COMPETENZE DIGITALI
Competenze digitali o digital skills.
Un approccio in 3D, un mutamento in corso.
L’immersività generata dagli ambienti multimediali ci sollecitano un’esigenza nuova e
educabile: sviluppare riflessività e pensiero critico che rischiano di perdersi all’interno
delle attuali modalità comunicative.
Le competenze digitali servono a saper esplorare e affrontare in modo flessibile situazioni
tecnologiche nuove, saper analizzare, selezionare, e valutare criticamente dati e informazioni,
sapersi avvalere del potenziale delle tecnologie per la rappresentazione e la soluzione di
problemi e per la costruzione condivisa e collaborativa della conoscenza, mantenendo la
consapevolezza della responsabilità personale, del confine tra sé e gli altri e del rispetto dei
diritti/doveri reciproci
Le digital Competence Framework mi permettono di :
Esplorare nuovi contesti
tecnologici in modo
flessibile
tecnologico
Interagire utilizzando le
ICT in modo responsabile
integrata
etica
cognitiva
Comprendere il potenziale
delle tecnologie di rete per
la costruzione collaborativa
della conoscenza
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Accedere, selezionare e
valutare criticamente
l’informazione
Autoriflessione e Empowerment
L’introduzione di tecnologie digitali in un’aula richiede che il docente acquisisca per primo le
“digital-skills” necessarie a farsi formatore verso i propri alunni di quella tridimensionalità
insita nelle competenze digitali.
Le prove Instant DCA (iDCA) sono costituite da una batteria di questionari, elaborati per
valutare e sviluppare conoscenze e abilità connesse alla Competenza Digitale.
Sono rivolte a studenti di 15/16 anni, sono gratuite e possono essere applicate da ogni scuola,
dietro una semplice richiesta di attivazione.
Sono state ideate all'interno del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale coordinato
da Antonio Calvani.
La sezione tecnologica non si concentra su hardware e software e operatività spicciola.
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Dimensione Etica
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La sezione etica riguarda i comportamenti nell’uso delle tecnologie in generale ed in
particolare di internet.
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L’ICF, come strumento di lettura, è diverso da cultura a cultura poiché rimanda a contesti
storico-culturali tipici di ogni cultura. Rispetto al modello medico l’ICF non da accezioni
positive o negative delle definizioni dei nostri concetti (disabilità, handicap, limitazione,
svantaggio, ecc. ec) ma solo nell’interazione.
La convenzione delle nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità, 2007: il recepimento
in toto dell’ICF
 Riconoscendo gli utili contributi, esistenti e potenziali, delle persone con disabilità in
favore del benessere generale e della diversità delle loro comunità, e che la
promozione del pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della
piena partecipazione nella società da parte delle persone con disabilità accrescerà il
senso di appartenenza ed apporterà significativi progressi nello sviluppo umano,
sociale ed economico della società e nello sradicamento della povertà,
A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle
patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la
qualità della diagnosi di tali patologie.
La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie”
(ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni
sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni
diagnostiche.
L’ICD rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo
manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle
patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale delle
menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH, 1980). L’ICIDH non coglie la causa della
patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo stato di
salute delle popolazioni. Con l’ICIDH non si parte più dal concetto di malattia inteso come
menomazione, ma dal concetto di salute,
Il 22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno
strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La
Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato
ICF.
Il primo aspetto innovativo della classificazione emerge chiaramente nel titolo della stessa. A
differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato ampio spazio alla
descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini quali malattia, menomazione ed
handicap (usati prevalentemente in accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit)
nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute
dell’individuo in chiave positiva (funzionamento e salute).
L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la
correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una
condizione di salute in un ambiente sfavorevole.
L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a evidenziare non solo come
le persone convivono con la loro patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la
qualità della loro vita.
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Disabilità: termine ombrello per menomazioni, limitazioni dell’attività e restrizioni
della (alla) partecipazione. Esso indica gli aspetti negativi dell’interazione
dell’individuo (con una condizione di salute) e i fattori contestuali di quell’individuo
(fattori ambientali e personali).
Attività e Partecipazione, comprende la gamma completa dei domini indicanti gli aspetti del
funzionamento da una prospettiva sia individuale che sociale.
Funzionamento è un termine ombrello che comprende tutte le funzioni corporee, le attività e
la partecipazione ed indica anche che non sussistono aspetti problematici della salute e degli
stati ad essa correlati.
Restrizioni della partecipazione: sono i problemi che un individuo può sperimentare
nel coinvolgimento nelle situazioni di vita. La presenza di una restrizione alla
partecipazione viene determinata paragonando la partecipazione dell’individuo con
quella che ci si aspetta da un individuo senza disabilità in quella stessa cultura o
società. (sostituisce il termine handicap usato nell’ICIDH)
Limitazione delle attività: sono le difficoltà che un individuo può incontrare
nell’eseguire delle attività. Una limitazione dell’attività può essere una deviazione da
lieve a grave, in termini quantitativi o qualitativi, nello svolgimento dell’attività
rispetto al modo e alla misura attesi da persone senza la condizione di salute.
(sostituisce il termine disabilità usato nell’ICIDH).
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