Anestesiologia, 20/10/2015 Giulia Fenu FARMACOLOGIA DEI

annuncio pubblicitario
Anestesiologia, 20/10/2015
Giulia Fenu
FARMACOLOGIA DEI CURARI
Secondo le opinioni più recenti e moderne la curarizzazione è vantaggiosa per il lavoro del chirurgo ma
soprattutto per lo stesso paziente, in quanto l’uso di questi farmaci riduce il trauma chirurgico e
l’infiammazione chirurgica.
La curarizzazione è la completa abolizione dell’attività neuromuscolare, cioè paralisi.
La paralisi serve fondamentalmente all’anestesista per l’intubazione.
Il 90% delle morti per anestesia (1 ogni 10.000 pazienti secondo le casistiche anglosassoni, l’ultima del
Maggio 2015) sono legate a mancata ventilazione del paziente.
Ventilazione, e non intubazione: intubare vuol dire mettere il tubo in trachea, ventilare vuol dire ventilare
con una maschera; si può anche non riuscire ad intubare il paziente ma riuscire a ventilarlo con la maschera.
In questo caso, cioè in caso di mancata ventilazione, si fa riferimento al fatto che non si riesce a ventilare il
paziente nemmeno con la maschera, non solo ad intubarlo; perché, ripetendo il concetto, se si riuscisse anche
solo a ventilare con la maschera ma non ad intubare, si aspetterebbero quei 20 minuti necessari a che
svanisca l’effetto del curaro ventilando nel mentre il paziente con la maschera, cioè praticando una
ventilazione manuale. La mancata intubazione è la mancata realizzazione dell’anestesia, la mancata
ventilazione è la mancata salvaguardia del paziente.
Altro concetto importante è che il curaro non dà abolizione della coscienza.
Meccanismo d’azione e proprietà farmacologiche dei curari
La terminazione del motoneurone contiene vescicole di acetilcolina. L’Ach viene rilasciata e si lega ai suoi
recettori sulla placca neuromuscolare, favorendo l’apertura di canali ionici e provocando alla fine la
depolarizzazione della membrana post sinaptica. [In realtà il recettore dell’Ach è un recettore canale, si apre
facendo entrare il sodio e inducendo un potenziale di placca, il quale fa da stimolo all’apertura di canali al
sodio voltaggio dipendenti perigiunzionali, che aprendosi fanno raggiungere il potenziale soglia e quindi il
potenziale d’azione. Ndr.]. Di conseguenza la fibra si attiva, il muscolo si contrae. L’Ach è quindi un
neurotrasmettitore che attiva la placca. [Il Professore precisa che l’Ach non è un curaro, che attiva la fibra e
non paralizza.]
I curari bloccano l’azione dell’Ach, il principale mediatore della contrazione muscolare.
 Esistono curari che si chiamano miorilassanti depolarizzanti, che si legano al recettore dall’Ach in
quanto dotati della stessa forma stechiometrica e bloccano così il recettore (più precisamente il
recettore si apre, Ndr). Si chiamano depolarizzanti perché fanno depolarizzare la placca. Tra questi
c’è la Succinilcolina. Avendo questa una forma simile all’Ach si lega allo stesso modo dell’Ach, ma
l’azione depolarizzante è molto “pesante”: porta ad una scarica immediata di tutta la forza contrattile
di quel muscolo. È come se noi, per esempio, mettessimo 1L di benzina nel serbatoio della macchina
e la sfruttassimo per fare una enorme accelerata, 0,2 secondi per fare 100 metri: in quel momento
consumiamo la benzina e il motore si ferma. La Succinilcolina dà una scarica improvvisa, violenta, a
cui quel recettore e quindi quel muscolo non è abituato: la conseguenza è una forte attività muscolare
che si manifesta con la fascicolazione, diffusa a tutto il corpo. C’è poi una fase 1 e fase 2 del blocco
(ma il Professore sostiene che questi ultimi concetti non siano per noi essenziali). Quello che è
importante sapere per noi è che la Succinilcolina ha un effetto talmente forte e talmente potente
rispetto all’Ach che abbiamo in circolo che dà fascicolazioni e soprattutto paralizza il muscolo.
[Successivamente all’iniziale fascicolazione –che corrisponde ad un breve periodo di eccitazione
muscolare ripetitiva conseguente a depolarizzazione prolungata della membrana postsinapticacompare la paralisi flaccida del muscolo, cioè il blocco della trasmissione neuromuscolare (blocco di
fase 1). Ndr.]
La Succinilcolina è un miorilassante depolarizzante utile per il suo onset rapido e la breve durata del
blocco neuromuscolare.
Se somministriamo una sola dose di Succinilcolina questa dura 5 minuti, dopodiché il muscolo
riprende a funzionare. Ma se ne somministriamo 2 dosi il 50 -60% dei pazienti sviluppa un blocco
dell’attività muscolare per ore e ore, tanto che bisogna portare il paziente in rianimazione, perché
riprende a respirare in un tempo variabile tra le 10 e le 24 ore a seconda del soggetto.
