la disciplina uniforme del mercato unico

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INSEGNAMENTO DI:
DIRITTO DELL’ECONOMIA
“LA DISCIPLINA UNIFORME DEL MERCATO UNICO”
PROF. FRANCESCO COSSU
Università Telematica Pegaso
La disciplina uniforme del mercato unico
Indice
1
GLI STRUMENTI PER LA FORMAZIONE DEL MERCATO UNICO ------------------------------------------ 3
2
LE LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE --------------------------------------------------------------------------------------- 4
3
LA DISCIPLINA DELLA CONCORRENZA --------------------------------------------------------------------------- 13
4
CARATTERISTICHE DELLA DISCIPLINA UNIFORME DEL MERCATO UNICO ----------------------- 15
5
TECNICHE DI PROTEZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------- 18
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Gli strumenti per la formazione del mercato unico
Con l’apertura dei mercati nazionali e la formazione di un “mercato unico” transnazionale,
mutano ambedue i termini del tradizionale rapporto Stato-mercato. Da un lato, i mercati perdono la
loro identità nazionale; dall’altro, lo Stato viene progressivamente affiancato da un mercato
sovranazionale.
Alla formazione di un mercato unico europeo si è pervenuti utilizzando tre strumenti: la libertà
di circolazione delle merci, dei lavoratori e dei capitali; la disciplina della concorrenza; la
limitazione degli aiuti statali alle imprese. Di questi strumenti, il principale è il primo, rispetto al
quale gli altri sono funzionali.
Gli Stati possono impedire la formazione di un mercato comune, limitando la circolazione delle
merci. Ma essi possono porre ostacoli alla formazione di un mercato comune anche con interventi
che non limitano, ma ampliano la sfera di autonomia dell’impresa.
Il divieto di porre limiti alla libertà di circolazione e la limitazione posta agli aiuti dello Stato
alle imprese costituiscono limiti, di origine comunitaria, all’attività dello Stato nei confronti del
mercato.
Dunque, il primo e il secondo tipo di disposizione comportano un obbligo degli Stati di
astenersi dall’intervenire o interferire con il mercato. Il terzo tipo di disposizioni è di ordine diverso:
è diretto non agli Stati, ma direttamente al mercato.
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2 Le libertà di circolazione
Il primo strumento per assicurare il mercato comune è la libertà di circolazione nell’ambito del
mercato. Questa trova il proprio fondamento nell’art. 14, comma 2, del trattato comunitario, che
dispone: “il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la
libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni del
presente trattato”.
a. La circolazione delle merci
La libera circolazione delle merci nel mercato unico è assicurata in cinque modi:
-
attraverso un’unione doganale;
-
attraverso il divieto di imposizioni fiscali discriminatorie e l’eliminazione delle disparità
fiscali;
-
attraverso l’abolizione delle restrizioni quantitative e delle misure di effetto equivalente;
-
attraverso il riordinamento dei monopoli;
-
attraverso il ravvicinamento delle legislazioni nazionali.
Nel perimetro della Comunità europea vige il divieto di imposizione dei dazi doganali e delle
tasse che abbiano effetto equivalente.
Tale divieto riguarda il risultato discriminatorio, non lo strumento giuridico che lo produce
(infatti, vi sono strutture giuridiche diverse, ma che producono i medesimi risultati).
Il divieto è rivolto ai dazi doganali già esistenti al momento dell’entrata in vigore del Trattato,
ma è rivolto anche al comportamento degli Stati membri, in quanto viene fatto obbligo agli Stati di
astenersi dall’introdurre nuovi dazi doganali all’importazione.
Infine, il trattato prevede una barriera doganale unica, che comprende tutti i paesi della
Comunità, nei loro rapporti con paesi terzi.
La norma relativa al divieto di disposizioni fiscali discriminatorie e all’eliminazione delle
disparità fiscali, è dettato dall’art. 90 del trattato.
In base a quanto sostenuto da tale articolo, “nessuno Stato membro applica direttamente o
indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura,
superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari. Inoltre,
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nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a
proteggere indirettamente altre produzioni”.
Il terzo strumento per assicurare la circolazione delle merci è dato:
-
dall’abolizione delle restrizioni quantitative. L’art. 28 del trattato dispone che “sono vietate
tra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione nonché qualsiasi misura di
effetto equivalente”, e;
-
dall’abolizione delle misure di effetto equivalente. L’art 29 del trattato dispone che “sono
vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’esportazione e qualsiasi misura di
effetto equivalente”.
