“fattori produttivi e distribuzioni del reddito” prof. mattia

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“FATTORI PRODUTTIVI E DISTRIBUZIONI DEL REDDITO”
PROF. MATTIA LETTIERI
Università Telematica Pegaso
Fattori produttivi e distribuzioni del reddito
Indice
1
I PREZZI DEI FATTORI PRODUTTIVI -------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA MASSIMIZZAZIONE DEL PROFITTO ---------------------------------------------------------------------------- 4
3
LA DOMANDA DI FATTORI VARIABILI ------------------------------------------------------------------------------ 6
4
EQUILIBRIO DI MERCATO ----------------------------------------------------------------------------------------------- 8
5
LA DISTRIBUZIONE PERSONALE DEL REDDITO --------------------------------------------------------------- 13
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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1 I prezzi dei fattori produttivi
Il fattore produttivo o input è un bene che entra nel processo di produzione di altri beni
Ma come si determinano i prezzi dei fattori produttivi?
Lo scambio dei fattori presenta la particolarità di essere strettamente collegato alla formazione del
reddito che gli individui percepiscono.
Ad esempio, il fattore lavoro ha un prezzo, salario, e i possessori di questo input generano il proprio
reddito vendendolo sul mercato a quel prezzo.
Lo studio della formazione dei prezzi sul mercato dei fattori è fortemente collegato con il problema
della distribuzione del reddito.
Esistono varie nozioni di distribuzione del reddito, tra queste, la distribuzione funzionale del
reddito, che studia come il reddito affluisce ai vari fattori che contribuiscono alla produzione.
Questo concetto, però, non corrisponde a ciò che comunemente si intende per distribuzione del
reddito.
Quindi, per distribuzione del reddito intendiamo il reddito che si suddivide fra vari individui,
concetto noto come distribuzione personale del reddito.
Ad esempio, un soggetto può disporre di un certo tempo da utilizzare per offrire il suo
lavoro sull’apposito mercato, ottenendo in cambio un salario, ma può, anche, ricavare il suo reddito
da un capannone da affittare ad un’impresa.
Vi sono due fattori remunerativi, in questo esempio, lavoro e capitale, ma un solo individuo
al quale affluisce il reddito.
Nel caso in cui si ritiene che il reddito di un individuo fornisca la misura del suo benessere si
dovrebbe prendere in considerazione la distribuzione personale.
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2 La massimizzazione del profitto
Per i fattori possiamo avere varie forme di mercato.
I mercati dei fattori sono in concorrenza perfetta, poiché i prezzi a cui le imprese acquistano
i fattori sono dati.
Occorre determinare la domanda individuale, e in questo caso, il soggetto che domanda non
è il consumatore ma il produttore.
La domanda di beni nasce dalle decisioni che il consumatore prende al fine di massimizzare
la propria utilità, la domanda di fattori nasce dalle decisioni che l’impresa prende al fine di
massimizzare il proprio profitto economico.
L’impresa realizza la massimizzazione del profitto scegliendo la quantità ottima di
produzione, e, che, data la funzione di produzione, ad ogni quantità corrisponde una combinazione
di fattori che la produce.
La quantità ottima di produzione identifica una combinazione ottima di fattori, cioè quella
che garantisce esattamente la produzione che l’impresa deve effettuare per massimizzare il profitto.
Nel caso in cui esiste un solo fattore variabile, la produzione ottima individuerà un livello ottimo di
impiego del fattore variabile.
Si potrebbe rappresentare le decisioni di massimizzazione del profitto tramite la scelta della
quantità ottima sia di produzione sia di impiego del fattore variabile, le due procedure sono
equivalenti.
La regola scelta, per individuare il livello di input variabile impiegato per massimizzare il profitto è:
l’impresa impiegherà la quantità di fattore variabile che garantisce l’eguaglianza fra il valore del
prodotto marginale ed il prezzo del fattore stesso.
Il valore del prodotto marginale è dato dal prezzo del bene prodotto e venduto dall’impresa
moltiplicato per il prodotto marginale del fattore considerato.
Impiegando una unità in più del fattore:

