insegnamento di istituzioni di diritto privato

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INSEGNAMENTO DI
ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO
LEZIONE
“IL PERCORSO FORMATIVO CONTRATTUALE”
PROF. GIOVANNI SABBATO
Istituzioni di Diritto Privato
Il percorso formativo contrattuale
Indice
0BL’autonomia contrattuale -------------------------------------------------------------------------------- 3
1
7.1.
7.2.
7.3.
7.4.
2
17BSegue : libertà e limiti -------------------------------------------------------------------------------- 3
18BSegue : l’integrazione del contratto----------------------------------------------------------------- 5
19BSegue : il giudizio di meritevolezza ---------------------------------------------------------------- 6
20BSegue : i contratti atipici ----------------------------------------------------------------------------- 6
1BLa conclusione del contratto----------------------------------------------------------------------------- 8
2.1.
2.2.
21BSegue : la presunzione di conoscenza -------------------------------------------------------------- 8
2BLa proposta ferma ------------------------------------------------------------------------------------- 9
3
2BIl contratto unilaterale ---------------------------------------------------------------------------------- 11
4
3BIl valore contrattuale del silenzio --------------------------------------------------------------------- 12
5
4BIl mutamento delle circostanze e la presupposizione --------------------------------------------- 13
6
5BLa responsabilita’ precontrattuale ------------------------------------------------------------------- 14
7
6BI vincoli preliminari alla conclusione del contratto : il contratto preliminare-------------- 15
7.1.
23BSegue : opzione e prelazione ---------------------------------------------------------------------- 16
8
7BLe condizioni generali di contratto------------------------------------------------------------------- 18
9
8BI contratti dei consumatori : nozione ---------------------------------------------------------------- 20
10
9BIl Codice del consumo ----------------------------------------------------------------------------------- 21
11
10BIl coordinamento con altre disposizioni ------------------------------------------------------------- 22
12
1BI principi generali ---------------------------------------------------------------------------------------- 23
13
12BLe altre regole -------------------------------------------------------------------------------------------- 24
14
13BLe regole speciali ----------------------------------------------------------------------------------------- 25
15
14BTipi di controllo e legittimazione ad agire ---------------------------------------------------------- 26
16
15BLa sanzione ------------------------------------------------------------------------------------------------ 27
17
16BIl contratto di fatto -------------------------------------------------------------------------------------- 28
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Il percorso formativo contrattuale
1 L’autonomia contrattuale
0B
Occorre prendere le mosse dall’art. 1322 c.c. che introduce il concetto di autonomia
contrattuale, la quale consiste in una serie di libertà che spettano ai contraenti e costituisce
specificazione della più ampia nozione di autonomia privata.
Se l’art. 1322 prende in considerazione la possibilità delle parti di fissare liberamente il
contenuto nonché di evadere dagli schemi tipici per inventarne di nuovi, la dottrina ha riportato
nell’ambito dell’autonomia contrattuale le varie libertà delle quali essa è composta, ma
evidenziandone anche tutti quei limiti che inducono qualche autore 1 a ritenere tale concetto
F
F
giuridico soltanto un dogma svuotato di ogni contenuto alla luce dell’attuale sistema ordinamentale.
Senza dubbio trattasi di una nozione che affonda le sue radici in una visione fideistica del
soggetto di diritto e nella sacralità della sua volontà, idonea per sé sola a produrre effetti giuridici
senza ingerenze esterne.
L’autonomia contrattuale quindi fa da pendant alla teoria soggettivistica del negozio
giuridico e della illimitatezza del diritto di proprietà, tutte nozioni elaborate ai tempi della
rivoluzione Francese.
L’intensificarsi dei rapporti commerciali ha indotto una rivisitazione di tali concetti in
chiave oggettivizzante, ma non tanto da far ritenere che essi non abbiano più alcuna cittadinanza
nell’ambito ordinamentale.
La nozione di autonomia contrattuale va quindi confermata, ma con la consapevolezza dei
limiti che ne ridimensionano la portata; tanto più che la Corte Costituzionale ha ritenuto tale figura
giuridica ricollegabile a norme costituzionali quali l’art. 2, ma soprattutto l’art. 41, che sancisce la
libertà di iniziativa economica.
7.1.
Segue : libertà e limiti
17B
Le libertà che vengono quindi a configurarsi sono :
1
1.
la libertà di concludere o meno il contratto;
2.
la libertà di scegliere la persona del contraente;
3.
le libertà di determinare il contenuto del contratto;
P.Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1984, p. 129 ss..
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4.
Il percorso formativo contrattuale
la libertà di concludere contratti atipici.
Vediamo entro quali limiti queste libertà possono essere esercitate.
Per quanto attiene la prima libertà, quella di decidere di addivenire o meno al contratto,
vengono in considerazione i casi di obblighi a contrarre, siano essi di natura volontaria che legale.
Nel primo caso viene in evidenza il contratto preliminare, che obbliga alla stipula del
contratto definitivo e che costituisce ipotesi sostanzialmente diversa da quella affine dei contratti
normativi, ove le parti non si obbligano a stipulare futuri contratti ma si limitano a predisporne una
regolamentazione nel caso in cui decidano di stipularli in futuro.
Tra le ipotesi legali si segnala l’obbligo a contrarre previsto per le imprese operanti in
regime di monopolio legale, ma secondo alcuni anche di fatto, e per quelle esercenti pubblici servizi
di linea.
Si tratta del limite più intenso che può essere posto all’autonomia del privato, poiché non
riguarda singoli aspetti del contenuto del contratto (come l’imposizione di prezzi o l’inserimento di
clausole), ma la stessa libertà del contrarre, cioè se concludere o meno il contratto. Il contratto
imposto è descritto all’art. 2597 del c.c. : “chi esercita una impresa in condizione di monopolio
legale ha l’obbligo di contrarre con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto
dell’impresa, osservando la parità di trattamento”.
