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Corso per operatori di nucleo.
La demenza: inquadramento generale .
15 Settembre 2014
S.Angelo Lodigiano
Marco Ferri
Aspetti epidemiologici
La diagnosi
Criteri per la diagnosi di demenza
indipendentemente dalla causa:
criteri clinici principali.
Viene posta diagnosi di demenza quando sono presenti sintomi cognitivi o
comportamentali (neuropsichiatrici) che:
1) interferiscono con l’abilità di svolgere il lavoro o le usuali attività; e
2) rappresentano un declino rispetto ai precedenti livelli di
funzionamento e prestazione; e
3) non sono spiegati da delirium o disturbi psichiatrici maggiori;
4) il deficit cognitivo è dimostrato e diagnosticato attraverso la
combinazione di
(a) informazioni raccolte dal paziente e da persone che lo conoscono e
(b) una valutazione oggettiva delle prestazioni cognitive, sia attraverso
una valutazione clinica dello stato mentale che attraverso una
valutazione neuropsicologica testistica.
La valutazione neurpsicologica testistica dovrebbe essere effettuata quando
l’anamnesi routinaria e la valutazione clinica della stato mentale non fornisce una
diagnosi affidabile.
5) La compromissione cognitiva o le alterazioni comportamentali
coinvolgono almeno due dei seguenti domini:
– compromessa abilità di acquisire e ricordare nuove informazioni – i sintomi includono:
domande o discorsi ripetitivi, smarrire oggetti personali, dimenticare eventi o
appuntamenti, o perdersi in itinerari conosciuti
– deficit nel ragionamento o nello svolgimento di compiti complessi, ridotta capacità di
giudizio – i sintomi includono: scarsa capacità di comprendere di pericoli, incapacità di
gestire le finanze, scarsa capacità di prendere le decisioni, incapacità di pianificare
attività complesse o sequenziali
– compromissione delle abilità visuospaziali – i sintomi includono: incapacità di
riconoscere volti o oggetti comuni o trovare oggetti direttamente in vista nonostante
una buona acuità visiva, incapacità di utilizzare semplici utensili o indossare i vestiti.
– alterazione del linguaggio (parlare, leggere, scrivere) – i sintomi includono: difficoltà a
pensare a semplici parole quando si parla, esitazioni; errori di scrittura, di ortografia e
nel parlare.
– modificazioni nella personalità, nel comportamento e nella condotta – i sintomi
includono: fluttuazioni insolite dell’umore come agitazione, compromissione della
motivazione, dell’iniziativa, apatia, perdita della motivazione, ritiro sociale, riduzione
dell’interesse per le usuali attività, perdita di empatia, comportamenti compulsivi o
ossessivi, comportamenti socialmente inappropriati.
Nuovi criteri per la demenza dovuta a Malattia
di Alzheimer
La differenziazione della demenza dall’MCI si basa sulla
determinazione se ci sia o no interferenza significativa
con la capacità di funzionamento al lavoro o nelle usuali
attività quotidiane.
Questo è naturalmente un giudizio clinico, effettuato da
un medico esperto sulla base delle circostanze
individuali del paziente e dalla descrizione di vicende
quotidiane del paziente ottenute dal paziente stesso e
da un soggetto che lo conosce.
Mild Cognitive Impairment
Cognitive Performance
Normal
MCI
Dementia
‘MCI refers to the state of cognition and
functional ability between normal aging
and very mild AD’
(Petersen, 2001)
A) Disturbo cognitivo definito
come uno dei seguenti:
•
Riferito dal soggetto
•
Riferito dal medico
•
Riferito dai familiari
B) Presenza di tutte le seguenti
caratteristiche:
• Cambiamento dal normale
grado di funzionamento
• Declino in una qualsiasi area
cognitiva
• Mantenimento nel
funzionamento generale ma
possibilmente con maggiore
difficoltà nel compiere le
attività quotidiane
• Assenza di demenza
Schema componenti della memoria
MEMORIA
Breve termine
Lungo termine
Esplicita
Episodica
AUTOBIOGRAFICA
PROSPETTICA
Semantica
Implicita
Skill learning
Priming
Mild cognitive
impairment
Alzheimer’s disease
Amnestic
Mild cognitive
impairment
Multiple domains
slightly impaired
Mild cognitive
impairment
Single nonmemory domain
Alzheimer’s disease
? normal aging
Frontotemporal dementia
Lewy body dementia
Primary progress. aphasia
Parkinson’s disease
Alzheimer’s disease
CT or MRI:
Cognitive tests:
proposed for excluding
vascular lesions, tumor…
no specification for the
memory profile
NINCDS – ADRDA criteria
(1984)
Nessun riferimento a
biomarker
CSF:
proposed for
excluding meningitis
etc…
FDG-PET
not mentioned
and PIB not known
I marker biologici per Malattia di Alzheimer possono essere suddivisi in patofisiologici
e topografici.
Patofisiologici
Riduzione della concentrazione di beta amiloide, aumento della
proteina tau totale e della fosfo-tau nel liquido cerebrospinale si
associano a percentuali molto alte di progressione da Mild
Cognitive Impairment amnesico a malattia di Alzheimer e hanno
mostrato ripetutamente elevata sensibilità e specificità nei
modelli predittivi.
La PET con Pittsburgh compound B (PiB) o altri radioligandi.
L’utilizzo di PiB-PET sono predittive di declino cognitivo e di
sviluppo di segni clinici di malattia di Alzheimer in soggetti
anziani cognitivamente normali.
Topografici
Riduzione della concentrazione di beta amiloide, aumento della
proteina tau totale e della fosfo-tau nel liquido cerebrospinale si
associano a percentuali molto alte di progressione da Mild
Cognitive Impairment amnesico a malattia di Alzheimer e hanno
mostrato ripetutamente elevata sensibilità e specificità nei
modelli predittivi.
La PET con Pittsburgh compound B (PiB) o altri radioligandi.
L’utilizzo di PiB-PET sono predittive di declino cognitivo e di
sviluppo di segni clinici di malattia di Alzheimer in soggetti
anziani cognitivamente normali.
I marker patofisiologici possono essere
utilizzati per la diagnosi in ogni stadio di
malattia, compreso lo stadio preclinico.
I marker topografici possono essere più utili
nel momento in cui si manifestano i primi
sintomi cognitivi.
I cambiamenti della personalità sono l’aspetto più frequente nei pazienti affetti
da demenza: il 70% è apatico; il 60% è agitato; il 40% accusa sintomi depressivi,
ansia, irritabilità; deliri e allucinazioni sono presenti nel 30-60% dei pazienti.
