Corso per operatori di nucleo. La demenza: inquadramento generale . 15 Settembre 2014 S.Angelo Lodigiano Marco Ferri Aspetti epidemiologici La diagnosi Criteri per la diagnosi di demenza indipendentemente dalla causa: criteri clinici principali. Viene posta diagnosi di demenza quando sono presenti sintomi cognitivi o comportamentali (neuropsichiatrici) che: 1) interferiscono con l’abilità di svolgere il lavoro o le usuali attività; e 2) rappresentano un declino rispetto ai precedenti livelli di funzionamento e prestazione; e 3) non sono spiegati da delirium o disturbi psichiatrici maggiori; 4) il deficit cognitivo è dimostrato e diagnosticato attraverso la combinazione di (a) informazioni raccolte dal paziente e da persone che lo conoscono e (b) una valutazione oggettiva delle prestazioni cognitive, sia attraverso una valutazione clinica dello stato mentale che attraverso una valutazione neuropsicologica testistica. La valutazione neurpsicologica testistica dovrebbe essere effettuata quando l’anamnesi routinaria e la valutazione clinica della stato mentale non fornisce una diagnosi affidabile. 5) La compromissione cognitiva o le alterazioni comportamentali coinvolgono almeno due dei seguenti domini: – compromessa abilità di acquisire e ricordare nuove informazioni – i sintomi includono: domande o discorsi ripetitivi, smarrire oggetti personali, dimenticare eventi o appuntamenti, o perdersi in itinerari conosciuti – deficit nel ragionamento o nello svolgimento di compiti complessi, ridotta capacità di giudizio – i sintomi includono: scarsa capacità di comprendere di pericoli, incapacità di gestire le finanze, scarsa capacità di prendere le decisioni, incapacità di pianificare attività complesse o sequenziali – compromissione delle abilità visuospaziali – i sintomi includono: incapacità di riconoscere volti o oggetti comuni o trovare oggetti direttamente in vista nonostante una buona acuità visiva, incapacità di utilizzare semplici utensili o indossare i vestiti. – alterazione del linguaggio (parlare, leggere, scrivere) – i sintomi includono: difficoltà a pensare a semplici parole quando si parla, esitazioni; errori di scrittura, di ortografia e nel parlare. – modificazioni nella personalità, nel comportamento e nella condotta – i sintomi includono: fluttuazioni insolite dell’umore come agitazione, compromissione della motivazione, dell’iniziativa, apatia, perdita della motivazione, ritiro sociale, riduzione dell’interesse per le usuali attività, perdita di empatia, comportamenti compulsivi o ossessivi, comportamenti socialmente inappropriati. Nuovi criteri per la demenza dovuta a Malattia di Alzheimer La differenziazione della demenza dall’MCI si basa sulla determinazione se ci sia o no interferenza significativa con la capacità di funzionamento al lavoro o nelle usuali attività quotidiane. Questo è naturalmente un giudizio clinico, effettuato da un medico esperto sulla base delle circostanze individuali del paziente e dalla descrizione di vicende quotidiane del paziente ottenute dal paziente stesso e da un soggetto che lo conosce. Mild Cognitive Impairment Cognitive Performance Normal MCI Dementia ‘MCI refers to the state of cognition and functional ability between normal aging and very mild AD’ (Petersen, 2001) A) Disturbo cognitivo definito come uno dei seguenti: • Riferito dal soggetto • Riferito dal medico • Riferito dai familiari B) Presenza di tutte le seguenti caratteristiche: • Cambiamento dal normale grado di funzionamento • Declino in una qualsiasi area cognitiva • Mantenimento nel funzionamento generale ma possibilmente con maggiore difficoltà nel compiere le attività quotidiane • Assenza di demenza Schema componenti della memoria MEMORIA Breve termine Lungo termine Esplicita Episodica AUTOBIOGRAFICA PROSPETTICA Semantica Implicita Skill learning Priming Mild cognitive impairment Alzheimer’s disease Amnestic Mild cognitive impairment Multiple domains slightly impaired Mild cognitive impairment Single nonmemory domain Alzheimer’s disease ? normal aging Frontotemporal dementia Lewy body dementia Primary progress. aphasia Parkinson’s disease Alzheimer’s disease CT or MRI: Cognitive tests: proposed for excluding vascular lesions, tumor… no specification for the memory profile NINCDS – ADRDA criteria (1984) Nessun riferimento a biomarker CSF: proposed for excluding meningitis etc… FDG-PET not mentioned and PIB not known I marker biologici per Malattia di Alzheimer possono essere suddivisi in patofisiologici e topografici. Patofisiologici Riduzione della concentrazione di beta amiloide, aumento della proteina tau totale e della fosfo-tau nel liquido cerebrospinale si associano a percentuali molto alte di progressione da Mild Cognitive Impairment amnesico a malattia di Alzheimer e hanno mostrato ripetutamente elevata sensibilità e specificità nei modelli predittivi. La PET con Pittsburgh compound B (PiB) o altri radioligandi. L’utilizzo di PiB-PET sono predittive di declino cognitivo e di sviluppo di segni clinici di malattia di Alzheimer in soggetti anziani cognitivamente normali. Topografici Riduzione della concentrazione di beta amiloide, aumento della proteina tau totale e della fosfo-tau nel liquido cerebrospinale si associano a percentuali molto alte di progressione da Mild Cognitive Impairment amnesico a malattia di Alzheimer e hanno mostrato ripetutamente elevata sensibilità e specificità nei modelli predittivi. La PET con Pittsburgh compound B (PiB) o altri radioligandi. L’utilizzo di PiB-PET sono predittive di declino cognitivo e di sviluppo di segni clinici di malattia di Alzheimer in soggetti anziani cognitivamente normali. I marker patofisiologici possono essere utilizzati per la diagnosi in ogni stadio di malattia, compreso lo stadio preclinico. I marker topografici possono essere più utili nel momento in cui si manifestano i primi sintomi cognitivi. I cambiamenti della personalità sono l’aspetto più frequente nei pazienti affetti da demenza: il 70% è apatico; il 60% è agitato; il 40% accusa sintomi depressivi, ansia, irritabilità; deliri e allucinazioni sono presenti nel 30-60% dei pazienti. Sintomi cognitivi Sintomi non cognitivi • Deficit mnesici • Disorientamento temporale e spaziale • Aprassia • Afasia, alessia, agrafia • Deficit di ragionamento astratto, di logica e di giudizio • Acalculia • Agnosia • Deficit visuospaziali • Psicosi (deliri paranoidei, allucinazioni) • Alterazioni dell'umore (depressione, euforia, labilità emotiva) • Ansia • Sintomi neurovegetativi (alterazioni del ritmo sonno veglia, dell'appetito, del