L’obbligo di contrarre è a tutela del contraente che non ha la possibilità di rivolgersi ad altre
imprese. Basta pensare al monopolio di cui godono enti pubblici (oggi non più enti ma società,
anche privatizzate, come ad esempio l’ENEL) nell’esercizio di determinate attività produttive.
Altri obblighi sono quelli dei gestori di pubblici servizi ( alberghi, pensioni, bar, autorimesse
ecc.), i quali non possono, senza giustificato motivo, rifiutare le prestazioni pubbliche a chi le
richiede.
Obblighi di contrarre sono previsti anche nel diritto del lavoro (ad esempio obblighi di
assunzione di mano d’opera) e nelle locazioni immobiliari.
Per quanto attiene la seconda libertà, quella di scegliere la persona del contraente, rilevano
gli istituti della prelazione legale, come il retratto successorio, e dell’ufficio di collocamento, per
quanto attiene alla stipula del contratto di lavoro, ove il datore di lavoro non ha che il diritto di
scegliere la persona del prestatore di lavoro.
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7.2.
Il percorso formativo contrattuale
Segue : l’integrazione del contratto
18B
Per quanto attiene alla terza libertà, quella di determinare liberamente il contenuto del
contratto, sancita espressamente dal primo comma dell’articolo 1322 c.c., emergono tutte quelle
norme che introducono inequivocabili limiti all’esercizio di tali libertà.
In particolare, l’art. 1339 c.c. prevede l’inserzione automatica delle clausole imposte dalla
legge, come quelle che fissano i prezzi di taluni beni di interesse sociale mediante l’attività del
Comitato Interministeriale Prezzi ( C.I.P. ); ma assume ancora più rilievo l’art. 1374, rubricato
“integrazione del contratto”, ove è detto che le parti sono obbligate non solo a quanto è nel
medesimo statuito, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in
mancanza, secondo gli usi o l’equità (cd. fonti eteronome del contratto).
Nonostante alcuni 2 ritengano che con tale norma si attui una integrazione degli effetti del
F
F
contratto, in realtà l’integrazione riguarda proprio il contenuto contrattuale, mercé l’operare di fonti
che consentono di affiancare al concetto di autonomia quello di eteronomia.
Per “legge” deve intendersi quella puntuale, in quanto la legge in senso lato si identifica con
l’ordinamento nel suo complesso, per cui, ove si interpretasse la norma in questo senso, verrebbe
destituita di ogni importanza pratica.
Gli “usi” sono quelli cd. normativi, che si affiancano agli usi cd. contrattuali, previsti
dall’articolo 1340, norma che a sua volta assume funzione integrativa del contenuto del contratto.
E’ importante distinguere tra usi normativi e usi contrattuali perché essi diversamente si
collocano nell’ambito della gerarchia delle fonti : gli usi normativi, ai sensi dell’art. 8 delle
disposizioni preliminari, sottostanno sempre alla legge, mentre gli usi contrattuali possono derogare
alla legge quando questa non sia inderogabile.
Per quanto attiene l’ “equità”, notevole è il dibattito in dottrina circa la reale portata di
questo potere integrativo del giudice, che potrebbe facilmente tradursi in una indebita intromissione
sul terreno riservato ai contraenti.
Ecco perché la dottrina ritiene che il giudice non possa incidere sui cd. punti riservati, cioè
costituenti il contenuto minimo del contratto; per di più il giudizio di equità deve sempre fondarsi
su regole e principi giuridici e non su convinzioni di natura politica o comunque extragiuridica.
2
F.SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali… cit., p. 230
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7.3.
Il percorso formativo contrattuale
Segue : il giudizio di meritevolezza
19B
Per quanto riguarda la libertà contrattuale sub 4., quella di cui al secondo comma
dell’articolo 1322 c.c., viene in considerazione quel giudizio di meritevolezza intorno al quale si
agitano notevoli dibattiti dottrinali.
Il problema è : qual è l’ambito di tale giudizio e quali criteri devono presiedere alla sua
effettuazione ?
Si deve ritenere che il giudizio di meritevolezza riguardi soltanto i contratti atipici, perché
esso si spiega a livello astratto di schema contrattuale, mentre per quelli tipici vi è già una
valutazione in senso favorevole da parte del legislatore.
Di qui la differenza tra il giudizio di meritevolezza e quello di liceità, che non attiene al tipo,
quale schema generico e astratto, bensì alla causa, cioè agli interessi concreti che le parti si
prefiggono attraverso il contratto; tanto è vero che il giudizio di liceità deve essere espresso con
riguardo sia ai contratti tipici che atipici.
Ma allora che cosa significa questa meritevolezza, espressione utilizzata da un legislatore
forse influenzato dalla ideologia fascista che vuole il contratto finalizzato ad interessi
superindividuali, nel quadro di una concezione del contraente inteso come una sorta di funzionario
dello Stato.
Il giudizio di meritevolezza non può fondarsi su di un anacronistico criterio di utilità sociale,
ma piuttosto deve consistere in una verifica circa la effettiva volontà delle parti di giuridicizzare il
rapporto, che non hanno inteso disciplinare in virtù di uno schema tipico.
In conclusione, il giudice non deve interrogarsi se l’operazione economica che le parti
intendono concludere rivesta interesse obiettivo da parte della società, ma piuttosto se esse vogliano
veramente vincolarsi sul piano giuridico e non limitarsi invece ad un rapporto di cortesia, al quale
non si riconnetta quindi alcuna responsabilità.
7.4.
Segue : i contratti atipici
20B
Resta da chiedersi quali siano i contratti atipici, spesso denominati attraverso l’uso di
espressioni anglofone in quanto frutto di schemi contrattuali già ampiamente diffusi nella pratica
commerciale, soprattutto internazionale 3 .
F
3
F
Infatti, i contratti atipici più noti sono il leasing, il factoring, il franchising, l’engeneering, ecc.