Sintomi cognitivi
Sintomi non cognitivi
• Deficit mnesici
• Disorientamento
temporale e spaziale
• Aprassia
• Afasia, alessia,
agrafia
• Deficit di
ragionamento
astratto, di logica
e di giudizio
• Acalculia
• Agnosia
• Deficit visuospaziali
• Psicosi (deliri paranoidei, allucinazioni)
• Alterazioni dell'umore (depressione, euforia,
labilità emotiva)
• Ansia
• Sintomi neurovegetativi (alterazioni del ritmo
sonno veglia, dell'appetito, del comportamento
sessuale)
• Disturbi dell'attività psicomotoria (vagabondaggio,
affaccendamento afinalistico, acatisia)
• Agitazione (aggressività verbale o fisica,
vocalizzazione persistente)
• Alterazioni della personalità (indifferenza, apatia,
disinibizione, irritabilità)
Bianchetti A, Dementia Update 1, 1998
Tipo di demenza
Sintomi d’esordio più comuni
Esame neurologico
Modalità di
progressione
Durata
(anni)
Malattia di
Alzheimer
Deficit di memoria
Normale
Graduale
10 - 12
Demenza vascolare
Deficit di memoria e di
linguaggio; disturbi
dell’attenzione e della
pianificazione
Segni focali,
disturbo della
marcia
A gradini con
periodi di
apparente
stabilizzazione
8 - 10
Demenza a corpi di
Lewy
Deliri e allucinazioni, episodi
confusionali
Segni
extrapiramidali
Graduale con
fluttuazioni
3-7
Demenza frontale
Alterazioni del comportamento;
disturbi del linguaggio
Segni di liberazione
graduale
3 - 17
Valutazione del paziente affetto da demenza
• Anamnesi personale e familiare
• Esame obiettivo e neurologico
• Valutazione stato mentale (scale di valutazione, p. es. MMSE)
• Valutazione sintomi non cognitivi, depressione, pseudodemenza
• Valutazione stato funzionale (autonomia nelle attività di base e strumentali, p.
es. ADL, IADL)
• Stadiazione della gravità della demenza
• Esami di laboratorio e strumentali
• Valutazione situazione sociale
e dello stress dei caregivers
La terapia
Novembre 1906
Psychiatric Convention Tubingen
1950
1960
1970
1980
1990
2000
PRESENT
Donepezil Improves Cognition and Global Function in Alzheimer
Disease: A 15-Week, Double-blind, Placebo-Controlled Study
Figure Legend:
Least squares mean (± SEM) change from baseline in the Alzheimer's Disease Assessment Scale–Cognitive Subscale (ADAS-cog)
scores for patients with mild to moderately severe Alzheimer disease receiving 5 mg/d and 10 mg/d of donepezil hydrochloride and
placebo. Of the 468 patients randomized to receive treatment, 457 were included in the intention-to-treat analysis at end point.
Rogers et al., Arch Intern Med. 1998
The Lancet Volume 367, Issue 9516 2006 1057 - 1065
RIVASTIGMINA
Efficacy of treatment of
severe AD at 23 mg/die
Come e quando trattare?
Molecular Targets for Current AD Therapies
Currently available medications for AD
Drug development in AD
↓ Aβ
production
↓ tau aggregation/
phosphorylation
↓ Aβ aggregation
↑ Aβ clearance (immunotherapy)
Cholinergics
Others
(Mangialasche, Mecocci et al., Lancet Neurol, 2010)
Behavioral and Psychological
Symptoms of Dementia (BPSD)
Alterazioni della percezione, del contenuto del pensiero,
dell’umore o del comportamento, che si osservano
frequentemente in pazienti con demenza.
Farmaci per specifici “cluster” di BPSD
‘Aggressività’
‘Apatia’
AChE-inibitori
Antidepressivi
Antipsicotici
Antiepilettici
Antidepressivi
Antidepressivi
‘Agitazione psicomotoria’
Antipsicotici
Antiepilettici
Benzodiazepine
Antidepressivi
Antipsicotici
AChE-inibitori
‘Psicosi’
‘Depressione’
McShane R., Int Psychogeriat 2000
Kales CH et al. Am J Psychiatry 169:1, January 2012
Haloperidol was associated
with the highest mortality
rates (RR=1.54, 95%
confidence interval
[CI]=1.38–1.73) followed by
risperidone, olanzapine
(RR=0.99, 95% CI=0.89–1.10),
valproic acid and
its derivatives (RR, 95%
CI=0.78–1.06), and quetiapine
(RR risk=0.73, 95% CI=0.67–
0.80).
Considerazioni
1. Valutare attentamente il disturbo da trattare. Nei malati di demenza, infatti,
non tutti i disturbi del comportamento richiedono un trattamento con
antipsicotici. Tale trattamento deve essere, infatti, riservato al controllo dei
disturbi comportamentali gravi che non abbiano risposto all’intervento non
farmacologico (modifiche ambientali, counseling, ecc.)
2. Iniziare la terapia con una dose bassa e raggiungere gradualmente il dosaggio
clinicamente efficace.
3. Se il trattamento è inefficace, sospendere gradualmente il farmaco e prendere
eventualmente in considerazione un diverso composto.
4. Se il trattamento è efficace, continuare a trattare e monitorare il soggetto per
un periodo di 1-3 mesi e poi, una volta che il soggetto sia asintomatico, tentare
di sospendere gradualmente il farmaco. Gli alti tassi di risposta al placebo in
tutte le sperimentazioni effettuate (mediamente attorno al 40%) ci ricordano
infatti che siamo in presenza di sintomi per loro natura fluttuanti nel tempo e
che tendono a risolversi spontaneamente nel breve periodo.
5. Evitare di somministrare due o più antipsicotici contemporaneamente. Questa
pratica che dovrebbe essere eccezionale è in realtà troppo diffusa: da stime
nazionali a circa il 2% dei dementi nella popolazione generale e a circa il 14% di
quelli istituzionalizzati vengono somministrati due o più antipsicotici
contemporaneamente.
6. Evitare l’uso concomitante di antipsicotici e benzodiazepine. Una percentuale
variabile tra l’1 e il 5% dei dementi nella popolazione generale e circa il 17% di
quelli istituzionalizzati vengono trattati con antipsicotici e ansiolitici/ipnotici
contemporaneamente. A più del 4% dei dementi in istituzione vengono
somministrati contemporaneamente tre o più tra antipsicotici e
ansioliti/ipnotici! Anche questa associazione andrebbe fortemente limitata,
soprattutto alla luce della dichiarazione dell’EMEA che riporta l’uso
concomitante di benzodiazepine e olanzapina tra i fattori predisponenti associati
all’aumento di mortalità.
7. Monitorare attentamente sicurezza ed efficacia degli antipsicotici e segnalare
tempestivamente tutti gli effetti indesiderati.
8. Somministrare con estrema cautela gli antipsicotici a soggetti con fattori di
rischio cardiovascolare dopo attenta valutazione dello stato clinico e con
rivalutazione dei parametri vitali (e in particolare della pressione in clino e in
ortostatismo) a distanza di una settimana dall’inizio della terapia.
AIFA -28.12.2006
La terapia non
farmacologica
I nostri comportamenti professionali hanno basi:
Scientifiche
Tecniche
Morali
(orientate da cultura, religiosità, ideologia)
•
•
•
•
I risultati degli studi suggeriscono che, dopo un training specifico, i soggetti affetti
da decadimento cognitivo ottengono outcomes di forza e resistenza simili a quelli
di persone senza decadimento cognitivo.
