A Franco Poterzio Manuale di psicopatologia Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale www.gioacchinoonoratieditore.it [email protected] via Sotto le mura, Canterano (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre Indice Introduzione Capitolo I Parte generale .. Il campo, – .. Il metodo, – .. Gli strumenti, – ... La psicologia letteraria, – ... La fenomenologia antropologica, . Capitolo II Psicopatologia delle sensopercezioni .. Psicopatologia delle senso–percezioni, – ... Alterazioni della qualità delle percezioni, – ... Alterazioni della quantità delle percezioni, – ... Illusioni, – ... Allucinazioni, . Capitolo III Psicopatologia della vigilanza, dell’attenzione e dell’orientamento .. Vigilanza e orientamento spazio temporale, – .. Vigilanza e attenzione, . Capitolo IV Psicopatologia della memoria .. Psicopatologia della memoria, – ... Amnesia e rimozione, . Capitolo V Psicopatologia dell’intelligenza .. Psicopatologia dell’intelligenza, . Capitolo VI Psicopatologia dell’ideazione e del pensiero .. L’idea, – ... Idea e simbolo, – ... Genesi delle idee, – Indice .. Pensiero astratto e pensiero concreto, – ... Formazione del pensiero, – .. Il ragionamento, – .. La critica, – .. Il giudizio, – .. Psicopatologia del pensiero, – ... Disturbi formali del pensiero, – ... Disturbi del contenuto del pensiero, – ... Classificazione dei deliri, . Capitolo VII Psicopatologia della corporeità e degli istinti .. Le patologie, – ... Dismorfofobie, – .. Corporeità e istinti, – .. Psicopatologia della sessualità, – .. Psicopatologia dell’istinto alimentare, – .. Psicopatologia dell’aggressività, . Capitolo VIII La coscienza .. Coscienza obiettivata, – .. Coscienza dell’io e autocoscienza, – .. Coscienza morale, – .. Coscienza e vigilanza, – .. Stato di coscienza, – .. Psicopatologia dello stato di coscienza, – ... La confusione, – ... L’alterazione ipnoide della coscienza, – ... L’alterazione onirica della coscienza, – ... L’alterazione oniroide della coscienza, – ... Alterazione crepuscolare della coscienza, – .. Psicopatologia dell’Io, – ... La depersonalizzazione, – .. Coscienza e inconscio, . Capitolo IX Psicopatologia delll’affettività .. Psicopatologia dell’umore, – .. Psicopatologia delle emozioni, – .. Psicopatologia dei sentimenti, – .. Presupposti antropologici dell’affettività, – .. Amore, – .. Amicizia, – .. Responsabilità, – .. Interiorità, – .. Genitorialità, – .. Principali disturbi dell’affettività, – ... L’ansia, – ... Le difese dall’ansia, – .. I disturbi d’ansia, – ... Quadri ansiosi semplici, – ... Quadri ansiosi complessi, – ... Disturbi somatoformi, . Capitolo X Psicopatologia della volontà Introduzione Il volume Psicopatologia viene proposto dall’Editore a psichiatri, psicoterapeuti, psicologi, specializzandi e studenti in medicina, psicoterapia, psicologia e lettere. Si tratta di una rassegna alquanto elementare e schematica tendente alla migliore completezza possibile delle principali affezioni che interessano una o più funzioni psichiche. Il libro si presenta dunque come un sussidio didattico oppure anche come testo di consultazione o di studio preliminare qualsiasi trattazione nosografica. Sostanzialmente il discorso di quest’ opera si muove in due direzioni: la prima è una rivisitazione della principale nomenclatura in tema di psicopatologia, che appare sempre più ridotta e schematica nei vari trattati attuali. La seconda invece si propone una sorta di unificazione e coordinazione di tutta la materia in termini sintetici secondo una visione maggiormente antropologia o, più semplicemente, ispirata ad un modello della mente rudimentalmente unificato mediante una prospettiva fenomenologica oltre che psicodinamica. In quanto al primo punto, è ben noto che ogni testo di psichiatria e di psicologia comprende uno o più capitoli dedicati alla psicopatologia nell’ambito solitamente di un più vasto trattato sulle varie malattie mentali, sulle varie ricerche scientifiche, sulle rassegne delle principali