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Il percorso formativo contrattuale
Per questo motivo il contratto atipico non rappresenta un interesse individuale, cd.
sporadico, nel quadro di uno schema semplicemente “inventato” da un privato qualsiasi, ma
piuttosto è uno schema costantemente utilizzato nella prassi commerciale al fine di “evadere” dai
tipi legalmente previsti.
La giurisprudenza si produce in uno sforzo di tipizzazione attraverso il ricorso alla figura del
cd. contratto misto, cioè del contratto frutto della fusione di più schemi contrattuali tutti tipici.
Il contratto misto secondo alcuni è nozione assimilabile a quella di contratto complesso,
secondo altri se ne differenzia in quanto in quest’ultimo non sono distinguibili i diversi schemi
contrattuali che lo compongono.
Ma l’unicità della causa costituisce sicuro elemento discretivo rispetto alla affine figura dei
contratti collegati, ove, come detto, si configurano più negozi che conservano la loro autonomia.
La giurisprudenza, soltanto di fronte alla preesistenza di tale nuova e atipica figura
contrattuale, rinuncia alla possibilità di applicare schemi contrattuali tipici, riconoscendo finalmente
l’esistenza di un contratto atipico.
Si ritiene però che non siano ammissibili negozi unilaterali atipici.
L’art. 1324, a proposito delle norme applicabili agli atti unilaterali, prevede che le norme sui
contratti sono applicabili, in quanti compatibili, agli atti unilaterali tra vivi a contenuto
patrimoniale. Secondo alcuni, con tale norma il legislatore ha voluto recepire in seno al codice
civile quella nozione di negozio giuridico che altrimenti sarebbe di sola matrice dottrinale, non
essendo prevista in alcuna altra norma.
Ma, al contrario, sembra più plausibile la tesi che esclude l’interpretazione in siffatti termini
dello spirito della norma appena richiamata, non avendo probabilmente il legislatore alcuna volontà
di recepire nel tessuto ordinamentale una nozione, quella appunto di negozio giuridico, alquanto
generica e contestata.
Non ben chiara è l’espressione “in quanto compatibili”, ma in dottrina si conclude nel senso
che si tratta di applicazione di norme in sede analogica.
Talune norme del codice tuttavia sono dedicate proprio agli atti unilaterali, come quella
fondamentale dell’articolo 1334 c.c., che condiziona la produzione dell’effetto per gli atti cd.
recettizi al fatto che essi siano pervenuti a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
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2 La conclusione del contratto
1B
L’articolo 1326 statuisce che il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto una
proposta è a conoscenza dell’accettazione dall’altra parte.
Vengono quindi in evidenza, innanzitutto, gli atti cd. prenegoziali della proposta e dell’
accettazione, entrambi di natura unilaterale, aventi il primo il requisito della cd. completezza, l’altro
della cd. conformità ( alla proposta ).
Difatti da un lato la proposta deve contenere tutti gli elementi essenziali del contratto che si
intende concludere; dall’altro l’accettazione deve essere conforme alla proposta, altrimenti varrà
come nuova proposta.
In entrambi i casi si tratta di dichiarazioni recettizie, in quanto non possono produrre effetti
se non dal momento in cui siano pervenute a conoscenza dell’altra parte.
La proposta può poi essere anche a destinatario indeterminato (cd. in incertam personam ),
come nel caso dell’ offerta al pubblico, che si differenzia dalla figura similare della promessa al
pubblico per essere quest’ultima non atto prenegoziale, in quanto tale improduttivo di effetti, ma
negozio unilaterale perfetto con effetti vincolanti immediati.
2.1.
Segue : la presunzione di conoscenza
21B
Tornando alla individuazione del momento di conclusione del contratto, la dottrina ha
evidenziato come il problema non si ponga quando il contratto sia concluso fra presenti, mentre
assume importanza pratica la distinzione tra proposta e accettazione quando il contratto sia concluso
tra persone lontane.
Il primo comma dell’articolo 1326 c.c. sembra voler risolvere il problema attraverso il
recepimento della teoria della conoscenza, che riflette la necessità che colui che ha fatto la proposta
abbia effettiva consapevolezza dell’accettazione dell’altra parte.
In realtà la proposta e l’accettazione, in quanto atti unilaterali recettizi, sono soggetti anche
alla disciplina degli artt. 1334 - 1335 c.c., laddove la prima norma conferma il principio della
conoscenza, per atti di tale natura, mentre l’art. 1335 c.c. in qualche modo lo supera, prevedendo
che, in adesione alla diversa teoria della conoscibilità, proposta e accettazione si reputano
conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere
stato senza sua colpa nella impossibilità di averne notizia.
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Il principio della conoscibilità, quindi, viene introdotto proprio per evitare facili abusi del
proponente, il quale potrebbe eccepire di non avere avuto conoscenza dell’accettazione dell’altra
parte, così impedendo la conclusione del contratto.
La presunzione di conoscenza introdotta dal predetto art. 1335, è relativa ( cd. juris tantum ),
in quanto ammette prova contraria.
Essendo consentita tale possibilità, il problema applicativo che la giurisprudenza ha dovuto
affrontare è stato proprio quello di stabilire quali siano i fatti idonei ad impedire la presunzione di
conoscenza.
E’, ad esempio, sufficiente dimostrare un ricovero ospedaliero, o un viaggio per vacanze o
una improvvisa acusìa ove si tratti di accettazioni telefoniche ?
Le opinioni sono diverse, sia in dottrina che in giurisprudenza, ma un fatto è certo : occorre
individuare il giusto contemperamento tra soggettività e oggettività della valutazione circa la
effettiva impossibilità di conoscere la dichiarazione 4 .
F
2.2.
F
La proposta ferma
2B
Principio generale vuole che proposta e accettazione siano revocabili in quanto atti
prenegoziali e in quanto tali inidonei a produrre un qualsiasi effetto vincolante.
Discorso diverso è se nella fase delle trattative contrattuali vi siano obblighi di correttezza,
la cui violazione possa quindi originare una qualche responsabilità.
