UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET
ASSOCIATION INTERNATIONALE SANS BUT LUCRATIF BRUXELLES – BELGIQUE
THÈSE FINALE EN «MUSICOTHÉRAPIE»
COME LA CANZONE RACCONTA DI NOI
INTERVENTO SPERIMENTALE DI MUSICOTERAPIA IN UN CENTRO DI SALUTE
MENTALE CON ADOLESCENTI CON DISTURBI PSICHIATRICI
MORENA RODOLFI
Matricule 1878
Bruxelles, Juillet 2008
ISTITUTO MEME S.R.L. - MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET
A.I.S.B.L
BRUXELLES
MORENA RODOLFI – SST IN MUSICOTERAPIA - TERZO ANNO A.A. 2007 - 2008
Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
“COME LA CANZONE RACCONTA DI NOI”
Intervento sperimentale di musicoterapia in un centro di salute mentale
con adolescenti con disturbi psichiatrici
Scuola di Specializzazione: Musicoterapia
Relatore: Prof.ssa Elena Gallazzi
Correlatore: Dott.ssa Roberta Frison
Contesto di Project Work: Centro di Salute Mentale
Tesista specializzando: Morena Rodolfi
Anno di corso: Terzo
Modena, 1 giugno 2008
A.A. 2007 - 2008
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Indice
PARTE PRIMA
Pag.
1. Premessa …….……………………………………………………................ 6
2. Rolando Benenzon: definizioni di musicoterapia…………………………… 9
3. Principi della musicoterapia………………………………………………… 11
3.1. Principio dell’ISO……………………………………………. 12
3.2. L’oggetto intermediario……………………………………… 14
3.3. L’oggetto integratore ………………………………………... 15
4. L’intervento di musicoterapia attiva ad indirizzo psicodinamico con pazienti
psichiatrici………………………………………………………………… 16
5. Musicoterapia e terapie espressive………………………………………… 20
6. Il GOS (gruppo operativo strumentale)…………………………………..... 23
7. Il ruolo della coppia terapeutica: musicoterapeuta e coterapeuta………….. 26
8. Il transfert e il controtransfert……………………………………………… 28
9. Fattori terapeutici del gruppo………………………………………………. 29
9.1. Lo spirito del gruppo e il senso di appartenenza……………... 29
9.2. La rete di relazioni……………………………………………. 30
9.3. La risonanza………………………………………………….. 31
9.4. Il rispecchiamento……………………………………………. 34
10. Psicologia della musica e adolescenza……………………………………. 35
11. Igiene mentale dell’adolescenza………………………………………….. 40
12. Psicopatologia dell’adolescenza………………………………………….. 44
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13. L’età dei cambiamenti……………………………………………………. 46
14. I disturbi di personalità…………………………………………………… 50
14.1. Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro………… 52
14.2. Disturbi caratterizzati da un’alta emotività…………………. 53
14.3. Disturbi caratterizzati da una forte ansietà………………….. 53
15. Il ritardo mentale………………………………………………………….. 54
16. Esordio precoce della schizofrenia………………………………….......... 57
16.1. Che cos’è la schizofrenia?………………………………....... 57
16.2. La difficoltà nel diagnosticare la schizofrenia ……………... 58
16.3. Le prognosi della schizofrenia con esordio precoce………… 59
16.4. La cura della schizofrenia………………………..………….. 60
16.5. Effetti collaterali comuni dei farmaci anti-psicotici………… 61
16.6. La ricerca e i nuovi trattamenti……………………………… 62
17. Un modello di comprensione delle psicosi nel gruppo…………………… 62
18. La crisi psicotica……………….…………………………………………. 64
19. Musica e giovani………………………………………………………….. 67
20. Musica ed emozioni………………………………………………………. 70
20.1. L’importanza del fattore “ritmo”……………………………. 73
PARTE SECONDA
1. Musicoterapia attiva e ricettiva: le tecniche d’intervento utilizzate……….. 75
2. Il progetto di musicoterapia al centro di salute mentale…….……………... 76
3. Il setting musicoterapico……………………………………………............ 78
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4. Metodologia e strumenti…………………………………………………… 80
5. Le sedute di gruppo…………………………………………………............ 82
6. Il gruppo: il percorso musicoterapico……………………………………… 83
7. Obiettivi……………………………………………………………………. 92
8. Programma degli incontri ……………………………………….…............ 93
9. Le canzoni dei partecipanti e le loro verbalizzazioni………………………. 94
10. La parte strumentale: l’esperienza musicale attiva……………………… 137
11. Verifica e documentazione……………………………………….……… 147
12. Relazione finale del percorso di musicoterapia………………………….. 149
13. Riflessioni conclusive……………………………………….…………… 152
14. Contenuto del CD musicale allegato con le canzoni proposte dei
partecipanti… ………………………………………………………………... 154
15. Bibliografia ……………………………………………………………… 155
Luoghi e persone sono stati modificati per la tutela della privacy.
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PRIMA PARTE
1.
Premessa
Per questo terzo anno ho svolto il mio il project work in un centro di salute
mentale, una struttura residenziale con finalità riabilitative specializzata per la
presa in carico complessiva di pazienti in giovane età con problematiche
psichiatriche.
Il progetto di musicoterapia si può chiamare “sperimentale” in quanto è stata per
i ragazzi una novità e allo stesso tempo un’esperienza nuova anche per la
musicoterapista che ha condotto il progetto e per me nel ruolo di coterapista.
Il progetto nasce dal desiderio di alleviare lo stato di poca relazione, di solitudine
a volte di sofferenza (causato dai sintomi delle diverse patologie e
dall’assunzione di farmaci pesanti) attraverso l’utilizzo di linguaggi ed
espressioni musicali, vocali e strumentali.
Il progetto è condotto dalla musicoterapista Elena Gallazzi, il mio ruolo è stato
quello di coterapista come aiuto e sostegno alla musicoterapista tutor del
tirocinio.
L’esperienza descrive il percorso musicoterapico effettuato con pazienti
psichiatrici nel periodo più critico della vita: l’adolescenza.
La tesi si apre con un riferimento alla teoria musicoterapica di Rolando
Benenzon, uno dei pionieri di questa disciplina, con la definizione che lui
attribuisce alla musicoterapia, i principi fondamentali (principio dell’ISO,
l’oggetto intermediario e l’oggetto integratore).
Oltre al modello Benenzon si fa riferimento alla teoria psicologica di Daniel
Stern ad indirizzo psicodinamico.
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Si parla dell’importanza del GOS (gruppo operativo strumentale) sempre in
riferimento al metodo Benenzon, del ruolo della coppia terapeutica
(musicoterapista e coterapista) fondamentale in un lavoro di gruppo e un breve
accenno ai processi di transfert e controtransfert.
Di rilevante importanza è il capitolo che tratta del ruolo fondamentale del gruppo
in contesto psichiatrico, i fattori terapeutici del gruppo e il senso di
appartenenza, la rete di relazioni che si stabiliscono, il fenomeno della risonanza
e del rispecchiamento.
Vi è un inquadramento generale sull’adolescenza definita come “Età dei
cambiamenti”, come fase evolutiva della vita di ogni individuo in cui ci sono
trasformazioni importanti che provengono dall’interno (fisiche, intellettive,
emotive) e dall’esterno (rapporti con i compagni, con l’altro sesso, con la scuola,
con i famigliari e con la società).
Nell’adolescenza vi è un accumularsi di cambiamenti che rende questa età
“critica”; nelle espressioni musicali i giovani manifestano i propri problemi e
disagi e si può attribuire alla musica una parte integrante dei processi di
costruzione dell’identità adolescenziale.
Come viene esplicitato nel capitolo “Psicologia della musica e adolescenza”, “La
musica sembra rivelarsi per gli adolescenti una specie di liquido amniotico, la
pratica dell’immersione pressoché costante in questa sorta di bolla incida sul
formarsi di un’identità generazionale”.
La musica con il suo potere fascinatorio può costituire una preziosa area
intermediaria in quelle situazioni difficilmente approcciabili e consentire la
delimitazione di un’area di dialogo dove avviene un percorso evolutivo.
Si parla delle diverse patologie dei ragazzi del centro di salute mentale in cui è
stato svolto il percorso musicoterapico: i disturbi di personalità, il ritardo
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mentale considerato come un disturbo grave del senso del sé della persona,
dell’esordio della schizofrenia in giovane età, della psicosi e della crisi psicotica.
La prima parte di questa tesi si chiude con un capitolo dedicato alla musica ed
emozioni, in quanto la musica è un eccellente mediatore terapeutico che procede
mediante una regolazione dell’espressione emotiva. L’attenzione posta al
rapporto esistente tra musica ed emozioni è nata in riferimento al fatto che il
paziente psichiatrico presenta spesso una dissociazione tra emozioni e pensiero.
Si parla dell’importanza del ritmo quale elemento dinamico e potentissimo
strumento di attivazione capace un coinvolgimento da parte del gruppo, in
seguito delle terapie espressive in ambito psichiatrico in particolare delle
tecniche musicoterapiche e del mediatore sonoro-musicale.
La seconda parte si apre con il progetto di musicoterapia che è stato svolto in un
centro di salute mentale con adolescenti psichiatrici.
Sono state utilizzate le tecniche d’intervento di musicoterapia attiva con l’uso di
strumenti musicali e ricettiva basata sull’ascolto.
Si parla del setting musicoterapico, della metodologia e degli strumenti musicali
utilizzati, delle sedute di gruppo e del percorso musicoterapico svolto con i
partecipanti, degli obiettivi posti e il programma degli incontri.
Sono stati scritti tutti i testi delle canzoni che i ragazzi hanno portato nelle
sedute, le parole sono molto significative e loro sono riusciti a raccontarci una
parte della loro vita attraverso queste canzoni. Dopo ogni testo seguono le
relative verbalizzazioni avvenute dopo l’ascolto musicale.
Un’altra parte importante riguarda l’esperienza musicale attiva, con l’uso di
strumenti musicali e a seguire le relative verbalizzazioni dei partecipanti
sull’esperienza e sulle sensazioni ed emozioni provate in quel momento.
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Si sono potuti notare i risultati ottenuti anche se rimane l’inizio di un’esperienza
non conclusa ma che riprenderà a breve, seguono le verifiche, le valutazioni e le
mie riflessioni conclusive di un percorso che ha lasciato sicuramente un segno
positivo nei partecipanti e che mi è servito come una nuova e importante
esperienza da ripetere.
2. Rolando Benenzon: definizioni di musicoterapia
Benenzon afferma: “La musicoterapia può essere definita in due modi: l’uno
considera l’aspetto scientifico, ritengo la musicoterapia una disciplina scientifica
che si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano
(suono musicale o non) con l’obiettivo di ricercare elementi di diagnosi e metodi
terapeutici”.
Dal punto di vista terapeutico, invece la musicoterapia è “una disciplina
paramedica che utilizza il suono, la musica e il movimento per provocare effetti
regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo di attivare, per loro
tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale.”
Oggi per Benenzon una definizione di musicoterapia secondo la propria esperienza
potrebbe essere: “La musicoterapia è una tecnica psicoterapica, che utilizza il
suono, la musica, il movimento e gli strumenti corporei, sonori e musicali per
determinare un processo storico di vincolo, tra il terapeuta e il suo paziente o
gruppi di pazienti, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e di riabilitare
e recuperare i pazienti per la società.”
La musica si occupa dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano,
questo complesso è formato da:
-
gli elementi capaci di produrre stimoli sonori quali: la natura, il corpo
umano, gli strumenti musicali, gli apparecchi elettronici, ecc.;
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-
gli stimolali quali il silenzio, i suoni interni del corpo (battito del cuore,
articolazioni, rumori intestinali, ecc.), i suoni musicali, ritmici, melodici e
armonici, i movimenti, i rumori, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le parole;
-
le vie di propagazione delle vibrazioni con le loro leggi fisiche;
-
gli organi ricettori di questi stimoli, quali il sistema uditivo, la percezione
interna, il tatto, la vista;
-
l’impressione e la ricezione da parte del sistema nervoso e la sua relazione
col sistema endocrino, parasimpatico, ecc.;
-
la reazione psicobiologica e l’elaborazione della risposta;
-
la risposta che può essere comportamentale, motoria, sensoriale, organica, di
comunicazione attraverso il grido, le lacrime, il canto, la danza, la musica.
Il suono può essere musicale o non
“Musicoterapia”, o terapia musicale, è un termine poco felice per definire questa
disciplina, poiché questa definizione ne limita la vera dimensione. Non è solo la
musica a essere utilizzata nel processo terapeutico, ma anche il suono, nella sua più
larga accezione, e il movimento. Il movimento, la musica e il suono sono
praticamente una stessa entità: si identificano l’uno con l’altro, sino a diventare una
stessa cosa.
Il concetto di “processo” e del contesto non verbale
Per quanto riguarda la definizione “…con l’obiettivo di attivare per loro tramite il
processo di apertura e di reinserimento”, è importante chiarire il concetto di
“processo” (dal latino processus) = progresso, atto dell’avanzamento, scorrere del
tempo. È quest’ultimo concetto a caratterizzare la musicoterapia. Una sola seduta di
musicoterapia non costituisce di per sé un’azione terapeutica, né un legame
terapeutico. La musicoterapia richiede uno spazio temporale che racchiude una
serie di cicli, di incontri ripetuti, nei quali si possa individuare un inizio, una
traiettoria e una fine, in sostanza un percorso terapeutico.
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Questo processo, quindi, darà vita ad una relazione che ha a che fare con il rapporto
stabilito fra il terapeuta e il paziente.
Altro concetto importante è quello del contesto non-verbale. “Verbale” proviene
dal latino verbalis = che appartiene alla parola, che si riferisce ad essa. Si potrebbe
pensare che non-verbale significhi assenza di parole, ma non è questo il concetto.
Nel non-verbale si trovano tutti i fenomeni che costituiscono il movimento, il
suono, il rumore e la musica, ma anche le parole che saranno che saranno comprese
non per il loro simbolismo, ma per il timbro, l’intensità, il volume, il ritmo, la
densità che le caratterizzano.
È quello che chiameremo linguaggio corporeo, sonoro, musicale con tutte le sue
associazioni espressive non verbali. Questo linguaggio è talmente importante da
costituire un elemento fondamentale anche nelle psicoterapie verbali.
La stragrande maggioranza delle sensazioni controtransferali sperimentate dal
terapeuta sono prodotte dal linguaggio corporeo, sonoro e musicale nel contesto
non-verbale.
La comprensione del legame terapeutico nel contesto non-verbale da parte del
paziente e la liberazione del linguaggio corporeo, sonoro, musicale rimosso
accelerando l’obiettivo terapeutico.1
3.
Principi della musicoterapia
La musicoterapia in quanto metodologia e tecnica d’applicazione clinica si basa sui
due seguenti principi:
-
1
il principio dell’ISO
R. O. Benenzon, “Manuale di musicoterapia” pp. 13-22.
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-
l’oggetto intermediario.
Questi due principi non sono appannaggio esclusivo della musicoterapia, poiché
possono essere alla base di altre tecniche cliniche non-verbali. Tuttavia essi
assumono, in musicoterapia, caratteristiche particolari che li distinguono.
3.1 Principio dell’ISO
Altshuler, nelle sue osservazioni cliniche sull’applicazione della musicoterapia, ha
osservato che i depressi rispondono meglio alla stimolazione prodotta per mezzo di
musica triste, piuttosto che di musica allegra. I maniaci, il cui tempo mentale è più
rapido, rispondono meglio a un allegro che un andante.
Sulla base di queste osservazioni, il concetto di ISO fu elaborato poco a poco come
principio fondamentale della musicoterapia, sia sul piano teorico che pratico. ISO
vuol dire uguale e sintetizza la nozione di esistenza d’un suono o di un insieme di
suoni o di fenomeni sonori interni che ci caratterizzano e ci individualizzano. Si
tratta di un fenomeno sonoro e di movimento interno che riassume i nostri archetipi
sonori, il nostro vissuto sonoro intra-uterino e il nostro vissuto sonoro della nascita,
dell’infanzia fino alla nostra età attuale. È un suono strutturato all’interno di un
mosaico sonoro il quale a sua volta si struttura col tempo e che fondamentalmente è
in perpetuo movimento.
Spieghiamo in termini molto semplici il principio dell’ISO: per generare un canale
di comunicazione tra terapeuta e paziente, il tempo mentale del paziente deve
coincidere col tempo sonoro musicale eseguito dal terapeuta: ma ciò potrebbe
suggerire un ISO troppo intellettuale e rigido, misurato coi parametri di intensità, di
timbro, di altezza, ecc.
Di fatto l’ISO è un elemento dinamico, che, potenzialmente, ha in sé tutta la forza
di percezione presente e passata. Per questo nel contesto terapeutico, il canale di
comunicazione è veramente aperto quando si riesce a scoprire l’ISO del paziente
attraverso la coincidenza di quello del terapeuta. Possiamo distinguere un ISO
gestaltico, un ISO complementare, un ISO gruppale e ISO universale.
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L’ISO gestaltico è il mosaico dinamico che ho descritto per primo e che
caratterizza l’individuo; è l’ISO che ci consente di scoprire quello che è il canale di
comunicazione per eccellenza del soggetto, col quale cerchiamo di instaurare una
relazione terapeutica. Il sussurro della voce della madre, il fruscio delle pareti
uterine, il flusso sanguigno, le variazioni delle pulsazioni, che saranno vitali per la
vita dell’embrione, fanno parte integrante dell’ISO gestaltico. L’ISO gestaltico
riceve, durante i mesi della gestazione, stimoli provenienti da tre grandi fonti che
ne favoriranno la strutturazione.
-
Dall’esterno, attraverso il liquido amniotico: voce del padre e altre voci,
rumori dell’ambiente sociale, suoni musicali-culturali, fenomeni acustici di
vario tipo.
-
Dall’interno della madre: voce della madre, ritmo di inspirazione ed
espirazione, battito cardiaco, scricchiolio delle pareti uterine…
-
Dallo stesso corpo del feto: il flusso sanguigno con tutte le sue
caratteristiche di nutrizione, respirazione, termoregolazione, funzioni vitali,
il battito cardiaco, i fenomeni sonori del funzionamento del suo organismo.
Tutti i fenomeni che si producono durante il passaggio attraverso il canale del parto
e durante la nascita saranno anch’essi inscritti nell’ISO gestaltico.
L’ISO complementare è l’insieme di piccole modifiche che si attenuano ogni
giorno o in ogni seduta di musicoterapia sotto l’effetto di circostanze ambientali e
dinamiche. Cioè l’ISO complementare rappresenta la fluttuazione momentanea
dell’ISO gestaltico sotto l’effetto di circostanze ambientali specifiche.
L’ISO gruppale è intimamente connesso allo schema sociale all’interno del quale
l’individuo evolve. Occorre un certo lasso di tempo perché l’ISO gruppale si
instauri e si strutturi: dipenderà spesso dalla buona composizione del gruppo e della
conoscenza dell’ISO individuale di ciascun paziente da parte del musicoterapeuta.
L’ISO di gruppo è fondamentale allo scopo di raggiungere una unità di
integrazione in un gruppo terapeutico in un contesto non-verbale. L’ISO gruppale è
una dinamica che pervade il gruppo come sintesi stessa di tutte le identità sonore.
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L’ISO universale è un’identità sonora che caratterizza o identifica tutti gli esseri
umani, indipendentemente dal particolare contesto sociale, culturale, storico e
psico-fisiologico. Farebbero parte dell’ISO universale le caratteristiche particolari
del battito del cuore, dei suoni di inspirazione ed espirazione, nonché la voce della
madre al momento della nascita e nei primi giorni di vita.
L’ISO culturale si forma nel preconscio. Tutti i fenomeni sonori percepiti dalla
coscienza e che provengono dal mondo circostante, avranno una prevalenza
selettiva nel diventare parte dell’ISO culturale. Questi stimoli si incorporano
nell’ISO, in forma più strutturata, stereotipata e complessa insieme ad altri ripetuti
in circostanze simili e in tempi definiti.
Le voci dei medici e delle infermiere in sala chirurgica, i pianti degli altri bambini,
le diverse tonalità delle voci rivolte al neonato, i fenomeni sonori onomatopeici che
si ripetono da un parente all’altro, i suoni strumentali, il telefono, il campanello, il
calpestio, il sonaglio, la radio, le risate, il tossire, il nome proprio, struttureranno
velocemente l’ISO culturale.
3.2 L’oggetto intermediario
Un oggetto intermediario è uno strumento di comunicazione in grado di agire
terapeuticamente sul paziente in seno alla relazione, senza dar vita a stati di allarme
intensi. Secondo me gli strumenti musicali e il suono, o i suoni che essi emettono,
possono essere considerati oggetti intermediari. Vi è una differenza tra una
marionetta, in quanto oggetto intermediario, e gli strumenti musicali. Per quanto
riguarda
la
marionetta,
l’emissione
sonora
partirà
direttamente
dallo
psicodrammista: sarà dunque un rapporto molto stretto con la sorgente umana. Lo
strumento invece ha in sé la fonte di emissione sonora che lo caratterizza, che gli è
propria e particolare, indipendentemente dal musicoterapeuta. La marionetta,
considerata in sé e posta tra paziente e terapeuta, è un oggetto senza vita, che può
solo essere oggetto delle proiezioni del paziente. Lo strumento, suonato da uno dei
due, esprimerà immediatamente la propria identità sonora, ma anche se non lo si
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tocca esso è in vibrazione, o può facilmente entrare in vibrazione alla prima
emissione sonora. La distanza che esiste tra oggetto intermediario (strumento
musicale) e il musicoterapeuta consente di accostarsi molto intimamente all’ISO
del paziente e del musicoterapeuta.
L’oggetto intermediario è legato soprattutto all’ISO gestaltico e in misura minore
all’ISO universale e complementare. L’oggetto intermediario è uno strumento di
relazione, in grado di creare canali di comunicazione extrapsichici e/o fluidificare
quelli rigidi e stereotipati.
La scelta dell’oggetto intermediario sarà in funzione degli ISO della madre. Il
primo oggetto intermediario che appare nella comunicazione fra madre e neonato è
il corpo stesso della madre, per questo lo chiamerò “oggetto intermediario
corporale”.
Nella seconda fase, il neonato diventa un lattante, l’oggetto intermediario si
svincola dal corpo materno e comincia a entrare in relazione con l’ISO gestaltico,
universale e culturale del lattante. È in questo momento che l’oggetto intermediario
assume le caratteristiche proprie di ciascun individuo.
In una terza fase, l’oggetto intermediario perde le caratteristiche individuali e
assume le caratteristiche del fenomeno culturale connesso con la crescita e
l’integrazione dell’individuo nell’ambiente sociale.
3.3 L’oggetto integratore
Nella mia esperienza clinica in musicoterapia, ho spesso osservato come i pazienti,
leader del gruppo, tendano a scegliere strumenti che divengono facilmente
strumenti leader. Essi sono di facile uso, di grande volume, di grandi dimensioni,
ritmici e potenti. Appartengono spesso alla classe dei membranofoni, cioè degli
strumenti a percussione. Tali strumenti, utilizzati nei gruppi di musicoterapia
diventano rapidamente guida degli altri strumenti e per altro verso ci si concentra
attorno ad essi. Per queste ragioni sono chiamati oggetti integratori.
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L’oggetto integratore è dunque lo strumento musicale che in un gruppo di
musicoterapia prevale sugli altri strumenti e assorbe in sé la dinamica del legame
tra i pazienti del gruppo e il terapeuta.
L’oggetto integratore è connesso innanzitutto all’ISO gruppale e secondariamente
all’ISO culturale. 2
4.
L’intervento
di
musicoterapia
attiva
ad
indirizzo
psicodinamico con pazienti psichiatrici
L’intervento musicoterapico si fonda su processi di “sintonizzazione” e mira allo
sviluppo della “relazione intersoggettiva” (Stern, 1987). I comportamenti si
sintonizzazione secondo Stern “riplasmano l’evento e spostano l’attenzione su
ciò che sta dietro il comportamento, sulla qualità dello stato d’animo
condiviso…
L’imitazione
comunica
la
forma,
la
sintonizzazione,
i
sentimenti…”.
In musicoterapia per sentimenti intendiamo il modo di “sentire” rappresentato
attraverso l’interpretazione musicale.
La
sintonizzazione
in
musicoterapia
assume
caratteristiche
dinamiche
contrapposte alla staticità del processo imitativo. Nella teoria benenzoniana
l’impiego dell’elemento sonoro-musicale introduce il concetto fondamentale di
oggetto intermediario: lo strumento musicale e/o il materiale sonoro-musicale
acquisiscono valore terapeutico quando divengono mediatori nella relazione,
ovvero mezzi attraverso i quali paziente e musicoterapista comunicano.
L’oggetto intermediario costituisce un ponte fra interno ed esterno, un oggetto su
cui il paziente proietta il proprio mondo interno.
2
R. O. Benenzon, “Manuale di musicoterapia” pp. 46-62.
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Unitamente al concetto di oggetto intermediario, R.O. Benenzon ha introdotto
anche quello di principio ISO, inteso come identità sonora del paziente; i
contenuti
sonoro-musicali
che
emergono
nel
corso
dell’intervento
musicoterapico, condivisi dal musicoterapista, attingono a questa identità: in
realtà ciò che viene investigato, elaborato e rimandato è il vissuto musicale
interno del soggetto, unitamente alle sue connotazioni sonoro-musicali.
Il punto di contatto fra la teoria di R.O. Benenzon e quella di D.Stern è da
ricercarsi nelle analogie esistenti tra l’ISO benenzoniano e il Sé della teoria
psicologica sterniana, entrambi strutturanti lo sviluppo affettivo, cognitivo e
relazionale dell’individuo.
La tecnica utilizzata nell’ambito di questo modello musicoterapico è di tipo non
verbale e si fonda sull’improvvisazione sonoro-musicale che riprende
empaticamente, attraverso sintonizzazioni affettive, le produzioni sonore dei
pazienti e talvolta quelle mimico-gestuali, con lo scopo di costruire un dialogo
sonoro attraverso un criterio di non direttività e di non ivasività (ascolto/attesa).
Attraverso l’interazione con il paziente si ricercano relazione e comunicazione e
si favoriscono talvolta fenomeni catartici e apprendimenti. La restituzione da
parte del musicoterapista, sul piano emotivo e sonoro-musicale, si modula in
rapporto al procedere e allo svilupparsi della relazione terapeutica, divenendo
sempre più articolata e complessa.
Il setting strumentale è strutturato, calibrato sulla base dell’identità sonoromusicale dei pazienti e di una attenta rilevazione psicosonora.
Le sedute di gruppo si rivolgono a pazienti con residue abilità comunicativorelazionali ma che richiedono un’azione maggiormente contenitiva e un più
cauto approccio in considerazione della fragilità e precarietà del loro assetto
emotivo. In questo modello di lavoro le sedute prevedono quasi sempre la
presenza di un secondo musicoterapista (coterapista), di solito a cadenza
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settimanale o bisettimanale. La durata del trattamento e la frequenza delle sedute
è spesso in relazione alle caratteristiche delle strutture terapeutico-riabilitative in
cui si applica la musicoterapia. Talvolta anche la decisone di effettuare un
trattamento individuale o di gruppo è in relazione al contesto e alle modalità
terapeutiche in esso applicate.
La musicoterapia attiva è particolarmente indicata per pazienti molto coartati,
che tendono all’agito e che hanno particolari capacità di astrazione e
simbolizzazione, oltre che per pazienti la cui sintomatologia psicotica
(soprattutto deliri e allucinazioni) sia ancora particolarmente presente ma non
acuta. In questi casi il setting non verbale può contribuire a contenere l’ideazione
delirante o allucinatoria.
L’intervento musicoterapico, nel caso specifico di pazienti psichiatrici, si pone
fondamentalmente l’obiettivo di condurre la persona a uno sviluppo o a una
“ricostruzione”, in senso riparatorio, del Sé con conseguenti e positive
ripercussioni sulle capacità comunicativo-relazionali, sulla regolazione ed
espressione delle proprie emozioni e quindi sulle capacità di interazione nel
sociale. Altri comportamenti su cui sembra agire maggiormente il trattamento
musicoterapico sono quelli di grave disinvestimento affettivo della realtà e
quelli impulsivi sia di tipo auto che etero-aggressivo. Anche l’aspetto della
disorganizzazione e destrutturazione interna del paziente psichiatrico sembra
risentire
notevolmente
dell’intervento
musicoterapico,
soprattutto
in
considerazione di alcuni aspetti strutturali che caratterizzano l’elemento sonoromusicale,
per
esempio
l’aspetto
ritmico.
Nel
corso
dell’intervento
musicoterapico si assiste a una graduale strutturazione e articolazione del
discorso musicale e ciò, oltre a diventare elemento di valutazione del
“cambiamento” in senso terapeutico, diventa anche, in senso isomorfico, una
prova del “cambiamento” interno alla persona da cui scaturisce la produzione
sonoro-musicale.
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Inizialmente viene effettuata una fase di valutazione direttamente all’interno del
setting musicoterapico, dove il musicoterapista attua un’osservazione clinica in
un contesto relazionale, in cui può modulare il proprio atteggiamento di
neutralità formale con azioni/comportamenti che derivano direttamente dallo
sviluppo della relazione terapeutica.
Successivamente alle sedute di valutazione viene formulata un’ipotesi di
intervento rispetto al contesto relazionale, individuando gli obiettivi specifici a
breve e a lungo termine in corrispondenza all’idoneità del paziente (o dei
pazienti) ad alcuni dei criteri di inclusione/esclusione individuati.
Tali criteri di inclusione sono riconducibili a:
-
capacità anche minima di adeguamento al setting;
-
attitudine all’ascolto e/o alla produzione sonoro-musicale;
-
attitudine anche minima a modulare l’espressività corporeo-sonoromusicale;
-
produzione di risposte specifiche rispetto al setting musicoterapico.
Il contratto terapeutico, cioè la fase che precede l’effettiva presa in carico,
consiste in un colloquio con il paziente al di fuori del setting musicoterapico, in
cui vengono definite le modalità con cui avverrà il trattamento (luogo, tempi,
durata, contenuti dell’intervento, etc.), le finalità e le motivazioni dello stesso. É
fondamentale che il paziente accetti le “regole” imposte nel setting terapeutico e
che abbia una certa motivazione a effettuare il trattamento musicoterapico.
Attraverso il rispecchiamento, che via via si allontana sempre più dalla mera
imitazione per diventare condivisione parziale del messaggio sonoro-musicale e
contemporaneamente introduzione di novità (tema con variazioni), si può
giungere a un dialogo sonoro improntato sull’allargamento del progetto
espressivo e sulla condivisione emotiva di uno stato d’animo. Il musicoterapista
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può introdurre variazioni parametrali e/o strutturali che arricchiscono il dialogo
sonoro consentendo un processo di crescita e cambiamento nel paziente e
favorendo la condivisione qualitativa dello stato d’animo.
Il momento di verifica del lavoro svolto prevede la condivisione dei contenuti
relativi ai protocolli d’osservazione (compilati al temine di ogni seduta) e di una
valutazione periodica i cui elementi sono raccolti in una scheda musicoterapica.
La discussione dei protocolli di osservazione costituisce un’importante lente
d’ingrandimento sul paziente, che può favorire e arricchire l’attuazione del
trattamento
terapeutico-riabilitativo
generale,
rendendo
l’intervento
musicoterapico meno sterile e isolato.3
5.
Musicoterapia e terapie espressive
Le tecniche musicoterapiche (musicoterapia attiva/musicoterapia recettiva)
possono essere inserite nell’ambito delle terapie espressive, vale a dire
quell’insieme di interventi essenzialmente non verbali che utilizzano mediatori
‘artistici’ allo scopo di favorire, ampliare e modellare le modalità espressive e
comunicative.