Tali risultati dimostrano che non ha razionale clinico escludere dai trattamenti di
riabilitazione /rieducazione neuromuscolare i pazienti affetti da demenza
basandosi sulla presenza di questa condizione morbosa
Si tratta di individuare misure di outcome tarate per la tipologia di soggetti che il
riabilitatore deve trattare e che non possono essere derivate tout court da studi o
ricerche condotte su popolazioni differenti.
La restitutio di un’autonomia motoria minimale (pochi passi accompagnato) in un
soggetto affetto da demenza ha la stessa importanza, se non maggiore di un
guadagno di 20 punti al Barthel Index….
Rehabilitation outcome of elderly patients with hip fractureand cognitive impairment.
Rolland et al, Disab Rehab 2004; vol.26, NO 7; 425-431.
Come?
• INFORMAZIONE: sul fatto che la vita psicologica ed
emozionale prosegue, nonostante il declino cognitivo; che la
comunicazione è sempre possibile; che non c’è morte dello
spirito, ma delle funzioni cognitive
• FORMAZIONE: sulla malattia, sulla comunicazione non
verbale, sull’importanza del ricercare la partecipazione, sulla
necessità e il dovere di studiare nuove tecniche riabilitative
• AFFERMAZIONE: affermare con forza, come curanti e come
persone, il dovere di solidarietà che abbiamo nei confronti di
questi nostri pazienti e delle loro famiglie
Obiettivi fisioterapici
rinforzo muscolare
miglioramento dell’equilibrio
sicurezza nel cammino
prevenzione delle cadute
riallenamento allo sforzo
Nel deficit cognitivo accanto alle strategie generali è
necessario affiancare delle strategie task oriented, specifiche
e modificabili
diverse condizioni cliniche di accesso in riabilitazione (frattura di
femore, riacutizzazione BPCO, ictus, scompenso cardiaco)
valutazione aspetti patologia-specifici
(forza muscolare, resistenza allo sforzo, ROM articolari ecc)
ma
valutazione tramite procedure il più possibile riconducibili ad
attività conosciute di vita quotidiana
Nel lavoro con i pazienti affetti da demenza, soprattutto in
fase severa, per garantire una maggiore collaborazione nella
valutazione funzionale e nel trattamento riabilitativo è
fondamentale individuare attività task oriented, ovvero
attività note di vita quotidiana che indirettamente
prevedano al loro interno l’esecuzione o l’esercizio degli
obiettivi riabilitativi.
l’esecuzione di attività che non vengono apprezzate dal
paziente non saranno eseguite e portate a termine
Teri L, Logsdon RG, McCurry SM. Exercise interventions for dementia and
cognitive impairment: the Seattle Protocols. J Nutr Health Aging.
2008;12(6):391-4.
Obiettivi
Obiettiviee“drive”
“drive” delle
delleattività
attivitàdidicura
cura
in paziente demente
Limitazione
funzionale
Obiettivo: recupero
funzionale
Attività
Disabilità
Riabilitativo
Obiettivo:
adattamento
Nursing
Medico
Obiettivo:
Stabilizzazione clinica
e cura
Patologia
Instabilità
Recently, almost every trial for treatment of AD has led to disappointing
results, including several with -amyloid–modifying agents. If aging and AD
is a complex adaptation to insults that begin decades before symptoms
emerge, targeting one downstream mechanism may not be effective. In
addition, while -amyloid most likely has a central role in the cascade of
neuronal degeneration, there are also important contributions from tau
protein, synaptic dysfunction, and vascular changes. The next steps in AD
treatment may need to incorporate a combined regimen similar to the
treatment approaches used for other chronic diseases. Another possibility
is to combine pharmacologic strategies with behavioral interventions, an
approach that has not been investigated.
Delirium
 Demenza
DELIRIUM
DEMENZA
Improvviso, databile
Insorgenza
Graduale
Usualmente si
Reversibile?
No declino, progr.
Precoce e marcato
Disorientamento
Tardivo (mesi, anni)
Obnubilata, variabile
Coscienza
Non compromessa
Molto breve
Attenzione
Non molto ridotta
Iper - Ipoattivo
Variazioni
psicomotorie
Tardive
51
La terapia non farmacologica della demenza
Esistono diverse metodiche per la terapia non farmacologica:
Stimolazione cognitiva
ROT formale e informale
Memory training
Intervento comportamentale
Gentlecare
Validation therapy
Adattamenti ambientali
Interventi tesi a modificare le componenti ambientali
che possono essere disturbanti
Stimolazione sensoriale
Arte terapia, attività ricreative, terapia occupazionale
Stimolazione emozionale
Psicoterapia di supporto
Reminiscenza
Validation therapy
American Psychiatry Association Am J Psychiatr 1997
52
La terapia non farmacologica della demenza
Stadi della demenza
Lieve
ROT
Reminiscenza
Validation
Memory training
(sensoriale e cognitiva)
Memory Training
(Motoria)
Ausili esterni
+
+
+
+
Moderato
Severo
+
+
+
+
+
+
Trabucchi M, Le Demenze, 2005
53
La terapia non farmacologica della demenza
ROT:DECLINO COGNITIVO
S urvival Function for C ognitive decline
after controlling for Living alone
P = 0.04
C 1,2
u
m 1,0
S ,8
u ,6
r
v ,4
i
v ,2
a
l 0,0
50%
80%
G roup 1
G roup 2
0
10
20
30
40
S urvival Tim e from Baseline (Months)
Metitieri et al. Clin Rehabil 2001 Oct; 15 (5):471-8
54
La terapia cognitiva
Memory Training
Dedicato a quei pazienti con decadimento lieve-moderato con deficit della
memoria episodica e procedurale (con i sottogruppi implicita motoria,
sensoriale, cognitiva).
E’ stato dimostrato che la stimolazione ripetuta attraverso diversi canali
(copia ripetuta di un disegno; riconoscimento tattile ripetuto, esecuzione di
puzzle semplici anche al computer etc.) migliora le capacità di
apprendimento dei pazienti riducendo i tempi di esecuzione. L’esecuzione
del compito motorio sembra meno influenzata dalla gravità clinica. La
possibilità di far eseguire ai pazienti attività della vita quotidiana legate al
vissuto del paziente migliora l’esecuzione stessa e il riapprendimento
della attività motoria con riduzione della disabilità del paziente.
(Perani Brain1993, Grafman Pharmacopsichiatry1990, Zanetti Neuropsychol Rehabil 2001).
La terapia cognitiva
Ausili mnesici esterni
Utili nei pazienti con deficit cognitivo di grado lieve. Si tratta di utilizzare degli
strumenti quali ad esempio fotografie sulle stanze dei pazienti, scritte di
orientamento, suonerie che orientino nel tempo, segnaposto, diari che allenino il
paziente alle attività quotidiane pur in presenza di difficoltà cognitiva.
Intervento comportamentale
L’intervento comportamentale è teso a rinforzare il comportamento positivo
del paziente e a limitare quelli negativi. Il presupposto è l’identificazione dei
fattori scatenanti.
