Test su nuove molecole per curare la depressione giovanile e

16 Gennaio 2010
SALUTE
E
Personal
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Test su nuove molecole per curare la depressione giovanile e progressi della psicoterapia
di Cristina Cimato
S
MILANO FINANZA
tudi su nuove molecole, sperimentazioni volte a rendere le terapie sempre mirate al singolo individuo, ma
anche passi avanti della psicoterapia e della chirurgia
per i casi più gravi. La ricerca investe energie nella
comprensione di una malattia insidiosa come la depressione
nei fanciulli e nei teenager, così come nella definizione di
cure risolutive e di approcci terapeutici integrati tra farmaci
e psicoterapia. I giovani abbattuti da una sconfitta o da un
dispiacere faticano spesso a muoversi nel dolore mentale e, se
colpiti da un disturbo depressivo intrecciato con un problema
di personalità, sono portati ad attuare comportamenti immediatamente reattivi di aggressione verso gli altri o se stessi.
Come dimostrano i recenti fatti di cronaca, la depressione
nei bambini e soprattutto negli adolescenti è un problema
sociale che può spingere, anche nei casi non estremamente
gravi, al suicidio, che rappresenta la seconda causa di morte
nella popolazione al di sotto dei 18 anni dopo gli incidenti
stradali. «Il disturbo depressivo colpisce dal 10 al 30% della
popolazione (circa 7-10% nei giovani), e in misura doppia le
donne. Questa proporzione si manifesta anche nella fascia di
età giovanile, ma in questo caso le ragazze si dimostrano più
capacità di tollerare il dolore mentale rispetto ai maschi», ha
spiegato Leo Nahon, direttore della struttura di psichiatria 3
all’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, «i casi in cui si
arriva a compiere azioni impulsive sono molto cambiati negli
ultimi decenni, soprattutto a causa del consumo di droghe e di
sostanze d’abuso, incluso l’alcol, che facilitano il corto circuito
verso il comportamento istintivo. Non solo, le sostanze spesso
fanno emergere un disturbo altrimenti latente o fanno sì che
si manifesti in modo più intenso». Se l’intervento precoce
passa principalmente dal rendere accessibili i servizi e i professionisti specificamente deputati ad aiutare i giovani, come
la onlus L’amico Charly che si occupa di prevenire il disagio
giovanile attuando progetti educativi, formativi e di assistenza
e sostegno verso gli adolescenti, il fenomeno va trattato nella
sua complessità. «Quasi sempre la depressione nei ragazzi è
collegata a un sottostante disturbo della personalità, come
quello narcisistico per esempio, ed è quindi spesso importante
intervenire, in modo oculato, con un supporto farmacologico con antidepressivi», ha aggiunto Nahon, «attualmente
Tenera
età?
sono disponibili sul mercato gli inibitori della ricaptazione
della serotonina, che bloccano il riassorbimento di questo
neurotrasmettitore che agisce sulla regolazione dell’umore
nel cervello. Si tratta di farmaci efficaci che agiscono un po’
lentamente ma possono rappresentare in molti casi un salvavita». Sono attualmente allo studio diverse molecole, con
l’obiettivo primario di migliorare la tollerabilità del farmaco,
ma anche testa di molecole che abbiano effetti più rapidi delle
tre-quattro settimane attuali. L’ultimo immesso sul mercato
in ordine di tempo è un farmaco con azione dopaminergica
e che quindi agisce sui neurotrasmettitori del piacere. «Un
nuovo antidepressivo in sperimentazione, l’agomelatina, si
lega invece ai recettori melatoninergici e si pensa possa avere
un’azione di riequilibrio dell’umore, utile quindi soprattutto
nei disturbi bipolari, in cui vi è un’alternanza tra umore
depresso ed euforico», ha spiegato lo psichiatra. La validità
dei farmaci è determinata dalla risposta genica, ossia del
singolo individuo. Per questo motivo sono allo studio per ora
sugli antipsicotici, ossia farmaci in uso per la schizofrenia,
kit che consentono con un test genetico piuttosto semplice
di dare informazioni sulla risposta e sulla tollerabilità che
il paziente avrà a un certo farmaco. «I farmaci nei ragazzi
vanno usati con molto scrupolo perché questi soggetti sono
molto sensibili agli antidepressivi e spesso, soprattutto
all’inizio della terapia, possono manifestarsi peggioramenti
dei sintomi», ha aggiunto Mario Savino, psichiatra consulente
presso l’istituto neurologico Carlo Besta e l’Istituto europeo
di oncologia, «un approccio che si è dimostrato valido nel
trattamento dei casi moderati è quello messo a punto a Pisa
dal professor Giovanni Battista Cassano, ossia quello della
psicoterapia interpersonale, un trattamento molto pratico e di
breve durata che aiuta a gestire meglio le energie dei giovani
pazienti e a riguadagnare immediatamente efficienza». La
definizione delle cause che predispongono alla depressione
rappresenta poi un filone di ricerca aperto e finora sono stati
individuati alcuni geni responsabili nel disturbo bipolare, ma
la sfida è quella di ottenere una rosa di geni coinvolti anche
per le altre forme depressive.