La Succinilcolina è un farmaco che oggi viene ancora utilizzato (o almeno, questo fino a che non è
stato introdotto il Sugammadex, l’antidoto immediato della curarizzazione di cui abbiamo parlato
nella scorsa lezione):
 in tutti i pazienti che hanno difficoltà d’intubazione note o presunte
 e in tutti i casi in cui l’anestesista sia da solo in ospedale. Proprio perché l’effetto di una
dose dura 5 minuti e quindi c’è un rischio molto minore di morte per mancata ventilazione
del paziente se confrontato con quello dato da un curaro diverso che ha una durata di circa
40 minuti. Il report del British Journal of Anesthesiology del Maggio 2015 ha riportato che il
maggior numero di morti per anestesia si ha negli ospedali periferici, dove lavorano pochi
anestesisti: lavorare da soli e senza un’attrezzatura adeguata è molto pericoloso. Solo un
carrello per l’intubazione difficile presuppone la presenza di tre persone (2 medici e 1
infermiere) e costa dai 18.000 ai 35.000 Euro. Un altro punto di quel report è che un 75% di
queste morti per anestesia si è registrata in reparti di Ginecologia e Ostetricia.
Le proprietà farmacologiche della Succinilcolina sono:
o un’emivita di 2-4 minuti,
o induzione di una depolarizzazione a 5 minuti dall’assunzione,
o e metabolismo non organo dipendente (questo dovrebbe essere un aspetto positivo).
Un problema che al Professore non è capitato, ma che diversi lavori descrivono, è la presenza di
soggetti incapaci di metabolizzare la Succinilcolina, fatto che può essere legato alla carenza di
pseudocolinesterasi.
Il dosaggio è 1-1,5 mg/kg.
Gli effetti collaterali sono quelli indicati nella
slide; tenere conto soprattutto della
bradicardia, dell’iperkaliemia in corso di
intervento e della possibilità di indurre
ipertermia maligna.
Gli effetti collaterali durante il periodo
postoperatorio sono i dolori muscolari
secondari a quel periodo di fascicolazioni
relative al momento in cui abbiamo
somministrato il farmaco.
Oggi si dice anche che l’utilizzo di un cortisonico contemporaneamente alla Succinilcolina
diminuisce o elimina il dolore postoperatorio, infatti diminuisce le fascicolazioni nel momento in cui
si somministra la Succinilcolina.
 C’è poi un’altra categoria di curari, i miorilassanti non depolarizzanti.
Sono quelli maggiormente utilizzati oggi perché più sicuri, perché danno meno complicanze nel
postoperatorio.
Si legano al recettore (si devono legare ad una delle due subunità alfa) impedendo che ci si leghi
l’Ach. Competono con l’Ach per i recettori dell’Ach (sono antagonisti competitivi).
Ne abbiamo 3 tipi:
1. a lunga durata d’azione (superiore ai 45 minuti)
2. a durata intermedia (da 20 a 45 minuti)
3. a breve durata (15 minuti). Tra questi c’è il Mivacurio.
La comparsa del blocco massimale si ha dopo 3-6 minuti dalla somministrazione e.v. ed è
dipendente dalla gittata cardiaca, dal flusso ematico e dalla massa muscolare scheletrica.
La durata d’azione è determinata dal tempo necessario affinchè la loro concentrazione plasmatica
scenda al di sotto di un livello critico.
La D-tubocurarina non si usa più (solo sperimentalmente per lo studio degli effetti del curaro).
È stata rimpiazzata da farmaci che possiedono una scarsa attività cardiovascolare e meccanismi di
clearance maggiormente prevedibili. La D-tubocurarina determina il rilascio di istamina dosedipendente.
Non c’è più in commercio neanche il Doxacurio.
Abbiamo invece il Pancuronio (Pavulon) che costa poco, si usa ancora, ed è quello con la durata
d’azione più lunga (fino a 2 ore).
Pancuronio, Pipecuronio e Doxacurio non liberano istamina e conferiscono stabilità cardiovascolare.
L’Atracurio ha il vantaggio di non avere un’eliminazione renale quindi è quello indicato in tutti i
pazienti con insufficienza renale.
[Durata d’azione intermedia. Metabolismo: avviene per idrolisi esterea attraverso la reazione di
Hofman (degradazione enzimatica a ph e Temperatura corporea). Uno dei suoi metaboliti, la
laudanosina, è uno stimolante centrale ( anche se questo effetto può considerarsi trascurabile alle
dosi normalmente utilizzate). E’ istamino-liberatore. Dose di intubazione 0,5-0,6mg/kg.]
Il Vecuronio è molto utile in quanto non dà ipertensione endocranica, l’azione dura sotto i 30
minuti, ha una curarizzazione molto rapida (ci sono dei pazienti per i quali la ventilazione manuale
può facilitare l’insorgenza di ab ingestis per cui usare il Vecuronio ed intubare direttamente subito
dopo è vantaggioso–si aspetta 1 minuto e si intuba senza ventilare-).
[Durata d’azione intermedia. Assenza di effetti cardiovascolari. Assenza di liberazione istaminica.
Va incontro a deacetilazione spontanea: il suo metabolita più potente, il 3-OH-vecuronio ha
un’attività pari al 60% di quella del vecuronio, viene escreto dai reni e può contribuire a paralisi
prolungata (è controindicato in caso di insufficienza renale). Tali caratteristiche rendono il vecuronio
indicato in pazienti con patologie ischemiche cardiache o sottoposti ad interventi ambulatoriali.
Dose di intubazione 0,08-0,10 mg/kg.]
Quello più usato oggi è il Rocuronio. Il motivo è che è l’unico che ha un antidoto (il famoso
Sugammadex). Tentativi ripetuti e non riusciti di intubazione possono provocare progressivo edema
delle corde vocali sino a limitare il passaggio d’aria anche durante la ventilazione con maschera, e
questo ci impone di risvegliare il paziente: a questo punto avere un antidoto alla curarizzazione che
dia la risoluzione completa di qualsiasi blocco nel giro di 3 minuti è assolutamente vantaggioso e
tranquillizzante per l’anestesista.
