Riassunto Il presente elaborato, intitolato Il ruolo della donna nella Cina contemporanea, tratta dell’evoluzione del percorso intrapreso dalla Repubblica Popolare Cinese a favore dei diritti delle donne. Lo scopo di questa tesi è proporre una riflessione sul fenomeno della discriminazione di genere che interessa la Cina e i provvedimenti presi dal governo per cercare di ovviare a questa forte disparità. Negli ultimi decenni, infatti, il governo cinese e le varie associazioni femministe, prime fra tutte la ACWF (All China Women’s Federation), si sono impegnati congiuntamente per cercare di ovviare alle discrepanze tra uomini e donne che derivano dal lungo periodo di forte crescita economica del Paese. Alla fine degli anni Ottanta, con la nuova leadership e le politiche di apertura ai nuovi mercati, il PCC (Partito Comunista Cinese), ha puntato tutto sull’espansione economica, tralasciando gli aspetti sociali della popolazione. Molti studiosi hanno affermato che però questo impegno non è cosi positivo come il governo centrale centrale vuol far credere. Infatti grazie alle riforme socio-economiche la condizione della donna, in alcuni aspetti sembra esser regredita all’epoca scorsa. La differenza che si è formata tra uomini e donne si sta ampliando sempre di più, infatti le varie disparità che separano lo stato delle donne e degli uomini, le entrate, e il potere continuano ad oscillare in risposta ai continui cambiamenti sociali, economici e politici che stanno avvenendo in Cina. Il Global Gender Gap è un documento che serve a mostrare l’ampiezza e la portata della disparità di genere in tutto il mondo. Questo documento è stato introdotto nel 2006 dal World Economic Forum. Per ogni nazione viene identificato uno standard del divario di genere basandosi su criteri politici, economici, di educazione e di salute. Questo documento vuole essere una sfida per i Paesi per cercare di ridurre il divario di genere, rendendoli più consapevoli delle loro debolezze in questo ambito. La Cina, secondo il report del 2013 mostra miglioramenti rispetto al 2006, anno in cui si trovava in 52esima posizione rispetto agli altri 115 paesi. I settori in cui ha minore discriminazione di genere sono il settore politico ed il settore economico, mentre si trova più in basso in classifica se analizziamo solamente il settore dell’educazione. Il settore che invece presenta la maggior discriminazione di genere e quindi è uno degli ultimi in classifica è quello della salute e delle aspettative di vita. Dai dati risulta quindi che la Cina presenta un miglioramento dello 0,0056% anche se nel 2012 si era classificata 68esima. Se analizziamo nel dettaglio i vari sottoindici emerge che, nel campo della partecipazione economica e delle opportunità, la Cina si classifica 62esima mentre presenta un risultato più basso nel settore dell’educazione essendo stimata all’81esima posizione. Per quanto riguarda il settore della salute ed aspettative di vita la Cina mostra scarsissimi risultati classificandosi 133esima, a livello di paesi come Albania, India ed Azerbaijan. Presenta infatti una percentuale di 0,89% femmine per ogni maschio e ciò è una risultante degli effetti della politica del figlio unico e del fenomeno delle “donne mancanti”. Il rapporto mondiale sulla distribuzione di uomini e donne mostra quanti uomini ci sono per ogni donna in un determinato Paese. Se questo presenta una proporzione al di sopra dell’1% (ad esempio 1,4%) indica che è presente più di un uomo per una donna, all’inverso invece un indice al di sotto dell’1% (ad esempio 0,6%) indica che ci sono più donne che uomini. La situazione ideale sarebbe quella indicata dall’1% che rappresenterebbe l’egual numero di uomini e donne. In questo caso in Cina è stimato che alla nascita ci sono 1,19% uomini per ogni donna, tra cui 1,17% uomini per ogni donna al di sotto dei quindici anni e solo 0,93% uomini per ogni donna al di sopra dei novantacinque anni. Quindi in media si ha una maggior presenza di uomini stimata in media di 1,06% uomini per ogni donna. Questo indice mostra dei miglioramenti riguardo la situazione delle donne mancati, circa 50 milioni nella Repubblica Popolare Cinese. Questo fenomeno è un retaggio delle tradizioni culturali in cui la conservazione dei beni e del patrimonio di famiglia influenza la decisione di abortire nel caso in cui si presenti una nascita di sesso