Quesito al quale va fornita risposta affermativa, in quanto al riguardo il codice prevede la
responsabilità precontrattuale, ma trattandosi di una fase preliminare alla nascita del contratto vero
e proprio la dottrina ritiene che tale responsabilità abbia natura propriamente extracontrattuale.
Va quindi confermata la natura non negoziale della proposta e dell’accettazione, ma il
principio della normale revocabilità trova una disciplina differenziata a seconda che venga in rilievo
l’uno o l’altro dei predetti atti, ed inoltra sopporta talune eccezioni.
Per quanto attiene al primo dei suoi indicati aspetti il codice statuisce che la proposta può
essere revocata finchè il contratto non sia concluso, mentre l’accettazione può essere revocata
purchè la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione.
Da tale disposizioni si evince che il legislatore ha riservato una differente disciplina ai due
atti di revoca : nel primo caso, ha accolto il principio della spedizione; nel secondo, quello della
cognizione.
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Per quanto attiene poi alle eccezioni che il principio di revocabilità sopporta, vengono in
considerazione innanzitutto i casi di proposta ferma e di patto di opzione.
La differenza fondamentale tra le due figure è che la prima ha natura unilaterale, la seconda
bilaterale o pattizia.
In entrambi i casi vale il principio che la irrevocabilità della proposta vale solo per un
periodo limitato di tempo.
Vi è poi un caso molto importante in cui la irrevocabilità della proposta è prevista per legge :
è l’ipotesi del cd. contratto unilaterale di cui all’articolo 1333 c.c..
4
In ordine alle dichiarazioni spedite in plico chiuso : v. C.Cassazione, 9 settembre 1978, 4083.
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3 Il contratto unilaterale
2B
Per contratto unilaterale, detto così per distinguerlo da quello bilaterale o sinallagmatico, si
intende il contratto che prevede obbligazioni a carico del solo proponente e nel quale, quindi, la
proposta è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata.
Molto si discute su tale figura giuridica ed in particolare se essa abbia veramente natura
contrattuale, come sembra desumersi dalla stessa rubrica dell’articolo citato 1333 c.c., ovvero
natura di negozio unilaterale.
Il problema deriva da quanto statuito dal secondo comma del 1333 c.c., per quanto attiene
alle modalità di conclusione di tale contratto, prevedendosi che il destinatario della proposta può
rifiutare la stessa entro un certo termine, altrimenti, allo scadere di questo, il contratto è da
intendersi concluso.
E’ facile evidenziare l’assimilabilità di tale disciplina a quella della remissione del debito,
figura della quale pure si discute circa la natura unilaterale o bilaterale.
I sostenitori della tesi unilaterale 5 del contratto ex art. 1333 c.c. fanno leva sul principio
F
F
della normale produttività di effetti da parte di un atto unilaterale sulla sfera giuridica altrui quando
tali effetti siano favorevoli o comunque non sfavorevoli, come nel caso di specie, in cui le
obbligazioni sono dalla parte del solo proponente.
Non sarebbe quindi necessario che l’accettante esprima un vero e proprio consenso.
Tuttavia l’opinione dominante 6 è di avviso esattamente contrario, ritenendo che venga in
F
F
rilievo un comportamento concludente, ossia un comportamento sì meramente passivo, ma al quale
l’ordinamento riconnette un particolare significato, che è quello di valere come accettazione (tacita)
di una proposta contrattuale.
5
6
L.BARASSI, La teoria generale, II, p. 122 ss.; A.PINO, Il contratto con prestazioni corrispettive, p. 63 ss..
N.DISTASO, I contratti in generale, I, p. 389 ss.
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4 Il valore contrattuale del silenzio
3B
Molto diffusa è la pratica di far precedere il contratto dalla divulgazione di materiale
pubblicitario.
Quale significato è da attribuire a tale condotta : vale come proposta contrattuale ?
La risposta è senz’altro negativa, in quanto si tratta di un invito ad offrire, con la
conseguenza che chi risponde ad esso formula una proposta, che assume gli specifici connotati
dell’ordine.
La particolarità di tali trattative è che la ditta che riceve l’ordine (ad es. di spedire una
enciclopedia) provvede direttamente alla esecuzione del contratto, senza farla precedere da una
formale accettazione.
Quanto detto sgombra il campo innanzitutto da ogni dubbio circa la reale vincolatività di
facili affermazioni contenute in certo materiale pubblicitario, che vogliono attribuire alla mancata
risposta entro un certo termine il significato di tacita accettazione.
In realtà, ove vi sia l’ordine di invio della merce, questo varrà come proposta e inoltre il
silenzio non assume alcun significato volontaristico in sede di trattative, tranne che nei casi previsti
dalla legge ovvero ad esso si accompagni un contegno dal quale possa desumersi in maniera
univoca la volontà di concludere il contratto.
In materia di contratto concluso a seguito della spedizione di materiale pubblicitario viene
soprattutto in evidenza l’art. 1327 c.c., che attribuisce all’accettante il diritto di concludere il
contratto senza una preventiva risposta, quando vi sia una richiesta in tal senso del proponente o
comunque se nello stesso senso depongono la natura dell’affare o gli usi.
In tal caso comunque l’accettante deve dare prontamente avviso all’altra parte della iniziata
esecuzione, pena il risarcimento del danno.
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Il mutamento delle circostanze e la
presupposizione
4B
Nessun ordinamento può essere insensibile ad un mutamento delle circostanze che hanno
accompagnato la conclusione del contratto, di portata tale da provocare una modifica dell’equilibrio
sinallagmatico su cui si è fondata la conclusione stessa 7 .
F
F
E’ molto probabile che la parte obbligata non abbia previsto la possibilità che la situazione
di fatto avesse a mutare successivamente alla conclusione del contratto, in quanto se una qualche
incertezza avesse nutrito in proposito avrebbe apposto al contratto una esplicita condizione.
La dottrina a tal proposito parla di “fondamento o base negoziale”, nel senso che ogni
contratto, a prescindere dalla sua funzione tipica, è concluso in considerazione di una situazione
negoziale di base, il cui venir meno non può non pregiudicare l’efficacia del contratto.
