Friedrich Nietzche (1844-1900) La sua filosofia è da considerarsi un

Friedrich Nietzche (1844-1900)
La sua filosofia è da considerarsi un articolato tentativo di liberare l’uomo dai tanti condizionamenti
che subisce fin dalla nascita (morali, religiosi, mitici, metafisici, ecc.), vincoli che gli uomini stessi si
sono creati (metafisici, religiosi, morali, ecc.) per poter fornire razionalità ed armonia, quindi
sicurezza e tranquillità, a un mondo che N. considera invece caotico, privo di senso e di certezze
assolute, un mondo cioè sempre reinterpretabile perché privo di verità oggettive e punti di
riferimento.
Egli scrive i suoi testi tra il 1870 e il 1890. E’ il momento in cui la società positivistica europea si
afferma sotto ogni aspetto. L’incremento dei beni economici e la statica generalizzazione dei nuovi
valori borghesi sono i due elementi che dominano la società occidentale. La cultura positivistica ha
notevolmente ampliato gli ambiti di oggettività in cui la vita e gli uomini trovano un loro significato
precostituito. L’Europa di questo periodo storico tende ad essere un sistema di schemi entro cui la
vita viene preordinata e da cui discendono tutte le figure socialmente approvate. L’esistenza degli
individui, perciò, diventa sempre più anonima e massificata.
Il pensiero di N. mira a rovesciare tale struttura tramite una sistematica opera di demistificazione di
ciò che definisce “menzogne millenarie”, ovvero decostruendo la maggior parte di quelle che
l’Occidente accettava come certezze, e che, al contrario, per lui rappresentavano astrazioni
concettuali negatrici della vita e della creatività dell’uomo.
Egli non vuole sostituire valori vecchi con valori nuovi, ma insegnare a recidere all’origine la
produzione di valori oggettivi, che non esistono in quanto i valori sono solo soggettivi.
La nascita della tragedia dallo spirito della musica (1872): è la prima grande opera di N. in cui egli
contesta la visione della classicità in auge ai suoi tempi (società armoniosa e composta), per
sostenere l’esatto opposto: il mondo classico non era apollineo (cioè razionale, anticaos, scultoreo),
ma originariamente dionisiaco (irrazionale e contradditorio). Il dionisiaco è quell’impulso che
scaturisce dalla forza e dal senso caotico del divenire; si contraddistingue per la sua accettazione
totale della vita (si alla vita) in ogni suo forma e si esprime, sul piano artistico, nella musica
(Wagner).
L’apollineo è invece quell’impulso che scaturisce da un atteggiamento di fuga dal mondo di fronte
all’imprevedibilità degli eventi (no alla vita), al quale l’uomo reagisce producendo un mondo di forme
limpide e definite, e si esprime, sul piano artistico, nella scultura.
Inizialmente in Grecia i due impulsi vissero disgiunti, poi ai tempi di Socrate e di Platone l’apollineo
prese il sopravvento, perché essi valutarono la ragione come l’unica guida della condotta umana.
Occorre dunque per N. rivalorizzare il dionisiaco e tornare così allo spirito originario dell’uomo. Infatti
egli reputa il pensiero filosofico-scientifico proprio della tradizione occidentale che inizia con Socrate
incapace di cogliere il vero significato della vita e del mondo, cioè la sua dimensione irrazionale.
Egli predica quindi una filosofia del sospetto (anche Marx e Freud sono considerati filosofi del
sospetto), ovvero un pensiero capace di smascherare gli inganni del pensiero e delle ideologie
tipiche della cultura occidentale e di distruggere tutte le false certezze intellettuali che gli uomini si
sono costruiti attraverso i secoli per darsi certezze e tranquillità, soprattutto le verità morali.
Egli considera la filosofia come lo strumento culturale con cui poter attuare una ricerca genealogica
capace di risalire alle cause della decadenza della cultura occidentale, ovvero in grado di scoprire i
tanti inganni culturali di cui l’uomo si è incrostato attraverso i secoli.
Uno degli inganni più terribili in cui è caduta nel tempo l’umanità è quello legato alle concezioni
religiose, morali e metafisiche che spacciano come vere argomentazioni e idee che per N. sono solo
favole create per dare rassicurazioni all’uomo debole, il quale ha paura dell’ignoto, della morte,
dell’irrazionale in genere.
Anche la morale N. la considera “l’istinto del gregge nel singolo”, cioè un trucco di un gruppo di
uomini per soggiogare altri uomini a cui si è condizionati fin da piccoli vivendo all’interno di una certa
cultura. La morale cristiana, per esempio, rappresenta la vittoria culturale degli uomini deboli
(morale degli schiavi, cioè di coloro che sono legati allo spirito e a sentimenti come la rassegnazione
e la rinuncia) sulla morale dei signori (quelli legati alla positività della forza, della fierezza, del
corpo).
