La depressione
A cura di Roberta Longo
Etimologicamente, il termine “depressione” proviene dal latino “depressio”, che indica uno stato di
abbattimento o infossamento. In relazione ai disturbi dell’umore, è evidente il significato che questo termine
assume:
“Detta anche melanconia, la depressione è un’alterazione del tono dell’umore verso forme di
tristezza profonda con riduzione dell’autostima e bisogno di autopunizione.” (Galimberti, pag. 288)
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato nella depressione la prima causa di disfunzionalità nei
soggetti di età tra i 14 ed i 44 anni (precedendo malattie cardiovascolari e neoplasie) (WHO 1996b).
Sulla base di un’analisi della letteratura, è possibile affermare che:
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La prevalenza dei disturbi depressivi è direttamente correlata all’età: minore in età prepuberale e
prescolare, maggiore in adolescenza e età adulta;
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A soffrire maggiormente di disturbi depressivi sono le donne (rapporto 2:1);
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Vi è una sostanziale continuità nella depressione lungo l’intero arco di vita: bambini depressi tendono
a diventare adolescenti e adulti depressi. Inoltre, la depressione, in alcuni casi, può rappresentare
un fattore di rischio per altre patologie psichiatriche (soprattutto Patologia bipolare, Patologia da
abuso da sostanze);
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Dal 1940, nei paesi maggiormente industrializzati, i tassi di prevalenza per la depressione tendono
costantemente ad aumentare (“effetto coorte”) (Guidetti, 2005).
Ma.. cos’è la depressione?
Cambiamenti negativi dell’umore in situazioni spiacevoli o stressanti sono sicuramente esperienze comuni a
tutti, ma quando tali sentimenti negativi prendono il sopravvento nella propria vita e persistono nel tempo, si
potrebbe essere difronte a un disturbo depressivo.
Il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) definisce un episodio depressivo maggiore
come un declino significativo del tono dell’umore e/o di perdita di piacere e interesse che persista almeno
per due settimane e che si accompagni a significative modificazioni in almeno 4 di una lista di 9 sintomi:
1. Umore depresso per tutto il giorno, quasi ogni giorno, come riportato dal soggetto oppure osservato
da altri; umore irritabile più frequente nei bambini;
2. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte o quasi le attività, per tutto il giorno, quasi ogni
giorno come riportato dal soggetto o da altri;
3. Significativa perdita di peso o aumento di peso/diminuzione o aumento dell’appetito, considerando
nei bambini la normale variazione nel raggiungere i livelli ponderali standard;
4. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno;
5. Agitazione o rallentamento psicomotorio osservabile anche dagli altri e non solo soggettivo;
6. Faticabilità e mancanza di energia quasi ogni giorno;
7. Sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (fino ad essere deliranti) quasi
ogni giorno;
8. Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi o indecisione quasi ogni giorno come impressione
soggettiva o osservata da altri;
9. Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano
specifico, o un tentativo di suicidio, o l’ideazione di un piano specifico per commettere un suicidio.
Almeno uno dei sintomi deve essere umore depresso o perdita di interesse o piacere e non deve essere
dovuto ad una condizione medica generale, né a delirio o allucinazioni. I sintomi, inoltre, devono causare un
disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento sociale. I sintomi non sono
dovuto agli effetti fisiologici di una sostanza o di una condizione medica generale. Infine, i sintomi non sono
meglio giustificati da lutto e cioè dalla perdita di una persona amata; i sintomi persistono da più di due mesi
o sono caratterizzati da una compromissione funzionale marcata, autosvalutazione patologica, ideazione
suicidiaria, sintomi psicotici o rallentamento psicomotorio.
Nel DSM-IV tra i disturbi depressivi vengono descritti tre principali disturbi:
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Disturbo depressivo maggiore, episodio singolo. È caratterizzato dalla presenza di un solo episodio
depressivo maggiore;
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Disturbo depressivo maggiore, ricorrente. Presenta, a differenza del primo, due o più episodi.
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Disturbo distimico. È una forma attenuata ma persistente di depressione.
Frequentemente il disturbo depressivo si manifesta in associazione a:
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Distimia;
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Disturbo d’ansia;
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Disturbo del comportamento e della condotta;
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Disturbo da abuso di sostanze;
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Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD).
EZIOLOGIA: Quali le cause dei disturbi depressivi? Un flashback nella propria storia.