Rappresenta la prima scelta nei BPSD. Non vi sono studi validati e
controllati ma vi sono molteplici studi che ne dimostrano l’efficacia (Finkel Int
Psychoeegeriatr 1996). Rappresenta la prima scelta, ancora prima della terapia
farmacologica, nel trattamento dei disturbi comportamentali.
Disturbi del sonno (Finkel J Clin Pyschiatr 2001, Brodaty Int J Geriatr Psichiatrv 2001).
Nella fase iniziale della demenza spesso legati ad ansia e
depressione.
Nella fase interemedia-avanzata:
Piccola dose di ipnotico +
ambiente tranquillo ad una adeguata temperatura +
adeguata attività fisica durante il giorno +
illuminazione moderata della stanza +
possibilità del riposo in poltrona ….
Intervento comportamentale
Deliri-Allucinazioni
Considera gli aspetti sensoriali (retinopatia, cataratta, ipoacusia, tappo di cerume)
che possono confondere il paziente e tenta di trattarli dove possibile ed anche
adattare l’ambiente con una normale luminosità al fine di favorire il riconoscimento
dei volti e quindi ridurre il delirio di latrocinio.
Agitazione pscomotoria-aggressività.
Vi è una relazione fra aggressività e malattie psichiatriche preesistenti all’insorgenza
della demenza (Lykestsos1999).
Atteggiamento nei confronti del malato:
espressione del volto
tono della voce
disponibilità e apertura al dialogo
linguaggio semplice, comprensibile
Atteggiamenti utili:
Cercare di identificare i messaggi verbali e non del paziente
Identificare le cause scatenanti e correggerle se possibile
Rassicurare il paziente
Chiedere informazioni al paziente in modo semplice con risposte si-no
Distrarre il paziente con nuovi argomenti (dialogo) o attività (camminare)
Successivamente terapia farmacologica
Intervento comportamentale
Wandering
La pericolosità del wandering è determinata dal pericolo della caduta.
Se da un lato, la riduzione del rischio intrinseco (Encef. Vascolare) di
caduta non è sempre semplice da controllare, la modifica
dell’ambiente in cui il paziente cammina è più spesso fattibile.
Il wandering può quindi essere cautelato.
Disturbo alimentare
(Iperfagia-rifiuto del cibo)
Bulimia  snack fuori pasto ipocalorici (frutta, verdura)
Anoressia  spesso legato alla depressione delle fasi iniziali della
malattia.
Controllo degli effetti collaterali dei farmaci
Controllo delle malattie somatiche (gastrite etc..)
Stimolazione emozionale
Terapia della reminiscenza
Il richiamo degli eventi e delle esperienza della vita del malato sviluppa
effetti positiva sul paziente. Rinforza la sua naturale tendenza al richiamo di
fatti e persone della sua vita passata. La terapia permette di stabilizzare il
tono dell’umore del paziente e di ridurre e controllare in parte i sintomi
comportamentali.
In modo più strutturato la reminiscenza è stata inserita nella “Milestone
therapy” che utilizza questa tecnica al fine di ridurre il disagio del paziente in
un gruppo di “colloquio”, all’interno del quale l’operatore mette in confronto
lo stile di vita precedente del paziente con quello attuale. Si è visto che la
terapia della reminiscenza migliora il benessere e le capacità di
interlocuzione del paziente con demenza (Clare Cochrane Library 1999, Spector
Cochrane Library 2004).
Stimolazione emozionale
Terapia della rimotivazione
E’ utile nei pazienti che presentano una demotivazione verso stimoli
esterni (depressi).
Viene svolto in modo piuttosto strutturato con una guida che è votata
al miglioramento della relazione interpersonale attraverso la
discussione di argomenti collegati alla realtà.
L’obiettivo non è tanto il miglioramento della cognitività ma il
reinserimento del paziente con demenza o isolato all’interno di una
relazione di dialogo.
Stimolazione emozionale
Terapia di Validazione (Feil 1967)
E’ forse l’unica metodica non farmacologica di approccio al
paziente in fase avanzata.
Lo scopo non è tanto il miglioramento del paziente da un punto di
vista cognitivo, quanto il miglioramento del “benessere” del
paziente.
In tale ottica il terapista tenta di “entrare nel mondo del paziente”
con il suo modo di comunicare, con i suoi simboli.
Non vi sono sicure linee guida riguardanti tale metodica ma vi è un
comune consenso nel ritenerla utile nel migliorare la relazione
interpersonale del paziente con demenza moderata-grave (Day J
Gerant Nursing 1997).
Stimolazione sensoriale
Si tratta di molteplici interventi che tendono ad utilizzare capacità residue del
paziente:
• PET therapy non ancora standardizzata ma utile nella stabilizzazione degli
aspetti affettivi del paziente.
• Terapia occupazionale: attività molto diversificate e che possono essere
personalizzate in base ai gusti, al vissuto del paziente. La terapia
occupazionale, anche se non standardizzata, ha dimostrato di essere efficace
nel stabilizzare e migliorare le prestazioni funzionali e cognitive se associata
ad un intervento di riabilitazione motoria (Bach 1995). In ogni caso migliora il
livello del tono dell’umore e le capacità di socializzazione.
• Aromaterapia: alcuni lavori hanno dimostrato un miglioramento nel
controllo dei sintomi comportamentali (Thorgrimsen Cochrane 2004).
Stimolazione sensoriale
Musicoterapia
Non si tratta di una tecnica semplicemente votata a rilassare il
paziente. E’ possibile ottenere diversi risultati, in quanto si stimolano
aree cerebrali diverse, con la musicoterapia che però richiede un
rapporto personale con il paziente.
Una recente Cochrane Review (Koger 1999) mostra che vi sono
difficoltà di validazione dei vari lavori scientifici riguardanti tale
tecnica ma vi sono numerosi lavori che dimostrano:
• Miglioramento dell’agitazione e delle vocalizzazioni persistenti
(Brotons J of Musictheraphy 1997).
• Riduzione del wandering (Groene Music Therapy Perspective 1993, Ftzgerald
J of Musictherapy 1993).
• Aumento delle ore di sonno (Forbes Can J Nurs Res 1998).
• Riduzione dei comportamenti aggressivi (Clark J Geront Nurs 1998).
• Riduzione delle prescrizioni farmacologiche (Albright Music Ther Res and
Practice in med 1996).
La terapia non farmacologica della demenza
Aspetti potenzialmente utili nella prassi
quotidiana
La terapia non farmacologica della demenza
La memoria nel paziente con demenza
• Accentuata difficoltà a ricordare eventi recenti
• difficoltà a immagazzinare nuove informazioni
• anche i ricordi lontani subiscono delle alterazioni
• perdita della memoria semantica
• persa la capacità di porsi nel futuro (memoria prospettica)
• si conserva più a lungo la memoria procedurale
CHE COSA FARE?
• Se il paziente è consapevole cercare di facilitarlo, orientarlo e
stimolarlo, senza rimarcare i deficit; fornire supporti esterni che
fungano da promemoria.
• Se il paziente non è consapevole dei deficit non serve metterlo di
fronte agli errori.
• Non pretendere che ricordi gli avvenimenti futuri.