In base a quanto stabilito dall’art. 30 del trattato, le disposizioni di cui sopra “lasciano
impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito giustificati da
motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della
vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio
artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale”, a
condizione che tali divieti o restrizioni non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria o
una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.
Il Trattato, poi, attraverso l’art. 31, disciplina il quarto strumento per garantire la circolazione
delle merci: il riordino dei monopoli. L’art. 31, infatti, dispone che “gli Stati membri procedono a
un riordinamento dei monopoli nazionali che presentano un carattere commerciale, in modo che
venga esclusa qualsiasi discriminazione fra i cittadini degli Stati membri per quanto riguarda le
condizioni relative all’approvvigionamento e agli sbocchi”.
Il quinto strumento per assicurare la circolazione delle merci è il ravvicinamento delle
legislazioni nazionali. L’art. 94 del trattato prevede che il Consiglio, all’unanimità e previa
consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio economico e sociale, adotti “direttive volte al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri
che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”.
Infatti, in base all’art. 95, introdotto dall’Atto unico europeo, il Consiglio, a maggioranza
qualificata e secondo la procedura di codecisione con il Parlamento europeo, può adottare “le
misure volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli
Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato
comune”.
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Sempre l’art. 95 del Trattato, stabilisce che il Consiglio, a maggioranza qualificata e secondo la
procedura di codecisione con il Parlamento europeo, ha la possibilità di adottare “le misure volte al
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri
che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno”.
b. La circolazione dei lavoratori
L’art. 39 del Trattato regolamenta la libertà di circolazione dei lavoratori.
In particolare, il secondo comma, dell’art. 39, dispone che la libera circolazione dei lavoratori
“implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli
Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”.
Il terzo comma stabilisce che “fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico,
pubblica sicurezza e sanità pubblica, essa importa il diritto:
a) di rispondere a offerte di lavoro effettive;
b) di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri;
c) di prendere dimora in uno degli Stati membri al fine di svolgervi un’attività di lavoro,
conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che disciplinano
l’occupazione dei lavoratori nazionali;
d) di rimanere stabilire sul territorio di uno Stato membro dopo aver occupato un impiego”.
La libertà di circolazione dei lavoratori deve essere intesa anche per la dimora, la residenza ed il
lavoro.
L’ultimo comma dell’art. 39 stabilisce un limite a tale libertà, infatti, prevede che “Le
disposizioni del presente articolo non sono applicabili agli impieghi nella pubblica
amministrazione”.
Le disposizioni limitative dell’ultimo comma dell’art. 39 sono applicabili solo alle funzioni
collegate all’esercizio della sovranità (rapporti con l’estero, difesa, ordine interno, giustizia, ecc.).
Dunque, l’accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione è consentito quando si tratti,
invece, di attività che non sono necessariamente statali, come quella di insegnamento o come
l’erogazione di molti servizi pubblici.
Il DPCM 07/02/1994, n. 174, ha stabilito che la cittadinanza italiana è necessaria per alcuni
ruoli (dirigente con funzioni di vertice amministrativo, magistrato, avvocato e procuratore dello
Stato, presidente del consiglio dei Ministri, Ministro degli affari esteri, dell’interno, della giustizia,
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della difesa e delle finanze) e per talune funzioni (quelle che comportano l’elaborazione, la
decisone, l’esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi e quelli di controllo di legittimità
e di merito).
L’art. 42 del Trattato, perfeziona il concetto di libertà di circolazione dei lavoratori equiparando
anche la protezione sociale, del diritto al lavoro e della formazione professionale.
Infatti, è stabilito che il Consiglio “adotta in materia di sicurezza sociale le misure necessarie
per l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori”, prevedendo un sistema che consenta ai
lavoratori migranti di continuare a godere delle varie prestazioni e di ottenere il cumulo dei periodi
assicurativi maturati nei diversi Stati membri nei quali hanno svolto attività lavorativa.
Inoltre, il primo comma dell’art. 137 del trattato dispone che per conseguire gli obiettivi previsti
ai fini delle disposizioni di carattere sociale, “la Comunità sostiene e completa l’azione degli Stati
membri nei seguenti settori:
a) miglioramento, in particolare, dell’ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute
dei lavorati;
b) condizioni di lavoro;
c) sicurezza sociale e protezione sociale dei lavoratori;
d) protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro;
e) informazione e consultazione dei lavoratori;
f) rappresentanza e difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa
la cogestione;
g) condizioni di impiego dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio
della comunità;
h) integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro;
i) parità tra uomini e donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il
trattamento sul lavoro;
j) lotta contro l’esclusione sociale;
k) modernizzazione dei regimi di protezione sociale”.
