Miti cosmogonici - Liceo Classico Scientifico XXV Aprile

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Epica
= parola, discorso. Da ciò, poi, “racconto epico”. Una definizione univoca è difficile, perché si è inteso
qualcosa di diverso nel tempo e nello spazio. Però nella cultura occidentale si intende un tipo preciso di produzione , e
cioè:
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un componimento ampio
che tende a una rappresentazione oggettiva (cfr. funz. denotativa)
dotato di carattere narrativo
che narra le gesta eroiche, di cui sono protagonisti degli eroi. Spesso si tratta di una storia che si intreccia
ad altre. Un topos è quello della katabasis1
con interferenze del “divino”
è una narrazione che utilizza un linguaggio speciale, artificiale e solenne, ma che predilige la paratassi e
l’essenzialità e si caratterizza per la ripetizione di formule, epiteti e interi versi formulari.
E’ opera scritta in versi, perché si trattava di componimenti orali recitati e cantati nelle piazze con la cetra e
la forma poetica – che è ritmica2 ed utilizza appunto i versi - meglio si adatta alla musica.
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E’ strettamente collegata al mito
. Racconta eventi leggendari in qualche modo legati a credenze
religiose, le gesta degli eroi e degli dei, però è una narrazione che ha un alto valore conoscitivo e si configura
dunque come una vera e propria forma di interpretazione della realtà, perché il mito trasmette i valori della
società che lo elabora ed è depositario della memoria collettiva. Il mito infatti nacque forse dall’esigenza di
fornire una risposta universale alle domande umane sui misteri del cosmo e della vita. Esso , assieme alla
favola, è stato spesso inteso come una forma espressiva propria di un’umanità primitiva; in realtà anche la
nostra società moderna crea “miti”, modelli e simboli (anche negativi) dei valori d’oggigiorno. Dopo Omero il
termine mythos venne usato dai filosofi in contrapposizione a logos, il “discorso razionale” , e assunse il senso
di “discorso irrazionale”. Si può parlare di miti naturalistici (che attraverso motivi di morte e rinascita
adombrano l’alternarsi ciclico delle stagioni); cosmogonici, teogonici, eziologici e storici.
In origine l’epica è anonima - elaborata dalla collettività - e orale , dunque godibile anche dagli analfabeti.
Solo più tardi diventa una forma scritta, finché a partire dall’Iliade e dall’Odissea si parlerà di “epica d’arte”.
L’oralità originaria implica che il racconto primitivo possa – e in effetti così avviene – dilatarsi, per creazione
individuale e poi collettiva, e che coesistano varianti .
Mito
1. Ha un alto valore conoscitivo, ma dove la conoscenza è
Vs logos = conoscenza pre-razionale della realtà
Narrazione con cui gli uomini antichi spiegano il mondo che li circonda: il mito
è infatti il più antico tentativo di chiarire l’origine del mondo e degli uomini e di
dare una risposta ai principali interrogativi dell’esistenza
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2. Trasmette i valori della società che l’elabora depositario della memoria collettiva
3. Forma di interpretazione della realtà in modo simbolico
4. Contribuisce a creare un senso di identità e appartenenza a una civiltà
Può essere inteso come la “trasfigurazione ” di una tappa fondamentale dell’evoluzione di un popolo. Ciò
spiega la presenza di racconti analoghi presso popoli molto distanti tra loro
Narra: - origine degli uomini
Origine del mondo (cosmogonici)
Vita e nascita degli dei (teogonici)
Vita degli eroi
Eziologici
Storici
Si tratta della discesa nel mondo ultraterreno per interrogare gli avi defunti sul futuro.
Nel mondo greco e poi latino verranno utilizzati gli esametri
3 La radice del verbo
è connessa all’idea del parlare nascosto, di segreti, a ciò che si mormora.
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L’epica è elaborata dapprima in oriente (epica mesopotamica, Gilgamesh), in Grecia e poi a Roma
Epopea mesopotamica. Epopea di Gilgamesh
La civiltà si sviluppa in oriente; lì nasce anche la letteratura. Le leggende epiche più antiche sono quelle della
Mesopotamia al tempo dei Sumeri (cui succedettero gli Accadi, i Babilonesi e gli Assiri), che fiorirono tra il Tigri e
l’Eufrate tra il 3200 e il 2800 ac. A tale popolazione si deve l’invenzione della scrittura a caratteri cuneiformi –
prima degli Egizi - su tavolette d’argilla incise. Tale lingua scritta ci è nota solo attraverso delle iscrizioni bilingui
in sumerico e in babilonese. Dell’epopea di Gilgamesh, frutto dell’opera di uno o più autori, esistono diverse
redazioni che nel tempo si costruirono unitariamente in una redazione più completa che è quella assira dell’VIII
secolo, voluta dal re Assurbanipal per la biblioteca di Ninive.
