I LIPIDI SAPONIFICABILI E LA LORO IMPORTANZA NEGLI ORGANISMI VIVENTI 1 ISTITUTO DI ISTRUZIONE SUPERIORE A. MEUCCI Esame di Stato Relazione Finale I LIPIDI SAPONIFICABILI E LA LORO IMPORTANZA NEGLI ORGANISMI VIVENTI Allievo: Rattin Federico Classe: 5°A BTS Anno Scolastico: 2015/2016 INDICE 2 Introduzione Pagina 4 Elementi base dei lipidi saponificabili: Pagina 5 Acidi grassi Pagina 5 Piccoli alcol polari e alcol a lunga catena Pagine 7 Gruppo fosfato Pagina 8 Monosaccaridi Pagina 9 Sfingosina Pagina 10 Cere Pagina 10 Trigliceridi Pagine 13 Il sapone Pagina 14 Fosfolipidi: Pagina 18 Fosfogliceridi Pagina 19 Fosfolipidi eteri Pagina 21 Plasmalogeni Pagina 21 Sfingomielina Pagina 21 Sfingolipidi: Pagina 22 Glicosfingolipidi Pagina 22 Gangliosidi Pagina 23 Globosidi Pagina 23 Cerebrosidi Pagina 23 Glicolipidi Pagina 24 Lipopolisaccaridi Pagina 24 INTRODUZIONE 3 In questa tesina parlerò di una classe dei lipidi, quelli saponificabili, che rivestono una grande importanza tra gli organismi viventi, tra i quali l’uomo, per il loro ruolo strutturale e funzionale. Questa idea mi è venuta dopo uno stage all’estero l’estate scorsa, a Liverpool, durante il quale ho avuto la possibilità di lavorare, per un mese, in un laboratorio microbiologico specializzato nell’analisi batterica delle acque di aziende e di privati. In tale occasione, il responsabile del laboratorio, ancor prima di illustrarmi le mie mansioni, mi ha spiegato una cosa banale, ma non scontata: come lavarsi le mani in modo corretto per ridurre ed eliminare il rischio biologico derivante dalla patogenicità dei batteri che venivano analizzati nel laboratorio. Da quel momento, mi sono interessato all’importanza di una corretta igiene per evitare, grazie all’uso del sapone, la proliferazione di batteri e altri patogeni. Studiando i lipidi durante il corso dell’anno, poi, ho scoperto che i saponi derivano dai trigliceridi, che a loro volta fanno parte dei lipidi saponificabili (da qui il nome): una grande famiglia che comprende fosfolipidi, glicolipidi, cere e trigliceridi. Quando si pensa ai lipidi, si immagina subito a qualcosa di dannoso, come può essere l’accumulo di colesterolo nel sangue o l’aumento di peso, ma questo è vero solo in parte: la loro presenza nel nostro corpo è essenziale per molti motivi, in quanto essi sono componenti principali della membrana delle cellule e del sistema nervoso, per fare qualche esempio. La tesina, essendo multidisciplinare per definizione, deve poter inglobare più materie: la scelta dei lipidi saponificabili ben si presta a questo scopo, con riferimenti all’igiene per quanto riguarda l’importanza del sapone in ambito igienico, alla chimica organica per quanto riguarda la struttura chimica di questi composti, alla biologia per quanto riguarda la presenza di lipidi saponificabili nelle membrane cellulari degli organismi viventi e in quanto molti organismi producono delle endotossine di natura fosfolipidica, e infine all’anatomia e alla patologia, in quanto alcuni di questi lipidi saponificabili fanno parte delle strutture del sistema nervoso e la loro assenza può provocare delle patologie(come il morbo di Alzheimer). Per quanto riguarda l’origine degli argomenti, ho preso informazioni principalmente da siti internet (soprattutto in inglese) perché questo argomento è poco sviluppato nei miei libri di testo, e si trova ben poco materiale in italiano su internet e su altri libri in mio possesso. In alcuni casi ho attinto delle informazioni dalla rivista Nature, alla quale sono abbonato e che mi è servita per approfondire qualche trattazione. Quindi, la mia tesina si presterà alla trattazione di argomenti di materie di indirizzo, in quanto ritengo necessario completare il mio percorso di studi con le discipline che mi hanno accompagnato e spero mi accompagneranno in futuro all’università. Infine, essendo la mia scuola un istituto tecnico, ho voluto integrare la parte teorica con quella pratica: per questo motivo ho voluto realizzare il sapone nel mio laboratorio scolastico, per argomentare parte della mia tesina e mostrare di aver sviluppato una competenza manuale al fine del mio percorso scolastico. Per cominciare a spiegare i lipidi saponificabili, molecole molto complesse dal punto di vista chimico, occorre partire dai loro elementi base: gli acidi grassi, piccoli alcoli polari e alcoli a lunga catena, il gruppo fosfato, i monosaccaridi e la sfingosina. Queste molecole sono combinate in molti modi per formare le varie classi di lipidi saponificabili. 4 GLI ELEMENTI BASE DEI LIPIDI SAPONIFICABILI: GLI ACIDI GRASSI INTRODUZIONE Gli acidi grassi sono i più abbondanti componenti dei lipidi saponificabili: almeno un acido grasso è presente in tutti i lipidi saponificabili. Gli acidi grassi sono composti liposolubili formati da lunghe catene di atomi di carbonio (da 6 a 36) con un gruppo funzionale carbossilico(COOH), che conferisce loro proprietà acide. La biosintesi degli acidi grassi avviene soprattutto nel fegato, nella ghiandola mammaria e nel tessuto adiposo degli organismi superiori. Tuttavia due particolari acidi grassi polinsaturi, gli acidi linoleico e linolenico, possono essere sintetizzati soltanto negli organismi vegetali e devono pertanto essere assunti con la dieta, per questo motivo essi vengono definiti acidi grassi essenziali. Gli acidi grassi possono essere saturi, se non sono presenti doppi legami carboniocarbonio, monoinsaturi, se è presente un doppio legame al carbonio nella molecola, oppure polinsaturi, se sono presenti due o più doppi legami carbonio-carbonio. I doppi legami sono nella maggior parte dei casi nella forma “cis” (ogni carbonio del doppio legame è legato a un idrogeno e a un atomo o gruppo funzionale diverso dall'idrogeno e i due gruppi funzionali si trovano dalla stessa parte lungo un piano di riferimento). Essi possono esistere anche nella forma trans (opposta alla cis), anche se in natura prevalgono nettamente gli acidi grassi cis rispetto ai trans, che si formano soprattutto in seguito a determinati trattamenti artificiali. Negli acidi grassi polinsaturi i doppi legami sono raramente coniugati, sono infatti separati usualmente da un gruppo metilico(-CH2-). In presenza di doppi legami infatti risultano facilitate le reazioni di idrogenazione (saturazione), idrossilazione, con formazione di idrossiacidi, e ossigenazione. CLASSIFICAZIONE Agli acidi grassi saturi vengono assegnati nomi che terminano con la desinenza -anoico, mentre la desinenza -enoico viene data gli acidi grassi insaturi; alcuni acidi grassi vengono comunemente identificati con nomi propri, come, per es., gli acidi oleico, linoleico e linolenico. La classificazione degli acidi grassi insaturi è basata sul numero di atomi di 5 carbonio e sulla presenza di doppi legami: gli acidi grassi vengono identificati con due numeri separati da due punti - di cui il primo indica il numero di atomi di carbonio della molecola e il secondo il numero di doppi legami presenti lungo la catena carboniosa. Successivamente, con la lettera “n” o “ω” seguita da un numero, si indica la famiglia di appartenenza: il numero rappresenta la distanza del primo doppio legame dall'estremità metilica (per es. l'acido linolenico viene indicato con C18:3, n-3). Ciascuna famiglia, o serie, è caratterizzata da una molecola capostipite, dalla quale si originano, all'interno dell'organismo, altri acidi grassi polinsaturi in seguito a reazioni di allungamento della catena attraverso enzimi specifici. Le due principali famiglie metaboliche di acidi grassi insaturi sono quella dell'acido linoleico, detta n-6 o ω6(omega 6), il cui componente più abbondante è l'acido arachidonico o AA (C20:4, n-6), e quella dell'acido linolenico o n-3, detta anche ω3(omega 3), da cui derivano per conversione