Si tratta di interventi che non hanno solo il fine di facilitare una libera
espressione, ma anche di contenere e sviluppare le potenzialità comunicative e le
valenze simboliche del mondo interno del paziente. Tali metodi tentano quindi di
costruire una possibile rappresentazione, comunicabile al mondo, di contenuti
che spesso per la loro intensità e concretezza rimangono inesprimibili e
cristallizzati su se stessi.
3
C. Ferrara, “Musicoterapia e psichiatria” pp. 47-54 (di A. Raglio).
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L’accesso a modalità espressive richiede l’acquisizione di un codice che in
questo contesto evoca il confronto con la regola, con la realtà. Si definiscono
così due ambiti d’intervento: il primo finalizzato all’espressione e alla
maturazione del mondo interno del paziente; il secondo preoccupato di
migliorare le potenzialità adattive del paziente rispetto al reale.
Le terapie espressive articolano questi due livelli con differente intensità,
secondo le esigenze dei diversi pazienti.
I mediatori utilizzati dalla musicoterapia sono il suono e la musica. Si tratta di
strumenti che connotano in maniera precisa il contesto terapeutico e le possibili
relazioni che andranno a instaurarsi. Suono e musica, per le loro potenzialità
regressogene, per la quota di attivazione sensuale e sensoriale, seduzione estetica
e fascinazione ipnotica che sono in grado di elicitare, definiscono un’atmosfera,
un ambito dove può prevalere l’indifferenziazione e la confusione rispetto
all’individuazione e alla separazione.
L’intervento musicoterapico avrà quindi, fra le altre finalità, l’obiettivo di
proporre una modalità di fruizione musicale maggiormente creativa. Diverrà un
intervento mirato all’elaborazione e al superamento di modalità relazionali
arcaiche, evocate e rappresentate proprio dalle caratteristiche dei mediatori
artistici.
La produzione sonoro-musicale, all’interno di un gruppo musica, può consentire
l’espressione e la parziale strutturazione di contenuti interni evidenziando talora
sensibilità e attitudini inaspettate. La conduzione del gruppo musica oscillerà tra
aspetti più o meno direttivi in relazione al livello di destrutturazione dei diversi
pazienti.
In altri casi la proposta musicale può consentire l’elicitazione e l’amplificazione
di contenuti emotivo-affettivi, coartati o cristallizzati, facilitando la loro
manifestazione e l’avvio di un processo integrativo. L’ascolto o le produzioni
musicali, quando congruenti con l’identità sonora del soggetto, risuonano
interiormente amplificando tematiche latenti o misconosciute, che emergono e si
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impongono alla soggettività con la forza delle emozioni. La dimensione
musicale può contenere e strutturare tali tematiche.
In contesti clinici caratterizzati dalla permanenza di adeguate strutture egoiche, il
dialogo sonoro e l’improvvisazione musicale possono consentire un lavoro di
riflessione e di analisi relativo alle personali modalità comunicative e relazionali.
Il livello d’intensità, la presenza o meno di aspetti melodici, le caratteristiche
timbriche, la velocità di esecuzione, i ritmi osservabili , i tempi d’interazione
evidenziano la qualità della relazione e i rispettivi tratti personologici. A partire
da tali aspetti può essere avviata una riflessione finalizzata all’acquisizione di
una maggiore consapevolezza personale.
In ambito musicoterapico l’ascolto musicale è connotato essenzialmente da
valenze comunicative e relazionali e il musicale diventa una sorta di oggetto
intermediario, mediatore di una potenziale relazione psicoterapica. La fruizione
di brani all’interno di questa cornice, che privilegia una successiva elaborazione
verbale delle impressioni sollecitate, implica un preciso limite ad ogni
manifestazione motoria. Questo aspetto metodologico può facilitare un’attività
rappresentativa legata al corpo fisiologico e al corpo lipidico e può evocare
ricordi infantili (ad esempio giochi ritmici e di movimento della propria
infanzia).
Le emozioni indotte dall’ascolto musicale, assumono le caratteristiche più
evidenti e immediate di reminescenze, ritualizzazioni di emozioni passate,
evocazioni di stati d’animo insorti al momento. Quale che sia la forma in cui si
manifestano, tutte queste emozioni si richiamano ad emozioni più arcaiche da
cui dipendono e, a prescindere dalla proiezione temporale in cui si situano, si
riferiscono alla nostalgia. Da questo punto di osservazione è possibile introdurre
il concetto del valore simbolico della musica stessa. Il simbolo si richiama ad
una identità affettiva che sta a monte, che precede il contingente, a cui offre il
valore e il significato. E il significato può essere rappresentato da una situazione
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fusionale che sia in grado di riprodurre una sensazione di protezione e
rassicurazione.
L’efficacia del trattamento musicoterapico si può identificare in due componenti
fondamentali: attivare una risposta emotiva, in una sorta di ritualizzazione e
rianimazione emozionale, e aprire nuovi canali di comunicazione.4
6.
Il GOS (gruppo operativo strumentale)
Gli strumenti di cui la musicoterapia si avvale nelle diverse aree della propria
pratica clinica non sono riducibili agli strumenti sonori e musicali usati in seduta
e sinteticamente denominati GOS (Gruppo Operativo Strumentale) dal metodo
Benenzon, ma comprendono tutte le risorse convocate e utilizzate nell’ambito
delle sue specifiche modalità d’intervento. Essi vanno intesi nel senso di insieme
degli elementi che contribuiscono a definire il setting di musicoterapia come
spazio di una relazione terapeutica instaurata e sviluppata attraverso il canale
corporeo-sonoro-musicale. In questa prospettiva, luogo e tempi del trattamento,
corpo voce e consegne del musicoterapisti, strumenti sonoro-musicali utilizzati,
codici corporeo-sonoro-musicali condivisi nel corso del processo terapeutico si
integrano nel ruolo fondamentale di mediatori della relazione terapeutica, che
caratterizza in senso forte ciascuno di questi elementi a prescindere dalle proprie
peculiarità.
La mediazione operata da questi diversi strumenti viene giocata su due piani che
costituiscono i due piani su cui procede qualsiasi pratica terapeutica:
4
C. Ferrara, “Musicoterapia e psichiatria” pp. 37-43 (di G. Manarolo).
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-
un piano di espressione, all’interno del quale essi lasciano emergere le
peculiarità relazionali di ciascun paziente;
-
un piano d’intervento, all’interno del quale essi veicolano la relazione
terapeutica verso precisi obiettivi, stabiliti sulla base degli elementi
precedentemente emersi.
Ogni strumento è in grado di operare tanto come lente di lettura delle modalità
relazionali di ciascun paziente quanto come strumento terapeutico di intervento
su queste stesse modalità. L’uso del GOS da parte del paziente riveste un ruolo
nodale, sottolineato dal professor Benenzon all’interno di un’ampia ricognizione
sugli strumenti che tiene conto della celebre distinzione di C.Sachs (idrofoni,
aerofoni, membranofoni, cordofoni) e propone tre classificazioni degli strumenti
utilizzati in musicoterapia elaborate sulla base di una lunga esperienza clinica e
didattica. I criteri su cui queste classificazioni si fondono sono differenti:
-
origine, costruzione e modalità di produzione del suono (strumenti
corporali, naturali, quotidiani, creati, musicali ed elettronici);
-
simbolizzazione di tipo analitico- proiettivo (strumenti fetali, materni,
paterni ed ermafroditi);
-
uso comportamentale. 5
La nostra attenzione è concentrata su quest’ultimo aspetto.
Secondo Benenzon l’utilizzo degli strumenti in ambito musicoterapico assume
una precisa valenza relazionale, in quanto rivela attitudini e strategie
comunicative messe in atto dal paziente per rispondere ad esigenze diverse più o
meno presenti in seduta: sperimentare e sperimentarsi, scaricare la tensione
5
R. O Benenzon, “La nuova musicoterapia” pp. 21-45.
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accumulata, difendersi dall’ansia o dalla frustrazione, interagire con l’altro. Di
qui la loro classificazione in oggetti:
-
sperimentali o di sperimentazione;
-
catartici o di catarsi;
-
difensivi o di difesa;
-
incorporati o di incorporazione;
-
intermediari o di intermediazione;
-
integratori o di integrazione.
Spetta al musicoterapisti inserirsi nelle modalità d’uso proprio del paziente
sintonizzandosi con esse per poi prenderne le distanze e orientarle verso un
cambiamento.
La patologia psichiatrica, nella sua molteplicità di forme, altera profondamente il
rapporto con la realtà, minando alla base le capacità relazionali e comunicative
di chi ne è colpito. L’appiattimento dell’affettività, la ripetizione compulsava di
comportamenti stereotipati o la presenza massiccia di forme di pensiero delirante
– presenti in diversi disturbi psichiatrici – sono destinati a incidere pesantemente
sulla qualità della vita, molto spesso recidendo qualsiasi possibilità di contatto
con se stessi e con gli altri. L’applicazione della musicoterapia in ambito
psichiatrico si inserisce quindi in un contesto relazione ed espressivo gravemente
compromesso e va collocata all’interno di un progetto terapeutico di rete, l’unico
in grado di avere un’incidenza significativa sulla vita del paziente.
Il contributo che la musicoterapia può dare in questo ambito è duplice. Da una
parte essa consente, alla stregua di altri tipi d’intervento, l’apertura di una
dimensione terapeutica mirata al recupero da parte del paziente di spazi di
autonomia, continuità di relazione ed esperienza, socializzazione. Dall’altra essa
interviene in maniera specifica sulla patologia psichiatrica, lavorando sul
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sintomo a partire dalla sua espressione, secondo la dinamica già messa in luce su
un piano più generale.6
7.
Il ruolo della coppia terapeutica: musicoterapeuta e
coterapeuta
È consigliato il lavoro in coppia terapeutica ogni volta che si debba affrontare un
gruppo di pazienti o pazienti individuali con problemi molto gravi, come le
persone affette da psicosi, o da autismo, o i malati terminali e quelli in coma.
In definitiva, il lavoro in coppia terapeutica:
-
evita il verificarsi dell’acting-out (termine inglese che significa “mettere
fuori”, “portare sul piano dell’azione”. Si usa in psicoanalisi per
descrivere una condotta impulsiva, quando si riattivano nella persona
conflitti infantili, ripetendo esperienze passate nella realtà presente o a
interpretare erroneamente la realtà attuale come se fosse una ripetizione
del passato. Il musicoterapeuta deve stare attento a non commettere un
acting-out nella seduta perché il transfert nell’ambito non verbale è quasi
la ripetizione esatta dei conflitti infantili);
-
permette un incontro di riflessione fra i due dopo le sedute;
-
consente lo scambio d’informazione per compilare i protocolli;
-
costituisce una cornice di contenimento forte e più sicura per il paziente;
La coppia rappresenta uno schermo proiettivo per i diversi aspetti del transfert
del paziente, soprattutto se è composta da individui di sesso diverso.
6
C. Ferrara, “Musicoterapia e psichiatria” pp. 61-63.
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Il musicoterapeuta è colui che sa gestire l’ascolto e l’espressione dei codici della
comunicazione non-verbale. E’ colui che ha sperimentato e sviluppato al
massimo le proprie possibilità nella comunicazione analogica.
Il musicoterapeuta sviluppa, autorizza e delimita uno spazio che permetterà al
paziente di scaricare le sue energie di comunicazione e ricreare un sistema di
relazione.
Il musicoterapeuta ascolta, osserva e percepisce lo svilupparsi del transfert del
paziente. A partire da qui darà forma a un sistema espressivo di risposta secondo
il controtransfert che gli provoca il paziente. Per mettere in funzione questo
sistema espressivo utilizzerà in tutto il suo insieme il complesso corporeosonoro-musicale.
Se il musicoterapeuta è un buon osservatore, se sa realizzare anamnesi profonde
e dettagliate della storia sonora del paziente, se sa riconoscere la propria storia
sonora e redige protocolli accurati e definitivi, il cammino gli sarà più facile.
Il musicoterapeuta è colui che conduce la seduta, che da le consegne e che si
relaziona direttamente con il paziente.
Il coterapeuta può essere un altro musicoterapeuta o un altro terapeuta della
salute con capacità clinica terapeutica. Il suo ruolo è quello di appoggiare
ciascuna delle scelte del musicoterapeuta e favorirne il compito:
-
può dare inizio all’esecuzione di una consegna data dal musicoterapeuta,
offrendo così al paziente un esempio da imitare;
-
può aiutare ad aprire o rafforzare un canale di comunicazione in pazienti
che mostrano una certa difficoltà a farlo;
-
può
contenere
l’acting-out
di
un
paziente
per
consentire
al
musicoterapeuta di mantenere il normale controllo della situazione. Se un
paziente fugge dal settino è il coterapeuta che lo accompagna;
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-
può facilitare l’impiego di uno strumento a un paziente che abbia
difficoltà ad usarlo.7
8. Il transfert e il controtransfert
Il transfert è uno stato definito da Freud come il processo in cui il paziente, nella
situazione terapeutica, ripropone una versione contemporanea di ricordi persi
dell’infanzia o di fantasie regressive inconsce. Il terapeuta diventa l’oggetto del
transfert e può essere identificato dal paziente con gli stessi tratti e reazioni come
una persona significativa del proprio passato. Per questa ragione il terapeuta si
presenta spesso in modo neutrale per fare in modo che la propria personalità resti
nascosta o poco presente.
Il controtransfert è stato definito da Freud come il processo mediante il quale i
conflitti inconsci e i desideri del terapeuta sono attivati dal contatto sperimentato
con il paziente e sono, poi, trasferiti al paziente stesso. Egli considera il
controtransfert come un elemento di disturbo e negativo per la terapia. Nella
psicoanalisi più recente il controtransfert è definito su di una base più ampia che
comprende la sua accezione di strumento positivo mediante il quale il terapeuta
può avere delle intuizioni profonde sulla personalità e i conflitti inconsci del
paziente.8
7
R. O. Benenzon, “Manuale di musicoterapia” pp. 100-103.
8
R. O. Benenzon, “La nuova musicoterapia” pp. 95-99.
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9.
Fattori terapeutici del gruppo
9.1. Lo spirito di gruppo e il senso di appartenenza
Il concetto di spirito di gruppo è estremamente importante e rimanda ad una
terapeuticità del gruppo, che non va ritenuta legata all’attività specifica svolta
dal gruppo, ma piuttosto ad alcune caratteristiche, presenti in esso in quanto tale:
la coesione, la continuità, la stabilità e il clima emotivo.
é importante considerare i gruppi riabilitativi, come uno strumento fondamentale
per una rigenerazione emotiva del paziente e per il raggiungimento di una
funzione coesiva sul senso di sé. L’elemento in grado di determinare un effettivo
cambiamento delle condizioni di salute del paziente sia proprio lo stabilirsi di
un legame affettivo con il gruppo. Con ciò intendiamo riferirci alla potenzialità
trasformativi, che assume il gruppo, quale presenza emotiva, che si installa
progressivamente nella vita dei pazienti. I gruppi riabilitativi sono importanti
soprattutto per una qualità di recupero della coesione emotivo-affettiva interna
del paziente. Tramite la frequenza quotidiana di un gruppo, si stabilisce e
successivamente si mantiene il ricordo, non solamente delle attività che si
condividono con gli altri o delle competenze specifiche che si acquisiscono, ma,
soprattutto, delle sensazioni ed emozioni, che si provano di volta in volta: la
gioia, la tristezza, il calore, la vicinanza, la simpatia, il rispetto, la serietà.
Entrare a far parte di un gruppo determina l’insorgenza spontanea di un
sentimento di appartenenza al gruppo, in colui che ne diventa membro. Il
sentimento di appartenenza, la sensazione di essere parte di qualcosa o di
appartenere a qualcuno, costituisce un sentimento fondamentale dell’essere
umano, un suo bisogno di base. L’entrare a far parte di un gruppo, che permette
lo svilupparsi di un senso di appartenenza, comporta un effetto estremamente
rassicurante sulla mente umana, in virtù di un immediato rinforzo di quelle
caratteristiche di coesione, continuità e vitalità, che costituiscono le coordinate di
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base dello stato di benessere di un individuo. Se quanto detto finora venga
riferito al paziente psicotico assume un rilievo ancora maggiore. Il sentimento di
appartenenza ad un gruppo permette al paziente psicotico di sperimentare un
senso di solidità, di stabilità, a causa dell’effetto benefico proprio di quelle
caratteristiche di coesione e continuità del gruppo, che nel paziente appaiono
estremamente carenti o danneggiate.
L’atmosfera che regna in un gruppo, il suo spirito di corpo, è espressione in gran
parte del grado di unità e di coesione interna del gruppo. Quanto più il gruppo
esprimerà coesione, unità, vitalità, tanto più sarà efficace e rinsaldante il suo
effetto sui singoli membri e, a sua volta, questa sua caratteristica influirà sul
benessere psichico dei pazienti.
La coesione interna di un gruppo viene in genere sostenuta e continuamente
alimentata da regole, che devono garantire in parte un certo grado di
organizzazione interna del lavoro del gruppo, e che, allo stesso tempo, devono
tendere al rispetto della libera espressione emotiva e comportamentale dei
singoli membri.
9.2.
La rete di relazioni
Il gruppo dovrebbe venire recepito affettivamente, dalla persona che vi entra,
come una realtà indivisa, collettiva, come un mondo cui essa appartiene.
L’effetto principale del gruppo sembra essere quello di rimodellare, di
ridisegnare alcune coordinate di base della persona: il senso del tempo, dello
spazio, la vitalità,la progettualità per il futuro. Il disturbo psicotico è un disturbo
che colpisce profondamente il senso di sé della persona, più che i contenuti della
mente; nella psicosi viene ad essere alterato quello che viene definito fondo
psichico, dove per fondo psichico s’intende quel substrato psichico della
persona, che fornisce la sensazione di essere interi, coesi, vitali, di possedere una
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certa continuità nel tempo, oltre che una progettualità per il futuro. Tutte queste
sensazioni sono vissute ad un livello inconsapevole, al di fuori della coscienza e
costituiscono una premessa della vita psichica, più che la vita psichica in se
stessa. In questo contesto, il gruppo si propone come uno strumento che
attraverso l’offerta di un mondo di appartenenza, aiuta a ricostruire questo fondo
psichico, questo senso di umore vitale, coeso e continuo nel tempo, che nella
psicosi è danneggiato in modo molto grave e drammatico.
Il gruppo terapeutico può essere considerato, sotto la duplice prospettiva, da un
lato di un gruppo come globalità e dall’altro come insieme d’individui, che
interagiscono tra di loro.
All’interno del gruppo, è sempre possibile, pur nella globalità collettiva,
distinguere i singoli individui che lo compongono, per le loro caratteristiche di
personalità, fantasmatiche e affettive, che rimangono relativamente costanti e
ben individuabili. Secondo questa prospettiva, è quindi possibile considerare gli
scambi e le interazioni, che si verificano in gruppo tra i singoli individui, come
un insieme di relazioni, che vanno a costituire una rete interpersonale molto
complessa e articolata, caratteristica di quel particolare gruppo.
Le relazioni che si stabiliscono tra i singoli individui del gruppo influenzano
aspetti legati all’autostima, all’affettività, al bisogno di riconoscimento da parte
degli altri.
9.3.
La risonanza
La risonanza è un fenomeno molto comune, che ognuno sperimenta
quotidianamente nelle interazioni con gli altri, nei rapporti che stabilisce con i
propri simili, sia nelle relazioni individuali che in quelle di gruppo. Il termine, in
linea generale, fa riferimento ad una esperienza di compartecipazione emotiva,
nella quale vengono condivise emozioni simili. I sentimenti e le sensazioni
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provate da una persona in alcune circostanze possono rievocare in un’altra,
attraverso il racconto o la comunicazione, ricordi personali di esperienze simili
vissute in altri momenti. Si determina un’occasione di più o meno profonda
partecipazione emotiva. L’essere umano ha un bisogno fondamentale di ricevere,
dalle persone con cui viene in contatto, segnali di risposta emotiva. Sia che si
tratti di ricevere una conferma, un’approvazione oppure una disconferma rispetto
ai propri vissuti, è importante per l’uomo sapere di suscitare interesse nell’altro,
di stimolare i ricordi e associazioni personali, di risvegliare la curiosità. Del
resto, è esperienza comune per tutti noi la soddisfazione e l’appagamento, che
proviamo quando constatiamo, che una nostra comunicazione suscita vivo
interesse in chi ascolta e stimola la produzione di nuove idee e considerazioni.
Possiamo distinguere nell’ambito della risonanza diversi livelli: un livello psicobiologico, un livello affettivo e un livello fantasmatico.
9 Livello psico-biologico: è un livello molto primordiale, che riguarda la
sfera propriamente istintuale-biologica della persona. In questo caso la
risonanza si esprime attraverso una serie di risposte immediate, che si
comunicano quasi inconsapevolmente attraverso lo sguardo, la mimica, i
gesti e che segnalano la presenza di un’emozione complementare,
corrispondente a quella cui si assiste in un determinato momento. Così, di
fronte al pianto di una persona, noi possiamo per esempio, vivere
un’emozione corrispondente, che segnaleremo attraverso una particolare
espressione del nostro viso, attraverso specifiche parole pronunciate in un
determinato modo. Questo livello di risonanza trova riscontro in recenti
studi, volti ad indagare le primissime fasi della relazione madre-bambino,
all’interno di un corpus teorico più ampio, rappresentato dagli studi degli
psicologi dello sviluppo. In queste fasi si registra un’intensa
comunicazione di emozioni tra madre e bambino, attraverso canali
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comunicativi molto istintivi e diretti, che cortocircuitano modalità di
espressione più elaborate.
La partecipazione emotiva segue canali sensoriali e comunicativi molto
diretti, che sono molto importanti soprattutto per i pazienti affetti da una
patologia grave, in quanto essi sembrano particolarmente sensibili a
questo tipo di informazioni.
9 Livello affettivo: legato alla possibilità di rendere più partecipabili i
propri vissuti interni, attraverso la loro condivisione con altre persone,
come i membri di un gruppo. Ad esempio, i sentimenti di rabbia, ostilità,
di colpa, che proviamo in alcune situazioni, possono diventare più
accettabili, se ci rendiamo conto, che anche altre persone provano
sentimenti simili in circostanze analoghe. La socializzazione di un
vissuto,
normalmente
segregato
nella
nostra
mente,
modifica
notevolmente la qualità del vissuto stesso, rendendolo meno dirompente e
più tollerabile. Questo tipo di risonanza, legata ad un’esperienza di
autentica condivisione di sentimenti, è un evento che si verifica piuttosto
frequentemente nei gruppi e, in genere, contribuisce ad alleviare
potentemente la sofferenza dei singoli individui.
9 Livello fantasmatico: è il terzo livello di risonanza, più complesso dei
precedenti, che ha suscitato vivo interesse nei terapeuti di gruppo, fin
dall’inizio, e che attiene ad una sfera più fantasmatico dell’individuo. Per
comprendere tale livello di risonanza, bisogna tenere presente i
presupposti teorici, che hanno ispirato quella corrente della psicoanalisi,
che fa riferimento alla teoria delle relazioni oggettuali. Il modello teorico
delle relazioni oggettuali – che è stato molto diffuso in Inghilterra
soprattutto negli anni ’40 e ’50 – si basa sull’idea fondamentale , che la
crescita psicologica di un individuo avvenga attraverso una serie di
identificazioni successive con persone significative, incontrate nel corso
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della propria esistenza. Di fatto, le persone significative della nostra vita
ci influenzano in quanto, attraverso il meccanismo dell’identificazione,
tendiamo in qualche modo ad assumerne le caratteristiche e a riproporle
nelle nostre relazioni e nel nostro stile di vita. L’entrata di una persona in
un gruppo può coincidere con una progressiva esteriorizzazione del
proprio mondo interno, attuata attraverso la raffigurazione, nei singoli
membri del gruppo, delle proprie figure e dei propri personaggi interni,
con il correlato di sentimenti e fantasie che li accompagnano.
Il gruppo sembra fornire una risposta terapeutica su un duplice fronte: da una
parte permette e facilita l’esteriorizzazione del mondo interno e della
molteplicità delle relazioni, che costituiscono la vita interiore di ciascun
membro; dall’altro, attraverso reciproci scambi e interazioni dirette tra i membri,
consente la conferma o la disconferma dei vissuti interni e ne facilita una più
consapevole presa di coscienza.
9.4.
Il rispecchiamento
Un secondo fenomeno, che acquista valore e rilevanza nell’interazione di
gruppo, è un particolare meccanismo di amplificazione, noto come
rispecchiamento. Come lo stesso termine vuole indicare, il gruppo può fornire la
possibilità, oltre che di mettere in scena le proprie rappresentazioni interne,
anche di ricevere un riscontro diretto, circa l’effetto, che il proprio
comportamento suscita negli altri. Così, un piccolo gesto o atto espresso da una
persona può essere portato all’attenzione di tutto il gruppo dal terapeuta e
diventare patrimonio comune del gruppo.
Attraverso il meccanismo del rispecchiamento, è quindi possibile dare risalto
alle modalità relazionali di ogni persona, ovvero esplicitare le particolari
modalità più o meno disturbate, che ogni singolo membro del gruppo ha di
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entrare in relazione con gli altri. Sebbene sia innegabile l’utilità e l’elevato
potere terapeutico di un simile meccanismo, tuttavia conviene sottolinearne
un’importante limitazione: quella di essere un meccanismo poco tollerabile,
all’interno di un gruppo di pazienti gravi. Il più delle volte, infatti, l’espressione
diretta di una critica o di un commento suscita reazioni molto intense di rancore
e permalosità, che ne vanificano in particolare l’efficacia terapeutica.
Il meccanismo del rispecchiamento può, d’altro canto, essere molto utile,
qualora riesca a rimandare ai pazienti una loro immagine più positiva e matura,
soprattutto quando essi, invece, nutrono la convinzione di presentare al gruppo
un’immagine sgradevole, danneggiata e svilita di se stessi.
In questo senso, il rispecchiamento è un fenomeno tipico delle interazioni e delle
dinamiche di gruppo, che ha il merito di offrire all’individuo la possibilità di
conoscere l’effetto che il proprio comportamento suscita negli altri,
indipendentemente dal fatto, che da questo egli ne possa trarre un’immagine
positiva o negativa di se stesso. In entrambi i casi il valore terapeutico
dell’esperienza sembra risiedere primariamente nella funzione di riconoscimento
dell’individuo in quanto tale e del suo modo di relazionarsi, al di là della
possibile critica o della valorizzazione del proprio modo di essere.9
10.
Psicologia della musica e adolescenza
Molti ricercatori hanno come idea di fondo che la musica non solo rappresenti
una determinata area culturale, ma sia anche parte integrante dei processi di
costruzione dell’identità adolescenziale. I generi rock, heavy metal e punk, più
capaci di altri di determinare specifici comportamenti dell’adolescente, hanno
9
A. Correale, V. Nicoletti “Il gruppo in psichiatria”, pp. 35-42.
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suscitato particolare interesse. Lemming (1987) ritiene che la musica – ed il rock
in particolare – possa indebolire i tradizionali modelli di socializzazione e
favorirne di nuovi.
Come sostiene Lull (1985), nelle espressioni musicali i giovani manifestano i
propri problemi e disagi e si fa sostenitore della necessità d’attribuire alla musica
una funzione di rafforzamento dell’identità dei singoli.
L’articolo di Baron (1989), dedicato al punk, sottolinea la stretta relazione tra
cultura musicale e stile di vita, un vero e proprio modo di vivere. É ancora il
genere musicale, e in particolare quello identificabile con la “musica dura” a
considerare che gli adolescenti che amano tale musica hanno un rapporto
significativo con il proprio modo di vestirsi.
La ricerca sembra confermare l’indubbia possibilità d’inserire la musica fra gli
oggetti di consumo che l’adolescente utilizza per esplorare nuove forme del
proprio Sé, confrontandosi con l’altro (Frontoni,1992).
É quindi probabile che la musica non rappresenti per l’adolescente “un oggetto
di
consumo
inanimato,
una
merce
che
progressivamente
eroderebbe
l’importanza degli altri ambiti relazionali, periferizzando l’amore, l’amicizia, gli
ideali” (Pietropolli Charmet, 1992) ma qualcosa di molto più coinvolgente dal
punto di vista emotivo e relazionale. Sembra che, proprio attraverso la musica, si
aprano nuove possibilità di accomunamento e condivisione, sia in un’ottica
psicosociali, sia in un’ottica psicodinamica.
Rispetto all’elemento affettivo caratterizzante la fruizione musicale tra
adolescenti, il riferimento alla tradizione psicoanalitica evidenzia da un lato il
ruolo centrale ricoperto dall’io, dall’altro lo stretto legame tra musica ed
elementi pulsionali spesso di natura inconscia. Kris (1952) ritiene che tutti i
processi creativi si fondino sulla possibilità, da parte dell’Io dell’artista, di
attuare meccanismi regressivi e sublimativi. L’ipotesi che l’esperienza musicale
possa, senza la necessaria presenza di un movimento regressivo, portare alla
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conoscenza e alla chiarificazione di elementi confusi all’interno dell’individuo è
estremamente stimolante in riferimento a un’età, come quella adolescenziale,
nella quale la confusione è spesso elemento caratterizzante.
In riferimento al contributo fondamentale che la musica offrirebbe nella
costruzione dell’identità del Sé dell’individuo, alcuni psicoanalisti hanno
evidenziato le potenzialità comunicative del canale sonoro e hanno posto
particolare attenzione al ruolo strutturante che avrebbe il fenomeno musicale. Si
tratta di ritenere che lo “spazio sonoro” si costituisca anche come “primo spazio
psichico”. La precocità dello sviluppo sensoriale del bambino, confermata da
ricerche di tipo neurofisiologico, è alla base dello strutturarsi di un primo
abbozzo d’identità; i suoni, provenienti dal mondo esterno e dalla madre in
particolare, consentirebbero la costruzione di una “pelle-uditivo-fonica”,
indispensabile “per l’acquisizione, da parte dell’apparato psichico, delle capacità
di significare e poi simbolizzare”.
L’obiettivo è quello di esplorare da un punto di vista “adolescenziale” il rapporto
forme musicali/mente umana. In tale ottica richiamiamo alcuni presupposti del
funzionamento psichico dell’adolescente, che risultano si rilevante interesse per
capire qualcosa di più sui rapporti che egli stabilisce poi con l’universo
sonoro/musicale: iperintellettualizzazione, instabilità emotivo-affettiva, necessità
del gruppo come dimensione di interazione privilegiata. La tendenza all’
iperintellettualizzazione è propiziata dal comportamento della maturazione dei
processi cognitivi, che consente tra i dodici e i quattordici anni il pieno accesso
al pensiero astratto. Così, mentre la fase pre-adolescenziale (11-13 anni) si
distingue in genere per un’ostinata tendenza all’introversione, legata al fatto che
la verbalizzazione dei primi turbamenti trasformativi è ostacolata da un pensiero
ancora concreto-induttivo, l’esordio adolescenziale è in genere contrassegnato da
una specie di esplosione di processi di astrazione e idealizzazione, con
conseguente iperproduttività simbolica.
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L’instabilità emotivo, affettiva è legata ad un difficoltoso passaggio dalla
semplice espressione delle emozioni, prevalentemente corporea e non
elaborativa, quale è nei bambini, ad una regolazione delle medesime che
consente la loro integrazione nei processi mentali consci. La “tempesta affettiva”
adolescenziale, favorita dalla maturazione ormonale, determina la ricomparsa, in
forma sessualmente già adulta, benché psicologicamente ancora acerba, della
prorompente affettività pulsionale.
Poiché l’integrazione della vita affettiva con quella intellettiva risulta
problematica, è possibile che come temporanea via di fuga l’adolescente scelga
più o meno consciamente di negare la gran parte delle emozioni, rifugiandosi in
una rigida chiusura affettiva di tipo ascetico, o al contrario , che se ne lasci
travolgere, accentuando così gli aspetti “tumultuosi” della sua crescita. (De Vito
e Muscetta,1997).