Come per tutti i problemi psicologici, non esistono dei fattori precisi e assoluti dai quali scaturisce il disturbo
depressivo: ogni situazione è a sé stante, ed ogni individuo porta con sé una storia personale non
paragonabile a qualsiasi altra situazione.
Si ritiene che alla base dei disturbi dell’umore ci sia una combinazione di fattori genetici, ambientali e
temperamentali (Harrington, 2002):
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Fattori familiari e genetici. La patologia depressiva è un disturbo di forte impatto familiare: figli di
genitori depressi hanno un rischio di sviluppare una patologia dell’umore 6 volte maggiore rispetto ai
figli di genitori sani. Va inoltre considerato come i genitori depressi, oltre alla trasmissione di una
vulnerabilità genetica per i disturbi depressivi, forniscano ai loro figli uno stile di attaccamento e
affettivo-ambientale sfavorevole e in grado di amplificare il dato genetico puro (Cicchetti e Tucker,
1994).
•
Fattori ambientali. L’evidenza che l’alto tasso di ereditarietà dei disturbi depressivi rappresenti un
fattore fondamentale ma non sufficiente ha reso necessario indagare in che misura altri fattori
possano giocare un ruolo nell'esordio precoce della depressione. È noto come la depressione in età
adulta sia strettamente correlata con esperienze di vita negative (lutto, difficoltà economiche o
scolatiche ecc.), e come questi fattori sfavorevoli giochino un ruolo ancora più forte nei bambini e
negli adolescenti, che hanno un minore possibilità di “evitare la dipendenza da ambienti sfavorevoli”
(Guidetti, 2005).
•
Fattori temperamentali e di personalità. I fattori genetici e ambientali predispongono un individuo a
sviluppare depressione attraverso gli effetti che hanno sul temperamento e sulla personalità. È stato
dimostrato (Harrington, 2002) come alcune caratteristiche temperamentali, in particolar modo
l’emotività, siano associate alla depressione: stati emotivi troppo intensi possono avere conseguenze
debilitanti e disgregatrici. In alcuni casi, ci si deprime perché ci si sente impotenti di fronte alle
risposte ambientali, e ci si ritiene incapaci di modificare la situazione nella quale si è coinvolti.
Il rischio di depressione è sicuramente incrementato dalla presenza di pessimismo esagerato,
aspettative negative nei confronti dell’ambiente e per il futuro, bassa autostima e tendenza a
rimproverare se stessi.
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Fattori neurobiologici. Secondo “l’ipotesi delle ammine biologiche”, alla base della depressione ci
sarebbe uno squilibrio nella produzione delle neuroammine (serotonina e norepinefrina). In questo
disturbo sembra inoltre essere coinvolta l’azione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che media la
risposta allo stress attraverso il rilascio nel sangue di alcuni neuromodulatori. In particolar modo,
Guidetti (2005) afferma che l’esposizione prolungata a eventi stressanti è in grado di alterare la
trasmissione di alcuni neurotrasmettitori e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Una precoce
esposizione allo stress può produrre una compromissione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene tale da
determinare la sua successiva ipereccitabilità. Tale fenomeno è in qualche modo geneticamente
determinato, ed è solo quando alla vulnerabilità genetica si associa l’esposizione agli eventi
stressanti che si produce una risposta neurofisiologica aberrante in grado di produrre un effetto
clinicamente visibile.
TRATTAMENTO
Il miglior intervento terapeutico prevede un’integrazione tra psicoterapia e interventi farmaceutici, e si può
dividere in tre fasi successive:
1) Indurre il miglioramento dei sintomi e remissione dell’episodio depressivo;
2) Consolidare e mantenere la remissione per almeno 6 mesi;
3) Prevenire la ricaduta negli anni successivi.
Riferimenti Bibliografici:
Galimberti U., (1999). Dizionario di psicologia. Le garzantine. Garzanti Libri, Milano.
Guidetti V., (2005). Fondamenti di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Il Mulino, Bologna.
Harrington R,. (2002). Affective disorders, in Rutter e Taylor (2002), Pag. 463-485.
Rutter M., Taylor E. (2002). Child and adolescence Psychiatry. Oxford, Blackwell Science.
Cicchetti D., Tucker D., (1994). Development self-regulatory structures of the mind. In “Development and
psychopatology”, 6, Pag 533-549.