili nelle giurisdizioni in cui potrebbe essere portato a utilizzare i dati riprodotti in questo documento. Il presente documento è emesso dal Gruppo Pictet. La presente pubblicazione e il suo contenuto possono essere citati, a condizione che venga indicata la fonte. Tutti i diritti riservati. Copyright 2015. prospettive|settembre 2015 DATI CHIAVE La Fed è pronta ad alzare i tassi d’interesse Le ultime statistiche sull’economia oltre Atlantico continuano a sostenere uno scenario di rialzo molto graduale dei tassi d’interesse di riferimento: i dati sull’occupazione sono favorevoli ma l’inflazione e gli aumenti dei salari rimangono piuttosto contenuti. Dati al 31 agosto 2015 TASSI D’INTERESSE PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI Stime Pictet - (consenso*) Tassi di crescita del PIL 2013 2014 Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 1.5% -0.3% 1.8% 1.7% 1.6% 7.7% 2.7% 1.3% 2.4% 0.9% 1.9% 3.0% -0.1% 7.4% 0.1% 0.6% Inflazione (IPC) Media annuale, Brasile escluso, a fine d'anno 2013 2014 2015E Stati Uniti Eurozona Svizzera 1.5% 1.3% -0.2% 1.6% 0.4% 0.0% 0.1% (0.3%) 0.2% (0.2%) -1.1% (-1.1%) 1.9% (2.0%) 1.3% (1.3%) -0.2% (-0.1%) 2.6% 0.4% 2.6% 6.2% 6.8% 1.5% 2.7% 2.0% 6.3% 7.8% 0.2% 0.7% 1.6% 9.0% 15.0% 1.5% 0.9% 1.8% 4.8% 6.5% Regno Unito Giappone Cina Brasile Russia 2015E 2.5% 1.3% 0.7% 2.5% 0.7% 6.8% -2.5% -3.5% 2016E (2.3%) (1.5%) (0.6%) (2.6%) (0.8%) (6.9%) (-1.9%) (-3.6%) 2.5% 1.6% 1.0% 2.3% 1.5% 6.5% 0.5% 1.0% Breve termine (3 mesi) (2.7%) (1.8%) (1.2%) (2.5%) (1.7%) (6.7%) (0.0%) (0.3%) 2016E (0.1%) (0.8%) (1.4%) (9.2%) (12.3%) Stati Uniti Eurozona Svizzera Regno Unito Giappone Cina Brasile Lungo termine (10 anni) 0.25% 0.05% -0.75% 0.5% 0.1% 1.75% (1 anno) 14.25% 2.2% 0.8% -0.1% 1.9% 0.4% 4.8% (5 anni) 14.8% MERCATI OBBLIGAZIONARI Performance dal 31.12.2014 (1.5%) (1.0%) (1.9%) (5.5%) (7.1%) CHF High Yield EUR USD GBP *Fonte: Consensus Economics Inc High Yield USD EUR VARIAZIONI DEI TASSI DI CAMBIO (DAL 31.12.2014) JPY Rispetto all’EUR Rispetto all’USD Rispetto al CHF CHF — CHF — HKD — HKD — HKD — USD — USD — JPY — JPY — JPY — GBP — GBP — GBP — EUR — EUR — SEK — SEK — SEK — NOK — NOK — NOK — CAD — CAD — CAD — AUD — AUD — NZD — NZD — AUD — NZD — % -15 -10 -5 0 5 10 % -25 -20 -15 -10 -5 15 0 5 % -25 Debito emergente (in USD) Debito emergente (in moneta locale) % -13 -11 -9 -7 -5 -3 -1 1 3 MERCATI AZIONARI Performance dal 31.12.2014 USD -20 -15 -10 -5 0 COMMODITY Performance dal 31.12.2014 Performance del mese precedente -29.3 Palladio -26.4 Stagno -26.4 Zucchero Petrolio quotato in Asia Rame Platino Brent Zinco Alluminio WTI Gas naturale Piombo Mais Oro in USD Argento Cacao -12.6 Stagno Petrolio quotato in Asia -11.1 -10.8 Brent Palladio Zinco Zucchero Cacao Rame Gas naturale Argento Alluminio Mais Piombo Platino Oro in USD WTI MSCI World* S&P 500* MSCI Europe* Tokyo SE (Topix)* MSCI Pacific ex. Japan* SPI* Nasdaq MSCI Em. Markets* Russell 2000 % -20.3 -18.7 -16.8 -16.7 -16.6 -12.2 -8.0 -6.9 -6.7 -5.5 -4.7 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 prospettive|settembre 2015 0.0 6.5 0 5 10 EUR CHF GBP -2.1% -2.9% -0.1% 9.1% -10.7% 4.2% 0.9% -12.6% 5.8% 4.9% 7.9% 17.9% -3.6% 12.6% 8.9% -5.6% -4.7% -5.5% -2.8% 6.2% -13.1% 1.4% -1.8% -15.0% -0.7% -1.5% 1.3% 10.7% -9.5% 5.7% 2.3% -11.4% -3.8% 3.9% -6.3% -2.4% * Dividendi reinvestiti SETTORI DI ATTIVITÀ -6.1 -5.3 -4.0 Performance dal 31.12.2014 -3.4 -1.6 -1.0 % -14 -12 -10 -8 -6 -4 -2 0.0 0.6 1.1 2.0 2.5 3.3 4.4 0 2 4 6 Stati Uniti Europa Mondo Industria Tecnologia Materiali di base Telecomunicazioni Salute Energia -8.4% -3.2% -10.7% -2.7% 3.4% -17.2% 6.4% 0.7% -4.0% 9.3% 12.4% -7.5% -5.7% -3.0% -12.5% 0.5% 5.1% -17.7% Servizi di pubblica utilità Finanza Consumi di base Consumi voluttuari -11.4% -4.9% -3.3% 3.4% -5.3% 6.1% 7.8% 7.9% -9.8% -5.1% -1.5% 1.4% |15| PERSP ITA 0915 «Prospettive» è disponibile anche online. 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