Questo tipo di norme consente la graduale formazione di una sorta di diritto comune europeo,
che opera come elemento comune dei diversi ordinamenti nazionali.
Da ultimo, l’art. 146 costituisce il Fondo sociale europeo avente quale finalità il miglioramento
delle possibilità di occupazione dei lavoratori all’interno del mercato comune e contribuire così al
miglioramento del tenore di vita.
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Tale Fondo sociale europeo ha l’obiettivo di promuovere all’interno della Comunità le
possibilità di occupazione e la mobilità geografica e professionale dei lavoratori.
c. Il diritto di stabilimento e la circolazione dei servizi; le direttive in materia di società e di
contratti pubblici
L’art. 43 del trattato stabilisce che devono essere vietate le restrizioni alla libertà di stabilimento
dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
Tale divieto si estende anche nei confronti delle restrizioni relative all’apertura di agenzie,
succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato
membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché
la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società, alle condizioni definite dalla
legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini.
Il primo e secondo comma dell’art. 47, dispongono che il Consiglio stabilisce direttive intese al
reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli, al fine di agevolare l’accesso alle
attività non salariate e l’esercizio di queste.
L’art. 49 del Trattato, in relazione alla erogazione dei servizi, dispone il divieto di restrizioni
alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità, nei confronti dei cittadini degli Stati
membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione.
L’art. 50, fornisce una definizione dei servizi: “sono considerate come servizi le prestazioni
fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla
libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone”.
In particolare i servizi di cui all’art. 50 del Trattato comprendono:
-
attività di carattere industriale;
-
attività di carattere commerciale;
-
attività artigianale;
-
attività delle libere professioni.
In relazione alla formazione professionale, la Comunità ha adottato, con riferimento a specifiche
professioni, varie direttive di coordinamento nei diversi Stati e di mutuo riconoscimento del titolo
ottenuto a seguito del percorso formativo coordinato.
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Ha poi stabilito un sistema generale, incentrato sul principio del mutuo riconoscimento delle
qualifiche anche in assenza di un coordinamento della formazione professionale, fatta salva
l’applicazione di misure di competizione in caso di differenze sostanziali tra la formazione acquisita
dal lavoratore nello Stato membro d’origine e quella richiesta nello Stato membro di stabilimento.
Le discipline settoriali sono poste da regolamenti e direttive in materia societaria, di contratti
pubblici, assicurativa, creditizia, ecc.
Le direttive ed i regolamenti ora richiamati hanno introdotto uno statuto europeo delle società, e
cioè un vero e proprio corpo di norme societarie.
Lo statuto derivante dai regolamenti e dalle direttive riguarda:
a) struttura, capitale e obblighi delle società;
b) fusioni, scissioni e relazioni tra società “madri” e società “figlie”;
c) aspetti contabili e di pubblicità;
d) offerte pubbliche di acquisto.
Lo statuto si ispira a sette principi fondamentali:
1) garantire un’informazione adeguata dei soci e dei terzi. A tal fine, sono indicati sia
gli atti sociali e i dati dei quali le società debbono in ogni caso assicurare la
pubblicità, sia i modi nei quali tale pubblicità deve garantire, le persone obbligate a
compiere le formalità relative e le sanzioni in caso di violazione degli obblighi.
2) assicurare la certezza nei rapporti tra le società ed i terzi, nonché nei rapporti tra i
soci. Di qui le norme che individuano i casi di validità degli obblighi assunti dalle
società e delimitano le cause di nullità delle società stesse.
3) le norme mirano a proteggere il capitale sociale (costituzione e modificazioni)
attraverso regole quali: obbligo di un capitale sociale minimo e obbligo di
ricostituirlo in caso di perdite; liberazione di un quarto almeno del capitale sociale;
controllo dei conferimenti non in contanti; divieto delle società di detenere propri
titoli.