La necessità della dimensione gruppale per l’adolescente deriva dall’ancora
incompleta acquisizione di un’identità personale stabile e solida, per cui il
gruppo assume la funzione di “sponda” e di ambito di confronto e
rispecchiamento, da un lato rassicurativo e dall’altro competitivo, di cui la
necessità ulteriore di rituali omologativi quali quelli di vestire tutti in un certo
modo e, alle volte, anche di compiere certe “bravate” con relativa componente di
rischio auto ed eterolesivo.
Qual è il senso della musica? Il senso della musica non sta tutto nella musica in
sé, ne tutto nelle proiezioni soggettive, ma nell’incontro fra forme musicali e vita
mentale. La musica sembra rivelarsi per gli adolescenti una specie di liquido
amniotico, la pratica dell’immersione pressoché costante in questa sorta di bolla
incida sul formarsi di un’identità generazionale. La musica non dice ma evoca,
come la musica è una forma espressiva naturalmente ambigua, così anche
l’adolescenza è un’età ambigua, che ammette in sé la coesistenza di trame
esistenziali diverse, di percezioni spazio-temporali variabili, a volte dilatate fino
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alla disperazione del Sé. Quindi, quello fra età adolescenziale e musica è quasi
un’incontro inevitabile, anche se può avere modi e destini molto variabili.
L’incontro con il musicale in adolescenza può declinarsi secondo diverse
coordinate ma è senz’altro un’incontro che può essere capace di accompagnare
profondi mutamenti, consente di intravedere una nuova dimensione (dove la
nostalgia per il passato e l’attesa per il futuro si mescolano), dimensione che
sollecita un desiderio di appartenenza e l’aspirazione ad una mutazione se non ad
una evoluzione. Questo rapporto è talora caratterizzato da intense idealizzazioni
spesso centrate su aspetti esteriori e superficiali, tale modalità di fruizione può
essere considerata la prima tappa di un percorso che dovrà raggiungere l’interno,
il cuore , il senso profondo della dimensione musicale.
L’adolescente nel suo andare avanti tende a diventare cinico, è indifferente alle
conseguenze del proprio agire, il successo è il suo ultimo traguardo (Donald
Meltzer, 1981).
Modelli di fruizione:
Una fruizione consumistica può corrispondere ad una identificazione narcisistica
con il potere ed il successo rappresentato dall’oggetto musicale, mentre una
fruizione creativa può corrispondere ad una introiezione delle qualità
dell’oggetto musicale prima fra tutte la sua bellezza rispetto alla quale nutrire
“ammirazione ed ispirazione”. Da tale esperienza può nascere “il desiderio e la
capacità di mettere ordine nella massa di sensazioni che i suoni sollecitano
acquisendo come tappa finale di un ipotetico percorso una capacità esecutiva e
creativa” (Laura Frontoni, 1992).
Pur oscillando tra una polarità attiva ed una passiva la musica viene ascoltata e
fruita con diverse modalità.
Alcune modalità d’ascolto sembrano ricercare nel rapporto col musicale un
canale per dare sfogo alle proprie energie fisiche e psichiche, quindi per
evacuare e talora bonificare la propria aggressività. Altri ricercano la possibilità
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di sperimentare un’esperienza derealizzante dove la consueta e quotidiana
dimensione spazio/temporale viene ampliata e trasfigurata ed il rapporto con la
realtà di cui l’oggetto musica è parte, diviene ricco di caratteristiche fusionali e
onnipotenti. In contesti diversi la ricerca di intense sensazioni, in questi casi non
viene tollerato il minimo spazio di elaborazione mentale e si è alla ricerca di una
musica che avvolga, che solleciti sensorialmente il proprio corpo stimolandolo e
coprendo vuoti, bisogni e tensioni. La musica può allora consentire ”… di
liberare dall’angoscia e dalla depressione e di raggiungere uno stato quasi
maniacale dove avviene il recupero della sensazione della propria onnipotenza e
della propria totale autosufficienza e indipendenza dal mondo esterno” (Laura
Frontoni, 1992).
La musica può costituire una preziosa area intermediaria in quelle situazioni
difficilmente approcciabili. In virtù del suo potere deduttivo e fascinatorio può
consentire la delimitazione di un’area di dialogo dove avviene un percorso
evolutivo.10
11. Igiene mentale dell’adolescenza
Secondo le prime definizioni, l’adolescenza va dall’inizio dei cambiamenti
puberali fino al completamento della crescita corporea. Il termine, attualmente,
viene di solito posto nel raggiungimento di un ruolo lavorativo adulto.
Nei paesi occidentali moderni l’adolescenza è diventata via via più lunga.
Finisce, per motivi sociali, più tardi, e comincia prima sul piano biologico: l’età
media del menarca (prima mestruazione) era 16,5 anni nel 1860, è 12,5
attualmente. L’adolescenza è un periodo di cambiamenti e conflitti: Blos la
descrive come un processo di “seconda individuazione ”. A. Freud la concepisce
10
Musica et terapia n°9 (Quaderni italiani di musicoterapia) pp. 13-27.
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come “un disturbo evolutivo ” in se stessa e colloca le reazioni adolescenziali “in
un punto intermedio sulla linea che corre fra la salute mentale e la malattia
mentale ”. Erikson ne rappresenta la precarietà sospesa e, insieme, lo slancio,
ricorrendo all’immagine del trapezista che ha già lasciato il primo trapezio ma
non ha ancora afferrato il secondo. La stessa etimologia della parola può essere
evocativa: deriva dal latino “ adolescere ” che vuol dire “crescere”. La conquista
graduale dell’autonomia e il superamento dei bisogni infantili di dipendenza
sono fra i compiti complessi di questo periodo.
Un importante fattore di rischio psicopatologico per l’adolescente risiede nel
fatto che richieste esterne sempre più impegnative (rendimento scolastico,
competizione, scelta di orientamento professionale) cadono in un momento in
cui molte energie sono impegnate su linee interne per fronteggiare la pressione
delle pulsioni sessuali, la riorganizzazione dell’immagine di sé.
Nel corso dell’adolescenza sono profondamente sovrapposti e intrecciati i
problemi legati allo sviluppo lipidico (maturazione psicosessuale, rapporto con
l’altro ) e quelli di tipo narcisistico (la stima di sé, la vulnerabilità di un corpo in
rapida trasformazione).
Dopo questi brevi accenni alla psicologia generale dell’adolescenza, si pongono
tre domande:
a) Sono inevitabili le turbe dell’adolescenza?
b) Quali disturbi francamente patologici possono insorgere in questa età?
c) Quali sono le misure di prevenzione ipotizzabili?
a) L’adolescenza è un periodo di rottura radicale degli equilibri raggiunti
nell’infanzia, quindi è un momento in cui turbe emotive e comportamentali sono
inevitabili. Il mantenimento di un equilibrio stabile durante la fase
adolescenziale può essere invece, paradossalmente, motivo di allarme. Si tratta
di quei giovani che a 15-16 anni continuano ad essere perfettamente integrati con
la famiglia, senza segni di ribellione o di inquietudine. E’ opportuno cercare,
dietro a questa posizione, i segni di una riluttanza a crescere. Non è improbabile
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che, per continuare o riprendere uno sviluppo normale, adolescenti di questo tipo
abbiano bisogno di aiuto più di altri che appaiono più disturbati.
b) Se è vero che molte manifestazioni della crisi adolescenziale devono essere
intese come disturbi evolutivi possibili di guarigione spontanea, è anche vero che
negli ultimi anni dell’adolescenza possono insorgere vari disordini mentali,
francamente patologici, che richiedono invece trattamenti specifici tempestivi.
Merita
una
riflessione,
a
questo
proposito,
la
diagnosi
“disturbo
dell’adattamento” spesso applicata in questa fascia d’età. Tale categoria
diagnostica indica disturbi lievi e transitori ed è utilizzata per gli adolescenti
partendo dall’assunto teorico della normale turbolenza adolescenziale.
Di seguito si riportano i disturbi psichiatrici più importanti che tendono ad
esordire, rispettivamente, nella prima adolescenza (11-15 anni), nella media
adolescenza (15-17 anni) e nella tarda adolescenza (17-20 anni).
Prima adolescenza: umore depresso e disturbi affettivi maggiori; isteria
epidemica; disturbi dell’identità sessuale.
Media adolescenza: abuso di sostanze; parasuicidio; suicidio.
Tarda adolescenza: psicosi; schizofrenia e disturbo affettivo bipolare; anoressia
nervosa e bulimia nervosa; suicidio, omicidio e altre forme di morte violenta.
In generale, gli adolescenti presentano rapide fluttuazioni dell’umore più degli
adulti. Ciò che distingue questi fenomeni da depressioni più gravi è la durata.
Disturbi affettivi maggiori possono presentarsi anche in epoca prepuberale, ma
la loro frequenza aumenta decisamente dopo la pubertà.
L’umore depresso della prima adolescenza, anche in assenza di caratteristiche
patologiche più gravi, merita comunque attenzione: esso appare correlato al
rischio di abuso di sostanze, di parasuicidio e di suicidio negli anni successivi.
L’isteria epidermica, presenza degli stessi sintomi di tipo isterico in interi gruppi
di adolescenti, è una patologia caratteristica che riflette il peso dell’influenza dei
“pari” in questa età, dei coetanei.
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I disturbi dell’identità sessuale esordiscono di solito in epoca prepuberale, talora
dopo la pubertà. Riguardano quei casi in cui vengono manifestati in misura
molto accentuata comportamenti, interessi e identificazioni propri dell’altro
sesso. Gli studi epidemiologici indicano una pericolosità molto maggiore di
questi disturbi per i maschi rispetto alle ragazze: sequele patologiche nella vita
adulta (omosessualità, travestitismo, transessualismo) sono molto più frequenti
per i maschi.
Parasuicidi e suicidi fra gli adolescenti sono segnalati in aumento da vari studi
internazionali. Anche la frequenza delle morti violente (per suicidio, omicidio e
incidenti) continua ad aumentare per il gruppo di età 15-24 anni. Da tempo viene
sospettato un aumento dell’incidenza dell’anoressia nervosa nei paesi occidentali
industrializzati.
Le concezioni contemporanee di immagine corporea ideale e svariati altri fattori
socioculturali sono stati chiamati in causa per spiegare il fenomeno.
La bulimia nervosa pura, cioè non associata ad anoressia, è una sindrome
individuata da pochi anni come disturbo a sé stante.
Gli studi epidemiologici sono ancora relativamente insufficienti per misurare
l’andamento nel tempo dell’incidenza di questa patologia, peraltro elevata e con
un’età media di insorgenza più tarda rispetto all’anoressia.
c)La prevenzione dei disturbi mentali dell’adolescenza passa prima di tutto per
la prevenzione delle recidive di ogni gesto di rottura o crisi (fuga, furto, tentativo
di suicidio). Gli altri elementi di cui tener conto in una prospettiva di
prevenzione sono l’ambiente, la famiglia, la scuola.11
11
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12.
Psicopatologia dell’Adolescenza
La psicopatologia è la disciplina che cerca di individuare i principi delle malattie
mentali, cioè i sintomi e segni fondamentali che individuano il nucleo
fondamentale (o sintomi di base) di una malattia o disturbo mentale: la
psicopatologia sta alla psichiatria come la patologia generale sta alla clinica
medica.
La psichiatria moderna, oltre ai metodi di rilevamento classificativo sindromico su
base statistica dei sintomi e segni delle malattie psichiatriche, ha posto le basi,
grazie alle attuali conoscenze neuroscientifiche sulle funzioni cerebrali, per la
comprensione delle principali malattie psichiatriche in termini biologici.
Le principali malattie di cui si occupa la psichiatria sono fondamentalmente due: la
schizofrenia e i disturbi affettivi (ansia e depressione).
La schizofrenia, la vecchia “dementia praecox”, con le sue varianti sia cliniche che
sub-cliniche, è una malattia cerebrale fondamentalmente a carico della corteccia
frontale (e prefrontale oltre a aree sottocorticali), la cui insorgenza clinica è
tipicamente collocata proprio nel periodo adolescenziale.
La schizofrenia colpisce una persona su cento nel mondo. La diagnosi precoce di
tale grave malattia mentale in fase adolescenziale iniziale è fondamentale per
arrestare (o almeno influenzare grandemente ed efficacemente) il devastante
progresso verso la “amenza”. La prognosi attuale di questa malattia cerebrale, di
cui sono ampiamente dimostrate la lesionalità a carico di varie aree cerebrali e la
evolitività naturale progressiva è cambiata molto dall’introduzione dei nuovi
farmaci antipsicotici atipici (precursore la Clozapina). Inoltre l’adolescenza è
importante in psicopatologia perché rappresenta il caratteristico periodo anche per
l’insorgenza dei disturbi affettivi (ansia e depressione).
Tali disturbi affliggono una persona su dieci nel mondo. La struttura cerebrale
interessata è il sistema limbico, in prevalenza le strutture sottocorticali. Le moderne
conoscenze neurobiologiche hanno chiarito che il disturbo consiste in una malattia
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geneticamente predeterminata a carico dei neuroni e delle cellule ciliali per carenza
di fattori neurotrofici. Tale malattia produce un rimaneggiamento funzionale del
cervello e modificazione stabile della affettività (sistema di modulazione dell’ansia
e del tono dell’umore), che si fissa al polo della ansia-depressione patologica e
perde la normale fisiologica reattività agli stimoli, sia interni che esterni.
In tali malattie cerebrali esiste sempre una commistione in gradi variabili tra le due
dimensioni sintomatologiche dell’ansia e della depressione. Ecco perché tali
farmaci possiedono intrinseci e necessari effetti ansiolitici.
Le moderne terapie antidepressive, se correttamente usate dallo specialista,
permettono la guarigione spesso stabile e definitiva, dopo una adeguata
farmacoterapia a termine, nell’ 80% dei casi correttamente trattati.
E’ oggi ampiamente dimostrato come, oltre ai classici quadri sindromici dell’ansia
e della depressione, molti quadri siano sub-sindromici e di difficile diagnosi e siano
alla base di moltissimi quadri clinici che vanno dai disturbi del sonno, alla cefaleaemicrania, ai disturbi tutti della condotta alimentare, alle tossicodipendenzaalcolismo, dalle condotte antisociali ai “ritardi scolastici” e molti altri ancora.
Ed è quindi da ritenersi fondamentale l’aiuto che lo psichiatra e lo psicologo
possono dare al pediatra che, ogni giorno “in prima linea” nella sua pratica
giornaliera, incontra casi clinici di adolescenti in difficoltà in cui può sospettare la
presenza di un quadro psicopatologico, visto l’allarmante epidemiologia dei
disturbi psichiatrici da una parte e il rischio di misdiagnosi dall’altra come generica
“crisi adolescenziale”.12
12
www.adolescenza.org
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13.
L’età dei cambiamenti
In ogni età ci sono dei cambiamenti da affrontare, delle trasformazioni di vario
tipo, però nell’adolescenza ve ne sono in numero superiore rispetto ad altri
periodi della vita. In questa fase evolutiva ci sono cambiamenti che provengono
dall’interno (fisici, intellettivi, emotivi) e dall’esterno (rapporti con i compagni,
con l’altro sesso, con la scuola, con i famigliari, con la società).
Nel loro insieme tutti questi cambiamenti richiedono atteggiamenti nuovi, un
nuovo linguaggio, altre strategie e comportamenti rispetto a quelli che si era
soliti usare negli anni precedenti.
Il cambiamento in sé comporta sempre un certo quantitativo di stress, anche
quando è positivo, soprattutto se si somma ad altri. Nell’adolescenza vi è un
accumularsi di cambiamenti che rende questa età “critica”. Ora, se alcuni
giovani arrivano equipaggiati per affrontare le trasformazioni dell’adolescenza o
trovano un sostegno, una guida, delle motivazioni, delle gratificazioni, altri
invece sono più esposti, più vulnerabili, generalmente per un concorso di fattori
legati alla loro storia e al loro ambiente di vita.
Si può affermare che in questo periodo esistono quattro “compiti” fondamentali
dello sviluppo:
1) Accettare i cambiamenti fisiologici e la maturazione sessuale che
comportano un processo d’integrazione del nuovo corpo e delle nuove
pulsioni al proprio Io. É un processo intrapsichico che modifica i vecchi
equilibri.
Dopo la pubertà non ci si può più rappresentare il corpo come prima: esso si
trasforma sotto tanti punti di vista (cresce in modo disarmonico, a sbalzi) e ci
può essere una fase di marasma in cui lo si sente quasi scisso dal corpo, in certi
momenti non lo vive come integrato ma separato, come altro da sé. Un ragazzo
in questa fase (che in genere coincide con la prima adolescenza) può
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preoccuparsi eccessivamente della sua trasformazione fisica, sentirsi goffo,
inadeguato o brutto.
Le trasformazioni fisiche e ormonali possono produrre angoscia: non soltanto
perché il corpo cresce in modo disarmonico e cambia aspetto, ma anche perché il
ragazzo non sa come rispondere ai propri impulsi e desideri e deve imparare a
relazionarsi agli altri per soddisfarli. é come se all’improvviso avesse tanto
danaro e non sapesse come spenderlo. Tutto questo è normale se transitorio.
Diventa patologico se non porta a un cambiamento che comporti un adattamento,
un’accettazione di Sé.
Un caso di evoluzione patologica è l’anoressia, dove il corpo sessuato adulto
spaventa: dove, non riuscendo a controllare il cambiamento (sociale, famigliare,
psicologico) si cerca di tener sotto controllo il peso.
Un altro caso è la bulimia dove il giovane – depresso in quanto non riesce ad
integrarsi, adattarsi, realizzarsi, trarre soddisfazioni dalla propria condizione – si
consola mangiando, ricorrendo cioè ad una delle prime forme di piacere, quella
orale, già presente alla nascita.
Naturalmente anche l’assunzione della droga è spesso un indice di difficoltà,
sebbene i motivi possono essere diversi di volta in volta. Ci si può infatti drogare
per curiosità, per ampliare i confini dell’Io, ma ci si può drogare (con “estasi”,
ad esempio) per sentirsi a proprio agio, vincere la timidezza, per sentirsi sciolto e
padrone del proprio corpo in discoteca. Si può fare uso di droga per farsi
accettare dal gruppo di coetanei, per provare quel piacere e quelle sensazioni che
non si provano in altri modi, per sentirsi bene in una società che dimentica i
giovani e non dà loro un futuro, oppure per astrarsi dai problemi di una famiglia
conflittuale, per una delusione sentimentale e, a volte, per vari di questi motivi
insieme.
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2) Darsi un’identità nuova rispetto a quella infantile. C’è uno stato
d’incertezza - che è normale – e che lo psicologo Erik Erikson ha definito
identità diffusa. Un giovane ha bisogno di un certo tempo per
abbandonare la vecchia identità infantile e darsene una caratterizzata da
una maggiore autonomia. Questo “lavoro” psichico risulta più facile se è
stato preparato negli anni precedenti, se ciò accanto ad esperienze di
autonomia: se da un lato i cosiddetti bisogni narcisistici sono stati
soddisfatti e dall’altro il bambino ha imparato ad essere autosufficiente in
tante situazioni diverse. Ecco perché l’iperprotezione è più negativa che
positiva.
Un ragazzo deve poter fare delle “prove” indossando identità diverse. A volte
quello che manca è un confronto, un dialogo, ossia qualcuno con cui poter fare
esercizio di contrapposizione, qualcuno sufficientemente forte da poter reggere
gli attacchi di un giovane, le sue obiezioni, le sue critiche. Un eccesso di
consenso e l’indifferenza hanno entrambi dei risvolti negativi in quanto non
danno modo ai ragazzi di vedere chiaro in sé stessi e di capire come la pensano
gli altri.
In questa fase possono essere di aiuto gli amici (anche se non sempre svolgono
un ruolo positivo). Nella prima adolescenza sentirsi accettati dagli amici o dai
coetanei aiuta il processo di individuazione e di distacco dall’Io infantile. Un
amico o un’amica del proprio sesso, con cui ci si identifica, fa da specchio,
assiste in particolari circostanze e serve a traghettarsi verso altri legami.
3) Rendersi autonomi dai genitori non soltanto sul piano concreto ma anche
su quello dei sentimenti, è un altro compito dell’adolescente.
Questa indipendenza è necessaria per poter avventurarsi all’esterno, entrare a far
parte del mondo extra-famigliare e avere anche una vita amorosa e sessuale. Sul
piano dei sentimenti si disinvestono parzialmente i famigliari e si investe il
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partner e/o un progetto di vita. Non è tanto, o non soltanto, una questione di
indipendenza concreta o economica quanto emotiva.
Il processo può essere lungo, a volte tormentato. Ci sono ambivalenze e
oscillazioni (sembra che il ragazzo sia già autonomo ma non lo è ancora).
4) Darsi una scala di valori e degli obiettivi. Si va alla ricerca dei motivi,
delle finalità e delle logiche di base dell’esistenza. A volte c’è una crisi
religiosa. Alcuni si interessano ai temi della politica. Si diventa più critici
nei confronti della scuola. Si valutano le prospettive per il futuro.
Alcuni ragazzi riescono a vivere delle avventure positive. Per altri invece le
avventure sono distruttive: l’unico rischio possibile, la sola avventura che alcuni
riescono ad immaginare, perché hanno a portata di mano, può essere la droga.
É importante che la società offra delle opportunità di inserimento ai giovani;
infatti, al di là dei problemi di crescita fisica e psichica, la condizione dei giovani
dipende anche da ciò che la società riesce ad offrire loro e da ciò che chiede ad
essi in termini di lavoro e di responsabilità sociale.
Assistiamo in questi anni alla comparsa di una nuova età, la post-adolescenza,
che si estende grosso modo dai ventitrè anni ai ventotto-trenta e oltre. Se in
passato un giovane doveva compiere delle scelte di vita e realizzare una sintesi
personale verso i diciotto-vent’anni, in quanto c’erano delle attese in questo
senso da parte della famiglia e della società , oggi non si chiede più ad un
giovane di arrivare ad avere un’identità definitiva a vent’anni. Questa situazione
è in gran parte legata al fatto che oggi vi è una minore urgenza di inserirsi nel
mondo del lavoro, il corso degli studi è più lungo e grazie al controllo della
fertilità sono diminuiti i matrimoni precoci. I giovani però avvertono spesso il
limite di questa condizione sospesa tra l’età infantile e quella adulta che dura nel
tempo e, negli anni, possono abituarsi, sia pure contro i loro desideri, ad una
sorta di emarginazione che renderà ancora più difficile il loro inserimento nella
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società. é necessario quindi individuare delle forme d’inserimento e di
partecipazione dei giovani alla vita della comunità favorendo, fin dagli anni della
scuola media
superiore, attività di gruppo, forme di volontariato e di
partecipazione alla vita della città o del quartiere ed in seguito lavori part-time,
stagionali o a termine. 13
14.
I disturbi di personalità
In psichiatria il disturbo di personalità riguarda gli individui i cui tratti di
personalità sono disadattivi in modo pervasivo, inflessibile e permanente, e
causano una condizione di disagio clinicamente significativa.
In genere i sintomi dei disturbi di personalità sono egosintonici e alloplastici.
Si ha una frequente comparsa dei disturbi di personalità durante l' adolescenza,
ma tali disturbi presentano delle differenze, talvolta significative, rispetto agli
adulti.
La definizione di disturbo di personalità compare per la prima volta nel DSMIV, sebbene i disturbi di personalità siano stati descritti in un asse specifico (II
asse) nel DSM III. Un disturbo di personalità è definito come un modello
abituale di esperienza o comportamento che si discosta notevolmente dalla
cultura a cui l'individuo appartiene e si manifesta in almeno due delle seguenti
aree: esperienza cognitiva, affettiva, funzionamento interpersonale e controllo
degli impulsi (comportamentale). Ormai è sorpassato definire il disturbo di
personalità un "disturbo". Esso come la personalità detta "normale" si forma dai
primi anni di vita fino all'età adulta, è quindi appunto di una tipologia o un
modello di personalità che bisogna parlare. es. tipo di personalità istrionica, o
modello di personalità istrionica, (questo perché non si tratta di una personalità
13
A. Oliverio Ferrarsi, A. Oliverio “Psicologia, i motivi del comportamento umano” pp. 159-161.
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"normale" che ad un certo punto viene e diventa disturbata, ma una personalità
che per diversi fattori, ambientali, biologici, traumatici ecc. si forma con schemi
e modelli disadattivi).
Il pattern deve presentarsi in un' ampia gamma di situazioni sociali e comportare
una condizione di disagio personale, sociale, lavorativo clinicamente
significativa.
Insorge nella prima metà della vita adulta ma può essere visibile già
nell'infanzia, è stabile nel tempo, presenta un carattere inflessibile e pervasivo
nelle diverse aree della vita e comporta conseguenze in termini di sofferenza
soggettiva e di limitazioni a relazioni e lavoro. 14
I disturbi di personalità non sono caratterizzati da specifici sintomi o sindromi,
come ad esempio il disturbo ossessivo-compulsivo, la depressione o gli attacchi
di panico, ma dalla presenza esasperata e rigida di alcune caratteristiche di
personalità.
La personalità (o carattere) è stata definita in molti modi, ma si può dire che sia
l'insieme delle caratteristiche, o tratti stabili, che rappresentano il modo con il
quale ciascuno di noi risponde, interagisce, percepisce e pensa a ciò che gli
accade.
Si può anche dire che la personalità sia il modo stabile che ciascuno di noi si è
costruito, con le proprie esperienze ed a partire dal proprio temperamento innato,
di rapportarsi con gli altri e con il mondo.
I tratti che la compongono rappresentano le caratteristiche del proprio stile di
rapporto con gli altri: così esiste per esempio il tratto della dipendenza dagli altri,
o della sospettosità, o della seduzione, oppure quello dell'amor proprio.
Normalmente questi tratti devono essere abbastanza flessibili a seconda delle
14
www.wikipedia.org
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circostanze: così in alcuni momenti sarà utile essere più dipendenti o passivi del
solito, mentre in altri sarà più funzionale essere seducenti.
I disturbi della personalità sono caratterizzati dalla rigidità e dalla presentazione
inflessibile di tali tratti, anche nelle situazioni meno opportune. Ad esempio,
alcune
persone
tendono
sempre
a
presentarsi
in
modo
seducente
indipendentemente dalla situazione nella quale si trovano, rendendo così difficile
gestire la situazione; altre persone, invece, tendono ad essere sempre talmente
dipendenti dagli altri che non riescono a prendere autonomamente proprie
decisioni.
Solitamente tali tratti diventano così consueti e stabili che le persone stesse non
si rendono conto di mettere in atto comportamenti rigidi e inadeguati, da cui
derivano le reazioni negative degli altri nei loro confronti, ma si sentono sempre
le vittime della situazione e alimentano il proprio disturbo.
Così, ad esempio, una persona che presenta un disturbo paranoide di personalità,
non capisce che, con il suo comportamento sospettoso, non dà fiducia agli altri, e
si "tira addosso" fregature e reazioni aggressive, confermandosi l'idea che non ci
si può fidare di nessuno.
I disturbi di personalità sono stati classificati, secondo la più diffusa
classificazione psicopatologica, in tre categorie:
14.1. Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro
Disturbo paranoide di personalità: chi ne soffre tende ad interpretare il
comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così sempre in
modo sospettoso.
Disturbo schizoide di personalità: chi ne soffre non è interessato al
contatto con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato
dagli altri.
Disturbo schizotipico di personalità: solitamente è presentato da persone
eccentriche nel comportamento, che hanno scarso contatto con la realtà e
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tendono a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad alcune intuizioni
magiche.
14.2. Disturbi caratterizzati da un’alta emotività:
Disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una
marcata impulsività ed una forte instabilità sia nelle relazioni
interpersonali sia nell'idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni
estreme in molti campi della propria vita.
Disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare
l'attenzione degli altri, ad essere sempre seduttivo e a manifestare in modo
marcato e teatrale le proprie emozioni.
Disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il
migliore di tutti, a ricercare l'ammirazione degli altri e a pensare che tutto
gli sia dovuto, data l’importanza che si attribuisce.
Disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non
rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non
prova senso di colpa per i crimini commessi.
14.3. Disturbi caratterizzati da una forte ansietà:
Disturbo evitante di personalità: chi ne soffre tende a evitare in modo
assoluto le situazioni sociali per la paura dei giudizi negativi degli altri,
presentando quindi una marcata timidezza.
Disturbo dipendente di personalità: chi ne soffre presenta un marcato
bisogno di essere accudito e seguito da parte degli altri, delegando quindi
tutte le proprie decisioni.
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Disturbo ossessivo compulsivo di personalità: chi ne soffre presenta una
marcata tendenza al perfezionismo ed alla precisione, una forte
preoccupazione per l'ordine e per il controllo di ciò che accade. 15
15.
Il ritardo mentale
Il ritardo mentale è un deficit dello sviluppo delle funzioni intellettive. Una
carenza in questo senso deve verificarsi, perché la patologia sia diagnostica,
prima del diciottesimo anno di età. Nel caso che essa si riscontri in tempi
successivi, ovvero dopo che lo sviluppo mentale è completato, ci si trova davanti
alla patologia della demenza.
La quarta edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ha
sostituito con il termine ritardo mentale i precedenti lemmi in uso per indicare
questa malattia, e che erano quelli di oligofrenia, frenastenia, ipofrenia,
insufficienza mentale e imbecillità.
In chi è affetto da ritardo mentale il funzionamento intellettivo è in maniera
significativa inferiore alla media.
Perché sia diagnosticato occorre vi siano associate rilevanti difficoltà che
vengono convenzionalmente individuate in almeno due delle seguenti aree:
-
comunicazione
-
cura della persona
-
vita in famiglia
-
attività sociali
-
capacità di usare le risorse della comunità
-
autodeterminazione
15
www.psicologiapsicoterapia.com
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-
scuola
-
lavoro
-
tempo libero
-
salute
-
sicurezza
Questi i diversi gradi di ritardo mentale:
-
lieve (85% dei casi), QI da 50-55 a 70
-
moderato (10%), QI da 35-40 a 50-55
-
grave (3-4%), QI da 20-25 a 35-40
-
gravissimo (1-2%), QI inferiore 20-25.
•
Ritardo mentale lieve
Il ritardo è difficilmente evidenziabile nei primi anni di vita.
Il periodo iniziale in cui si nota il problema è quello dell'inserimento nella
frequenza
scolastica,
quando
possono
sopraggiungere
difficoltà
nell'apprendimento.
Fino all'età di circa vent'anni i soggetti affetti dalla patologia necessitano di un
sostegno nell'adattamento scolastico e sociale. Possono conseguire un'autonomia
sociale e lavorativa ugualmente necessiteranno di aiuto.
•
Ritardo mentale moderato
Il ritardo mentale medio o moderato ha eziologia organica e gli individui affetti
da tale patologia rimangono ad un'età mentale di 6/8 anni. Presentano discrete
capacità comunicative e con supervisione possono provvedere alla cura della
propria persona e allo svolgimento di lavori semplici. Hanno relativa autonomia
nei luoghi familiari e possono discretamente adattarsi alla vita nel contesto
sociale, imparando magari a spostarsi senza aiuto impiegando mezzi pubblici
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(ma solo se precedentemente abituati). Per quanto riguarda l'apprendimento
scolastico, comprensione e uso del linguaggio sono lenti e il vocabolario appreso
è piuttosto limitato. A scuola, inoltre, viene evidenziato lo sviluppo disarmonico
delle discipline (possono per esempio acquisire maggiori competenze in campo
matematico che in quello linguistico).
