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Newsletter Life Raft Group Febbraio 2010
Dal laboratorio all'ambulatorio e ritorno
Scritto dai dottori Margaret von Mehren e Andrew K. Godwin
del Fox Chase Cancer Center, Philadelphia
Il problema del perché alcuni pazienti GIST traggano beneficio dalle terapie a bersaglio molecolare,
quali Imatinib, Sunitinib e altri farmaci, mentri alcuni no è oggetto di studio da parte degli scienziati
che si occupano di GIST. Su questo tema hanno scritto un articolo i dottori Margaret von Mehren e
Andrew K. Godwin del Fox Chase Cancer Center, pubblicato nella newsletter di febbraio dei nostri
consociati, LRG Life Raft Group, associazione di pazienti GIST in Usa.
L'argomento è certamente materia per gli esperti ed i concetti espressi nell'articolo, anche se
semplificati per essere letti da un pubblico di pazienti, sono difficili da comprendere. Tuttavia
abbiamo voluto tradurre l'articolo e renderlo disponibile perchè è interessante prendere visione di
questi temi che mostrano, con chiarezza, quanto lavoro, impegno e risorse sono impiegati per
comprendere e controllare, sempre piu' efficacemente, una malattia eterogenea come il GIST. E'
importante che la ricerca scientifica sia aiutata e possa continuare a produrre risultati vitali per i
pazienti che attendono cure e risposte alle loro necessità. E' incoraggiante sapere che tanti
ricercatori nel mondo sono attivamente impegnati nello studio di questa malattia!
(Traduzione e adattamento dell'articolo a cura di A.I.G. Associazione Italiana GIST)
Come si deve porre il medico dinanzi al paziente quando la terapia non funziona?
A monte di tutto, il primo approccio clinico dovrebbe essere quello di capire in
anticipo il miglior trattamento terapeutico per il paziente, una forma di medicina
personalizzata che si serve di tutte le informazioni riguardanti il paziente (i suoi
geni, le proteine, le mutazioni) per diagnosticare e curare la malattia. Parecchio
lavoro è stato fatto in questi anni per i GIST, per esempio osservando i differenti
siti delle mutazioni nei geni KIT e PDGFRA e correlando i benefici di Imatinib e Sunitinib con le
diverse mutazioni. Il dosaggio di Imatinib inoltre può influire, in alcuni casi, sui benefici che
derivano al paziente (infatti, in pazienti con mutazioni nell’esone 9 di KIT si è avuto un miglior
controllo del tumore con una dose più alta). Così come avviene per la Leucemia Mieloide Cronica,
anche per i GIST sta emergendo l’importanza di raggiungere uno specifico livello plasmatico di
Imatinib, per avere un esito terapeutico migliore e su questo concetto si indagherà ulteriormente.
Tutte queste informazioni sono dei tasselli che possono permettere al medico di scegliere il miglior
trattamento per il paziente. Ma non si risolve ancora il problema del perché alcuni
pazienti rispondono alle terapie ed altri no.
Il team dei dottori del Fox Chase Cancer Center ha lavorato per studiare i marcatori
molecolari di risposta all’imatinib, utilizzando biopsie di tumori di pazienti Gist in
USA e in Europa che rispondevano in modo differente alla terapia, applicando
metodi all’avanguardia per fare una mappa delle differenze tra questi tumori. Essi
ritengono che conoscendo cosa “non funziona” in un dato tumore si possa scegliere
il corretto metodo di trattamento ed applicarlo precocemente nel corso della malattia per migliorare
in modo significativo le possibilità di cura del paziente.
Hanno studiato per esempio i cambiamenti visti nella espressione genica in campioni di tumore
prima del trattamento ed hanno correlato i modelli di espressione con le probabilità di beneficio
dalla terapia farmacologica. Sono stati in grado di fare ciò grazie allo studio RTOG 0132 condotto
dal dott. Burton Eisenberg del Radiation Therapy Oncology Group. Questo studio ha trattato tre
tipologie di GIST: pazienti con malattia primaria, con malattia recidivata operabile e con malattia
metastatica che sono stati in terapia con Imatinib per un periodo di 8 - 12 settimane, seguite da
intervento chirurgico e poi trattati ancora per due anni con terapia adiuvante. Tutti i pazienti hanno
avuto una biopsia prima di iniziare il trattamento. Durante il trattamento, prima dell’intervento
chirurgico, i pazienti hanno fatto esami TAC per valutare la risposta alla terapia.
Gli studiosi si sono chiesti se ci fosse differenza nei modelli di espressione genica tra i pazienti il
cui tumore aveva avuto una riduzione del 25% o più e quelli che non avevano avuto tale riduzione.