comportamento sessuale) • Disturbi dell'attività psicomotoria (vagabondaggio, affaccendamento afinalistico, acatisia) • Agitazione (aggressività verbale o fisica, vocalizzazione persistente) • Alterazioni della personalità (indifferenza, apatia, disinibizione, irritabilità) Bianchetti A, Dementia Update 1, 1998 Tipo di demenza Sintomi d’esordio più comuni Esame neurologico Modalità di progressione Durata (anni) Malattia di Alzheimer Deficit di memoria Normale Graduale 10 - 12 Demenza vascolare Deficit di memoria e di linguaggio; disturbi dell’attenzione e della pianificazione Segni focali, disturbo della marcia A gradini con periodi di apparente stabilizzazione 8 - 10 Demenza a corpi di Lewy Deliri e allucinazioni, episodi confusionali Segni extrapiramidali Graduale con fluttuazioni 3-7 Demenza frontale Alterazioni del comportamento; disturbi del linguaggio Segni di liberazione graduale 3 - 17 Valutazione del paziente affetto da demenza • Anamnesi personale e familiare • Esame obiettivo e neurologico • Valutazione stato mentale (scale di valutazione, p. es. MMSE) • Valutazione sintomi non cognitivi, depressione, pseudodemenza • Valutazione stato funzionale (autonomia nelle attività di base e strumentali, p. es. ADL, IADL) • Stadiazione della gravità della demenza • Esami di laboratorio e strumentali • Valutazione situazione sociale e dello stress dei caregivers La terapia Novembre 1906 Psychiatric Convention Tubingen 1950 1960 1970 1980 1990 2000 PRESENT Donepezil Improves Cognition and Global Function in Alzheimer Disease: A 15-Week, Double-blind, Placebo-Controlled Study Figure Legend: Least squares mean (± SEM) change from baseline in the Alzheimer's Disease Assessment Scale–Cognitive Subscale (ADAS-cog) scores for patients with mild to moderately severe Alzheimer disease receiving 5 mg/d and 10 mg/d of donepezil hydrochloride and placebo. Of the 468 patients randomized to receive treatment, 457 were included in the intention-to-treat analysis at end point. Rogers et al., Arch Intern Med. 1998 The Lancet Volume 367, Issue 9516 2006 1057 - 1065 RIVASTIGMINA Efficacy of treatment of severe AD at 23 mg/die Come e quando trattare? Molecular Targets for Current AD Therapies Currently available medications for AD Drug development in AD ↓ Aβ production ↓ tau aggregation/ phosphorylation ↓ Aβ aggregation ↑ Aβ clearance (immunotherapy) Cholinergics Others (Mangialasche, Mecocci et al., Lancet Neurol, 2010) Behavioral and Psychological Symptoms of Dementia (BPSD) Alterazioni della percezione, del contenuto del pensiero, dell’umore o del comportamento, che si osservano frequentemente in pazienti con demenza. Farmaci per specifici “cluster” di BPSD ‘Aggressività’ ‘Apatia’ AChE-inibitori Antidepressivi Antipsicotici Antiepilettici Antidepressivi Antidepressivi ‘Agitazione psicomotoria’ Antipsicotici Antiepilettici Benzodiazepine Antidepressivi Antipsicotici AChE-inibitori ‘Psicosi’ ‘Depressione’ McShane R., Int Psychogeriat 2000 Kales CH et al. Am J Psychiatry 169:1, January 2012 Haloperidol was associated with the highest mortality rates (RR=1.54, 95% confidence interval [CI]=1.38–1.73) followed by risperidone, olanzapine (RR=0.99, 95% CI=0.89–1.10), valproic acid and its derivatives (RR, 95% CI=0.78–1.06), and quetiapine (RR risk=0.73, 95% CI=0.67– 0.80). Considerazioni 1. Valutare attentamente il disturbo da trattare. Nei malati di demenza, infatti, non tutti i disturbi del comportamento richiedono un trattamento con antipsicotici. Tale trattamento deve essere, infatti, riservato al controllo dei disturbi comportamentali gravi che non abbiano risposto all’intervento non farmacologico (modifiche ambientali, counseling, ecc.) 2. Iniziare la terapia con una dose bassa e raggiungere gradualmente il dosaggio clinicamente efficace. 3. Se il trattamento è inefficace, sospendere gradualmente il farmaco e prendere eventualmente in considerazione un diverso composto. 4. Se il trattamento è efficace, continuare a trattare e monitorare il soggetto per un periodo di 1-3 mesi e poi, una volta che il soggetto sia asintomatico, tentare di sospendere gradualmente il farmaco. Gli alti tassi di risposta al placebo in tutte le sperimentazioni effettuate (mediamente attorno al 40%) ci ricordano infatti che siamo in presenza di sintomi per loro natura fluttuanti nel tempo e che tendono a risolversi spontaneamente nel breve periodo. 5. Evitare di somministrare due o più antipsicotici contemporaneamente. Questa pratica che dovrebbe essere eccezionale è in realtà troppo diffusa: da stime nazionali a circa il 2% dei dementi nella popolazione generale e a circa il 14% di quelli istituzionalizzati vengono somministrati due o più antipsicotici contemporaneamente. 6. Evitare l’uso concomitante di antipsicotici e benzodiazepine. Una percentuale variabile tra l’1 e il 5% dei dementi nella popolazione generale e circa il 17% di quelli istituzionalizzati vengono trattati con antipsicotici e ansiolitici/ipnotici contemporaneamente. A più del 4% dei dementi in istituzione vengono somministrati contemporaneamente tre o più tra antipsicotici e ansioliti/ipnotici! Anche questa associazione andrebbe fortemente limitata, soprattutto alla luce della dichiarazione dell’EMEA che riporta l’uso concomitante di benzodiazepine e olanzapina tra i fattori predisponenti associati all’aumento di mortalità. 7. Monitorare attentamente sicurezza ed efficacia degli antipsicotici e segnalare tempestivamente tutti gli effetti indesiderati. 8. Somministrare con estrema cautela gli antipsicotici a soggetti con fattori di rischio cardiovascolare dopo attenta valutazione dello stato clinico e con rivalutazione dei parametri vitali (e in particolare della pressione in clino e in ortostatismo) a distanza di una settimana dall’inizio della terapia. AIFA -28.12.2006 La terapia non farmacologica I nostri comportamenti professionali hanno basi: Scientifiche Tecniche Morali (orientate da cultura, religiosità, ideologia) • • • • I risultati degli studi suggeriscono che, dopo un training specifico, i soggetti affetti da decadimento cognitivo ottengono outcomes di forza e resistenza simili a quelli di persone senza decadimento cognitivo. Tali risultati dimostrano che non ha razionale clinico escludere dai trattamenti di riabilitazione /rieducazione neuromuscolare i pazienti affetti da demenza basandosi sulla presenza di questa condizione morbosa Si tratta di individuare misure di outcome tarate per la tipologia di soggetti che il riabilitatore deve trattare e che non possono essere derivate tout court da studi o ricerche condotte