La figura della presupposizione si avvicina ad una particolare forma di “condizione”, da
ritenersi implicita e comunque non espressa nel contenuto del contratto, e, per altro verso, alla
stessa “causa” del contratto, ove per causa si intenda la concreta funzione che il contratto è
destinato a realizzare.
Nel primo caso la presupposizione si caratterizza in senso soggettivo ( non espressa nel
contenuto del contratto ), nella seconda oggettivo 8 .
F
F
La qualificazione di presupposizione è nel senso che il legislatore ha dimostrato di voler
attribuire rilievo a quel mutamento di circostanze dovuto al sopraggiungere di avvenimenti
straordinari e imprevedibili, tali da determinare l’eccessiva onerosità della prestazione di una delle
parti.
In tal caso la parte colpita da tali eventi può domandare la risoluzione del contratto, ma nei
limiti consentiti dalla disciplina della risoluzione per eccessiva onerosità.
7
Ad esempio, ove venga concluso un contratto di fornitura di petrolio per un determinato prezzo, non si potrà
considerare ininfluente la improvvisa chiusura del canale di Suez, tale da costringere le petroliere a seguire un ben più
lungo percorso per fornire di greggio i porti del Mediterraneo. La fornitura non potrà definirsi impossibile a seguito
della chiusura del canale, ma sarà più gravosa rispetto a quanto dalle parti previsto all’atto della conclusione del
contratto.
8
La giurisprudenza opta decisamente per la teoria oggettiva, ritenendo che la rilevanza della presupposizione si fondi
sull’art. 1467 c.c.: C.Cassazione, II, 9 novembre 1994, n. 9394.
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Il percorso formativo contrattuale
6 La responsabilita’ precontrattuale
5B
Si è già detto che tale forma di responsabilità, gravante su chi abbia arrecato un danno
all’altra parte per un suo comportamento scorretto già nella fase delle trattative, è configurata come
responsabilità extracontrattuale, quindi ricollegabile alla ampia formulazione dell’art. 2043 c.c.
Tuttavia non manca chi ritiene tale responsabilità sia di natura contrattuale o addirittura di
natura autonoma, così atteggiandosi a tertium genius di responsabilità 9 .
F
F
La responsabilità precontrattuale può configurarsi solo nei casi previsti dalla legge e in
particolare quelli di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.
L’art. 1337 c.c. disciplina la fase delle trattative, stabilendo che le parti, nello svolgimento
delle stesse e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede.
L’art. 1338 c.c. disciplina invece la eventuale conoscenza delle cause di invalidità : la parte
che, conoscendo o dovendo conoscere la esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha
dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per aver confidato, senza
sua colpa nella validità del contratto.
Speciale è la disciplina anche per quanto attiene l’entità del danno risarcibile, atteso che
esso, pur riconoscibile nelle voci del lucro cessante e del danno emergente, è limitato solo al cd.
interesse negativo.
Ciò significa che se Tizio è indotto a concludere un contratto con Caio, che pur conosceva la
causa di invalidità che gravava sul contratto stesso, potrà chiedere non soltanto il risarcimento del
danno riconducibile al contratto concluso (ad es. alle spese sostenute), ma anche del danno
riconducibile alla mancata stipulazione di un contratto più vantaggioso con altra persona. Non potrà
invocare invece il risarcimento dell’interesse positivo, cioè connesso all’esecuzione del contratto
conclusoo da concludere.
Dopo lunghe vicende giudiziarie si ritiene da parte della giurisprudenza 10 che la
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responsabilità precontrattuale possa gravare anche nei confronti della Pubblica Amministrazione.
9
L’adesione all’una o all’altra tesi comporta notevoli differenze disciplinari in tema di onere della prova, prescrizione
dell’azione, messa in mora, rilevanza della colpa e dell’incapacità naturale, nonché di danno risarcibile.
10
C.Cassazione Sez. Un., 10 ottobre 1969, n.3256; C.Cassazione, 8 febbraio 1972, n. 330.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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7 I vincoli preliminari alla conclusione del contratto
: il contratto preliminare
6B
I vincoli preliminari alla conclusione del contratto possono avere natura convenzionale o
legale, come ad esempio, in questo secondo caso, gli obblighi legali a contrarre, di cui già se è detto
a proposito dei limiti alla autonomia contrattuale.
Tra i vincoli di natura convenzionale, vengono in rilievo il patto di opzione, che dà luogo
alla irrevocabilità della proposta, e la prelazione, in virtù della quale se una parte decide di
concludere un contratto dovrà farlo con una persona già indicata preventivamente; anche in tal caso
la prelazione è legale o volontaria.
Ma l’ipotesi più importante è quella del contratto preliminare, ove le parti si obbligano a
stipulare il successivo contratto definitivo.
Innanzitutto occorre rilevare che il contratto preliminare si atteggia a negozio perfetto e
produttivo di effetti vincolanti, a differenza dalla cd. puntuazione o minutazione, ove le parti si
limitano a praticare delle intese che preludono alla conclusione del contratto, la cui stipulazione
tuttavia è ancora libera e non obbligatoria.
Siamo cioè nella fase delle trattative, che possono dar luogo tutt’al più ad una responsabilità
precontrattuale, ove le parti non si comportino secondo i principi di buona fede e di correttezza.
Abbiamo altresì distinto il contratto preliminare dal contratto cd. tipo o contratto normativo,
ove le parti regolamentano una futura, ma eventuale, attività contrattuale.
Da quando detto si comprende come il contratto preliminare prelude al contratto definitivo,
laddove il primo si differenzia rispetto al secondo in quanto è sempre ad effetti obbligatori : l’effetto
prodotto è sempre e soltanto quello tipico, cioè obbligare le parti a stipulare il contratto definitivo.