metabolica gli acidi eicosapentaenoico o EPA (C20:5) e docosaesaenoico o DHA (C22:6). PROPRIETA’ CHIMICHE Gli acidi grassi sono anioni ad un pH fisiologico(5,5), in quanto il gruppo carbossilico dona il suo protone ad una base, gli acidi grassi di piccole dimensioni nella forma anionica sono leggermente solubili in acqua. La solubilità diminuisce con l’aumento del numero degli atomi di carbonio. Il loro punto di ebollizione aumenta con l’aumentare con il numero di atomi di carbonio: a parità di atomi di carbonio il numero di ebollizione diminuisce con l’aumento del numero di doppi legami. ACIDI GRASSI ESSENZIALI I grassi alimentari contengono acido linoleico, conosciuto ormai da alcuni decenni, e linolenico, il cui ruolo è stato riconosciuto più di recente. La carenza di acido linoleico nella dieta, oltre a provocare arresto della crescita e sterilità, induce negli animali da esperimento gravi alterazioni della cute e degli organi interni. Inoltre nei lipidi plasmatici e tissutali si viene ad accumulare acido eicosatrienoico (C20:3 n-9), normalmente assente nell'organismo, un prodotto di trasformazione dell'acido oleico che può essere considerato un indice biochimico di questa carenza. L'acido linoleico dà inoltre origine all'acido arachidonico, il più abbondante tra i polinsaturi a lunga catena, che a sua volta è il precursore delle prostaglandine e più in generale degli eicosanoidi. L'apporto ottimale di acido linoleico nella dieta è stato calcolato essere del 3% delle calorie totali, mentre sono stati individuati fabbisogni più elevati (4-5%) nel neonato e in particolari condizioni quali gravidanza e allattamento. Più recentemente è stato dimostrato che anche l'acido linolenico e i suoi prodotti di conversione, EPA e DHA, hanno un ruolo essenziale nell'uomo. Si ritiene, infatti, che l’acido linolenico deve essere dell’1% delle calorie totali, cioè in quantità 3-4 volte superiore a quella attualmente consumata da gran parte della popolazione. Gli acidi linoleico e linolenico vengono sintetizzati esclusivamente nel mondo vegetale. Le alghe marine sono inoltre in grado di formare gli acidi altamente insaturi (EPA e DHA) della serie omega-3 che si accumulano lungo la catena alimentare fino a depositarsi nei tessuti e negli organi dei pesci. 6 SINTESI BIOCHIMICA DEGLI ACIDI GRASSI La sintesi degli acidi grassi è il processo di combinazione di otto frammenti composti da due atomi di carbonio (gruppi acetilici da acetil CoA) per formare un acido grasso saturo a 16 atomi di carbonio, il palmitato. Il palmitato può quindi essere modificato per dare origine ad altri acidi grassi. Tali modifiche possono includere: - allungamento della catena per dare acidi grassi superiori, per esempio l’acido stearico. desaturazione, dando acidi grassi insaturi. La reazione di produzione del palmitato, che avviene nel citoplasma delle cellule del tessuto adiposo e del fegato, ed è la più utilizzata, è: 8 acetil CoA + 7 ATP + 14 (NADPH + H+) -> palmitato (16:0) + 8 CoA + 7 (ADP + Pi) + 14 NADP+ + 6 H2O Il palmitato PICCOLI ALCOLI POLARI E ALCOL A LUNGA CATENA Tra i componenti dei lipidi saponificabili troviamo piccoli alcoli polari, per esempio: -il glicerolo (1,2,3- propantriolo), che è un triolo, ovvero una molecola a tre atomi di carbonio caratterizzata dalla presenza di tre funzionalità alcoliche, ed è la molecola più abbondante nei lipidi saponificabili dopo gli acidi grassi. Viene trasformato nel fegato in glucosio diventando una fonte di energia per il metabolismo cellulare. Ricavato industrialmente come sottoprodotto della lavorazione del sapone, trova impiego nella produzione di sciroppi, creme per uso farmaceutico e cosmetico, nonché come additivo alimentare, identificato dalla sigla E422. -l’amminoacido serina, acido 2(S)-ammino-3-idrossipropanoico, è un amminoacido polare e chirale. L’enantiomero L è uno dei 20 amminoacidi, che può essere sintetizzato dall’organismo umano. La serina può essere destinata alla produzione di energia metabolica, sotto forma di ATP. Per farlo deve essere prima deidratata in una reazione catalizzata dall'enzima serina deidratasi. - la etanolammina, è un composto chimico che ha la funzione di ammina e di alcol. Legata ad un glicerofosfolipide dà la fosfatidiletanolammina, detta anche "cefalina". Quest'ultima ha funzione di 7 trasporto degli acidi grassi e contribuisce al loro assorbimento a livello intestinale. -la colina, è una sostanza organica classificata come nutriente essenziale. Viene denominata vitamina J e talvolta è accostata alle vitamine del Gruppo B. È un costituente dei fosfolipidi che compongono la membrana cellulare e del neurotrasmettitore acetilcolina. - l’inositolo, un polialcol ciclico con 6 atomi di carbonio. La struttura dell'inositolo gioca un ruolo fondamentale nei messaggeri secondari in cellule eucariotiche, come inositolo fosfato o come lipidi fosfatidilinositolo (PI) e fosfatidilinositolofosfato (PIP). Troviamo poi alcoli a lunga catena, costituiti da 8 fino a 40 atomi di carbonio e una funzionalità alcolica. Una proporzione di alcoli presenti nei lipidi saponificabili sono gli alcol vinilici: formati sempre da 8 fino a 40 atomi di carbonio, con un gruppo alcolico al C-1, e un doppio legame carboniocarbonio tra C-1 e C-2. IL GRUPPO FOSFATO Il fosfato è un anione con formula PO43-. In questo ione il fosforo assume stato di ossidazione +5. Consiste in un atomo di fosforo centrale circondato da quattro atomi di ossigeno, formanti un tetraedro. E’ un componente del DNA e del RNA, dove forma legami fosfodiesterei essenziali per la formazione del lungo filamento degli acidi nucleici. L'ATP, o adenosina trifosfato, ha tre gruppi fosfato, ed è la molecola adibita al trasporto di energia chimica; l'energia viene portata nei legami chimici dei fosfati. I legami tra i tre fosfati sono ad alta energia, il che significa che quando il legame è rotto, moltissima energia può essere rilasciata per generare lavoro (7 Kcal/mol o 29288 J/mol). Ecco perché l’ATP viene utilizzato come vettore energetico per tutta la cellula. I gruppi fosfato sono inoltre utilizzati per fosforilare molecole come proteine: l’aggiunta di uno o più gruppi fosfato determina una attivazione o una inibizione di una determinata molecola organica. Questo processo viene utilizzato dalle cellule come meccanismo di controllo, sono un esempio le fibre muscolari dove l’ATP gioca un ruolo fondamentale nella contrazione e rilassamento del muscolo. 8 Un altro ruolo importante, inerente all’argomento della tesina, è che il gruppo fosfato è un componente essenziale in una classe di lipidi saponificabili, i fosfolipidi. Da sinistra verso destra: molecola di ATP, gruppo fosfato, nucleotide del RNA I MONOSACCARIDI I monosaccaridi sono i più semplici carboidrati e sono comunemente chiamati zuccheri. Sono i mattoni per la costruzione(monomeri) di tutti i carboidrati più complessi. I monosaccaridi hanno formula generale (CH2O)n ,dove n può essere un numero compreso tra 3 e 6. Infatti, possiamo classificarli come: n= 3 triosi, per esempio la gliceraldeide n= 5 pentosi, come il ribosio o il deossiribosio(rispettivamente gli zuccheri di RNA e DNA) n= 6 esosi, come il fruttosio, il glucosio e il galattosio I pentosi e gli esosi possono esistere in due forme: ciclica e non ciclica. Nella forma non ciclica la loro formula di struttura mostrano il gruppo chetonico o aldeidico, che nella forma ciclica non è evidente perché impegnato nel legame di ciclizzazione della molecola (forma emiacetalica). Comunque, gli zuccheri si trovano nella maggior parte dei casi nella forma ciclica piuttosto che in quella non ciclica. La loro caratteristica principale è quella di essere delle sostanze utilizzate come fonti energetiche per le cellule dove la loro ossidazione