4) la tutela dei soci e dei terzi, nonché dei dipendenti, nelle operazioni di acquisizione
del controllo e di ristrutturazione delle società. Per questo motivo, sono state
adottate delle misure di coordinamento delle normative nazionali in materia di offerte
pubbliche di acquisto ed una specifica disciplina delle fusioni e scissioni fra società,
basata su istituti quali: misure di pubblicità, obbligo di redazione per iscritto del
progetto di fusione e dei relativi criteri di valutazione, regime della nullità, ecc.
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5) le società sono tenute a garantire la trasparenza della gestione e la chiarezza e
omogeneità dei criteri di redazione e valutazione dei bilanci. A questo scopo, una
dettagliata normativa disciplina la struttura e il contenuto dei conti annuali delle
società, i conti consolidati di società appartenenti ad uno stesso gruppo, nonché gli
obblighi in materia di revisione legale dei conti.
6) gli imprenditori individuali sono incoraggiati ad adottare forme societarie. A tal fine,
si assicura loro il beneficio della limitazione di responsabilità. È prevista la società
unipersonale, che deve garantire informazioni allo stesso modo delle società di
capitali.
7) la facilitazione della riorganizzazione delle attività delle imprese su scala
comunitaria. Di qui le norme che regolano le fusioni transfrontaliere tra società di
capitali di Stati membri diversi e quelle che dettano lo statuto della società europea.
I contratti di lavoro sono disciplinati da diverse direttive, in parte consolidate, in parte
modificate dalle direttive n. 17/2004 e n. 18/2004.
La disciplina dei contratti di lavoro si basa su sei principi fondamentali:
1) garantire la massima apertura dei mercati nazionali. A tal fine, le norme stabiliscono
che tutte le imprese interessate debbono poter partecipare a parità di condizioni alle
pubbliche gare bandite nei singoli Stati membri. L’osservanza di questo principio
fondamentale è garantita, da un lato, da una serie di obblighi – positivi e negativi –
posti a carico dei pubblici poteri nazionali; dall’altro, dalla vigilanza delle istituzioni
comunitarie.
2) le norme sono volte ad assicurare un’adeguata informazione e trasparenza. In tal
senso esse prevedono un sistema uniforme di pubblicità delle procedure di gara in
tutti i paesi della Comunità europea, nonché termini uniformi per le procedure stesse.
Le pubbliche amministrazioni aggiudicatrici, inoltre, hanno l’obbligo di motivare gli
atti.
3) è vietata la discriminazione dei contraenti. A tale scopo, i bandi debbono contenere
un’indicazione espressa delle prescrizioni o specifiche tecniche. Di conseguenza, in
sede di gara non potranno essere richieste specifiche tecniche ovvero brevetti
particolari dei singoli Stati membri, tali da stringere la concorrenza.
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4) le norme mirano ad assicurare la partecipazione delle imprese comunitarie alle gare.
Possono partecipare alle gare di appalto di rilievo comunitario tutti i tipi di società,
nonché le associazioni temporanee di imprese. Altre norme impongono la verifica
dei requisiti dei partecipanti alle gare, sotto il profilo della idoneità e della capacità
economica, finanziaria e tecnica dell’appaltatore.
5) Una tutela derivante dalla serietà dell’offerta. A questo scopo, le direttive
contengono una dettagliata regolazione dei criteri di aggiudicazione dell’offerta, fra i
quali, prioritario, è quello dell’offerta economicamente vantaggiosa, determinata
sulla base di diversi criteri, quali la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche
estetiche, di funzionamento ed ambientali.
6) le procedure di aggiudicazione degli appalti degli ordinamenti nazionali sono
ricondotte a tre modelli principali, ordinati secondo il grado di apertura al mercato: la
gara aperta, in cui ogni soggetto interessato può presentare l’offerta; la gara ristretta,
in cui possono presentare l’offerta solo i soggetti invitati dalle amministrazioni
aggiudicatrici; la procedura negoziata, in cui le amministrazioni aggiudicatrici
scelgono i soggetti e negoziano con uno o più di essi il contratto.
d. La circolazione dei capitali
Il primo comma dell’art. 56 del trattato della Comunità europea pone il divieto per tutte le
restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri.
Tale divieto, introdotto dal trattato di Maastricht, formalizza i risultati di un lento processo di
liberalizzazione dei movimenti di capitali e contribuisce alla rimozione degli ostacoli alla
circolazione dei fattori produttivi nell’ambito del mercato interno.
