CAPITOLO 11 L’età umanistico-rinascimentale Il periodo tra l’inizio del 1400 e la fine del 1500 viene chiamato età umanistico-rinascimentale. Nella prima metà del Quattrocento, con l’Europa uscita dalla crisi del secolo precedente nella società, molto diversa rispetto a quella trecentesca, si viene a sviluppare una nuova corrente di pensiero che si basa sulla fiducia delle capacità dell’uomo che non dipende più dalla divinità. Questa concezione riconosceva il valore dell’uomo in se stesso, determinò un nuovo interesse per tutto ciò che riguardava l’umanità e la sua storia, per questo fu chiamata “Umanesimo”. Questo periodo fu anticipato dai movimenti ereticali che professavano la libera coscienza dell’uomo che è chiamato a decidere responsabilmente del proprio destino. In questo periodo ci fu una totale rivoluzione di carattere laico e borghese che andava contro le leggi dello Stato e della Chiesa, per riscoprire il diritto alla libertà critica. Questa età è stata un’espressione della città poiché ha trovato nei comuni Italiani il migliore ambiente per lo sviluppo. In questo periodo le opere d’arte e di pensiero romane e greche, i classici, vengono riscoperte e studiate alla lettera cercando di estrapolare il significato originale. Come gli uomini antichi quelli rinascimentali guardano meglio alla vita terrena rispetto a quella ultraterrena, ritenendosi artefici del proprio destino e riscoprendo i valori dei beni materiali. La grandezza dell’uomo viene trovata nelle sue doti di intelligenza, grandezza, creatività, volontà e padronanza di sé che fanno l’uomo centro e misura di tutte le cose. La cultura si basa sull’humanae litterae, le opere classiche che sono lo strumento per la formazione dell’uomo. Gli uomini iniziarono a guardarsi attorno per domandarsi quali fossero le leggi che regolano la natura, questo favori lo sviluppo di uno spirito naturalistico. Essi giunsero attraverso osservazioni e esperimenti a affermare che la verita non è un qualcosa di fisso e immutabile, bensì il frutto di una ricerca costante e incessante. Il sogno dell’umanesimo è quello ricreare il regno dell’uomo ovvero un mondo dove l’uomo ha il dominio pieno della natura. Pico della Mirandola disse che era indispensabile studiare i classici per educare l’uomo. Gli intellettuali avevano un impegno civile e morale verso la società per questo molti di loro si dedicarono a scienza più utili come la medicina o la politica per elaborare leggi più giuste. I signori Quattrocenteschi si ricoprirono di artisti, intellettuali per dare lustro alla propria casata, mecenatismo. Essi diventavano protettori delle arti e avendo il controllo sull’elaborazione culturale la sfruttavano a fini autocelebrativi e pubblicitari. Essi ricorrevano agli intellettuali per educare i figli e per aprire biblioteche pubbliche. L’intellettuale partecipava al consolidamento del potere in cambio di ingenti somme di denaro. Essi si tenevano fuori dalle questioni politiche anche perché i Signori non gli permettevano di interessarsi a ciò. C’era comunque una separazione tra il mondo culturale e quello politico. Possiamo dire che questa è l’età delle corti poiché in esse si decretava la moda e anche la fama, destino degli intellettuali. Purtroppo questa civiltà era riservata solo a pochi poiché la massa continuava a vivere nella miseria e nell’alfabetismo. Secondo il filologo (studioso dei documenti antichi) tedesco Burkardt tra il Medioevo e il Rinascimento c’è una totale rottura, una è l’ età delle barbarie e delle involuzioni culturali, l’altra della rinascita. Secondo lo storico tedesco Burdach il Medioevo getta le basi per la futura età rinascimentale, nessuna epoca è staccata dall’altra, tesi della continuità. © Federico Ferranti Corporation www.terzof.altervista.org