Domenica 26/07/2015 Estratto da pag. 5 Credito: scenari

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Domenica
26/07/2015
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Roberto Napoletano
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Andrea Franceschi v LaFedstapreparandoimercati da mesi (se non da anni) all'idea che, per laprimavoltadaun decennio, ci sarà un rialzo del costo del denaro.
Nonostante questa prudenza e benché quanto dichiarato dal presidente Janet Yellen unadecina di giorni fa («il rialzo dei tassi sia solo una conferma di quanto
gli investitori avevano in messo in conto da tempo,gliinvestitori hanno reagito con un certo nervosismo a questa prospettiva. Bersaglio della volatilità questa
settimana sono state le materie prime. Il mercato delle commodities soffre diunadebolezzastrutturale: c'è un eccesso di offerta a fronte di una domanda
stagnante. Questa debolezza è accentuata dal rafforzamento della valu tain cui sono quotati (la prospettiva di un rialzo dei tassi ha fatto risalire il dollaro) e da
un fattore più contingente: il recente collasso dei mercati azionari cinesi. L'imposizione di restrizioni allevenditesullaBorsadiShanghai - hanno riferito diversi
broker in questigiorni-haspintoinfattimolti investitori a trovare un'alternati va per "coprirsi" dal rischio Cina. Andare al ribasso su alcune commodities, come il
rame, fortemente correlate al ciclo economicodella Repubblica popolare è stata una delle strategie più gettonate. Le turbolenze sulle materie prime si sono
accompagnate a forti svalutazioni delle cosiddette "commodity currencies", cioè le monete dei Paesi produttori. Nell'ultimo mese il dollaro canadese si è
svalutato del 6% sul "cugino" americano toccando un nuovo minimo dal 2004. Lo stessoè successo a quello australiano che viaggia sui minimi dal 2009 mentre
quello neozelandese in tremesièscesodeli4 percento. Ma il problema più grosso riguarda forse quelle economie emergenti che hanno costruito il loro "boom
economico" proprio grazie alle materie prime. Nell'occhio del ciclone questa settimana è finito il Brasile dopo chemercoledì il governo di Dilma Rousseff ha
annunciato unarevisione shock delle stime di crescitaper l'anno in corso (da +0,8% a -1,49%) portando la propriaprevisionesull'avanzoprimario (il saldo tra en
träte e uscite al nettodegliinteressisuldebito)dal- va per "coprirsi" dal rischio Cina. Andare al ribasso su alcune commodities, come il rame, fortemente correlate
al ciclo economicodella Repubblica popolare è stata una delle strategie più gettonate. Le turbolenze sulle materie prime si sono accompagnate a forti
svalutazioni delle cosiddette "commodity currencies", cioè le monete dei Paesi produttori. Nell'ultimo mese il dollaro canadese si è svalutato del 6% sul
"cugino" americano toccando un nuovo minimo dal 2004. Lo stessoè successo a quello australiano che viaggia sui minimi dal 2009 mentre quello neozelandese
in tremesièscesodeli4 percento. Ma il problema più grosso riguarda forse quelle economie emergenti che hanno costruito il loro "boom economico" proprio
grazie alle materie prime. Nell'occhio del ciclone questa settimana è finito il Brasile dopo chemercoledì il governo di Dilma Rousseff ha annunciato
unarevisione shock delle stime di crescitaper l'anno in corso (da +0,8% a -1,49%) portando la propriaprevisionesull'avanzoprimario (il saldo tra en träte e uscite
al nettodegliinteressisuldebito)dal-1*1,2 allo 0,15% del Pil. La frenata dell'economia mette a rischio la sostenibilità del debito pubblico,salitoquasial6o%delPil,
e le agenzie di rating sono in allerta Ma ciò che preoccupa di più è forse l'indebitamento delle aziende che inquestiannièlievitatoanchesulla spinta delle
politiche ultraespansive adottate da diverse banche centrali in tutto il mondo. Un problemacheriguardaanchealtreeconomie emergenti ma che in Brasile è