Il Sugammadex agisce solo con il Rocuronio che non a caso è prodotto dalla stessa ditta. Ecco il
motivo per cui si tende ad utilizzare prevalentemente questo farmaco. Il costo è alla fine più o meno
pari agli altri. Arriva dalla Germania.
[Il Rocuronio (Esmeron®) ha un onset più rapido rispetto ai precedenti ma durata d’azione e
caratteristiche farmacologiche simili a quelle del vecuronio; il rapido onset permette di sostituire la
Sch in condizioni in cui è necessaria una intubazione rapida. Non rilascia istamina e non causa
alterazioni emodinamiche. Dose di intubazione 0,6 mg/kg.]
Il Cisatracurio era il massimo per l’anestesia. Come il Remifentanil (oppoide) e la Succinilcolina
anche lui ha un metabolismo non organo dipendente, e viene metabolizzato da pseudoesterasi
periferiche. Sino alla settimana scorsa era l’unico curaro che si poteva utilizzare anche in infusione
continua. Ha una cinetica lineare.
Si utilizzava in rianimazione nei pazienti in cui era impossibile la ventilazione meccanica, vedi
ARDS. [Penso intenda dire che nel paziente con ARDS può essere impossibile portare avanti una
ventilazione meccanica senza una curarizzazione perché c’è una compromissione della dinamica
degli scambi e dell’espansione alveolare tale da opporre una resistenza alle manovre ventilatorie.
Ndr.]
Adult Respiratory Distress Syndrome.
In un paziente che ha avuto un intervento chirurgico importante, senza un controllo adeguato della
nutrizione e senza un’adeguata analgesia si può verificare un’iperinfiammazione sistemica, la SIRS.
In questo caso il risultato è lo stesso della sepsi ma il responsabile della SIRS non è un agente
infettivo. Una delle complicanze della SIRS è l’ARDS.
All’Rx torace nell’ARDS non ci sono focolai ma immagini di aree polmonari imbibite di liquidi, un
reticolo che si definisce “a nevicata” nei casi più avanzati (tanti pallini bianchi che tappezzano
entrambi i polmoni).
In questi pazienti da un punto di vista fisiopatologico si è deteriorata la funzionalità del surfattante,
quindi la funzionalità alveolare. L’alveolo, pieno d’acqua al suo interno, è ostacolato negli scambi
gassosi ed interessato dalla formazione delle cosiddette membrane ialine epiteliali alveolari: è come
se uno strato di cera avvolgesse internamente l’alveolo limitando anche l’efficacia dell’assistenza
ventilatoria del paziente.
Riprendendo il discorso del Cisatracurio, sino a qualche settimana fa si pensava che questo farmaco
non avesse un metabolismo organo dipendente, ma che venisse degradato tramite la reazione di
Hofmann; questa reazione si attiva o non si attiva a seconda della temperatura corporea. Se la
temperatura è fredda la reazione non va avanti ed il paziente rimane curarizzato, se invece è sopra i
36°C la reazione si attiva e si smaltisce in 5 minuti il curaro.
Poiché nelle sale operatorie le temperature sono abbastanza fredde, fatto a cui tiene molto il chirurgo
per il suo confort, e soprattutto giustificato dalla necessità di evitare il più possibile le infezioni, il
paziente non riesce a smaltire bene il curaro.
Se poi l’intervento dura più di 2 ore il paziente impiega circa 4 ore a recuperare una temperatura di
36 °C: abbiamo visto che in quelle 4 ore ci possono essere degli episodi di ricurarizzazione postestubazione, con aumentato rischio di morte del paziente.
A fronte di tutto ciò l’anestesista in sala operatoria utilizza una sorta di coperta gonfiabile riempita
d’aria calda e riscalda il paziente. Ovviamente la parte su cui lavora il chirurgo non la copriamo.
Queste coperte hanno un costo molto elevato e se ne dispone in numero abbastanza limitato.
Sono indicate nei bambini. Per loro esiste anche un materassino riscaldante posizionato sotto tutto il
dorso e le gambe. Questo perché quanto è più piccola l’età del bambino tanto maggiore è la
dispersione termica (un bambino di 2-3 mesi nel giro di queste 2 ore d’intervento disperde
abbondantemente la sua temperatura corporea).
Il metabolismo epatico, il cui funzionamento è dipendente dalla temperatura, è essenziale per
l’eliminazione della maggior parte dei farmaci che si utilizzano.
Ritornando nuovamente al Cisatracurio, il recente cambio di opinione circa il suo effetto è portato
avanti dagli stessi che spingono per l’utilizzo di Rocuronio e Sugammadex, i quali negano che il
Cisatracurio abbia una cinetica lineare.
[È uno dei 10 metaboliti dell’atracurio; è simile ad esso per onset, durata d’azione, velocità di
recupero del blocco neuromuscolare, e nei meccanismi di eliminazione.
La reazione di Hofman rende entrambi i farmaci indipendenti dalla funzionalità epatica e renale.
Rispetto all’atracurio è più potente, privo di effetti istamino-liberatori e cardiaci.
Dose di intubazione 0,1-0,2 mg/kg.]
Il Mivacurio è a breve durata d’azione; viene idrolizzato dalle colinesterasi plasmatiche (per cui la
durata d’azione risulta prolungata in pazienti con colinesterasi atipiche).
