LA MUSICOTERAPIA IN ONCOLOGIA

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LA MUSICOTERAPIA IN ONCOLOGIA
MUSICOTERAPIA IN
ONCOLOGIA
A cura di Rossana Berardi,
Ricercatrice c/o Clinica di Oncologia Medica
Università Politecnica delle Marche,
Ancona
Quando un medico comunica ad un paziente una diagnosi di tumore, questi e la sua
famiglia vedono concretizzarsi tutte le paure e le ansie che erano presenti nel periodo
di attesa del responso clinico.
Come aveva intuito Balint già nel 1957, quando
pubblicò a Londra il suo famoso testo “Medico,
paziente, malattia”, rivoluzionando quelle che erano
le teorie in campo di Psicologia Medica, il paziente,
che già sta compiendo una faticosa lotta contro la
malattia di cui è affetto, va dal medico che “sa”
chiedendogli informazioni ed aiuto ed instaurando,
così, una specifica situazione relazionale medicopaziente, all’interno della quale l’esistenza di
ciascuna delle due figure è funzione dell’esistenza
dell’altra.
Al momento della diagnosi i malati di cancro, i loro
parenti e amici provano un senso di panico,
disperazione e incertezza. Ciò si ripercuote su tutti
gli aspetti della loro vita, soprattutto sui rapporti
interpersonali e sul modo di vedere la propria condizione e il proprio futuro. D’altra
parte maggiore è la gravità della malattia e maggiore è l’ansia che ne deriva.
I malati di cancro abbandonano un mondo con il quale hanno dimestichezza e nel
quale si sentono sicuri per entrare in un nuovo mondo fatto di ospedali, specialisti,
terminologia medica, medicine e trattamenti.
Se già con la diagnosi di tumore il paziente vede spesso modificato il suo ruolo, non
essendo più attivo e dovendosi appoggiare agli altri, a questo si deve aggiungere la
paura di interventi o di terapie e l'incognita di ciò che succederà dopo.
Altre volte nel soggetto scatta un meccanismo psicologico di negazione della
patologia, che serve ad allontanare l'ansia e la paura: "Hanno sbagliato, non è
possibile". Ma questo atteggiamento è controproducente perché negare la realtà non
modifica quanto è avvenuto, anzi espone al rischio di sottovalutare o addirittura di
ignorare le terapie mettendo a repentaglio la propria vita.
D’altra parte in un’era moderna qual è la nostra, in cui pur non volendo cercare ci si
trova a contatto con informazioni, i pazienti tendono ad essere sempre più interessati
a sapere.
Spesso il soggetto che ha appreso la diagnosi, decide di non parlarne con i familiari
"perché non voglio che mi vedano preoccupato, che stiano in ansia per me". Pertanto
esclude l'argomento malattia dalle conversazioni evitando ogni riferimento al tumore e
creando una falsa situazione in cui apparentemente non è successo nulla. A loro volta
i familiari spesso confermano tale comportamento tacendo sia col paziente che con gli
altri componenti della famiglia, al fine di evitare loro preoccupazioni. In tal modo si
instaura un meccanismo perverso del tipo "io so che tu sai che io so", nel quale
l'ombra del tumore è comunque presente, perché presenza fissa nella mente di tutti,
anche se non verbalizzata. Questo atteggiamento è fortemente controproducente per
diversi motivi. Innanzitutto perché impedisce a ognuno, e in particolare al paziente, di
esprimere i propri sentimenti e i propri bisogni; in questo modo ogni persona coinvolta
porta sulle spalle un peso enorme di emozioni, paure, angosce che è costretto a
reggere da solo senza per questo alleviare il peso agli altri. Inoltre la comunicazione
non verbale (espressa da atteggiamenti, gesti, mimica del viso) rimanda messaggi
contrastanti rispetto alla comunicazione verbale, creando confusione all'interno del
sistema familiare. La discrepanza tra comportamento verbale positivo e non verbale
negativo può indurre il paziente a sentirsi abbandonato e non amato mentre il
familiare potrà sentirsi frustrato e impotente nell'aiutare il malato. È pertanto
importante capire che il non comunicare su quello che si sta verificando non aiuta
nessuno: non pronunciare la parola "cancro" non lo fa sparire. Parlare di un problema,
di qualsiasi natura esso sia, non solo permette di dare libera espressione alle
emozioni, ma aiuta anche a dargli la giusta dimensione.
Con l’obiettivo da un lato di gestire le emozioni, le paure, le ansie e le angoscie
proprie della malattia e dall’altro di contribuire ad una migliore accettazione e
sopportazione anche fisica della malattia e del suo trattamento, vari approcci
terapeutici sono stati proposti. Tra
questi annoveriamo la
musicoterapia. Negli ultimi 10 anni
sono stati pubblicati vari studi
riguardanti l’applicazione della
musicoterapia in campo oncologico.
Essi hanno dimostrato che la
musicoterapia può determinare una
riduzione dei livelli di ansia e di stress,
un miglior controllo del dolore, una
migliore compliance ai trattamenti
antiblastici e può fornire un supporto
psicologico al pazienti e ai loro
familiari.
Il termine musicoterapia nasce nell’Antica Grecia e oggi indica il ricorso ad esperienze
musicali attive, in cui s’impiega la musica per coltivare l’espressione creativa, o
passive in cui predomina l’ascolto.
Con il termine di musicoterapia si intende l’utilizzo della musica e degli elementi
musicali (armonia, melodia, ritmo, timbro) per favorire l’integrazione fisica,
psicologica ed emotiva dell’individuo.
La musicoterapia è una disciplina che utilizza l’elemento sonoro/musicale all’interno
della relazione utente/operatore in un processo sistemico di intervento con finalità
preventive, riabilitative e terapeutiche.
Come citato sopra, la musicoterapia viene applicata attraverso due metodologie:
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