•
Ritardo mentale grave
Il ritardo mentale grave ha origine organica e l'età mentale dell'individuo si
ferma ai 4/6 anni. I livelli del linguaggio sono minimi o assenti, presenta
l'olofrase tipica del periodo sensomotorio. Se opportunamente supportato,
l'individuo può acquisire una competenza basilare della cura di sé e le capacità di
svolgere attività lavorative molto semplici in ambienti protetti e in presenza di
personale specializzato. Il beneficio scolastico è limitato dall'insegnamento di
materie prescolastiche. Può acquisire capacità per riconoscere parole semplici
per i bisogni primari. Sentendosi incapace di far fronte agli eventi, soffre di
forme di frustrazione.
•
Ritardo mentale gravissimo
Il soggetto non è in grado di svolgere le principali funzioni della vita quotidiana.
La vita di relazione è per lo più ridotta. Linguaggio per lo più assente o
fortemente compromesso con non più di 10/20 parole comprensibili con
difficoltà. Necessità di sostegno è pervasiva, occupa tutta la durata della vita e
deve essere continua.
Le cause solitamente sono distinguibili in:
-
cause prenatali: anomalie genetiche, malformazioni cerebrali, disordini
metabolici;
-
cause perinatali: insufficienza placentare, prematurità, complicanze in
itinere nella gravidanza o nel parto;
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-
16.
cause postnatali: traumi, infezioni o disordini neurodegenerativi. 16
Esordio precoce della schizofrenia
16.1. Che cos’è la schizofrenia?
La Schizofrenia è la principale delle malattie psichiatriche. I sintomi
comunemente iniziano nella tarda adolescenza o al principio dell’età adulta.
Numerosi studi hanno evidenziato che circa 1 persona su 100 nel mondo soffre
di questo disturbo. Comunque, la schizofrenia con un esordio nell’adolescenza
(prima dei 18 anni) è meno comune, e la comparsa del disturbo nell’infanzia
(prima dei 13 anni) è estremamente rara.
Si pensa perlopiù che ogni cento adulti colpiti da schizofrenia, uno la abbia
sviluppata a partire dall’infanzia.
Sintomi e Diagnosi:
Sia negli adulti che nei bambini, i sintomi della schizofrenia possono essere
divisi in due grandi categorie: sintomi positivi e sintomi negativi.
I sintomi positivi includono: allucinazioni, voci ricorrenti che vengono avvertite
come minacciose e critiche; fissazioni, che sono ferme convinzioni, fuori dal
contesto reale, che comunemente includono la paura che le persone stiano
osservando,
perseguitando,
tramando
contro
l’individuo;
linguaggio
disorganizzato, che spesso è visto come un’incapacità di sostenere una
conversazione, solitamente dovuta alla difficoltà di concentrarsi su di un
argomento; o comportamento disorganizzato o catatonico che può includere
16
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comportamenti bizzarri e inconsueti, o può essere osservato nella difficoltà di
pianificare e portare a termine le attività in maniera adeguata.
I sintomi negativi includono: diminuzione delle espressioni emotive; mancanza
di motivazione ed energia; o, perdita del piacere e di interesse per le attività,
incluse le interazioni sociali.
La schizofrenia è diagnosticata con la presenza di 2 tra i sintomi sopra citati.
Per una diagnosi di schizofrenia, due di questi sintomi devono essere presenti
per la durata di almeno 6 mesi e devono essere accompagnati da una
incrementata difficoltà nella vita quotidiana riguardante i campi della scuola,
dell’amicizia, e della cura della propria persona.
Le allucinazioni e le fissazioni in un bambino dovrebbero indurre ad una perizia
da un professionista della salute mentale che abbia esperienza di lavoro con i
bambini e gli adolescenti con disturbi mentali. Una diagnosi di schizofrenia
viene fatta attraverso un colloquio con il ragazzo ed i suoi genitori basandosi
sulle informazioni ottenute da loro e dal personale scolastico.
16.2. Le difficoltà nel diagnosticare la schizofrenia
Molti dei sintomi riscontrati in persone schizofreniche si trovano anche in
persone depresse, con disturbo bipolare, o altri disturbi. Di conseguenza, degli
studi hanno evidenziato che è facile trovare diagnosi errate. Ciò è
particolarmente vero per quanto riguarda i bambini e gli adolescenti. A tal
proposito, è estremamente importante escludere le diagnosi degli altri disturbi
come la depressione, disturbo bipolare e l’uso di sostanze, prima di fare una
diagnosi di schizofrenia.
Un’ulteriore difficoltà nel fare una diagnosi nei bambini e negli adolescenti si
basa sul fatto che le allucinazioni sono sorprendentemente comuni; infatti, si
verificano più spesso in bambini ed adolescenti con diagnosi diverse dalla
schizofrenia. In svariati studi svolti negli USA dal National Institutes of Health
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la gran maggioranza degli individui diagnosticati con schizofrenia non avevano
ricevuto una diagnosi seguendo perizie accurate.
In molti bambini con altre condizioni di salute, la natura delle allucinazioni è
diversa.
Mentre le allucinazioni in persone adulte con la schizofrenia spesso sono assai
invasive, se non vengono curate in maniera adeguata, molti bambini con altre
patologie, quali disturbi dell’umore o disturbi dissociativi, riferiscono di
allucinazioni uditive quando sono sotto stress. Queste allucinazioni tendono ad
essere brevi e molto intermittenti (durano solamente pochi minuti). I bambini
sono anche molto influenzabili da domande che suggeriscono la risposta e perciò
per avere informazioni sui sintomi dovrebbero essere poste in una maniera
neutrale.
Bambini con disturbi nello sviluppo mentale (autismo, disturbo di Asperger,
disturbo dello sviluppo mentale aspecifico diffuso) hanno spesso difficoltà
sociali, un comportamento disorganizzato e un linguaggio ridotto. Questi
disturbi dello sviluppo mentale possono essere confusi con la diagnosi di
schizofrenia.
16.3. Le prognosi della schizofrenia con esordio precoce
L’evoluzione della malattia nei bambini con disturbo schizofrenico varia
enormemente ed alcuni individui si sentono meglio con i farmaci.
L’esordio precoce è spesso associato ad una prognosi più negativa poiché
interferisce con la frequenza scolastica e il completamento dell’educazione.
Tuttavia, poiché i bambini vivono tra l’ambiente sociale della famiglia e quello
della scuola, i sintomi vengono spesso riconosciuti presto. Questo fatto è molto
significativo perché recenti studi hanno suggerito che trattamenti più precoci
possono ridurre il declino del funzionamento e il deterioramento a lungo termine
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che comunemente sono associati con la schizofrenia. Per questo motivo, è molto
importante che il primo intervento e la diagnosi siano accurati e tempestivi.
16.4. La cura della schizofrenia
La cura della schizofrenia include interventi a livello biologico, educativo e
sociale. La medicina pone le fondamenta per la cura della schizofrenia. La sola
cura farmacologica non è così efficace come una terapia farmacologica
combinata con altre forme di terapia.
I farmaci usati per curare la schizofrenia sono denominati “antipsicotici” o
“neurolettici”. Sebbene questi farmaci siano spesso efficaci, sono associati a
rilevanti effetti collaterali. L’ultimo decennio ha visto l’introduzione di un buon
numero di nuovi anti-psicotici con ridotti effetti collaterali. I farmaci più
comunemente usati ora sono: risperidone (Risperdal), olanzapina (Zyprexa),
quetiapina (Seroquel). Altre medicine sono l’aloperidolo (Haldol, Serenase),
tioridazina (Melleril) e clorpromazina (Largactil). Per i bambini e gli adolescenti
che non rispondono positivamente ai precedenti antipsicotici, la clozapina
(Leponex) rimane un’alternativa importante, ma non è usata come primo
trattamento a causa dei rilevanti effetti collaterali.
Per alcuni bambini con psicosi resistenti, la clozapina si dimostra essere l’unico
farmaco che aiuti veramente anche se gli effetti collaterali potrebbero comunque
esserci. E’ anche importante che i sintomi associati siano riconosciuti e trattati in
modo appropriato. Per esempio, gli individui con schizofrenia che sviluppano
una depressione o un’ansia dovrebbero essere curati per questi sintomi.
I bambini e gli adolescenti affetti da schizofrenia spesso hanno bisogno di un
adattamento nei loro programmi d’istruzione. In particolare questo potrebbe
includere classi più piccole con insegnanti che abbiano già avuto esperienze con
bambini ed adolescenti con disturbi psichiatrici. Il loro lavoro scolastico ha
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bisogno anch’esso di essere adattato talvolta ai problemi associati alla
schizofrenia, come una riduzione della capacità di concentrazione ed attenzione.
Le difficoltà a livello sociale sono comunemente accostate all’esordio precoce
della schizofrenia. Queste includono la difficoltà nell’instaurare e mantenere
amicizie, difficoltà nelle relazioni interpersonali e una bassa tolleranza della
frustrazione. Le attività volte a sviluppare le capacità sociali sono parte
integrante della cura per la schizofrenia. Inoltre, la psicoterapia e l’informazione
della famiglia sulla schizofrenia possono aiutare i membri della famiglia a far
fronte alla malattia del bambino e dell’adolescente.
16.5. Effetti collaterali comuni dei farmaci anti-psicotici
Ogni ragazzo ha una reazione diversa a qualsiasi farmaco, sia esso un antibiotico
o un antipsicotico. Tuttavia, il problema più comune che viene riscontrato nei
bambini e negli adolescenti che assumono i farmaci antipsicotici di nuova
generazione (Olanzapina e Risperidone per esempio) è l’aumento di peso.
Questo può essere una grande problema perché gli adolescenti sono
particolarmente sensibili al loro aspetto esteriore.
Gli effetti collaterali comuni della vecchia classe di antipsicotici, come per
esempio il più comunemente usato ed economico aloperidolo, includono la
sonnolenza e effetti collaterali propri dei neurolettici come per esempio quelli
motori acuti e la discinesia tardiva.
Approssimativamente
l’1%
dei
pazienti
che
assumono
la
clozapina
svilupperanno un serio effetto collaterale chiamato agranulocitosi, diminuzione
dei globuli bianchi e rischio di infezioni gravi; di conseguenza è essenziale
monitorare regolarmente i livelli di queste cellule del sangue.
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16.6. La ricerca ed i nuovi trattamenti
Si è sviluppato un grande interesse per la ricerca di nuovi farmaci per la
schizofrenia. Alcuni nuovi medicinali hanno meccanismi d’azione differenti e
così potrebbero essere più efficaci e con meno effetti collaterali.
Comunque, il processo di scoperta di nuovi medicinali e la loro approvazione è
lento e molti di questi farmaci sono disponibili soltanto nei Centri di ricerca
scientifica. Molti centri negli Stati Uniti (USA) e in Europa sono impegnati nella
ricerca su questi nuovi farmaci. 17
17. Un modello di comprensione delle psicosi nel gruppo
Se prendiamo in considerazione i fattori terapeutici del gruppo, in relazione
soprattutto ai pazienti gravi, in particolare psicotici, conviene accennare
brevemente a quello che consideriamo il disturbo fondamentale alla base delle
psicosi, per poi valutare in che modo il gruppo possa fornire delle risposte
terapeutiche adeguate.
Il modello maggiormente utile ed esaustivo per la comprensione delle psicosi,
sia quello che considera il disturbo psicotico, come un grave disturbo del senso
di sé della persona, intendendo per senso di sé un elemento fondante la vita
psichica, che si estrinseca secondo quattro dimensioni principali: la coesione, la
vitalità, la continuità, la proiezione verso il futuro.
Il modo in cui ciascuno rappresenta se stesso, sente se stesso, è in relazione a
quanto si sente coeso, vitale e proiettato verso il futuro. È ovvio, d’altronde, che
il senso di sé assume caratteristiche variabili da un individuo all’altro e in genere
17
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si sviluppa in maniera progressiva nel tempo, a seconda delle esperienze che
ognuno fa, fin dai primissimi anni di vita, e in relazione alla sua natura
costituzionale. La natura sostanzialmente inconscia del senso di sé, nella misura
in cui questo accompagna e fa da sfondo alle azioni e ai pensieri dell’individuo e
gli fornisce una sensazione complessiva di interezza e di coesione della propria
persona, indipendentemente da un atto riflessivo più diretto.
Considerare la psicosi come un disturbo importante del senso di sé, vuol dire
considerare il fatto che il paziente psicotico possiede una percezione di sé più
incerta, più discontinua, meno compatta, rispetto all’esperienza, che può avere di
sé un individuo sano. Tale fragilità del senso di sé prende corpo fin dai primi
anni di vita, dalle prime esperienze, e persiste nel tempo, manifestandosi sotto
forma di sensazioni vaghe di irrequietezza, di estraneità, di paura del contatto
con le altre persone, di un desiderio di isolamento e di tutte quelle sensazioni,
che appartengono a quell’area di patologia, che è stata denominata area
prepsicotica.
È quindi prevedibile che, proprio nella tarda adolescenza, sopraggiunga, con
maggiore facilità, la prima crisi psicotica, in relazione ai molteplici compiti
evolutivi, richiesti in questa fase dello sviluppo: l’assunzione di una identità
adulta, la trasformazione del corpo tipica della pubertà, lo stabilirsi di una
sessualità genitale adulta, lo svincolo dalla famiglia e dall’autorità genitoriale, il
confronto con il gruppo dei pari, l’investimento nel sociale. In genere, tali crisi
vengono superate, spesso con l’ausilio della terapia farmacologia, ma lasciano
un ricordo così drammatico e angosciante nella mente del paziente, che questi
metterà in atto tutti i mezzi di difesa a sua disposizione, per scongiurare il
pericolo di rivivere tali esperienze di sofferenza estrema.
Il meccanismo di difesa che viene prevalentemente utilizzato è la simbiosi,
ovvero quella particolare modalità di attaccamento, che costituisce un estremo
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tentativo di protezione nei confronti delle sensazioni di frammentazione,
annichilimento e di discontinuità del sé, vissute durante l’episodio psicotico.
Il bisogno primario del paziente psicotico sembra essere quindi quello di
stabilire un intenso legame stabile con una figura di riferimento, che in generale
è costituita da un familiare vicino, come la madre o il padre. Il legame che si
viene a creare protegge dalle sensazioni molto penose e drammatiche consistenti
nello sperimentare la percezione di un senso di sé danneggiato.
L’esperienza di frammentazione, infatti, consiste nella sensazione molto
dolorosa di non sentirsi interno, continuo nel tempo, di viversi come sempre
diverso, in ogni momento, rispetto al precedente e al successivo.
Le modalità più o meno simbiotiche di attaccamento, che si riscontrano nei
pazienti psicotici, rivestono un significato difensivo fondamentale.18
18.
La crisi psicotica
La psicosi consiste in un disturbo grave del senso di sé della persona, soggetto
ad oscillazioni e fratture continue nelle dimensioni della continuità, della
coesione e della stabilità.
L’elemento che determina o scatena la comparsa di una frattura più o meno
improvvisa del senso di sé nei pazienti psicotici è, in generale, la brusca perdita
di contatto con una persona significativa, la mancanza improvvisa di una
relazione che fornisce un sostegno, un riconoscimento del senso del valore della
propria persona.
18
A. Correale, V. Nicoletti “Il gruppo in psichiatria”, pp. 23-25.
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L’esordio di un disturbo psicotico secondo la letteratura scientifica, è datato in
un periodo compreso, grosso modo, tra i diciotto e i venticinque anni.
Il più delle volte l’esordio clinico di un disturbo psicotico è preceduto da una
serie di sintomi prodromici, che ne preannunciano la comparsa e che si possono
manifestare anche in un’epoca molto precoce della vita, quando le scarse
capacità di verbalizzazione ne impediscono la comunicazione. Si tratta,
generalmente, di episodi di parziale frammentazione del sé, che si manifestano
con
sensazioni
di
estraneità,
sentimenti
di
depersonalizzazione,
di
derealizzazione, ma anche con segni meno eclatanti e chiari.
Per quanto riguarda la crisi psicotica acuta, il concetto più usato ed efficace per
descriverla è probabilmente quello di crisi di frammentazione. Il termine rende
chiaramente l’idea dei vissuti angoscianti di dispersione e di rottura del senso di
sé, che vengono sperimentati in simili situazioni critiche. D’altra parte, è
altrettanto importante ricordare che esistono vari livelli possibili di
frammentazione del senso di sé. Si può andare, infatti, dalla frammentazione
totale – con stato confusionale, ideazione delirante, allucinazioni, angoscia di
morte – a vari gradi di frammentazione, fino alla presenza di semplici minacce di
disgregazione.
È importante considerare che l’altra faccia dell’angoscia di frammentazione è
l’angoscia di annullamento. Sentire che il proprio apparato psichico va in pezzi,
significa sentirsi in preda alla morte. L’angoscia di frammentazione, quindi,
viene vissuta anche come mancanza di qualcosa, di vitalità, di convinzione, di
slancio vitale e dà origine al vasto quadro delle cosiddette psicosi con prevalenza
di sintomi negativi.
L’atmosfera che accompagna la crisi psicotica è quella di un’improvvisa e totale
perdita dei significati abituali, del senso comune degli eventi. Quello che, con
una terminologia molto appropriata, gli autori tedeschi hanno chiamato stato
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d’animo delirante (Wahnstimmung), consiste appunto nella sensazione
angosciante di ritrovarsi improvvisamente in una realtà nuova e diversa,
incomprensibile e strana, dove tutto ciò che fino a quel momento aveva un senso
cambia di significato, diventa oscuro e pregno di mistero, foriero di messaggi e
di comunicazioni magiche. Tale esperienza si accompagna ad un vissuto di
angoscia così profondo, da essere difficilmente comprensibile e tollerabile. In
questi casi, questo tipo di esperienza dà rapidamente origine all’esigenza di
trovare una spiegazione, un motivo, che sia in grado di giustificare vissuti così
estranei e diversi dai consueti.
Il più delle volte, la spiegazione più convincente, che il soggetto può reperire,
consiste propriamente in un pensiero delirante, che riesce a collegare tra loro le
nuove sensazioni e percezioni del mondo, secondo una direzione apparentemente
logica e razionale, ma di significato diverso da quello condiviso.
Se partiamo dall’esperienza di annullamento conseguente a quella di
frammentazione e dalla insopportabilità di questi stati, si può ritenere che gli
altri aspetti della psicosi – deliri, allucinazioni, comportamenti perversi,
attaccamenti esagerati a figure di riferimento – costituiscono in realtà tentativi
del paziente, di fornire un nuovo significato alle sensazioni così angoscianti che
sta vivendo, una specie di compensazione per le angosce di frammentazione e di
annullamento.
In sintesi, la crisi psicotica acuta è scatenata dalla brusca e improvvisa perdita di
contatto con una situazione stabilizzante e protettiva e che questo evento
provoca l’attivazione di una profonda angoscia di frammentazione, con perdita
di coesione, di continuità e vitalità del senso di sé, cui può seguire un’intensa e
prolungata angoscia di annullamento. Tale processo disgregativo non può essere
tollerato oltre un certo limite dall’individuo, che tenta perciò di trovare una
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spiegazione plausibile e di riorganizzare il proprio sé, secondo una modalità
nuova e anomala, costituita dai sintomi psicotici.19
19.
Musica e giovani
"Mi piace la musica": è questa la risposta generalizzata degli adolescenti quando
parlano del loro tempo libero e dei loro divertimenti.
I giovani vivono la musica come esperienze totalizzanti, capaci di coinvolgere
tutto il loro essere. La musica è diventata linguaggio universale dei giovani di tutti i
continenti, l'intermediario al quale essi più ricorrono per vivere ed esprimere le loro
emozioni. La prerogativa della musica consiste nel saper dire quello che non può
esser detto in nessun altro modo.
Suoni e ritmi danno voce ai sentimenti, diventano le colonne sonore delle battaglie,
delle vittorie e delle sconfitte nella vita di tutti i giorni, stimolano le fantasie e
colorano i sogni degli adolescenti attraverso emozioni, sensazioni e personaggi che
si rivelano importanti mediatori del lungo cammino della ricerca della loro identità
ed autonomia personale.
Musica è anche sinonimo di creazione, di energia, di vitalità: attraverso i suoni è
possibile stabilire un rapporto più immediato con se stessi e con gli altri e rivivere,
come attraverso simboli, quanto, confusamente, si ha l'impressione di subire nella
ferialità dell'esistenza. La musica svolge così una funzione curativa contro l'apatia,
19
A. Correale, V. Nicoletti “Il gruppo in psichiatria”, pp. 128-131.
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la chiusura in sé, i momenti depressivi o sconsolati perchè c'è un legame
riconosciuto tra la struttura della musica e la struttura delle emozioni.
Dalla musica non ci si aspetta solo svago e divertimento ma qualcosa di più e di
diverso: spesso ci si avvicina ad essa anche come se possedesse una capacità
"terapeutica", ci si aspetta che la musica possa "guarire": dallo stress, dalla noia,
dalla demotivazione e dalla insoddisfazione. Si vorrebbe essere aiutati dalla musica
a realizzare un profondo contatto con se stessi e con gli altri. D'altra parte nella
storia si è sempre chiesto alla musica di saper suscitare sensazioni, di dare stimoli,
di risvegliare energie e di trasferirle alle folle: anche nella musica in discoteca
avviene, per esempio, qualcosa del genere. La cultura odierna è particolarmente
sensibile alla misteriosa complessità dei vissuti emotivi, corporei e mentali che si
accompagnano alla musica e al suo potere di interagire in maniera profonda e
globale per una migliore integrazione spaziale, temporale e sociale della persona.
Attraverso il suo effetto catartico la musica promuove la condivisione delle
emozioni, distacca e facilita l'elaborazione della noia, della perdita, del lutto;
favorisce l'attività del pensiero; fa immaginare prospettive alternative ai problemi
della quotidianità. Allo stesso modo la musica celebra i momenti della vittoria, dà
voce all'esplodere della gioia, esprime e trasmette la voglia di vivere, dà forma
all'inesauribile ventaglio delle emozioni dell'amore. La musicoterapia trova la sua
specificità nella realizzazione di un progetto di comunicazione sonora dove gli
elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia), vengono utilizzati come
linguaggio per l'avvio e la progressiva elaborazione di un prodotto destinato o alla
realizzazione di scopi "terapeutici" che possono essere di sostegno, di presa in
carico e di cura, oppure, come nel caso della musicoterapia interattiva, alla
promozione dell'espressione di sè, della creatività personale o di gruppo e della
comunicazione sociale. La relazione che si instaura nella musicoterapia ha il suono
come mediatore principale ma avviene non sulla base delle caratteristiche
intrinseche dei suoni ma a partire dalla condivisione del loro possibile senso, da
parte delle persone coinvolte (il singolo o il gruppo, il terapeuta, l'educatore...).
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La musicoterapia non va quindi intesa tanto come intervento terapeutico in senso
specifico quanto piuttosto come dialogo sonoro, come comunicazione creativa del
sè. Nell'ottica della musicoterapia interattiva l'espressione di sè, il racconto della
propria esperienza vitale acquista una importanza determinante: si può comunicare
con il racconto orale o scritto, si può fare della propria vita un romanzo, così come,
con la musica, si può parlare delle proprie esperienze, si può descrivere il sè, dando
forma ed espressione a sentimenti ed emozioni, a ricordi e a sogni, a paure e a
speranze in termini diversi ma non meno efficaci del linguaggio parlato o scritto.
La musica, infatti, si presta a svolgere una pluralità di funzioni: può essere
evocativa, comunicativa, identificativa, sedativa… E come i lettori possono
identificarsi in ciò che l'autore narra, così la musica prodotta può essere ascoltata e
fruita alla stregua di un racconto o di una storia di vita.
Il linguaggio musicale per sue caratteristiche intrinseche, è in grado di liberare le
più diverse forme di espressione sia dei propri mondi emotivi interiori che della
comunicazione esteriore. Ogni individuo possiede una propria storia musicale,
un'originale identità sonora. Valorizzando questa predisposizione fondamentale, la
musicoterapia individua i canali di comunicazione e di espressione più adatti a
trasmettere emozioni e sensazioni condivise. Per raggiungere questo intento
musicoterapeuta e il soggetto, debbono raggiungere un buon livello di intesa.
Con le prime sedute di improvvisazione sonoro-musicale si costruiscono i
presupposti per lo stabilirsi di una iniziale comunicazione e poi di una relazione più
profonda. Le moderne tecnologie della strumentazione musicale elettronica
permettono oggi di produrre musica in una varietà finora sconosciuta di sonorità,
timbri, modulazioni e stili.
Mediante un unico strumento è possibile inoltrarsi nei mondi musicali più originali
(fino alle musiche etniche e tribali), impostare le tonalità più confacenti (come la
simulazione di strumenti orientali o appartenenti alle più lontane culture) percorrere
l'intero spettro dei generi musicali, percorrendo, senza limiti, le dimensioni del
tempo e dello spazio.
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La proposta dei ritmi, la predilezione di determinati timbri, il suggerimento di frasi
melodiche da parte del soggetto, rappresentano la prima occasione per il
musicoterapeuta per definire ed incoraggiare la comunicazione.20
20.
Musica ed emozioni
Il confine tra emozioni e sensazioni, nasce dall’appartenenza rispettivamente
delle prime alla sfera mentale e delle seconde alla sfera corporea, così come
avviene tra percetto sensoriale (variazione di stato dell’ambiente) e concetto
(categoria globalizzante di percetti).
Ma si tratta, per lo più, di una distinzione convenzionale più che funzionale,
derivata dalla oggettivazione dell’unità complessa (ossia dell’organismo) resa
possibile dal fatto di poter pensare separatamente di avere un corpo, un cervello
e una mente. Tuttavia non tutto è effettivamente “pensabile”: esistono contenuti
che assumono una connotazione visceralmente oscura poiché vengono “sentiti”
più che “pensati”. Ciò porta a ritenere che un sistema interattivo formato da
percetti sensoriali, concetti ed emozioni possa favorire una coerente integrazione
degli aspetti “corporei” (emozionali, non pensati) e di quelli “mentali”.
La musica, in quanto strumento connotativo dotato di capacità evocativa sia a
livello emotivo-corporeo che a livello concettuale-mentale, sembra essere
particolarmente indicata come tramite per costruire tale sistema interattivo.
Poiché il cervello è anatomicamente organizzato come un mosaico di moduli
neuronali in cui ogni modulo è, nello stesso tempo, specializzato e interconnesso
con altri moduli e da qui con tutti i moduli cerebrali, ne consegue che ogni
emozione, ogni percetto e ogni concetto coinvolgono il sistema nervoso nella sua
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globalità, ma poiché le reti neuronali che costituiscono i moduli cerebrali sono
dotati sia di vie afferenti che efferenti, ogni stato mentale coinvolge il corpo in
tutta la sua interezza, orientando in tal modo il corso delle azioni e le condotte
comportamentali.
Questo aspetto definisce e legittima la posizione della Musicoterapia stessa e la
colloca nell’ambito terapeutico (anziché educativo) nella misura in cui essa
viene utilizzata per favorire la costruzione e la evoluzione controllata di relazioni
terapeutiche che hanno il suono come mediatore principale.
La National Association for Music Therapy ha, infatti, esplicitato tale
affermazione
l’applicazione
formulando
dell’arte
la
seguente
musica
per
definizione:
raggiungere
“Musicoterapia:
scopi
terapeutici.
è
Il
musicoterapeuta usa la musica e se stesso per cagionare cambiamenti del
comportamento. Tramite questo cambiamento al paziente si offre l’occasione di
comprendere meglio se stesso ed il suo ambiente, di muoversi più liberamente ed
efficacemente in esso e di sviluppare una migliore stabilità e flessibilità psichica
e fisica”.
L’attenzione posta al rapporto esistente tra musica ed emozioni
è nata in
riferimento al fatto che il paziente psichiatrico presenta spesso una dissociazione
tra emozioni e pensiero. Tale dissociazione può consistere in un appiattimento
affettivo, con scarsità di manifestazioni emotive ed isolamento, ma anche in una
conservazione del potenziale affettivo, che tuttavia non viene utilizzato in modo
adeguato e viene vissuto spesso con disagio.
La musica è un eccellente mediatore terapeutico, in grado di promuovere la
consapevolezza dei legami e delle distanze esistenti nei rapporti tra mondo
esterno e mondo interno, tra concreto e simbolico, procedendo mediante una
regolazione dell’espressione emotiva.
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E’ importante procedere alla regolazione dei processi emotivi, i quali
coinvolgono anche aspetti prettamente cognitivi ed è opportuno offrire un
contesto adeguato, dove le emozioni possano emergere e dove ne possa essere
favorita la loro espressione e rielaborazione.
La musica, in quanto capace di suscitare emozioni profonde e significative e,
come scrive Sloboda di “elevare il livello della nostra vita emotiva”, si presta a
tale compito.
È importante “sfruttare” la componente simbolica ed affettiva della musica per
promuovere la verbalizzazione, poiché il potere intrinseco dell’oggetto sonoro
abbia una sua validità solo se mantiene le proprie caratteristiche estetiche, le
quali nascondono per ognuno di noi giochi e rimandi simbolici che non possono
venire indagati attraverso il linguaggio verbale senza che questo inneschi
meccanismi di denaturazione.
Riteniamo che la musica rimanga tanto più vicina all’emozione, quanto più si
riesca a tenere staccata la sua fruizione dal contesto linguisti.
Ascoltare la musica significa ascoltare se stessi, nel senso che l’ascolto implica
l’elaborazione a livello cognitivo non di ciò che è nella musica, ma di ciò che
della musica risuona col nostro mondo affettivo, e che molto spesso non è
traducibile e nemmeno ripetibile.
Dal punto di vista fisico la musica è un’organizzazione di suoni caratterizzati da
altezza, durata, timbro e intensità differenti che vengono caricati di significato
dalla nostra mente passando attraverso una fase cognitiva ed affettiva che
implica la formazione di una rappresentazione interna della musica.
Il fatto di esprimersi attraverso il suono (che non è il suono della propria voce
ma che comunque proviene dal corpo ed è intriso di corporeità poiché, lo
strumento musicale ne è in qualche modo un prolungamento) o attraverso la
fisicità del movimento consente in un primo momento, di facilitare ed avviare la
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comunicazione del paziente psichiatrico proprio perché viene riconosciuta una
fonte che non fa parte del proprio corpo (ma che, comunque, è da esso mediata).
Successivamente la familiarizzazione col corpo e l’appropriazione dei propri
stati emozionali può rappresentare l’inizio di una riappropriazione di sé e dei
propri vissuti.21
20.1 L’importanza del fattore “ ritmo”
Il ritmo è un potentissimo strumento di “attivazione” che crea un coinvolgimento
da parte del gruppo. Il ritmo, quale elemento dinamico, combinandosi con il
timbro e l’altezza e mediante semplici spostamenti di accenti, respiri, battute
forti o deboli, può conferire alla musica capacità evocative completamente
diverse, che determinano in chi ascolta attribuzioni di significati a loro volta
diverse.
La percezione soggettiva che ne deriva comprende anche risonanze interne che
sono legate ad un ritmo individuale relativo alla respirazione e al tono
muscolare.
Il primo atto di comunicazione è stato un atto di sincronizzazione ritmica del
battito cardiaco con quello dell’ambiente-madre. Siamo perciò predisposti alla
sincronizzazione.
Potremmo affermare che la sincronizzazione costituisce il presupposto
“temporale” (ritmico) della sincronizzazione affettiva, passaggio necessario nella
relazione terapeutica per agire in senso armonizzante sul paziente.
21
F. Bassoli, R. Frison, “L’arte del corago”, pp. 180-3.
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Potrebbe essere questo uno dei motivi per cui il ritmo sembra agisca in modo
diretto ed esplicito su chi ascolta, conferendo uno stato di sicurezza o comunque
di contenimento.
Come dice Willems:”La musica è dentro all’uomo prima che intorno all’uomo”.
Essa agisce attivando e risvegliando la dinamicità ritmica che è presente in
ognuno di noi.