Il onset ed il tempo di recupero sono simili a quelli della Sch.
E’ istamino-liberatore. Dose per intubazione 0,15-0,3 mg/kg e.v.]
Interazioni farmacologiche
È da sottolineare che quando si utilizzano più farmaci (e in anestesia si fa un trattamento polifarmacologico)
ci possono essere delle interazioni farmacologiche tra i diversi farmaci.
Queste interazioni non sono dovute unicamente al metabolismo dei farmaci (il CYP2D6 –CYP450 subunità
2D6- metabolizza il 25% di tutti i farmaci che utilizziamo), cioè ad interazioni farmacocinetiche, ma anche
ad importanti interazioni farmacodinamiche (cioè interazioni tra farmaci sull’effetto farmacologico).
Per esempio, una somministrazione di gas alogenati (alotano, enflurano, isoflurano, desflurano etc…)
insieme con i curari esita in un potenziamento notevole dell’attività miorilassante.
Infatti se durante l’intervento il chirurgo avverte l’anestesista che il paziente si sta decurarizzando,
l’anestesista anziché somministrare altro curaro (perché poi dura troppo) impiega i gas: in questo modo
approfondisce il livello anestesiologico dando anche curarizzazione. I gas non hanno uno specifico effetto
curarizzante ma hanno comunque azione decontratturante.
Il Professore racconta di una paziente che ha fatto un incidente stradale a seguito del quale ha riportato
politrauma e colpo di frusta cervicale, quindi aveva anche un’importante rigidità del collo.
A questa paziente il Professore ha ritenuto inopportuno somministrare un curaro in quanto non presentava
segni d’intubazione difficile, era facile da intubare. Ha preferito procedere semplicemente inducendo
l’anestesia con i gas; addormentata la paziente si è verificata una scomparsa della rigidità cervicale. Peraltro
la stessa paziente non ha riferito al risveglio dei dolori al collo. Tutto questo è legato alla notevole capacità
decontratturante del gas.
Anche gli anestetici locali hanno interazioni farmacologiche con i curari. Gli anestetici locali possono
accentuare l’azione miorilassante dei curari perché bloccano la trasmissione dell’impulso lungo le fibre
nervose.
Per esempio, ad una partoriente viene indotta l’analgesia peridurale per il parto, poi la paziente ha un
distacco placentare e si rende necessario un cesareo d’urgenza: a questo punto non si può somministrare la
seconda dose di anestetico locale e aspettare che faccia effetto, ma bisogna rapidamente indurre l’anestesia
generale. Nell’indurre l’anestesia generale si deve fare attenzione a non eccedere nella dose di miorilassante
perché la paziente è già in parte sotto l’effetto dell’anestetico locale somministrato inizialmente.
Un altro esempio di questa interazione ce l’abbiamo nell’ortopedia. Si fa una spinale con monodose di
anestetico locale a un paziente magari molto alto, l’ortopedico si lamenta del fatto che il paziente durante
l’intervento contrae i muscoli della gamba e non riesce a lavorare bene, e quindi anche in questo caso
anziché aspettare l’effetto di una seconda dose di anestetico si induce l’anestesia generale usando una dose di
miorilassante che tenga conto della precedente somministrazione di anestetico locale.
Altri farmaci con interazioni sono gli antibiotici. Tra questi Tobramicina, Gentamicina, Metilmicina,
Amikacina, Polimixine (queste ultime si usano meno). Anche questi hanno un’azione miorilassante che si
somma, rafforzandola, a quella del curaro. L’anestesista induceva l’anestesia, il chirurgo somministrava
l’antibiotico per copertura post-operatoria, il paziente andava in insufficienza respiratoria. Dopo l’anestesia
ci sono ancora in circolo tracce di curaro per almeno 8 ore. Considerando che l’effetto del curaro si sommava
a quello dell’antibiotico il paziente andava in insufficienza respiratoria.
Altri farmaci che interagiscono con i curari sono le benzodiazepine, miorilassanti centrali. Basta infatti
pensare al fatto che in caso di cefalea muscolo-tensiva poche gocce di EN (Delorazepam) decontraggono la
muscolatura dello scalpo e fanno scomparire la cefalea.
Interagiscono poi con i curari gli antiaritmici. [Antiaritmici di classe Ia e Ib potenziano il blocco.]
Il calcio invece, ha un’azione contraria al miorilassante.
La somministrazione di calcio nel paziente che fa trasfusioni può antagonizzare il miorilassante [Dal
momento che il sangue viene raccolto in eccesso di citrato, la rapida infusione di grandi quantità (>1
unità/5 minuti/70 Kg) può elevare la concentrazione di citrato tanto da provocare il manifestarsi di segni di
tossicità dovuti alla diminuzione del calcio plasmatico (tremori muscolari, parestesie, aritmie cardiache), in
particolare in pazienti con insufficienza epatica o dopo somministrazione di plasma (anche durante
procedure aferetiche). L'effetto può essere neutralizzato dall'infusione di calcio cloruro (2,5 mL/litro di
sangue trasfuso). A tassi di infusione di 500 mL/minuto è indicata la somministrazione profilattica di
calcio. Internet.]
Il magnesio invece incrementa il blocco. Riduce il rilascio di acetilcolina.
Il magnesio ha utili applicazioni nella Ginecologia e Ostetricia, nella Neurologia.
Per esempio 6 fiale di magnesio al giorno per trattare il tetano migliorano la prognosi del paziente sia come
sopravvivenza sia come effetti post tetania.
