1 Le funzioni reali di variabile reale 1.1 Le funzioni Definizione Una funzione π: π΄ → π΅ è una relazione che associa a ciascuno degli elementi di un insieme π΄ (il dominio) uno ed uno solo degli elementi di un insieme π΅ (il codominio). Una funzione è detta: - iniettiva quando a elementi distinti del dominio corrispondono elementi distinti del codominio; - suriettiva quando ciascun elemento del codominio è associato ad almeno uno degli elementi del dominio; - biunivoca (o biettiva) quando è sia iniettiva che suriettiva. Due funzioni π(π₯) e π(π₯) sono uguali se hanno identico dominio π΄ e codominio π΅ e se ∀π₯ ∈ π΄ si ha: π(π₯) = π(π₯). Una funzione in due (o più) variabili è una funzione che ha come dominio il prodotto cartesiano di due (o più) insiemi. 1.2 La funzione reale di variabile reale Una funzione π: π΄ → π΅ si dice funzione reale di variabile reale quando sia il dominio che il codominio sono sottoinsiemi di β. In questo caso la funzione può essere rappresentata su un piano cartesiano riportando sull'asse delle ascisse i valori π₯ ∈ π΄ del dominio e sull'asse delle ordinate i valori π¦ ∈ π΅, scrivendo: π(π₯) = π¦. Con questa notazione si individuano dei punti sul piano cartesiano (π₯, π(π₯)) che rappresentano i punti del grafico della funzione. 1.2.1 La funzione inversa di π(π₯) = π¦ Nel caso che π: π΄ → π΅ sia una funzione biunivoca (o biettiva) se ne può definire la funzione inversa: la funzione inversa di π è la funzione biunivoca π −1 : π΅ → π΄ che associa ad ogni π¦ di π΅ il valore π₯ di π΄ tale che π¦ = π(π₯). Per calcolare, se esiste, l’inversa della funzione π(π₯) = π¦ si procede semplicemente a ricavare la variabile π₯ in funzione della variabile π¦ nell’espressione π(π₯) = π¦. Se la funzione inversa esiste solo in una parte del dominio della funzione π , spesso la si definisce in un sottoinsieme del dominio in cui la funzione risulti biunivoca. 1.2.2 La composizione di due funzioni Siano π: π΄ → π΅ e π: π΅ → πΆ due funzioni reali di variabile reale tali che il codominio di π coincida col dominio di π; allora si chiama funzione composta π β π: π΄ → πΆ la funzione che ad ogni elemento π₯ ∈ π΄ (cui corrisponde l’elemento π(π₯) ∈ π΅) fa corrispondere l’elemento π[π(π₯)] ∈ πΆ . Si noti che, nel caso domini e codomini permettano di definire sia π β π che π β π, in generale si ha che π β π ≠ π β π. 1.3 Le trasformazioni geometriche: le isometrie Una trasformazione geometrica nel piano è una corrispondenza biunivoca che associa a ciascun punto del piano un unico punto del piano stesso (non si tratta di una funzione reale di variabile reale perché dominio e codominio sono rappresentati dal piano β × β e non da sottoinsiemi di β). Una trasformazione geometrica quindi associa a ciascun punto π΄ ≡ (π₯, π¦) del piano il punto trasformato π΄′ ≡ (π₯ ′ , π¦ ′ ) mediante opportune equazioni della trasformazione. Si chiama punto unito della trasformazione ogni punto che sia il trasformato di se stesso. Le isometrie sono particolari trasformazioni geometriche che conservano le distanze, trasformando quindi figure geometriche in figure congruenti. 1.3.1 Le traslazioni Una traslazione è una isometria di equazioni: π₯′ = π₯ + π π₯ = π₯′ − π βΉ{ { ′ π¦ =π¦+π π¦ = π¦′ − π Qualsiasi siano π, π ∈ β, l’effetto di una traslazione è quello di spostare ogni punto del piano orizzontalmente del valore π e verticalmente del valore π. Nel caso di una funzione π(π₯) = π¦, si avrà per il grafico della funzione traslata π (π₯ ′ − π) = π¦ ′ − π βΉ π¦ ′ = π (π₯ ′ − π) + π. 1.3.2 Le simmetrie Le simmetrie sono isometrie che associano ad ogni punto del piano un punto ad esso speculare rispetto ad una data figura geometrica. Noi ci occuperemo della simmetria assiale e della simmetria centrale. La simmetria assiale è una simmetria rispetto ad una data retta π: ciascun punto π΄ ≡ (π₯, π¦) del piano viene associato al punto trasformato π΄′ ≡ (π₯ ′ , π¦ ′ ) in modo tale che la retta π sia asse del segmento Μ Μ Μ Μ Μ π΄π΄′ . La retta π è detta asse di simmetria: è formata da tutti e soli i punti uniti della trasformazione. La simmetria centrale è una simmetria rispetto ad un dato punto π: ciascun punto π΄ ≡ (π₯, π¦) del piano viene associato al punto trasformato π΄′ ≡ (π₯ ′ , π¦ ′ ) in modo tale che il punto π sia punto medio del Μ Μ Μ Μ Μ ′ . Il punto π è detto centro di simmetria: è l’unico punto unito della trasformazione. segmento π΄π΄ Data una funzione π¦ = π(π₯) si può dimostrare che: π¦ = −π(π₯) ha grafico simmetrico a quello di π(π₯) rispetto all’asse π₯ ; π¦ = π(−π₯) ha grafico simmetrico a quello di π(π₯) rispetto all’asse π¦; π¦ = −π(−π₯) ha grafico simmetrico a quello di π(π₯) rispetto all’origine. Nel caso della funzione π¦ = |π(π₯)| è sufficiente notare che nei tratti in cui π(π₯) ≥ 0 si avrà |π(π₯)| = π(π₯), mentre nei tratti in cui π(π₯) < 0 si avrà |π(π₯)| = −π(π₯), con le ovvie conseguenze sul grafico. ο· ο· ο· 2 Potenze ad esponente reale Abbiamo visto come una potenza ad esponente relativo richieda base non negativa per evitare possibili valori π π π negativi di un radicando ad indice pari; infatti per ogni π ∈ β (con π > 0) π = √ππ . Sappiamo inoltre che ogni numero reale π₯ può essere approssimato a piacere con un numero razionale π⁄π (in cui π è intero e π è naturale); allora la potenza reale (di base π ≥ 0) ππ ha senso come risultato della indefinita e sempre più accurata reiterazione