su popolazioni differenti. La restitutio di un’autonomia motoria minimale (pochi passi accompagnato) in un soggetto affetto da demenza ha la stessa importanza, se non maggiore di un guadagno di 20 punti al Barthel Index…. Rehabilitation outcome of elderly patients with hip fractureand cognitive impairment. Rolland et al, Disab Rehab 2004; vol.26, NO 7; 425-431. Come? • INFORMAZIONE: sul fatto che la vita psicologica ed emozionale prosegue, nonostante il declino cognitivo; che la comunicazione è sempre possibile; che non c’è morte dello spirito, ma delle funzioni cognitive • FORMAZIONE: sulla malattia, sulla comunicazione non verbale, sull’importanza del ricercare la partecipazione, sulla necessità e il dovere di studiare nuove tecniche riabilitative • AFFERMAZIONE: affermare con forza, come curanti e come persone, il dovere di solidarietà che abbiamo nei confronti di questi nostri pazienti e delle loro famiglie Obiettivi fisioterapici rinforzo muscolare miglioramento dell’equilibrio sicurezza nel cammino prevenzione delle cadute riallenamento allo sforzo Nel deficit cognitivo accanto alle strategie generali è necessario affiancare delle strategie task oriented, specifiche e modificabili diverse condizioni cliniche di accesso in riabilitazione (frattura di femore, riacutizzazione BPCO, ictus, scompenso cardiaco) valutazione aspetti patologia-specifici (forza muscolare, resistenza allo sforzo, ROM articolari ecc) ma valutazione tramite procedure il più possibile riconducibili ad attività conosciute di vita quotidiana Nel lavoro con i pazienti affetti da demenza, soprattutto in fase severa, per garantire una maggiore collaborazione nella valutazione funzionale e nel trattamento riabilitativo è fondamentale individuare attività task oriented, ovvero attività note di vita quotidiana che indirettamente prevedano al loro interno l’esecuzione o l’esercizio degli obiettivi riabilitativi. l’esecuzione di attività che non vengono apprezzate dal paziente non saranno eseguite e portate a termine Teri L, Logsdon RG, McCurry SM. Exercise interventions for dementia and cognitive impairment: the Seattle Protocols. J Nutr Health Aging. 2008;12(6):391-4. Obiettivi Obiettiviee“drive” “drive” delle delleattività attivitàdidicura cura in paziente demente Limitazione funzionale Obiettivo: recupero funzionale Attività Disabilità Riabilitativo Obiettivo: adattamento Nursing Medico Obiettivo: Stabilizzazione clinica e cura Patologia Instabilità Recently, almost every trial for treatment of AD has led to disappointing results, including several with -amyloid–modifying agents. If aging and AD is a complex adaptation to insults that begin decades before symptoms emerge, targeting one downstream mechanism may not be effective. In addition, while -amyloid most likely has a central role in the cascade of neuronal degeneration, there are also important contributions from tau protein, synaptic dysfunction, and vascular changes. The next steps in AD treatment may need to incorporate a combined regimen similar to the treatment approaches used for other chronic diseases. Another possibility is to combine pharmacologic strategies with behavioral interventions, an approach that has not been investigated. Delirium Demenza DELIRIUM DEMENZA Improvviso, databile Insorgenza Graduale Usualmente si Reversibile? No declino, progr. Precoce e marcato Disorientamento Tardivo (mesi, anni) Obnubilata, variabile Coscienza Non compromessa Molto breve Attenzione Non molto ridotta Iper - Ipoattivo Variazioni psicomotorie Tardive 51 La terapia non farmacologica della demenza Esistono diverse metodiche per la terapia non farmacologica: Stimolazione cognitiva ROT formale e informale Memory training Intervento comportamentale Gentlecare Validation therapy Adattamenti ambientali Interventi tesi a modificare le componenti ambientali che possono essere disturbanti Stimolazione sensoriale Arte terapia, attività ricreative, terapia occupazionale Stimolazione emozionale Psicoterapia di supporto Reminiscenza Validation therapy American Psychiatry Association Am J Psychiatr 1997 52 La terapia non farmacologica della demenza Stadi della demenza Lieve ROT Reminiscenza Validation Memory training (sensoriale e cognitiva) Memory Training (Motoria) Ausili esterni + + + + Moderato Severo + + + + + + Trabucchi M, Le Demenze, 2005 53 La terapia non farmacologica della demenza ROT:DECLINO COGNITIVO S urvival Function for C ognitive decline after controlling for Living alone P = 0.04 C 1,2 u m 1,0 S ,8 u ,6 r v ,4 i v ,2 a l 0,0 50% 80% G roup 1 G roup 2 0 10 20 30 40 S urvival Tim e from Baseline (Months) Metitieri et al. Clin Rehabil 2001 Oct; 15 (5):471-8 54 La terapia cognitiva Memory Training Dedicato a quei pazienti con decadimento lieve-moderato con deficit della memoria episodica e procedurale (con i sottogruppi implicita motoria, sensoriale, cognitiva). E’ stato dimostrato che la stimolazione ripetuta attraverso diversi canali (copia ripetuta di un disegno; riconoscimento tattile ripetuto, esecuzione di puzzle semplici anche al computer etc.) migliora le capacità di apprendimento dei pazienti riducendo i tempi di esecuzione. L’esecuzione del compito motorio sembra meno influenzata dalla gravità clinica. La possibilità di far eseguire ai pazienti attività della vita quotidiana legate al vissuto del paziente migliora l’esecuzione stessa e il riapprendimento della attività motoria con riduzione della disabilità del paziente. (Perani Brain1993, Grafman Pharmacopsichiatry1990, Zanetti Neuropsychol Rehabil 2001). La terapia cognitiva Ausili mnesici esterni Utili nei pazienti con deficit cognitivo di grado lieve. Si tratta di utilizzare degli strumenti quali ad esempio fotografie sulle stanze dei pazienti, scritte di orientamento, suonerie che orientino nel tempo, segnaposto, diari che allenino il paziente alle attività quotidiane pur in presenza di difficoltà cognitiva. Intervento comportamentale L’intervento comportamentale è teso a rinforzare il comportamento positivo del paziente e a limitare quelli negativi. Il presupposto è l’identificazione dei fattori scatenanti. Rappresenta la prima scelta nei BPSD. Non vi sono studi validati e controllati ma vi sono molteplici studi che ne dimostrano l’efficacia (Finkel Int Psychoeegeriatr 1996). Rappresenta la prima scelta, ancora prima della terapia farmacologica, nel trattamento dei disturbi comportamentali. Disturbi del sonno (Finkel J Clin Pyschiatr 2001, Brodaty Int J Geriatr Psichiatrv 2001). Nella fase iniziale della demenza spesso legati ad ansia e depressione. Nella fase