nozioni ormai assodate o ancora in fase di studio e sulle principali concezioni teoriche in materia di disturbi psichici. Spesso tali dissertazioni in tema di psicopatologia restano tuttavia disancorate tanto dalla realtà clinica quanto da un approfondimento psicodinamico che permetta una migliore comprensione dei principali fenomeni psicopatologici. La trattazione avviene di consueto per singoli capitoli non sempre coordinati tra di loro, ma come in schema. Il secondo aspetto pertanto ambisce a strutturare in modo originale e unificato i diversi quadri psicopatologici alla luce delle funzioni Introduzione onnipresenti dell’affettività e della corporeità, solitamente trattate a sé stanti la prima come fosse una delle tante espressioni fenomeniche della psicopatologia e non come invece è, un vero tessuto connettivo interessante trasversalmente quasi tutti i disturbi psicopatologici, la seconda come se non fosse intrinsecamente correlata con la psicologia e la psicopatologia, ma soprattutto come se non fosse una struttura portante, parzialmente o del tutto inconscia, la maggior parte dei fenomeni psicopatologici. Altri elementi unificanti tutta la trattazione sono offerti dai capitoli sulla coscienza (e, naturalmente, anche sull’inconscio), e sulla volontà. Coscienza e volontà si trovano in natura tra di loro intrinsecamente legate e non trattabili separatamente: l’atto della volontà in effetti costituisce una delle prestazioni specifiche dell’essere umano che informa nei suoi aspetti consapevoli buona parte del comportamento. Per tale motivo ogni capitolo che pure è mirato sulle principali affezioni psicopatologiche comprende anche quelle funzioni psichiche normali che esasperate, contraffatte o alterate si deteriorano nel fenomeno psicopatologico. Capitolo I Parte generale Il metodo La psicopatologia è lo studio dei fenomeni psicologici riscontrabili nei disturbi mentali. Si costituisce come un complesso di nozioni generali, coordinate concettualmente tra di loro, provenienti dall’osservazione clinica. Tali conoscenze sono frutto dell’elaborazione sistematica dei dati acquisiti dall’esame del funzionamento mentale in condizioni di alterazione morbosa e messi in rapporto con le prestazioni psichiche normali. La psicopatologia si propone di istituire anzitutto una terminologia universale di cui servirsi nelle diverse indagini sulla mente umana. Prende in considerazione pertanto le varie funzioni psichiche e le rispettive alterazioni rilevabili nei quadri morbosi. Trova inoltre un’importante applicazione in psichiatria, nella pratica clinica abituale, come linea guida nella formulazione del cosiddetto esame psichico, operazione indispensabile per un’accurata semeiotica del funzionamento mentale di un paziente. La psicopatologia dunque osserva, definisce, analizza e formula in concetti generali i vari stati della mente, ossia tutte quelle manifestazioni, normali o abnormi, che si possono reperire nell’attività mentale in situazioni di patologia. .. Il campo La psicopatologia attinge il proprio materiale di studio dalla psichiatria e dalla psicologia clinica. Nell’esaminare le funzioni compromesse non può prescindere dall’apporto della psicologia, dalle sue teorie, dai suoi metodi e dai diversi modelli della mente proposti. Il territorio sul Manuale di psicopatologia quale lavora la psicopatologia si estende ancora al substrato organico da cui strettamente dipendono alcuni fenomeni psicopatologici, ossia la neurobiologia, la neuroendocrinologia, la neurofisiologia, sino alla neuroradiologia e alla neuropsicofarmacologia. .. Il metodo La psicopatologia, considerata dal punto di vista della filosofia delle scienze, opera con un metodo necessariamente posizionato in bilico tra oggettività e intersoggettività. Il problema è comune a tutte le scienze della mente umana. Le scienze naturali invece, comprendendo tuttavia anche parte della psicologia sperimentale, della psichiatria, della neuropsicologia, della psicofarmacologia (derivate per la maggior parte dal terreno biologico della medicina), hanno come metodo d’indagine il metodo empirico, ossia l’osservazione, la descrizione e la misurazione dei fenomeni, le ipotesi di lavoro, la riproduzione del fenomeno nell’esperimento il più possibile immune da interferenze, lo studio delle analogie con altri fenomeni, la formulazione infine di una legge generale secondo rigorosi nessi di causalità preferibilmente lineare. In quest’ambito ogni fenomeno può, a seconda del perfezionamento delle tecnologie usate per esaminarlo, venire oggettivato e illustrato nel suo concatenarsi causale. Le ricerche condotte con il metodo sperimentale, per aver diritto di cittadinanza in ambito scientifico, generalmente necessitano di una validazione statistica: soltanto allora le conclusioni dell’indagine sono applicabili a tutti i fenomeni della medesima natura. Qualsiasi affermazione in campo scientifico deve dunque essere suffragata dallo studio condotto su di un campione sufficientemente vasto, omogeneo, significativo e rappresentativo. Sono questi i criteri seguiti dalla medicina basata sull’evidenza. Nelle discipline mediche e biologiche, come in tutte le altre scienze naturali, la realtà fenomenica viene pertanto oggettivata e l’esperienza, una volta concettualizzata, dovrebbe essere fruibile come tale da qualunque altro ricercatore, mentre è irrilevante, ai fini della correttezza formale dell’esperimento e delle sue conclusioni, il punto di vista dell’osservatore, se non come strumento convenzionalmente tarato. . Parte generale Questo metodo trova i suoi limiti e quindi la sua insufficienza negli studi sulla mente umana: le discipline psicologiche infatti non sono soltanto scienze biologiche e pertanto non possono avvalersi esclusivamente dell’impianto delle scienze sperimentali fondate sulla quantificazione dei fenomeni, ma vivono e operano in un terreno interdisciplinare con le scienze umane. Soprattutto va sottolineato che il sapere e l’agire in psicologia, in psicopatologia e in psichiatria si formano sempre e inevitabilmente anche in una realtà intersoggettiva. Non esiste alternativa: posso conoscere la mente umana soltanto con la mente umana. L’identità di natura tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto costituisce il problema fondamentale della conoscenza in ambito psicologico. Questa identità di natura tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto — situazione unica tanto nelle discipline umane quanto nelle scienze sperimentali — favorisce, per quanto riguarda il rapporto con l’oggetto da analizzare, l’originarsi di frequenti processi identificativi. Tali identificazioni, come anche la fluidità della situazione relazionale tra osservatore e osservato, mantengono il campo d’indagine in una condizione di dinamica intersoggettività e non offrono certo al rigore richiesto dalle scienze sperimentali proposizioni certe e inequivoche. L’obiettivo di applicare alle indagini sulla mente umana esclusivamente il metodo sperimentale appare irrealizzabile, snaturante e limitante a prezzo di pesanti riduzioni sul versante scientifico e, naturalmente, anche su quello antropologico: è quanto si può cogliere in alcune proposizioni di scienza empirica quando vengono assunte in termini assoluti ed escludenti altri metodi di indagine: rischio possibile per la prospettiva neuropsicologica, per quella neuropsicofarmacologica, per la reflessologica, per l’approccio clinico bio–psico–sociale prospettive di indagine che pure offrono contributi innegabili alla migliore conoscenza del funzionamento psichico normale e patologico. Nella stessa psicoanalisi si risentono fortemente gli echi delle scienze di fine ottocento e dei primi del novecento nei concetti di energia, di dinamica, di topica, di genetica e di economia sino a giungere ad un modello della mente che risulterebbe in fin dei conti profondamente deterministico, se non fosse stato descritto e valorizzato il fenomeno del transfert e del controtransfert