femminile. Il sistema cinese di attribuzione delle terre coltivabili, praticato in Cina a partire dagli anni Ottanta insieme al sistema ereditario basato sul patrilineato ha portato la popolazione delle zone rurali a preferire un figlio maschio. A tutto ciò si aggiunge anche lo status di inferiorità delle donne nella società. In società cosi attaccate ai valori tradizionali come quella cinese, l’assenza del figlio maschio porterebbe alla fine del clan e del nome di famiglia. Inoltre in Cina ed in gran parte dell’Asia, solo l’erede maschio può portare avanti e mantenere la famiglia, ed inoltre tener vivo il culto degli antenati.In Cina, infatti, nonostante l’aumento esponenziale del PIL, il fenomeno degli aborti selettivi e degli infanticidi femminili, determinati dalla politica del figlio unico, non è in diminuzione. Per descrivere questa abominevole tendenza è stato coniato un nuovo termine : Gendericidio1. Con questo fenomeno si intende “la sistematica eliminazione di un particolare genere”, fenomeno ampiamente diffuso in Cina. Con l’uso di un’apparecchiatura ad ultrasuoni illegale, le coppie posso sapere in anticipo il sesso del nascituro e provvedere all’aborto in caso di feto di genere femminile. In altri casi, invece, le ostetriche sono pagate per far nascere “morta” la bambina al momento del parto. Queste pratiche ingiuste ed orribili hanno portato ad uno squilibrio profondo di genere in Cina, il cui rapporto sulle nascite di sesso maschile e di nascite femminili è cresciuto fino a 120 bambini su 100 bambine, rispetto a una media mondiale di 105 bambini su 100 femmine. Un altro indice che aiuta a capire la situazione delle donne e della popolazione tutta in Cina è il Gender Inequality Index (GII). Questo indice è stato ideato dal Programma delle Nazioni Unite (UNDP) per lo sviluppo, e raccoglie tutte i dati che indicano le disparità di genere presenti in ogni Paese a partire dal 2010. Secondo l'UNDP, questo indice è una misura composta dal margine della perdita di successo e Il termine Gendericidio è stato coniato dalla femminista americana Mary Anne Warren ed utilizzato per la prima volta nel suo libro del 1985, Gendericidio: L’Implicazione della Selezione del Sesso. 1 crescita, all'interno di un paese, a causa di disuguaglianza di genere. Le donne cinesi hanno subito vari cambiamenti nell’ultimo secolo. All’inizio di questo secolo infatti la Cina era ancora semi coloniale e semi feudale. Ciò significava che le donne erano tenute ai livelli bassi della società e non avevano nessun potere decisionale nella loro stessa vita quotidiana. Il ruolo delle donne è cambiato drammaticamente quando il Partito Comunista Cinese (PCC) ha portato la popolazione cinese alla grande e profonda rivoluzione nazional democratica. Prima di questa rivoluzione, le donne non avevano nessun potere politico e non partecipavano in nessun aspetto della vita sociale o politica. Anche a livello economico dipendevano completamente dal marito o dal padre se non sposate e non erano autorizzate ad avere proprietà, eredità o un’entrata monetaria indipendente. Inoltre dovevano sempre obbedire a qualcuno e ciò aboliva completamente la loro dignità ed indipendenza, rendendo le loro vite molto tortuose. La fondazione del Partito Comunista Cinese, ha cambiato le vite del popolo cinese nel miglior modo possibile per quel periodo. Grazie alla Repubblica Popolare Cinese le donne e gli uomini hanno acquisito l’uguaglianza davanti alla legge. Questi cambiamenti che hanno le donne hanno attraversato ha reso le loro vite più semplici e meno tortuose. Con la morte di Mao Zedong, avvenuta nel 1976, per la Cina è iniziata una nuova fase caratterizzata da modernizzazione, apertura verso l’Occidente e soprattutto demaoizzazione. Deng Xiaoping, successore del Chairmain, propose un riaggiustamento del sistema economico, che essendo basato sul modello sovietico non rispettava le necessità della popolazione cinese. Queste nuove riforme economiche ridimensionavano il ruolo della donna alla gestione della casa, sminuendo il lavoro femminile. La politica del figlio unico adottata nel 1978 aveva finito di emarginare la popolazione femminile principalmente alle aree rurali, zone in cui un elevato numero di figli significava maggior manodopera su cui poter contare. Inoltre, a causa di forti disuguaglianze e della perdita del supporto sociale pubblico, vennero