interemedia-avanzata: Piccola dose di ipnotico + ambiente tranquillo ad una adeguata temperatura + adeguata attività fisica durante il giorno + illuminazione moderata della stanza + possibilità del riposo in poltrona …. Intervento comportamentale Deliri-Allucinazioni Considera gli aspetti sensoriali (retinopatia, cataratta, ipoacusia, tappo di cerume) che possono confondere il paziente e tenta di trattarli dove possibile ed anche adattare l’ambiente con una normale luminosità al fine di favorire il riconoscimento dei volti e quindi ridurre il delirio di latrocinio. Agitazione pscomotoria-aggressività. Vi è una relazione fra aggressività e malattie psichiatriche preesistenti all’insorgenza della demenza (Lykestsos1999). Atteggiamento nei confronti del malato: espressione del volto tono della voce disponibilità e apertura al dialogo linguaggio semplice, comprensibile Atteggiamenti utili: Cercare di identificare i messaggi verbali e non del paziente Identificare le cause scatenanti e correggerle se possibile Rassicurare il paziente Chiedere informazioni al paziente in modo semplice con risposte si-no Distrarre il paziente con nuovi argomenti (dialogo) o attività (camminare) Successivamente terapia farmacologica Intervento comportamentale Wandering La pericolosità del wandering è determinata dal pericolo della caduta. Se da un lato, la riduzione del rischio intrinseco (Encef. Vascolare) di caduta non è sempre semplice da controllare, la modifica dell’ambiente in cui il paziente cammina è più spesso fattibile. Il wandering può quindi essere cautelato. Disturbo alimentare (Iperfagia-rifiuto del cibo) Bulimia snack fuori pasto ipocalorici (frutta, verdura) Anoressia spesso legato alla depressione delle fasi iniziali della malattia. Controllo degli effetti collaterali dei farmaci Controllo delle malattie somatiche (gastrite etc..) Stimolazione emozionale Terapia della reminiscenza Il richiamo degli eventi e delle esperienza della vita del malato sviluppa effetti positiva sul paziente. Rinforza la sua naturale tendenza al richiamo di fatti e persone della sua vita passata. La terapia permette di stabilizzare il tono dell’umore del paziente e di ridurre e controllare in parte i sintomi comportamentali. In modo più strutturato la reminiscenza è stata inserita nella “Milestone therapy” che utilizza questa tecnica al fine di ridurre il disagio del paziente in un gruppo di “colloquio”, all’interno del quale l’operatore mette in confronto lo stile di vita precedente del paziente con quello attuale. Si è visto che la terapia della reminiscenza migliora il benessere e le capacità di interlocuzione del paziente con demenza (Clare Cochrane Library 1999, Spector Cochrane Library 2004). Stimolazione emozionale Terapia della rimotivazione E’ utile nei pazienti che presentano una demotivazione verso stimoli esterni (depressi). Viene svolto in modo piuttosto strutturato con una guida che è votata al miglioramento della relazione interpersonale attraverso la discussione di argomenti collegati alla realtà. L’obiettivo non è tanto il miglioramento della cognitività ma il reinserimento del paziente con demenza o isolato all’interno di una relazione di dialogo. Stimolazione emozionale Terapia di Validazione (Feil 1967) E’ forse l’unica metodica non farmacologica di approccio al paziente in fase avanzata. Lo scopo non è tanto il miglioramento del paziente da un punto di vista cognitivo, quanto il miglioramento del “benessere” del paziente. In tale ottica il terapista tenta di “entrare nel mondo del paziente” con il suo modo di comunicare, con i suoi simboli. Non vi sono sicure linee guida riguardanti tale metodica ma vi è un comune consenso nel ritenerla utile nel migliorare la relazione interpersonale del paziente con demenza moderata-grave (Day J Gerant Nursing 1997). Stimolazione sensoriale Si tratta di molteplici interventi che tendono ad utilizzare capacità residue del paziente: • PET therapy non ancora standardizzata ma utile nella stabilizzazione degli aspetti affettivi del paziente. • Terapia occupazionale: attività molto diversificate e che possono essere personalizzate in base ai gusti, al vissuto del paziente. La terapia occupazionale, anche se non standardizzata, ha dimostrato di essere efficace nel stabilizzare e migliorare le prestazioni funzionali e cognitive se associata ad un intervento di riabilitazione motoria (Bach 1995). In ogni caso migliora il livello del tono dell’umore e le capacità di socializzazione. • Aromaterapia: alcuni lavori hanno dimostrato un miglioramento nel controllo dei sintomi comportamentali (Thorgrimsen Cochrane 2004). Stimolazione sensoriale Musicoterapia Non si tratta di una tecnica semplicemente votata a rilassare il paziente. E’ possibile ottenere diversi risultati, in quanto si stimolano aree cerebrali diverse, con la musicoterapia che però richiede un rapporto personale con il paziente. Una recente Cochrane Review (Koger 1999) mostra che vi sono difficoltà di validazione dei vari lavori scientifici riguardanti tale tecnica ma vi sono numerosi lavori che dimostrano: • Miglioramento dell’agitazione e delle vocalizzazioni persistenti (Brotons J of Musictheraphy 1997). • Riduzione del wandering (Groene Music Therapy Perspective 1993, Ftzgerald J of Musictherapy 1993). • Aumento delle ore di sonno (Forbes Can J Nurs Res 1998). • Riduzione dei comportamenti aggressivi (Clark J Geront Nurs 1998). • Riduzione delle prescrizioni farmacologiche (Albright Music Ther Res and Practice in med 1996). La terapia non farmacologica della demenza Aspetti potenzialmente utili nella prassi quotidiana La terapia non farmacologica della demenza La memoria nel paziente con demenza • Accentuata difficoltà a ricordare eventi recenti • difficoltà a immagazzinare nuove informazioni • anche i ricordi lontani subiscono delle alterazioni • perdita della memoria semantica • persa la capacità di porsi nel futuro (memoria prospettica) • si conserva più a lungo la memoria procedurale CHE COSA FARE? • Se il paziente è consapevole cercare di facilitarlo, orientarlo e stimolarlo, senza rimarcare i deficit; fornire supporti esterni che fungano da promemoria. • Se il paziente non è consapevole dei deficit non serve metterlo di fronte agli errori. • Non pretendere che ricordi gli avvenimenti futuri. 