Unitamente alla liberalizzazione dei capitali è presente anche la liberalizzazione dei pagamenti,
che si distinguono dai movimenti di capitale perché il trasferimento di denaro o di valori
rappresenta il corrispettivo di una prestazione negoziale.
A tal proposito, il secondo comma dell’art. 56 vieta qualunque forma di restrizione sui
pagamenti tra Stati membri, in ragione della complementarietà della liberalizzazione dei pagamenti
rispetto all’obiettivo della libertà di circolazione dei pagamenti e rispetto all’obiettivo della libertà
di circolazione dei capitali.
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La liberalizzazione dei pagamenti, poi, è soggetta agli stessi limiti previsti per i movimenti di
capitali.
Il principio della libertà di circolazione dei capitali e quello della libertà dei pagamenti, si
applicano sia tra Stati membri, sia tra Stati membri e paesi terzi, seppure con vari temperamenti.
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3 La disciplina della concorrenza
Principio ispiratore della Comunità europea è quello liberistico, per cui le “regole di
concorrenza” costituiscono una parte essenziale del mercato.
La disciplina della concorrenza è una attività volta a conformare la struttura del mercato unico.
Principio cardine delle legislazioni antitrust è che il mercato, quando è concorrenziale, assicura
il massimo di efficienza nelle scelte economiche.
Le legislazioni antitrust hanno attraversato due periodi susseguenti: nel primo, hanno adottato
una concezione statica del monopolio, inteso come posizione dell’operatore che occupi una ampia
sfera del mercato. In un secondo periodo, si è fatto notare che, in questo modo, si confondeva il
bigness (le dimensioni dell’impresa) con le “pratiche monopolistiche”, che consistono,
principalmente, nell’offrire prodotti ai consumatori a prezzi superiori a quelli del mercato
concorrenziale, si è, così, affermata una concezione dinamica del monopolio, nel senso di condotta
monopolistica.
Di conseguenza, è stata abbandonata anche l’idea che possano esservi “monopoli naturali”. Con
questo termine, si indicavano quei settori dove, per ragioni tecniche, non conveniva la concorrenza:
ad esempio, il trasporto ferroviario, dove gli investimenti fissi per le linee ferroviarie sono tanto alti
da non rendere conveniente la concorrenza.
A causa dell’affermarsi di questa concezione dinamica del monopolio, secondo le leggi odierne
diventa necessario dimostrare che l’imprenditore abbia sfruttato un’intesa, una concentrazione, la
propria posizione dominante, a danno del consumatore o di altri produttori.
Le regole di concorrenza comunitarie, stabilite dagli artt. 81 ss. del trattato della Comunità
europea, hanno una particolare rilevanza, in quanto contengono sia una disciplina del mercato
unico, sia una disciplina di rilevanza nazionale.
Le disposizioni sono sempre dettate perché vengano rispettate le regole della concorrenza
all’interno del mercato comune.
Tuttavia, nell’applicazione delle norme, si è inteso come mercato rilevante non solo tutto un
mercato nazionale, ma anche singole parti di esso.
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Le regole di concorrenza comunitarie trovano applicazione quando intese, accordi e abuso di
posizione dominante possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri. Dunque, la disciplina
della concorrenza mira a rafforzare le quattro libertà di circolazione.
Le disposizioni principali sono dettate dagli artt. 81 e 82.
In base a quanto stabilito dal primo comma dell’art. 81, non sono compatibili con il mercato
comune e sono vietati:
-
qualunque accordi tra imprese;
-
tutte le decisioni di associazioni di imprese;
-
tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che
abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza
all’interno del mercato comune.
In particolare, sono vietati qualsiasi tipo di accordo consistente nel:
a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni
di transazione,
b) limitare o controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti,
c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento,
d) applicare, nei rapporti commerciali con gli altri contraenti, condizioni dissimili per
prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi uno svantaggio nella
concorrenza,
e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di
prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano
alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi”.
L’art. 82 del trattato sancisce l’incompatibilità con il mercato comune e stabilisce il divieto,
nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, dello sfruttamento
abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una
parte sostanziale di questo.
Le due disposizioni ora menzionate si differenziano sotto il profilo soggettivo. La prima
riguarda comportamenti in cui sono coinvolti più soggetti. La seconda, invece, riguarda
comportamenti che possono attenere anche ad una sola impresa.
Il rispetto della disciplina comunitaria della concorrenza è garantito attraverso un articolato
sistema di controllo, incentrato sulla cooperazione tra Commissione e autorità nazionali.