66
La terapia non farmacologica della demenza
La memoria nel paziente con demenza
Memoria a breve termine
Ripetizione: apprendimento meccanico e non generalizzabile, ma
utile come generica sollecitazione. È utile l’impiego di materiale
emotivamente rilevante.
Memoria di lavoro
Produzione categoriale: il paziente deve mantenere attiva la
rappresentazione della categoria considerata (es: animali), deve
ricordare gli animali già detti e deve selezionare le parole che
rientrano nella categoria
Spelling: oltre alle lettere già dette, il paziente deve tenere
continuamente attiva la sequenza scomposta, la relazione reciproca
fra le lettere della parola e deve ricordare quale era la parola da
sillabare fino alla fine del compito
Conversazione: un utilizzo continuo e ben organizzato della
semplice conversazione è di grande aiuto. Il suo valore risiede anche
nella sua validità "ecologica"
67
La terapia non farmacologica della demenza
La memoria nel paziente con demenza
Memoria semantica
Classificazione: al soggetto viene presentato un item, si chiede a
quale categoria appartenga e si pongono altre domande che
coinvolgono la conoscenza semantica dell'item, (a che cosa serva,
chi lo usa, ecc. )
Produzione categoriale: qualsiasi banale richiesta, come quella di
descrivere oggetti, comporta la sua attivazione
Memoria esplicita
Tutti i compiti in cui viene richiesta verbalmente una risposta che
dovrà essere verbale
Un altro modo di agire sulla memoria esplicita è quello di far
descrivere al paziente delle "prassie" che lui stesso svolgeva in
modo implicito
68
La terapia non farmacologica della demenza
Memoria implicita
Applicare procedure non utilizzate da tempo permette di recuperare schemi
motori e memorie procedurali che comunque andrebbero perdute, o che sono
state parzialmente perdute per il disuso.
69
La terapia non farmacologica della demenza
Funzioni esecutive
•
Mentre i deficit cognitivi coinvolgono di solito funzioni specifiche o specifiche
aree funzionali, le alterazioni a carico delle funzioni esecutive tendono a
presentarsi in maniera globale, influenzando tutti gli aspetti del comportamento.
70
La terapia non farmacologica della demenza
Le funzioni esecutive
•
•
•
•
•
Capacità di attenzione
Capacità di problem-solving
Capacità di pianificazione
Capacità di inibizione dell’interferenza
Capacità di monitoraggio dell’attività
71
La terapia non farmacologica della demenza
Riabilitazione funzioni esecutive
Intervenire su tutte le variabili cognitive interconnesse alle funzioni
esecutive (memoria di lavoro, attenzione, pianificazione, controllo);
Identificare gli obiettivi ed ordinarli gerarchicamente;
Fornire istruzioni semplici e chiare che aiutino il paziente a raggiungere
l’obiettivo;
Adattare le strategie di pianificazione al paziente;
Tenere in considerazione le capacità premorbose e pianificare attività
che abbiano attinenza con il contesto naturale.
Utilizzare tecniche di modificazione del comportamento che incidano,
soprattutto, su aspetti quali elevata distraibilità, disinibizione e
perseverazione;
Utilizzare tecniche di rinforzo differenziale (positivo e negativo).
72
La terapia non farmacologica della demenza
LINGUAGGIO
Il linguaggio è la capacità di usare, con lo scopo di comunicare
verbalmente e/o per iscritto, un certo numero di segni (le parole)
condivisi da più persone, e di selezionarli e organizzarli in maniera
appropriata, in modo da renderli messaggi (produzione).
Anche l'operazione di identificazione dei messaggi altrui che ci
permettere di cogliere i messaggi in essi contenuti fa parte del
linguaggio (comprensione).
Funzione espressiva: comunicare stati d’animo, intenzioni, pensieri; ci
mette in relazione con il mondo.
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La terapia non farmacologica della demenza
Il linguaggio nel paziente demente
• AFASIA (incapacità alla comprensione e produzione verbale)
• difficoltà nel tradurre il proprio pensiero in parole e le parole degli
altri nei concetti corrispondenti (perso l’aspetto simbolico delle
parole); le parole si svuotano dei significati
• difficoltà a ‘trovare le parole’; uso di circonlocuzioni e parole passepar-tout
• ‘perdita del filo del discorso’
• espressioni scurrili (reazioni automatiche)
CHE COSA FARE?
• suggerire la parola mancante
• non sottolineare i difetti, ma cogliere il significato e l’intenzione
• ricordare che il paziente può avere deficit di comprensione
• rispondere alle domande ripetitive (espressione di ansia?)
• non reagire alle espressioni scurrili come se fossero offese
personali
74
La terapia non farmacologica della demenza
FUNZIONI GNOSICHE
Capacità di interpretare e riconoscere gli stimoli che giungono al
cervello attraverso i canali sensoriali (vista, udito, tatto, gusto, olfatto) e
che possono riguardare lo spazio, gli oggetti e le persone in esso
presenti oppure possono provenire dall'interno del corpo (ad es. le
sensazioni relative alla posizione assunta dal corpo, la localizzazione
del dolore). Il tutto in assenza di deficit dei canali sensoriali stessi (il
soggetto cioè non è portatore ad es. di un deficit della vista o dell'udito
tali da provocare il disturbo).
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La terapia non farmacologica della demenza
L’agnosia nel paziente demente
• mancato riconoscimento di oggetti di uso comune (oggetti e cibi) e
incapacità di un loro corretto utilizzo
• difficoltà a riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e
parti del corpo
• difficoltà a localizzare e interpretare gli stimoli dolorosi
• difficoltà a riconoscere volti noti rispetto a volti non noti
CHE COSA FARE?
• semplificare l’ambiente eliminando gli oggetti che non vengono
riconosciuti (oggetti, suoni)
• eliminare gli specchi se il paziente non riconosce il suo volto
• in caso di mancato riconoscimento di un familiare non insistere, ma
riproporre successivamente la relazione
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La terapia non farmacologica della demenza
FUNZIONI PRASSICHE
Permettono di programmare l’esecuzione di gesti precedentemente
appresi in assenza di deficit motori, di sensibilità o di coordinazione
e di deficit di comprensione e di attenzione.
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La terapia non farmacologica della demenza
L’aprassia nel paziente demente
Perdita progressiva della capacità di rappresentarsi mentalmente la
sequenza gestuale necessaria al compimento di un atto finalizzato:
• perdita della capacità di utilizzo di oggetti di uso comune
• esecuzione scorretta di una sequenza gestuale complessa
• difficoltà ad eseguire gesti semplici su imitazione
• difficoltà a copiare un disegno
• difficoltà a vestirsi
CHE COSA FARE?
• non sostituirsi al paziente, ma supervisionare con suggerimenti verbali
finché ciò produce qualche risultato (rassicurando)
• scomporre gesti complessi in gesti semplici
• disporre gli abiti in sequenza e avviare il gesto
• non chiedere l’impossibile (sequenze gestuali che richiedano
apprendimento, compiti nuovi)
78
La terapia non farmacologica della demenza
GIUDIZIO CRITICO
Capacità di identificare le situazioni e valutarne il significato che
permette di rapportarsi correttamente con l’ambiente esterno.