Il solfato di magnesio è utilizzato nella minaccia di parto prematuro, nelle dismenorree, nella sindrome
HELLP, eclampsia.
FARMACOLOGIA DEGLI ANESTETICI LOCALI
Gli anestetici locali sono farmaci di tutti i medici (ortopedico, internista, dermatologo, oncologo, radiologo
etc…).
La storia degli AL non è molto lunga. Il primo è stato la Cocaina, poi in ordine di tempo la Procaina e la
Benzocaina (questi ultimi sono stati i primi anestetici sintetizzati). Per trovare la Lidocaina andiamo al 1943.
Nel 1956 è stata scoperta la Mepivacaina (Carbocaina) e Bupivacaina (Marcaina). Poi la Ropivacaina, il
farmaco attualmente di prima scelta. Anche la Bupivacaina è un farmaco di prima scelta.
Nel 1977 si è scoperta la Levobupivacaina, enantiomero levogiro della Bupivacaina.
La Ropivacaina invece è l’enantiomero destrogiro della Bupivacaina.
Caratteristiche degli anestetici locali
Come sempre si ricercano farmaci buoni, che soddisfino la necessità.
Per un AL [ideale. Ndr.] si devono avere:
1. potenza. Perché un farmaco potente blocca le fibre.
2. efficacia a basse dosi. Perché se uso dosi elevate c’è la possibilità che vada in circolo, e se va in
circolo crea effetti collaterali.
3. efficacia a basse concentrazioni. Noi abbiamo fibre nervose di vario diametro, mieliniche e non. Ci
sono le fibre C, A-delta, A-beta, A-gamma. Ogni fibra si caratterizza per la quantità di mielina che
circonda il neurone. L’AL blocca in modo differente diverse fibre, essendo queste composte
diversamente: in quelle amieliniche bastano basse concentrazioni di anestetico per bloccare
efficacemente la conduzione nervosa, in quelle mieliniche l’AL agisce solo a livello dei nodi di
Ranvier, va da sé che in questo caso avrò necessità di concentrazioni molto più alte per ottenere
l’effetto.
4. buona penetrabilità a livello della membrana cellulare. Se il farmaco non attraversa la membrana
fosfolipidica non va ad interagire col canale del sodio.
5. rapidità. Devono raggiungere rapidamente il canale del sodio. [ quindi breve latenza d’azione. Ndr.]
6. lunga durata d’azione. Questo non è tanto comodo agli ortopedici, che a fine intervento dovrebbero
controllare se hanno fatto danni alla funzionalità di un arto.
7. bassa tossicità sistemica. Se arrivano a livello cardiaco e si legano ai canali del sodio dei
miocardiociti il paziente va prima in fibrillazione e poi in arresto. Per questo devono avere bassa
tossicità sistemica, per non danneggiare più di tanto la funzione dei miocardiociti.
8. assenza di neurotossicità. Perché li usiamo per bloccare i nervi. Ad esempio la Prilocaina (o
Procaina?) è neurotossica, e anche la Tetracaina.
9. completa reversibilità. Quando finisce l’effetto voluto devono scomparire.
10. pH della preparazione vicino (il più possibile) al pH corporeo.
11. nessun fastidio all’iniezione. Invece tutti danno bruciore.
12. stabilità della preparazione.
L’anestetico locale è una sostanza che a contatto con la fibra nervosa ne altera reversibilmente la capacità di
attivare e poi condurre lungo la fibra il potenziale d’azione.
La conduzione nervosa all’interno di un neurone avviene attraverso il potenziale d’azione che si propaga
lungo il nervo.
In questa tabella è indicata la tossicità intrinseca dell’anestetico, la potenza, e l’indice anestetico.
La tossicità non è uguale per tutti gli anestetici: la Bupivacaina ha una tossicità pari a 3, la Lidocaina 1,5.
La Lidocaina si usa per trattare aritmie cardiache. [Il Professore parla di aritmie sopraventricolari tipo flutter
atriale, in realtà si utilizza nelle tachicardie ventricolari. Ndr.]
Se la Lidocaina fosse così tossica sarebbe difficile poterla utilizzare a questo scopo.
Sino al 2010 le linee guida per la terapia della FV dicevano che dopo due scariche con il defibrillatore,
qualora il paziente ripresentasse la fibrillazione, si poteva usare la Lidocaina. [Adesso si è passati al
Cordarone, ma il Professore usa ancora la Lidocaina perché gli piace di più.]
Comunque tutto per dire che la Lidocaina non è proprio cardiotossica come altri AL.
Struttura e proprietà fisiche degli AL
Strutturalmente gli AL sono composti da tre parti.
Il loro pka sta tra 7,6 e 8,9 quindi sono sostanze basiche.
Hanno un polo lipofilo costituito da un anello aromatico, uno idrofilo costituito da un’ammina terziaria.
I due poli sono connessi da una catena intermedia che può contenere un legame esterico o un legame
carbamidico (le testuali parole del Professore sono: “…che può essere un estere o un’ammina”).
Sulla base del tipo di catena intermedia si differenziano anestetici:
- esterici
- amidici
Il polo lipofilo è essenziale perché il farmaco passi attraverso la membrana cellulare.
Una volta dentro la cellula l’AL deve legarsi al canale del sodio, o meglio al recettore del canale del sodio.
[Intende dire che l’AL non lega una struttura appartenente al poro del canale ma delle strutture esterne
appartenenti ai domini del canale. Ndr.]
Le strutture a cui il farmaco si lega sono idrofile; ecco perché c’è l’estremità idrofila, perché è essenziale al
legame col canale.