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Caratteristiche della disciplina uniforme del
mercato unico
La disciplina uniforme del mercato unico viene realizzata con tre strumenti:
1) una disciplina comunitaria che dispone limiti agli interventi statali. Il limite ha per risultato
di ampliare l’autonomia dei privati. In questo modo vengono garantiti i diritti dei privati,
tutelati dalla Comunità, nei confronti degli Stati, che sono obbligati ad astenersi;
2) una disciplina comunitaria contenente limiti all’attività di privati. La disciplina si riferisce
direttamente ai privati. In questo modo vengono stabiliti obblighi dei privati di astenersi da
comportamenti vietati;
3) una struttura più complessa, composta da una disciplina comunitaria di limitazione
dell’azione dei poteri pubblici nazionali, interagente con limiti gravanti su privati. Il limite è
diretto agli Stati, ma non alla loro attività negativa, bensì ad un’attività positiva, consistente
in una erogazione di denaro. In questo modo, vengono stabiliti, nello stesso tempo, divieti
per lo Stato di conferire gli aiuti, e obblighi i privati a non valersi di posizioni di privilegio
singolare, create da aiuti dello Stato.
La disciplina comunitaria ha una funzione unitaria, quella di creare un sistema uniforme di
soggetti e transazioni, nel mercato comune.
Gli strumenti con i quali viene attuato il mercato unico sono di tre tipi. Innanzitutto, vi sono
divieti posti dalla Comunità agli Stati. In secondo luogo, vi sono il ravvicinamento,
l’armonizzazione e il divieto delle norme, promossi solitamente con direttive comunitarie. Queste
producono l’effetto di sostituire alle scelte nazionali una scelta comunitaria e riducono la
formazione nazionale da primaria in secondaria (assicurando, così, l’integrazione degli
ordinamenti). Il terzo strumento è quello costituito dal cosiddetto controllo del paese di origine e dal
mutuo riconoscimento. Questo consiste nel riconoscimento, in un ordinamento, di soggetti o di
attività derivato da altro ordinamento e sottoposti alla disciplina di controllo di quest’altro
ordinamento. In questo modo, si attua un trapianto o trasporto di istituti propri di un ordinamento in
un altro ordinamento. Per non essere eccessivamente disarmonici, il mutuo riconoscimento e il
controllo del paese d’origine abbisognano, preliminarmente, di un minimo di ravvicinamento delle
legislazioni.
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La disciplina uniforme del mercato unico
La sostituzione della tecnica dell’armonizzazione con quelle del mutuo riconoscimento e del
controllo del paese d’origine ha costituito un notevole cambiamento dell’ordinamento comunitario,
che è così passato da una concezione gradualistica o piramidale del diritto ad una concezione degli
ordinamenti nazionali come concorrenti. In questo modo, una volta fissate alcune regole generali
comuni, gli ordinamenti possono interagire tra di loro, nello stesso modo in cui interagiscono gli
Stati facenti parte degli Stati Uniti d’America, dove le fonti non sono tra di loro armonizzate in
ordinamenti strettamente gerarchici e possono stabilirsi anche rapporti orizzontali tra le norme.
La Comunità ricorre talora ad un diverso strumento, alternativo sia all’armonizzazione, sia al
mutuo riconoscimento, che consiste nel mantenimento delle discipline nazionali, alle quali è
aggiunto un nuovo regime comunitario. In questi casi, non si ha un’armonizzazione dei diritti
nazionali, che restano in vigore, né un meccanismo di controllo del paese d’origine e di mutuo
riconoscimento, ma una complicazione del quadro regolatorio che innesca un processo di
concorrenza tra i vari regimi giuridici esistenti, tra i quali i produttori possono scegliere quello
ritenuto più conveniente.
Con gli strumenti ora indicati, vengono protetti interessi che hanno natura collettiva. La
comunità europea assume come interessi pubblici interessi collettivi, così differenziandosi dagli
ordinamenti statali, dove gli Stati tutelano sia interessi collettivi, sia interessi propri (della persona
giuridica dello Stato).