L’uso invalso nella pratica di denominare tale atto “compromesso” è soltanto atecnico, in
quanto con tale espressione si deve intendere un preliminare improprio perché consistente nel
contratto definitivo, con impegno delle parti di riprodurre il consenso in una forma determinata.
Particolare è la disciplina della forma, atteso che il contratto preliminare deve avere la stessa
forma prevista per il contratto definitivo, ove essa sia richiesta ad substantiam o ad relationem.
Se il contraente del preliminare si rifiuta di addivenire al definitivo, la controparte che offre
di adempiere la sua prestazione può rivolgersi al giudice ex art. 2932, al fine di ottenere la cd.
sentenza sostitutiva dell’adempimento.
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La sentenza, di natura costitutiva, produrrà gli effetti del contratto definitivo non concluso
trattandosi di una ipotesi di esecuzione in forma specifica, in tal caso dell’obbligo di concludere il
contratto.
La giurisprudenza 11 ha ammesso in certi casi l’intervento cd. correttivo del giudice, così
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facendo cadere il dogma della necessaria corrispondenza tra il contenuto del preliminare e del
definitivo.
7.1.
Segue : opzione e prelazione
23B
L’opzione è l’accordo con il quale le parti convengono che una di esse rimanga vincolata
alla propria dichiarazione e l’altra abbia la facoltà di accettarla o meno.
La figura rientra quindi tra i vincoli preliminari alla formazione del contratto e si pone in
relazione con l’altra figura giuridica della proposta irrevocabile (o ferma), in quanto tale è
considerata dalla legge la proposta fatta dalla parte vincolata.
Tuttavia le due figure giuridiche vanno nettamente distinte, in quanto l’opzione ha natura
bilaterale, trattandosi di un contratto, la proposta irrevocabile natura unilaterale.
L’opzione, quindi, dà luogo alla nascita di un diritto potestativo in capo all’opzionario.
Anche la prelazione si inserisce nella tematica dei vincoli alla formazione del contratto, ma
qui il vincolo è meno intenso, in quanto consiste nella attribuzione ad un soggetto del diritto ad
essere preferito ad altri, a parità di condizioni, ove l’altra parte decidesse di concludere un
determinato contratto.
Il prelazionario quindi non ha il diritto a concludere il contratto al quale mira, ma solo di
essere preferito ad altri.
La prelazione può essere convenzionale o legale.
Nel primo caso avremo il cd. patto di prelazione, che ha natura contrattuale così come
l’opzione 12 .
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La prelazione legale, invece, si ha in ipotesi previste dalla legge, come nel caso del cd.
retratto successorio .
11
C.Cassazione, II, 12 febbraio 1993, n. 1782.
Secondo la tesi prevalente il patto di prelazione va inteso come contratto unilaterale sottoposto alla condizione
ospsensiva potestativa della volontà del promittente di sglare l’accordo (C.Cassaizone, 13 maggio 1982, n. 3009).
12
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Il concedente del diritto di prelazione ha l’obbligo di cosiddetta denuncia (denuntiatio), cioè
di comunicare al prelazionario la proposta fatta o ricevuta al fine di mettere in condizione
quest’ultima di esercitare il diritto di prelazione.
Il diritto del prelazionario non ha natura reale, bensì personale, per cui ove il suo diritto sia
stato leso da un comportamento scorretto del concedente potrà soltanto chiedere il risarcimento del
danno; ciò a differenza della tutela reale riconosciuta al prelazionario nelle ipotesi di prelazione
legale, in quanto in tal caso questi può esercitare il suo diritto anche quando il concedente abbia già
alienato il bene a terzi, presso cui quindi il prelazionario può riscattare il bene stesso.
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8 Le condizioni generali di contratto
7B
L’art. 1341 c.c. disciplina l’istituto, prevedendo che tali clausole siano efficaci
indipendentemente dal fatto che siano state effettivamente conosciute dal contraente che non le ha
predisposte.
E’ evidente che in tal modo si è inteso derogare ai principi che informano la disciplina del
contratto per quanto attiene alla sua formazione.
Se è vero che le clausole che si impongono ai contraenti sono quelle sulle quali si è formato
il loro comune accordo, in tal caso questo principio viene superato.
Innanzitutto va chiarita l’espressione usata dal legislatore di condizioni generali : il termine
condizioni è da intendere nel senso di clausole; il termine generali allude invece al fatto che esse
sono predisposte da uno dei contraenti che svolge attività imprenditoriale, per cui ha necessità di
precostituire una disciplina atta a regolamentare la generalità dei rapporti contrattuali che intrattiene
con gli utenti.
Si discorre a riguardo di contratti di massa che si caratterizzano per la loro serialità 13 .
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E’ evidente che le particolari caratteristiche di questa attività negoziale hanno indotto il
legislatore a riservare ad essa una disciplina speciale che assegna indubbiamente al contraente
predisponente una posizione di predominio proprio perché le condizioni generali di contratto sono
considerate efficaci nei confronti dell’altra parte, se, al momento della conclusione del contratto,
questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando la normale diligenza 14 .
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F
Così parte della dottrina ha addirittura ritenuto che il contraente predisponente esercita in tal
modo un vero è proprio potere normativo.
Il secondo comma dell’art. 1341 c.c. introduce però una deroga alla disciplina di cui al
primo comma, in quanto viene richiesta, a pena di inefficacia, l’approvazione per iscritto delle
cosiddette clausole vessatorie, che si caratterizzano per introdurre un forte squilibrio tra le rispettive
posizioni contrattuali.
13
Per eventuali approfondimenti : G.DE NOVA, L condizioni generali di contratto, in Trattato Rescigno di diritto
civile, vol. 10, Utet, 1982.,
14
L’ordinamento pone quindi a carico del soggetto predisponente un preciso onere di diligenza, al fine di consentire
all’altra parte di venire a conoscenza delle condizioni generali di contratto, ad esempio attraverso la esposizione del
testo che le contiene nei locali dell’azienda ed in forma sufficientemente intelligibile. Il fenomeno delle condizioni
generali di contratto non va confuso con quello, disciplinato dall’art. 1342, dei contratti conclusi mediante moduli o
formulari, le cui condizioni sono questa volta sono inserite all’interno del testo contrattuale.