66 La terapia non farmacologica della demenza La memoria nel paziente con demenza Memoria a breve termine Ripetizione: apprendimento meccanico e non generalizzabile, ma utile come generica sollecitazione. È utile l’impiego di materiale emotivamente rilevante. Memoria di lavoro Produzione categoriale: il paziente deve mantenere attiva la rappresentazione della categoria considerata (es: animali), deve ricordare gli animali già detti e deve selezionare le parole che rientrano nella categoria Spelling: oltre alle lettere già dette, il paziente deve tenere continuamente attiva la sequenza scomposta, la relazione reciproca fra le lettere della parola e deve ricordare quale era la parola da sillabare fino alla fine del compito Conversazione: un utilizzo continuo e ben organizzato della semplice conversazione è di grande aiuto. Il suo valore risiede anche nella sua validità "ecologica" 67 La terapia non farmacologica della demenza La memoria nel paziente con demenza Memoria semantica Classificazione: al soggetto viene presentato un item, si chiede a quale categoria appartenga e si pongono altre domande che coinvolgono la conoscenza semantica dell'item, (a che cosa serva, chi lo usa, ecc. ) Produzione categoriale: qualsiasi banale richiesta, come quella di descrivere oggetti, comporta la sua attivazione Memoria esplicita Tutti i compiti in cui viene richiesta verbalmente una risposta che dovrà essere verbale Un altro modo di agire sulla memoria esplicita è quello di far descrivere al paziente delle "prassie" che lui stesso svolgeva in modo implicito 68 La terapia non farmacologica della demenza Memoria implicita Applicare procedure non utilizzate da tempo permette di recuperare schemi motori e memorie procedurali che comunque andrebbero perdute, o che sono state parzialmente perdute per il disuso. 69 La terapia non farmacologica della demenza Funzioni esecutive • Mentre i deficit cognitivi coinvolgono di solito funzioni specifiche o specifiche aree funzionali, le alterazioni a carico delle funzioni esecutive tendono a presentarsi in maniera globale, influenzando tutti gli aspetti del comportamento. 70 La terapia non farmacologica della demenza Le funzioni esecutive • • • • • Capacità di attenzione Capacità di problem-solving Capacità di pianificazione Capacità di inibizione dell’interferenza Capacità di monitoraggio dell’attività 71 La terapia non farmacologica della demenza Riabilitazione funzioni esecutive Intervenire su tutte le variabili cognitive interconnesse alle funzioni esecutive (memoria di lavoro, attenzione, pianificazione, controllo); Identificare gli obiettivi ed ordinarli gerarchicamente; Fornire istruzioni semplici e chiare che aiutino il paziente a raggiungere l’obiettivo; Adattare le strategie di pianificazione al paziente; Tenere in considerazione le capacità premorbose e pianificare attività che abbiano attinenza con il contesto naturale. Utilizzare tecniche di modificazione del comportamento che incidano, soprattutto, su aspetti quali elevata distraibilità, disinibizione e perseverazione; Utilizzare tecniche di rinforzo differenziale (positivo e negativo). 72 La terapia non farmacologica della demenza LINGUAGGIO Il linguaggio è la capacità di usare, con lo scopo di comunicare verbalmente e/o per iscritto, un certo numero di segni (le parole) condivisi da più persone, e di selezionarli e organizzarli in maniera appropriata, in modo da renderli messaggi (produzione). Anche l'operazione di identificazione dei messaggi altrui che ci permettere di cogliere i messaggi in essi contenuti fa parte del linguaggio (comprensione). Funzione espressiva: comunicare stati d’animo, intenzioni, pensieri; ci mette in relazione con il mondo. 73 La terapia non farmacologica della demenza Il linguaggio nel paziente demente • AFASIA (incapacità alla comprensione e produzione verbale) • difficoltà nel tradurre il proprio pensiero in parole e le parole degli altri nei concetti corrispondenti (perso l’aspetto simbolico delle parole); le parole si svuotano dei significati • difficoltà a ‘trovare le parole’; uso di circonlocuzioni e parole passepar-tout • ‘perdita del filo del discorso’ • espressioni scurrili (reazioni automatiche) CHE COSA FARE? • suggerire la parola mancante • non sottolineare i difetti, ma cogliere il significato e l’intenzione • ricordare che il paziente può avere deficit di comprensione • rispondere alle domande ripetitive (espressione di ansia?) • non reagire alle espressioni scurrili come se fossero offese personali 74 La terapia non farmacologica della demenza FUNZIONI GNOSICHE Capacità di interpretare e riconoscere gli stimoli che giungono al cervello attraverso i canali sensoriali (vista, udito, tatto, gusto, olfatto) e che possono riguardare lo spazio, gli oggetti e le persone in esso presenti oppure possono provenire dall'interno del corpo (ad es. le sensazioni relative alla posizione assunta dal corpo, la localizzazione del dolore). Il tutto in assenza di deficit dei canali sensoriali stessi (il soggetto cioè non è portatore ad es. di un deficit della vista o dell'udito tali da provocare il disturbo). 75 La terapia non farmacologica della demenza L’agnosia nel paziente demente • mancato riconoscimento di oggetti di uso comune (oggetti e cibi) e incapacità di un loro corretto utilizzo • difficoltà a riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e parti del corpo • difficoltà a localizzare e interpretare gli stimoli dolorosi • difficoltà a riconoscere volti noti rispetto a volti non noti CHE COSA FARE? • semplificare l’ambiente eliminando gli oggetti che non vengono riconosciuti (oggetti, suoni) • eliminare gli specchi se il paziente non riconosce il suo volto • in caso di mancato riconoscimento di un familiare non insistere, ma riproporre successivamente la relazione 76 La terapia non farmacologica della demenza FUNZIONI PRASSICHE Permettono di programmare l’esecuzione di gesti precedentemente appresi in assenza di deficit motori, di sensibilità o di coordinazione e di deficit di comprensione e di attenzione. 77 La terapia non farmacologica della demenza L’aprassia nel paziente demente Perdita progressiva della capacità di rappresentarsi mentalmente la sequenza gestuale necessaria al compimento di un atto finalizzato: • perdita della capacità di utilizzo di oggetti di uso comune • esecuzione scorretta di una sequenza gestuale complessa • difficoltà ad eseguire gesti semplici su imitazione • difficoltà a copiare un disegno • difficoltà a vestirsi CHE COSA FARE? • non sostituirsi al paziente, ma supervisionare con suggerimenti verbali finché ciò produce qualche risultato (rassicurando) • scomporre gesti complessi in gesti semplici • disporre gli abiti in sequenza e avviare il gesto • non chiedere l’impossibile (sequenze gestuali che richiedano apprendimento, compiti nuovi) 78 La terapia non farmacologica della demenza GIUDIZIO CRITICO Capacità di identificare le situazioni e valutarne il significato che permette di rapportarsi correttamente con l’ambiente esterno. 