di tale approssimazione. Le proprietà delle potenze ad esponente reale sono le stesse, ovviamente, di quelle ad esponente razionale: π0 = 1 π π₯ π π¦ = π π₯+π¦ ππ₯ = π π₯−π¦ π¦ π π π₯ π π₯ = (ππ)π₯ ππ₯ π π₯ =( ) ππ₯ π (π π₯ )π¦ = π π₯π¦ 2.1 La funzione esponenziale Si chiama funzione esponenziale la funzione reale di variabile reale π(π₯) = π π₯ con π > 0. Nel caso banale π = 1 la funzione si riduce alla retta π(π₯) = 1. A parte questo caso banale, la funzione esponenziale è: positiva, poiché ∀π₯ ∈ β (con π > 0) βΉ π π₯ > 0 strettamente monotona (quindi invertibile), poiché π π₯ > π π¦ se π > 1 ∀π₯, π¦ ∈ β (con π₯ > π¦) βΉ { π₯ π < π π¦ se π < 1 Ciò significa che π(π₯) = π π₯ è una funzione strettamente decrescente per 0 < π < 1 e strettamente crescente per π > 1); infine, ha come dominio β e codominio β+ . 2.2 I logaritmi Dati π e π numeri reali positivi con π ≠ 1, il logaritmo in base π del numero π è l'esponente a cui elevare π per ottenere π. Quindi: π = log π π βΉ ππ = π βΉ πlogπ π = π Le principali proprietà dei logaritmi sono le seguenti (con le indicazioni ln e log si intendono rispettivamente il logaritmo in base π, numero di Nepero, e in base 10): π₯π¨π π ππ = π₯π¨π π π + π₯π¨π π π π₯π¨π π ππ = π π₯π¨π π π π₯ = log π π π₯ = log π π, π¦ = log π π , π§ = log π ππ βΉ π π₯ = π βΉ πππ₯ = π π βΉ ππ = π π§ = π π₯ β π π¦ = π π₯+π¦ log π πππ₯ = log π π π βΉ βΉπ§ =π₯+π¦ ππ₯ = πlog π π = log π π π infatti se: π = π₯π¨π π π − π₯π¨π π π π dai precedenti con 1⁄π = π −1 π₯π¨π π infatti, se: π π₯π¨π π √π = 1 dai precedenti con √π = π π π₯π¨π π π π₯π¨π π π π = log π π₯ βΉ π = π₯ βΉ log π ππ = π log π π = log π π₯ βΉ log π π₯ π= = log π π₯ log π π infatti, se: π π₯π¨π π π π π π₯π¨π π π = π 2.3 Funzione logaritmica Consideriamo ora (per π > 0, π ≠ 1) la funzione logaritmica: π(π₯) = log π π₯ ; è una funzione strettamente monotona (decrescente per 0 < π < 1 e crescente per π > 1); ha come dominio β+ e come codominio β. 2.4 Equazioni esponenziali e logaritmiche L'equazione esponenziale elementare ππ = π (con π > 0, π ≠ 1, π > 0 ) ammette una ed una sola soluzione. Le equazioni esponenziali più comuni sono classificate come segue. 2.4.1 Equazioni esponenziali riducibili alla stessa base In questo caso, dopo aver ridotto l'equazione alla stessa base, è sufficiente uguagliare gli esponenti; per esempio: ππ π +π ππ π = ππππ βΉ 5π₯ ππ −π 2 +2 3(π₯ 2 −1) =πβΉ3 π₯ 2 −π₯ π₯ √πππ −π = ππ βΉ 7 = 53π₯ βΉ π₯ 2 + 2 = 3π₯ βΉ π₯ 2 − 3π₯ + 2 = 0 βΉ π₯1 = 1, π₯2 = 2 = 30 βΉ 3π₯ 2 − 3 = 0 βΉ 3π₯ 2 = 3 βΉ π₯ 2 = 1 βΉ π₯1,2 = ±1 = 49 βΉ 7π₯−1 = 72 βΉ π₯ − 1 = 2 βΉ π₯ = 3 2.4.2 Equazioni esponenziali riducibili ad equazioni algebriche In questo caso, dopo aver ridotto l'equazione ad una equazione algebrica mediante una sostituzione dell'incognita, si risolve l'equazione algebrica e poi si torna all'incognita iniziale; per esempio: π β ππ − ππ β ππ + π = π βΉ 9 β 32π₯ − 82 β 3π₯ + 9 = 0 βΉ 9π‘ 2 − 82π‘ + 9 = 0 π‘1 = 9 βΉ 3π₯ = 9 = 32 βΉ π₯1 = 2 βΉ{ 1 1 π‘2 = βΉ 3π₯ = = 3−2 βΉ π₯2 = −2 9 9 −π π−π 1 π₯ 1 2π₯ π−π −π₯ −π₯ −π₯ −2π₯ =π βΉ 1 − 3 = 8 β 9 β 9 βΉ 1 − 3 = 72 β 3 βΉ 1 − ( ) = 72 ( ) π 3 3 1 1 π₯ 1 1 2 π‘1 = βΉ ( ) = = ( ) βΉ π₯1 = 2 1 2π₯ 1 π₯ 9 3 9 3 βΉ 72 ( ) + ( ) − 1 = 0 βΉ 72π‘ 2 + π‘ − 1 = 0 βΉ π₯ 3 3 1 1 1 {π‘2 = − 8 βΉ (3) = − 8 = πππππ π πππππ 2.4.3 Equazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi - Equazioni logaritmiche Sia che si stia trattando una equazione esponenziale non riducibile oppure una equazione propriamente logaritmica (cioè con l'incognita che compare nell'argomento di un logaritmo), lo scopo è di trasformare l'equazione, grazie alle proprietà dei logaritmi, nella forma: π΄(π₯)>0 π΅(π₯)>0 log π π΄(π₯) = log π π΅(π₯) ⇒ π΄(π₯) = π΅(π₯) Se questo è possibile, si risolve l'espressione data avendo cura di verificare le soluzioni ottenute perché potrebbero contravvenire alle condizioni di esistenza dei logaritmi di partenza. Alcuni esempi: π 1 1 π₯π¨π (ππ − π) + π₯π¨π √π − π = π βΉ log(2π₯ − 1) + log(π₯ − 9) = 1 βΉ log[(2π₯ − 1)(π₯ − 9)] = 2 π 2 2 βΉ log[(2π₯ − 1)(π₯ − 9)] = log 102 βΉ (2π₯ − 1)(π₯ − 9) = 102 βΉ 2π₯ 2 − 19π₯ − 91 = 0 βΉ 7 π₯1 = 13, π₯2 = − 2 La seconda soluzione è inaccettabile perché rende inconsistenti i logaritmi (le cui condizioni di esistenza 1 sono: π₯ > 2 , π₯ > 9). π β πππ = ππ β πππ = log 4 − log 3 3 log 5 − 2 log 7 4 π₯ π₯ log 3 53π₯ 12 53 4 53 53 4 βΉ 2π₯ = βΉ ( 2 ) = βΉ log ( 2 ) = π₯ log ( 2 ) = log βΉ π₯ = βΉπ₯ 53 7 9 7 3 7 7 3 log ( 2 ) 7 2.5 Disequazioni esponenziali e logaritmiche Le disequazioni logaritmiche, oppure quelle esponenziali alle quali possano applicarsi i logaritmi, sono risolvibili quando si possa passare alla relativa disuguaglianza fra gli argomenti: è necessario ricordare che in questo passaggio il segno della disequazione non cambia se la base è maggiore dell’unità, deve essere invertito invece in caso contrario. Nel nostro corso applicheremo sempre logaritmi naturali o in base 10, senza avere problemi per il segno della disequazione. 