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15 aprile 2014
ISI: Quando la fisica si allea con la biomedicina
nella lotta contro le malattie neurodegenerative
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Comunicasto stampa - Pubblicato su Nature Communications il
lavoro di un team interdisciplinare italiano che studia la cinetica
di aggregazione delle proteine nei disordini neurologici (FENIB,
Alzheimer, Parkinson, Huntington)
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Milano, 11 aprile 2014 - La lotta contro l'Alzheimer e le malattie
neurodegenerative prosegue e la medicina trova una possibile
formidabile alleata nella fisica. Nell'articolo “Protein accumulation in the
endoplasmic reticulum as a non-equilibrium phase transition”, pubblicato
venerdì 11 aprile dalla rivista americana Nature Communications, quattro
scienziati italiani propongono i risultati di una collaborazione
interdisciplinare tra Fondazione ISI, Università degli Studi di Milano e
CNR.
“Il nostro lavoro parte dallo studio dell'accumulo di proteine nel reticolo
endoplasmatico”, spiega Stefano Zapperi, ricercatore ISI, che firma
l'articolo assieme a Zoe Burdrikis (Fondazione ISI), Giulio Costantini
(CNR) e Caterina La Porta (Dipartimento di Bioscienze dell'Università di
Milano). “È lì che vengono alla luce le prime tracce della malattia. Se la
persona è sana – nello stato fisiologico e naturale – le proteine prodotte
si degradano e vengono distribuite nell'organismo. Nella malattia
l'accumulo prosegue invece in modo aberrante: le proteine vengono
prodotte ma non riescono più a uscire. Ciò che è interessante è che
questo processo avviene in modo analogo a una transizione di fase,
come la trasformazione di un liquido in gas. Pensiamo a quando si passa
dai 99,5 gradi ai 100 gradi nella temperatura dell'acqua: il cambiamento è
piccolissimo, quasi impercettibile, eppure l'effetto è radicale. Da quel
momento l'acqua passa dalla forma liquida a quella gassosa. Qualcosa
del genere avviene nel reticolo, nella fase di transizione in cui le proteine
non vengono più degradate e inizia l'accumulo aberrante”.
Studiando la cinetica di aggregazione di proteine attraverso la
simulazione della diffusione di polimeri lineari, il gruppo di lavoro è riuscito
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simulazione della diffusione di polimeri lineari, il gruppo di lavoro è riuscito
a utilizzare con successo questo modello per descrivere dati sperimentali
ottenuti in passato su altri pazienti. In particolare, sulla rimozione di
beta-amiloide dal sistema nervoso centrale, permettendo di prevedere il
comportamento atteso con la progressione del morbo di Alzheimer.
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“Noi abbiamo svolto un lavoro particolarmente attento sull'Alzheimer”, dice
Zapperi, “ma il nostro modello può essere utilizzato anche nello studio
delle altre malattie degenerative che presentano processi comuni. La
fisica in questo caso si affianca allo studio in vitro, offrendo nuove
prospettive d'analisi sull'aggregazione e sul deposito di proteine in
situazioni aberranti. È una innovazione importante, perché in futuro simili
tecniche potrebbero offrire un decisivo contributo a livello diagnostico:
individuando il momento in cui si arriva alla transizione di fase, si può
sapere in anticipo quanto il paziente si sta avvicinando alla malattia e
agire di conseguenza”.
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