14 Sabato 2 Marzo 2013 ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA Le grandi industrie alimentari tendono a utilizzare soltanto le varietà più redditizie Aiutate le patate in estinzione Salvata Linda, Kartoffel des Jahres, il tubero dell’anno da Berlino ROBERTO GIARDINA C i battiamo per salvare dall’estinzione le tigri bianche, il panda gigante, il koala, le balene azzurre e anche il cirneco dell’Etna, che sarebbe un cane amato dagli antichi egizi. Ma chi pensa alle piante, alle mele, alle patate? Rischiano di sparire a causa dell’industria alimentare. Si coltivano solo quelle specie che rendono di più, le pere che sopportano un lungo trasporto, e anche i floricoltori producono solo le rose o i tulipani che fioriscono nelle serre esotiche e non appassiscono prima di venir venduti in Europa. Io non ho mai capito quali patate comprare. I miei amici tedeschi si orientano tra almeno 200 tipi: quelle novelle le riconosco, le altre mi sembrano tutte uguali. Ci sono le Kartoffel per il bollito misto, quelle per il puré, quelle da friggere a tocchetti e altre da mettere in padella a striscioline, le patate per il röstli, specialità svizzera, tortino in padella con cipolle, e quelle da servire con i crauti. In Germania il consumo è calato da 125 chili all’anno nel 1960 agli attuali 68. I tedeschi si preoccupano per la linea, seguono i consigli dei dietologi, mangiano meno patate, ma non vogliono rinunciare a nessun tipo. Di anno in anno, tuttavia, aumenta la quota delle patate conservate (31 chili) rispetto alle fresche (37). E quindi cresce il potere delle industrie conserviere e della grande distribuzione. Patatine fritte, cibo preferito dai piccoli tedeschi insieme con spaghetti e pizza, e Kartofellpuffer, le frittelle di patate, sono ormai quasi esclusivamente congelate. E il puré si compra liofilizzato, in busta. Alle varietà però ci tengono, battendosi contro la grande distribuzione e le sue regole venali. Senza ironia, come la pizza è il simbolo dell’Italia, anche se gli americani pensano di averla inventata loro, il simbolo della Germania è la patata, magari accanto a un boccale di birra. I tedeschi hanno salutato dunque con entusiasmo la de- cisione delle Nazioni Unite di proclamare il 2008 «anno della patata», fatto che da noi, mi sembra, è passato inosservato. La mobilitazione nazionale è servita a salvare Linda, proclamata nel 2007 «Kartoffel des Jahres», patata dell’anno. Era particolarmente amata per il suo profumo e la sua morbidezza, ma era stata condannata a morte dalla colossale impresa agricola Europlant: non valeva la pena di continuare a tenerla in vendita. Linda, ufficialmente battezzata nel 1974, rappresenta l’1,4% del mercato complessivo in Germania, e secondo i cuochi è la migliore per le Bratkartoffeln, le patate in padella con cipolla e speck. Però era troppo sensibile ai virus. Dunque non redditizia. L’eroe che ha salvato Linda è l’agricoltore Karsten Ellenberg, diventato il simbolo della resistenza contro i dittatori dell’alimentazione. Quando cominciò a coltivare patate nella sua fattoria nel 1996, gli esperti gli consigliarono di lasciar perdere: il terreno non era abbastanza vasto per una produzione redditizia, a un costo conveniente per resistere alla concorrenza dei produttori internazionali che offrono sul mercato il 67% del fabbisogno. Ogni anno in tutto il mondo vengono prodotte 315 milioni di tonnellate di patate, per un valore complessivo di 46 miliardi di dollari (35,2 mld di euro). Ellenberg riuscì a resistere, anzi a produr- re diverse specialità invece di specializzarsi su un solo tipo di Kartoffel: produce 170 qualità, e ne mette in vendita 37. L’arte per l’arte. «In passato», dice Ellenberg, «ogni contadino coltivava la sua patata particolare, ed era orgoglioso di essere l’unico a produrla». Le grandi società alimentari sono una lobby influente a Bruxelles, e c’era il rischio che l’Ue vietasse la coltivazione di specialità non «conformi», anche se, quando prende queste decisioni, non spiega mai il perché. Se tutti coltivassero quel che vogliono, si sostiene, la qualità ne soffrirebbe, ma la verità è esattamente il