2.5.1 Disequazioni esponenziali risolvibili con i logaritmi - Equazioni logaritmiche Sia che si stia trattando una disequazione esponenziale non riducibile oppure una disequazione propriamente logaritmica (cioè con l'incognita che compare nell'argomento di un logaritmo), lo scopo è di trasformare l'equazione, grazie alle proprietà dei logaritmi, nella forma (indipendentemente, come al solito, dal segno della disequazione): log π π΄(π₯) > log π π΅(π₯) Se questo è possibile, si risolve l'espressione data avendo cura di verificare le soluzioni ottenute perché potrebbero contravvenire alle condizioni di esistenza dei logaritmi di partenza. Ponendosi nel caso π > 1, si ha che questa disequazione è risolta dal sistema di disequazioni formato dalle condizioni di esistenza dei logaritmi e dalla disequazione corrispondente degli argomenti: π΄(π₯) > 0 log π π΄(π₯) > log π π΅(π₯) ⇒ { π΅(π₯) > 0 π΄(π₯) > π΅(π₯) 5 3 Le funzioni goniometriche 3.1 La misura degli angoli L’angolo (ciascuna delle due parti in cui un piano risulta diviso da due semirette con l’origine in comune) è il soggetto dello studio della goniometria; più precisamente lo è la sua misura (ampiezza). Due angoli congruenti hanno la medesima ampiezza, che può essere misurata a partire da un angolo campione utilizzato come unità di misura. Nel sistema sessagesimale questa unità di misura (chiamata grado sessagesimale ed indicata con °) è un angolo di ampiezza pari alla 360esima parte di un angolo giro; a sua volta, la sessantesima parte di un grado è detta primo (') e la sessantesima parte di un primo è detta secondo ("). Questo sistema ha larga applicazione nell’uso comune e nella topografia: si pensi ad esempio al sistema di coordinate geografiche formate da meridiani e paralleli. In campo scientifico invece viene utilizzato il sistema analitico che utilizza come unità di misura il radiante (rad). Il valore in radianti dell’ampiezza di un angolo viene definito come il rapporto tra la lunghezza dell’arco individuato su una qualsiasi circonferenza con centro nel vertice dell’angolo e la lunghezza del suo raggio; la proporzionalità tra archi e raggi di circonferenze concentriche garantisce l’univocità di tale unità di misura. Il radiante è un’unità di misura adimensionale (è rappresentato dal rapporto tra due lunghezze); inoltre, poiché la circonferenza misura 2ππ , si ha che un angolo giro misura 2π πππ . Infine, la relazione tra l’ampiezza di un angolo πΌ in gradi sessagesimali (πΌ°) e in radianti (πΌ πππ ) è data da: πΌ πππ = πΌ° π 180° βΊ πΌ° = πΌ πππ 180° π 3.1.1 Gli angoli orientati e la circonferenza goniometrica Un angolo può essere anche visto come l’effetto della rotazione di una semiretta che abbia come centro di rotazione la sua origine: l’angolo sarebbe la parte di piano “spazzata” dalla semiretta nel corso della sua rotazione. La posizione iniziale della semiretta individua il lato origine dell’angolo, mentre la posizione finale individua il lato termine dell’angolo. In questo senso possiamo parlare di angolo orientato: l’orientamento è dato dal verso della rotazione; per convenzione, si pone positiva l’ampiezza di un angolo ottenuto con una rotazione antioraria e negativa l’ampiezza di un angolo ottenuto con una rotazione oraria. Dato un piano cartesiano, si chiama circonferenza goniometrica la circonferenza di raggio unitario che abbia come centro l’origine degli assi. In questa circonferenza, preso come lato origine l’asse π₯ positivo, ogni angolo da esso ottenibile è univocamente determinato dal punto di intersezione tra il lato termine e la stessa circonferenza goniometrica; il punto (0,1) è detto origine degli archi. 3.2 Le principali funzioni goniometriche Le funzioni goniometriche sono funzioni che associano un numero reale all’ampiezza di un angolo: in generale quindi non sono funzioni reali di variabile reale, appunto perché la variabile è una quantità che rappresenta un’ampiezza e può dimensionalmente essere rappresentata, ad esempio, da gradi sessagesimali. Questo è il motivo per cui in campo scientifico si usa il sistema analitico, in cui le ampiezze sono adimensionalmente rappresentate da radianti ed in cui quindi le funzioni goniometriche sono funzioni reali di variabile reale. A ciascun angolo πΌ individuabile sulla circonferenza goniometrica (che individua il punto π΅ ≡ (π₯π΅ , π¦π΅ ) di intersezione tra il lato termine e la circonferenza), la funzione coseno associa il rapporto tra il corrispondente valore dell’ascissa ed il raggio (unitario), mentre la funzione seno associa il rapporto tra il corrispondente valore dell’ascissa ed il raggio (unitario): π₯π΅ = π₯π΅ π π¦π΅ sin πΌ = = π¦π΅ π cos πΌ = 6 3.2.1 Proprietà e grafici di seno e coseno Alcune proprietà immediate di queste due funzioni sono date dal fatto che le ampiezze possono assumere qualsiasi valore, quindi il loro dominio è β; il massimo e il minimo valore di ascissa e ordinata dei punti della circonferenza goniometrica sono 1 e −1, quindi il loro codominio è dato dall’insieme dei valori tra questi compresi; inoltre, ogni volta che si effettua una rotazione pari ad un angolo giro i valori si ripetono nuovamente SINUSOIDE identici, quindi le due funzioni sono periodiche di periodo 2π. Inoltre, per il teorema di Pitagora si ha che π₯π΅ 2 + π¦π΅ 2 = π 2 , quindi (visto che il raggio della circonferenza goniometrica è unitario): sin2 πΌ + cos 2 πΌ = 1 Questa rappresenta la prima relazione fondamentale della goniometria. Da questa relazione si può ricavare il valore di una delle due funzioni goniometriche di un angolo quando se ne conosce il valore dell’altra. Una interessante considerazione riguarda il fatto che si potrebbe usare una qualsiasi circonferenza con centro COSINUSOIDE nell’origine (non necessariamente unitaria) per la definizione delle due funzioni seno e coseno: infatti ogni angolo individuerebbe sulla circonferenza generica e su quella goniometrica due angoli retti dati da ascissa ed ordinata del punto di intersezione come cateti e raggio come ipotenusa: il fatto che questi due angoli siano simili garantisce l’uguaglianza dei rapporti che definiscono ciascuna funzione. I grafici di seno e coseno sono chiamati sinusoide e cosinusoide e sono sovrapponibili con una π traslazione orizzontale pari a . 