Hanno scoperto 38 geni che erano espressi a livelli molto bassi nei tumori che, successivamente,
hanno risposto molto bene all’Imatinib. 18 di questi appartenevano alla famiglia dei geni chiamati
“Krüppel-associated box (KRAB) domain containing zinc finger (ZNF) transcriptional repressors”
E’ stato interessante per loro scoprire che 10 geni KRAB-ZNF erano collocati in un unico segmento
cromosomiale. La funzione dei membri della famiglia KRAB ZNF è ancora in fase di studio, ma
generalmente questi servono a fermare/impedire la espressione dei geni e la produzione delle
proteine da essi codificate. Gli autori dello studio hanno dimostrato nelle prove di laboratorio che
interrompendo la espressione di alcuni di questi geni le cellule GIST possono diventare molto piu'
sensibili all’imatinib.
Il test per verificare la presenza di un alto livello di questi geni, che nei loro studi erano associati
con aumento della dimensione del tumore o con una rallentata risposta tumorale, non è difficile e
non richiede grande quantità di tessuto. Essi desiderano in primo luogo trovare conferma a queste
osservazioni e stanno cercando collaboratori che abbiano accesso a campioni di tessuti da diversi
gruppi di pazienti.
Poiché il livello di espressione di questi geni è correlato con una minore efficacia di imatinib, i
ricercatori si sono chiesti se ci sia una qualche via per disattivare la loro funzione o in alternativa
per aumentare la loro distruzione dentro le cellule tumorali. La loro ipotesi è che bersagliando
questi geni con farmaci somministrati insieme ad imatinib si possa prevenire la crescita del tumore,
riducendo la complessità dell’intervento chirurgico ed evitando una situazione in cui la chirurgia
non è più tecnicamente fattibile. Essi credono che questa sia un’opportunità per studiare questa
nuova classe di proteine, per comprendere meglio che ‘cosa’ esse fanno e ‘come', in particolare nel
GIST. Essi sperano che i loro risultati possano portare ad ottenere una maggiore efficacia di
imatinib nel trattamento dei GIST.
In altri studi essi hanno dimostrato che non tutti i GIST che mancano di mutazione in KIT e
PDGFRA, i cosiddetti tumori Wild Type, si assomigliano. Essi hanno ottenuto mappe ad alta
risoluzione del genoma del GIST. Cosa importante, hanno scoperto che la maggior parte di dei
GIST negativi per mutazioni KIT/PDGRA, sia pediatrici sia dell’adulto, che sono clinicamente più
resistenti all’Imatinib, in genere non posseggono ampie aberrazioni cromosomiali quali, invece,
sono trovate comunemente nei GIST con mutazioni (Belinsky 2009).
I ricercatori si riferiscono a questi tumori come GIST con genoma stabile/ mutazione negativa di
KIT /PDGFRA, mentre i rimanenti tumori (inclusi i GIST con mutazione positiva di KIT e
PDGFRA e alcuni con mutazione negativa) sono con genoma instabile. Essi hanno dimostrato che
questi GIST Wild Type sovra esprimono IGF1R rispetto agli altri GIST. In alcuni studi precedenti,
il primo dei quali nel 2008 (Tarn 2008; Godwin 2008; Belinsky 2009), gli autori hanno ipotizzato
che IGF1R potrebbe diventare un interessante bersaglio terapeutico da considerare nei pazienti
GIST, per ìnibire la capacità di crescita di questi tumori, specie nei casi pediatrici e nei Gist
dell’adulto con mutazione negativa di KIT e PDGFRA, nei quali le opzioni di trattamento sono piu'
limitate. Sono in corso studi clinici per studiare l’IGF1R come bersaglio di nuove terapie, in base a
questi ed altri studi molecolari.
Infine i dottori del Fox Chase Cancer Center hanno osservato che una parte dei GIST
precedentemente classificati come “Wild Type”, in alcuni casi (con percentuale variabile dal 4 al
13%) hanno mutazioni nel gene BRAF. Comunque, i cambiamenti genetici nei GIST senza
mutazioni KIT/PDGFRA/BRAF non sono ancora conosciuti. Sono necessari ulteriori studi per
comprendere il genoma del GIST in questi pazienti e scoprire nuovi elementi che possano aiutare a
trovare una terapia.
Questi sono alcuni esempi di come il lavoro in laboratorio possa tradursi nella ricerca di modalità
terapeutiche migliori per i malati. I progressi nella cura del GIST coinvolgono sia i pazienti che
partecipano agli studi clinici e mettono a disposizione i loro tessuti, sia i medici che si curano di
loro e gli scienziati che aumentano la conoscenza di questa malattia, fornendo nuove, importanti
intuizioni per produrre trattamenti sempre piu' accurati ed efficaci per i pazienti.
Riferimenti
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