insieme con le complesse sfaccettature in cui si configura il rapporto tra l’analista e l’analizzato, in tutta la sua ineliminabile intersoggettività. Manuale di psicopatologia Ne deriva l’irrinunciabile necessità di focalizzare, nelle scienze della mente umana, l’indagine, contemporaneamente all’oggetto, anche sul soggetto esaminatore e sulla relazione instauratasi tra entrambi. Tale approccio intersoggettivo o interpersonale non deve tuttavia venire sottovalutato o considerato come “poco scientifico” privilegiando la prospettiva sperimentale oggettivante: proprio in virtù di una visione interpersonale si perviene infatti ad una forma di conoscenza chiamata “per connaturalità” dell’oggetto in esame secondo percorsi integrati e complementari alla via empirica. Si delinea in tal modo un accesso duplice ai fenomeni psicopatologici che identifica due modi reciproci di fare scienza dell’uomo in psicologia, in psichiatria e in psicopatologia: a) un sapere strutturale che deriva dall’osservazione e dall’elaborazione delle esperienze oggettivabili (esempio: un determinato paese può essere conosciuto esaminando dei testi in materia, delle fotografie, dei rilievi geomorfologici, delle mappe e poi studiandone la politica, l’idrografia, le risorse economiche, la storia e la lingua); b) un sapere esperienziale che proviene dall’esperienza diretta e immediata dei fenomeni colti nella loro qualità oltre che nella loro quantità (continuando l’esempio precedente, si tratta di visitare il paese di cui sopra e di sperimentarne colori, architetture, suoni, clima, odori, sapori, dialetti ecc., trovando la corrispondenza e la conferma con quanto strutturalmente appreso). L’ineliminabile duplicità complementare dell’approccio ai fenomeni psicopatologici ha segnalato una sorta di dicotomia, da sempre presente in psicopatologia, che vorrebbe distinguere una scienza del capire e dello spiegare da una scienza del comprendere. Nella prima forma, il fenomeno viene esaminato nella sua oggettività e nel suo concatenarsi causale. Si “capiscono” gli eventi psicopatologici con un criterio assunto in analogia ai sintomi in medicina e così questi possono venire illustrati mediante le concatenazioni causali reperite, ma è soltanto nella seconda forma che un fenomeno viene . J. M, Avere soggetto analizzatore e oggetto osservato la stessa natura in Quattro saggi sullo spirito umano Morcelliana, . . Parte generale inserito nel contesto dei vissuti soggettivi e viene “compreso” nella complessità di un certo sistema personologico, a sua volta considerato nello spessore esistenziale che lo configura. In breve, contrariamente ai fenomeni di natura, l’evento psicopatologico viene preso in esame secondo le categorie (metafisiche) della qualità e della relazione e non soltanto della quantità (non tutti i fenomeni psicologici hanno infatti l’attributo dell’estensione che ne permette la misurazione: proprio per la psicologia e in genere per le scienze della mente umana si ripropone, sotto certi aspetti e secondo un’accezione lievemente diversificata, la vecchia distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa). È invece mediante la relazione, ossia mediante il rapporto interpersonale e intersoggettivo, che certe realtà appaiono con l’evidenza degli assiomi e possono collocarsi a livello di fondamenti scientifici. Così il significato di un pianto non potrà mai essere colto attraverso l’esame biochimico delle secrezioni lacrimali, della quantità del materiale prodotto e neppure dei complicati circuiti neuronali che lo collegano alle emozioni o anche semplicemente all’irritazione congiuntivale. Il senso va inteso e collocato in una diversa dimensione, quella appunto del sapere esperienziale secondo la modalità del comprendere. Rimane evidente pertanto, senza necessità alcuna di dimostrazione, che l’essenza e il significato di un pianto vanno colti, con la prospettiva della psicopatologia, in un contesto relazionale di gioia, di dolore o di altri sentimenti. Di fronte