2 3.2.2 Le funzioni tangente e cotangente Si definisce la funzione tangente come rapporto (dove definito) tra la funzione seno e la funzione coseno; si definisce la funzione cotangente come reciproco (dove definito) della funzione tangente: sin πΌ cos πΌ 1 cos πΌ ctg πΌ = = tg πΌ sin πΌ tg πΌ = Dal punto di vista geometrico, si può notare che la funzione tangente assume, per ciascun angolo per cui è definita, il valore della lunghezza del Figura 1 7 segmento staccato sulla retta tangente alla circonferenza goniometrica nell’origine degli archi (0,1) dal prolungamento del raggio. Analogamente, la cotangente assume il valore della lunghezza del segmento staccato sulla retta tangente alla circonferenza goniometrica nel punto (1,0) dal prolungamento del raggio. Infatti, facendo riferimento alla tangente, per la similitudine dei triangoli ππ΅πΆ e ππ΄πΊ, si ha che (vedi figura 1): Μ Μ Μ Μ sin πΌ Μ Μ Μ Μ πΆπ΅ πΊπ΄ Μ Μ Μ Μ tg πΌ = = = = πΊπ΄ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ cos πΌ ππ΅ ππ΄ 3.2.3 Valori delle funzioni goniometriche di angoli particolari π π π π Con banali considerazioni su angoli particolari (0, , , , ) che corrispondono a configurazioni riferibili a 6 4 3 2 triangoli equilateri o rettangoli isosceli sulla circonferenza trigonometrica, si ottengono i seguenti valori: sin 0 = cos sin sin π =0 2 tg 0 = ctg π π 1 = cos = 6 3 2 tg π π √2 = cos = 4 4 2 π π 1 = ctg = 6 3 √3 tg π π √3 sin = cos = 3 6 2 π sin = cos 0 = 1 2 tg tg π =0 2 π π = ctg = 1 4 4 π π = ctg = √3 3 6 π = ctg 0 = πππππππππ‘π 2 3.2.4 Le funzioni goniometriche di angoli associati Si dicono angoli associati ad un qualsiasi angolo πΌ tutti quegli angoli che differiscono da πΌ di un multiplo π di . Per questi angoli valgono le seguenti relazioni, facilmente derivabili dall’osservazione della loro 2 posizione sulla circonferenza goniometrica: sin(π − πΌ) = sin πΌ cos(π − πΌ) = −cos πΌ tg(π − πΌ) = −tg πΌ sin(π + πΌ) = −sin πΌ cos(π + πΌ) = −cos πΌ tg(π + πΌ) = tg πΌ sin(−πΌ) = sin(2π − πΌ) = −sin πΌ cos(−πΌ) = cos(2π − πΌ) = cos πΌ tg(−πΌ) = tg(2π − πΌ) = −tg πΌ π sin ( − πΌ) = cos πΌ 2 π cos ( − πΌ) = sin πΌ 2 π cos πΌ 1 tg ( − πΌ) = = 2 sin πΌ tg πΌ π sin ( + πΌ) = cos πΌ 2 π cos ( + πΌ) = − sin πΌ 2 π cos πΌ 1 tg ( + πΌ) = − =− 2 sin πΌ tg πΌ 8 3.3 Le equazioni goniometriche 3.3.1 Le equazioni goniometriche elementari sin π₯ = costante cos π₯ = costante tg π₯ = costante Relazioni principali da utilizzare nella risoluzione delle equazioni goniometriche elementari: sin π₯ = sin(π − π₯) cos π₯ = cos(−π₯) tg π₯ = tg(π + π₯) πππ π = ππππππππ si ricerca la soluzione nel 1° e 4° quadrante (in cui i valori del seno variano tra -1 e 1, cioè assumono tutti i valori possibili). Poi si applica la relazione: sin π₯ = sin(π − π₯) e si trova una seconda soluzione. Infine a entrambe le soluzioni si aggiunge il periodo del seno (2ππ). πππ π = ππππππππ si ricerca la soluzione nel 1° e 2° quadrante (in cui i valori del coseno variano tra -1 e 1, cioè assumono tutti i valori possibili). Poi si applica la relazione: πππ π₯ = πππ (−π₯) e si trova una seconda soluzione. Infine a entrambe le soluzioni si aggiunge il periodo del coseno (2ππ). ππ π = ππ¨π¬πππ§ππ si ricerca la soluzione nel 1° e 4° quadrante (in cui i valori della tangente variano tra −∞ e +∞, cioè assumono tutti i valori possibili). Infine alla soluzione si aggiunge il periodo della tangente (ππ). 3.3.2 Equazioni goniometriche algebriche sin π₯ π(π₯) = {cos π₯ ⇒ π[π(π₯)]2 + ππ(π₯) + π = 0 tg π₯ Si risolvono con la sostituzione π(π₯) = π‘ ricavando una equazione di secondo grado che ha, in generale, 2 soluzioni; da ciascuna di queste si ottiene una equazione goniometrica elementare. 3.3.3 Equazioni goniometriche lineari in π ππ π₯ , πππ π₯ π π ππ π₯ + π πππ π₯ + π = 0 Si risolvono mettendo a sistema l’equazione con la relazione goniometrica fondamentale: in pratica, ricavando sin π₯ rispetto a cos π₯ (o viceversa), elevando al quadrato e sostituendo nella relazione fondamentale: sin2 π₯ + cos 2 π₯ = 1 si ottiene una equazione goniometrica algebrica. Alla fine è necessario verificare ciascuna soluzione (senza periodicità) sostituendola nella equazione di partenza. Nel caso il termine noto sia nullo: π π ππ π₯ + π πππ π₯ = 0 (πππ π = 0) La soluzione si ottiene dividendo entrambi i membri per cos π₯ ottenendo una equazione elementare in tg π₯. 3.3.4 Equazioni goniometriche di secondo grado omogenee in π ππ π₯ , πππ π₯ π π ππ2 π₯ + π π ππ π₯ πππ π₯ + π πππ 2 π₯ = 0 9 Si risolve dividendo entrambi i membri per cos2 π₯ e ottenendo una equazione goniometrica algebrica in tg π₯. Occorre discutere il caso: πππ π₯ = 0. Si possono presentare anche i seguenti casi particolari: π π ππ2 π₯ + π πππ 2 π₯ = 0 (πππ π = 0) Si risolve ugualmente dividendo entrambi i membri per cos 2 π₯ e ottenendo una equazione goniometrica algebrica in tg π₯. π π ππ π₯ πππ π₯ + π πππ 2 π₯ = 0 oppure π π ππ2 π₯ + π π ππ π₯ πππ π₯ = 0 (πππ π ππππ’ππ π = 0) Si risolvono mediante una scomposizione in fattori (si raccoglie nella prima cos π₯ e nella seconda sin π₯). 