L’attività ritmica esercita una stimolazione delle strutture neurofisiologiche di
base attraverso il movimento, così come la melodia ha come bersaglio elettivo
l’emotività, mentre l’armonia, coinvolge l’elaborazione cognitiva.
L’insieme dei tre parametri coinvolge dunque l’intero asse fisico-affettivo e
mentale.
L’attenzione è puntata principalmente sull’elemento ritmico poiché, sempre
citando Willems:” Il ritmo è l’elemento primo in musica … senza ritmo non c’è
emozione ne intelligenza, senza ritmo non c’è melodia, non c’è armonia” ed in
più si tratta di movimento, di vita fisica: il ritmo vive nel dinamismo corporeo.22
22
F. Bassoli, R. Frison, “L’arte del corago”, pag. 150, 188.
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SECONDA PARTE
1. Musicoterapia attiva e ricettiva: le tecniche
d’intervento
utilizzate
Musicoterapia attiva: tecnica che si basa sull’autoproduzione sonora del
paziente attraverso l’uso degli strumenti musicali, della voce, dei gesti, dei
movimenti, favorendo la creatività e l’espressione spontanea.
Non necessita una tecnica specifica dello strumento ma porta la persona a crearsi
un mondo di suoni esprimendo se stesso in modo immediato. L’improvvisazione
può diventare un metodo di lavoro collettivo, nel momento in cui il gruppo nel
suo insieme coopera all’invenzione di una struttura musicale, costruendola
progressivamente in base ai suggerimenti e alle osservazioni di tutti.
Musicoterapia ricettiva: tecnica che si basa sull’ascolto di suoni e di musiche
scelte dal musicoterapeuta che permettano al paziente di rilassarsi, di provare
emozioni, evocare ricordi positivi per osservare gli effetti psicofisilogici
musicali del paziente. Nella musica cosiddetta “passiva” viene messo in primo
piano l’ascolto di brani musicali e di ritmi o sonorità particolari; provoca un
processo non direttamente creativo, in cui il soggetto interpreta i suoni ascoltati e
li fa suoi in rapporto alle proprie individuali esperienze. L’ascolto collettivo
provoca delle interrelazioni personali, derivate dal condividere la stessa
esperienza e dal poterla ricordare insieme dopo tanto tempo.
Se la musica ci dice qualcosa è senza dubbio perché i suoni e le strutture
risvegliano in noi dei ricordi, formano delle figure che evocano un vissuto ed
hanno un potere associativo. La musica esprime però non tanto l’emozione reale,
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quanto i suoi analoghi, sensazioni parziali, attenuate, residui di sofferenza o
piacere, in una parola “emozioni astratte”, ridotte allo stato di ricordo. Chi
ascolta cerca di stabilire un legame tra la melodia ed i suoi stati psichici interiori,
ondeggia in un mondo fatto di sensazioni, di ricordi, di associazione di idee in
cui la curiosità dell’intelligenza gioca un ruolo quasi più importante della
memoria. La musica è quindi in grado di trasmettere sensazioni, in parte dovute
alle sue caratteristiche ed in parte legate alla soggettività cognitiva ed emotiva
delle persone che la recepiscono.23
2.
Il progetto di musicoterapia al centro di salute mentale
Il percorso musicoterapico è stato effettuato in un Centro di Salute Mentale
(CSM) che ha sede in un paese della regione Emilia Romagna e che fa parte di
uno dei distretti AUSL della città. Si tratta di una struttura specializzata per la
presa in carico complessiva di pazienti in giovane età con problematiche
psichiatriche.
La struttura residenziale è dotata di dieci posti letto, di cui 5 per la riabilitazione
intensiva e 5 per le “crisi”, per i ricoveri, cioè, di persone che provengono dal
Diagnosi e cura o da altri servizi presenti sul territorio. I posti sono
costantemente occupati e il turn over è alto (sono stati accolti 70 utenti nello
scorso anno).
23
F. Bassoli, R. Frison,
“L’arte del corago”, pp. 164-5.
76
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Sono numerose
le attività di riabilitazione svolte nel centro, tra le quali
ippoterapia, la kick-boxing, il nuoto, il calcio, oltre che al teatro, la cucina e il
laboratorio informatico. Si aggiungono la psicoterapia individuale e di gruppo,
gruppi di sostegno per i famigliari, l’attività d’accoglienza e la farmacoterapia.
La musicoterapia è stata per loro una novità in quanto il progetto è iniziato per la
prima volta nell’ottobre 2007 e si è concluso a fine dicembre, per la durata di
dieci incontri e riprenderà da marzo 2008 fino a giugno 2008.
Questo centro di salute mentale ha sede in una struttura nuova, inaugurata pochi
anni fa, molto grande e accogliente dove prestano il loro servizio infermieri,
operatrici tecnico-ausiliari, educatori, due psicologi, un medico psichiatra e il
primario responsabile.
Il clima che si respira nel centro è di famigliarità; chi presta servizio nella
struttura mangia quotidianamente con gli ospiti, una volta al mese è previsto che
anche i famigliari possano consumare un pasto con i loro congiunti e passare un
po’ di tempo con loro. Il primario una volta alla settimana riceve personalmente i
famigliari e i ragazzi del centro per raccogliere i loro punti di vista, le loro
impressioni, valutare insieme a loro e agli operatori i progressi fatti, quelli in
itinere ed eventuali possibili miglioramenti.
Per quanto riguarda il percorso di musicoterapia dei ragazzi si è trovato
disponibilità e interesse da parte del personale del centro.
Durante tutto il progetto nel corso di ogni seduta hanno partecipato oltre ai
ragazzi un operatore del centro e una psicologa, che sono stati di grande aiuto
nel contenere i partecipanti in alcuni momenti.
Il gruppo è aperto e i partecipanti agli incontri di musicoterapia sono sei ragazziadulti (dai 16 ai 25 anni) con diverse patologie e problematiche tra cui psicosi,
schizofrenia, disturbi di personalità, ritardo mentale che vivono nel CSM nei
periodi per loro più difficili, nei momenti di “crisi” e quando hanno bisogno di
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aiuto, di cure che le famiglie non sono in grado di offrire ma che solo una
struttura specializzata può dare.
Il tempo di ricovero al centro non è uguale per tutti e solo quando il periodo
critico è passato viene presa la decisione di dimettere il ragazzo.
Ci sono alcuni ragazzi che non vivendo più li, spesso vengono al centro per
passare un po’ di tempo con gli altri, e questo ha fatto nascere delle amicizie tra
loro.
Non è stato facile gestire un gruppo “aperto”, visto che molti di loro venivano
dimessi e entravano i pazienti nuovi, si è cercato comunque di coinvolgere tutti e
farli partecipare. Questo progetto di musicoterapia si può chiamare
“sperimentale” in quanto prima volta e molto innovativo come varietà di utenza,
nasce dal desiderio di incrementare la relazione, di alleviare lo stato di
solitudine, a volte di sofferenza, dal loro bisogno di esprimere e comunicare le
emozioni e sensazioni attraverso la musica (il linguaggio più vicino ai giovani) e
l’utilizzo di linguaggi ed espressioni musicali, strumentali e vocali. Si è cercato
di portare a loro un momento piacevole di condivisione di un esperienza insieme
nuova, di migliorare il loro stato d’animo e il loro umore.
Il progetto di musicoterapia è condotto dalla musicoterapista Elena Gallazzi il
mio ruolo da tirocinante è stato quello di coterapista, come sostegno e aiuto alla
musicoterapista.
3. Il setting musicoterapico
I requisiti di base che deve avere una stanza dove si svolgono le sedute di
musicoterapia sono: dimensioni equilibrate, isolamento acustico e assenza di
eventuali stimolazioni potenzialmente interferenti.
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La stanza dove si svolgono gli incontri di musicoterapia è la sala relax, il luogo
in cui i ragazzi si ritrovano per guardare la televisione, giocare (a ping pong, a
flipper…) e passare un po’ di tempo insieme.
É
una stanza grande con sedie, divani e poltrone che prima di iniziare la seduta,
vengono disposti in semicerchio e un tavolo di fronte in cui verranno posti gli
strumenti musicali e il lettore CD.
Le sedie vengono disposte nella stanza in modo che al centro rimanga lo spazio
necessario per muoversi liberamente, per andare a prendere uno strumento.
Il setting strumentale deve rimanere il più possibile invariato durante tutta la
durata dell’intervento musicoterapico.
Il setting di musicoterapia dovrebbe essere percepito dai pazienti come un luogo
protetto, dove ciascuno di loro si possa esprimere liberamente, libero da
qualsiasi tipo di condizionamento.
Lo strumentario è costituito da: strumenti ritmici, melodici, armonici,
convenzionali (strumentario Orff).
Gli strumenti devono possedere le seguenti caratteristiche: essere di facile
impiego, manipolabili, avere forme, dimensioni e modalità di impiego diverse,
avere un suono volto all’esterno e favorire la mobilizzazione del corpo.
Nelle prime sedute del percorso è importante lasciare i pazienti liberi di
esplorare e interagire con il maggior numero di stimoli sonoro-musicali, per
valutare se il setting è adeguato ai pazienti e nel proseguo dell’intervento si potrà
definire un setting calibrato, adeguato all’utente e al gruppo.
Le consegne che il musicoterapista da ai pazienti possono essere verbali o non
verbali e assumere una connotazione di direttività, semi-direttività e non
direttività.
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4. Metodologia e strumenti
L’esigenza dimostrata dai partecipanti fin da subito è stata quella di dare la
priorità all’ascolto delle loro canzoni portate da loro in ogni seduta (su CD, su
MC, scaricate da internet dal computer) e poterle condividere con tutto il
gruppo.
La canzone risulta il mezzo più importante per riuscire a trasmettere le emozioni
e pulsioni e viene usata come mezzo espressivo, evocativo e comunicativo.
Il potere evocativo della canzone ha favorito l’emergere di emozioni e pensieri,
legati al contenuto, espressi verbalmente dai partecipanti.
Nelle canzoni proposte dai partecipanti si è notata la grande importanza che
ognuno di loro attribuisce alla musica ma soprattutto al testo, attraverso le
canzoni riescono a dire quello che pensano e sentono in quel momento.
La musica essendo un linguaggio pieno di sfumature spesso esprime quello che
le parole non riescono a dire, una canzone o un brano strumentale possono
rappresentare, con una precisione notevole, ciò che si prova o ciò che si vorrebbe
dire.
Il canto anche se non in primo piano nell’esperienza ha avuto un ruolo
importante. I ragazzi hanno scelto alcune canzoni da cantare insieme.
Il canto è fondamentalmente comunicazione, è un’attività espressiva spontanea e
naturale. Il cantare in gruppo dà senso di sicurezza, porta al rilassamento, risolve
la tensione emotiva, favorisce l’aggregazione, porta ad avere un senso di
appartenenza al gruppo e a prendere determinate responsabilità.
Il repertorio musicale utilizzato nel percorso è stato proposto dai partecipanti ed
è stato molto vario. Sono state proposte canzoni di generi molto diversi tra loro
come musica leggera, tecno, reagge, afro, di cartoni animati…
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Le canzoni sono state usate come ascolto e spesso è capitato che alcuni di loro
spontaneamente cominciassero a ballare o a cantare.
Ogni partecipante ha condiviso con il gruppo le proprie canzoni facendo
emergere il proprio stile musicale, le sensazioni che in quel momento ha
prodotto.
Lo strumentario è costituito da pianoforte, strumentario Orff (tamburelli,
tamburi, dumbacks, cembali, maracas, triangoli, guiro, legnetti, nacchere,
bonghi, woodblook, metallofono, piatti, shaker, congas, bastone della
pioggia…), lettore CD.
Fig.1 Il GOS
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5.
Le sedute di gruppo
Il percorso musicoterapico ha la durata di dieci incontri nel periodo di ottobre
2007- fine dicembre 2007 per poi riprendere il percorso da marzo 2008 a giugno
2008.
E’ rivolto a persone adolescenti dai 15 ai 25 anni, il numero dei partecipanti è
variabile fino ad un massimo di dieci per gruppo.
Ogni seduta a cadenza settimanale (il giovedì pomeriggio) ha la durata di un ora
e trenta minuti circa.
Prima di iniziare la seduta è necessario il tempo per preparare la stanza, il setting
e decidere alcune strategie da adottare.
Alla seduta partecipano con noi un operatore che conosce bene i ragazzi e una
psicologa tirocinante, presenze molto importanti per valutare insieme a loro
impressioni e sensazioni.
I ragazzi vengono chiamati dagli operatori, e partecipano molto volentieri e con
entusiasmo agli incontri di musicoterapia per poter fare ascoltare le proprie
canzoni che parlano di loro al gruppo e sentono il bisogno di essere ascoltati e
capiti.
La musica è un mezzo che riesce ad attirare l’attenzione di tutti, e tutti hanno
dimostrato di avere le capacità e potenzialità creative nell’esprimersi attraverso
la musica (soprattutto con gli strumenti musicali).
La musica offre un mezzo espressivo, più adatto delle parole per scoprire i
contenuti dell’inconscio più nascosti.
La musica in gruppo ha la funzione di portare la persona al pieno inserimento nel
gruppo e sentirsi ammesso, suscitando un senso di inserimento, di appartenenza
e di partecipazione. La musica è uno strumento valido per entrare in contatto con
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le proprie emozioni meno conosciute; il lavoro di gruppo aiuta a scoprire ed
esprimere questi sentimenti, riconoscendoli e differenziandoli.
In molte occasioni non è stato facile gestire il gruppo per le patologie così
diverse e per l’entrata di ospiti nuovi. Anche i gusti musicali sono risultati molto
differenti tra loro, anche se abbiamo notato da parte di alcuni lo sforzo di
ascoltare canzoni di un genere molto lontano dal proprio stile musicale.
Alla fine di ogni incontro si effettua uno scambio di idee tra la musicoterapista e
la coterapista dove, si annotano i momenti più significativi emersi durante la
seduta e si compila il protocollo.
6.
Il gruppo: il percorso musicoterapico
Il percorso è stato svolto con un gruppo “aperto”, essendo un centro dove gli
ospiti entrano ed escono di frequente. Alcuni di loro hanno partecipato
costantemente agli incontri mentre altri solo per una o due sedute.
Si sono individuati nel gruppo stabile due poli ben distinti: il primo molto
contenuto e inibito (tra cui Susanna, Giovanni, Laura) mentre il secondo molto
più disinibito a volte da contenere (tra cui Andrea, Nicolò, Michela). Uno degli
obiettivi è stato quello di cercare di integrare questi due poli, dove le persone più
inibite hanno trovato il coraggio di emergere mentre quelle più disinibite hanno
cercato di dare un contenimento e una forma al loro modo di esprimersi e di
agire.
Le informazioni riguardanti i partecipanti ci sono state riferite da alcuni medici e
operatori che li seguono, anche se in alcuni casi risultano sintetiche e
incomplete.
Si è notato un forte senso di appartenenza al gruppo e si è creato un equilibrio tra
le due parti così opposte fra loro.
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SUSANNA: di anni 25.
Diagnosi: Schizofrenia con tendenze paranoiche
Prima di iniziare il percorso viene descritta come un caso estremo di isolamento
con difficoltà a stare in un gruppo, molto timida e riservata, poco interessata alle
attività di gruppo proposte nella struttura. Di poche parole e osserva con
attenzione le persone. E’ molto trasandata nella cura della persona, sempre
vestita con gli stessi vestiti neri e bagnati dall’eccessiva salivazione.
Percorso musicoterapico: Ha una grande passione per la musica che porta con
se fin da quando era molto piccola da quando comincia a studiare il pianoforte
con un maestro che le da lezioni private a casa.
Ascolta molta musica e di vario genere: dalla classica, alla musica leggera, e
durante la giornata ascolta la musica alla radio.
Nel centro dove si trova attualmente da un lungo periodo di tempo molto spesso
va a suonare il pianoforte che si trova in una piccola stanza e rimane li da sola ad
improvvisare sulla sua musica.
Ha sempre partecipato a tutte le sedute con interesse, è sempre la prima ad
entrare nella stanza e porta con se i suoi CD da farci ascoltare.
Sulle verbalizzazioni risulta sintetica ma molto precisa e esprime chiaramente le
sue sensazioni e le sue emozioni.
Quando viene invitata a scegliere uno strumento da suonare per le prime sedute
non sceglie niente solo a fine seduta va al pianoforte e comincia a suonare.
Rispetto per gli ascolti portati dagli altri partecipanti, ascolta con attenzione e
commenta quando viene interpellata.
Cantanti e canzoni preferite: Le piace J.S.Bach, Keith Jarrett, Eros
Ramazzotti, Tiziano Ferro, Zero Assoluto, Tiro Mancino, Nek, musica anni 80…
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Strumenti più suonati e preferiti: il pianoforte, modalità arpeggiata, suona
musica molto melodica e malinconica. Improvvisa sullo strumento. Suona
davanti ai partecipanti del gruppo ricevendo molti complimenti da tutti.
Per le prime sedute alla consegna della musicoterapista di scegliere uno
strumento non vuole suonare ma va al pianoforte solo quando la seduta è finita e
i partecipanti stanno uscendo dalla stanza. Solo per due volte sulla consegna
della musicoterapista di scegliere uno strumento prende un tamburello decidendo
di non suonare il suo strumento. Alla terza seduta suona il pianoforte insieme
agli altri che suonano altri strumenti ritmici.
NICOLO’: di anni 24.
Diagnosi: disturbo di personalità
Si trova al CSM agli arresti domiciliari dopo essere entrato ed uscito dal carcere
più volte per piccoli furti in case e negozi.
Ha fatto uso di alcol, marijuana, sostanze stupefacenti, e che tutt’ora anche se
non può uscire dal centro cerca in tutti i modi di farsi procurare dai suoi
compagni di stanza qualcosa da bere o da fumare.
E’ seguito da un educatore che lo segue e gli sta vicino ogni giorno.
Ha una personalità molto forte, e a volte da contenere.
Molto spesso è assopito, probabilmente è dovuto all’assunzione di farmaci
pesanti.
Possiede una grande passione per la musica che ascolta tutto il giorno grazie a un
lettore MP3 che porta sempre con se appeso al collo e che usa per togliere la
comunicazione con l’esterno.
Scarica tutta la musica da internet con il suo computer.
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Il suo abbigliamento è tipico di un ragazzo “rapper” pantaloni larghi, accendino
al collo, un po’ “sfattone”. La sua postura è aperta, molto spesso si sdraia sul
divano. Cammina lentamente e ondeggiando.
Percorso musicoterapico: Molto partecipe e interessato fin da subito e per
tutto il percorso. Porta sempre la sua musica da fare ascoltare al gruppo. Canta e
balla molto spesso prendendo l’iniziativa. Partecipa anche nella parte
strumentale provando e esplorando tutti gli strumenti in particolare quelli a
percussione.
Parla spesso nei suoi discorsi di contrasto, dice di essere a un passo dalla caduta,
dal baratro.
Per due volte Nicolò si presenta in seduta ubriaco e si decide con gli operatori e
con il suo educatore di non farlo partecipare, per fargli capire che non è nelle
condizioni giuste per fare parte del gruppo. La sua reazione è molto forte, prende
a pugni e a calci le cose che ha vicino, se la prende e dice di volere fare ascoltare
la sua canzone. Solo quando si calma entra nella stanza e chiede di poter
ascoltare la canzone per poi uscire subito dopo. Viene data questa possibilità a
Nicolò che ha questa forte esigenza di parlare con la musica. La canzone si
chiamerà “Difesa personale” del complesso “Mondo marcio”.
Nelle ultime due sedute ha apprezzamenti carini verso la coterapista. Insieme si
decide di mantenere un distacco evidente per fargli capire i ruoli che ci sono.
Cantanti e canzoni preferite: musica reggae, tecno, R.Vecchioni (Parigi,o
cara), Mondo Marcio, Sanchez, Don Carlos…
Strumenti più suonati e preferiti: Esplora tutti gli strumenti in particolare
preferisce le percussioni, la conga, i tamburi e il bastone della pioggia. Difficoltà
a coordinare le mani per battere sulla pelle dei tamburi, dice di non essere
capace. A volte è da contenere, inizia a suonare non aspettando la consegna
della musicoterapista.
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GIUSEPPE: di anni 19
Diagnosi: schizofrenia grave
Presenta di allucinazioni uditive, sente le voci.
Ha una madre iperprotettiva, è molto condizionato da lei.
Buon rapporto con la musica, suona la chitarra (conosce gli accordi) che porta
sempre con sé in seduta.
Tendenza a ripetere le stesse frasi e ripetere quello che si dice. Ha la risata facile
un po’ isterica.
La sua voce è poco intonata.
Si interessa facendo domande alle terapiste (da dove venite? dove si trova quel
posto?...).
Percorso musicoterapico: Partecipa al percorso di musicoterapia solo tre
volte. Partecipa attivamente cantando, suonando e ballando.
Usa spesso lo strumento per scaricare tutta la tensione e l’energia. Esplora tutti
gli strumenti e porta con sé le sue canzoni da far ascoltare al gruppo.
Quando gli si chiede se la canzone gli è piaciuta risponde sempre con la stessa
frase “Questa canzone è bellissima!”
Cantanti e canzoni preferite: B.Streisand, Totò (Malafemmena)
Strumenti più suonati e preferiti: strumenti melodici come il metallofono (lo
suona per gradi congiunti con i battenti), pianoforte, chitarra…
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GIOVANNI : di anni 23.
Diagnosi: schizofrenia.
In passato presenta stati catatonici.
Ritmo molto lento nel muoversi e nel parlare. Difficoltà ad esprimersi con le
parole. Tendenza a ripetere le stesse frasi.
Molto timido e inibito.
Non vive nel centro ma abita poco distante e molto spesso viene per partecipare
alle attività e per stare in compagnia.
Tre volte alla settimana va alla fattoria a curare gli animali (pet therapy).
Percorso musicoterapico: Partecipa in modo continuativo al percorso anche se
arriva sempre in ritardo.
Cantanti e canzoni preferite: Eros Ramazzotti (Solo ieri, Più bella cosa…)
Strumenti più suonati e preferiti: esplora tutti gli strumenti molto curioso nel
provare ogni volta uno strumento diverso. Suona con un’intensità sul piano.
ANDREA : di anni 16
Diagnosi: ritardo mentale
Prima di entrare al centro si trovava negli appartamenti protetti di S. picchia gli
operatori. Passa gran parte della sua vita in istituto. Figlio unico di genitori che
si sono separati da poco tempo, la madre soffre di depressione e ha una grande
difficoltà a gestire il figlio. Il padre non ha nessuna autorità sul figlio. Picchia il
padre e lui subisce. Presenta atteggiamenti ambivalenti di attaccamento e
aggressività non agita.
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Forti pulsioni sessuali tipiche adolescenziali, si avverte un bisogno di contatto
irruento. Le operatrici ci dicono che durante le giornate ogni tanto Andrea lo
trovano a cavallo di una ringhiera, della scopa, dell’aspirapolvere e lui dice: “Sto
facendo l’amore”.
Presenta un grave problema agli arti inferiori dalla nascita, cammina zoppicando
grazie a delle protesi alle due gambe.
Ascolta musica quando è in macchina con il papà; possiede uno strumento
musicale a cui è molto legato, la chitarra che gli ha regalato il padre. Gli
piacciono i film dell’orrore e anche canzoni che trattano questo argomento.
Percorso musicoterapico: partecipa alle sedute costantemente e rimane per
tutta la durata.
Porta con se in seduta un oggetto che tiene stretto e abbraccia ma anche calcia o
rompe, un peluche sempre diverso, una chitarra che gli ha regalato il padre.
Per due volte entra in seduta con il volto coperto da una maschera da tigre e da
spider-man come se si volesse isolare da tutto. Se la toglie solo quando vuole
lui.
Molto concentrato su se stesso e sulle proprie canzoni, poco in ascolto e
disinteressato sulle canzoni degli altri, interrompe spesso, poca attenzione e
molto dispersivo.
Quando ascolta una canzone che gli piace il suo sguardo diventa fisso, rimane
immobile senza parlare e molto concentrato per tutta la durata dell’ascolto.
Spesso prende l’iniziativa nel suonare uno strumento. Molte volte si alza in piedi
di sua spontanea volontà per scegliere ed esplorare gli strumenti musicali, altre
volte sulla musica si alza in piedi e comincia a ballare, molto spesso è da
contenere.
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Nei suoi discorsi molto contraddittori sono presenti la rabbia verso il padre ma
anche la mancanza, a volte dice di volerlo vedere morto. Parla spesso di
impiccagione, di morte, di omicidi, di carcere, d’inferno, purgatorio, baratro.
Sugli strumenti a percussione riesce a scaricare le tensioni che porta dentro
suonando molto forte.
Cantanti e canzoni preferite: dei cartoni animati specialmente quelle con i
super eroi come Ufo Robot, Mazinga Z, L’uomo tigre, Daidan, Hanno ucciso
l’uomo ragno, Lucio Battisti, Rino Gaetano, Geordie (De Andrè).
Strumenti più suonati e preferiti: esplora e suona più o meno tutti gli
strumenti di sua iniziativa, preferisce quelli a percussione.
LAURA: di anni 18
Diagnosi: psicosi
Atteggiamento depressivo, molto chiusa in se stessa, sguardo rivolto verso il
basso. Sembra timida anche se a volte si mette in gioco.
Aspetto fisico curata ben vestita e a volte poco truccata.
Percorso musicoterapico: per motivi di lavoro partecipa alle sedute non
costantemente (quattro volte) Le sue verbalizzazioni dopo gli ascolti sono
profonde e significative. Dice che le canzoni a volte riescono a darle la carica
per andare avanti mentre a volte la fanno diventare triste e si butta giù.
A volte quando i ragazzi suonano lei chiude gli occhi e ascolta.
Le piacciono sia le canzoni lente che quelle più movimentate e afferma:
“Ascoltare musica è come se abbattesse tutti i muri perché inizi a pensare con la
tua testa”.
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Cantanti e canzoni preferite: musica rock, Negrita, Ligabue, Egles,
Antonacci, Negroamaro…
Strumenti più suonati e preferiti: sa suonare un po’ il pianoforte con una
modalità tutta sua, congas (scopre che tenendola leggermente sollevata suona più
forte), bastone della pioggia, nacchere, bongos.
MICHELA: di anni 18
Diagnosi: psicosi
Nessuna informazione
Percorso musicoterapico: partecipa solo a una seduta, è entrata da pochi
giorni al CSM ma solo per una settimana perché sarà trasferita in un altro centro.
Suona un po’ il pianoforte e ascolta sempre la musica.
Michela afferma: “Io vivo per la musica! Mi piace molto cantare ma faccio
fatica perché le medicine che prendo mi impappinano”.
Rimane in seduta quaranta minuti circa poi dice che vuole andare a casa,
un’operatrice che si trova nella stanza durante l’incontro le dice che dovrà
curarsi per un periodo molto lungo prima di tornare a casa. Michela esce dalla
stanza e scappa dal centro. Riesce a tornare a casa da sola.
Cantanti e canzoni preferite: L.Pausini, P.Meneguzzi, Nek, Celine Dion in
particolare la colonna sonora del film Titanic, Cramberries.
Strumenti più suonati e preferiti: Nessuno
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7.
Obiettivi
Questi sono gli obiettivi generali da raggiungere come inizio di un percorso non
terminato ma ancora molto lungo.
-
Sviluppare le capacità e i bisogni di stabilire rapporti interpersonali più
profondi e significativi attraverso una comunicazione autentica;
-
Educare all’ascolto e all’accoglienza;
-
Favorire una maggiore presa di coscienza delle proprie potenzialità
attraverso l’esperienza sonora attiva e recettiva;
-
Potenziare le capacità di ascolto di sé e dell’altro;
-
Favorire il riconoscimento e l’accettazione della “differenza” avendo
rispetto di sé stessi e degli altri;
-
Sviluppare la presa di coscienza e di contatto delle proprie emozioni
attraverso la musica;
-
Dare la possibilità di esprimersi e parlare di sé attraverso la musica come
linguaggio molto vicino all’adolescente;
-
Possibilità di dar voce alle proprie emozioni e al proprio mondo interiore;
-
Costruire un’identità di gruppo, senso di appartenenza con il rispetto delle
regole e delle consegne;
-
Incentivare le capacità espressive di base dei partecipanti attraverso il
canale sonoro-musicale;
-
Favorire la comunicazione, la relazione all’interno del gruppo
incentivando all’ascolto di se stessi e degli altri.
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8.
Programma degli incontri
Il programma generale degli incontri può variare in base all’andamento della
seduta.
A volte risulta difficile seguire un programma e pianificare le sedute con queste
persone, bisogna essere pronti a modificare sul momento quello che si era
proposto di fare, e lavorare sul “qui ed ora”.
La seduta inizia con l’accoglienza verbale, con il saluto della musicoterapista e
della coterapista rivolto a tutti i partecipanti.
Solitamente si accoglie ciò che porta il gruppo, i ragazzi arrivano nella stanza e
portano i loro cd da farci ascoltare. Ascoltiamo a turno una canzone che ognuno
di loro propone e vuole condividere con il gruppo.
Dopo l’ascolto di ogni canzone segue una verbalizzazione, un momento di
riflessione sul testo, sulla musica, un confronto e una condivisione delle
emozioni e delle sensazioni provate da ciascun ragazzo.
Segue un momento strumentale libero o più strutturato secondo le consegne
della musicoterapista.
Viene effettuata una scelta degli strumenti musicali da parte dei partecipanti e
segue un’esplorazione. Si può suonare a turno da soli, in coppia, tutti insieme, su
una pulsazione ritmica precisa della musicoterapista…
Importante è la scelta degli strumenti musicali, l’esplorazione, la modalità di
produrre il suono, il suonare da soli o insieme al gruppo.
La musicoterapista può dare delle consegne che possono essere direttive su ciò
che è emerso spontaneamente dal gruppo, qualcosa di diverso, oppure consegne
non verbali.
Segue un momento di riflessione sulla parte strumentale, per parlare insieme di
quello che è stato fatto o per confrontarsi sulle emozioni provate.
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Per terminare l’incontro si propone una canzone “neutra” di ascolto, per portare
al rilassamento, alla calma l’eccitazione e le emozioni che possono essere
emerse nei momenti precedenti.
Per alcuni di questi ragazzi è molto difficile saper ascoltare rimanendo in
silenzio e non partecipando attivamente, sarebbero tentati a cantare o a suonare
uno strumento. Come a volte risulta difficile ascoltare gli altri e rispettare i
tempi di tutti.
L’incontro di musicoterapia si conclude con un saluto verbale e dandoci
l’arrivederci alla prossima volta, ricordando il giorno in cui ci rivedremo.
9.
Le canzoni dei partecipanti e le loro verbalizzazione
In questa esperienza si è potuta osservare l’importanza che questi ragazzi
attribuiscono alla musica e alle canzoni che ascoltano, come tutti i giovani vi è
un’identificazione nei cantanti che loro preferiscono e soprattutto nei testi in cui
ognuno di loro va alla ricerca della propria identità.
Hanno parlato delle proprie esperienze personali, delle loro situazioni anche più
critiche, delle loro emozioni e delle loro speranze che hanno condiviso con il
gruppo. Sono riusciti a trovare attraverso la musica, linguaggio a loro molto
vicino, un modo per esprimersi e per parlare di sé dando voce alle proprie
emozioni e al loro mondo interno.
Ho ritenuto importante scrivere i testi delle canzoni che i partecipanti hanno
voluto condividere e hanno fatto ascoltare al gruppo e le relative verbalizzazioni
avvenute dopo l’ascolto.
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SUSANNA
SERE NERE
(Tiziano Ferro)
Ripenserai agli angeli, al caffè caldo svegliandoti
mentre passa distratta la notizia di noi due
Dicono che mi servirà se non uccide fortifica
mentre passa distratta la tua voce alla tv
tra la radio e il telefono risuonerà il tuo addio.