79
La terapia non farmacologica della demenza
Giudizio critico nel paziente demente
Perde la capacità di giudicare il contesto ambientale in cui si trova,
l’adeguatezza del proprio comportamento in funzione della situazione
contingente e la capacità di effettuare stime cognitive.
CHE COSA FARE?
• nelle fasi iniziali può essere utile correggere con tatto il malato
• quando il malato ha perso molte di questa capacità, è indispensabile
alzare il livello di tolleranza nei confronti dei suoi errori e stare attenti a
non porlo in situazioni che richiedono stime cognitive che non è più in
grado di fare
80
La terapia non farmacologica della demenza
RAGIONAMENTO
Capacità di usare il pensiero facendo riferimento a categorie non
concrete, ma ad ipotesi, a congetture, a ragionamenti complessi.
Concetti come patria, amicizia, libertà….. sono esempi di
astrazione, pensiero simbolico.
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La terapia non farmacologica della demenza
RAGIONAMENTO
Capacità di usare il pensiero facendo riferimento a categorie non
concrete, ma ad ipotesi, a congetture, a ragionamenti complessi.
Concetti come patria, amicizia, libertà….. sono esempi di
astrazione, pensiero simbolico.
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La terapia non farmacologica della demenza
SINTOMI NON COGNITIVI
SINTOMI PSICHIATRICI
Alterazioni dell'umore (depressione, euforia, labilità emotiva); Ansia
Psicosi (deliri e allucinazioni)
DISTURBI COMPORTAMENTALI
Agitazione (aggressività, vocalizzazione persistente)
Sintomi neurovegetativi (alterazioni del ritmo sonno-veglia,
dell'appetito, del comportamento sessuale)
Disturbi dell'attività psicomotoria (vagabondaggio, affaccendamento)
Alterazioni della personalità (indifferenza, apatia, disinibizione,
irritabilità)
83
La terapia non farmacologica della demenza
AGGRESSIVITA’
Come si manifesta?
Aggressività verbale (insulti, parolacce, bestemmie, maledizioni,
linguaggio scurrile)
Aggressività fisica: il malato picchia, graffia, cerca di mordere, scalcia,
sputa, oppone resistenza, respinge...
Perché e quando si manifesta?
Reazione difensiva del malato da qualcosa da cui si è sentito minacciato:
• durante le manovre assistenziali: l'igiene della persona, il bagno, il
vestirsi, lo svestirsi
• quando si interrompe un’ attività del malato per indurlo ad altra
occupazione
• in presenza di malessere fisico nel malato
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La terapia non farmacologica della demenza
Cosa fare con il paziente demente aggressivo?
comprendere la non intenzionalità dell’aggressività del malato nei nostri
confronti, ma considerarla come espressione di un disagio
non ha alcun senso ‘sgridare’ il malato per i suoi comportamenti
aggressivi, fargli la predica sui comportamenti che deve tenere.
ricorrere alla ‘distrazione’ del malato per compiere le manovre
necessarie (igiene e vestirlo)
fare leva sul deficit dell'attenzione spostando, attirando l'attenzione del
malato su uno stimolo per lui piacevole
non insistere, rinviando a un secondo momento la proposta
cambiare la persona che propone una certa attività
comunicazione non verbale (voce, gesti, postura)
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La terapia non farmacologica della demenza
AGITAZIONE PSICOMOTORIA
Come si manifesta?
• espressione di ansia, tensione, inquietudine, timore
• non riesce a stare fermo oppure continua a chiedere di qualcuno che
deve arrivare, oppure manifesta paura per qualcosa di indefinito
• può reagire in maniera ‘eccessiva’, spropositata ad una situazione
Perché e quando si manifesta?
• segnale delle difficoltà che il malato incontra nell’interazione con
l’ambiente che lo circonda o di qualche suo disagio fisico (eccessivi
stimoli, dolore, richieste eccessive).
• in momenti in cui il tono dell’umore del malato è depresso
86
La terapia non farmacologica della demenza
Cosa fare con il paziente demente agitato?
individuare la causa (ambiente o dolore?)
usare toni di voce calmi e rassicuranti, non rimproverarlo, avvicinarsi
con atteggiamento affettuoso e rassicurante lodandolo per qualcosa
attirare l’attenzione del malato su cose che lo interessano
inopportuno affrontare il malato avvicinandolo da parte di più persone
contemporaneamente (aumenta l'agitazione ed induce risposte di tipo
difensivo e quindi aggressive)
87
La terapia non farmacologica della demenza
Cosa fare con il paziente demente con deliri?
non smentire il malato, dimostrargli che si comprende il suo stato
d'animo
non deriderlo; è meglio assecondare i suoi discorsi, cercando nel
contempo di tranquillizzarlo e di riportarlo, con tatto, alla realtà
assumendo un ruolo protettivo e rassicurante
agire sulle fonti ambientali del disturbo (ad es. coprire gli specchi e/o il
televisore; ridurre i rumori di fondo)
cercare di distrarlo attirandone l’attenzione su qualcosa che
normalmente gli risulta piacevole
88
La terapia non farmacologica della demenza
ALLUCINAZIONI
Come si manifestano?
Il malato vede o sente cose che non esistono (per esempio persone,
animali, fuoco, voci, odori o sapori strani) ed è pienamente convinto
della reale esistenza di ciò che vede o sente.
Perché e quando si manifestano?
• in ogni fase della malattia
• nella fase acuta di alcune malattie (febbre e disidratazione)
• la presenza di stimoli ambientali, soprattutto visivi, erroneamente
percepiti, può essere causa scatenante del disturbo
• a seguito di bruschi cambiamenti di ambiente
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La terapia non farmacologica della demenza
Cosa fare con il paziente demente con allucinazioni?
non smentire il malato, dimostrargli che si comprende il suo stato
d'animo
non deriderlo; cercare di riportarlo alla realtà assumendo un ruolo
protettivo e rassicurante
individuare ed eliminare eventuali stimoli ambientali causa di erronea
percezione
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La terapia non farmacologica della demenza
INERZIA MOTORIA E COMPORTAMENTALE
Come si manifesta?
spesso sottovalutata perché non crea particolari difficoltà di gestione a
chi si prende cura del malato
il paziente non mostra interesse verso il mondo che lo circonda, è poco
attivo, non inizia la conversazione; è indifferente agli stimoli e non
esprime affettività (entusiasmo, simpatia, gradimento o insofferenza)
non partecipa ad alcuna attività o smette subito
appare quieto, buono, non disturba, non dà preoccupazioni
Perché e quando si manifesta?
nella fase intermedia della malattia; in alcune forme di demenza può
tuttavia costituire uno dei primi sintomi
91
La terapia non farmacologica della demenza
Cosa fare con il paziente con inerzia motoria?
stimolare il malato in ogni occasione, non rinunciando a cercare di
attirarne l'attenzione su qualcosa
le nostre sollecitazioni possono provocare come unica risposta un
moto di insofferenza: tale reazione è comunque un risultato
importante, perché costituisce di fatto una risposta all’ambiente
sfruttare gli automatismi motori (canto, il ballo, filastrocche)
non dimenticare che si tratta di un disturbo del comportamento per il
malato, anche se non provoca disturbo in chi si prende cura di lui
92
La terapia non farmacologica della demenza
COMPORTAMENTI ALIMENTARI
Come si manifestano?