Trama: Gilgamesh,4 il più antico personaggio (epico) della letteratura mondiale è un guerriero valoroso e potente,
per un terzo uomo e per due terzi dio. Governa in modo tirannico la città di Uruk 5, così la popolazione chiede
l’intervento degli dei. Allora la dea madre Aruru, creatrice degli uomini, prende un grumo di creta e crea un
essere primordiale, Enkidu, più bestia che uomo, fortissimo guerriero. Nel corso del poema egli conoscerà una
evoluzione, incivilendosi e raffinando la sua umanità. Rappresenta l’antieroe capace di vincere la prepotenza di
Gilgamesh e indirizzarne la straordinaria forza verso imprese gloriose. I due diventano amici e insieme compiono
imprese importanti tra cui l’uccisione del mostro Khubaba, che custodisce la foresta dei cedri sacra agli dei verso
la quale si dirigono in cerca di fama. Dietro questa impresa mitica sono vari significati: il viaggio è una prova, un
ostacolo da superare; il mostro è il male che l’eroe deve vincere; inoltre dietro tutto è forse l’eco delle spedizioni
in Libano e Siria per l’acquisto di legname pregiato. Enkidu aiuta Gilgamesh in alcune imprese che offendono gli
dei per cui essi, offesi, decidono di far morire Enkidu dopo penosa malattia. Gilgamesh conosce per la prima volta
il dolore e la sofferenza. Turbato cerca di scoprirne il senso e, se possibile, di trovare il modo di vincere la morte.
Decide così di consultare l’unico immortale, il vecchissimo Utanapishtim che vive in un’isola ai confini del mondo.
Nel corso del viaggio Gilgamesh trova la pianta dell’immortalità, ma la perde facendo il bagno in un lago. La
mangia un serpente (simbolo della vita che eterna rinasce. E’ così anche nella Bibbia ed è adorato anche presso i
Longobardi).Da Utanapishtim Gilgamesh viene a sapere egli è divenuto immortale per grazia particolare concessa
a lui solo dagli dei . Così deve rassegnarsi.
Brano del diluvio:
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Stile estremamente popolare: numerosissime ripetizioni e sintassi semplicissima, con assoluta
prevalenza della coordinazione e povertà lessicale.
L’autore/i derivò la storia del diluvio da una antica leggenda sumerica che noi conosciamo da una
tavoletta d’argilla. Ma gli scavi archeologici compiuti in territorio sumerico hanno ormai dimostrato
che all’origine di tale leggenda, di cui è eco anche nella Bibbia, che da tale epopea la deriva, ci fosse
un avvenimento reale: vari livelli di ritrovamenti testimoniano infatti che grandi inondazioni
devastarono la terra di Babilonia e la città di Ur.
mentre“nella Genesi il diluvio entra in un piano divino di provvidenza verso l’umanità, nel racconto
babilonese è un atto sconsiderato che l’autore stesso non sa giustificare”.
È identificato col 5° re della città di Uruk
Città numerica nella Mesopotamia meridionale, sulle rive dell’Eufrate. Nell’antico Testamento la città è chiamata Erech. Era
circondata da grandi mura fatte costruire da Gilgamesh che ne era il re
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Miti cosmogonici
Sono presenti in ogni civiltà e presentano tratti comuni, data l’universalità dell’immaginario collettivo.
Si ritrovano nelle culture del nordamerica, sudamerica, indiana, egiziana ... L’elemento comune è costituito dal
passaggio da un caos primordiale, di materia informe o concepito come distesa di acque, a una “creazione” da parte di
un essere supremo, spesso di natura antropomorfica. Gli Egizi derivarono da un primordiale caos acquoso una enneade
divina a capo della quale i sacerdoti eliopolitani misero Autum, il dio solare, dal quale attraverso due generazioni fecero
discendere la coppia Osiride-Iside e Seth-Nephtys. Largo sviluppo ebbero i miti cosmogonici anche nell’antica Grecia,
come soprattutto le opere di Omero e la Teogonia di Esiodo ci tramandano. Quale inizio dell’ universo Esiodo pone il
Caos, voragine immensa e tenebrosa da cui emerse Gea (la Terra); da questa si sarebbe subito staccato il Tartaro , dopo
il quale sarebbe apparso Eros. Quind il Caos avrebbe generato Erebo e la Notte, da cui sarebbero nati l’Etere e il
Giorno. Gea a sua volta avrebbe partorito Urano e dall’unione di Urano con lei sarebbero derivati i Titani, con la coppia
Cronos6-Rea.
Nella tradizione ebraica e cristiana tali miti cosmogonici sono narrati nella Bibbia (cfr.Genesi 1, 1-24; 2, 1-4).
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Cronos indica il “tempo ancora nel caos”, contrapposto a “Chairòs”, il tempo nell’ordine