riprese alcune credenze e pratiche tradizionali che davano importanza ai clan familiari. Anche le politiche di trasformazione delle imprese pubbliche non avevano aiutato la situazione delle donne, causando molteplici licenziamenti. A causa di questi problemi nelle campagne si assistette ad un vero e proprio esodo verso le città e le zone costiere. Questa migrazione aveva colpito soprattutto le giovani donne cinesi che si recavano in città per cercare lavoro come cameriere, commesse o addirittura prostitute. Un fenomeno creatosi dopo questo esodo è quello del Guaimai 2 cioè rapimento e vendita delle giovani donne come mogli. Questa pratica è stato un vero e proprio commercio della schiavitù, ricomparso all’inizio degli anni Ottanta in tutta la Cina. La crescente miseria che si trovava soprattutto nelle aree rurali, aveva incoraggiato il traffico delle mogli che era usato come espediente per cercare di salvare il proprio nucleo familiare. Il governo cinese a partire dagli anni Cinquanta ha iniziato ad interessarsi seriamente alla condizione delle donne. La prima legge creata fu quella sul matrimonio del 1950. Mao aveva dichiarato che le donne erano “l’altra metà del cielo” riconoscendone il valore e la dignità ed inoltre cercò di favorire l’ingresso delle donne ai ruoli in precedenza destinati solamente agli uomini. Secondo la nuova politica del Partito, le donne dovevano raggiungere l’indipendenza ed il rispetto degli uomini attraverso il lavoro. In questo periodo nacque anche la Federazione delle Donne, che anche se sulla carta aveva il compito di controllare l’effettiva validità delle politiche a favore delle donne, in realtà era strettamente legata al Governo, risultandone quasi un organo aggiuntivo, poiché praticamente aveva il compito di diffondere ed esaltare le decisioni del Partito tra le donne. Nel primo periodo che va dal 1949 al 1976 le cinesi hanno visto riconosciuta la loro identità come un intero gruppo, gli è stato dato il ruolo sociale di “metà del cielo” e sono state equiparate in tutti gli aspetti con gli uomini, anche per quanto riguarda i lavori più duri. Nella seconda fase, che va dal 1977 ai giorni nostri, le donne invece hanno rotto le convenzioni sociali che le vedevano come un’unica 2 拐卖, Guaimai, traduzione letterale rapire e vendere. categoria e sono state riconosciute individualmente, continuando allo stesso tempo il processo di integrazione col resto del mondo e quindi modernizzando il movimento delle donne. Durante il periodo maoista, le donne cinesi potevano far affidamento completamente sul governo riguardo il loro lavoro, le cure sanitarie, l’istruzione, la sicurezza e la pensione; adesso invece con le nuove riforme molte donne hanno perso il loro lavoro e tutti i benefici correlati. Le donne della Cina rurale sono quelle che hanno subito di più le riforme in quanto sono il gruppo più ignorato, anche se rappresentano il gruppo di donne più numeroso. Queste donne sono collocate al livello più basso della società, molto più indietro rispetto agli altri gruppi della popolazione che risultano più istruiti e più impegnati a livello politico e sociale. Le donne contadine hanno poche possibilità di accedere ad un’istruzione e non ricevono nessun beneficio sociale dal governo.La Federazione delle Donne ha inoltre cercato di rendere le donne cinesi soggetti attivi della propria trasformazione con la “Dichiarazione delle quattro autoreferenzialità” ovvero: rispettare se stesse, avere fiducia in se stesse, fare affidamento su se stesse e migliorare se stesse. Questi punti furono anche ripresi nelle dichiarazioni governative della Quarta Conferenza sulle Donne organizzata dall’ONU e tenutasi a Pechino nel 1995. Questa dichiarazione vuole mettere in risalto l’ ”Io Femminile” per cercare di superare la coscienza del “Noi” collettivo creato dal partito, dall’unità di lavoro o dal nucleo familiare. Nel 2002, in onore del 10imo anniversario della Quarta Conferenza mondiale sulle donne delle Nazioni Unite svoltasi a Pechino, la Cina ha deciso di rivedere la legge sulla tutela dei diritti della donna per garantire ulteriormente la parità di genere nel Paese. Queste leggi furono emanate nel 1992 ed ebbero molto riconoscimento tra gli esperti. Infatti per la prima volta venivano emanate in Cina delle leggi create appositamente per tutelare i diritti e gli interessi legittimi delle donne, per