79 La terapia non farmacologica della demenza Giudizio critico nel paziente demente Perde la capacità di giudicare il contesto ambientale in cui si trova, l’adeguatezza del proprio comportamento in funzione della situazione contingente e la capacità di effettuare stime cognitive. CHE COSA FARE? • nelle fasi iniziali può essere utile correggere con tatto il malato • quando il malato ha perso molte di questa capacità, è indispensabile alzare il livello di tolleranza nei confronti dei suoi errori e stare attenti a non porlo in situazioni che richiedono stime cognitive che non è più in grado di fare 80 La terapia non farmacologica della demenza RAGIONAMENTO Capacità di usare il pensiero facendo riferimento a categorie non concrete, ma ad ipotesi, a congetture, a ragionamenti complessi. Concetti come patria, amicizia, libertà….. sono esempi di astrazione, pensiero simbolico. 81 La terapia non farmacologica della demenza RAGIONAMENTO Capacità di usare il pensiero facendo riferimento a categorie non concrete, ma ad ipotesi, a congetture, a ragionamenti complessi. Concetti come patria, amicizia, libertà….. sono esempi di astrazione, pensiero simbolico. 82 La terapia non farmacologica della demenza SINTOMI NON COGNITIVI SINTOMI PSICHIATRICI Alterazioni dell'umore (depressione, euforia, labilità emotiva); Ansia Psicosi (deliri e allucinazioni) DISTURBI COMPORTAMENTALI Agitazione (aggressività, vocalizzazione persistente) Sintomi neurovegetativi (alterazioni del ritmo sonno-veglia, dell'appetito, del comportamento sessuale) Disturbi dell'attività psicomotoria (vagabondaggio, affaccendamento) Alterazioni della personalità (indifferenza, apatia, disinibizione, irritabilità) 83 La terapia non farmacologica della demenza AGGRESSIVITA’ Come si manifesta? Aggressività verbale (insulti, parolacce, bestemmie, maledizioni, linguaggio scurrile) Aggressività fisica: il malato picchia, graffia, cerca di mordere, scalcia, sputa, oppone resistenza, respinge... Perché e quando si manifesta? Reazione difensiva del malato da qualcosa da cui si è sentito minacciato: • durante le manovre assistenziali: l'igiene della persona, il bagno, il vestirsi, lo svestirsi • quando si interrompe un’ attività del malato per indurlo ad altra occupazione • in presenza di malessere fisico nel malato 84 La terapia non farmacologica della demenza Cosa fare con il paziente demente aggressivo? comprendere la non intenzionalità dell’aggressività del malato nei nostri confronti, ma considerarla come espressione di un disagio non ha alcun senso ‘sgridare’ il malato per i suoi comportamenti aggressivi, fargli la predica sui comportamenti che deve tenere. ricorrere alla ‘distrazione’ del malato per compiere le manovre necessarie (igiene e vestirlo) fare leva sul deficit dell'attenzione spostando, attirando l'attenzione del malato su uno stimolo per lui piacevole non insistere, rinviando a un secondo momento la proposta cambiare la persona che propone una certa attività comunicazione non verbale (voce, gesti, postura) 85 La terapia non farmacologica della demenza AGITAZIONE PSICOMOTORIA Come si manifesta? • espressione di ansia, tensione, inquietudine, timore • non riesce a stare fermo oppure continua a chiedere di qualcuno che deve arrivare, oppure manifesta paura per qualcosa di indefinito • può reagire in maniera ‘eccessiva’, spropositata ad una situazione Perché e quando si manifesta? • segnale delle difficoltà che il malato incontra nell’interazione con l’ambiente che lo circonda o di qualche suo disagio fisico (eccessivi stimoli, dolore, richieste eccessive). • in momenti in cui il tono dell’umore del malato è depresso 86 La terapia non farmacologica della demenza Cosa fare con il paziente demente agitato? individuare la causa (ambiente o dolore?) usare toni di voce calmi e rassicuranti, non rimproverarlo, avvicinarsi con atteggiamento affettuoso e rassicurante lodandolo per qualcosa attirare l’attenzione del malato su cose che lo interessano inopportuno affrontare il malato avvicinandolo da parte di più persone contemporaneamente (aumenta l'agitazione ed induce risposte di tipo difensivo e quindi aggressive) 87 La terapia non farmacologica della demenza Cosa fare con il paziente demente con deliri? non smentire il malato, dimostrargli che si comprende il suo stato d'animo non deriderlo; è meglio assecondare i suoi discorsi, cercando nel contempo di tranquillizzarlo e di riportarlo, con tatto, alla realtà assumendo un ruolo protettivo e rassicurante agire sulle fonti ambientali del disturbo (ad es. coprire gli specchi e/o il televisore; ridurre i rumori di fondo) cercare di distrarlo attirandone l’attenzione su qualcosa che normalmente gli risulta piacevole 88 La terapia non farmacologica della demenza ALLUCINAZIONI Come si manifestano? Il malato vede o sente cose che non esistono (per esempio persone, animali, fuoco, voci, odori o sapori strani) ed è pienamente convinto della reale esistenza di ciò che vede o sente. Perché e quando si manifestano? • in ogni fase della malattia • nella fase acuta di alcune malattie (febbre e disidratazione) • la presenza di stimoli ambientali, soprattutto visivi, erroneamente percepiti, può essere causa scatenante del disturbo • a seguito di bruschi cambiamenti di ambiente 89 La terapia non farmacologica della demenza Cosa fare con il paziente demente con allucinazioni? non smentire il malato, dimostrargli che si comprende il suo stato d'animo non deriderlo; cercare di riportarlo alla realtà assumendo un ruolo protettivo e rassicurante individuare ed eliminare eventuali stimoli ambientali causa di erronea percezione 90 La terapia non farmacologica della demenza INERZIA MOTORIA E COMPORTAMENTALE Come si manifesta? spesso sottovalutata perché non crea particolari difficoltà di gestione a chi si prende cura del malato il paziente non mostra interesse verso il mondo che lo circonda, è poco attivo, non inizia la conversazione; è indifferente agli stimoli e non esprime affettività (entusiasmo, simpatia, gradimento o insofferenza) non partecipa ad alcuna attività o smette subito appare quieto, buono, non disturba, non dà preoccupazioni Perché e quando si manifesta? nella fase intermedia della malattia; in alcune forme di demenza può tuttavia costituire uno dei primi sintomi 91 La terapia non farmacologica della demenza Cosa fare con il paziente con inerzia motoria? stimolare il malato in ogni occasione, non