3.3.5 Equazioni goniometriche di secondo grado in π ππ π₯ , πππ π₯ π π ππ2 π₯ + π π ππ π₯ πππ π₯ + π πππ 2 π₯ = π Usando la relazione fondamentale: sin2 π₯ + cos2 π₯ = 1 si ottiene: π sin2 π₯ + π sin π₯ cos π₯ + π cos2 π₯ = π(sin2 π₯ + cos2 π₯) ⇒ ⇒ (π − π) sin2 π₯ + π sin π₯ cos π₯ + (π − π) cos2 π₯ = 0 ottenendo una equazione goniometrica omogenea di secondo grado. 3.4 Le formule goniometriche 3.4.1 Le formule di addizione e sottrazione Μ Μ Μ Μ ⊥ Μ Μ Μ Μ Con riferimento alla figura 2, sia π΅πΎ ππ΄; si ha che l’angolo ππ΅Μ πΎ vale α in quanto è dato dalla differenza dell’angolo ππ΅Μ πΎ che vale: π π ππ΅Μ πΎ = π − − π½ = − π½ 2 2 Μ e l’angolo ππ΅ π che vale: π π ππ΅Μ π = π − − (πΌ − π½) = − πΌ − π½ 2 2 Si ha poi: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ π΅π π΅π ππ π΅π πΎπ = + = + π π π π π Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ ππ Μ Μ Μ Μ ππ Μ Μ Μ Μ ππ Μ Μ Μ Μ ππ ππΎ cos(πΌ + π½) = = − = − π π π π π Μ Μ Μ Μ π΅πΎ sin π½ = π Μ Μ Μ Μ ππΎ cos π½ = π sin(πΌ + π½) = Figura 2 Inoltre, considerando il triangolo rettangolo π΅πΎπ si ha: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ π΅π Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ π΅π π΅πΎ π΅π Μ Μ Μ Μ ⇒ Μ Μ Μ Μ cos πΌ = π΅π cos πΌ = ⇒ π΅πΎ cos πΌ = ⇒ = sin π½ cos πΌ Μ Μ Μ Μ π π π π΅πΎ Invece, considerando il triangolo rettangolo ππΎπ si ha: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ πΎπ Μ Μ Μ Μ Μ πΎπ ππΎ πΎπ Μ Μ Μ Μ sin πΌ = Μ Μ Μ Μ Μ sin πΌ = ⇒ ππΎ πΎπ ⇒ sin πΌ = ⇒ = sin πΌ cos π½ Μ Μ Μ Μ π π π ππΎ In definitiva si ha la formula di addizione del seno: π¬π’π§(πΆ + π·) = π¬π’π§ πΆ ππ¨π¬ π· + ππ¨π¬ πΆ π¬π’π§ π· 10 Oltre a questo, considerando il triangolo rettangolo ππΎπ si ha: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ ππ ππΎ ππ Μ Μ Μ Μ ππ Μ Μ Μ Μ cos πΌ = ππ Μ Μ Μ Μ ⇒ cos πΌ = ⇒ ππΎ cos πΌ = ⇒ = cos π½ cos πΌ Μ Μ Μ Μ π π π ππΎ Invece, considerando il triangolo rettangolo π΅πΎπ si ha: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ ππΎ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ ππΎ π΅πΎ ππΎ Μ Μ Μ Μ ⇒ Μ Μ Μ Μ sin πΌ = ππΎ sin πΌ = ⇒ π΅πΎ sin πΌ = ⇒ = sin πΌ sin π½ Μ Μ Μ Μ π π π π΅πΎ Infine si ha la formula di addizione del coseno: ππ¨π¬(πΆ + π·) = ππ¨π¬ πΆ ππ¨π¬ π· − π¬π’π§ πΆ π¬π’π§ π· Per quanto riguarda la tangente, si avrà per angoli πΌ e π½ diversi da π 2 : sin πΌ cos π½ + sin π½ cos πΌ sin(πΌ + π½) sin πΌ cos π½ + sin π½ cos πΌ cos πΌ cos π½ tg(πΌ + π½) = = = cos(πΌ + π½) cos πΌ cos π½ − sin πΌ sin π½ cos πΌ cos π½ − sin πΌ sin π½ cos πΌ cos π½ Da questa si ottiene la formula di addizione della tangente: ππ πΆ + ππ π· ππ (πΆ + π·) = π − ππ πΆ β ππ π· Dalle precedenti formule si ricavano le formule di sottrazione; per esempio, si avrà: sin(πΌ − π½) = sin πΌ cos(−π½) + sin(−π½) cos πΌ Quindi si ottiene la formula di sottrazione del seno: π¬π’π§(πΆ − π·) = π¬π’π§ πΆ ππ¨π¬ π· − ππ¨π¬ πΆ π¬π’π§ π· Per il coseno si avrà: cos(πΌ − π½) = cos πΌ cos(−π½) − sin πΌ sin(−π½) E si ottiene la formula di sottrazione del coseno: ππ¨π¬(πΆ − π·) = ππ¨π¬ πΆ ππ¨π¬ π· + π¬π’π§ πΆ π¬π’π§ π· Infine, per la tangente: tg πΌ + tg(−π½) 1 − tg πΌ β tg(−π½) Da questa si ottiene la formula di sottrazione della tangente: ππ πΆ − ππ π· ππ (πΆ − π·) = π + ππ πΆ β ππ π· tg(πΌ − π½) = 3.4.2 Le formule di duplicazione e bisezione Avendo ottenuto delle relazioni che legano le funzioni goniometriche di somme di angoli alle funzioni dei singoli angoli, è facile ottenere relazioni relative alle funzioni goniometriche del doppio (o della metà) di angoli dati. Infatti, ponendo πΌ = π½ nelle precedenti formule di addizione, si ottiene: sin(πΌ + πΌ) = sin πΌ cos πΌ + cos πΌ sin πΌ cos(πΌ + πΌ) = cos πΌ cos πΌ − sin πΌ sin πΌ tg πΌ + tg πΌ tg(πΌ + πΌ) = 1 − tg πΌ β tg πΌ 11 Queste diventano le formule di duplicazione di seno, coseno e tangente: π¬π’π§ ππΆ = π π¬π’π§ πΆ ππ¨π¬ πΆ ππ¨π¬ ππΆ = ππ¨π¬π πΆ − π¬π’π§π πΆ = π − ππ¬π’π§π πΆ = πππ¨π¬π πΆ − π ππ ππΆ = π ππ πΆ π − ππ π πΆ Si osservi che nella duplicazione del coseno si ottengono due ulteriori formulazioni utilizzando la relazione fondamentale goniometrica. Da queste espressioni si ricavano le formule di bisezione; infatti possiamo riferire la formula di duplicazione del coseno ad un angolo πΌ anziché 2πΌ : πΌ πΌ cos πΌ = 1 − 2sin2 = 2cos 2 − 1 2 2 Da queste si ricavano le formule di bisezione di seno e coseno: π¬π’π§ πΆ π − ππ¨π¬ πΆ = ±√ π π ππ¨π¬ πΆ π + ππ¨π¬ πΆ = ±√ π π Dividendo le precedenti si ottiene la formula di bisezione della tangente: ππ πΆ π − ππ¨π¬ πΆ = ±√ π π + ππ¨π¬ πΆ E’ importante notare che dei due segni che precedono la radice nelle precedenti formule solo uno è valido, e per decidere qual è si deve conoscere il quadrante in cui cade il secondo lato dell’angolo considerato. 12 4 Introduzione alla geometria analitica 4.1 Il piano cartesiano Se β è l'insieme di tutti i numeri reali (rappresentabile su una retta), allora β × β = β2 rappresenta il piano euclideo; infatti ciascun punto di un piano può essere visto come una coppia ordinata (π, π) formata da due elementi dei quali uno è la prima coordinata e l'altro la seconda coordinata. Se disponiamo i valori di β lungo due rette perpendicolari che si intersecano in un punto (detto origine) coincidente con il valore zero, otteniamo un piano cartesiano chiamando asse delle ascisse la retta π₯ e asse delle ordinate la retta π¦. 