produce energia chimica sotto forma di ATP. Sono molecole polari, visto che possiedono molte funzionalità alcoliche oltra a quella chetonica o aldeidica. Il glucosio nella sua forma aciclica (a sinistra) e ciclica (a destra) 9 LA SFINGOSINA La sfingosina un amminoalcol insaturo il cui nome I.U.P.A.C. è trans-D-eritro-2-ammino-4ottadecen-1,3-diolo. La sfingosina è costituita da tre parti: una catena di tre atomi di carbonio contenente due gruppi alcolici e un gruppo amminico legati a una lunga catena idrocarburica. La sfingosina è, in pratica, un aminoalcol a 18 atomi di carbonio. Viene generalmente isolata dal cervello dei bovini e va conservata a bassa temperatura (-20 °C). E’ una molecola molto importante perché componente principale degli sfingolipidi e delle ceramidi. I LIPIDI SAPONIFICABILI Una volta descritti i principali componenti dei lipidi saponificabili, si può procedere nella descrizione di questa classe di composti. I lipidi saponificabili, sono definiti come delle molecole che reagiscono con soluzioni calde e/o alcaline per formare saponi. I saponi sono sali di acidi grassi a lunga catena, che sono più solubili in acqua rispetto agli acidi grassi senza carica. Il motivo è che i saponi contengono una parte della struttura molecolare che è polare: questa parte può interagire con l’acqua, anch’essa polare, per permettere una certa solubilità ad una parte della molecola. Le soluzioni alcaline idrolizzano esteri, ammidi e legami glicosidici formando acidi carbossilici, aldeidi, chetoni, alcoli e ammine. Per questo motivo i lipidi saponificabili sono molecole complesse, costituite da piccole molecole legate covalentemente ad uno o più legami esterei, ammidici e glicosidici. LE CERE Il termine cere è utilizzato generalmente per descrivere un gruppo molto eterogeneo costituito da miscele di lipidi apolari a lunga catena. La parola cera deriva dall’inglese antico”weax” che significa letteralmente ”sostanza prodotta dalle api”. In questo grande gruppo troviamo composti insolubili in acqua ma solubili in solventi apolari, con un punto di fusione che va dai 60 ai 100 gradi. Le cere sono, in pratica, esteri di un alcol a lunga catena (dai 16 ai 40 atomi di carbonio) con un acido grasso a lunga catena (dai 12 ai 38 atomi di carbonio). Sono la più semplice classe di lipidi saponificabili, possono infatti essere saponificati da soluzioni alcaline calde per dare un acido grasso ed un alcol. Vanno a formare un rivestimento impermeabile in piante e in frutti ma soprattutto in animali (cera delle api, le cuticole degli insetti, nella pelle, nelle ghiandole dell’uropigio degli uccelli, gli spermaceti delle balene, deposito di grasso per il zooplancton), nelle alghe, nei funghi e nei batteri. Le cere vengono inoltre utilizzate nelle industrie cosmetiche per le loro proprietà emollienti (rendere morbidi i materiali), vengono utilizzati inoltre come lubrificanti, o come riserva energetica per alcuni organismi viventi. In questo gruppo troviamo inoltre cere di tipo sintetico come la paraffina. Ecco alcune delle cere più conosciute e più utilizzate dall’uomo o dagli organismi viventi: 10 CERE ANIMALI Cera d’api Questa è la cera più conosciuta, viene prodotta da una secrezione addominale dalle api (Apis mellifera). Viene utilizzata per formare le celle dell’alveare, ed è costituita da monoesteri di acidi grassi come l’acido palmitico, palmitoleico e idrossipalmitico (per circa l’80% del peso totale), il resto del peso è dovuto a una grande miscela di composti come idrocarburi, steroli e altri esteri etilici. La cera d’api è facilmente saponificabile ed emulsionabile grazie al contenuto di acidi grassi, dioli e idrossiacidi. Il suo punto di ebollizione è di 62-65°C. E’ stata usata sin dall’antichità visto la sua presenza nelle pitture murali della grotta di Lascaux e nelle mummie egiziane. Veniva usata dagli egiziani per le sue proprietà adesive e di protezione e nella costruzioni di navi. Nel periodo romano, veniva utilizzata per proteggere le pitture rupestri mentre nel medioevo veniva considerata al pari di una moneta. Negli ultimi anni, la cera d’api viene utilizzata materiale di modellismo, come componente di guarnizioni, rivestimenti e candele. Spermaceti (o sperma di balena) Lo spermaceti è una cera che deriva dal tessuto adiposo e da una grande cavità nella testa del capodoglio (Physter macrocephalus). L’organo frontale, usato come un sonar dall’animale, contiene circa 3 tonnellate di spermaceti. Questa sostanza contiene monoesteri(65-95%), ma anche da trigliceridi, alcoli e acidi grassi liberi (i monoesteri vengono sintetizzati dal palmitato di cetile). Lo spermaceti ha un aspetto di un solido bianco cristallino che può essere ridotto in polvere. Il suo punto di fusione è di 42-50 gradi celsius. Questo prodotto veniva utilizzato in medicina in Inghilterra (15° secolo) e successivamente in cosmetica, farmacia e nelle candele. In questo momento, non viene più commercializzato perché il capodoglio è un animale a rischio di estinzione. E’ stato quindi rimpiazzato da spermaceti sintetico costituito da miscele di acetil-palmitato con altre sostanze. 11 Cere negli esseri umani Possiamo trovare delle cere anche nell’essere umano, soprattutto negli occhi e nella cute: le cere costituiscono il 25% del sebo negli uomini, che presenta un acido grasso inusuale nella sua composizione e che è presente in grande quantità, 16:1 n-10 chiamato anche acido sapienico. Questo acido conferisce alla cera una potente azione antimicrobica. Negli occhi, invece, sono presenti delle ghiandole, chiamate ghiandole di Meibomio, che secernono varie cere che hanno un ruolo essenziale nella protezione della superficie dell’occhio dalla disidratazione. Oltre a questa funzione, sono inoltre antimicrobiche, lubrificanti e hanno proprietà nutrizionali. CERE VEGETALI E ALTRE CERE Cera di carnauba Questa cera è secreta dalle foglie della palma brasiliana (Copernicia prunifera cerifera). Contiene principalmente esteri grassi, alcoli liberi e acidi grassi. La caratteristica principale di questa cera è che contiene il 20% di dialcoli e il 10% di acido cinnamico. Questa cera è la più dura tra le cere vegetali e ha una temperatura di ebollizione di 78-85 gradi celsius. Viene utilizzata dalla pianta per ridurre la disidratazione della pianta e viene usata industrialmente per creme, rossetti, candele, nelle pellicola per la carta e nella frutta del supermercato. Nelle piante la superficie è costituita da una complessa miscela di lipidi (tra i quali un polimero chiamato cutina) che forma la cera epicuticolare. Questa cera ricopre tutta la pianta ed è un ottimo mezzo di protezione per la protezione dall’ambiente esterno, evitando la disidratazione della pianta. Una struttura simile la si può osservare inoltre in alcune alghe, dove offre protezione anche da parassiti. Anche i batteri producono cere, che possono essere utilizzate sia come fonte energetica, sia come protezione dall’ambiente esterno. Mycobacterium spp, per esempio, produce particolari cere (phthiocerol waxes) che costituiscono parte della parete cellulare o della capsula. Si è visto che queste cere giocano un ruolo importante nella virulenza del batterio ma anche nella struttura e nella permeabilità. 