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Tali sono quelle che stabiliscono limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal
contratto, o di sospenderne l’esecuzione ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze,
limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale, deroghe alla
competenza dell’Autorità giudiziaria.
L’articolo 1341 c.c. fornisce delle clausole vessatorie una elencazione considerata tassativa
dalla giurisprudenza, la quale però ne ammette interpretazione estensiva.
Ma sicuramente la tutela accordata al contraente non predisponente è parsa ben presto
soltanto formale, cosa evidenziata anche a livello di direttive comunitarie con specifico riferimento
ai rapporti tra impresa e consumatori.
Di talché il legislatore ha ritenuto di adeguarsi agli inviti della CEE emanando la legge n. 52
de 1996 che ha introdotto il capo 14 bis nel codice civile intitolato appunto “contratti del
consumatore”.
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9 I contratti dei consumatori : nozione
8B
L’espressione “contratti dei consumatori” allude ad una categoria variegata di contratti, nei
quali, per l’appunto, una delle parti è il consumatore.
Il particolare rilievo attribuito al consumatore è per sottolineare che questa è la parte cui il
legislatore fa particolare riferimento nel dettare la normativa : una parte considerata più debole
rispetto alla controparte, e quindi da tutelare.
Tale espressione è intesa non tanto a ricomprendere i contratti che si istituiscono tra
consumatori, ma solo i contratti che i consumatori concludono con i “professionisti”.
La stessa categoria potrebbe essere anche intitolata ai contratti dell’impresa con i
consumatori, ma tale espressione non sarebbe del tutto corretta, da un lato, perché nella
terminologia e nella classificazione di derivazione comunitaria, oltre ai contratti conclusi dalle
imprese si deve tener conto dei contratti conclusi da coloro che, pur non essendo imprenditori,
esercitano una attività economica in modo professionale, e quindi costituiscono la controparte
“forte” del consumatore; dall’altro lato, perché nell’ambito della categoria dei contratti d’impresa si
comprendono anche i contratti tra imprese.
L’espressione contratti dei consumatori è variegata perché comprende i contratti di credito al
consumo, i contratti di viaggio, i contratti di acquisto di beni e servizi, alcuni contratti bancari, ecc.
Tuttavia nella legge comunitaria n. 52 del 1996 l’espressione “contratti del consumatore” è
rivolta a designare una disciplina che introduce regole di portata generale riguardanti i contratti
conclusi tra il consumatore e il professionista, aventi ad oggetto “la cessione di beni o la prestazione
di servizi”.
Queste regole sono delle clausole inserite in tali contratti, stabilendo per esse un’articolata
disciplina ed erano regolate dagli artt. 1469 da bis a sexies del codice civile.
La disciplina dei contratti del consumatore trae origine, come detto, dagli interventi
comunitari tendenti a tutelare i consumatori nelle diverse fasi in cui si può scomporre il loro
rapporto con i professionisti : il momento dell’informazione e della cattura del consenso, attraverso
i messaggi pubblicitari, il momento del finanziamento, il momento della conclusione del contratto,
l’eventuale produzione di danni per prodotti e servizi acquisiti.
Lo Stato italiano non si è uniformato a tempo debito, in quanto solo nel 1996 la direttiva
comunitaria è stata recepita, dopo un travagliato iter parlamentare.
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10 Il Codice del consumo
9B
Il Codice del consumo è stato emanato con il decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in
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base all'art. 7 della legge delega 29 luglio, n. 229, relativo al riassetto delle disposizioni vigenti in
materia di tutela dei consumatori che comprende la maggior parte delle disposizioni emanate
dall'Unione Europea nel corso degli ultimi venticinque anni per la protezione del consumatore. Per
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gli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione tali norme sono state lentamente recepite
anche dallo Stato italiano. l'art. 142 del Codice del consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n.
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206 ha sostituito, con l'attuale articolo 1469-bis, gli articoli da 1469-bis a 1469-sexies le cui
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disposizioni sono ora contenute negli articoli da 33 a 37 del suddetto Codice.
Trattasi quindi di un intervento normativo con finalità essenzialmente ricognitive della
disciplina già esistente, di talché le problematiche interpretative postesi con riferimento alla
precedente disciplina sono rimaste immutate.
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11 Il coordinamento con altre disposizioni
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Nel codice civile e nelle leggi speciali sono numerose le disposizioni che si occupano di
contratti predisposti e di contratti che abbiano come parte il consumatore.
Il coordinamento, in assenza di regole ad hoc introdotte dalla nuova disciplina, deve essere
effettuato sulla base dei criteri ordinari di interpretazione della legge e nel rispetto del diritto
comunitario.
Con riguardo alla disciplina delle condizioni generali di contratto ( art. 1341, 1342, 1370 ) si
ritiene che la nuova disciplina non sia sostitutiva, ma integrativa delle norme di codice già vigente.
In altri termini, gli articoli 1341,1342,1370 del c.c. si applicano comunque ai contratti tra
imprese; si applicano altresì ai contratti tra consumatori ed anche ai contratti che le imprese ovvero i
“professionisti” concludono con i consumatori, in quanto compatibili con gli artt. 1469 bis e sexies.
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12 I principi generali
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Il primo principio consiste nella autonomia della volontà delle parti.
Il professionista è limitato nella sua libertà contrattuale perché, se inserisce clausole
vessatorie, queste, ove siano ritenute tali dalla normativa, non sono efficaci; se sottoposte al vaglio
dell’accertamento della vessatorietà, possono essere dichiarate inefficaci, restando però salve, ex
art. 1469 ter 2° comma (ora art. 34 Codice del consumo), le clausole che attengono alla
determinazione dell’oggetto del contratto o al corrispettivo di beni o servizi ( sempre se siano chiare
e comprensibili ) e le clausole o gli elementi di clausole che siano oggetto di trattativa individuale.