particolarmente stringente. Il Paese ha grossi squilibri nella bilancia dei pagamenti ed è quello che ha fatto più ricorso ai debiti in valuta forte (dollari
soprattutto) che, alla luce della svalutazione del real (-io%suldollaroneirultimotrimestre e -32% rispetto aun anno fa), risulta sempre meno sostenibile. Il 46%
degli operatori censiti dall'agenzia Fitch in un recente sondaggiosièdettoconvintochele societàprivateneiPaesiemergenti andranno incontro a seri problemi di
rifinanziamento del debito. Ben il 76% degli intervistati ha detto di considerare il Brasile la principale minaccia in questa fase. La Russia, altro "emergente"
produttore di va per "coprirsi" dal rischio Cina. Andare al ribasso su alcune commodities, come il rame, fortemente correlate al ciclo economicodella
Repubblica popolare è stata una delle strategie più gettonate. Le turbolenze sulle materie prime si sono accompagnate a forti svalutazioni delle cosiddette
"commodity currencies", cioè le monete dei Paesi produttori. Nell'ultimo mese il dollaro canadese si è svalutato del 6% sul "cugino" americano toccando un
nuovo minimo dal 2004. Lo stessoè successo a quello australiano che viaggia sui minimi dal 2009 mentre quello neozelandese in tremesièscesodeli4 percento.
Ma il problema più grosso riguarda forse quelle economie emergenti che hanno costruito il loro "boom economico" proprio grazie alle materie prime.
Nell'occhio del ciclone questa settimana è finito il Brasile dopo chemercoledì il governo di Dilma Rousseff ha annunciato unarevisione shock delle stime di
crescitaper l'anno in corso (da +0,8% a -1,49%) portando la propriaprevisionesull'avanzoprimario (il saldo tra en träte e uscite al nettodegliinteressisuldebito)
dal-1*1,2 allo 0, materie prime, viene considerato a rischio dal 36% degli operatori mentre il 34% indica la Cina Crollo delle materie prime, bolle su azioni
ebond, fuga di capitali e conseguente svalutazione delle monete, fanno pensare a un cocktail letale per i mercati emergenti. Ma più di un operatore invita a non
farsi prendere dal panico. Edwin Gutierrez, capo della divisione bond per gli "Emerging Markets" del fondo Aberdeen scrive: «Se la Fed rialza i tassi è perché
l'economia Usa è in ripresa e questa è solo unabuonanotiziaperPaesicomeil Messico», che con gli Stati Uniti hanno forti legami commerciali. Insomma il
segmento "emerging" non è un unicum indistinto e occorre fare distinzioni tra Paese e Paese. In questo senso Morgan Harting, portfolio manager di
ABAllianceBernstein, invita a una maggiore selettività. C'è infine chi, come Aurelija Augulyte, senior Fx Strategist di Nordea, ritiene che le
recentiturbolenzesullevalutenon siano altro che temporali estivi e che con il tempo ci sarà una stabilizzazione del mercato. 5% del Pil. La frenata dell'economia
mette a rischio la sostenibilità del debito pubblico,salitoquasial6o%delPil, e le agenzie di rating sono in allerta Ma ciò che preoccupa di più è forse
l'indebitamento delle aziende che inquestiannièlievitatoanchesulla spinta delle politiche ultraespansive adottate da diverse banche centrali in tutto il mondo. Un
problemacheriguardaanchealtreeconomie emergenti ma che in Brasile è particolarmente stringente. Il Paese ha grossi squilibri nella bilancia dei pagamenti ed è
quello che ha fatto più ricorso ai debiti in valuta forte (dollari soprattutto) che, alla luce della svalutazione del real (-io%suldollaroneirultimotrimestre e -32%
rispetto aun anno fa), risulta sempre meno sostenibile. Il 46% degli operatori censiti dall'agenzia Fitch in un recente sondaggiosièdettoconvintochele
societàprivateneiPaesiemergenti andranno incontro a seri problemi di rifinanziamento del debito. Ben il 76% degli intervistati ha detto di considerare il Brasile
la principale minaccia in questa fa ©RIPRODUZIONERISERVATA e. La Russia, altro "e
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