12 TRIGLICERIDI Struttura e caratteristiche I trigliceridi, chiamati anche triacilgliceroli o lipidi neutri, sono delle molecole organiche composte da tre acidi grassi legati ai tre gruppi ossidrilici di una molecola di glicerolo attraverso legami esterei. Sono comunemente chiamati grassi (se di origine animale) e oli (se di origine vegetale): sono facilmente saponificabili in presenza di una base forte e danno luogo ad una molecola di glicerolo e a sali degli acidi grassi. Questi ultimi sono i comuni saponi che usiamo ogni giorno e che rivestono una grande importanza (questo argomento verrà trattato nella apposita sezione). I trigliceridi possono essere costituiti da tre acidi grassi uguali tra loro, e vengono quindi chiamati semplici, oppure da diverse combinazioni di acidi grassi, e vengono chiamati misti. In realtà, i grassi e gli oli non sono costituiti da un solo trigliceride: per riuscire a capire quali acidi grassi li compongono si procede ad una saponificazione per identificare ogni percentuale. Gli acidi grassi che compongono i trigliceridi possono essere saturi e insaturi. Nel primo caso si ottiene un grasso, che è solido e spesso di origine animale (con l’eccezione dell’olio di cocco e di palma), nel secondo si ottiene un olio, spesso di origine vegetale e liquido. La diversa consistenza dei grassi e degli oli è dovuta alla struttura degli acidi grassi: le lunghe e inerti catene carboniose degli acidi grassi saturi fa sì che queste si aggreghino facilmente, instaurando interazioni chimiche deboli (forze di Van der Waals), compattandosi in una forma cristallina e dando così una consistenza solida al grasso. Negli acidi grassi insaturi, invece, le catene carboniose sono flessibili a causa della presenza di doppi legami e alla configurazione cis che essi assumono: questo riduce le forze di Van der Waals tra gli acidi grassi rendendo l’olio liquido. Grazie alle loro proprietà chimiche, i trigliceridi hanno delle caratteristiche particolari: sono neutre, ovvero non possiedono gruppi chimici caricati elettricamente, per cui sono insolubili in acqua, hanno una densità minore dell’acqua e hanno temperature di ebollizione basse (dai 160 ai 260 gradi celsius a seconda del tipo di grasso o olio). DIGESTIONE E UTILIZZO DEI TRIGLICERIDI NELL’ORGANISMO UMANO Negli organismi viventi, i trigliceridi vengono utilizzati come riserva di energia visto il loro alto potenziale energetico: dalla demolizione di un trigliceride otteniamo infatti un glicerolo, uno zucchero che può essere utilizzato come substrato di partenza nella glicolisi dopo essere trasformato in gliceraldeide-3-fosfato, e acidi grassi (β ossidazione degli acidi grassi), che possono 13 essere trasformati in gruppi acetile per poter poi entrare nel ciclo di Krebs come acetil-CoA. Questa funzione energetica è condivisa da tutti gli organismi viventi, dai batteri (in quantità minore) alle piante, ma anche miceti, lieviti e alghe. I trigliceridi, una volta ottenuti attraverso il cibo, vengono demoliti grazie all’azione di diverse sostanze: quando raggiungono il coledoco, il canale di transito tra lo stomaco e l’intestino, vengono emulsionati dalla bile (formata da fosfolipidi e steroli) che permette ai trigliceridi di poter essere solubili in acqua. Successivamente la lipasi pancreatica, enzima prodotto dal pancreas, rompe i trigliceridi in monogliceridi, acidi grassi e piccole quantità di glicerolo. A questo punto, gli acidi grassi e il glicerolo vengono assorbiti dai villi intestinali per entrare nel circolo sanguigno, mentre i monogliceridi verranno compattati in lipoproteine dette chilomicroni che vengono assorbiti e immessi nei vasi linfatici del villo (sono troppo grandi per entrare nei capillari del villo). Una volta dentro le cellule, fungono da riserva energetica attraverso la loro idrolisi. Se è presente una concentrazione eccessiva di trigliceridi essi vengono immagazzinati negli adipociti, cellula specializzate per questa funzione, contribuendo a formare il grasso corporeo. I trigliceridi hanno però altre due funzioni: sono isolanti per la perdita di calore e hanno una funzione protettiva contro i traumi esterni. Un alto livello di trigliceridi nel corpo può portare a numerose patologie a carico del sistema cardio-circolatorio: trombosi, angina pectoris, infarto e obesità. Occorre, per una buona salute, ridurre il consumo di trigliceridi contenenti acidi grassi saturi (contenuti in grassi, come il burro) ed aumentare il consumo di trigliceridi contenenti acidi grassi insaturi (contenuti in oli vegetali e nel pesce) in quanto questi sono indispensabili per l’eliminazione degli acidi grassi saturi e colesterolo nel sangue. SAPONE Ho scelto di descrivere il sapone, derivato dai trigliceridi, sia per comprendere meglio la sua struttura e la sua importanza, sia perché tutti i lipidi saponificabili in presenza di soluzioni alcaline producono esteri di acidi grassi (saponi) tramite una reazione di saponificazione, dando quindi il nome a questa classe di lipidi. Breve storia del sapone La prima prova dell’esistenza del sapone risale al 2800 A.C nell’antica Babilonia. I babilonesi scoprirono che mescolando del grasso caldo con cenere di legno e acqua si otteneva una sostanza pulente, che venne utilizzata nell’industria tessile. Anche gli egiziani, nel 1550 A.C. lo utilizzarono in medicina, soprattutto per curare piaghe e come misura preventiva per problemi alla pelle. Si crede che il sapone divenne famoso durante l’impero Romano. Infatti nelle rovine di Pompei, distrutta dal Vesuvio nel 79 D.C., è stata scoperta una industria di sapone. Nel 1200 D.C. a Marsiglia, Francia e Savona, Italia, si sviluppò l’industria del sapone. Il loro sapone era costituito da grasso di capra mischiato a ceneri di legno di faggio (alcaline). Negli stessi anni, anche in altri luoghi della Francia comincia a svilupparsi l’industria del sapone e dei profumi: da questo momento in poi i saponi verranno impiegati per lavarsi e profumarsi. Nel 18 secolo, si capì l’importanza dei saponi dal punto di vista igienico, grazie alle importanti scoperte sulla loro struttura e produzione, come quelle di Leblanc nel 1791 e Pears nel 1789. Nel corso degli anni lo studio sulla preparazione del sapone si sviluppò sempre più sino alla scoperta dei saponi liquidi e i detergenti, negli ultimi 100 anni. 14 Come è fatto un sapone e come funziona I saponi vengono definiti come sali (nella maggior parte dei casi di sodio o di potassio) di acidi grassi a lunga catena. La particolare struttura del sapone fa sì che si formi una “coda” idrofoba (non affine all’acqua) costituita dalla catena carboniosa e una “testa” idrofila (affine all’acqua) costituita dal gruppo ionico o polare. L’azione del sapone si basa sulla legge chimica “il simile scioglie il simile”: quando ci laviamo, la parte idrofoba del sapone (la catena carboniosa) va a legarsi allo sporco, questo perché le molecole di sporco sono tendenzialmente idrofobe. In questo modo lo sporco e circondato da molecole di sapone, con le code idrofobe delle molecole di sapone legate allo sporco, mentre le estremità idrofile (spesso anioni) sono all’esterno a contatto con l’acqua. Queste particolari strutture sono chiamate micelle e permettono di solubilizzare lo sporco. In altre parole le micelle possono essere considerate delle sferette con la superficie caricata negativamente le quali, respingendosi fra loro elettrostaticamente, rimangono disperse nel solvente acquoso da dove verranno allontanate con i risciacqui. I saponi inoltre fanno parte della famiglia dei tensioattivi, molecole in grado di diminuire la tensione superficiale dell’acqua. Questo permette una maggiore facilità di solubilizzare lo sporco in acqua e di allontanarlo dal nostro corpo attraverso il lavaggio con acqua. Essi tuttavia non sono in grado di svolgere la loro funzione detergente sia in acque dure, ossia in acque ricche di sali di calcio, ferro e magnesio, sia in quelle acide. Nel primo caso danno luogo a sali carbossilici che, essendo insolubili in acqua precipitano e quindi si depositano sul tessuto o sulla superficie da lavare (si pensi agli anelli di deposito nelle vasche da bagno); nel secondo caso la soluzione acida dà origine agli acidi grassi iniziali che risultano anch’essi insolubili in acqua. Processi