La forma dei contratti del consumatore è libera, a meno che disposizioni di codice o di leggi
speciali, anche di recepimento di altre direttive comunitarie prevedono la forma vincolata ( nel caso
scritta ).
A questo principio si affianca il principio della chiarezza e comprensibilità delle clausole
redatte per iscritto ( art. 34 ).
Nel dubbio prevale l’interpretazione favorevole al consumatore.
Le clausole oscure o incomprensibili non sono inefficaci, ma sono intese in modo favorevole
alla parte più debole, in conformità anche all’art. 1370 c.c.
Chiarezza e comprensibilità devono essere apprezzate tenendo conto del consumatore ideale
medio, non del consumatore che in concreto ha sottoscritto le clausole.
Il principio vale anche per i contratti conclusi verbalmente o per fatti concludenti; ad
esempio il contratto sottoscritto da un analfabeta, che sa scrivere solo la propria firma, oppure da
persona che non può avvedersi delle sottigliezze del testo : in entrambi i casi soccorre il principio
generale della buona fede oggettiva ex art. 1366 c.c., a cui la nuova disciplina non può derogare,
perché essa è destinata a tutelare il consumatore.
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13 Le altre regole
12B
Oltre ai principi sopra enunciati, la nuova disciplina contiene regole di carattere generale che
riguardano la valutazione di vessatorietà, gli effetti della declaratoria ( cioè quando si è resa
pubblica ), le tecniche di controllo e la legittimazione ad agire.
Per quanto attiene alla vessatorietà, la disciplina prevede tre diversi livelli :
1. clausole dichiarate comunque inefficaci, anche se oggetto di trattativa; si tratta delle clausole
che abbiano per oggetto o per effetto di escludere o limitare la responsabilità del
professionista in caso di morte o di danno alla persona del consumatore, risultante da un
fatto o da un’omissione del professionista, clausole di esclusione o di limitazione delle
azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di
inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista ;
2. clausole che si presumono vessatorie fino a prova contraria ( che si ritiene debba essere data
dal professionista ), contenute in numero di 20 nell’elenco sub art. 33 Codice del consumo;
3. clausole non contenute nell’elenco.
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14 Le regole speciali
13B
Oltre alle tre regole, già menzionate, quali buona fede, chiarezza e comprensibilità, la nuova
disciplina elenca venti clausole ritenute inefficaci che si presumano vessatorie fino a prova
contraria.
Si tratta di clausole frequentemente utilizzate nei contratti predisposti dall’impresa, dirette a
trasferire rischi al consumatore, a limitare gli impegni assunti da chi produce o fornisce prodotti e
servizi, ad incidere sulla durata del rapporto, a consentire all’impresa di recedere o di variare il
contenuto del rapporto, di limitare i rimedi a disposizione del cliente.
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15 Tipi di controllo e legittimazione ad agire
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La disciplina di recepimento affida al giudice ordinario la competenza in materia di azioni
inibitorie e di azioni dirette a far dichiarare inefficaci le clausole vessatorie.
Il controllo sulle clausole vessatorie è di tipo giudiziale, nel senso che spetta al singolo
consumatore contraente promuovere l’azione per la declaratoria di nullità delle clausole abusive e
alle associazioni ( di consumatori e di professionisti ) nonché alle Camere di commercio agire per
l’inibitoria ( attività dell’Autorità Giudiziale che viene investita di un problema da un interessato e
per farlo cessare).
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16 La sanzione
15B
La sanzione della clausola vessatoria, presunta vessatoria e non smentita nel suo carattere
dalle prove addotte dal professionista è l’inefficacia :
1. è inefficacia relativa, in quanto opera solo a vantaggio del consumatore ( art. 36 Codice del
consumo) ;
2. è rilevabile d’ufficio dal giudice ;
3. è parziale, in quanto il contratto rimane efficace per il resto.
La sanzione riguarda solo il contratto preso in esame dal giudice, non riguarda tutti i contratti
esistenti sul mercato contenenti identica clausola dichiarata inefficace.
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17 Il contratto di fatto
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Rientra anche questo argomento nella tematica del procedimento di formazione del contratto
ed è una figura elaborata dalla dottrina tedesca di matrice nazionalsocialista, che prese le mosse dal
cd. caso del parcheggio : un automobilista che aveva parcheggiato l’auto in un area destinata al
parcheggio si rifiutò di corrispondere il pagamento sostenendo che non aveva mai espresso alcuna
volontà nel senso di concludere il corrispondente contratto; i giudici tedeschi diedero torto
all’automobilista ritenendo che tra questi e il parcheggiatore si fosse instaurato un rapporto
contrattuale di fatto.
Sono diverse le ipotesi che, secondo la dottrina, danno luogo ad una figura del genere, anche
facendo leva su talune norme del codice civile, come l’art. 2126, che attribuisce al lavoratore il
diritto alla retribuzione nonostante la nullità del contratto di lavoro. Ancora si discorre di contratto
di fatto in ipotesi in cui si è avuto un contratto sociale “tra privati”, ovvero l’inserimento in una
organizzazione comunitaria come una società.
Ma le ipotesi più significative sono quelle dei cd. contratti di massa caratterizzati
dall’offerta di beni o servizi da parte di una persona o ente che esercita attività professionale a
favore di una generalità di destinatari, con la conseguenza che coloro che intendono godere della
prestazione offerta l’assumono direttamente senza alcuna manifestazione di volontà contrattuale in
tal senso 15 .
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15
Si fa l’esempio della persona che sale sull’autobus e timbra il biglietto per godere della prestazione di trasporto : se
viene trovato sprovvisto del biglietto sopporterà oppure no responsabilità contrattuale ? La dottrina è divisa, in quanto
secondo alcuni si tratterebbe di obbligazioni derivanti da contratto, secondo altri invece di obbligazione discendente ex
factu, ovverosia rientrante nella terza categoria, quella generica, prevista dall’articolo 1173 c.c..
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