contrario. Ellenberg, invece di preoccuparsi del suo reddito, si è battuto, ha mobilitato il governo a Berlino, nelle scuole elementari le maestre hanno dato agli allievi il tema «Rettet Linda», salvate la patata del 2007. Infine l’Ue ha sospeso la condanna a morte: per trent’anni Linda potrà essere consumata dai suoi fan, solo in Germania. Poi si vedrà. © Riproduzione riservata Hewlett-Packard, Unilever e Henkel si sono rifatte vive Entro il 2016, 150 mln di passeggeri Le multinazionali tornano A Istanbul a investire in Grecia nuovo aeroporto A poco a poco e timidamente le multinazionali stanno facendo ritorno in Grecia. L’ultima in ordine di tempo è la Philip Morris, che il 27 febbraio ha suggellato un accordo col governo di Atene nell’ambito del quale il gruppo si impegna ad acquistare per tre anni la metà della produzione greca di tabacco, pari a circa 200 milioni di euro. Philip Morris prevede anche di trasferire in Grecia alcune delle sue attività. Proprio il giorno prima, il ministro ellenico dello sviluppo, Costis Hatzidakis, aveva ricevuto i rappresenLe infrastrutture portuali del Pireo sono tanti di 11 multinazionali al centro dell’interesse delle multinazionali presenti nel paese (Barilla, Nestlé, Bic ecc.). E ieri il primo ministro Antonis Samaras si è recato nel paese la fabbricazione di 110 prodotti di al porto del Pireo per la firma di un accordo consumo che fino a oggi venivano importati fra il gruppo cinese Cosco, che gestisce uno dall’Europa centrale o occidentale. Essi sarandei terminal del porto di Atene, l’americana no prodotti, sotto licenza, da aziende partner Hewlett-Packard e le ferrovie greche. Il grup- greche. Anche la tedesca Henkel ha ripreso la po informatico Usa intende fare del Pireo il produzione in Grecia di una cinquantina di proprio hub per il Mediterraneo e l’Europa prodotti. Il governo di Samaras conta inoltre centrale. I container saranno sbarcati nel por- sulle privatizzazioni per accelerare gli inveto ateniese e il materiale informatico dovrà stimenti in Grecia. Ma, malgrado una certa raggiungere la propria destinazione in treno stabilità politica e monetaria (dopo la fuga dei o via nave. Le infrastrutture portuali del Pireo capitali degli ultimi due anni, i depositi hansono al centro dell’interesse delle multinazio- no ripreso la strada delle banche elleniche), nali, che però ultimamente hanno deciso di questa timida ripresa resta, per il momento, riportare in Grecia anche la produzione. Il ancora troppo fragile. colosso Unilever, per esempio, ha trasferito © Riproduzione riservata L’aeroporto Atatürk di Istanbul I stanbul avrà un terzo aeroporto. Il governo turco ha infatti annunciato la costruzione nel 2016 di un terzo scalo nella capitale, con una capacità di 150 milioni di passeggeri. Il nuovo megaaeroporto è destinato a scalzare l’attuale scalo di Istanbul, l’Atatürk, dove transitano in media 35 milioni di passeggeri. La notizia non è però piaciuta alla società francese Adp (Aéroports de Paris), che un anno fa aveva messo piede in Turchia entrando nel capitale di Tav, un’impresa privata locale che opera nella gestione di aeroporti: 37 in Turchia, fra cui proprio l’Atatürk, in concessione fino al 2021, e altri in Georgia, Macedonia, Tunisia e Arabia Saudita. Un vero Eldorado per Adp, che, proprio grazie alle performance di Tav (il cui fatturato nel 2012 è cresciuto del 25% a più di un miliardo di euro e il cui risultato netto è balzato del 125% a 124 milioni), accantona 16 milioni di risultato operativo corrente. Per questo la notizia della costruzione del nuovo scalo di Istanbul è stata un fulmine a ciel sereno per Adp. C’è da dire tuttavia che il governo turco si è impegnato a versare indennizzi compensatori alla società francese nel caso in cui l’apertura dell’aeroporto avvenisse prima del 2021. E c’è pure da dire che Adp, insieme a Tav, società presente anche nel settore edilizio, sarà in corsa per aggiudicarsi la gara per la costruzione del nuovo scalo. La data di deposito delle candidature è fissata al prossimo 3 maggio. © Riproduzione riservata Le due pagine di «Estero - Le notizie mai lette in Italia» sono a cura di Sabina Rodi