rinunciando a cercare di attirarne l'attenzione su qualcosa le nostre sollecitazioni possono provocare come unica risposta un moto di insofferenza: tale reazione è comunque un risultato importante, perché costituisce di fatto una risposta all’ambiente sfruttare gli automatismi motori (canto, il ballo, filastrocche) non dimenticare che si tratta di un disturbo del comportamento per il malato, anche se non provoca disturbo in chi si prende cura di lui 92 La terapia non farmacologica della demenza COMPORTAMENTI ALIMENTARI Come si manifestano? Il malato chiede continuamente cibo e/o si lamenta, anche con insistenza, che non gli si dà da mangiare, anche se ha appena terminato di mangiare mangiare con voracità oppure serrare la bocca e rifiutare di alimentarsi e di bere giocare con il cibo (es.: mescola i cibi, travasa, manipola) il malato sputa i pezzi di cibo più solido ritenendoli corpi estranei (es.: sputa i pezzetti di frutta contenuti nello yogurt, la pastina nel brodo...) Perché e quando si manifestano? caratteristici della fase intermedia e/o avanzata di malattia ambienti in cui si ha la presenza di un numero eccessivo di stimoli rispetto alle capacità attentive del malato possono essere fonte di un peggioramento di tali comportamenti 93 La terapia non farmacologica della demenza COMPORTAMENTI ALIMENTARI IL MALATO CHE CONTINUA A CHIEDERE CIBO utile frazionare i pasti principali in tanti spuntini tenere a disposizione qualche alimento di facile somministrazione (frutta, yogurt, biscotti, caramelle) distrarlo tenendolo occupato in altre attività piacevoli rendere inaccessibile ogni sostanza non commestibile IL MALATO CHE NON MANGIA ricercare alimenti e bevande particolarmente graditi IL MALATO CHE GIOCA CON IL CIBO ridurre le distrazioni dell'ambiente dare un cibo alla volta; fornire una posata alla volta farlo mangiare a tavola da solo, in modo che non riceva disturbo In ogni caso, il malato non va mai né rimproverato né deriso ed è fuori luogo pretendere che il malato rispetti le regole formali 94 Una visione più individuale… La prospettiva della relazione assistenziale e terapeutica. Il punto di vista del paziente Gli artisti della memoria Dal diario di Stella Venerdì 9 febbraio 2001. Una gran giornata, grande nel senso negativo. Secondo il medico, ho una ‘leggera menomazione cognitiva’. Non suona tanto male, lì per lì, ma in parole più povere vuol dire che mi trovo nella fase iniziale… del Morbo di Alzheimer. Basta il nome, di certe malattie, per mettere paura e l’MdA è una di esse. È una condanna a morte. Lunga e lenta. Jeffrey Moore, Ed marcos y marcos 2005 • Ogni persona è unica e irripetibile e resta tale quando si ammala. • Non cadiamo nell’errore di pensare che le caratteristiche che possono accumunare le persone colpite dalla demenza (core di sintomi) possano rendere simili i malati. • Cercare le similitudini per comprendere un fenomeno non autorizza ad assimilare le persone. I dementi sono… I dementi fanno… Coi dementi si deve fare così… La cura nel paziente demente richiede • la conoscenza del mondo del paziente • la creazione di un rapporto adeguato con quel paziente • il riconoscimento e la gestione delle nostre reazioni di fronte al paziente Comunicare Presuppone una cooperazione tra i diversi attori. L’interazione tra emittente e ricevente è caratterizzato da un meccanismo di feedback e si basa su due modalità comunicative che sono tra loro interdipendenti: l’aspetto verbale del comunicare (le parole utilizzate nel loro significato) e l’aspetto non verbale (il suono della voce, il contatto corporeo, la distanza interpersonale, la postura del corpo, la mimica del volto, il contatto visivo). messaggio in uscita Emittente Ricevente feedback L’atto comunicativo è solo apparentemente lineare: è un processo che in alcuni casi trascende la piena comprensione umana. Quanti fallimenti comunicativi! “Non riesco a spiegarmi”, “Non ci capiamo”, “Hai frainteso” Fattori tecnici (conoscenza del linguaggio) e fattori psicologici (percezione soggettiva ed affettiva) incidono in maniera preponderante sulla efficacia ed efficienza della comunicazione. Il sistema comunicativo umano COMUNICAZIONE VERBALE Linguaggio verbale COMUNICAZIONE VOCALE Sistema paralinguistico Sistema cinesico Mimica facciale Sguardo Gestualità Postura Tono di voce Volume di voce Pause e ritmo COMUNICAZIONE NON VERBALE L. Paccagnella, Sociologia della comunicazione, il Mulino, Bologna, 2004, p.48 • Abbracciare, baciare, stringere, afferrare, colpire, etc. • Coinvolge oltre al canale visivo anche quello tattile • Differenza tra forma attiva (esplorazione) e forma passiva (ricezione di segnali) • Differenze culturali • Differenze di status Categorie del contatto corporeo • Funzionale-professionale (massofisioterapista, medico paziente) • Sociale (saluto, congedo, congratulazioni, indirizzare) • Amichevole (saluto, congedo, congratulazioni, indirizzare, espressioni di appartenenza) Intimo/affettuoso (adulto-bambino) • • Sessuale Orientazione L’angolo con cui le persone si situano nello spazio: • Faccia a faccia • Di fianco • Con angolo variabile tra 45° e 180° • Più in alto - più in basso • “Suono” della voce • Comportamento spaziale • Postura • Mimica • Sguardo Non si può non comunicare Il comportamento non ha un suo opposto. Non esiste qualcosa che sia un non comportamento o, per dirla anche più semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Ora se si accetta che l’intero comportamento in una situazione di interazione ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che comunque ci si sforzi non si può non comunicare. P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1971 messaggio in uscita NOI (Emittente) NOI (Emittente) messaggi in uscita feedback Paziente demente (Ricevente) La prospettiva della relazione assistenziale e terapeutica. Il punto di vista del care giver La persona con demenza È evidente come lo scambio comunicativo possa ulteriormente complicarsi, ma non per questo motivo diviene meno necessario per la cura del paziente. Se la comunicazione, la relazione con il paziente fallisce, non è concesso l’attribuzione della responsabilità alle “ingestibili caratteristiche” del paziente… Il primo passo: riconoscere e comprendere le difficoltà cognitive della persona che abbiamo di fronte per evitare di interpretare in modo inadeguato i feedback e attribuire intenzioni comunicative che non sono proprie della persona. Un atteggiamento dell’operatore volto alla comprensione dei significati che sono celati dietro ai comportamenti e alle parole dei pazienti dementi