all’esperienza del fenomeno psicopatologico tuttavia, per giungere agli obiettivi di un sapere strutturale che garantisca la maggiore oggettività possibile, insieme con una più agevole trasmissibilità, è necessario in primo luogo valutarne la corrispondenza ad un modello (ad un prototipo) di cui il soggetto esaminatore possiede già una nozione maturata da esperienze precedenti o da letture sull’argomento, ma soprattutto ha la “competenza” per coglierlo nella sua specificità. In tal modo il fenomeno appare nella sua tipicità e universalità, ossia estensibilità ad altri fenomeni simili, analoghi, opposti o diversi. Il fatto che un fenomeno psicopatologico diventi “paradigmatico”, applicabile cioè ad altre situazioni, ne autorizza pienamente l’accesso ad un discorso scientifico. Per giungere a questo livello di astrazione concettuale l’evento psicopatologico deve ripresentarsi con uguali qualità specifiche all’attenzione dell’osservatore e offrire un certo grado di invarianza, ossia di permanenza, al di là delle condizioni accidentali, delle sue fonda- Manuale di psicopatologia mentali caratteristiche (un delirio rimane pur sempre una convinzione errata incorreggibile da parte della critica e dell’esperienza contraria di una certa realtà, pur nelle sue varie espressioni in diversi quadri morbosi reperibili in clinica psichiatrica). Secondo tale modo di procedere, il metodo dell’“analisi del caso”, quando questo può venire assurto a caso clinico paradigmatico, è particolarmente foriero di preziosi contributi per la costituzione di un valido “statuto” dottrinale oltre che di una certa impostazione metodologica in psicopatologia. Deve tuttavia rimanere assodato che la procedura propria dell’indagine psicopatologica parte sempre da una base costituita dall’osservazione, dalla descrizione del fenomeno e dal confronto con altre realtà simili od opposte. Il lavoro della mente dello psicopatologo consiste pertanto in percorsi di andata e ritorno dal particolare all’universale e viceversa, dal semplice al complesso e viceversa, dal dato esperienziale al concetto e viceversa, dalla pratica alla teoria e viceversa, dall’approccio sintomatologico–strutturale a quello fenomenologico–esperienziale e viceversa. Così il “senso di colpa”, stato d’animo penoso reperibile in diverse configurazioni nosografiche in psichiatria, viene distinto dalla psicopatologia dal “sentimento della colpa” in cui il rimorso e la vergogna si riferiscono ad un atto realmente compiuto dal soggetto e definibile come reato. e ancora il fenomeno psicopatologico della “confabulazione” (narrazione dietro domanda di eventi storicamente mai avvenuti) può essere meglio inteso dall’analisi psicopatologica mettendolo in rapporto eziologico con gli abusi di sostanze alcoliche, con la degenerazione dei corpi mammillari nell’encefalo, ma anche con il bisogno del soggetto di colmare delle gravi lacune mnesiche così che il fenomeno confabulatorio può essere ben identificato non soltanto mediante l’osservazione e l’analisi differenziale, ma anche con l’immediato ricorso a categorie causali, nessuna delle quali per altro, nel caso specifico, pienamente soddisfacente. Il discorso della psicopatologia è dunque un terreno di base sul quale riposano le varie discipline della psiche umana con le rispettive correnti di pensiero ed è pertanto aperto alle più diverse metodologie interpretative ed esplicative. In effetti la psicopatologia non possiede un unico impianto teorico al quale riferirsi. Come in tutte le altre scienze della psiche, non vi si ritrova un unico modello della . Parte generale mente valido in termini assoluti (così la teoria corpuscolare della luce e quella oscillatoria spiegano ciascuna molti dei fenomeni luminosi, ma nessuna delle due è in grado di illustrare cosa veramente la luce sia). L’analisi della psicopatologia pertanto, che parte dai casi tipici e procede per caratteristiche fondamentali e per differenze specifiche, necessita ai fini di un miglior rigore