promuovere la parità tra uomini e donne e per consentire alle donne di avere un ruolo attivo nella società. Milioni di donne hanno beneficiato di questo provvedimento, ma ora con la rapida evoluzione dell’economia cinese, le donne hanno ottenuto uno status più elevato sia nella società che nella famiglia rispetto a quando la legge è stata creata per la prima volta. La legge sulla tutela delle donne migliora anche la possibilità delle donne di godere degli stessi diritti all'istruzione e al lavoro previsti per gli uomini. Questa uguaglianza dovrebbe essere messa in pratica dall'inizio della scolarizzazione e per tutta la formazione e l'occupazione. La nuova legge pone particolare attenzione alla discriminazione nell’ambito lavorativo nei confronti delle donne. Il sesso non dovrebbe costituire un pretesto per rifiutare di assumere una donna, e la dichiarazione che alcune posizioni "sono inadatte per le donne" sarà resa illegale. Verrà inoltre mantenuto il principio della "parità di retribuzione per pari lavoro" che si sostanzia in parità di trattamento per quanto riguarda le assegnazioni di abitazioni, benefici materiali e di retribuzione. L’ingresso della Cina nell’OMC, da il via ad immense opportunità ma rende necessarie alcune riforme atte ad uniformare il paese agli standards degli altri partners internazionali. “L’ex Impero Celeste” dovrà affrontare in modo deciso i problemi irrisolti con le imprese agricole che presentano scarsa competitività, e deve insistere sull’occupazione degli studenti, evitando di veder aumentare il numero dei disoccupati negli anni a venire. Il governo centrale deve inoltre rimodernare il sistema finanziario e bancario, riducendo l’interferenza statale ed aumentando l’autonomia della Banca Centrale Cinese. L’incredibile crescita economica ha però avuto dei risvolti negativi, primo fra tutti l’aumento delle disparità di reddito. Nel 2001 il 20% della popolazione cinese, costituito dal ceto più ricco, possedeva il 50% delle ricchezze del paese, mentre il 20% della popolazione composto dai più poveri, possedeva solo il 4,7%. La maggior parte della popolazione, inoltre era povera e viveva nelle zone rurali della Cina. Chi invece abitava nelle zone urbane riusciva a guadagnare quasi quattro volte di più rispetto a chi viveva in campagna. Inoltre la disparità di reddito si avvertiva anche fra una regione e l’altra in quanto le regioni costiere soprannominate “Costa d’Oro” facevano ottimi affari, mentre le zone interne risultavano molto più arretrate ed avevano inoltre minor accesso ai servizi. Al di là di questi due estremi, però, si può affermare che il tenore di vita della maggior parte dei cinesi è nettamente migliorato e si sta creando una classe media benestante, che prima non esisteva. A causa della disparità di sviluppo tra zone rurali ed aree urbane, anche il ruolo delle donne è stato modificato ed infatti numerose organizzazioni si stanno impegnando per far rispettare le leggi a tutela delle donne. Queste organizzazioni hanno intrapreso vari progetti ad esempio per alfabetizzare la popolazione delle campagne, fornire supporto legale e psicologico alle donne in difficoltà, visti i sempre più frequenti casi di suicidio femminile. Anche nelle città le organizzazioni femminili si stanno muovendo per tutelare le giovani donne, che spesso cadono vittima del racket della prostituzione. Un altro problema dell’attuale società cinese è legato al costante invecchiamento della popolazione, causato da un basso tasso di natalità dovuto alla politica del figlio unico ed all’aumento dell’aspettativa di vita negli ultimi cinquant’anni. Un concetto totalmente occidentale che sta prendendo piede in Cina è quello di società civile ovvero gongmin shehui. Per società civile si intendono tutte quelle organizzazioni e quei progetti che sono di tipo volontario, no profit ed autogovernati che hanno come missione quella di aiutare i propri membri o le fasce più deboli della società. In Cina la ricchezza è concentrata nella mani di un piccolo gruppo di persone e la maggior parte della popolazione, soprattutto nelle zone interne del Paese, vive di stenti. In realtà in Cina le fondazioni pubbliche sono più delle GONGO ovvero delle governamental organized NGO, un concetto che in Occidente non sarebbe concepibile in quando contraddice l’essenza stessa della ONG. Le GONGO implicano una forte presenza