Le situazioni soggettive prodotte dalla tutela possono classificarsi in quattro tipi:
1) vi sono i diritti che comportano astensione dei poteri pubblici nazionali (ad esempio,
l’obbligo degli Stati di astenersi dall’adottare dazi doganali);
2) vi sono diritti a trattamenti paritari (ad esempio, il divieto di discriminazione da parte dei
pubblici poteri nazionali);
3) vi sono diritti a comportamenti positivi degli Stati sulla base del diritto comunitario (ad
esempio, l’armonizzazione delle discipline nazionali relative alle professioni, per consentire
una effettiva libertà di circolazione dei servizi);
4) vi sono diritti a prestazioni positive della Comunità europea (come nel caso dell’attività che
questa svolge attraverso il Fondo sociale europeo).
Le situazioni soggettive prodotte dall’instaurarsi del mercato comune sono, dunque, molto più
complesse di quelle che si presentano nel diritto interno, dove domina il rapporto tra il cittadino e lo
Stato. Nell’ordinamento comunitario complessivo, situazioni giuridiche soggettive del cittadino nei
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confronti dello Stato si intrecciano con situazioni del cittadino nei confronti della Comunità e con
situazioni attive o passive degli Stati rispetto ai cittadini e alla Comunità.
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La disciplina uniforme del mercato unico
5 Tecniche di protezione
Accanto alle politiche concernenti lo sviluppo del mercato unico, la Comunità si è preoccupata
anche di stabilire determinate tecniche volte alla salvaguardia dell’unitarietà del mercato.
Le tecniche di protezione sono altrettanto complesse.
Innanzitutto, esse consistono nelle garanzie di libertà o diritti principali e, contemporaneamente,
di libertà o diritti strumentali a quello principale: ad esempio, libertà di circolazione dei lavoratori e
interventi per la formazione professionale come strumento per la piena libertà di circolazione dei
lavoratori.
La seconda tecnica consiste nel divieto sia delle misure principali, sia di quelle che abbiano un
effetto equivalente, secondo il principio consolidato nel diritto nord-americano, secondo il quale
“non si può fare indirettamente quello che è vietato di fare direttamente”.
La terza tecnica di protezione è quella stabilita nel principio di adeguamento, cioè nell’obbligo
degli Stati di astenersi dall’introdurre nuove misure, simili a quelle vietate: questa disciplina si
riferisce al futuro.
La quarta tecnica di protezione consiste nello stabilire sia garanzie dirette, sia garanzie indirette,
le prime consistenti in diritti riconosciuti a singoli, le seconde consistenti in obblighi disposti a
carico dei legislatori nazionali, da cui discendono diritti. In questo senso, la Comunità “dialoga”
direttamente con i cittadini, oltre che con gli Stati.
La quinta tecnica di protezione consiste nell’utilizzazione di azioni negative (obbligo degli Stati
di astenersi); di obblighi di fare (obbligo degli Stati di assicurare determinati comportamenti); di
altro tipo di azioni positive (obbligo degli Stati di abolire leggi o istituti).
Da ultimo, va considerato come tecnica di protezione anche il modo complessivo in cui si attua
l’ordinamento comunitario in quello interno. Ora, al centro dell’attuazione è posta la Commissione
delle Comunità europee. Questa può promuovere l’attuazione per via normativa, oppure provvedere
all’attuazione in via amministrativa (o giudiziaria). Ma quest’ultimo tipo di attuazione
dell’ordinamento comunitario si realizza in tre modi. Da un lato, vi può essere un’attività
amministrativa diretta. Dall’altro, vi può essere un’attività amministrativa indiretta, svolta con la
collaborazione degli Stati. Dall’altro lato ancora, vi può essere un’attività amministrativa comune,
svolta congiuntamente da autorità comunitarie e nazionali.
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La disciplina uniforme del mercato unico
Nella Comunità europea, il meccanismo dell’utilizzazione degli uffici amministrativi statali è
disposto per evitare di assorbire nell’area comunitaria (diretta) attività amministrative che potevano
essere meglio svolte dalle amministrazioni pubbliche degli Stati. Ma per queste il diritto
comunitario stabilisce soltanto un’obbligazione di risultato.
La formula così introdotta fa sì che talune amministrazioni statali siano incardinate, dal punto di
vista strutturale, nell’ente Stato, ma dipendano, dal punto di vista funzionale, dagli organismi
comunitari: è il fenomeno delle amministrazioni codipendenti.
L’utilizzazione comunitaria di uffici statali è presente anche nell’esecuzione congiunta, da parte
di amministrazioni nazionali e comunitarie. Questa modalità, però, si caratterizza per la previsione
in sede comunitaria di numerosi strumenti di raccordo tra le autorità nazionali e comunitarie
individuate come competenti.
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