Il ponte intermedio, in alcuni esterico e in altri amidico, serve invece per il metabolismo del farmaco.
Se si rompe questo ponte l’anestetico non può più funzionare perché rimane solo la parte idrofila o solo la
parte lipofila.
Il legame esterico è un legame molto debole, facile da rompere, non c’è necessità che venga metabolizzato
da un organo.
Invece il legame amidico dev’essere metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450.
Fra gli esterici abbiamo:
- la procaina, che si usa ancora (è “tornata di moda”) però è neurotossica
- la cocaina
- la tetracaina, troppo neurotossica.
Per cui questi oggi si utilizzano pochissimo.
Fra gli amidici abbiamo:
- Prilocaina, non si usa più
- Lidocaina, non si usa più
- Etidocaina
- Mepivacaina
- Bupivacaina.
- Ropivacaina
- Levobupivacaina
Queste ultime hanno raggiunto attualmente un prezzo accettabile.
Gli AL legano moltissimo le proteine di trasporto, quindi in una persona cachettica (con poche proteine, poca
albumina in circolo e alfa-1 glicoproteina acida) tende ad avere una maggiore quantità di AL libero in
circolo, quindi una maggiore tossicità sistemica. L’AL legato alle proteine di trasporto non ha tossicità
sistemica.
Il polo lipofilo della molecola influenza la biodisponibilità, il passaggio e la diffusione attraverso le
membrane biologiche e il legame proteico.
Il polo idrofilico determina l’attività farmacologica perché si lega direttamente con il recettore del canale del
sodio.
Determina anche lo stato di ionizzazione della molecola: quando l’anestetico è in forma idrosolubile è
ionizzato, quando è liposolubile è non ionizzato. Per funzionare dev’essere ionizzato.
Il Professore proietta una slide (della quale ancora non dispongo) in cui sono illustrati i nomi degli anestetici
oggi utilizzati, la classe e il metabolismo.
Gli AL con metabolismo epatico sono quelli amidici, gli esterici sono metabolizzati dalle colinesterasi
plasmatiche.
Gli AL sono basi deboli (pKa da 7,6 a 8,9).
Essendo basi deboli nel sangue si troveranno sia in forma dissociata che non dissociata.
Per funzionare l’anestetico ha bisogno di due cose:
1. essere in forma liposolubile per attraversare la membrana
2. avere una quota di molecole dissociate [una volta attraversata la membrana, Ndr.] che si leghino
immediatamente al canale del sodio.
La quota di AL dissociata e non, varia al variare del pH del tessuto secondo l’equazione di HendersonHasselbach.
Se si avesse un anestetico con pka elavato (per esempio la Bupivacaina che ha un pKa di 8,2-8,6) quasi tutto
in forma ionizzata (cosa possibile in ambiente molto acido: un tessuto infetto, infiammato, un ascesso, può
arrivare a pH di 6,5-6,8) l’AL non potrebbe attraversare la membrana quindi non funzionerebbe. Infatti
un’anestesia locale su un ascesso fa male e non funziona: un ascesso dentario per esempio, oppure un
ascesso perianale.
Non solo: in questo caso aumenterà la tossicità sistemica, perché la parte che non entra nella cellula può
essere trasportata nel torrente ematico con effetti collaterali cerebrali e cardiaci.
Molti soggetti muoiono per arresto cardiaco.
Discorso ancora più valido se l’AL viene iniettato in peridurale su un paziente in stato di acidosi, per
esempio in corso di sepsi.
Quindi quando abbiamo a che fare con un’anestesia locale in un paziente che per esempio per via di un
ascesso non risponde alla somministrazione locale di anestetico è meglio non insistere ed evitare di andare
incontro a tossicità sistemica.
Se invece abbiamo un anestetico con pKa abbastanza basso come la Lidocaina, e un pH alto per un’alcalosi
respiratoria o metabolica prevarrà la forma lipofila, cioè non ionizzata: c’è un grande legame del farmaco
alle membrane ma non funziona la forma attiva che dovrebbe essere quella ionizzata.
Però in questo caso per fortuna non c’è comunque tossicità sistemica perché come non entra e non funziona
nella fibra nervosa periferica non lo fa neanche nel cuore, perché manca la forma ionizzata.
Essendo il pka degli AL sopra il pH fisiologico (c’è all’incirca una differenza di 1 tra pka dell’AL e pH), in
condizioni normali si trova maggiormente in forma ionizzata. [Dice dissociata ma la forma dissociata
sarebbe AL, non ionizzata, non protonata, quindi liposolubile. Mentre qui dovrebbe prevalere ALH+,
indissociata. Ndr.]. Infatti tutti gli AL hanno un inizio d’azione lento perché fanno fatica a passare attraverso
la membrana della cellula nervosa.
Fattori che influenzano l’attività degli anestetici locali
Ci si chiede cosa possa condizionare l’attività di un anestetico locale, cosa possa determinarne rapidità,
durata e potenza:
- l’assorbimento. Tanto più anestetico viene assorbito tanto maggiore sarà la sua attività.
L’assorbimento dipende dalla caratteristica dell’AL, più ionico o più lipofilo.