scientifico, di un ulteriore livello di astrazione per poter definire meglio il suo territorio circoscrivendo il campo comune a tutti gli eventi psicopatologici e operando con il metodo suo proprio sul materiale che gli compete (si corre il rischio altrimenti di parlare di allucinazione visiva quando si tratta soltanto di uno scotoma in retinopatia degenerativa, di chiamare delirio un’idea a forte impatto emotivo, di scambiare per depressione un semplice sentimento di tristezza, di demotivazione o di disperazione). Quale sarebbe dunque la matrice comune ai fenomeni psicopatologici sui quali la psicopatologia possa dirigere, senza sconfinamenti di campo, le proprie indagini? La fenomenologia antropologica, correlando l’evento psicopatologico all’analisi esistenziale, è in grado di ritrovare un comune denominatore ai fenomeni psicopatologici nella perdita di senso, nella caduta della progettualità, nello smarrirsi dell’esistenza nell’inautenticità e nell’alienazione. In particolare ogni fenomeno psicopatologico, secondo questa prospettiva, presenta alcune caratteristiche comuni (tanto che si tratti di una depersonalizzazione, quanto di una confusione, quanto di una fobia, quanto ancora di un lieve stato ansioso) che possono venire assunte come criteri per riconoscere le caratteristiche specifiche di ogni evento psicopatologico e che sono: a) riduzione o perdita della reciprocità relazionale: dalla semplice agorafobia al ritiro autistico. Il rapporto interpersonale è più o meno problematico, falsificato, conflittuale; b) restringimento dell’orizzonte esistenziale: dall’assillo di un’idea ossessiva alla convinzione delirante di fallimento in una depressione. Tutto il campo di coscienza viene ad essere occupato per molto tempo dagli stati d’animo patologici senza che il soggetto possa dirigersi verso nuovi oggetti e verso nuovi contenuti di pensiero; c) amputazione più meno grave del rapporto con la realtà si va dalla banale amnesia che impedisce di rapportarsi ad un ristretto settore già vissuto della realtà, fino alla confusione mentale con l’impossibilità di riconoscere la realtà esterna e di relazionarsi adeguatamente ad essa; Manuale di psicopatologia d) paradossalità e assurdità del fenomeno psicopatologico secondo il criterio logico del senso comune: il fenomeno psicopatologico viene subito percepito da qualsiasi osservatore, neppure esperto, come assurdo, illogico, privo di significato, tanto si può riscontrare in un penoso sentimento di minaccia o di catastrofe imminente senza cause esterne plausibili come nel caso di un attacco di panico quanto in un’assillante ripetizione di atti senza senso in un disturbo ossessivo– compulsivo, quanto ancora nell’ingerire oggetti non commestibili nei deterioramenti psicotici cronici. Caratteristica essenziale del fenomeno psicopatologico è dunque quella di manifestarsi al di fuori dalla logica del contesto in cui si verifica; e) inspiegabilità o non intelligibilità immediata: si riscontra nella fobia per un oggetto innocuo fino all’arresto psicomotorio prolungato in una forma di schizofrenia catatonica. Il disturbo psicopatologico racchiude quasi sempre in sé un certo enigma che pone non poche domande all’osservatore nel tentativo di spiegarselo in obbedienza all’inderogabile bisogno di causalità presente in ogni istanza scientifica. Il disturbo psicopatologico si presenta dunque con caratteri di incomprensibilità o anche, in taluni casi, di incomunicabilità. Sovente la difficoltà di comunicazione va attribuita alla intrinseca “inesprimibilità” di molti disturbi psicopatologici, come se non ci fossero le parole adatte per trasmetterli secondo il vissuto interiore; f ) regressione verso forme esistenziali infantili: quasi tutti i disturbi psicopatologici, soprattutto quelli a configurazione psicotica, presentano evidenti manifestazioni di immaturità, quando non si assiste ad un vero e proprio regresso da forme adulte verso modi infantili di funzionamento mentale: si può andare così