4.1.1 Distanza tra due punti Dati due punti π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ), la loro distanza (pari alla lunghezza del segmento Μ Μ Μ Μ π΄π΅) può essere calcolata come l’ipotenusa del triangolo rettangolo che ha per cateti π₯2 − π₯1 e π¦2 − π¦1 : Μ Μ Μ Μ π΄π΅ = √(π₯2 − π₯1 )2 + (π¦2 − π¦1 )2 4.1.2 Punto medio di un segmento (baricentro) Dato un segmento di estremi π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ), il suo punto medio π ≡ (π₯π , π¦π ) avrà coordinate: π₯2 − π₯1 2π₯1 + π₯2 − π₯1 π₯2 + π₯1 = = 2 2 2 π¦2 − π¦1 2π¦1 + π¦2 − π¦1 π¦2 + π¦1 π¦π = π¦1 + = = 2 2 2 π₯π = π₯1 + In pratica le coordinate del punto medio (o baricentro) del segmento sono la media delle coordinate degli estremi; questo vale per il baricentro di ogni altro poligono. Ad esempio, per il triangolo di vertici π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ), π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ) e πΆ ≡ (π₯3 , π¦3 ) le coordinate del baricentro (punto d’incontro delle mediane) sono: π₯1 + π₯2 + π₯3 3 π¦1 + π¦2 + π¦3 π¦π = 3 π₯π = 4.2 La retta Abbiamo già visto che se il rapporto tra il valore di una funzione π(π₯) = π¦ e la sua variabile è costante per ogni valore del dominio π΄ si dice che sono legate da una proporzionalità diretta: π(π₯) π¦ = =π π₯ π₯ ∀π₯ ∈ π΄, π₯ ≠ 0 Ciò ovviamente significa: π¦ = π(π₯) = ππ₯ ∀π₯ ∈ π΄ Il grafico che si ottiene da questa relazione è quello di una retta passante per l'origine degli assi cartesiani. L'inclinazione della retta dipende dal numero π, che si chiama coefficiente angolare. Se confrontiamo il grafico della funzione π(π₯) = ππ₯ con quello della funzione lineare (di cui la precedente è un caso particolare): π(π₯) = ππ₯ + π 13 si vede che è identico salvo essere spostato verso l'alto o verso il basso (in dipendenza dal segno di π); essa rappresenta una retta che non passa per l'origine tranne nel caso π = 0. Il valore del termine noto π rappresenta infatti il valore assunto dalla funzione per π₯ = 0: π(0) = π La relazione che esprime la funzione lineare può essere espressa anche in quella che viene chiamata forma implicita: ππ₯ + ππ¦ + π = 0 dalla quale si passa alla forma esplicita così: π π ππ₯ + ππ¦ + π = 0 βΉ π¦ = − π₯ − π π Si noti che la forma esplicita (in quanto funzione) non permette di descrivere rette in cui π = 0, cioè parallele all’asse delle ordinate, del tipo: π₯ = πππ π‘πππ‘π Si ponga infine attenzione al fatto che abbiamo scritto l’equazione della retta in due forme, esplicita ed implicita, che contengono apparentemente un numero diverso di parametri: nella forma esplicita i parametri π e π; nella forma implicita i parametri π, π e π . In realtà i parametri della forma esplicita (che è univoca) sono indipendenti ed hanno un preciso significato geometrico, rappresentando i gradi di libertà della retta su un piano (che ha possibilità di compiere due tipi di spostamenti rigidi: rotazione e traslazione); i parametri della forma esplicita invece non danno luogo ad una espressione univoca: basti notare che moltiplicando entrambi i membri per un valore non nullo si ottiene un’equazione della retta del tutto equivalente ed ancora in forma implicita. 4.2.1 Fascio proprio di rette Sappiamo che esistono infinite rette passanti per un dato punto π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ); questo insieme di rette (che coprono l’intero piano) viene definito fascio proprio di rette, in cui il termine noto può essere esplicitato: π¦1 = ππ₯1 + π βΉ π = π¦1 − ππ₯1 Quindi il fascio proprio di rette passanti per π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) sarà: π¦ = ππ₯ + π¦1 − ππ₯1 βΉ π¦ − π¦1 = π(π₯ − π₯1 ) 4.2.2 Retta passante per due punti e significato geometrico del coefficiente angolare Sappiamo che solo una retta passa per due punti π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ); per individuarla imponiamo alle rette del fascio passante per π΄ di passare anche per π΅ in modo da determinare il coefficiente angolare: π¦2 − π¦1 π₯2 − π₯1 Sostituendo tale coefficiente angolare nell’equazione del fascio passante per π΄ si ottiene l’equazione della retta passante per π΄ e π΅ : π¦2 − π¦1 (π₯ − π₯1 ) π¦ − π¦1 = π₯2 − π₯1 Ora possiamo fare alcune valutazioni sul coefficiente angolare di una retta π¦ = ππ₯ + π qualsiasi: presi a caso su di essa due punti π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ) si ha che il rapporto fra le differenze delle loro π¦2 − π¦1 = π(π₯2 − π₯1 ) βΉ π = coordinate deve coincidere con il suo coefficiente angolare: 14 π= π¦2 − π¦1 π₯2 − π₯1 Questo fatto indica che il valore del coefficiente angolare è in relazione con l’angolo di incidenza della retta rispetto all’asse delle ascisse (o a qualunque sua parallela). 