governativa nel management dell’associazione e sono tipiche della società civile cinese, in quanto esprimono la necessità del governo statale di controllare i servizi di assistenza. Le organizzazioni sociali cinesi però, si trovano a dover affrontare anche un’altra sfida, ovvero possono essere registrate come legittime solo quelle organizzazioni che sono finanziate da uno sponsor governativo e possono operare solo in luoghi dove non esiste già un’altra agenzia organizzativa che si occupa dello stesso ambito. Per combattere questo sistema di registrazione, è nato il fenomeno delle organizzazioni sociali non registrate, oppure registrate come business. Il governo infatti si propone di fornire un sistema di welfare urbano, per rimediare alle gravi mancanze del sistema sociale cinese. Una prima modifica sostanziale riguarda l’hukou, ovvero il certificato di residenza che lega i diritti sociali al luogo di provenienza. Questo sistema di residenza è stato introdotto ai tempi dell’Impero, ed è sopravvissuto alla rivoluzione culturale poiché aveva lo scopo di registrare la popolazione e di classificarla in base al luogo di provenienza ed alla classe, rurale o urbana. Negli anni Cinquanta infatti si riteneva che i contadini potessero contare sul sostentamento offerto dalla terra, mentre agli operai e ai membri della burocrazia e dell’esercito veniva riservato il diritto all’impiego, alla casa e all’educazione. Il tipo di assistenza fornito dallo stato era definito dalla classe ed era condizionato al diritto di residenza. Inoltre era difficile per un lavoratore migrante riuscire ad ottenere l’hukou. Col nuovo piano sociale il migrante acquisirà lo status di “cittadino” a tutti gli effetti, ciò implica che tutti i lavoratori migranti con l’hukou, potranno usufruire di tutti i servizi sociali disponibili in città (ad esempio sanità ed istruzione dei figli). Una profonda mutazione sta colpendo la forza lavoro cinese, infatti secondo gli studi effettuati dal Professore Li Jianmin 3, ci sono quattro scenari che nei prossimi anni trasformeranno la “fabbrica del mondo”. • Il primo riguarda la popolazione in età lavorativa, ovvero dai quindici ai sessantaquattro anni, che raggiungerà il suo picco nel 2017, con meno di un miliardo di lavoratori. Dal 2017 in poi, secondo le stime, il numero degli “abili al lavoro” comincerà a decrescere. • Il secondo fenomeno riguarda la proporzione tra la forza lavoro ed il numero totale dei cinesi che toccherà il suo apice nel 2013 con il 72,14%, 3 Docente di popolazione e sviluppo all’università di Nankai di Tianjin. per poi calare. Ciò comporta un allungamento del numero degli anni lavorativi delle persone, ed un aumento della produttività con uno scarso numero di forza lavoro. • Il terzo invece riguarda il numero dei giovani che ogni anno si propongono sul mondo del lavoro, che è un trend già decrescente in quanto mentre nel 2002 si trattava di 27,9 milioni di persone, nel 2015 è stimato di 16,6 milioni ed è previsto che il numero scenderà fino ai 14,8 milioni nel 2020. • Il quarto fenomeno riguarda il precoce invecchiamento della popolazione lavorativa, infatti la percentuale di lavoratori giovani, dai quindici ai ventiquattro anni, è in calo sempre di più rispetto a quelli più anziani. E’ previsto che nel 2020 i lavoratori giovani saranno solo il 12,84% del capitale umano totale dell’”Impero del Dragone”. L’art. 33, comma II, della Costituzione cinese stabilisce che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Nella stessa Costituzione poi, il principio di uguaglianza formale è più volte richiamato in riferimento a specifiche situazioni giuridiche. Al comma IV dell’art. 33, si continua poi affermando che tutti i cittadini godono dei diritti sanciti dalla Costituzione e dalle norme di legge. L’art. 48, comma I, dichiara che tutte le donne della PRC godono degli stessi diritti degli uomini in tutti gli aspetti della vita politica, economica, culturale, sociale e familiare. Il diritto all’eguaglianza viene però considerato dai giuristi cinesi come un principio generale piuttosto che come un diritto specifico. Inoltre, si ritiene che il diritto a non subire discriminazioni può avere delle restrizioni. Ad esempio, una particolare tutela a favore delle donne può essere classificata come discriminazione ragionevole. Ad eccezione di Jian Qing, quarta moglie di Mao, che era molto influente