di formazione del sapone Le tecniche per la preparazione dei saponi possono essere di tipo discontinuo oppure continuo. La prima, di tradizione artigianale, parte da materie prime grezze, per cui l'idrolisi avviene durante la lavorazione: l'olio e i grassi in miscela opportuna vengono immessi in una caldaia e riscaldati con vapore diretto; quando la massa raggiunge la temperatura di ca. 80 ºC si immette lentamente, per non originare una violenta saponificazione, una soluzione di idrossido di sodio al 50%, dopo di che si effettua la cosiddetta “salatura” per aggiunta di sale (cloruro di sodio) e si lascia a riposo la soluzione sospendendo l'invio di vapore. Dopo diverse ore si ha la separazione della liscivia, 15 contenente il glicerolo, che si raccoglie sul fondo e viene scaricata, e del sapone che si stratifica in alto. A questo punto il sapone subisce numerosi lavaggi con acqua leggermente salata per separare il restante glicerolo; infine una successiva bollitura permette la separazione al fondo della caldaia delle varie impurezze presenti nelle materie prime. Per sapone di bassa qualità si ricorre invece a una saponificazione a freddo, senza asportazione delle impurezze e della glicerina. I processi continui, adottati nelle industrie, partono dagli acidi grassi ottenuti per saponificazione e prevedono la totale automazione del processo. Secondo uno dei metodi più usati, gli acidi grassi, miscelati a ossido di zinco come catalizzatore, sono inviati in una colonna di idrolisi in controcorrente d'acqua a 220 ºC, sotto pressione di ca. 40 atmosfere. Dal fondo della colonna fuoriesce il glicerolo e dalla testa la soluzione salina che viene inviata alla distillazione sotto vuoto e quindi alla neutralizzazione con idrossido di sodio. I saponi ricavati in modo sia continuo sia discontinuo contengono circa il 30% di acqua che deve essere in buona parte asportata per essiccamento sotto vuoto; infine essi vengono additivati con sbiancanti ottici, pigmenti, odorizzanti, profumi, ecc. e quindi confezionati secondo la richiesta del mercato. L’importanza del sapone in ambito igienico Le mani sono un ricettacolo di germi; circa il 95% è rappresentato da microrganismi non patogeni, che risiedono normalmente sulla cute senza creare danni. A questi, però, possono aggiungersi virus e batteri che circolano nell’aria o con cui veniamo in contatto toccando le più diverse superfici. I batteri delle mani possono essere suddivisi in due categorie: transitori o residenti. La flora residente è formata da microrganismi residenti sotto le cellule superficiali dello strato corneo e presenti anche sulla superficie cutanea. Staphylococcus epidermidis è la specie dominante e la resistenza all'oxacillina è straordinariamente elevata, in particolare nel personale sanitario. Tra gli altri batteri residenti troviamo Staphylococcus hominis e altri stafilococchi coagulasi negativi, i batteri corineformi (Propionibacteria, Corynebacteria, batteri epidermici e micrococchi). Tra i funghi, il genere più diffuso della flora cutanea residente è il Pityrosporum (Malassezia) spp. Le mani di alcuni operatori sanitari possono diventare permanentemente colonizzate da agenti patogeni come S. aureus, i bacilli Gram-negativi o i lieviti. La cute umana normale è colonizzata da batteri, con conte totali di batteri aerobi variabili: oltre 1 x 106 UFC (Colony Forming Unit - Unità Formanti Colonie)/cm2 sul cuoio capelluto, 5 x 105 UFC/cm2 nell'ascella e 4 x 104 UFC/cm2 sull'addome e 1 x104 UFC/cm2 sull'avambraccio. Le conte batteriche totali sulle mani del personale ospedaliero vanno da 3,9 x 104 a 4,6x 106 UFC/cm2. La possibile presenza di microrganismi patogeni nelle mani e la facilità di trasmissione di questi nell’ambiente o tra persona e persona rende necessario adottare delle misure di prevenzione e di asepsi. La più utilizzata e la più semplice è quella di lavarsi le mani con il sapone. Il sapone, per la sua azione detergente, è molto utilizzato per rimuovere la flora transitoria che aderisce non troppo fortemente alla cute. Per questo motivo è importantissimo l’utilizzo del sapone nella vita di ogni giorno, sia in ambiente domestico che in ambiente sanitario: circa 1/3 delle infezioni associate alle pratiche assistenziali sono prevenibili lavandosi le mani. E’ quindi opportuno conoscere le più comuni modalità di contaminazione e mettere in atto le opportune misure igieniche. IL MIO SAPONE Per completare il discorso sui saponi, ho realizzato nel mio laboratorio scolastico un sapone partendo da olio di oliva e idrossido di sodio. La reazione che avviene in ambiente caldo è la saponificazione (già descritta in precedenza) e il sapone che ho ottenuto è solido. Esso è abbastanza 16 “morbido” perché non ho separato il glicerolo alla fine del processo e ho effettuato lo sconto di soda, introducendo una quantità minore di idrossido di sodio evitando così di avere un sapone troppo aggressivo per la cute. PROCEDIMENTO Ho pesato 600 grammi di olio extravergine di oliva, che erano inseriti in un becher da 1000 ml, utilizzando una bilancia tecnica (sensibilità 0,1 grammo, portata 1000 grammi). Successivamente ho pesato in un altro becher (da 250 ml) i grammi di idrossido di sodio (NaOH) per la completa saponificazione dell’olio, che ho ottenuto moltiplicando la massa dell’olio per il suo indice di saponificazione (ovvero la quantità di idrossido di sodio per saponificare 1 grammo di sostanza grassa). Una volta pesato l’idrossido di sodio, ho aggiunto 228 grammi di acqua al fine di ottenere una soluzione acquosa di NaOH. Successivamente, ho travasato la soluzione di NaOH nel becher contenente l’olio e ho mescolato per 10 minuti circa in modo da ottenere una soluzione il più omogenea possibile. Una volta fatto ciò, ho posto il becher in una piastra riscaldante. Ho scaldato la soluzione per circa un’ora e mezza alla temperatura di 40/45° C controllando di tanto in tanto la temperatura con un termometro e continuando a mescolare per evitare la formazione di grumi. Quando ho ottenuto un solido pastoso, ho fermato il riscaldamento, ho aggiunto qualche goccia di essenza di geranio e lo ho versato in stampini in silicone. Ho lasciato quindi riposare il sapone per 5 giorni ed ho ottenuto le forme di sapone solido. ATTENZIONE -L’idrossido di sodio utilizzato è corrosivo e può provocare gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari (GHS05) -La reazione tra NaOH e acqua è fortemente esotermica CALCOLI EFFETTUATI E DATI Grammi di olio pesati= 600 grammi Massa idrossido di sodio=๐๐๐ ๐ ๐ ๐๐๐๐ × ๐๐ด๐ = 80,4 g 76,4 g con sconto di soda 5 % SAP olio extravergine d’oliva= 0,134 Massa acqua= 228 grammi Da sinistra verso destra: soluzione di idrossido di sodio, becher con olio d’oliva, becher olio+NaOH e sapone ottenuto 17 FOSFOLIPIDI La famiglia dei fosfolipidi comprende fosfogliceridi, plasmalogeni e sfingomieline ed è una delle più importanti famiglie che compongono i lipidi saponificabili. Sono così chiamati per la presenza di un gruppo fosfato nelle loro molecole. I fosfolipidi compongono buona parte delle membrane cellulari, per cui prima di andare a descrivere i diversi fosfolipidi, spiegherò brevemente cos’è una membrana cellulare: LA MEMBRANA CELLULARE (O PLASMATICA) La membrana plasmatica è presente sia nelle cellule eucarioti che eucarioti, ed è composta da un doppio strato di fosfolipidi, dello spessore di 50 nm, che fungono da barriera che separa l’ambiente cellulare dal mondo esterno. Oltre ai fosfolipidi sono presenti anche proteine che permettono il mantenimento del potenziale elettro-chimico, le funzioni di riconoscimento, la comunicazione tra le cellule, offrono stabilità alla membrana e permettono il passaggio di molecole o ioni all’interno o all’esterno della cellula. La