Il Neorealismo e la Neovanguardia

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Pillole di Letteratura Italiana
a cura del prof. C. Baldi
n.8
> IL NEOREALISMO
Il Neorealismo è un movimento che ripropone l’assunzione del realismo come dimensione
dell’arte, affermando con forza il ritorno alla storicità. Rispetto agli altri realismi della storia
della letteratura, il Neorealismo si distingue per le peculiarità delle sue motivazioni ideali
sociali, politiche: in senso stretto la stagione del Neorealismo dura circa un decennio, dal ‘45 al
‘55, ed è influenzata dall’esperienza collettiva della Resistenza. Uniti più dagli entusiasmi
del momento che da comuni convinzioni ideologiche ed estetiche, intellettuali pur diversi tra
loro danno vita nel cinema come nella letteratura ad una produzione ispirata a rappresentare la
realtà “in presa diretta”. Di conseguenza si afferma il primato della prosa sulla poesia,
perché la narrativa meglio si presta a rappresentare le situazioni concrete. Viene ripresa e
rivalutata la narrativa degli anni Trenta che, attraverso autori come Elio Vittorini, Cesare
Pavese (1908-50), Alberto Moravia, Ignazio Silone, Corrado Alvaro, aveva coraggiosamente
rappresentato in alcuni romanzi la penosa marginalità delle regioni meridionali, la violenza del
mondo contadino, la corruzione morale della borghesia acquiescente sotto il fascismo.
Terminata la guerra, liberata l’Italia, si avverte l’esigenza di far conoscere il Paese sotto tutti
i suoi aspetti e di dare voce a quegli strati popolari che erano stati esclusi dalla grande
letteratura del primo Novecento, ma avevano storicamente mostrato una sorprendente
capacità di protagonismo nella lotta partigiana. Si passa così dalla vita amara ma non priva di
quotidiani eroismi delle borgate romane nei “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini (19221975), scrittore e regista, al resoconto crudo e drammatico delle atrocità del nazismo in “Se
questo è un uomo” dell’intellettuale e chimico ebreo Primo Levi (1919-1987) fino ai racconti
della lotta partigiana ne “I ventitré giorni della città di Alba” di Beppe Fenoglio (1922-1963) e
“Ultimo venne il corvo” di Italo Calvino (1923-1985). L’elenco di autori potrebbe continuare: si
tratta di scrittori molto diversi fra loro ma la cui produzione in quegli anni presenta una certa
omogeneità conferita da alcuni tratti comuni: l’attenzione per le classi subalterne, che fa
scoprire un Italia minore ma ne enfatizza i protagonisti, i quali si pongono come alternativa
umanamente e moralmente migliore a quella del sistema borghese; la tendenza alle
descrizioni minuziose di piccole città o singoli quartieri; un linguaggio che ripropone, in
linea di continuità con l’esperienza verista, l’uso del gergo e del dialetto e la tecnica della
regressione al punto di vista del personaggio di estrazione popolare. Comune a tutti i
neorealisti è la volontà di rivolgersi a un pubblico il più vasto possibile, per contribuire alla
promozione morale degli individui e della collettività. Tuttavia, a partire dalla seconda metà
degli anni Cinquanta, la politica conservatrice dei governi centristi travolge le speranze di un
rinnovamento globale della società italiana e tra gli intellettuali riprende il sopravvento una
riflessione di carattere più universale, che riconduce ognuno alla sua più autentica vocazione
all’introspezione e al mito, superando di molto i confini del neorealismo
> LA NEOAVANGUARDIA
Dopo una fase di recupero dei temi morali e civili anche nel genere lirico, sulla scia delle
tendenze neorealistiche in prosa, a partire dagli anni Sessanta riprenderà il sopravvento una
tendenza alla sperimentazione e alla provocazione in reazione all’affermarsi dell’industria
culturale di massa. In un mondo sempre più dominato dal consumismo, dall’evoluzione
tecnologica, dalla comunicazione massmediatica e dalla retorica pubblicitaria, molti
intellettuali, riallacciandosi ai motivi già sviluppati dal Futurismo e dalle altre avanguardie
storiche di inizio Novecento, mettono in discussione la possibilità stessa di una comunicazione
autentica tra gli uomini. Consapevoli che la letteratura e la poesia non possono più influenzare
la società e le logiche del potere, questi poeti si dedicano a provocare e demolire,
disgregando le strutture tradizionali della lirica, accostando registri e codici diversi, al di
fuori di ogni misura regolare, oppure riempiendo schemi tradizionali di parole incoerenti. Un
esempio di neoavanguardia è il Gruppo ‘63 fondato da intellettuali come Umberto Eco
(1932) e Edoardo Sanguineti (1931-2010). Quest’ultimo, per esempio, nella lirica “Questo è
un gatto” punta il dito proprio sulla mercificazione della cultura e dell’arte che nel mondo
contemporaneo soggiacciono alla logica del denaro.
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