Il malato chiede continuamente cibo e/o si lamenta, anche con
insistenza, che non gli si dà da mangiare, anche se ha appena terminato
di mangiare
mangiare con voracità oppure serrare la bocca e rifiutare di alimentarsi e
di bere
giocare con il cibo (es.: mescola i cibi, travasa, manipola)
il malato sputa i pezzi di cibo più solido ritenendoli corpi estranei (es.:
sputa i pezzetti di frutta contenuti nello yogurt, la pastina nel brodo...)
Perché e quando si manifestano?
caratteristici della fase intermedia e/o avanzata di malattia
ambienti in cui si ha la presenza di un numero eccessivo di stimoli
rispetto alle capacità attentive del malato possono essere fonte di un
peggioramento di tali comportamenti
93
La terapia non farmacologica della demenza
COMPORTAMENTI ALIMENTARI
IL MALATO CHE CONTINUA A CHIEDERE CIBO
utile frazionare i pasti principali in tanti spuntini
tenere a disposizione qualche alimento di facile somministrazione
(frutta, yogurt, biscotti, caramelle)
distrarlo tenendolo occupato in altre attività piacevoli
rendere inaccessibile ogni sostanza non commestibile
IL MALATO CHE NON MANGIA
ricercare alimenti e bevande particolarmente graditi
IL MALATO CHE GIOCA CON IL CIBO
ridurre le distrazioni dell'ambiente
dare un cibo alla volta; fornire una posata alla volta
farlo mangiare a tavola da solo, in modo che non riceva disturbo
In ogni caso, il malato non va mai né rimproverato né deriso ed è fuori
luogo pretendere che il malato rispetti le regole formali
94
Una visione più
individuale…
La prospettiva della relazione
assistenziale e terapeutica.
Il punto di vista del paziente
Gli artisti della memoria
Dal diario di Stella
Venerdì 9 febbraio 2001. Una gran giornata, grande nel senso negativo.
Secondo il medico, ho una ‘leggera menomazione cognitiva’. Non suona
tanto male, lì per lì, ma in parole più povere vuol dire che mi trovo nella
fase iniziale… del Morbo di Alzheimer. Basta il nome, di certe malattie,
per mettere paura e l’MdA è una di esse. È una condanna a morte.
Lunga e lenta.
Jeffrey Moore, Ed marcos y marcos 2005
• Ogni persona è unica e irripetibile e resta
tale quando si ammala.
• Non cadiamo nell’errore di pensare che le
caratteristiche che possono accumunare le
persone colpite dalla demenza (core di
sintomi) possano rendere simili i malati.
• Cercare le similitudini per comprendere un
fenomeno non autorizza ad assimilare le
persone.
I dementi sono…
I dementi fanno…
Coi dementi si deve fare così…
La cura nel paziente demente
richiede
• la conoscenza del mondo del
paziente
• la creazione di un rapporto
adeguato con quel paziente
• il riconoscimento e la gestione delle
nostre reazioni di fronte al paziente
Comunicare
Presuppone una cooperazione tra i diversi attori.
L’interazione tra emittente e ricevente è
caratterizzato da un meccanismo di feedback e si
basa su due modalità comunicative che sono tra
loro interdipendenti: l’aspetto verbale del
comunicare (le parole utilizzate nel loro significato)
e l’aspetto non verbale (il suono della voce, il
contatto corporeo, la distanza interpersonale, la
postura del corpo, la mimica del volto, il contatto
visivo).
messaggio
in uscita
Emittente
Ricevente
feedback
L’atto comunicativo è solo apparentemente
lineare: è un processo che in alcuni casi
trascende la piena comprensione umana.
Quanti fallimenti comunicativi!
“Non riesco a spiegarmi”, “Non ci capiamo”,
“Hai frainteso”
Fattori tecnici (conoscenza del linguaggio) e
fattori psicologici (percezione soggettiva ed
affettiva) incidono in maniera preponderante
sulla efficacia ed efficienza della
comunicazione.
Il sistema comunicativo umano
COMUNICAZIONE
VERBALE
Linguaggio
verbale
COMUNICAZIONE
VOCALE
Sistema paralinguistico
Sistema cinesico
Mimica facciale
Sguardo
Gestualità
Postura
Tono di voce
Volume di voce
Pause e ritmo
COMUNICAZIONE
NON VERBALE
L. Paccagnella, Sociologia della comunicazione, il Mulino, Bologna, 2004, p.48
• Abbracciare, baciare, stringere, afferrare, colpire,
etc.
• Coinvolge oltre al canale visivo anche quello tattile
• Differenza tra forma attiva (esplorazione) e forma
passiva (ricezione di segnali)
• Differenze culturali
• Differenze di status
Categorie del contatto corporeo
• Funzionale-professionale
(massofisioterapista, medico paziente)
• Sociale (saluto, congedo, congratulazioni,
indirizzare)
• Amichevole (saluto, congedo, congratulazioni,
indirizzare, espressioni di appartenenza)
Intimo/affettuoso (adulto-bambino)
•
• Sessuale
Orientazione
L’angolo con cui le persone si situano
nello spazio:
• Faccia a faccia
• Di fianco
• Con angolo variabile tra 45° e 180°
• Più in alto - più in basso
• “Suono” della voce
• Comportamento spaziale
• Postura
• Mimica
• Sguardo
Non si può non comunicare
Il comportamento non ha un suo opposto. Non
esiste qualcosa che sia un non comportamento
o, per dirla anche più semplicemente, non è
possibile non avere un comportamento. Ora se si
accetta che l’intero comportamento in una
situazione di interazione ha valore di messaggio,
vale a dire è comunicazione, ne consegue che
comunque ci si sforzi non si può non
comunicare.
P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Studio dei modelli
interattivi delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1971
messaggio
in uscita
NOI
(Emittente)
NOI
(Emittente)
messaggi
in uscita
feedback
Paziente
demente
(Ricevente)
La prospettiva della relazione
assistenziale e terapeutica.
Il punto di vista del care giver
La persona con demenza
È evidente come lo scambio comunicativo possa ulteriormente
complicarsi, ma non per questo motivo diviene meno necessario
per la cura del paziente.
Se la comunicazione, la relazione con il paziente fallisce, non è
concesso l’attribuzione della responsabilità alle “ingestibili
caratteristiche” del paziente…
Il primo passo: riconoscere e comprendere le difficoltà cognitive
della persona che abbiamo di fronte per evitare di interpretare in
modo inadeguato i feedback e attribuire intenzioni comunicative
che non sono proprie della persona.
Un atteggiamento dell’operatore volto alla comprensione dei
significati che sono celati dietro ai comportamenti e alle parole dei
pazienti dementi rendono possibile il prendersi cura attraverso
quella comunicazione-relazione che può così diventare terapeutica.