membrana plasmatica delle cellule animali contiene 4 fosfolipidi (fosfatidilcolina, fosfatidiletanolammina, fosfatidilserina e sfingomielina), che insieme formano più della metà dei lipidi di membrana. Questi fosfolipidi sono disposti asimmetricamente tra le due metà della membrana a doppio strato. Lo strato più esterno consiste principalmente di fosfatidilcolina e sfingomielina, mentre fosfatidiletanolammina e fosfatidilserina compongono lo strato più interno. Un quinto fosfolipide, il fosfatidilinositolo, è localizzato tra i due strati fosfolipidici e gioca un ruolo importante nella trasduzione del segnale (come vedremo). Altri componenti di membrana sono il colesterolo e i glicolipidi (2%), in cui la loro porzione zuccherina è esposta sulla superficie della membrana cellulare. La struttura dei fosfolipidi è responsabile per la funzione della membrana nel separare due compartimenti acquosi: i fosfolipidi (similmente ai saponi) sono costituiti da una testa polare idrofila e due code apolari idrofobe. Quando posti in ambiente acquoso, questi si dispongono in doppio strato, con le teste polari rivolte all’interno e all’esterno della cellula a contatto con acqua, mentre le code polari sono rivolte verso l’interno del doppio strato, dove l’acqua non è presente. Per questo motivo la membrana è impermeabile a molecole idrosolubili, mentre sono solubili composti piccoli e apolari. Gli acidi grassi dei fosfolipidi contengono uno o più doppi legami, questo fa sì che non si compattino e possano muoversi liberamente nella membrana cellulare, rendendo la membrana cellulare flessibile e morbida (modello a mosaico fluido). Recenti studi dicono che non tutti i lipidi possono muoversi liberamente nella membrana plasmatica. Sono presenti, infatti, dei microdomini dove sono presenti elevate concentrazioni di sfingolipidi e colesterolo. Questi blocchi di sfingolipidi e colesterolo formano delle “zattere fosfolipidiche” (lipid rafts) nello strato fosfolipidico che possono muoversi e sono associate a specifiche proteine di membrana. Anche se le funzioni dei lipid rafts non sono ancora del tutto conosciute, si pensa siano implicate nei processi di segnalazione cellulare o nei processi di trasduzione del segnale (Nature, Functional rafts in cell membranes, volume 387, 5 June 1997, Kai Simons & Elina Ikonen). 18 FOSFOGLICERIDI I fosfogliceridi sono simili ai trigliceridi: sono infatti esteri del glicerolo, ma contengono solo due acidi grassi al posto di tre. Gli acidi grassi sono legati ai gruppi ossidrilici 1 e 2 del glicerolo attraverso legame estereo. Il terzo gruppo ossidrilico del glicerolo è legato ad un gruppo fosfato tramite legame fosfoestereo (doppio legame ossigeno-fosforo). E’ inoltre presente un amminoalcol complesso legato al gruppo fosfato attraverso un secondo legame fosfoestereo. Il complesso amminoalcol può essere la colina, la etanolammina o l’amminoacido serina Tutti i fosfogliceridi derivano dall’acido fosfatidico: questa molecola contiene due acidi grassi legati attraverso legame estereo con i gruppi ossidrilici 1 e 2 del glicerolo. Una molecola di fosfato è legata al gruppo ossidrilico del carbonio 3 del glicerolo. Gli organismi viventi contengono poco acido fosfatidico, ma questo composto è il precursore di tutti gli altri fosfogliceridi: aggiungendo uno amminoalcol si ottengono tutti gli altri fosfogliceridi. Fra i più importanti è utile ricordare la lecitina, le cefaline e la cardiolipina. La fosfatidilcolina o lecitina è una molecola che si forma quando una molecola di colina è esterificata ad un fosfato dell’acido fosfatidico. La fosfatidilcolina è molto abbondante nelle cellule, in quanto forma circa metà delle membrane cellulari di origine animale. Questa molecola si dispone spontaneamente in doppio strato, quindi è ideale per la formazione del doppio strato fosfolipidico della membrana cellulare. Viene generalmente estratta dai semi di soia ed è il fosfolipide più presente nel citoplasma cellulare. Costituisce la maggior parte del surfactante, il liquido che impedisce il collasso degli alveoli più piccoli e l’eccessiva espansione di quelli più grandi, ed è la fonte principale di colina, molecola essenziale per la formazione di un importante neurotrasmettitore, l’acetilcolina. La fosfatidilcolina è inoltre un costituente importante delle lipoproteine che trasportano il colesterolo e i trigliceridi, soprattutto delle HDL, contribuendo a mantenere il livello di grassi nel sangue. Per questo motivo, negli ultimi anni viene utilizzata in chirurgia estetica con iniezioni sottocutanee per rimuovere il grasso in eccesso, senza ricorrere ad un intervento chirurgico quale è la liposuzione. Le cefaline sono composti organici che si riscontrano in concentrazioni elevate soprattutto nel cervello e nel midollo spinale e comprendono la fosfatidiletamolammina, la fosfatidilserina e il fosfatidilinositolo. La fosfatidiletanolammina è un fosfogliceride ottenuto legando una etanolammina al gruppo fosfato dell’acido fosfatidico tramite legame estereo. E’ uno zwitterione a un range di pH tra 2 e 7 prende è nella forma anionica in un range tra 7 e 10. Nei batteri è il principale fosfolipide di membrana e sembra inoltre giocare un ruolo importante nella trasformazione e differenziamento delle cellule. Si pensa che la fosfatidiletanolammina eserciti una pressione laterale nella membrana cellulare stabilizzando le proteine di membrana nella loro conformazione ottimale. Si pensa inoltre che abbia un ruolo importante nelle membrane batteriche nel diluire la densità cariche negative dei fosfolipidi in forma anionica. E’ una molecola in grado, nel batterio E.coli, di 19 permettere il trasporto attivo del lattosio tramite l’enzima lattosio permeasi, in quanto determina la corretta struttura terziaria della proteina. Nei tessuti animali, la fosfatidiletanolammina è molto importante nel cuore durante una ischemia: essa è componente principale del sarcolemma (la membrana cellulare delle fibre muscolari), questo è in grado di riorganizzare il suo contenuto fosfolipidico andando a eliminare la fosfatidiletanolammina in caso di ischemia o inibizione metabolica, riducendo il danno provocato da queste condizioni. Un'altra molecola importante che fa parte della famiglia delle cefaline è la fosfatidilserina: fosfogliceride ottenuto aggiungendo un amminoacido serina al gruppo fosfato della molecola di acido fosfatidico. Questo fosfogliceride è presente raramente in natura, con una concentrazione minore del 10% nelle membrane cellulari. Nel tessuto del cervello, la mielina contiene le concentrazioni maggiori di questa molecola. Questa molecola è un componente chiave nell’attivazione delle chinasi (enzimi appartenenti alla famiglia delle fosfotransferasi in grado di trasferire gruppi fosfato da molecole donatrici ad alta energia (come l'ATP) a specifici substrati) e del processo di coagulazione del sangue. La fosfatidilserina è interamente localizzata nello strato più interno della membrana cellulare: questa normale distribuzione è alterata durante l’attivazione delle piastrine e l’apoptosi cellulare. L’ultima molecola appartenente alle cefaline è il fosfatidilinositolo, ottenuto aggiungendo una molecola di inositolo al gruppo fosfato dell’acido fosfatidico. Questa molecola è presente in minima parte nella membrana cellulare di cellule procarioti ed eucarioti, e si pensa abbia un ruolo nella trasduzione del segnale. La cardiolipina, detta anche difosfatidilglicerolo, è un fosfogliceride presente per il 20% dei lipidi mitocondriali. E’ stata isolata nel 1906 da Wasserman nel cuore di manzo, da cui il nome, ed è stata poi utilizzata per il test sierologico di riconoscimento di Treponema pallidum, l’agente eziologico della sifilide. La cardiolipina è composta da due