Di sere nere che non c'è tempo non c'è spazio e mai nessuno capirà
Puoi rimanere perché fa male male male da morire senza te.
Ripenserei che non sei qua ma mi distrae la pubblicità
tra gli orari ed il traffico lavoro e tu ci sei
tra il balcone e il citofono ti dedico i miei guai.
Di sere nere che non c'è tempo non c'è spazio e mai nessuno capirà
puoi rimanere perché fa male male male da morire senza te.
Ho combattuto il silenzio parlandogli addosso
e levigato la tua assenza solo con le mie braccia
E più mi vorrai e meno mi vedrai
E meno mi vorrai e più sarò con te
E più mi vorrai e meno mi vedrai
E meno mi vorrai e più sarò con te
E più sarò con te, con te, con te lo giuro.
Di sere nere che non c'è tempo non c'è spazio
e mai nessuno capirà
Puoi rimanere perché fa male male male da morire senza te.
Senza te.
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Susanna: nella prima seduta porta il suo cd, vuole fare ascoltare al gruppo
questa canzone, rimane ad ascoltare con attenzione ma non commenta alla fine
dell’ascolto.
Nicolò: comincia a cantare la canzone, dice: “Mi piace anche se è un po’ triste,
parla di un amore perso”.
Giuseppe: ascolta, ogni tanto ride alla fine dice: “Questa canzone è molto
bella”.
Giovanni: rimane a sedere immobile per tutta la durata della canzone. Dice:
“Questa canzone ha un bel ritmo, è sentimentale”.
SEMPLICEMENTE (Zero Assoluto) CD n°7
Ora che mi sento bene...eh...spengo la luce...
spero di riuscire a dimostrare...che...così va bene
ora che ci penso mi perdo in quell’attimo dove dicevo che tutto era fantastico...
mi sembra.. ieri...
e ora che è successo fa lo stesso...se non ti cerco non vuol dire
che mi hai perso...
già sto sognando...ma adesso...
Buona notte a te buona notte a me buona notte a chi ancora non ho incontrato...
buona notte pure a lei...lei te dove sei...anche oggi che ti ho cercata...
buona notte a te buona notte a me buona notte a chi ancora non ho incontrato...
buona notte pure a lei...anche oggi che ti vorrei...
...semplicemente semplicemente semplicemente semplicemente... ( nananana! )
La voglia di non ragionare ma vivere sempre disposto a rischiare e ridere...
riderne, la gioia di quest’attimo senza pensarci troppo solo gustandolo...
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le stesse storie e quei percorsi che non cambiano...
quelle canzoni e le passioni che rimangono...
semplicemente non scordare... ( nananana! )
come i libri della scuola fra le dite...
la colazione ogni mattina da una vita...semplice..
come incontrarsi perdersi poi ritrovarsi amarsi lasciarsi...
poteva andare meglio può darsi...dormire senza voglia di alzarmi...
e faccio quello che mi pare... ( nananana! )
se ci penso ora...se ci penso adesso...
non so ancora che cosa ne sarà...
perchè mi manca il fiato...
perchè ti cerco ancora...non so dove che cosa ci sarà!...ah...
...semplicemente semplicemente semplicemente .... ( nananana! )
buona notte a te buona notte a me buona notte a chi ancora non ho incontrato...
buona notte pure a lei...lei te dove sei...anche oggi che ti ho cercata...
Buona notte a te buona notte a me buona notte a chi ancora non ho incontrato...
buona notte pure a lei...anche oggi che ti vorrei...
...semplicemente semplicemente semplicemente semplicemente ... ( nananana! )
Susanna: nella quarta seduta porta il cd da fare ascoltare e rimane a sedere per
tutto il tempo, molto composta durante l’ascolto. Quando alla fine della canzone
la musicoterapista chiede che emozioni ha trasmesso la sua canzone, Susanna
risponde: “Mi mette tranquillità, adoro la voce del cantante, è molto dolce; per
me la semplicità significa essere se stessi in maniera umile”.
Nicolò: si sdraia sul divano e dice: “Il testo di questa canzone dice che domani
sarà un giorno migliore. Mi ha trasmesso un senso di tranquillità”.
Giuseppe: “Questa canzone mi è piaciuta tantissimo, ha un bel ritmo solare”.
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Laura: ascolta con lo sguardo rivolto verso il basso: “Questa canzone secondo
me rispecchia la quotidianità e l’andare avanti nella semplicità”.
ETERNITY
(Robbie Williams) CD n°6
Traduzione: eternità
Chiudi gli occhi cosi non li sentirai
Non hanno bisogno di vederti piangere
Non posso prometterti che ti salverò
Se me lo permetti io proverò a cantare una serenata d’estate.
Il passato é passato siamo stati traditi, questo é vero
Alcuni possono dire che la verità non esiste
ma io credo senza dubbio in te
Tu sei stata qui nella mia estate da sogno
e mi hai dato quello di cui avevo bisogno
E spero che troverai la tua libertà per l’eternità per l’eternità.
Ieri quando stavamo camminando
mi hai parlato di tuo padre e di tua madre
quel che hanno fatto ti ha resa felice
quel che non hanno fatto ti ha resa triste
ma triste è guardare il tramonto
Abbiamo colto una stella prima di perderci nella luna
la gioventù l'abbiamo bruciata
Prima che te ne sei accorta é venuta ed andata troppo presto
Tu sei stata qui nella mia estate da sogno
e mi hai dato quello di cui avevo bisogno
E spero che troverai la tua libertà per l’eternità per l’eternità
Tu sei stata qui nella mia estate da sogno
e sei stata certamente un amica
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e spero che troverai la tua libertà alla fine
Tu sei stata qui nella mia estate da sogno
E mi hai dato quello di cui avevo bisogno
E so che troverai la tua libertà alla fine
per l’eternità...
Susanna: “Mi piace molto la melodia della canzone, ha una bella musica e il
pianoforte come sottofondo crea l’atmosfera, anche le parole sono molto
significative”.
Laura: sembra nervosa, per tutta la durata della canzone muove la gamba
sinistra come se fosse infastidita da qualcosa poi commenta: “Non mi dice tanto
questa canzone. Parla di libertà nell’eternità”.
Nicolò: “La musica è come se volesse esprimere coraggio e forza”.
UN ALTRO MARE (Tiro mancino)
CD n° 8
Se te ne vai io resterò a difendere l’idea di noi
che vedevamo crescere quasi all’improvviso
Tu vuoi riflettere su ciò che è stato e poteva essere
Stare qui non fa bene neanche a te.
Dovunque andrai arriverò a riprenderti
perché tu sai che non ho intenzione di perderci
Forse come uomo potevo fare meglio
però gli errori si commettono per sbaglio
E ora so che da qui ripartirò cosi guardando sopra la mia testa
C’è un altro mare se chiudo gli occhi riesco a immaginare
oltre il volo degli uccelli e degli aerei giorni lontani
Di noi domani non mi fa paura il tempo che corre
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e mi porta lontano le cose che amiamo perché so che voglio inseguirle
Per questo vivrò guardando sopra la mia testa
C’è un altro giorno che ha cancellato tutto il buio in un secondo
E ora vedo il tuo sorriso
Sono sicuro sarà bellissimo il futuro
Se guardo sopra la mia testa c’è un altro mare
Chiudendo gli occhi riusciamo a immaginare
E oltre il volo degli uccelli e degli aerei giorni lontani
Di noi domani.
Susanna: “Ho scoperto questo gruppo da poco tempo e mi piace molto, la
canzone mi fa pensare alla sensibilità dell’uomo, parla di aerei e di uccelli che
volano lontano da tutto”.
Laura: “Le canzoni di questo gruppo sono tutte molto simili e il cantante si da
molta importanza, anche se questa canzone che abbiamo ascoltato mi è piaciuta,
non l’avevo mai sentita”.
Nicolò: “Questa canzone non la conosco anche se mi da un senso di sensibilità”
Andrea: appare poco interessato all’ascolto, parla ed è molto concentrato sul
suo cd da fare ascoltare e quando gli viene chiesto che cosa pensa di questa
canzone lui risponde “Non mi piace questa canzone possiamo ascoltare la mia?”.
PENSIERI AL TRAMONTO (L.Carboni-T.Ferro)
CD n°10
Una vecchia barca legata alla sua cima ondeggia un po’
e le pietre sotto ai miei piedi non si muovono
vorrei stare così immobile degli anni e non fermarmi mai
in faccia gli ultimi raggi del sole che fra un po’ tramonterà
e quando le sere scendono e dolci poi ci avvolgono
ci addormentiamo e i sogni poi piano piano entrano
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come dottori attenti che ci guariscono
o come amici veri che ci capiscono.
Una vela splende bianca all’orizzonte e dei ragazzi ridono
mi dispiace che i pensieri del mio tempo mi condizionano
non riesco ad avere miti né eroi io sono un mito per me
so che un bel vestito nuovo non può darmi nessuna felicità
e quando le sere scendono e dolci poi ci avvolgono
ci addormentiamo e i sogni poi piano piano entrano
come artisti grandi che ci emozionano
o come dolci amanti che ci amano.
Anche gli amanti dopo i baci infuocati adesso si fermano
il tempo passa in fretta è un peccato io non mi annoio mai
voglio colorare i giorni e le ore tutto il tempo che ho
ogni tempo ha la sua musica le sue voci ma il silenzio è sempre così.
Susanna: “Ho scelto questa canzone perché mi ha colpito molto la musica, forse
più del testo”.
Andrea: appare poco interessato alla canzone, disturba durante l’ascolto e
bisogna richiamare la sua attenzione, stuzzica Susanna, sembra nervoso, con le
unghie graffia il bracciolo della poltrona e dice: “Ho voglia di distruggere
qualcosa”.
Laura: ascolta la canzone con molta attenzione e dice: “E’ come se questa
musica riuscisse a dare una spinta alla canzone. Mi ha fatto tornare alla mente
ricordi passati, lontani dove c’era una spiaggia e in lontananza in fondo al mare
una vela”.
Giovanni: trova molta difficoltà a verbalizzare quando alla fine dell’ascolto la
musicoterapista gli chiede le sue impressioni e quello che ha suscitato in lui la
canzone. Tende a non parlare delle emozioni e dice “Questa è una musica con un
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bel ritmo, è cantata ma non sono riuscito a capire il testo. Mi piace la musica
suonata da più strumenti e soprattutto le canzoni dove ci sono la batteria, la
chitarra e il pianoforte”.
CERTE COSE NON CAMBIANO
(Zero Assoluto) CD n°9
Resto qui, è solo la verità
non si può nascondere la realtà
che certe cose non cambiano ,non serve poi dirselo.
Le distanze non contano, i giorni allontanano
non si dimentica, la città dove le cose non cambiano,
e i libri raccontano le storie che passano
Qui qui qui, dove vivi tu
e il ricordo che ho, di quelle cose che restano
Qui qui dove vivi tu
e il ricordo che ho, di quelle cose che restano
le cose che restano
le mie foto che parlano, i momenti che vivono qui
più leggeri nei giorni, fino a quasi confondere i sogni
le passioni che chiamano come strade che portano qui
qui qui dove vivi tu
E il ricordo che ho, di quelle cose che restano
qui qui, e in un attimo tutto quello che ho,
sono le cose che restano,le cose che restano.
Susanna: “Ho portato questa canzone perché mi piace molto la melodia, è molto
rilassante, va bene per dormire un pochino!”.
Nicolò: “Questa canzone parla delle cose che restano. Mi ha dato la sensazione
di avere voglia di andare a letto”.
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Andrea: poco interessato alla canzone, distratto e concentrato sul cd che tiene in
mano da fare ascoltare al gruppo e dice: “Questa canzone non mi è piaciuta
possiamo ascoltare la mia?”.
A DAY WITHOUT RAIN (Enya) Brano strumentale
Susanna: “Questa musica è bellissima, angelica, mi piace molto il suono del
pianoforte”.
Giovanni: “Questa musica è continua e ripetitiva. Mi ricorda gli affetti e i miei
genitori”.
Andrea: molto contraddittorio dice: “Vedo il paradiso anche se trovo questa
musica un po’ infernale”.
Nicolò: mentre ascolta chiude gli occhi, sembra addormentarsi sulla poltrona poi
dice: “Mi sono rilassato mentre l’ascoltavo”.
L’AMORE NON LO SA (L. Carboni)
Forse l'amore non sa niente
non ha letto un libro mai
forse non è mai andato a scuola non sa la storia
nemmeno da che parte sta.
Forse l'amore non lo sa
forse l'amore non sa parlare
sa dire solo si o no
non sa nemmeno se deve avere se deve dare
o se invece basta già.
Forse l'amore non lo sa
l'amore non lo sa e non si ricorda niente
senza storia va perché è appena nato sempre
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... e non si vede perché abita dentro di te abita dentro di me
forse l'amore non è prudente cerca solamente guai
forse non sa nemmeno che il tempo passa
e che la vita se ne và.
Forse l'amore non lo sa
l'amore non lo sa e non gliene frega niente
senza storia va perché è appena nato sempre
... e non si vede perché abita dentro di te abita dentro di me
... sembra nascosto ma c'è abita dentro di te abita dentro di me.
Susanna: sceglie la canzone da ascoltare dal suo cd che non ha mai ascoltato
prima perché è colpita dal titolo “L’amore non lo sa” e dice: “Non l’avevo mai
sentita anche se questo cd è mio e devo dire che è molto carina, bello il titolo”.
Giovanni: “É una canzone d’amore, ha un bel ritmo”.
Andrea: “Mi fa schifo!”.
NICOLO’
CANZONE VIDEO (progressive suonata nei rave party)
Nicolò: porta il suo computer e ci mostra il video di una canzone da lui scaricata
da internet e alla fine dell’ascolto dice “Questa musica apre lo spirito, è per i
ragazzi che si vogliono divertire senza eccedere troppo, mi ci rivedo”.
Giovanni: “ É la prima volta che ascolto una musica di questo genere, ci sono
molti cambiamenti nella canzone, nel video si vedeva la natura, fa pensare”.
Andrea: “Questa canzone mi ha fatto pensare alla natura, agli animali e agli
insetti”.
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PRONTO CARABINIERI (musica tecno) CD n° 2
Carabiniere: “Pronto Carabinieri”
Persona : “Vorrei fare una denuncia”
Carabiniere: “ Si a carico di chi?”
Persona : “Pinco Pallino”
Carabiniere: “In che via?”
Persona: “Via Fasulla”
Carabiniere: “Ok le mandiamo una pattuglia, Arrivederci!”
Ricordiamo che Nicolò si trova agli arresti domiciliari, fa riemergere il suo
passato, porta in seduta questa canzone da condividere con tutto il gruppo come
se fosse per lui uno sfogo liberatorio.
La musicoterapista in questo caso ha preferito non fare domande al termine della
canzone, la musica ha parlato da sola e non ha avuto bisogno di ulteriori
commenti.
CRUCIAL SITUATION (Don Carlos)
Nicolò: “Questa canzone parla della guerra in Jamajka, la musica a differenza
del testo è rilassante”.
Giuseppe: “Questa canzone è dolce, tranquilla e sorridente”.
Laura: “Il primo impatto è stato di tristezza trasmessa dalla musica, poi mi ha
fatto venire in mente due persone che ballano un ballo sensuale”.
Susanna: “Trovo che questa canzone rispecchi molto la personalità di Nicolò”.
Andrea: “Io direi che è bella la canzone, il primo pezzo mi fa pensare alla natura
e agli animali mentre il secondo mi fa pensare ai miei genitori”.
Giovanni: “Mi è piaciuta la musica, ci sono le percussioni e il ritmo si mantiene
lo stesso per tutto il pezzo”.
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RIDIM SULLA POLIZIA
Nicolò porta un suo cd musicale masterizzato dal suo computer e ci fa ascoltare
una canzone della durata di dodici minuti e ci spiega che il testo tratta
dell’aggressività della polizia.
Nicolò: “Mi piace il testo di questa canzone, è molto soft, ti trasmette o la
tristezza o la positività, è un contrasto che mi piace”.
Susanna: “Non ho mai ascoltato della musica come questa! Sembrava uno
sfogo, mette un po’ di tristezza”.
Laura: “É come se questa canzone fosse divisa in tre parti: all’inizio
l’impressione è quella di fratellanza e di amicizia poi nella seconda parte ho
avvertito un senso di ribellione e nella terza parte non sono riuscita a capire
bene”.
Michela: “Non mi è piaciuta, non mi ha dato niente, quello che canta sembra che
abbia il mal di pancia”.
Andrea: Mentre parla ha il volto coperto da un cappuccio nero che non si vuole
togliere e dice “Mi ricorda il paradiso, mi vengono in mente le macchine del mio
papà e della mia mamma”.
PARIGI, O CARA (R. Vecchioni) CD n° 1
Per cercare le stelle chiuse nella tua mano
quante volte nel buio io l'ho stretta ma piano
trovai forse mille forse più
forse più forse più parole
cantai così tanto che la notte gridò che così non vale
non è più amore e il sole di maggio ricomincia a bruciare
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non aspetto i tuoi passi, non le guardo le scale
e quando partivi senza più senza più senza più tornare
e adesso ritorni e ora che ora che ora che mi parli
sai che mi perdi
Parigi Parigi Parigi Parigi è lontana
ma oramai ci so arrivare io la vedo e tra un momento la potrò toccare
Parigi Parigi Parigi Parigi è vicina,
è una stella nella sera dove fuggono i ricordi di una notte scura e vanno via
Fino a quando mi lasci fino a dove mi aspetti
sono tanti i miei giochi per passare le notti
ma dopo ogni notte riapro e richiudo la porta e fuori è già l'alba,
non c'eri e non c'è nessun altra
eri la sola, e cammina cammina solo per i tuoi occhi
li vedevo vicini ma era un gioco di specchi
ma forse era in sogno forse fu forse fu forse fu in sogno
ma forse era vero quello che quello che quello che sognavo ed io non c'ero
Parigi Parigi è lontana è una luce sopora il mare,
è l'amico che hai lasciato e che ti sa aspettare
Parigi Parigi Parigi Parigi è un momento, una stella nella sera
dove fuggono i ricordi di una notte scura e vanno via
Parigi Parigi Parigi Parigi è lontana è una stella nella sera
E il tuo viso che mi manca non mi fa paura
Parigi Parigi Parigi Parigi è vicina e oramai ci so arrivare
io la vedo e tra un momento la potrò toccare
Robert Robert Robert Robert Cruscion, le san mon, le poul var,
Monmart, Trasart, Bodleir, Jarry,
è tempo di riaccendere le stelle consigliere
la sopra le lamiere della Tour Eiffeil
Robert, metrò, bistrou, gigolò,
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Rimboud veleggerà sul tetto della città
Nuvola artificiale di alluminio
E costruiremo riformatori più grandi e luminosi
i delinquenti di oggi saranno i dirigenti di domani
Tiscion, le san mon, le vui fan,
la prima volta che mi uccisi, là,
sulle lamiere della Tour Eiffeil
lo feci solamente per far rabbia alla mia amante
ormai son solo al mondo e se muoio anche io
non avrò più nessuno.
Robert Robert Robert Robert.
Nicolò: per la prima volta Nicolò propone una canzone in lingua italiana, il cui
testo parla di suicidio. Non approfondiamo l’argomento ma viene segnalato agli
operatori e alle persone di riferimento la scelta da parte di Nicolò di fare
ascoltare questa canzone così significativa in cui Nicolò vede una meta.
Al termine della canzone dice: “Mi da senso di libertà, vedo una mia meta, sento
di arrivarci giorno dopo giorno. La musica è rilassante e mi piace molto il testo”.
Andrea: “Questa canzone non mi è piaciuta, mi manca mio papà e mi mancano i
miei amici”.
Susanna: “Conosco alcune canzoni di Roberto Vecchioni ma questa non
l’avevo mai sentita prima. La musica è bella e rilassante. Mi ha ricordato mia
sorella che è stata a Parigi”.
Laura: “Ho trovato questa canzone un po’ triste sia nella musica che nel testo”.
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I MISSING YOU (PERDERE TE) (Sanchez) CD n° 3
Yeah I’m a missing you missing you
talk to you but it's not the same
as touching you and everytime you whisper my name
I wanna run to you
We'll be together and it won't be long
it won't be long but it seems like forever
and it's out of my arms baby cuz i'm missing you now
and it's driving me crazy cuz i'm needing my baby
i'm missing you now
Can't wait another moment
baby cuz i'm missing you now
needing you right here by my side
is all that i can do arms around my pillow at night
they should be holding you
I was much stronger how could I know?
how could I know?
But it seems like forever and it's hard to be strong
baby cuz i'm missing you now and it's driving me crazy
i'm needing my baby i'm missing you now
can't wait another moment baby cuz i'm missing you now
said i'm a missing you now and it's driving crazy
i'm needing my baby i'm missing you now
can't wait another moment.
Nicolò: “La canzone parla di un amore a distanza e dice:- Dai sbrigati prima che
la distanza ci allontani, ho paura di perderti-”.
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Giovanni: “Mi piace come è suonata questa canzone con tutti gli strumenti.
Questa è musica che ti da vita ma non troppo”.
Laura: “Questa è una canzone d’amore ma non saprei dire che emozioni mi ha
trasmesso, mi ha lasciata abbastanza indifferente”.
Andrea: “Questa canzone mi fa pensare al paradiso, al purgatorio, all’inferno e
un po’ al patibolo”.
Susanna: “É uno stile particolare, mi piace il reggae mi ricorda Bob Marley,
sono andata a un suo concerto tanto tempo fa”.
MORENDO (DIFESA PERSONALE) (Mondo Marcio) CD n° 4
È strano lo sai ho sempre pensato che avrebbe potuto funzionare, voglio dire
sapevo che c’erano problemi capisci ma non fino a questo punto.
(Parte 1) Vedrai un c…. di demo uscire da un cimitero fare nero il cielo
mandare a p…… il mondo intero e nemmeno angeli neri qua portare carestia
per metterci in ginocchio e implorare eutanasia non vedrai magia nera o
maledizioni tribali ne stregoni paranormali dalle legioni infernali ma non vedrai
il diavolo portare peste o vaiolo perché lui sa che ormai questo ruolo lo riveste
l’uomo. Stai morendo uomo e non sei solo abbiamo sei miliardi di anime che
stanno prendendo il volo, puoi vederle scomparire bucate da una pistola oppure
sotto le macerie di una scuola o anche in strada tra comparse di scene tagliate e
dive con le tette rifatte e le vene tagliate guarda questa è m….. che non risparmi
nessuno perciò non farti attirare dal profumo uomo stiamo morendo.
Apri gli occhi uomo apri gli occhi tutte le f…… comodità di questo mondo non
basteranno a salvarti no uomo ti faranno soltanto affondare e veloce cosi veloce
da non accorgertene nemmeno non sei in salvo non sei al sicuro questa è m…..
che non guarda in faccia nessuno bello colpisce i f…… borghesi come colpisce i
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f….. poveracci perché noi abbiamo scelto di vivere.
(Parte 2) C’è solo indifferenza e odio per il diverso tutto per la gara
ma il podio è gia perso
nasciamo in una bara da quando il nostro motto è carica e spara
perché a noi tutto ci separa
che sia razza o religione basta dare un nome alla dichiarazione di guerra
per la terra di un'altra nazione è lo stesso per ogni popolazione cambia solo il
successo della generazione, abbiamo tutti lo stesso sangue sulle stesse mani.
Io vedo solo uomini uccidere uomini se due aeroplani non vedo razze
non vedo colori vedo ragazze madri pregare per giorni migliori
che non ci sono e non ci saranno mai
finche c’è chi prega dio per il pane chi per un hi-fi, nuovo mi muovo disgustato
in questo scenario ancora marci in solitario finche non scende il sipario
stiamo morendo.
Il vero unico motivo perché non riusciamo a toglierci dal ombra e non
riusciamo a portare un po’ di luce nella nostra vita è che noi siamo quel ombra
uomo lo siamo diventati a furia di vivere nel peccato siamo diventati peccato
perché vedi guardati intorno c….. guardati intorno gliene frega più un c….. a
nessuno è no sono tutti felici hanno la macchina hanno una televisione cristo
santo hanno il frigorifero pieno cristo santo digli delle guerre digli dei bambini
che si sparano in faccia a vicenda digli di questo digli delle mamme che vedono
i loro bambini saltare in aria per una religione uomo o per una terra digli di
questo cos è non ci riguarda non sono fratelli nostri non è affare nostro soltanto
perché non succede in Italia questo lo chiami amare il prossimo tuo come te
stesso no uomo stiamo tutti, morendo…..
(Parte 3) Quando spegni la luce cammina buio impara a distinguere chi
produce e chi dà il ...impara a guardarti la schiena ogni sirena considera ogni
volta che mangi la tua ultima cena è luna piena e sto guardando
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un'altra vena bucata di trent’ anni mentre la mia generazione grema fumata in
questa scena desolata ognuno si guarda intorno in pena come una iena affamata
di fumo solo dopo in questo mondo di marci mondo ruota intorno alla fegliota
ma non pesarci svuotati le tasche impasta basi di coca e si finisci tutto puoi
sempre rubare un nokia e poi rivenderlo per quattro tocchi e andarci giù
pesante finche strafatto sbocchi e quante volte ho visto la morte sedermi
affianco fumando fino all’ asma con il fantasma affianco perché sono stanco di
starmene all’angolo e tenere banco per un branco di s…. a cui vendere il fango
uomo sono stanco f……. a questa vita di veleno la preferisco inghiottita dal
terreno è tempo e sto morendo.
Andrà avanti così uomo andrà avanti sempre così sempre nello stesso modo
sarà sempre lo stesso schifo finche non capiremo che dobbiamo unirci per
sopravvivere dobbiamo aiutare i più deboli e non f….. uomo tu mi capisci non
sto parlando dei bianchi e dell’Italia sto parlando di tutti i f….. colori di sto
pianeta terra che abbiamo deciso di mandare a p….. dobbiamo fare qualcosa e
in fretta perché stiamo morendo.
Nicolò ha bevuto di nascosto, è ubriaco non è nelle condizioni per partecipare
alla seduta di musicoterapia. Il suo educatore, la psicologa e la musicoterapista
decidono insieme di fargli capire che ha sbagliato e che non può partecipare
all’incontro a cui lui tiene molto.
Nicolò se la prende, alza la voce e comincia ad insultare tutti, dice di non volere
più partecipare agli incontri di musicoterapia, si sente tradito. Solo quando si
calma a metà seduta entra nella stanza e dice che ha bisogno di far ascoltare la
canzone che ha portato, parla di lui e il titolo è “Difesa personale”. Si decide di
ascoltare la sua canzone. Nicolò si siede, ascolta e solo alla fine della canzone si
alza, prende il suo cd, ringrazia ed esce dalla porta.
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Non c’è stata la verbalizzazione dopo l’ascolto, la canzone ha parlato per Nicolò
ed il gruppo ha saputo ascoltarlo.
TUTTO QUELLO CHE SONO (Mondo marcio) CD n°5
Uh...si fa sul serio eh? perchè quello che sento è tutto ciò che porto dentro
C…....eh si...è tutto quello che sono, semplicemente tutto quello che sono
Stammi a ascoltare... stammi a ascoltare,lasciami parlare , lasciati scaldare dal
tepore delle mie parole, siamo persone in fondo e questo mondo non ci vuole.
Ma che posso fare? Se...se la speranza muore. Continuare a sognare per
realizzare ciò in cui credo, non avere paura per raccontare ciò che vedo e non
potrò mai barare perchè so che se adesso prego, sarò nudo davanti a Dio e in
un' altro modo "conserva le speranze."
Mi dicevo, ma dopo tante esperienze ormai non ci credevo mi accorgevo di stare
migliorando ma era dura perchè tutti ti offendono e incominci a aver paura
e allora togli la sicura e ti ficchi la canna in bocca, Sia uno spino o una bottiglia
fratello, poco importa perchè è tutta m….. e non vuoi stare ad ascoltare, perchè
hai ragione e questo può bastare.
E allora inizi a passare le tue serate a vomitare chiuso in metropolitane tra
barboni e p….
Strane signore che ridono se mi fermo alla pancia o alla faccia, non c'è sera
senza ganja o una boccia.
Sono forte come una roccia non mi ferma nessuno,giusto? Fratello non mi hai
chiesto, se stavo a posto e io ho risposto piangendo che ero un f… malato e
sono uscito dal giro prima che fossi bruciato.
Ed ora mi sento cambiato ma ancora lontano dall'arrivo ma che fosse un
terreno minato questo lo sapevo, vivo da soldato non smetto neanche un attimo e
anche se mi hanno umiliato riderò per ultimo, perchè...
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E tutto quello che sono è un sogno da realizzare nessun timore per ciò che dovrò
affrontare è un lungo cammino e ci sarà da camminare ma ho scelto il mio
destino è ora di darsi da fare.
E tutto quello che sono è un sogno da realizzare nessun timore per ciò che dovrò
affrontare, è un lungo cammino e ci sarà da camminare ma ho scelto il mio
destino è ora di darsi da fare.
Mi guardo intorno e vedo solo corruzione "Eh il mondo gira in questo senso"
no, non è questione di accettare questo schifo,droga e alcool fino a tardi farmi
la prima s…. spero solo che Dio non guardi.
E ora che tutti i miei punti di riferimento stanno volando via veloci come foglie
al vento sento voci che mi chiamano"Marcio stai attento" sono stanco di un
rimpianto che mi è accanto da tempo.
Non lascia la presa dignità offesa e uccisa stritolata in una chiusa ma una luce è
ancora accesa e trovo pace solo in chiesa con la croce lì appesa perchè
un'anima derisa non si è mai arresa. E così ho continuato sbaglio dopo sbaglio
lentamente ripagato con la penna su sto foglio.
E'meglio stare insieme?No bella non ti voglio.
Mamma guardami bene non sono più tuo figlio, io sono quello che pensavi non
sarei mai diventato, cresciuto con l'odio incarnato ed ora liberato, cresciuto
arrabbiato perchè lasciato al suo destino.
Mi avevate dominato,ma ero solo un bambino e adesso tutto ciò che sono è
voglia di andare via, io sono il figlio malato di una malata borghesia.
Ho passato degli anni tra case di periferia il fumo della maria, sirene di polizia
E ora che tutto è cambiato,dovrei fare il posato, educato dallo stato e abituato
al divieto, ma è tutto vuoto uomo è tutta una grande messa in scena.
C'era più sincerità negli occhi di una p….. ma la vita continua rima dopo rima.
Lasciami solo e scriverò fino a mattina, lascia che ti chieda se si muore o se si
vive quando la tua vita è come un fiore nella neve.
E tutto quello che sono è un sogno da realizzare nessun timore per ciò che dovrò
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affrontare, è 'un lungo cammino e ci sarà da camminare ma ho scelto il mio
destino è ora di darsi da fare, è tutto quello che sono è un sogno da realizzare,
nessun timore per ciò che dovrò affrontare, è un lungo cammino e ci sarà da
camminare, ma ho scelto il mio destino è ora di darsi da fare.
Vieni con me ti porto dritto alla mia essenza, l'unica mia forza è un sentimento
di speranza perchè ciò che avanza è solo amore e sofferenza e non posso vivere
senza, è una maledizione sensazione di dolore amore fisso non si smuove, penso
a ciò che vivo adesso,che non ho più parole troppe sprecate a gridare contro chi
non può capire.
La mia vita è un labirinto e non posso uscire ma stammi a sentire semplice,è
solo una vita sulla carta.
Ma puoi vedere mia complice una ferita aperta queste parole grondano sangue,
mi aggrappo alla mia vita, temo un'emorragia perchè la via è smarrita.
Mi è ancora amara nel palato questa vostra ipocrisia, parla il figlio malato di
una malata borghesia, e quante notti ho pianto nel mio letto maledetto da tutti
perchè questo è il mio ghetto.
Hai sentito gli spari?Non hai visto i fori di pistola? Maledetto dai tuoi genitori
muoia ogni parola.