- la sede d’iniezione. Per esempio nello spazio peridurale si distribuisce sicuramente meno bene che
nello spazio sub aracnoideo, perché nel liquor viaggia, nello spazio peridurale si fissa al grasso
peridurale e non viaggia. L’AL dato con la peridurale impiega 20 minuti minimo ad agire, perché
deve superare l’aracnoide per entrare nel liquor. Se si fa nello spazio sub aracnoidea lo
somministriamo già nel sito d’azione. Se l’anestesia è sottocutanea le fibre che stanno sottocute
vengono bloccate subito, ma quelle che stanno più distanti, in strati profondi del derma ci mettono
più tempo a bloccarsi perché l’anestetico si deve distribuire.
- il metabolismo.
- flusso plasmatico. Più è veloce il flusso meno funziona l’anestetico perché il flusso elevato rimuove
più anestetico dandogli meno tempo per funzionare, viceversa se il flusso è più basso.
- la dose somministrata. Chiaramente una dose più alta agisce più rapidamente di una dose bassa.
- l’aggiunta di vasocostrittori. L’adrenalina riducendo il flusso ematico dovrebbe aumentare la
disponibilità di anestetico nel sito d’azione. In questo si credeva molto ma non ci sono grosse
evidenze infatti ora non la usa praticamente più nessuno.
- la carbonizzazione e alcalinizzazione dell’ambiente.
- la temperatura. Riscaldare la fiala di anestetico prima di iniettarlo consente di portare la sua
temperatura a circa 38°C.
…
Altri aspetti che condizionano gli effetti dell’AL sono:
- L’età. Più si va avanti con l’età più è necessario ridurre la dose.
- La gravidanza. Nei primi 4-5 mesi non si usa l’anestetico perché è teratogeno. Si fa a fine di
gravidanza quando si fa la peridurale. A livello addominale c’è una compressione dei vasi sanguigni
dovuta all’aumento della massa e del volume dell’addome. Questo implica un ridotto flusso ematico
nelle sedi d’azione dell’anestetico e quindi la necessità di utilizzarne dosi più basse. Dosi un po’ più
elevate possono ridurre l’attività muscolare dei muscoli della pelvi, e pertanto possono portare ad
effettuare un parto cesareo.
- Le malattie vascolari periferiche. Se i vasi periferici sono aterosclerotici o vasocostretti bisogna
tenere conto del fatto che il circolo tende a centralizzarsi. [Anche qui si dovranno ridurre le dosi di
AL. Ndr.]
Metabolismo ed eliminazione
Gli AL vengono metabolizzati in composti più idrosolubili.
Se sono esterici sono metabolizzati dalle esterasi plasmatiche.
Se sono amidici il metabolismo è molto più lento e avviene a livello epatico.
Tutti gli AL vengono escreti a livello renale per cui bisogna fare attenzione a ridurre il dosaggio in caso di
insufficienza renale (non tanto in singola somministrazione, ma se si fa una peridurale nel tempo come nei
pazienti oncologici).
Meccanismo d’azione
L’AL si lega non al canale ma ad un recettore che sta affianco al canale.
Altera la conformazione del canale non consentendo al sodio di passare.
Le fibre possono essere:
- C, senza mielina
- B, con scarsa mielina
- Aδ, con un po’ di mielina in più
- Aγ, un po’ di più
- Aβ
- Aα
Queste ultime due hanno un rivestimento mielinico ancora maggiore.
[si parla di fibre epsilon ma non le trovo da nessuna parte]
A seconda della quantità o della concentrazione di anestetico posso decidere che fibre voglio bloccare.
In una partoriente non mi serve bloccare le fibre motorie, perché non consentirei l’espletamento del parto.
In questo caso devo cercare delle concentrazioni di anestetico particolarmente basse, e quindi anche dei
dosaggi particolarmente bassi, per bloccare solo le fibre C e le Aδ, cioè per bloccare la trasmissione del
dolore e dello stimolo termico. [Il Professore dice Aβ ma le Aβ sono fibre afferenti cutanee per tatto e
pressione. Ndr.]
Questo stesso principio è applicato anche all’anestesia in ortopedia: l’utilizzo di bassissime dosi, ottenendo
basse concentrazioni, consente di indurre un’analgesia senza blocco motorio, facilitando il lavoro del
chirurgo.
Se invece devo fare un cesareo non mi serve più bloccare solo le fibre C dolorifiche e quelle che conducono
lo stimolo termico, devo anche evitare che la paziente abbia una muscolatura troppo contratta affinchè il
chirurgo possa operare agevolmente.
Non posso quindi pensare di usare la dose di AL che uso per l’analgesia del parto per un cesareo: devo
aumentare di 10 volte la concentrazione, passare da 0,001 a 1%, e di conseguenza aumenta anche il dosaggio
perché mi interessa bloccare le fibre motorie, Aβ, Aγ. [Cita anche le Aδ che non sono fibre motorie e che
comunque vengono ovviamente bloccate perché si bloccavano anche a dosaggi più bassi quali quelli della
peridurale fatta per il parto spontaneo. Ndr.]
L’anestesia spinale è molto meno fine e selettiva nel blocco di fibre rispetto alla peridurale. È spesso
preferibile e necessaria un’anestesia selettiva.
Tossicità degli anestetici locali
La tossicità di un AL dipende fondamentalmente dal suo assorbimento a livello ematico.
Quindi la tossicità dipende dalla vascolarizzazione del territorio su cui si fa l’anestesia: un territorio molto
vascolarizzato implica che più anestetico vada in circolo a parità di dosaggio.
Cioè, se non adeguo il dosaggio anche alla sede di iniezione posso arrivare ad avere una reazione sistemica
legata alla tossicità dell’anestetico.
L’anestetico locale è un farmaco con basso indice terapeutico, cioè passare da una dose tossica o letale ad
una dose efficace è molto facile, c’è un gradino molto piccolo.