molecole di acido fosfatidico legate al carbonio 1 e 3 di una molecola di glicerolo. La cardiolipina dei mammiferi contiene oltre il 90% di un acido grasso, l’acido linoleico, anche se sono state identificate oltre 100 specie molecolari. Questo fosfolipide è associato all’enzima citicromo ossidasi nella catena di trasporto degli elettroni nella membrana interna dei mitocondri, nella membrana dei tilacoidi e nelle membrane batteriche. La cardiolipina, infatti, è un fattore regolatore di molte proteine di membrana essenziali, andando a regolare numerosi enzimi indispensabili per l’ossidazione e la riduzione dei citocromi. Oltre a ciò, è in grado di indurre l’apoptosi della cellula, andando a dissociare il citocromo c dalla membrana interna del mitocondrio e a permeabilizzare della membrana esterna del mitocondrio. Possiamo trovare la cardiolipina in moltissime cellule procarioti, ad esempio in batteri come Bacillus subtilis (che ne contiene il 38%), Streptococcus (59%) e Staphylococcus aureus (79%). Un composto analogo è stato identificato anche nelle membrane dell’archebatterio 20 Halobacterium salinarum. Una sua assenza nell’organismo umano può essere provocata dalla sindrome di Barth (scoperta nel 1983): una malattia rara legata ad un disordine del cromosoma X che provoca un alterato metabolismo dei fosfolipidi, in particolare della cardiolipina. Provoca gravi danni al cuore, con miopatie e diminuzione di leucociti con rischio elevato di setticemie e polmoniti. Essendo legata ad una mutazione del cromosoma X interessa solo il sesso maschile ed è una malattia genetica legata al sesso. Le restanti famiglie che compongono i fosfolipidi sono i fosfolipidi eteri (ether lipids) e la sfingomielina. I fosfolipidi eteri contengono un alcol a lunga catena legato al gruppo ossidrilico del carbonio 1 del glicerolo tramite legame etereo. In pratica, al posto di un acido grasso legato al gruppo ossidrilico tramite legame estereo, è legato un alcol tramite legame etereo. Questi composti sono sintetizzati dalla fosfatidilcolina o dalla fosfatidiletanolammina con una reazione di sostituzione. Questi composti sono presenti in minima quantità nelle membrane cellulari del nostro corpo, ma sono molto presenti nelle membrane dei neuroni. Questi composti hanno un gruppo polare che risulta meno polare rispetto ai fosfogliceridi per la presenza del legame etereo, questo causa, nei neuroni, un alterazione delle proprietà della membrana: aumento della permeabilità degli ioni, membrana più sottile, diminuzione del potenziale di membrana. Sono inoltre indispensabili per la regolazione della permeabilità e per mantenere ottimali i recettori di membrana e i canali ionici. Si pensa inoltre che questi composti abbiano una azione antitumorale, perché offrono protezione contro le radiazioni e possiedono proprietà antitumorali. In questo gruppo troviamo i plasmalogeni, che contengono un alcol vinilico attaccato al carbonio 1 del glicerolo tramite un legame etereo e una colina legata al fosfato tramite un legame estereo. Questi composti sono molto presenti nelle membrane delle cellule del cuore, infatti circa il 50% dei lipidi di membrana di queste cellule sono plasmalogeni o fosfolipidi eteri. I plasmalogeni sono presenti inoltre nelle cellule immunologiche come i macrofagi ed i neutrofili. Un particolare plasmalogeno (composto da 1-ottadecanolo in legame etereo con il gruppo ossidrilico del C-1 del glicerolo, un gruppo acetato legato al gruppo OH del C-2 del glicerolo tramite legame estereo e fosfocolina legata all’OH del C-3 del glicerolo) chiamato fattore attivante le piastrine, è contenuto in queste cellule, in particolare dai basofili, ed è la molecola responsabile dell’aggregazione delle piastrine e permette il rilascio della serotonina, un vasocostrittore, dalle piastrine. La sfingomielina, invece, fa parte della famiglia degli sfingolipidi (che verrà descritta nelle prossime pagine) ed è costituita da un gruppo fosfato legato al C-1 della sfingosina. Una molecola di colina o di etanolammina è spesso legata al gruppo fosfato tramite legame fosfoestereo. Questo composto è presente nelle membrane delle cellule eucarioti per il 2-15% dei fosfolipidi totali, ma è specialmente presente nelle membrane dei neuroni e della guaina mielinica. Questa molecola presenta un basso grado di insaturazione degli acidi grassi ed è una molecola asimmetrica: queste proprietà le permettono di donare certe caratteristiche alla membrana cellulare, come formare lipid rafts oppure mantenere l’omeostasi del colesterolo. 21 SFINGOLIPIDI Un’altra classe dei lipidi saponificabili sono gli sfingolipidi che consistono in sfingomielina, le ceramidi e glicosfingolipidi. Gli sfingolipidi sono stati scoperti nel 1870 e vennero così chiamate riferendosi alla sfinge, una figura mitologica che rappresentava l’enigmatica natura di queste molecole. Si è dimostrato che questi composti sono presenti in alcuni lieviti, come Saccharomyces cerevisiae e Candida albicans, dove risultano composti molto importanti nel regolare la endocitosi, la proteolisi, il movimento del citoscheletro ed il ciclo cellulare. I più semplici sfingolipidi sono le ceramidi: le ceramidi sono costituite da una molecola di sfingosina legata ad un acido grasso tramite legame ammidico. Questa molecola è poco presente negli organismi viventi, anche se le sue funzioni biologiche sono importanti: è il componente principale di tutte gli altri sfingolipidi ed inoltre possono formare rafts, sono quindi presenti nelle membrane cellulari e sono coinvolte nella trasduzione del segnale. Sono inoltre importanti perché coinvolte nel processo di morte cellulare programmata (apoptosi) e sono molto presenti nello strato corneo della cute: le ceramidi formano infatti, insieme ad altre sostanze, una pellicola protettiva che previene l’eccessiva perdita d’acqua dall’organismo. I glicosfingolipidi sono inglobati anche in un’altra classe di lipidi saponificabili: i glicolipidi. I glicosfingolipidi sono una grande famiglia di composti contenente più di 150 varietà, 50 delle quali sono state identificate nella struttura dei gangli nervosi. Sono distribuiti principalmente nella superficie delle cellule, partecipando in molti modi alla regolazione della interazioni cellulari con l’ambiente. Chimicamente sono formati da un saccaride legato ad una sfingosina. Questi lipidi sono dei marker di distinzione cellulare e mediano il riconoscimento con cellule esterne e la loro comunicazione. Sono inoltre essenziali per lo sviluppo e la crescita dell’organismo e sono stati implicati in numerose patologie come il cancro, infezioni virali e microbiche. La grande quantità di gruppi saccaridici che emergono dalla cellula suggerisce che esse siano implicate nella trasmissione di segnali tra cellula e cellula nel processo chiamato glicosinapsi. Visto l’elevato numero di molecole organiche che compongono questa famiglia di composto, ho deciso di descrivere le 3 classi più importanti: i gangliosidi, i cerebrosidi e i globosidi. I gangliosidi sono il gruppo che vanta la struttura molecolare più complessa: questi composti, infatti, sono composti da ceramide legata attraverso un legame glicosidico ad un oligosaccaride contenente unità di acido N-acetilneuraminico ed altri esosi. I gangliosidi si trovano principalmente nel tessuto nervoso degli organismi vertebrati (costituiscono il 6% del peso del cervello) e sono stati identificati per la prima volta da Ernst Klenk nel tessuto del cervello. Queste molecole sono implicate nella adesione cellulare, nella crescita e motilità delle cellule neuronali oltre che interagire con specifiche proteine e nella trasduzione del segnale. I gangliosidi sono inoltre coinvolti nell’inibire i recettori del fattore di crescita epidermale e