Hai venduto droga?Non l'hai venduta per vivere? Riga su riga l'ho usata per
scrivere.
Voglio sorridere,ridere,per vivere un po’ meglio, muori incondizionato e
comprensione quando sbaglio.
Ma per adesso solo calmanti li prenderò tutti quanti, c…. dimmi se sbaglio
uomo?Io non ho niente che conti niente davanti solo rimpianti e di notte lamenti
stanchi, sentimenti nati morti,in modo sbiaditi dai ricordi e l'affetto ti manca
solo quando lo perdi.
Io ci sono nato senza,e adesso è troppo tardi, ma a volte penso sia un bene
perchè mi ha reso più forte, nessun timore,no, marcio fino alla morte perchè
arrivati alla fine non saremo le stesse persone no, non sono solo rime,questa è
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più di una canzone.
E tutto quello che sono è un sogno da realizzare nessun timore per ciò
che dovrò affrontare è un lungo cammino e ci sarà da camminare ma ho scelto il
mio destino è ora di darsi da fare.
E tutto quello che sono è un sogno da realizzare nessun timore per ciò che dovrò
affrontare, è un lungo cammino e ci sarà da camminare ma ho scelto il mio
destino è ora di darsi da fare.
Nicolò con questa canzone ci racconta la sua vita, “Tutto quello che sono”, il
testo di questa canzone rispecchia il suo passato, il mondo della droga,
dell’alcolsimo, del rapporto difficile con i suoi genitori ma con la speranza di un
futuro migliore.
Come dice la canzone: “E tutto quello che sono è un sogno da realizzare, nessun
timore per ciò che dovrò affrontare, è un lungo cammino e ci sarà da
camminare, ma ho scelto il mio destino è ora di darsi da fare”.
Nicolò: “Questa canzone dice che un soldato non è mai stanco di combattere, io
mi sento un soldato. Parla anche della finta amicizia, del finto amore e
dell’ipocrisia”.
Susanna: “Mi ha dato l’idea della disperazione di un uomo che deve sempre
combattere con la propria vita. Ci sono tanti ostacoli nella vita”.
LE QUATTRO CANZONI DI NICOLO’
Nicolò per la seconda volta si trova in uno stato di non lucidità, probabilmente è
venuto in possesso di marijuana o forse ha bevuto, fa apprezzamenti fuori luogo
verso la coterapista (“Ciao bellissima, mi lasci il numero di telefono, mi piaci, ho
preso un colpo di fulmine per te”…), che cerca di rimanere indifferente e non
dare importanza alle sue parole.
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Dedica la prima canzone alla musicoterapista e coterapista insieme, la seconda è
“Tutto quello che sono” che parla di lui, la terza parla di eroina, marijuana e
dice “Legalizza la gangia, solo chi la usa sa l’effetto che fa!” e la quarta e
ultima canzone la dedica alla coterapista anche se parla di marijuana e dice:
“Quando sono con te mi sento come re Salomone, regina del mio cuore”.
GIUSEPPE
MALAFEMMENA
(Totò)
Si avisse fatto a n'ato chello ch'e fatto a mme
st'ommo t'avesse acciso, tu vuò sapé pecché?
Pecché 'ncopp'a sta terra femmene comme a te
non ce hanna sta pé n'ommo onesto comme a me!...
Femmina, tu si na malafemmena
Chist'uocchie 'e fatto chiagnere..
Lacreme e 'nfamità.
Femmena, si tu peggio 'e na vipera,
m'e 'ntussecata l'anema, nun pozzo cchiù campà.
Femmina si ddoce comme 'o zucchero
però sta faccia d'angelo te serve pe 'ngannà...
Femmena, tu si 'a cchiù bella femmena,
te voglio bene e t'odio nun te pozzo scurdà...
Te voglio ancora bene ma tu nun saie pecchè
pecchè l'unico amore si stata tu pe me...
E tu pe nu capriccio tutto 'e distrutto,ojnè,
Ma Dio nun t'o perdone chello ch'e fatto a mme!...
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Giuseppe: mentre ascolta la canzone canta ad alta voce poi dice: “Questa
stupenda canzone mi fa sentire bene, allegro, bello e in compagnia”.
Nicolò: anche lui canta poi dice: “In questo contesto è assurda per le parole visto
che dice che la donna è malafemmena. Non è un bel complimento verso le donne
che ci sono in questa stanza”.
Giovanni: “Di questa canzone mi piace la musica”.
Andrea: “Trovo questa canzone raccapricciante”.
GIOVANNI
SOLO IERI (E. Ramazzotti) CD n° 14
Solo ieri c'era lei, nella vita mia,
solo ieri c'era un sole che metteva allegria
e io mai credevo proprio che mai mai più andasse via
Forse è stata tutta qui la mia ingenuità
solo ieri quando era più leggera la mia età
ora so, si paga in pianto però per crescere di più
ora lo so parlerò al futuro perciò guarderò più in là nel tempo
con la convinzione che ho che da questo momento ne uscirò
No, non può finire così la vita inventerò ancora per un po’
No, non può finir così qualcuno troverò e rinascerò
Già, da domani in poi pensando ad oggi dirò
e solo ieri ormai.
Prima cosa che farò via non butterò tutto quello che di buono
ho costruito fino a qui e da qui,io ripartire vorrei
dai nuovi passi miei ricomincerò.
Parlerò al futuro perciò perchè c'è compreso il mio
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qualche idea in testa ce l'ho ad arrendermi, non ci sto
No, non può finire così la vita inventerò ancora per un po’.
No, che non può finire così non può finir perchè
vedo che davanti a me un po’ di luce c'è.
Un'altra luce c'è, per me.
E allora no, non può finire qui la vita inventerò ancora per un po’.
No che non può che non può finire così qualcuno troverò e rinascerò
Già, da domani in poi pensando ad oggi dirò e solo ieri ormai
Solo ieri c'era solo lei...
Giovanni: ascolta con attenzione, la sua postura è composta e ferma, lo sguardo
basso, alla domanda della musicoterapista: “Che emozioni ti ha trasmesso questa
canzone?” lui risponde: “C’è una perdita d’affetto, sento una mancanza d’affetto,
il testo dice che solo ieri c’era lei ma ora non c’è più, la musica mi da un senso
di fine della storia”.
Nicolò: “Le parole di questa canzone mi danno la sensazione di essere a un
passo dalla caduta mentre la musica mi da un senso speranza”.
Andrea: rimane concentrato per tutta la durata della canzone con lo sguardo
fisso poi dice: “Mi sembra di essere ancora ieri e mi viene in mente un episodio
quando coloravo una copertina di un quaderno a tempo di musica”. Poi si rivolge
a Susanna e le chiede: “E tu Susy come l’hai trovata questa canzone?”.
Susanna: “É bella questa canzone, c’è un senso di speranza”.
INDACO DAGLI OCCHI DEL CIELO (Zucchero)
Oramai mi consola
Oramai mi sorvola
L’amore invano così leggero
E piovono baci dal cielo leggeri come fiori di melo
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Gocce di mercurio dal cielo
Oramai baby sono immune oramai è come un fiume
L’amore invano così leggero
E piovono baci dal cielo leggeri come fiori di melo
Indaco dagli occhi del cielo
Sinceramente così leggero
Ti soffio tanti baci dal cielo leggeri come fiori di melo
Gocce di mercurio dal cielo
Esplodono baci dal cielo e i nostri bei figli sul melo
Indaco dagli occhi del cielo indaco dagli occhi del cielo
Indaco dagli occhi del cielo.
Giovanni: “Mi piace questa canzone, l’ho ascoltata più volte alla radio, è una
bella canzone d’amore, è distensiva”.
Andrea: abbraccia la chitarra che gli ha regalato il padre per tutto l’ascolto poi
dice: “Mi piace anche se fa un po’ addormentare”.
Nicolò: “Non mi piace Zucchero, sono riuscito ad ascoltarla e l’ho trovata molto
banale”.
Susanna: “É una delle canzoni abbastanza carine di Zucchero, mi ha colpito il
titolo Indaco dagli occhi del cielo”.
PIU’ BELLA COSA (E. Ramazzotti)
Com'è cominciata io non saprei la storia infinita con te
che sei diventata la mia lei di tutta una vita per me
ci vuole passione con te e un briciolo di pazzia
ci vuole pensiero perciò lavoro di fantasia.
Ricordi la volta che ti cantai fu subito un brivido sì
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ti dico una cosa se non la sai per me vale ancora così
Ci vuole passione con te non deve mancare mai
ci vuole mestiere perché lavoro di cuore lo sai
cantare d'amore non basta mai ne servirà di più
per dirtelo ancora per dirti che più bella cosa non c'è
più bella cosa di te unica come sei
immensa quando vuoi grazie di esistere...
Com'è che non passa con gli anni miei
la voglia infinita di te cos'è quel mistero che ancora sei
che porto qui dentro di me
Saranno i momenti che ho quegli attimi che mi dai
saranno parole però lavoro di voce lo sai
cantare d'amore non basta mai ne servirà di più
per dirtelo ancora per dirti che più bella cosa non c'è
più bella cosa di te unica come sei
immensa quando vuoi grazie di esistere...
Giovanni: “Questa è una canzone che racconta una storia d’amore. Ho sentito
una forte sensazione d’amore, d’amicizia, di fraternità, bisogno di madre”.
Andrea: “É la mia canzone preferita, è bellissima. Mi fa pensare che sono con i
miei genitori, il mio papà e la mia mamma che mi stanno vicino e di stare a casa
con loro. L’ultima volta che li ho visti siamo andati a mangiare una pizza tutti
insieme”.
Susanna: “Ho sentito l’amore materno, mi ha fatto venire in mente la mia
mamma quando ancora eravamo felici”.
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ANDREA
BEATIFUL GIRL (Sean Kingston)
Traduzione:
Tu, ragazza, sei troppo bella ecco perchè non funzionerà mai
mi farai suicidare, suicidare quando dirai che è finita
dannazione tutte queste belle ragazze vogliono solo renderti sporco
ti faranno suicidare, suicidare quando ti diranno che è finita
guarda, è iniziato tutto al parco ero solito raffreddarmi nel buio
quando hai rapito il mio cuore è in quel momento che ci siamo separati
perchè entrambi pensavamo che l'amore durasse per sempre
dicevano che eravamo troppo giovani per legarci l'uno all'altro
oh non ci importava l'abbiamo fatto molto chiaramente
e loro hanno detto anche che non potevamo durare per sempre
guarda, è evidente ragazza che sei di quel tipo
ma hai trascinato la mia mente cammini per far decadere la gente
oh Signore...
il mio tesoro mi sta facendo impazzire tu, ragazza, sei troppo bella
ecco perchè non funzionerà mai mi farai suicidare, suicidare
quando dirai che è finita dannazione tutte queste belle ragazze
vogliono solo renderti sporco ti faranno suicidare, suicidare
quando ti diranno che è finita.
Era la fine del '99 guardavamo film tutto il tempo
oh quando sono andato via per commettere il mio primo crimine
e non avrei mai pensato che ci saremmo rivisti
e poi sono uscito mia madre mi ha trasferito al down South
oh sono con la mia ragazza che pensavo fosse il mio mondo
e alla fine è risultato che non era la ragazza per me.
Guarda, è evidente ragazza che sei di quel tipo
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ma hai trascinato la mia mente cammini per far decadere la gente
oh Signore... il mio tesoro mi sta facendo impazzire.
Tu, ragazza, sei troppo bella ecco perchè non funzionerà mai
mi farai suicidare, suicidare quando dirai che è finita,
dannazione tutte queste belle ragazze vogliono solo renderti sporco
ti faranno suicidare, suicidare quando ti diranno che è finita
adesso ci stiamo agitando e siamo spaventati
per favore dimmi perchè mi sento così leggero
e non so come migliorare le cose stai uscendo con altri ragazzi
mi dici bugie, non riesco a crederci cosa vedo con i miei occhi?
sto perdendo la mia testa e non penso sia intelligente.
Tu, ragazza, sei troppo bella ecco perchè non funzionerà mai
mi farai suicidare, suicidare.
Andrea: Mentre ascolta la canzone si mette a cantare e poi dice: “Questa è la
mia canzone preferita”.
Nicolò: “Ci sono varie versioni di questa canzone, quella tecno, quella con poco
ritmo, mi piace. Belle le parole”.
Giovanni: “Mi piace il ritmo di questa canzone, fa venire voglia di ballare”.
BRUCI LA CITTA’ (Irene Grandi)
Bruci la città e crolli il grattacielo
rimani tu da solo nudo sul mio letto.
Bruci la città o viva nel terrore
nel giro di due ore svanisca tutto quanto, svanisca tutto il resto.
E tutti quei ragazzi come te non hanno niente come te
io non posso che ammirare non posso non gridare
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che ti stringo sul mio cuore per proteggerti dal male
che vorrei poter cullare il tuo dolore il tuo dolore.
Muoia sotto un tram più o meno tutto il mondo
esplodano le stelle esploda tutto questo.
Muoia quello che è altro da noi due almeno per un poco almeno per errore.
E tutti quei ragazzi come te non hanno niente come te
io vorrei darmi da fare forse essere migliore
farti scudo col mio cuore da catastrofi e paure
io non ho niente da fare questo e quello che so fare.
Io non posso che adorare non posso che leccare
questo tuo profondo amore questo tuo profondo
non posso che adorare questo tuo profondo.
Andrea: Parla durante l’ascolto con l’operatrice, sembra poco interessato: “Ho
scelto questa canzone per il suo titolo, penso che sarebbe bello bruciare la città.
Mi ricorda Zafiro, un cavallo. Me la fate risentire ancora?”.
Susanna: “Questa è una canzone famosa, l’ho ascoltata molte volte alla radio, il
testo parla di un amore perduto”.
Nicolò: “Bruciare la città è come voler sfogare i nervi, la rabbia”.
Giovanni: “Parla di ragazzi che come lei non hanno niente e la città brucia lo
stesso”.
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GEORDIE (F. De Andrè) CD n° 16
Mentre attraversavo London Bridge un giorno senza sole
vidi una donna pianger d'amore, piangeva per il suo Geordie.
Impiccheranno Geordie con una corda d'oro, è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re vendendoli per denaro.
Sellate il suo cavallo dalla bianca criniera sellatele il suo pony
cavalcherà fino a Londra stasera ad implorare per Geordie.
Geordie non rubò mai neppure per me un frutto o un fiore raro.
Rubò sei cervi nel parco del re vendendoli per denaro.
Salvate le sue labbra, salvate il suo sorriso, non ha vent'anni ancora
cadrà l'inverno anche sopra il suo viso, potrete impiccarlo allora.
Né il cuore degli inglesi né lo scettro del re Geordie potran salvare,
anche se piangeran con te la legge non può cambiare.
Così lo impiccheranno con una corda d'oro, è un privilegio raro.
Rubò sei cervi nel parco del re vendendoli per denaro.
Andrea: “Mi piace questa canzone perché parla d’impiccagione. Quando mi
arrabbio con mio padre lo disegno impiccato con una corda d’oro. É la mia
canzone preferita”.
Nicolò: “In questa canzone ho colto l’aspetto dell’amore. É De Andrè che
canta”.
Susanna: “Mi è piaciuta molto, è una canzone molto profonda”.
Laura: “Secondo me parla di salvezza”.
Michela: “La conoscevo nella versione remix da discoteca, è molto dolce questa
canzone”.
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MAZINGA Z
Quando udrai un fragor a mille decibel
su dal ciel piomberà Mazinger
Veloce e distruttore come un lampo non da' scampo
odia la paura non conosce la pietà
Alto là falsità fermati malvagità
su di voi avvoltoi c'è Mazinger
c'è Mazinger... si!!
Con gli occhi può incendiare
un'astronave che va quando tu soffrirai sotto la schiavitù
su dal ciel piomberà Mazinger
col cuore fermo nell'immenso vuoto
va contro l'ignoto se lassù lo incontrerà.
Ama la verità gli oppressi difenderà per la tua libertà
C'è Mazinger Mazinga Z Mazinga Z uoooh.....
Andrea: “Mazinga è un eroe, salva tutti, vorrei avere un robot come lui, un
modellino da guidare, è bella la canzone mi piace sia la musica che il testo”.
Nicolò: “Sono tornato indietro nel tempo a quando guardavo questo cartone
animato alla televisione”.
Susanna: Sorride poi dice: “Anch’io guardavo questo cartone animato, l’ho
guardava mio fratello più grande”.
Laura: “L’ho visto qualche volta ma non lo ricordo molto bene”.
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UFO ROBOT
CD n° 15
Si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole
tra le stelle sprinta e và.
Mangia libri di cibernetica insalate di matematica
e a giocar su Marte và.
Lui respira dell'aria cosmica, è un miracolo di elettronica
ma un cuore umano ha
Ma chi è?Ma chi è?
UFO Robot UFO Robot ,UFO Robot, UFO Robot!
Raggi laser che sembran fulmini
è protetto da scudi termici sentinella lui ci fa
Quando schiaccia un pulsante magico lui diventa un ipergalattico
lotta per l'umanità!
UFO Robot UFO Robot ,UFO Robot, UFO Robot!
Andrea: Mentre ascolta canta, si alza in piedi e fa i movimenti con le braccia e
le gambe imitando un robot poi si risiede. Ricordiamo che Andrea ha delle
protesi alle gambe e fa fatica a camminare. Alla fine della canzone spiega la
storia di UFO Robot e dice: “Questa canzone mi da tanta energia”.
Gli altri del gruppo sorridono e non commentano.
IL GRANDE INCUBO (883)
Notte strana quasi lugubre senza luna, stelle, lucciole
prego che tu non ti accorga mai dei miei fari dietro che ti seguono
Mi stai scorazzando fuori città chissà questa dove mi porterà
l'asfalto è ormai finito, tu dove sei poi di colpo nelle ossa un brivido
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Una vecchia casa e la tua macchina che ferma sotto quell'insegna mi fa leggere
"benvenuti al Dream Motel"
La Donna, il Sogno & il Grande Incubo
questa notte incontrerò mentre nel mondo tutti dormono
forse anch'io mi sveglierò con la sveglia scarica ormai
e con mia madre che mi dice "dai, come fai tutte le volte a non svegliarti mai"
e tutto questo finirà così ma adesso sono qui.
L'uomo dietro al banco della hall un tipo losco che di più non si può
a bassa voce si avvicina a me "nella stanza 106 la attendono"
Un corridoio che non finisce mai finalmente arrivo alla 106
in penombra dentro ci sei tu le tue gambe lunghe che si muovono
ma la stanza accanto è aperta e vedo che tutti i miei giocattoli,
i miei sogni, i miei perché sono in una stanza del Dream Motel
La Donna, il Sogno & il Grande Incubo vado e non mi fermerò
mentre nel mondo tutti dormono così anch'io mi sveglierò
con la sveglia scarica ormai e con mia madre che mi dice "dai,
come fai tutte le volte a non svegliarti mai" e tutto questo finirà così
ma adesso sono qui…
Prendo le mie cose e scappo via devo raggiungere la portineria
ad ogni costo devo uscire di qui però tutti nel motel si svegliano
Sento i passi correr dietro di me un cacchio di seconda uscita non c'è
finalmente sono fuori di lì poco prima che Loro mi trovino
In fondo al viale la tua auto e dentro te ma stavolta non ti seguo più nemmeno se
me lo regali il Dream Motel
La Donna, il Sogno & il Grande Incubo vado via e non tornerò
mentre nel mondo tutti dormono poi anch'io mi sveglierò
con la sveglia scarica ormai e con mia madre che mi dice "dai,
come fai tutte le volte a non svegliarti mai" e tutto questo finirà così
a un secolo da qui.
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Andrea: tiene fra le mani la custodia vuota del cd, parla di teste mozzate poi
dice: “Mi voglio fare regalare qualcosa!”.
Laura: “Il testo di questa canzone mi ha trasmesso senso di ansia, non né voglio
parlare”.
Giovanni: “Ho trovato questa canzone un po’ opprimente, sia nella musica che
nelle parole”.
Susanna: “Mi ha fatto venire in mente alcuni fumetti che leggevo e alcuni film
che ho guardato tanto tempo fa”.
HANNO UCCISO L’UOMO RAGNO (883)
Solita notte da lupi nel Bronx, nel locale stan suonando un blues degli Stones
loschi individui al bancone del bar pieni di whisky e margaridas
tutto ad un tratto la porta fa "slam" il guercio entra di corsa con una novità
dritta sicura si mormora che i cannoni hanno fatto "bang".
Hanno ucciso l'Uomo Ragno chi sia stato non si sa
forse quelli della mala forse la pubblicità
hanno ucciso l'Uomo Ragno non si sa neanche il perché
avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè.
Alla centrale della polizia il commissario dice che volete che sia
quel che è successo non ci fermerà il crimine non vincerà
ma nelle strade c'è il panico ormai nessuno esce di casa nessuno vuole guai
ed agli appelli alla calma in TV adesso chi ci crede più
Hanno ucciso l'Uomo Ragno chi sia stato non si sa
forse quelli della mala forse la pubblicità
hanno ucciso l'Uomo Ragno non si sa neanche il perché
avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè
giù nelle strade si vedono gang di ragionieri in doppio petto pieni di stress
se non ti vendo mi venderai tu per cento lire o poco più
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le facce di vogue sono miti per noi attori troppo belli sono gli unici eroi
invece lui si lui era una star ma tanto non ritornerà
Hanno ucciso l'Uomo Ragno chi sia stato non si sa
forse quelli della mala forse la pubblicità
hanno ucciso l'Uomo Ragno non si sa neanche il perché
avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè
hanno ucciso l'Uomo Ragno chi sia stato non si sa
forse quelli della mala forse la pubblicità
hanno ucciso l'Uomo Ragno non si sa neanche il perché
avrà fatto qualche sgarro a qualche industria di caffè.
Andrea: propone questa canzone per quattro volte consecutive, è molto in
ascolto e attento: “ Mi piace molto l’Uomo Ragno come persona, mi piace la sua
maschera e le ragnatele, è un supereroe. Questa canzone l’ascolto sempre in
macchina con il mio papà, mi fa star bene. A volte dico:-Hanno ucciso mio
padre- e penso che ne sarei molto contento”.
Nicolò: alla fine dell’ascolto ride di gusto e alla domanda della musicoterapista:
“Ti piace questa canzone?” lui risponde: “No comment, a diciassette anni
ascoltavo dell’altra musica”.
Susanna: “L’Uomo Ragno mi fa venire in mente i fumetti, guardare il film di
spider-man mi spaventerebbe”.
Giovanni: “Mi piace la musica, si segue bene, ha un bel ritmo”.
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LAURA
HO IMPARATO A SOGNARE (Negrita) CD n° 13
Ho imparato a sognare, che non ero bambino
che non ero neanche un' età
Quando un giorno di scuola mi durava una vita
e il mio mondo finiva un po’ là
Tra quel prete palloso che ci dava da fare
e il pallone che andava come fosse a motore
C'era chi era incapace a sognare e chi sognava già
Ho imparato a sognare e ho iniziato a sperare
che chi c'ha avere avrà ho imparato a sognare
quando un sogno è un cannone,
che se sogni ne ammazzi metà
Quando inizi a capire che sei solo e in mutande
quando inizi a capire che tutto è più grande
C' era chi era incapace a sognare e chi sognava già
Tra una botta che prendo e una botta che do
tra un amico che perdo e un amico che avrò
che se cado una volta una volta cadrò e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò
Ho imparato a sognare, quando inizi a scoprire
che ogni sogno ti porta più in là cavalcando aquiloni,
oltre muri e confini ho imparato a sognare da là
Quando tutte le scuse, per giocare son buone
quando tutta la vita è una bella canzone
C'era chi era incapace a sognare e chi sognava già
Tra una botta che prendo e una botta che do
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tra un amico che perdo e un amico che avrò
che se cado una volta una volta cadrò e da terra, da lì m'alzerò
C'è che ormai che ho imparato a sognare non smetterò.
Laura: “La canzone dice Ho imparato a sognare e non smetterò, c’è il senso
della speranza, è come se abbattesse tutti i muri perché inizi a pensare con la tua
testa. è importante ragionare con la propria testa”.
Susanna esce dalla porta e Laura dice: “Non vorrei che a Susanna avesse dato
fastidio qualcosa…” (interessamento per gli altri componenti del gruppo).
Giuseppe: “Mi è piaciuta, è bellissima la canzone”.
Susanna: rientra poco dopo e dice: “Questa é musica per i giovani, aiuta un po’
a pensare a se stessi”.
AUDIOSLAIM (CD di Laura)
Laura: durante l’ascolto il suo sguardo è sempre rivolto verso il basso, si guarda
le unghie, batte per terra il suo piede destro per tutta la durata della canzone. “La
canzone parla di come la solitudine, il malessere e la malattia portano al suicidio,
adesso sento il bisogno di fumare una sigaretta perché sono un po’ nervosa”.
Michela: “Sento la rabbia, l’ingiustizia di stare qui dentro all’istituto perché non
me lo merito, voglio andare a casa mia”.
Nicolò: “Mi ha ricordato i REM, non mi piace questo genere di musica”.
Susanna: “Mi è piaciuta. ho sentito la carica ma nello stesso tempo anche la
rabbia”.
Andrea: “Mi ricorda il paradiso”.
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L’IMMENSO
(Negroamaro) CD n° 11
Adesso c’è che mi sembra strano parlarti mentre ti tengo la mano e penso a te
che mi riesci a guardare senza occhi e lacrime amare...
Se potessi far tornare indietro il mondo farei tornare poi senz’altro te
per un attimo di eterno e di profondo in cui tutto sembra, sembra niente è
E niente c’è...
Adesso c’è che mi sembra inutile non capirti ancora...
se potessi far tornare indietro il mondo farei tornare poi senz’altro te
Per un attimo di eterno e di profondo in cui tutto sembra, sembra niente c’è
Tenersi stretto, stretto in tasca il mondo per poi ridarlo un giorno solo a te
a te che non sei parte dell’immenso ma l’immenso che fa parte solo di te
solo di te...
E tu, tu ti digrigni i tuoi denti mi lasci parlare non hai più paure
digrigni i tuoi denti mi lasci guardare non hai più paura amore!
Se potessi far tornare indietro il mondo farei tornare poi senz’altro te
Per un attimo di eterno e di profondo in cui tutto sembra, sembra niente c’è
tenersi stretto, stretto in tasca il mondo per poi ridarlo un giorno forse a te
a te che non sei parte dell’immenso ma l’immenso che fa parte solo di te!
Solo di te...
E tu, tu digrigni i tuoi denti mi lasci parlare non hai più paure,
digrigni i tuoi denti mi lasci guardare non hai più paura amore!
Laura: “In questa canzone ci sono due frasi che mi hanno colpito e sono Tenersi
stretto, stretto in tasca il mondo e A te che non sei parte dell’immenso ma
l’immenso che fa parte solo di te. Significa tenere per se le cose più intime, i
propri sogni e desideri cercando di realizzarli. Bisogna avere vissuto le
esperienze per dire certe frasi, averle provate e sentite”.
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Andrea: “Mi fa pensare di tornare a casa al più presto dai miei genitori senza
farli arrabbiare. Il mio desiderio è poter tornare a casa per sempre anche se mio
padre dice che devo rimanere qui ed è solo per colpa mia. Devo fare il bravo
anche con le infermiere”.
Susanna: “Bello il testo, mi ha fatto venire l’ispirazione di suonare al
pianoforte”.
Nicolò: “Mi è piaciuta molto la frase A te che non sei parte dell’immenso ma
l’immenso che fa parte solo di te”.
PIU’ CHE PUOI (E. Ramazzotti) CD n° 12
Guarir non è possibile la malattia di vivere
sapessi com'è vera questa cosa qui
E se ti fa soffrire un po' puniscila vivendola
è l'unica maniera sorprenderla così...
Più che puoi, più che puoi afferra questo istante e stringi
più che puoi, più che puoi e non lasciare mai la presa
c'è tutta l'emozione dentro che tu vuoi di vivere la vita più che puoi
You've got one chance, the gift to feellove's deep
est pain you cannot healit shatters every memory that you
keep inside. I tell you this because I know
protect what's dear, don't trade your soul'cause
there's nothing left around you there's no place left to go
All you can, all you can you gotta take this life and live itall you can, all you can
never let it go'cause there's one thing in this life I understand, ooh
Siamo noi, siamo noi che abbiamo ancora voglia di stupire noi
siamo noi che la teniamo sempre accesa quest'ansia leggerissima
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che abbiamo poi di vivere la vita più che puoi
Respira profondo apri le tue braccia al mondo
e abbraccia tutto quello che ci sta tutta l'emozione che ci sta
All you can, all you can you gotta take this life and live itall you can
all you canand never let it go'
cause there's one thing in this life I understand, ooh
Più che puoi, più che puoi afferra questa vita e stringi più che puoi
più che puoi e non lasciare mai la presa c'è tutta l'emozione dentro che tu vuoi
di vivere la vita più che puoi di vivere la vita più che puoi.
Laura: “La canzone dice che ognuno ha i suoi problemi e deve risolverli, non
bisogna mai mollare la presa anche davanti ai momenti di difficoltà”.
Andrea: ascolta con attenzione e immobile poi quando la canzone finisce
disturba e stuzzica Susanna poi dice: “Non mi piace questa canzone”.
Susanna: “Invita le persone a non arrendersi mai, a trovare la soluzione giusta”.
MICHELA
ODE TO MY FAMILY
(Cranberries) CD n° 17
Understand the things I say Don't turn away from me
'Cause I've spent half my life out there You wouldn't disagree
Do you see me? Do you see?
Do you like me? Do you like me standing there?
Do you notice? Do you know?
Do you see me? Do you see me? Does anyone care?
Unhappiness was when I was young
We didn't give a damn 'Cause we were raised
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To see life as fine Take it if we can
My mother, my ma She hold me, she hold me
When I was out there My father, my father
He liked me, oh he liked me, does anyone care?
Understand what I've become It wasn't my design
And people everywhere they sob, think better than I am
But I miss you, I miss 'Cause I liked it,
'Cause I liked it when I was out there Do you notice?
Do you know you did bad by me, You did bad by Does anyone care?
Unhappiness was when I was young,
We didn't give a damn' Cause we were raised
To see life as fine, Take it if we can my mother,
my ma She hold me, she hold me When I was out there My father, my father
He liked me, well he liked me, Does anyone care? Does anyone care?
Does anyone care? Does anyone care? Does anyone care?
Does anyone care? Does anyone care? Does anyone care?
TRADUZIONE ODE ALLA MIA FAMIGLIA
Comprendete quello che dico, non andate via da me
Perché ho speso metà della mia vita là fuori, non potete non essere d’accordo
Mi vedete? Vedete? Vi piaccio? Vi piaccio stando lì? Notate?
Lo sapete? Mi vedete? Mi vedete? Importa a qualcuno?
L’infelicità c’era quando ero piccola e non ci importava niente,
perché eravamo stati cresciuti a vedere la vita come un gioco
a prenderla come potevamo.
Mia madre, mia madre mi abbracciò, mentre ero là fuori
Mio padre, mio padre, gli piacevo, oh, gli piacevo, importa a qualcuno?
Comprendete quella che sono diventata, non era un mio progetto
E la gente dappertutto pensa di essere migliore di me
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Ma mi mancate, mi mancate perché mi piaceva
Mi piaceva mentre ero là fuori Lo sapevate questo?
Lo sapete che non mi avete trovata? Non mi avete trovata
Importa a qualcuno?
Michela: ascolta la canzone come se fosse incantata e dice: “Io vivo per la
musica, mi piacerebbe cantare ma le medicine che prendo mi impappinano.
Questa canzone è dolce, mi ricorda i miei genitori che mi mancano tanto.
Ricordo dell’affetto di mia mamma quando ero sull’ambulanza e mi guardava
con uno sguardo d’amore”.