rendono possibile il prendersi cura attraverso quella comunicazione-relazione che può così diventare terapeutica. Comunicazione delle emozioni • Riconoscimento delle emozioni sui volti è legato prevalentemente al ruolo del network frontoparietale. • Una buona quota di soggetti con AD mantiene questa capacità in fase moderata della malattia (27%, Alzheimer Disease Associated Disorders, 2007, 21, 130-5). • In particolare sono le emozioni positive quelle più facilmente riconosciute dai soggetti con demenza. La comunicazione è terapeutica quando diviene consapevole strumento di lavoro Lo spazio • Come il paziente demente percepisce lo spazio? • Il disorientamento spaziale • La familiarità dell’ambiente • Come vengono vissute le intrusione nello spazio personale? Il tempo La percezione del tempo Il disorientamento L’eterno presente La perdita del passato L’incapacità di porsi nel futuro La famiglia La memoria della perdita Ruolo del caregiver nel processo di cura È un alleato nel processo di cura. È colui che si fa carico del paziente. Il caregiver È un essere umano con bisogni ed esigenze proprie “L’Alzheimer è una malattia che uccide due persone” “Le vittime nascoste della Malattia d’Alzheimer” I. Murdoch Zarit et al, 1985 “Caregiver: paziente potenziale” Salvador et al, 1999 È fondamentale che gli interventi per i caregiver rientrino nella pratica clinica dell’assistenza multimodale ed interdisciplinare della demenza Le demenze IV ed, 2005 Gli artisti della memoria I dieci comandamenti di Noel 1. Dormi abbastanza e prenditi del tempo libero per rilassarti, per poterti concentrare meglio sulle cose importanti (come trovare una cura per la memoria). 2. Fai tre pasti sostanziosi al giorno, in modo da procurarti adeguate energie per le cose importanti (come trovare una cura per la memoria). 3. Consenti ad altri di aiutarti, poiché il prendersi cura di tua madre è un compito troppo gravoso per te solo. 4. Vivi alla giornata, piuttosto che assillarti per quello che può accadere o non accadere in futuro. 5. Struttura la tua giornata poiché un programma coerente rende più facile la vita sia a te sia alla tua mamma. 6. Tieni presente che tua mamma non “fa” la difficile apposta: è il MdA a distorcere il suo comportamento e i suoi sentimenti. 7. Coltiva il senso dell’umorismo poiché il riso aiuta a mettere le cose nella giusta, e più positiva, prospettiva. 8. Concentra l’attenzione su quello che tua madre è in grado di fare, e rallegrati, piuttosto che angosciarti per quello che è andato perduto. 9. Cerca di fare maggior assegnamento su altri rapporti umani per quanto riguarda sia l’affetto sia il sostegno. 10. Attingi a quel Potere più alto che è a tua disposizione. La prospettiva della relazione assistenziale e terapeutica. Il punto di vista di chi deve assistere: Una visione interiore Conoscere sé stessi Conoscere il mondo Sono due facce della stessa medaglia: è attraverso noi stessi che arriviamo alla conoscenza del mondo. È attraverso la nostra mente, il nostro sé, che possiamo arrivare alla conoscenza del mondo. Noi siamo il mezzo per conoscere il mondo; siamo il filtro, lo strumento di questa conoscenza. “Si parte per conoscere il mondo, si torna per conoscere se stessi.” Oriente N. Fabi Perché dovrei conoscere me stesso? Quando se ne sente la necessità? Quando se ne sente la necessità? • • • • • • Quando la sofferenza schiaccia Quando si perde l’equilibrio Quando si ha paura Quando si commettono sempre gli stessi errori Quando il mio sé è il mio strumento di lavoro Quando si svolgono professioni d’aiuto Affrontereste un viaggio con un mezzo che non conoscete? Accompagnereste in un viaggio una persona sofferente, con un mezzo che non conoscete? • La costruzione del sé nasce dalla differenziazione dall’altro. • Rischierei di attribuire all’altro qualcosa che mi appartiene. Per accompagnare l’altro devo saperlo riconoscere e differenziarlo da me • Tanti aspetti mi avvicinano alla persona che incontro, tanti mi allontanano. • La relazione e l’incontro tra due sé, tra due mondi. • Accostarsi ad una persona significa cercare di capire il suo mondo: come posso farlo se non conosco il mio, se non conosco lo strumento con cui mi avvicino all’altro. • Per entrare in empatia devo differenziarmi dalla persona che ho di fronte. La malattia genera PAURA Per capire le paure dell’altro devo prima riconoscere le mie. Devo accogliere la paura della persona malata, dei sui cari, dei colleghi… Paura della morte Paura dell’impotenza Paura del dolore Paura della verità Paura della relazione Paura del toccare Paura dell’ascolto Paura del dialogo Paura del silenzio Paura dell’amore Paura della famiglia • Non sapevo bene cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo. Il paese delle lacrime è così misterioso. • Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe La cura e il significato 137 …Vivo in un reparto di terapia intensiva… al mio fianco il numero otto…oltre ai tre letti corredati di tutti gli optional caratteristici della terapia intensiva, quelli che fanno tanto folklore in un tripudio hollywoodiano si vedono salvare vite – ma l’inganno più grande non tanto che quelle vite vengano salvate, quanto che esse appaiano importanti…(il pesce rosso) … ma non è tanto importante stabilire se siamo noi, i sani, ad avere bisogno dei malati o i malati ad avere bisogno di noi… l’esigenza che ogni tanto ci sorge nel cuore è capire se noi siamo i buoni o i cattivi. E non è sempre così facile stabilirlo (la faccia verde). … Dialogo fra medico (faccia verde) e paziente (pesce rosso) da: Cosa sognano i pesci rossi (M Venturino Mondadori 2005) 138 …e poi mi dice: “insomma mi spiace lei era anche simpatico e pagante, ma non c’è nulla da fare”. Insomma sei fritto, fritto, FRITTO! (il pesce rosso). …in pratica si può essere già morto eppure continuare a morire a pezzetti. Ogni giorno un poco di più come se ci si congedasse dalla vita a tocchi, a tranci come un merluzzo surgelato…e noialtri, i medici ci affanniamo come sarti a cercare di rammendare gli strappi quotidiani di una stoffa lisa e consunta che non potrà mai più diventare un vestito. Quello che non sono riuscito ancora a capire è se tutto questo nostro affannato rammendare sia fatto in buona fede oppure no (la faccia verde). Dialogo fra medico (faccia verde) e paziente (pesce rosso) da: Cosa sognano i pesci rossi (M Venturino Mondadori 2005) 139 “Solo coloro che si tengono lontani dall’amore possono evitare la tristezza del lutto. L’importante è crescere, tramite il lutto, e rimanere vulnerabili all’amore” John Brantner