interagire quindi nel ciclo cellulare. Le tecniche Un cerebroside molecolari hanno permesso di capire meglio questi composti: sono essenziali nel mantenere l’integrità di assoni e mielina (la struttura che riveste i nervi) e sono coinvolti nella 22 trasmissione del segnale. Stabilizzando i circuiti neurali potrebbero inoltre essere implicati nella memoria. Questi composti sono implicati in molte patologie, per esempio nel cancro, nella sindrome di Guillan-Barrè, nell’Alzheimer e nella corea di Huntington: particolari gangliosidi sono stati individuati in particolari cellule tumorali, la loro liberazione nell’ambiente può influenzare quindi altre cellule tumorali, inducendo cellule tumorali benigne a diventare maligne. Nella sindrome di Guillan-Barrè, un patologia infiammatoria acuta che colpisce il sistema nervoso periferico, anticorpi umani sono prodotti contro i gangliosidi, questo provoca un danneggiamento degli assoni che può portare alla paralisi. Si ritiene inoltre che i gangliosidi si leghino a specifiche tossine virali o batteriche come quella botulinica, tetanica e colerica mediando le interazioni tra agente patogeno e cellula ospite durante l’infezione. Un altro aspetto molto importante dei gangliosidi è che sono uno dei responsabili dei gruppi sanguigni AB0: nelle membrane degli eritrociti sono presenti questi gangliosidi che espongono la porzione saccaridica all’esterno determinando il tipo di gruppo sanguigno di un individuo. Un altro tipo di glicerosfingolipidi sono i cerebrosidi, molecole che contengono un singolo monosaccaride legato al gruppo idrossilico del C-1 della ceramide (il monosaccaride legato può essere glucosio o galattosio). Queste molecole sono il principale glicosfingolipide nel tessuto cerebrale, da cui il nome, con un peso del 2% di tutta la sostanza grigia e il 12% della sostanza bianca. Sono i maggiori costituenti degli oligodendrociti nel cervello. Sono tendenzialmente presenti nelle membrane cellulari dove formano i cosiddetti “rafts”, dove legano proteine, enzimi e recettori. Sono molecole essenziali per il trasporto intracellulare, nella proliferazione cellulare e hanno numerose funzioni nel sistema immunitario. Queste molecole sono inoltre essenziali per la sopravvivenza delle cellule tumorali e sono quindi implicate all’insorgenza di tumori. L’ultima classe di glicosfingolipidi sono i globosidi, molecole formate da due a 5 residui di monosaccaridi legati tra loro al gruppo ossidrile del C-1 della ceramide. Gli zuccheri possono essere una combinazione di glucosio, galattosio e/o Nacetilgalattosammina. Questi composti sono presenti nelle membrane di molte cellule nervose e hanno una struttura molto simile a quella dei cerebrosidi con funzioni biologiche affini: sono infatti la porzione lipidica degli antigeni A, B e 0 insieme ai cerebrosidi e la loro assenza nell’organismo può provocare una rara condizione patologica chiamata malattia di Anderson–Fabry, causata dalla carenza dell’enzima alfa galattosisadi. Questo porta all’accumulo di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (un globoside) nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo con danni a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale tali da compromettere qualità e aspettativa di vita. Un cerebroside 23 I GLICOLIPIDI L’ultima famiglia di lipidi saponificabili che tratterò sarà quella dei glicolipidi. I glicolipidi sono un gruppo eterogeneo di componenti della membrana cellulare che si trovano in organismi che vanno dai batteri all'uomo. Sono definiti semplicemente come dei derivati dei lipidi semplici legati ad un carboidrato. Anche in questo caso la famiglia è molto ampia e complessa per cui mi soffermerò sulle molecole che più hanno importanza per gli organismi viventi. Tra questi composti troviamo glicolipidi basati sulla ceramide, chiamati anche glicosfingolipidi (già descritti in precedenza), lipopolisaccaridi e glicolipidi basati sul glicerolo (mono o oligosaccaride legato al gruppo ossidrilico di una molecola di glicerolo che può essere alchilato da uno o più acidi grassi. Tra i composti appena citati, particolare importanza per i batteri assumono i lipopolisaccaridi. Questi composti complessi (LPS) vengono chiamati anche antigeni O endotossici e si trovano principalmente nella membrana esterna di batteri gram-negativi, ma anche in alcuni miceti. E’ formata da una porzione lipidica, denominata lipide A, che rappresenta l’endotossina vera e propria: il lipide A è un glicolipide formato da glucosamina (un disaccaride) fosforilata, esterificata con una serie di acidi grassi saturi da 12 a 16 atomi di carbonio. Legata al lipide A c’è una corta catena di zuccheri, chiamata core, che forma la parte centrale della molecola ed è caratterizzata dalla presenza di due zuccheri particolari: l’acido chetodeossioctonoico ed un eptoso. C’è poi una lunga catena polisaccaridica con spiccate proprietà antigeniche, che rappresenta l’antigene O dei batteri Gram-negativi, formata dalla ripetizione di una serie di subunità tri-, tetra- o pentasaccaridiche che comprendono zuccheri diversi. L’insieme delle catene polisaccaridiche presenti alla superficie dei batteri Gram-negativi, insieme ai cationi ad esse legate, è efficace per conferire la polarità che permette di escludere composti idrofobici in grado di danneggiare la membrana plasmatica. Quando i batteri si moltiplicano e poi muoiono, si rompono e liberano il lipopolisaccaride nell’ambiente esterno: questo rappresenta una endotossina, soprattutto il lipide A, in quanto questo glicolipide interagisce con le cellule del sistema immunitario (monociti, macrofagi, neutrofili e cellule dendritiche) stimolandole a produrre citochine infiammatorie. Questo provoca febbre alta, minore frequenza del battito cardiaco e nel peggior caso può portare a morte dovuta a danni al fegato e ai reni. 24 SITOGRAFIA http://www.eufic.org/article/it/rid/health-effects-unsaturated-fatty-acids-Summary/ http://www.treccani.it/enciclopedia/acidi-grassi_(Universo_del_Corpo)/ http://academic.mu.edu/bisc/siebenlistk/3213lipids.pdf http://library.med.utah.edu/NetBiochem/FattyAcids/11_1b.html http://www.rsc.org/Education/Teachers/Resources/cfb/carbohydrates.htm http://themedicalbiochemistrypage.org/sphingolipids.php http://www.cyberlipid.org/wax/wax0001.htm http://www.foothill.edu/attach/1578/mossman30bchpt_24.pdf http://www.livestrong.com/article/252226-triglycerides-and-digestion/ http://www.soaphistory.net/ http://wwwhttp://www2.gsu.edu/~mstnrhx/EnviroBio%20Projects/antimicrobials/soap.html.cose discienza.it/chimica/23_saponi_e_detersivi.htm http://www.ccm-network.it/documenti_Ccm/prg_area1/Inf_Oss/Lg_internaz/LG_Oms_05-06.pdf http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_3_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=dossier&p=dados sier&id=21 http://chemistry.elmhurst.edu/vchembook/553phosglycerides.html http://lipidlibrary.aocs.org/Primer/content.cfm?ItemNumber=39351 http://lipidlibrary.aocs.org/content.cfm?ItemNumber=39352 http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7864204 https://www.barthsyndrome.org/home http://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK9898/ http://link.springer.com/book/10.1007%2F978-0-387-77401-5#page-1 http://www.lipid.name/images/-2001plazmogsintfunk.pdf http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/ejlt.200700024/abstract http://lipidlibrary.aocs.org/Primer/content.cfm?ItemNumber=39302 http://web.stanford.edu/group/hopes/cgi-bin/hopes_test/gangliosides/ http://lipidlibrary.aocs.org/Primer/content.cfm?ItemNumber=39329 http://lipidlibrary.aocs.org/Primer/content.cfm?ItemNumber=39305 http://www.osservatoriomalattierare.it/malattia-di-fabry http://lipidlibrary.aocs.org/Primer/content.cfm?ItemNumber=39339 25 26