Comunicazione delle emozioni
• Riconoscimento delle emozioni sui volti è legato
prevalentemente al ruolo del network
frontoparietale.
• Una buona quota di soggetti con AD mantiene
questa capacità in fase moderata della malattia
(27%, Alzheimer Disease Associated Disorders,
2007, 21, 130-5).
• In particolare sono le emozioni positive quelle più
facilmente riconosciute dai soggetti con demenza.
La comunicazione è
terapeutica quando
diviene consapevole
strumento di lavoro
Lo spazio
• Come il paziente demente percepisce lo
spazio?
• Il disorientamento spaziale
• La familiarità dell’ambiente
• Come vengono vissute le intrusione nello
spazio personale?
Il tempo
La percezione del tempo
Il disorientamento
L’eterno presente
La perdita del passato
L’incapacità di porsi nel futuro
La famiglia
La memoria della perdita
Ruolo del caregiver
nel processo di cura
È un alleato nel processo di cura.
È colui che si fa carico del paziente.
Il caregiver
È un essere umano con
bisogni ed esigenze proprie
“L’Alzheimer è una malattia che
uccide due persone”
“Le vittime nascoste della
Malattia d’Alzheimer”
I. Murdoch
Zarit et al, 1985
“Caregiver: paziente potenziale”
Salvador et al, 1999
È fondamentale che gli interventi
per i caregiver rientrino nella
pratica
clinica
dell’assistenza
multimodale ed interdisciplinare
della demenza
Le demenze IV ed, 2005
Gli artisti della memoria
I dieci comandamenti di Noel
1. Dormi abbastanza e prenditi del tempo libero per rilassarti, per poterti
concentrare meglio sulle cose importanti (come trovare una cura per la memoria).
2. Fai tre pasti sostanziosi al giorno, in modo da procurarti adeguate energie per le
cose importanti (come trovare una cura per la memoria).
3. Consenti ad altri di aiutarti, poiché il prendersi cura di tua madre è un compito
troppo gravoso per te solo.
4. Vivi alla giornata, piuttosto che assillarti per quello che può accadere o non
accadere in futuro.
5. Struttura la tua giornata poiché un programma coerente rende più facile la vita
sia a te sia alla tua mamma.
6. Tieni presente che tua mamma non “fa” la difficile apposta: è il MdA a
distorcere il suo comportamento e i suoi sentimenti.
7. Coltiva il senso dell’umorismo poiché il riso aiuta a mettere le cose nella
giusta, e più positiva, prospettiva.
8. Concentra l’attenzione su quello che tua madre è in grado di fare, e
rallegrati, piuttosto che angosciarti per quello che è andato perduto.
9. Cerca di fare maggior assegnamento su altri rapporti umani per quanto
riguarda sia l’affetto sia il sostegno.
10. Attingi a quel Potere più alto che è a tua disposizione.
La prospettiva della relazione
assistenziale e terapeutica.
Il punto di vista di chi deve assistere:
Una visione interiore
Conoscere sé stessi
Conoscere il mondo
Sono due facce della stessa medaglia: è attraverso noi stessi
che arriviamo alla conoscenza del mondo.
È attraverso la nostra mente, il nostro sé, che possiamo
arrivare alla conoscenza del mondo.
Noi siamo il mezzo per conoscere il mondo; siamo il filtro, lo
strumento di questa conoscenza.
“Si parte per conoscere il mondo, si torna per conoscere se
stessi.”
Oriente N. Fabi
Perché dovrei
conoscere me stesso?
Quando se ne sente la
necessità?
Quando se ne sente la
necessità?
•
•
•
•
•
•
Quando la sofferenza schiaccia
Quando si perde l’equilibrio
Quando si ha paura
Quando si commettono sempre gli stessi errori
Quando il mio sé è il mio strumento di lavoro
Quando si svolgono professioni d’aiuto
Affrontereste un viaggio con un mezzo che
non conoscete?
Accompagnereste in un viaggio una persona
sofferente, con un mezzo che non conoscete?
• La costruzione del sé nasce dalla
differenziazione dall’altro.
• Rischierei di attribuire all’altro qualcosa
che mi appartiene.
Per accompagnare l’altro devo
saperlo riconoscere
e differenziarlo da me
• Tanti aspetti mi avvicinano alla persona che
incontro, tanti mi allontanano.
• La relazione e l’incontro tra due sé, tra due mondi.
• Accostarsi ad una persona significa cercare di
capire il suo mondo: come posso farlo se non
conosco il mio, se non conosco lo strumento con
cui mi avvicino all’altro.
• Per entrare in empatia devo differenziarmi dalla
persona che ho di fronte.
La malattia genera
PAURA
Per capire le paure dell’altro
devo prima riconoscere le mie.
Devo accogliere la paura della
persona malata, dei sui cari, dei
colleghi…
Paura della morte
Paura dell’impotenza
Paura del dolore
Paura della verità
Paura della relazione
Paura del toccare
Paura dell’ascolto
Paura del dialogo
Paura del silenzio
Paura dell’amore
Paura della famiglia
• Non sapevo bene cosa dirgli. Mi
sentivo molto maldestro. Non sapevo
bene come toccarlo, come
raggiungerlo. Il paese delle lacrime è
così misterioso.
• Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe
La cura e il significato
137
…Vivo in un reparto di terapia intensiva… al mio fianco il
numero otto…oltre ai tre letti corredati di tutti gli optional
caratteristici della terapia intensiva, quelli che fanno tanto
folklore in un tripudio hollywoodiano si vedono salvare vite –
ma l’inganno più grande non tanto che quelle vite vengano
salvate, quanto che esse appaiano importanti…(il pesce
rosso)
… ma non è tanto importante stabilire se siamo noi, i sani, ad
avere bisogno dei malati o i malati ad avere bisogno di noi…
l’esigenza che ogni tanto ci sorge nel cuore è capire se noi
siamo i buoni o i cattivi. E non è sempre così facile stabilirlo
(la faccia verde).
…
Dialogo fra medico (faccia verde) e paziente (pesce rosso) da: Cosa
sognano i pesci rossi (M Venturino Mondadori 2005)
138
…e poi mi dice: “insomma mi spiace lei era anche
simpatico e pagante, ma non c’è nulla da fare”. Insomma
sei fritto, fritto, FRITTO! (il pesce rosso).
…in pratica si può essere già morto eppure continuare a
morire a pezzetti. Ogni giorno un poco di più come se ci si
congedasse dalla vita a tocchi, a tranci come un merluzzo
surgelato…e noialtri, i medici ci affanniamo come sarti a
cercare di rammendare gli strappi quotidiani di una stoffa
lisa e consunta che non potrà mai più diventare un vestito.
Quello che non sono riuscito ancora a capire è se tutto
questo nostro affannato rammendare sia fatto in buona fede
oppure no (la faccia verde).
Dialogo fra medico (faccia verde) e paziente (pesce rosso) da: Cosa
sognano i pesci rossi (M Venturino Mondadori 2005)
139
“Solo coloro che si tengono lontani
dall’amore possono evitare la
tristezza del lutto.
L’importante è crescere, tramite il
lutto, e rimanere vulnerabili
all’amore”
John Brantner