Nicolò: “Ho sentito dolcezza e amore”.
Andrea: “Mi è sembrato di vedere il paradiso degli angeli dove c’è Gesù, voglio
andarci anch’io”.
Susanna: “Conosco il gruppo che canta questa canzone, avevo una musicassetta,
la cantante ha una bellissima voce, usa sia i toni alti che quelli bassi”.
Laura: “Dolcezza e comprensione verso i miei genitori, per me è anche
rancore”.
10.
La parte strumentale: l’esperienza musicale attiva
Di fondamentale importanza e significativa è stata l’esperienza musicale attiva,
in cui i partecipanti hanno avuto la possibilità di esprimersi attraverso gli
strumenti musicali e di sviluppare e potenziare le proprie capacità creative ed
espressive, potenziando la capacità di ascolto di sé e degli altri. Le persone più
inibite si sono messe in gioco e nelle personalità più disinibite si è cercato di
dare un contenimento e si è cercato di creare un gruppo omogeneo e equilibrato.
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La produzione musicale delle persone più contenute all’inizio era caratterizzata
dalla ripetitività, dalla poca variazione, dall’intensità sul piano mentre al
contrario la produzione delle persone più disinibite era caratterizzata dall’agire
in modo irruento sullo strumento, non aspettando le consegne con il bisogno di
esternare l’energia, a volte da contenere e con il bisogno di dare una forma alla
propria produzione sonora con una pulsazione ritmica precisa.
Un obiettivo importante da raggiungere è stato di cercare di integrare le due parti
così diverse in cui le persone più inibite hanno trovato il coraggio di emergere
mentre le più disinibite hanno cercato di dare una forma al proprio agire.
Prima seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento e suonare a turno
Nicolò: prima di iniziare e alla fine della seduta va vicino al tavolo dove sono
posti tutti gli strumenti e comincia ad esplorarli; notiamo la sua curiosità e la
fatica a contenersi nel suonare. Decide di prendere i bongos e li suona con due
mani, con un ritmo ripetitivo ed ermetico risulta poco preciso.
Giovanni: metallofono,lo tiene sopra le sue ginocchia e lo suona con due
battenti per gradi congiunti, il suo sguardo è sempre basso rivolto verso lo
strumento, la sua postura è ferma e mentre suona fa intravedere dei timidi sorrisi.
Federico: maracas, le suona per poco tempo poi si ferma.
Giuseppe: congas, sceglie lo strumento ma non lo suona perché esce dalla
stanza.
Susanna: non vuole prendere nessun strumento, solo al termine della seduta
quando i ragazzi stanno uscendo va al pianoforte e comincia a suonare, tutti
rientrano per ascoltare la sua dolce musica.
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Seconda seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento, suonare a turno.
Andrea: nacchere a sistro, le suona per poco tempo con intensità forte poi
quando finisce di suonare dice: “Non mi è piaciuto abbastanza questo strumento
vorrei cambiarlo”.
Giovanni: dumbacks, suona piano con un ritmo costante e abbastanza preciso.
Nicolò: tamburo a fessura poi cambia e prende i piatti che fatica a tenerli in
mano e a farli suonare, poi riesce a farli suonare con un’intensità forte, non li
batte uno contro l’altro ma usa solo quello che ha nella mano sinistra per batterlo
sull’altro. Il suo ritmo è costante e veloce batte un colpo forte e deciso come
finale. Quando ha finito di suonare dice: “I piatti sono un po’ confusionali” e
decide di cambiare strumento.
Giuseppe: maracas, le suona insieme, le fa girare, guarda gli altri ragazzi
appartenenti al gruppo mentre suona e ogni tanto ride in modo isterico poi dice:
“Si può cambiare anche il ritmo”.
Consegna della musicoterapista: suonare insieme ascoltandoci (primo momento
di musica insieme).
Riflessioni dopo aver suonato insieme:
Giovanni: bongos, suona veloce e con intensità molto forte poi dice: “Sembrava
una musica sacra, mi piace molto lo strumento che ho scelto”.
Nicolò: cembalo, dice: “É stato un bel momento anche se non eravamo accordati
l’uno con l’altro. Non andavamo molto insieme”.
Andrea: dumbacks, lo suona fortissimo usando tutte e due le mani, momento
dove Andrea riesce a scaricare l’energia che tiene dentro.
Giuseppe: wood block bitonale, lo suona col battente alternando dice: “Mi sento
meglio, si sentiva il ritmo del tamburo. é molto difficile suonare insieme agli
altri”.
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Terza seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento poi suonare a turno
Nicolò: esplora vari strumenti poi sceglie il bastone della pioggia che esplora per
tanto tempo poi dice: “Non commento, ho lasciato parlare il mio strumento”.
Andrea: metallofono, lo suona per poco tempo e dice: “Ha un bel suono questo
strumento” poi prende il tamburello e infine le maracas.
Giovanni: bongos, li suona con due mani battendole contemporaneamente poi
dice: “Mi piace questo strumento perché fa rumore ed è bello sentire il contatto
delle mie mani sulla pelle del tamburo”.
Susanna: preferisce non prendere nessun strumento, dice: “Mi piace molto lo
strumento che ha scelto Nicolò, il bastone della pioggia, mi da l’idea delle onde
del mare”.
Consegna della musicoterapista: suonare insieme ascoltandoci, proviamo a fare
la “nostra” musica.
Nicolò: congas, la suona alternando le mani e ha difficoltà a coordinare la mano
sinistra e la destra “Ho trovato questo modo di suonare molto opaco, non era
vivere emozioni, troppo soft. Avrei voluto sentire suonare più forte i tamburi, io
non sono capace di suonare, sono stonato”.
Andrea: “Mi sembrava uno stormo di aquile e di falchi che volano insieme”.
Giovanni: guarda molto gli altri del gruppo mentre suona “All’inizio andavamo
d’accordo con la musica poi alla fine un po’ meno”.
Susanna: non suona ma ascolta e dice: “É stato bellissimo ascoltarvi, eravate
tutti in sintonia, nessuno stonava”. Nicolò: “Mi piacerebbe sentire suonare
Susanna al pianoforte.” Lei risponde: “Oggi no, mi è piaciuto molto ascoltarvi”.
Notiamo sia da parte di Nicolò che di Andrea, un interessamento per gli altri
ragazzi che fanno parte del gruppo, tutti molto partecipi e con un forte senso di
appartenenza.
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Quarta seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta strumenti ed esperienza musicale
insieme, proviamo a sentire come suonano i nostri strumenti nel gruppo,
esploriamo gli strumenti.
Giuseppe: porta in seduta il suo strumento, la chitarra e decide di suonarla,
suona alcuni accordi che si ripetono, la chitarra non è accordata.
Laura: congas, si alza in piedi e scopre che sollevandola un po’ verso di lei
suona più forte e si sentono molte vibrazioni, la suona con due mani alternate.
Dice: “Mi piace molto suonare questo strumento così grande, ha un bel suono”.
Giovanni: shaker, lo esplora visto che è la prima volta che lo suona, poi dice:
“Mi sono divertito”.
Musicoterapista: tamburo (pulsazione)
Coterapista: guiro (pulsazione)
Consegna della musicoterapista: suonare a turno in coppia con la
musicoterapista.
Giuseppe e musicoterapista: chitarra e tamburo, comincia a suonare Giuseppe,
la musicoterapista, lo sostiene con la pulsazione, prima la musica è lenta poi
piano piano aumenta in velocità fino ad essere molto veloce. Giuseppe alterna lo
sguardo sulla chitarra e verso la musicoterapista che sta suonando con lui. Alla
fine Giuseppe dice: “Bella questa musica che abbiamo fatto insieme, ma perché
avranno inventato la musica?”.
Giovanni e musicoterapista: decide di suonare il pianoforte, nasce un duetto
con la musicoterapista a quattro mani. Giuseppe suona con il dito indice della
mano destra per gradi congiunti ascendenti e discendenti nella parte più acuta
della tastiera, la musicoterapista dalla parte dei gravi della tastiera, fa da
sostegno armonico.
Coterapista e musicoterapista: guiro e tamburo, facendo parte di questo
gruppo suoniamo insieme a loro.
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Laura e musicoterapista: congas e metallofono. La musicoterapista cerca di
fare una melodia sul ritmo di Laura.
Susanna e musicoterapista: Susanna sceglie di suonare il suo strumento, il
pianoforte e dice alla musicoterapista che le piacerebbe molto suonare con lei,
nasce una musica melodica a quattro mani dove Susanna suona la sua musica,
molto arpeggiata e malinconica. La musicoterapista la segue nell’armonia.
Quando la musica finisce Susanna dice: “Mi sentivo sicura mentre suonavo,
sono stata bene, la nostra musica mi ha fatto venire in mente il Natale”.
Quinta seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento, esplorazione a turno
Laura: pianoforte, suona con due mani improvvisa ed esplora.
Giovanni: congas, batte con le mani insieme per poco tempo, lo sguardo è
rivolto verso lo strumento.
Andrea: piatti, li suona con un’intensità molto forte.
Nicolò: dumbacks, lo esplora, e molto concentrato nel suonarlo bene.
Susanna: pianoforte, suona una musica improvvisata da lei sul momento.
Consegna della musicoterapista: suonare a turno in coppia con la
musicoterapista
Nicolò e musicoterapista: dumbacks e bongos. Nicolò suona alternando la
mano destra alla sinistra, fa fatica a sostenere una pulsazione precisa e a
coordinare i movimenti, quando finisce di suonare dice: “Sono proprio negato!”.
Andrea e musicoterapista: piatti e tamburello. Subito avviene un bel dialogo
sonoro dove Andrea batte i piatti e la musicoterapista risponde con il tamburello
poi suonano insieme.
Laura e musicoterapista: pianoforte e bastone della pioggia. Laura dice di
sapere suonare il pianoforte, l’impostazione è quella del pianista anche se lo
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suona improvvisando a caso. Alla fine dice: “Mi piace suonare con te, ho
apprezzato molto quando Andrea ha suonato i piatti, bello il ritmo e la sonorità
forte”.
Giovanni e musicoterapista: congas e metallofono, Giovanni suona con un
ritmo abbastanza preciso e ostinato con un’intensità non troppo forte, la
musicoterapista suona la melodia seguendo la sua pulsazione. Finito di suonare
dice: “Mi piace suonare la congas perché fa un bel rumore, è bello toccarla”.
Susanna e musicoterapista: al pianoforte a quattro mani Susanna alla fine dice:
“Oggi sento la musica ma è come se non la sentissi”.
Sesta seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento, esplorazione a turno.
Nicolò: conga, la suona con un ritmo poco preciso e con un’intensità sul forte.
Susanna: pianoforte, suona per poco tempo una dolce melodia sempre sul suo
stile un po’ malinconico.
Andrea: dumbacks, lo esplora, trovando altre modalità di suonare, lo batte e poi
striscia la mano sulla pelle del tamburo.
Laura: nacchere, trova difficoltà a tenerle in mano e a farle suonare poi le suona
per breve tempo e alla fine dice: “Le nacchere mi ricordano molto la Spagna”.
Giovanni: legnetti, mentre li batte l’uno contro l’altro osserva gli altri
partecipanti del gruppo e ride timidamente.
Consegna della musicoterapista: suoniamo insieme partendo dalla pulsazione
della musicoterapista. (Consegna più strutturata).
Verbalizzazione dopo l’esperienza musicale insieme:
Giovanni: “É bello sentire suonare gli strumenti, si sentono le musiche di tutti e
si sente un ritmo comune. Mi piace l’alternanza tra un suono e l’altro”.
Nicolò: “É stata una bella esperienza, molto più calibrata delle altre volte, c’era
l’armonia”.
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Susanna: “Non avrei mai pensato di riuscire a suonare il pianoforte insieme a
voi, è stato molto bello, eravamo un gruppo”.
Laura: “É stata un’esperienza di gruppo, c’era armonia. Mi è piaciuto sentirmi
in sintonia con gli altri attraverso la musica”.
Si è notato un maggiore ascolto reciproco da parte di tutti i partecipanti e tanti
scambi di sguardi mentre si è suonato insieme. Forte senso di appartenenza al
gruppo.
Settima seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta dello strumento, esplorazione a turno.
Laura: bongos, li suona con i due battenti con un ritmo poco preciso.
Andrea: esplora tutti gli strumenti sul tavolo poi sceglie la congas e la suona
con due battenti alternando la mano destra e la sinistra.
Susanna: la musicoterapista invita Susanna a provare anche gli altri strumenti
anche se lei sceglie ancora per una volta il pianoforte.
Consegna della musicoterapista: suonare a turno divisi in due gruppi (primo
gruppo strumenti ritmici), secondo gruppo (strumenti aleatori e melodici).
Primo gruppo: Andrea (congas), Laura (bongos), musicoterapista (dumbacks),
secondo gruppo: Giovanni (shaker), Susanna (pianoforte), operatrice (bastone
della pioggia), coterapista (maracas).
Verbalizzazione dopo la produzione sonora dei due gruppi separati
Giovanni: “Ascoltare loro suonare mi ha trasmesso una sensazione di forza”.
Susanna: “Si è proprio scatenato Andrea! Mi è piaciuta molto”.
Andrea: “Ho buttato fuori tutta la rabbia che avevo dentro con mio padre”.
Laura: durante l’ascolto mentre suona il secondo gruppo tiene gli occhi chiusi
“Molto rilassante, mi ha dato l’idea di qualcosa di tranquillo. Mi è piaciuto
l’accompagnamento delle maracas e degli altri strumenti”.
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Susanna: “Ho suonato sulle note acute non troppo forte, ho abbassato l’intensità
per suonare insieme agli altri e per sentirli, mi è piaciuto”.
Ottava seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta degli strumenti ed esperienza musicale
insieme.
Nicolò: bongos, suona forte con le mani e con lo sguardo rivolto verso gli altri
componenti del gruppo poi alla fine dice: “Questo è stato un momento energico,
mi sono proprio scaricato!”
Andrea: maracas, le suona insieme poi alla fine dell’esperienza musicale dice:
“Suonare tutti insieme è stato bello, ma io preferisco gli strumenti a corde alle
percussioni”.
Susanna: per la prima volta decide di suonare uno strumento diverso dal
pianoforte, sceglie il tamburello basco, mentre batte la mano sulla pelle, sorride
poi dice: “Mi sono divertita a suonare uno strumento diverso dal mio, è stata la
prima volta, è venuto tutto molto spontaneo, è stato bello”.
Nona seduta:
Consegna della musicoterapista: scelta degli strumenti e suonare a turno in
coppia con la musicoterapista.
Nicolò e musicoterapista: congas e dumbacks, Nicolò suona in piedi con due
mani, soprattutto con la mano destra, la sinistra la usa da appoggio. La sua
pulsazione ritmica risulta poco precisa, la musicoterapista con un po’ di
difficoltà cerca di seguirlo.
Andrea e musicoterapista: mentre Nicolò suona, disturba parlando sottovoce
da solo, sceglie il triangolo, lo suona con il battente all’interno dello strumento
senza fare un ritmo preciso, fa girare su se stesso il triangolo velocemente come
se fosse un gioco e chiude battendo un colpo finale più forte. La musicoterapista
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ha scelto uno strumento melodico come il metallofono per fare la melodia sul
ritmo di Andrea.
Susanna e musicoterapista: pianoforte e bastone della pioggia, Susanna suona
una musica arpeggiata e melodica.
Giovanni e musicoterapista: wood blook e dumbacks, Giovanni con il battente
suona alternando il wood blook bitonale, suona con un’intensità sul piano, il
ritmo subito è lento poi piano piano accelera, per tornare ad un ritmo di partenza
più lento, mentre suona Giovanni guarda la musicoterapista e sorride.
Consegna della musicoterapista: scelta degli strumenti ed esperienza musicale
insieme libera cercando di ascoltarci.
Verbalizzazione sull’esperienza musicale:
Nicolò: bongos, “Ho ascoltato gli altri ed eravamo tutti insieme”.
Andrea: congas, suona per poco tempo poi si distrae con il suo orologio che
riesce a rompere e lo butta nel cestino.
Susanna: pianoforte, “C’era una bella intesa e sintonia, mi è piaciuto molto”.
Giovanni: maracas, “Cercavo di fare rumore”.
Musicoterapista: dumbacks.
Coterapista: legnetti (pulsazione ritmica)
Decima seduta:
Consegna della musicoterapista: Scelta dello strumento e a conclusione di
questo percorso, ognuno del gruppo fa un saluto al gruppo con il proprio
strumento.
Andrea: congas, suona usando due battenti con un’intensità molto forte.
Giovanni: metallofono, lo suona per gradi congiunti ascendenti e discendenti
con due battenti.
Susanna: pianoforte, musica melodica e un po’ malinconica.
Nicolò: bongos, li suona per poco tempo poi si siede.
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La musicoterapista domanda: “Vi è piaciuta questa esperienza con la musica?”
Andrea: “Mi è piaciuto come ci siamo salutati , è stato bello suonare insieme e
ascoltare la musica, voi per me siete come la mia seconda e terza mamma. Le
femmine mi consolano, vorrei avere un fratellino anche se mia mamma mi ha
detto che ne ha abbastanza di me, penso sempre ai miei amici che mi mancano,
mi piacerebbe avere un’amica, un’educatrice con cui giocare, parlare e
suonare…”.
Giovanni: “Questa per me è stata una bella esperienza, mi è piaciuto stare in
compagnia di tutti e ritrovarci ogni giovedì con il gruppo. É stato bello
condividere insieme gli strumenti e suonare. Mi è piaciuto molto suonare ma
forse preferivo la parte d’ascolto”.
Susanna: “É stata una bella esperienza, molto emozionante, mi è piaciuto
suonare insieme agli altri, era la prima volta visto che solitamente suono da sola.
Anche ascoltare le canzoni che ognuno di noi ha portato è servito per capire la
personalità di ciascuno di noi , è stato un modo per conoscerci meglio”.
Nicolò: “L’ho trovata un’esperienza molto interessante, non vorrei che finisse,
vorrei continuarla, mi è piaciuta molto”.
11.
Verifica e documentazione
Alla fine di ogni seduta sono stati compilati due protocolli molto dettagliati, il
primo relativo al gruppo, su come è stato svolto l’incontro, i partecipanti, le
strategie ideate durante la seduta, le eventuali modifiche del GOS (gruppo
strumentale operativo) e del setting, lo stato affettivo del gruppo, le consegne
della musicoterapista, i primi strumenti usati e da chi, la modalità d’utilizzo
degli strumenti musicali, le caratteristiche della produzione sonora, l’utilizzo
della voce, il repertorio usato e le canzoni, la modalità di ascolto, il vissuto del
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silenzio, i momenti di maggiore comunicazione (sonora, fisica, verbale,
visiva…), la descrizione dell’aspetto corporeo dei partecipanti, l’esplorazione
dello spazio, il rapporto con i terapeuti ed eventuali riflessioni sull’andamento
della seduta.
Il secondo protocollo riguarda esclusivamente gli ascolti proposti dai ragazzi e le
esperienze musicali con le relative verbalizzazioni, scritte dalla coterapista dopo
ogni ascolto o momento musicale, esattamente come sono state espresse da loro
in quel momento.
Prima di iniziare una seduta è necessario riguardare con attenzione i protocolli
delle sedute precedenti, cercando di non effettuare troppi cambiamenti sia nel
setting che nella struttura della seduta.
Alla fine di ogni incontro, si effettua un confronto di idee e osservazioni tra la
musicoterapista Elena Gallazzi e la coterapista Morena Rodolfi, dove
emergevano i momenti più significativi della seduta, le emozioni provate da noi
in quei momenti, le sensazioni, le impressioni.
Sono importanti i feedback dei partecipanti ad ogni incontro.
Ogni tanto avvengono degli incontri con gli operatori nella struttura che
dovrebbero servire per sapere notizie significative e importanti sui pazienti,
anche se questo non è sempre possibile per alcuni motivi: gli operatori cambiano
spesso i turni e molte volte arrivano al CSM persone nuove che rimangono per
un breve periodo.
Tutta la documentazione che riguarda la compilazione di protocolli di
osservazione è necessaria per effettuare momenti di verifica sul lavoro svolto e
permette una valutazione sui cambiamenti, costituisce un’importante lente
d’ingrandimento sui pazienti. Fondamentale risulta il lavoro d’equipe che è in
grado di arricchire l’osservazione, contribuisce a renderla più obiettiva e
supporta il musicoterapista facilitandolo nella fase di rielaborazione del lavoro
svolto.
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12.
Relazione finale del percorso di musicoterapia
La valutazione generale del percorso musicoterapico è stata positiva.
Fin da subito si è notata una forte motivazione e curiosità nei confronti della
nuova attività, a differenza di altri progetti proposti al centro .
L’accoglienza da parte dei partecipanti nei confronti della musicoterapista Elena
Gallazzi e della coterapista Morena Rodolfi è stata buona, siamo state accolte e
accettate dal gruppo dall’inizio del percorso.
Anche se il lavoro è stato svolto con un gruppo aperto, si è notata la costanza
nella partecipazione agli incontri da parte del gruppo stabile.
Abbiamo cercato di valutate le capacità espressive verbali e non verbali dei
ragazzi: sonore, vocali, mimico-gestuali, la capacità di ascolto, il contatto
oculare, la modalità di utilizzo degli strumenti, l’utilizzo del corpo, il
movimento, la relazione all’interno del gruppo.
Si è notato da un lato la tendenza da parte di alcuni soggetti ad esprimersi con
foga, in modo incontrollato e senza aspettare le consegne della musicoterapista
(es. Andrea e Nicolò) e dall’altro la difficoltà di altri partecipanti più inibiti e
riservati (come Susanna, Giovanni e Laura) di mettersi in gioco.
La produzione strumentale ha fatto emergere le diverse personalità e il
coinvolgimento da parte di tutti.
L’esplorazione del G.O.S., che comprende lo strumentario musicale è stata
immediata, come immediata è la modalità di utilizzo degli strumenti in modo
convenzionale e la produzione sonora sugli stessi, prevalentemente ritmica,
caratterizzata da pulsazioni più o meno regolari.
In alcuni momenti la produzione strumentale è risultata piuttosto frammentaria, a
volte con caratteristiche solistiche, in altri momenti si è notata la volontà di
alcuni partecipanti di non emergere sulla produzione degli altri ma cercare di
creare una produzione musicale più coesa.
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Si è cercato di contenere (attraverso opportune strategie musicoterapiche) le
persone con tendenze a sopraffare gli altri lasciando loro uno spazio “personale”
ben definito nel quale si potessero esprimersi liberamente, sentendosi comunque
accolti e capiti.
Nei confronti delle persone più inibite si è cercato di trovare la chiave per
contattarli, cogliendo e valorizzando anche le minime forme espressive e
portandole al gruppo.
Subito si è notato la difficoltà da parte di alcuni partecipanti (Andrea, Nicolò,
Michela) di stare nella regola, e di dare una forma al proprio modo di agire sullo
strumento in modo irruento, con il tempo c’è stato un buon confronto con le
regole e più contenimento da parte di queste persone.
Abbiamo notato sin dall’inizio persone molto concentrate su loro stesse e poco
aperte agli altri anche se nel corso degli incontri è nato un senso di appartenenza
al gruppo e un interesse verso tutti i partecipanti.
Nella situazione di Susanna, caso di estrema chiusura segnalata dai medici e
dagli operatori, c’è stato un forte interesse nei confronti dell’attività e
un’apertura quasi “miracolosa” sia a livello verbale che relazionale.
Abbiamo notato una buona capacità generale di disponibilità e di confronto
verbale da parte di tutto il gruppo.
Attraverso la rielaborazione verbale dell’esperienza sonora, i partecipanti sono
riusciti a avere una presa di contatto con le proprie emozioni.
La canzone è risultata un potente strumento aggregativo per il gruppo soprattutto
è servita per parlare delle esperienze, delle loro situazioni, delle loro emozioni e
speranze riuscendo ad identificarsi nei testi.
I ragazzi attraverso le canzoni vanno alla ricerca della loro identità e si
rispecchiano nei cantanti e nei testi, questa esperienza è servita per dare loro
modo di parlare di sé e di dar voce al loro mondo interiore attraverso il
linguaggio a loro più vicino, la musica.
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Si è raggiunto l’obiettivo di integrare le due parti opposte del gruppo, dove le
personalità più inibite hanno trovato il coraggio di emergere mentre quelle più
disinibite hanno cercato di dare una forma e un contenimento alla loro
produzione.
L’utilizzo del linguaggio musicale unito a quello verbale ha contribuito al
processo di oggettivazione, organizzazione e strutturazione di questo mondo
interiore, che nel paziente psicotico è particolarmente frantumato e disgregato, in
modo tale da rendere significative queste parti di sé, sia in rapporto alla propria
esistenza personale che nel rapporto con gli altri.
Il contatto concreto con gli strumenti musicali è servito ad una elaborazione e
produzione sia individuale che di gruppo in piena libertà espressiva e ha
costituito una tappa importante del percorso verso una migliore coordinazione
del pensiero.
Le
attività
musicali
mettono
in
gioco
alcune
funzioni
specifiche
dell’apprendimento come la memoria, l’attenzione, la concentrazione che spesso
nei pazienti psichiatrici sono particolarmente compromesse a causa di chiusure e
personalità fragili.
Si è notato una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità espressive,
un miglioramento delle capacità di ascolto reciproco, della capacità di
attivazione e inibizione.
I partecipanti hanno avuto la possibilità di esprimersi e parlare di sé attraverso la
musica come linguaggio molto vicino all’adolescente e la possibilità di dar voce
alle proprie emozioni e al proprio mondo interiore.
Rimane tuttavia, la difficoltà di gestire un gruppo aperto con patologie così
importanti e con l’entrata di utenti nuovi destabilizzante per il gruppo già
formato. Tuttavia l’esperienza è stata particolarmente ricca e costruttiva
soprattutto sul lato umano e relazionale.
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13.
Riflessioni conclusive
Per il secondo anno consecutivo mi è stata data l’opportunità di svolgere il
tirocinio in un contesto psichiatrico, con la differenza che l’anno scorso il
progetto era rivolto a utenti adulti - anziani mentre quest’anno i partecipanti agli
incontri sono stati ragazzi nell’ età dell’adolescenza e post-adolescenza.
Queste sono le mie conclusioni e riflessioni finali di un periodo, di un vissuto, di
una serie di relazioni ed esperienze che mi hanno dato tanto in termini umani e
professionali.
Il lavoro di musicoterapia con queste persone, richiede per essere efficace, molto
tempo, precisione e costanza.
Credo che la musica, contribuisca a realizzare esperienze che permettono a
questi pazienti con malattie molto importanti di utilizzare al meglio le proprie
risorse (per alcuni nascoste o emarginate), di orientare i propri interessi e le
curiosità.
In particolare la canzone ha avuto un ruolo fondamentale in questa esperienza ed
è risultata un potente strumento aggregativo per il gruppo, ha fatto emergere le
loro emozioni e speranze identificandosi nelle parole per loro significative dei
testi.
Nella seduta di musicoterapia con la musica tutto è permesso, ognuno può
esprimere quello che sente come meglio crede senza pensare ai canoni estetici e
al prodotto finale, a volte con l’uso di piccole regole.
Durante la mia esperienza, ho potuto registrare alcuni cambiamenti significativi
portati dal lavoro con la canzone e la musica.
Si è potuto notare che ogni partecipante agli incontri di musicoterapia abbia
potuto scoprire o riscoprire in sé possibilità e capacità nascoste o ignorate.
Ognuno di loro ha avuto la possibilità di conoscersi e riconoscersi nella propria
affettività, sensorialità e nel proprio vissuto emotivo oltre che nelle potenzialità
cognitive e intellettive.
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Un elemento di cambiamento è sicuramente l’esperienza positiva, stimolante e
interessante che è servita a modificare alcuni comportamenti e atteggiamenti,
modo di pensare e valutare sé stessi e gli altri che appartengono al gruppo,
incidendo sia sulla propria immagine che sulla vita relazionale.
La disponibilità e il confronto verbale dopo ogni esperienza sonora è risultato
indispensabile per favorire una comunicazione che è servita per instaurare una
relazione importante sia con le terapiste che tra i partecipanti alle sedute.
Ho avuto la possibilità di scoprire e condividere il loro mondo, le loro storie, le
loro fragilità e debolezze, le loro gioie, le sensazioni ed è stato fantastico fare
parte della loro vita in questi momenti passati insieme.
Il titolo della mia tesi “Come la canzone racconta di noi” vuole rappresentare
l’importanza della canzone, in ogni periodo della vita, in particolare
nell’adolescenza, periodo critico per tutti i ragazzi soprattutto in persone con
disturbi della personalità e delle relazioni con gli altri.
In diverse occasioni la musica e in particolare la canzone ha avuto il potere di
fare ritornare il sorriso a queste persone che nella vita sono molto tristi e sole.
Sono persone con sentimenti, molto deboli, fragili e insicuri, con problemi legati
all’infanzia, spesso con i genitori e alla ricerca di soluzioni, a volte drastiche
(droga, alcool, tentati suicidi…) per superare i momenti di sofferenza e di crisi.
Il futuro di questi ragazzi con problematiche così importanti risulta molto incerto
in quanto difficile uscire dallo stato di insicurezza e solitudine in cui si trovano
anche se a volte emerge un senso di speranza.
Un ringraziamento particolare alla mia tutor, la musicoterapista Elena Gallazzi
che mi ha dato l’opportunità in questi anni di imparare sempre cose nuove e che
grazie alla sua professionalità mi ha fatto conoscere l’importanza della
musicoterapia in persone con diverse problematiche.
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14. Contenuto del CD musicale allegato con le canzoni proposte
dai partecipanti
1) Parigi, o cara (Roberto Vecchioni)
proposta da Nicolò
2) Pronto Carabinieri (tecno)
proposta da Nicolò
3) I’m missing you (Sanchez)
proposta da Nicolò
4) Morendo (Difesa personale)
proposta da Nicolò
5) Tutto quello che sono (Mondo marcio)
proposta da Nicolò
6) Eternity (Robby Williams)
proposta da Susanna
7) Semplicemente (Zero Assoluto)
proposta da Susanna
8) Un altro mare (Tiro mancino)
proposta da Susanna
9) Certe cose non cambiano (Zero Assoluto) proposta da Susanna
10) Pensieri al tramonto (L.Carboni, T.Ferro)
proposta da Susanna
11) L’immenso (Negroamaro)
proposta da Laura
12) Più che puoi (Eros Ramazzotti)
proposta da Laura
13) Ho imparato a sognare (Negrita)
proposta da Laura
14) Solo ieri ( Eros Ramazzotti)
proposta da Giovanni
15) Ufo Robot
proposta da Andrea
16) Geordie (Fabrizio De Andrè)
proposta da Andrea
17) Ode to my family
proposta da Michela
18) Gianna
proposta da Andrea
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15.
•
Bibliografia
R. O. Benenzon, “Manuale di musicoterapia”, Roma, Borla editore,
1998.
•
R. O. Benenzon, “La nuova musicoterapia”, Roma, Phoenix, 1998.
•
“Musicoterapia et Terapia n. 9” (Quaderni italiani di musicoterapia),
Genova, 2004.
•
C. Ferrara, “Musicoterapia e Psichiatria”, Roma, Phoenix, 2002.
•
F. Bassoli, R. Frison, “L’arte del Corago”, Milano, FrancoAngeli,1998.
•
A. Correale, V. Nicoletti, “Il gruppo in psichiatria”, Roma, edizioni
Borla, 2004.
•
A.
Oliverio
Ferraris,
A.
Oliverio,
“Psicologia:
i
comportamento umano”, Bologna, Zanichelli Editore, 2000.
Siti Internet
www.adolescenza.org
www.aldozecca.net
www.wikipedia.org
www.psicologiapsicoterapia.com
www.nami.org
www.arpnet.it
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motivi
del