durante la Rivoluzione Culturale, le donne sono sempre state considerate in posizioni subordinate nella leadership del partito. In Cina le donne in politica sono una minoranza, in quanto per poter accedere alla carriera politica bisogna passare sotto il rigido controllo del Partito Comunista. Il processo di selezione poi è lungo e spesso molto discriminante nei confronti delle donne. Alla fine degli anni Novecento il governo centrale aveva presentato un progetto di “outline del Paese per lo sviluppo delle donne cinesi” che aveva l’obiettivo di realizzare la partecipazione attiva delle donne al governo, a tutti i livelli. Inoltre, sono state formate delle agenzie speciali che avevano il compito di scegliere i nuovi funzionari donne e formarli, e soprattutto di rendere le politiche statali vantaggiose per le donne. Le statistiche hanno mostrato che con l’obbligo di avere almeno un membro donna, si è riuscito ad ottenere che ciascuno dei dipartimenti governativi centrali e provinciali, dei governi regionali e delle municipalità autonome, avesse una, seppur minima, componente femminile. Alla fine del 1997 la percentuale di funzionari donne era del 38,7% nei governi provinciali, del 31,4% nelle prefetture, del 15,6% nelle contee e del 68,26% nelle città. La partecipazione attiva delle donne in politica ha influenzato il processo decisionale e l’ambiente sociale in modo positivo per lo sviluppo delle donne. Nel 1995 si è tenuta a Pechino la quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, e le associazioni femministe, gli esperti e i funzionari hanno cercato in vari modi di aumentare la consapevolezza dell’importanza della partecipazione attiva delle donne in politica. Lo status sociale delle donne in Cina è un punto focale degli studi sulle donne. È infatti un simbolo del progresso delle donne e del loro sviluppo ma è anche un importante indicatore del livello di sviluppo sociale dell’intero Paese. Nel 1990, per la prima volta nella storia della PRC, la All China Women’s Federation e l’Ufficio di Statistica Statale, hanno organizzato insieme un sondaggio nazionale sullo “Status Sociale delle Donne in Cina”. I risultati di questo sondaggio sono stati stilati sulla base dei risultati nazionali generalizzati e sull’analisi dei questionari individuali del sondaggio. Le donne, anche se appartengono a varie classi sociali, etnie o gruppi, fanno comunque parte dello stesso gruppo sociale poiché condividono gli stessi interessi. Lo status sociale delle donne è un concetto collettivo, che comprende cinque elementi: 1. status legale; 2. status economico; 3. status politico; 4. status educativo; 5. status all’interno della famiglia. Lo status legale delle donne rispecchia la forma legale dello Stato nei confronti della posizione delle donne nelle relazioni sociali, inoltre è una condizione fondamentale a cui la società deve provvedere per lo sviluppo delle donne. Esso è anche una garanzia per le donne, che permette loro di avere un certo livello di tutela ed ha un ruolo decisivo per quanto riguarda gli altri elementi dello status sociale delle donne. Lo status economico delle donne indica la posizione delle donne nelle relazioni economiche della società che è deciso dal sistema economico di base, ad esempio dalla proprietà dei mezzi di produzione. In passato la proporzione del flusso di occupazione era molto bassa sia per gli uomini che per le donne, infatti il 73,1% degli uomini e il 68,5% delle donne non aveva mai sperimentato cambi di occupazione. Negli anni Novanta, delle donne che avevano cambiato lavoro, la maggior parte aveva cambiato lavoro solo una volta, costituendo il 54,6% del numero totale delle donne con esperienza lavorativa, ed il 13% del numero totale delle donne con questa esperienza avevano cambiato lavoro due volte. Lo sviluppo occupazionale delle donne è anche condizionato dal “doppio carico” 4 e dall’ambiente di lavoro. Riguardo le ragioni dietro al cambiamento di lavoro, il motivo principale delle donne è quello delle esigenze della famiglia. Il 47,1% delle donne che lavora in aree urbane, cambia lavoro principalmente per “risolvere problemi dovuti alla separazione dal patner”, “poiché il luogo di lavoro precedente era troppo lontano da casa” oppure “per sposarsi ed avere un figlio”. Le necessità familiari diventano quindi la ragione principale per cambiare lavoro. Ciò mostra che diminuire