4.2.3 Parallelismo e fascio improprio di rette La condizione per cui due rette siano parallele può essere vista nel fatto che abbiano uguale angolo di incidenza rispetto all’asse delle ascisse; in definitiva, per quanto visto precedentemente, si ha che una condizione necessaria e sufficiente perché due rette siano parallele è che abbiamo lo stesso coefficiente angolare. Nel caso che anche il termine noto sia identico, allora le due rette si dicono coincidenti. L’insieme di tutte le rette del piano parallele ad una retta data (cioè tutte le rette che hanno coefficiente angolare uguale a quello della retta data) formano un fascio improprio di rette. Se l’equazione della retta π data è: π¦ = ππ π₯ + ππ allora l’equazione del fascio improprio è semplicemente: π¦ = ππ π₯ + π 4.2.4 Perpendicolarità Siano π una generica retta e π una retta ad essa perpendicolare; senza perdere generalità, possiamo individuare un riferimento cartesiano con origine π nel punto d’intersezione tra le due rette. In questo sistema l’equazione della retta π sarà π¦ = ππ π₯ e quella della retta π sarà π¦ = ππ π₯ . Vogliamo scoprire qual è la relazione tra i coefficienti angolari di due rette parallele; a tal fine possiamo individuare su π il punto π΄ ≡ (π₯π , π¦π ) e su π il punto π΅ ≡ (π₯π , π¦π ) tali che sia uguale la loro distanza dall’origine. Chiamati πΆ ≡ (π₯π , 0) e π· ≡ (π₯π , 0) le proiezioni di π΄ e π΅ sull’asse delle ascisse, si ha che: Μ Μ Μ Μ π΄πΆ ππ = Μ Μ Μ Μ ππΆ Μ Μ Μ Μ π΅π· ππ = − Μ Μ Μ Μ ππ· Inoltre i triangoli π΄ππΆ e π΅ππ· sono congruenti per il secondo criterio di congruenza dei triangoli; in Μ Μ Μ Μ = ππ· Μ Μ Μ Μ e π΅π· Μ Μ Μ Μ = Μ Μ Μ Μ particolare π΄πΆ ππΆ . Quindi: Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ π΅π· ππΆ 1 ππ = − =− =− Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ Μ ππ ππ· π΄πΆ che rappresenta il criterio di perpendicolarità tra due rette: due rette sono perpendicolari se e solo se il coefficiente angolare di una è l’opposto del reciproco del coefficiente angolare dell’altra. 4.2.5 Ricerca dell’equazione di determinate rette Poiché una retta su un piano ha due gradi di libertà rappresentati da coefficiente angolare e termine noto, la ricerca dell’equazione di una certa retta si riduce a tentare di determinare il valore di questi due parametri. E’ ovvio che per tale ricerca sono necessarie e sufficienti due informazioni indipendenti sulla retta da individuare, ad esempio due suoi punti interni, oppure un punto interno ed una retta ad essa parallela o perpendicolare: Retta passante per due punti π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e π΅ ≡ (π₯2 , π¦2 ): 15 π¦2 − π¦1 (π₯ − π₯1 ) π₯2 − π₯1 Retta passante per un punto π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e parallela alla retta π¦ = ππ π₯ + ππ : π¦ − π¦1 = ππ (π₯ − π₯1 ) Retta passante per un punto π΄ ≡ (π₯1 , π¦1 ) e perpendicolare alla retta π¦ = ππ π₯ + ππ : 1 (π₯ − π₯1 ) π¦ − π¦1 = − ππ π¦ − π¦1 = 4.2.6 Posizione reciproca di due rette Due rette complanari con lo stesso coefficiente angolare possono essere semplicemente parallele, se non hanno punti comuni; oppure coincidenti se hanno tutti i punti in comune. In entrambi i casi è immediatamente evidente quali siano i punti comuni. Se invece i coefficienti angolari sono diversi, le due rette sono incidenti, vale a dire hanno un unico punto comune detto intersezione. Come abbiamo già visto nel capitolo dedicato ai sistemi lineari, per trovare il punto d’intersezione di due rette incidenti si deve risolvere il sistema (sicuramente determinato!) formato dalle equazioni delle due rette, trovando così l’unico punto le cui coordinate soddisfano contemporaneamente entrambe le equazioni. 4.2.7 Distanza di un punto da una retta Ricavare la distanza di un punto π da una retta π (ovviamente, con π ∉ π ) è un esercizio facilmente risolubile scrivendo l’equazione della retta π perpendicolare a π e passante per π; si calcola poi la distanza tra π e l’intersezione di π e π . In alternativa si può dimostrare che la distanza π(π, π) del punto π ≡ (π₯0 , π¦0 ) dalla retta π di equazione ππ₯ + ππ¦ + π = 0 è data da: |ππ₯0 + ππ¦0 + π| π(π, π) = √π2 + π 2 4.3 La parabola Una parabola può essere definita come il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da una retta detta direttrice π¦ = π e da un punto detto fuoco (esterno alla retta) πΉ ≡ (π₯0 , π¦0 ). Cerchiamo di dimostrare che, scegliendo un sistema di riferimento con asse delle ascisse parallelo alla direttrice, l’equazione della parabola è del tipo: π¦ = ππ₯ 2 + ππ₯ + π . Facendo riferimento alla figura 14.1, si deve avere: Μ Μ Μ Μ βΉ √(π₯ − π₯0 )2 + (π¦ − π¦0 )2 = π¦ − π Μ Μ Μ Μ = ππ΄ πΉπ Elevando tutto al quadrato e sviluppando i calcoli: π₯ 2 − 2π₯0 π₯ + π₯02 + π¦ 2 − 2π¦0 π¦ + π¦02 = π¦ 2 − 2ππ¦ + π 2 βΉ βΉ π¦ β 2(π¦0 − π) = π₯ 2 − 2π₯0 π₯ + π₯02 + π¦02 − π 2 βΉ 1 −π₯0 π₯02 + π¦02 − π 2 2 βΉπ¦=[ ]π₯ + [ ]π₯ + [ ] = ππ₯ 2 + ππ₯ + π 2(π¦0 − π) π¦0 − π 2(π¦0 − π) Figura 14.1 16 4.3.1 Vertice, fuoco e direttrice della parabola Per evidenziare le relazioni tra i coefficienti π, π e π della parabola e le coordinate di vertice e fuoco si nota in primo luogo che l’ascissa di questi ultimi è evidentemente la stessa, cioè π₯π . E’ immediato verificare che: −π₯0 −π₯0 [ ] π −π₯0 π¦0 − π π¦0 − π π¦ −π − =− =− 0 =− β = π₯0 1 1 2π π¦ − π 1 0 2[ ] π¦0 − π 2(π¦0 − π) Avendo l’ascissa del vertice, l’ordinata si trova mediante sostituzione nell’equazione della parabola: π 2 π π2 π2 π2 1 π¦ = π (− ) + π (− ) + π = − +π =− + π = − (π2 − 4ππ) βΉ 2π 2π 4π 2π 4π 4π β βΉπ¦=− 4π π Per quanto riguarda il fuoco πΉ ≡ (− , π¦0 ) e la retta direttrice π¦ = π , si ha che: 2π − β π¦0 + π β = βΉ π¦0 + π = − 4π 2 2π e contemporaneamente: π= 1 1 βΉ π¦0 − π = 2(π¦0 − π) 2π Quindi: β 1 β 1 β 2π¦0 = − π¦0 = − 2π βΉ 2π 2π βΉ 4π 4π 1 1 β 1 β { π¦0 − π = 2π {2π = − 2π − 2π {π = − 4π − 4π π¦0 + π = − In definitiva per vertice, fuoco e direttrice si ha che: π ≡ (− π β ,− ) 2π 4π 17 π 1 β , − ) 2π 4π 4π 