dall’inibizione psicomotoria con tremori e pianto irrefrenabile in una crisi d’ansia generalizzata, fino all’eteronomia e all’assoluta incapacità decisionale in un disturbo dipendente di personalità in soggetto adulto. Osservata con una prospettiva psicodinamica, la “regressione” presenta sovente nel suo originarsi dei meccanismi primitivi o arcaici di difesa dall’ansia quali identificazioni proiettive, negazioni, scissioni; g) difficile modificabilità mediante interlocuzione fondata sul senso comune: La caratteristica appare evidente anche all’occhio di uno spettatore incompetente. Il ragionamento e l’interlocuzione basati sul senso comune non sortiscono alcun effetto di riflessione, di elaborazione e di cambiamento: si può incontrare così il fallimento di qualsiasi tentativo di persuasione per svincolare un’anoressia dall’ancoraggio esasperato ad un’estrema restrizione alimentare, oppure anche l’impossibilità di modificare un’idea delirante non ostante la palese evidenza di esperienze contrarie all’idea stessa; h) disadattamento: ogni fenomeno psicopatologico comporta, in conseguenza dell’alterato rapporto con il reale, una difficoltà più o meno . Parte generale evidente di adattamento al contesto in cui un soggetto vive e agisce, dalla semplice irritabilità, dall’intolleranza per qualsiasi stimolo, dall’insoddisfazione e dall’anedonia fino agli stati di rabbia pressoché permanenti nelle strutture border–line, fino ancora all’insofferenza totale verso quelle persone familiari che, prima di una malattia depressiva, erano stati oggetti di amore e fonti di gioia; i) staticità, rigidità, ripetitività: un disturbo psicopatologico presenta quasi sempre — eccetto i casi acuti reversibili — all’analisi longitudinale una particolare stabilità nel tempo altrimenti espressa dalla visione psicoanalitica come “sviluppo di personalità”, oppure, sott’altra prospettiva, come “coazione a ripetere” e anche come “resistenza” al cambiamento. Si vuol dire che il fenomeno psicopatologico appare il più delle volte intrinseco alla personalità del soggetto portatore, legato cioè in modo consustanziale al suo stesso stile di vita, assai difficile in conseguenza a modificare o ad estirpare con sistemi terapeutici oppure con l’azione plastica degli eventi della vita; j) sopraffazione corporea ed emozionale: nel fenomeno psicopatologico si assiste al trascinamento del pensiero e dell’azione da parte delle pulsioni corporee e delle emozioni provenienti dagli stimoli esterni, dai ricordi, dalle fantasie, dal tono dell’umore. Il fenomeno psicopatologico si caratterizza dunque per la difficoltà a gestire, a comprendere e a regolare tutto il mondo pulsionale in qualche modo perturbato o non integrato in un sistema stabilmente equilibrato di personalità. Questo fatto conduce frequentemente a degli agiti (denominati anche con termine inglese acting–out) quali tentativi di suicidio, aggressioni, bizzarrie, ritiro sociale, strategie di controllo, abbuffate, fughe, crisi dissociative. In altri termini il fenomeno psicopatologico limita di molto la libertà e impedisce alla volontà di agire secondo le linee direttive di un consapevole progetto di sé; k) disagio: il disturbo psicopatologico si accompagna sempre ad una forma più o meno grave di disagio, ossia di sofferenza stabile che non cessa del tutto con il venir meno della causa che l’ha procurata. Il disagio per lo più si verifica a carico del soggetto portatore, ma può anche ripercuotersi sulle persone del contesto familiare o sociale a volte persino risparmiando lo stesso soggetto in cui il disturbo si è verificato, come è il caso dell’euforia clamorosa e agitata in un caso di mania acuta. Il disagio reperibile nel fenomeno psicopatologico può situarsi del tutto all’interno dello spazio intrapsichico del soggetto, oppure manifestarsi in rapporti conflittuali, difficili e penosi con tutti gli oggetti (persone e cose) della realtà esterna. . L. B, Tre forme di esistenza mancata, Prefazione. Il Saggiatore, Milano .