Quindi bisogna fare molta attenzione ai dosaggi, studiarli bene sul paziente e studiare la corrispondenza con
la concentrazione in microgrammi in circolo e gli effetti tossici che si determinano.
Bisogna poi badare, sempre a proposito del dosaggio e quindi dei fattori che influenzano concentrazione e
tossicità dell’anestetico, a quanto è rappresentato il tessuto adiposo nel sito di somministrazione
dell’anestetico, perché se è presente una grossa quantità di grasso la concentrazione di anestetico in circolo
aumenta. Il tessuto adiposo sottrae anestetico all’inizio, poi però lo rilascia e improvvisamente il paziente
passa da 90 a 10 di pressione perché ha avuto una cessione di AL in circolo tale che l’aumento delle
concentrazioni che ne è derivato ha provocato un blocco delle fibre simpatiche (B e C) [Il professore dice Aδ
o Aβ, non si capisce, ma a meno che non si riferisca a delle classificazioni particolari che ci sono nelle slides
non dovrebbero essere loro le fibre simpatiche. Ndr.]
Non bisogna mai superare i dosaggi indicati.
Bisogna fare attenzione alla velocità si somministrazione: maggiore è la velocità maggiore è la possibilità di
indurre tossicità sistemica.
Più il pKa è basso più dovrebbe essere sicuro il farmaco.
Anche il pH plasmatico, alla luce di quello che abbiamo detto prima, influenza la tossicità.
La tossicità dell’AL:
- prima di tutto è quella neurologica. Il blocco dei canali del sodio interferisce con le fibre inibitorie
nel SNC lasciando libera la trasmissione eccitatoria. A mano a mano che aumenta la concentrazione
di AL nel sangue avremo pizzicore, formicolio della lingua, vertigini, sopore, disturbi della vista e
dell’udito, logorrea o incapacità di parlare, nistagmo, tremori delle estremità.
La concentrazione di Lidocaina (che è uno degli anestetici meno tossici) quand’è tra 4 e 10 mg/L,
può provocare questi effetti.
Sopra i 10 vado in crisi tonico clonica.
Sopra i 20 depressione respiratoria, coma e morte cerebrale.
Si deve intervenire tempestivamente dando la BDZ per le convulsioni e fare un’azione anti
anestetico locale, e somministrare ossigeno.
Se questo non funziona l’anestesista deve utilizzare il Penthotal e garantire una ventilazione
meccanica.
Sono tutte manovre volte a diminuire la pressione intracranica e l’ipertermia.
- Se tutto questo non funziona si va avanti e il paziente va in tossicità cardiovascolare, situazione
molto grave.
Un AL ad altissima cardiotossicità è la Bupivacaina. Dà un blocco di conduzione AV 70 volte
maggiore della Lidocaina, ha un effetto miocardico diretto anche inotropo negativo, e ha anche un
effetto indiretto perché determina un blocco simpatico.
La prima cosa che si osserva in un paziente con interessamento cardiaco è la comparsa di extrasistoli
ventricolari, sempre più frequenti sino a che il paziente non va in FV e poi in arresto.
Se abbiamo un paziente ipossico, in acidosi, in ipokaliemia, o una donna gravida, la Bupivacaina la
utilizziamo a dosaggi più bassi. Negli USA è stata vietata in ostetricia (sia nel parto indolore sia nel
cesareo), perché nel giro di 5 anni ci son stati ben 10 morti.
-
-
C’è poi la tossicità locale.
Quando di inietta l’AL dopo i primi 0,2-0,3 cc di AL bisogna fermarsi e dare il tempo all’AL di
bloccare quella parte di tessuto in cui si è iniziato a fare l’iniezione.
Se poi si prova a fare l’iniezione ancora e al paziente fa ancora male, deve venire il sospetto di essere
entrati con l’ago della siringa dentro il nervo: questo porta ad un danno irreversibile e dolore. Solo la
prima dose deve far male, non la seconda se si aspetta quella decina di secondi.
Per fare l’anestesia ad un dito della mano o del piede basta 0,8-0,9cc di AL, non bisogna utilizzare
molto anestetico, perché pungendo ai due lati del dito il dito si gonfia, cioè l’anestetico determina
quest’effetto massa che comprime il nervo. Magari si può aumentare la concentrazione così ha più
effetto, ma il dosaggio dev’essere basso.
Reazioni allergiche.
Bisogna fare dei test. Alcuni sono allergici altri no. Un problema è quello legato agli anestetici
amidici, che possono contenere un conservante che a livello epatico viene metabolizzato in acido
paramminobenzoico. Siccome è contenuto come eccepiente in prodotti estetici che le donne
comprano in farmacia ci può essere una sensibilizzazione a questo eccipiente, e così si diventa
allergici. In anestesia una reazione allergica a questo composto può determinare anche la morte
improvvisa.
La Mepi, la Lido, la Bupivacaina, legano molto rapidamente il recettore ma lo mollano molto lentamente
(impiegano anche un’ora-un’ora e mezza) e fare una rianimazione ventilatoria per quel tempo non è difficile,
ma è difficile sostenere la funzione cardiaca, tanto che i pazienti con tossicità cardiaca da parte di questi
anestetici facilmente muoiono.
La Levo e la Ropivacaina hanno un legame rapidissimo tanto quanto i precedenti sul recettore, ma lo
mollano presto (nel giro di un quarto d’ora), e questo facilita l’eventuale rianimazione.
Scarica