1 β π¦=− − 4π 4π πΉ ≡ (− 4.4 Retta e parabola Se si vogliono conoscere eventuali punti comuni (intersezioni) tra una retta ed una parabola, è sufficiente risolvere il sistema tra le equazioni di retta e parabola ottenendo in generale una equazione al massimo di secondo grado che, a seconda del valore del suo discriminante, potrà avere due soluzioni (nel caso di retta secante, cioè β positivo), oppure una soluzione (nel caso di retta tangente, cioè β nullo), oppure nessuna soluzione (nel caso di retta esterna, cioè β negativo). E’ possibile trovare l’equazione di rette tangenti ad una parabola e passanti per un dato punto, che può appartenere alla parabola (allora si trova una sola soluzione) oppure essere esterno alla parabola (allora si trovano due soluzioni) oppure essere interno alla parabola (allora non si trova nessuna soluzione). Si scrive l’equazione del fascio di rette passante per il punto dato e poi si inizia a risolvere il sistema composto dall’equazione del fascio e dall’equazione della parabola; appena si ottiene l’equazione risolutiva di secondo grado in π₯ , si impone che il discriminante sia nullo e si ricava il corrispondente valore del coefficiente angolare. In generale, la ricerca delle equazioni di una retta e di una parabola tangenti si imposta (dopo aver sfruttato tutte le informazioni per diminuire al massimo il numero di parametri) mediante la condizione per cui il sistema tra retta e parabola abbia una sola soluzione reale: { π¦ = ππ₯ + π βΉ ππ₯2 + (π − π)π₯ + (π − π) = 0 π¦ = ππ₯2 + ππ₯ + π Tale condizione è che il discriminante dell’equazione di secondo grado ricavata sia nullo: β= 0 βΉ (π − π)2 − 4π(π − π) = 0 4.5 La Circonferenza Una circonferenza può essere definita come il luogo geometrico dei punti del piano equidistanti da un punto detto centro πΆ ≡ (π₯πΆ , π¦πΆ ). Cerchiamo di dimostrare che, in un sistema di riferimento cartesiano, l’equazione della circonferenza è del tipo: π₯ 2 + π¦ 2 + ππ₯ + ππ¦ + π = 0. La distanza dei punti della circonferenza dal centro, chiamata raggio, sia pari a π ; allora per ogni generico punto π ≡ (π₯, π¦) appartenente alla circonferenza si deve avere: Μ Μ Μ Μ ππΆ 2 = (π₯ − π₯πΆ )2 + (π¦ − π¦πΆ )2 = π₯ 2 − 2π₯πΆ π₯ + π₯πΆ2 + π¦ 2 − 2π¦πΆ π¦ + π¦πΆ2 = π 2 βΉ βΉ π₯ 2 + π¦ 2 + (−2π₯πΆ )π₯ + (−2π¦πΆ )π¦ + (π₯πΆ2 + π¦πΆ2 − π 2 ) = 0 βΉ βΉ π₯ 2 + π¦ 2 + ππ₯ + ππ¦ + π = 0 L’equazione quindi si ottiene ponendo π = −2π₯πΆ , π = −2π¦πΆ e π = π₯πΆ2 + π¦πΆ2 − π 2 . 4.5.1 Centro e raggio della circonferenza Per evidenziare le relazioni dei coefficienti π, π e π della circonferenza con il raggio e le coordinate del centro si nota in primo luogo che queste ultime hanno valore: π₯π = − π π ; π¦π = − 2 2 Allo stesso modo si ricava il valore del raggio: 18 2 π = π₯πΆ2 + π¦πΆ2 −π βΉπ = √π₯πΆ2 + π¦πΆ2 π2 π 2 √ −π = + −π 4 4 A questo punto è evidente che non tutte le equazioni del tipo π₯ 2 + π¦ 2 + ππ₯ + ππ¦ + π = 0 rappresentano una circonferenza; perché questo accada è necessario che il raggio abbia valore positivo, per cui occorre porre la condizione: π2 π 2 + −π >0 4 4 4.6 Retta e circonferenza Se si vogliono conoscere eventuali punti comuni (intersezioni) tra una retta ed una circonferenza, è sufficiente risolvere il sistema tra le equazioni di retta e circonferenza ottenendo in generale una equazione al massimo di secondo grado che, a seconda del valore del suo discriminante, potrà avere due soluzioni (nel caso di retta secante, cioè β positivo), oppure una soluzione (nel caso di retta tangente, cioè β nullo), oppure nessuna soluzione (nel caso di retta esterna, cioè β negativo). E’ possibile trovare l’equazione di rette tangenti ad una circonferenza e passanti per un dato punto, che può appartenere alla circonferenza (allora si trova una sola soluzione) oppure essere esterno alla circonferenza (allora si trovano due soluzioni) oppure essere interno alla circonferenza (allora non si trova nessuna soluzione). Si possono seguire diversi metodi per trovare una retta tangente alla circonferenza: si può scrivere l’equazione del fascio di rette passante per il punto dato e poi si inizia a risolvere il sistema composto dall’equazione del fascio e dall’equazione della parabola; appena si ottiene l’equazione risolutiva di secondo grado in π₯ , si impone che il discriminante sia nullo e si ricava il corrispondente valore del coefficiente angolare. In pratica, la ricerca delle equazioni di una retta e di una circonferenza tangenti si imposta (dopo aver sfruttato tutte le informazioni per diminuire al massimo il numero di parametri) mediante la condizione per cui il sistema tra retta e circonferenza abbia una sola soluzione reale: π¦ = ππ₯ + π { 2 βΉ π₯2 + (ππ₯ + π)2 + ππ₯ + π(ππ₯ + π) + π = 0 2 π₯ + π¦ + ππ₯ + ππ¦ + π = 0 Tale condizione è che il discriminante dell’equazione di secondo grado ricavata sia nullo. In alternativa, si può procedere imponendo alla retta ed alla circonferenza che la distanza tra il centro e la retta sia uguale al raggio (infatti il raggio che unisce un punto di tangenza al centro è sempre perpendicolare alla retta tangente). Infine, se il problema è trovare una retta tangente in un particolare punto della circonferenza, si può ricavare il coefficiente angolare del segmento che ha per estremi il centro e il punto di tangenza e poi cercare l’equazione della retta ad esso perpendicolare passante per il punto di tangenza. 19