Il rischio inizia durante l’infanzia. Il 20-30% dei bambini
che approdano ai servizi di neuropsichiatria ha un problema
di depressione e le cause sono principalmente di tipo rela-
zionale o legate a eventi intercorsi nella loro vita come lutti,
una degenza ospedaliera o un cambiamento traumatico. «La
patologia depressiva che affiora durante l’infanzia purtroppo
tende a mentenersi anche in età adulta, e questo disturbo
nel bambino è solitamente associato ad altri, come l’ansia o
la difficoltà di apprendimento», ha commentato Carlo Lenti,
direttore della cattedra di neuropsichiatria infantile dell’Università di Milano, «nei piccoli non viene sempre scelta la terapia
farmacologica per le limitazioni imposte dalla normativa.
L’utilizzo degli antidepressivi nei bambini tra zero e 18 anni è
del 2,3 per mille, quindi più bassa rispetto ad altri paesi come
la Gran Bretagna, per esempio. «Nonostante la reticenza dei
medici in Italia, i dati più recenti divulgati durante l’ultimo
congresso dell’accademia americana di psichiatria pediatrica
a Honolulu hanno dimostrato una superiore efficacia del
farmaco rispetto alla psicoterapia», ha affermato Stefano
Vicari, primario di neuropsichiatria infantile all’ospedale
Bambino Gesì di Roma, «e quelli già disponibili sul mercato,
che aumentano il tono della serotonina, sono consigliabili
anche in ambito pediatrico».
Quando interviene la chirurgia. Nei disordini psicoaffettivi rappresenta la cosiddetta ultima spiaggia, ma
può rivelarsi fondamentale per salvare una vita altrimenti
destinata nella sofferenza. Per risolvere i casi più gravi, la
chirurgia permette di migliorare la condizione dei giovani
pazienti che manifestano resistenza ai farmaci. «Un primo
tipo di interventi che effettuiamo consiste nella stimolazione
cronica del nervo vago, deputato a dare ordini allo stomaco
e al cuore ma, se stimolato, anche al cervello. La risposta è
buona e il 70% delle persone trattate ha avuto un beneficio
importante. Nel mondo sono stati trattati finora circa 5-6.000
casi», ha commentato Giovanni Broggi, neurologo all’Istituto
neurologico Carlo Besta di Milano, dove lavora con l’équipe del
dottor Angelo Franzini e si avvale della consulenza di esperti
come la dottoressa Orsola Gambini dell’Ospedale San Paolo,
«più nuovo l’approccio della stimolazione profonda, una tecnica
che stimola diversi centri attraverso l’innesto di elettrodi nel
cervello. Si hanno finora risultati confortanti, anche se parziali
perché questa tecnica chirurgica è utilizzata da poco tempo».
Presso il Besta sono stati operati finora due pazienti per un
totale di 100 al mondo. (riproduzione riservata)