il conflitto tra carriera e vita familiare è un fattore importante per ridurre il flusso lavorativo delle donne nelle aree cinesi. Per quanto riguarda gli uomini invece, solo il 27,3% cambia lavoro per assecondare le esigenze familiari. Lo status educativo indica l’opportunità per le donne di ricevere un’istruzione e il loro livello di educazione raggiunto, che costituisce la posizione delle donne nel sistema educativo del Paese. Nella società moderna l’istruzione è diventata una condizione necessaria che permette alle persone di entrare a far parte di uno stato sociale. Inoltre, il livello di istruzione delle donne è un simbolo importante della loro posizione sociale, ed è anche un fatto che ha una grande influenza su altri elementi dello status sociale delle donne. La famiglia in Cina è il nucleo della società. Al giorno d’oggi c’è una tendenza per cui si identifica la moglie come “il controllore severo della famiglia”. C’è infatti la falsa impressione che la posizione delle donne all’interno della famiglia non possa essere migliorata ulteriormente. Il potere che una persona ha segna la sua posizione sia all’interno della società che nel nucleo familiare. Un’importante aspetto del sondaggio effettuato negli anni Novanta era quello di riuscire a comprendere le dinamiche di distribuzione del potere decisionale tra i membri della famiglia sia per quanto riguarda le questioni giornaliere sia per le grandi Per doppio carico si intende il lavoro che gli uomini e le donne svolgono in cambio di un profitto, ma alle donne si aggiunge anche la responsabilità del lavoro domestico non retribuito. Gli studi compiuti per verificare gli effetti della divisione del lavoro in base al genere hanno mostrato che nella maggior parte dei casi c’era una differenza notevole tra il tempo che gli uomini e le donne spendono facendo lavori domestici. Questo fenomeno è definito anche “il secondo turno” come teorizzato nel testo omonimo di A. Hochschild. 4 domande come ad esempio come e dove costruire la propria casa, decisioni sulla divisione del lavoro etc. Molti studiosi considerano la politica del figlio unico come una vera e propria guerra contro le donne e le bambine. Questa politica infatti ha aumentato il divario di genere tra uomini e donne in modo esponenenziale, riducendo il Paese alla situazione attuale, ovvero al grande sovrannummero di uomini ed alla scarsità di donne. Questa politica di pianificazione familiare è inoltre responsabile degli aborti forzati di figlie femmine, il cosiddetto “gendericidio”. La Cina perà si sta rendendo conto che scelte politiche sbagliate associate alle concezioni tradizionali prevalentemente maschiliste e patriarcali, possono creare danni non indifferenti. La Repubblica Popolare Cinese ha compiuto scelte politiche azzardate per aiutare lo sviluppo economico, e diventare più competitiva a livello internazionale. Un altro fenomeno che interessa il Paese, oltre alla disparità di genere è quello dell’invecchiamento della popolazione. Presto infatti se non si corre ai ripari, il Paese avrà una popolazione in prevalenza composta da anziani. La Cina presenta quindi una società multisfaccettata composta da una parte di popolazione benestante, industrializzata e sviluppata, e poi c’è l’altra parte che appare povera, contadina, rurale e comprende la maggior parte dei cinesi. È soprattutto nelle zone interne che le discriminazioni nei confronti delle donne sono più evidenti. Lì infatti c’è ancora la concezione che la donna debba essere assoggettata alla vita familiare e debba essere inferiore al marito. La Cina ha imposto il rigido controllo delle nascite già a partire dagli anni Settanta per limitare la crescita della popolazione, e controllare le risorse, soprattutto il territorio. Il governo centrale ha affermato che questa politica di controllo ha evitato la nascita di 400 milioni di bambini, in un Paese come la Cina che presenta già una popolazione di un bilione e 300 milioni. La Repubblica Popolare Cinese, dopo aver raggiunto la stabilità economica a livello internazionale, si sta quindi impegnando nella tutela dei diritti della popolazione, soprattutto dei diritti delle donne. La situazione è ancora in cambiamento, poiché non è facile cancellare in un sol colpo secoli di storia, prevalentemente protesa a favore dei maschi. Si cercherà quindi di impegnarsi per realizzare un futuro più “rosa”.