Occorre perciò annunciare la morte di Dio, della religione, della morale, sciocchezze ormai spazzate
via dalla scienza e dalla tecnologia moderna. Dio è solo il simbolo di una prospettiva oltremondana
e antivitale collocata all’esterno della vita umana, in una dimensione paradisiaca e perfetta in cui
l’uomo vorrebbe vivere. Egli inoltre rappresenta la personificazione di tutte le certezze razionali,
metafisiche e religiose che l’uomo si è costruito nel tempo. E’ la più antica bugia umana. La morte di
Dio, ormai ucciso dall’uomo moderno, deve rappresentare non solo la fine delle antiche e false
certezze metafisiche, ma anche delle convinzioni nuove (liberalismo, socialismo, positivismo,
storicismo, scienza), che ugualmente raccontano favole sulla libertà, l’eguaglianza o di altra natura.
Per N. non esiste nessuna verità oggettiva, ma solo interpretazioni soggettive storicamente
determinate. Egli si rende conto che tale “trasvalutazione dei valori” porta l’uomo a perdere i suoi
riferimenti usuali, a rischiare di cadere nel vuoto e nel terrore nonché nel nichilismo passivo e
assoluto. Però può uscirne, può accedere ad un nichilismo attivo diventando oltreuomo capace di
mettere in azione la propria volontà di potenza. N. era convinto che tale processo, appena agli inizi
ai suoi tempi, fosse destinato a progredire successivamente, cioè che il futuro sarebbe stato l’età
degli oltreuomini.
L’oltreuomo è colui che accetta la vita come caos, che è libero, creativo, capace di godere della
terra, del corpo, della vita e delle sue gioie senza aver senso di colpa per questo, capace di uscire
dal gregge. Egli è in grado di vivere tramite la sua volontà di potenza, ovvero la sua capacità di agire
creativamente (non con la forza fisica, come erroneamente è stata interpretata) e responsabilmente
per esistere al meglio delle sue possibilità, per andare oltre i livelli esistenziali precedenti e il
bisogno di certezze tipiche dell’uomo debole, per divenire al massimo delle proprie potenzialità.
L’artista (produttore creativo di arte) è colui che più di tutti può esercitare la propria volontà di
potenza ed essere un oltreuomo, perché egli è in grado di ricreare liberamente il senso del mondo in
base a una pluralità di prospettive ermeneutiche, è colui che ha la forza vitale dionisiaca di creare
nuovi valori e nuove interpretazioni dell’esistenza.
Per N. vivere senza certezze metafisiche assolute e senza norme ontologiche significa
responsabilizzare l’individuo che, non facendo più ricorso ad assoluti e a “favole”, diventa egli stesso
produttore di valori e di significati. N. istiga a non aver paura di fornire interpretazioni soggettive,
quindi mutevoli, al caos del mondo poiché le interpretazioni oggettive non esistono.
Anche la scienza, che ai suoi tempi grazie al Positivismo godeva di massima considerazione
venendo quasi divinizzata, per N. non è una rappresentazione oggettiva della realtà, ma solo una
interpretazione del creato tra le tante che vi possono essere.
N. nega la concezione lineare (teleologica) ebraico-cristiana della storia (polemica contro lo
storicismo), mentre sostiene la concezione ciclica della storia che vi era prima dell’avvento del
Cristianesimo. Infatti ritiene che tutte le realtà e gli eventi del mondo siano destinati a ripetersi
identicamente infinite volte (eterno ritorno dell’uguale). Inoltre la storia non dev’essere semplice
erudizione, ovvero né antiquaria, né monumentale: non dev’essere cioè un semplice contenitore del
passato, né una sua esaltazione, ma dev’essere critica, ovvero capace d’insegnare a vivere sempre
meglio.
Per tale ragione ogni attimo dell’esistenza deve essere concepito come sensato in sé, e vissuto
attraverso azioni creative che abbiano in se stesse il proprio senso appagante senza aspettative in
premi o punizioni dopo la morte. E’ assurdo aspettarsi la felicità e il compimento del senso della vita
nel futuro: per N. ogni attimo contiene in sé il proprio valore e il proprio fine. Credendo nel divenire
lineare, e in un ordine provvidenziale, progressivo e inarrestabile, garante dello stesso divenire,
l’uomo ha alterato il senso della vita che è dionisiaco, irrazionale, non apollineo, non lineare.
L’oltreuomo è tale anche perché non teme la morte né la ciclicità della storia, e vive pienamente e
intensamente la sua esistenza attimo per attimo urlando il suo sì alla vita.
Con N. traspare netta la crisi profonda della filosofia contemporanea e del filosofo, che sempre più
si vede come funzionario del sistema. Egli decide di essere un libero pensatore, rifiutando
deliberatamente di fare il professore di tale materia per non cadere nel ruolo di semplice
trasmettitore di valori precostituiti. Rifiuta anche il modo di scrivere di tutti prediligendo la metafora,
l’aforisma, la scrittura frammentaria, cioè forme linguistiche non categoriche e rigide, in grado di
permettere al lettore di crearsi da solo un senso di quanto letto, non di subirlo da parte dell’autore.
Il linguaggio deve essere interprete dell’essere, non semplice suo riflesso.
L’attualità di N. sta nell’aver avviato un processo di ricerca filosofica in senso ermeneutico, ovvero in
grado di dare significati nuovi alle cose non in base alla tradizione, ma esplorando vie innovative.