La produzione aumenterà del prodotto marginale, definito incremento di produzione
derivante dall’utilizzo di un’unità in più di input;

L’ammontare di produzione verrà venduto al prezzo di mercato, generando un ricavo
marginale, che corrisponde al valore del prodotto marginale.
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L’impiego di una unità in più di input costerà w euro in più. Nel decidere se aumentare
l’impiego del fattore, l’impresa dovrà confrontare il ricavo marginale con il costo marginale, finché
il primo sia maggiore al secondo. Quando il costo marginale risulta superiore al ricavo marginale,
occorrerà diminuire l’impiego.
Il punto ottimale sarà quello in cui il ricavo marginale ed il costo marginale sono eguali.
Nella figura n. 46, viene rappresentata graficamente tale scelta.
Il valore del prodotto marginale (VPMg) è decrescente, perché il prodotto marginale è
decrescente. Il costo marginale (w) è costante, perché un’unità in più di input costa sempre w euro.
Il punto di incontro fra le due rette dà il livello ottimo di impiego del fattore, indicato con L*, in
corrispondenza del quale si determina la quantità prodotta che massimizza il profitto.
w,VPMg
VPMg
w
Z
0
L*
L
Figura n. 46
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3 La domanda di fattori variabili
Nella figura n. 46, abbiamo individuato un punto di domanda: al prezzo w, l’impresa
domanda la quantità domandata varia anche essa, infatti osservando la figura n. 47, lo si può vedere
passando da w’ a w’’.
w,VPMg
w’
w
Z
w’’
0
L’
L*
L’’
L
Figura n. 47
La quantità domandata di fattore diminuisce all’aumentare del prezzo. Riportando le coppie di
valori prezzo-quantità, possiamo individuare una curva di domanda del fattore variabile, che ha
inclinazione negativa.
Nel nostro caso la curva di domanda è esattamente coincidente con la retta del valore marginale,
che indica per ogni livello di prezzo la quantità domandata di fattore, corrisponde esattamente alla
definizione di curva di domanda.
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Ottenuta la curva di domanda da parte della singola impresa di un fattore, è possibile sommare la
curva di domanda di lavoro di tutte le imprese, ottenendo la curva di domanda di mercato, figura n.
48.
w
D
0
L
Figura n. 48
Il processo di determinazione della domanda di un fattore variabile si applica a qualunque input, sia
che si tratti di lavoro, capitale ecc ..
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4 Equilibrio di mercato
Normalmente si individuano tre categorie di fattori:

Capitale, bene prodotto da imprese;

Terra e risorse naturali, risorsa primaria;

Lavoro, risorsa primaria.
Per il capitale, nell’ipotesi di concorrenza perfetta, la determinazione della curva di offerta
aggregata, segue l’analisi vista in precedenza, infatti, non vi è alcuna differenza fra la produzione e
la vendita di un bene destinato al consumo delle famiglie e di uno destinato all’investimento per le
imprese.
Non è del tutto chiaro, invece, cosa si debba intendere per risorse primarie. È difficile che un
processo produttivo adoperi un fattore senza che questo sia passato a sua volta attraverso una fase di
trasformazione.
Si può comunque pensare che l’offerta di terra e di altre risorse naturali sia più rigida poiché
esistono di solito in quantità date. È possibile, però, che vi sia una certa reazione dell’offerta al
prezzo. Ad esempio, se aumenta il prezzo della terra coltivabile può diventare conveniente
trasformare terreni aridi e costosi da lavorare, di modo che l’offerta diventi più ampia. Possiamo
attenderci anche in questo caso una curva di offerta con la consueta inclinazione negativa.
Il lavoro presenta la particolarità di essere un fattore non prodotto e non disponibile in natura, infatti
è offerto dalle famiglie ed è domandato dalle imprese.
Per determinare la curva di offerta di lavoro, possiamo: sottratte le ore da destinare alla
soddisfazione di bisogni fisiologici, dormire, mangiare, ogni individuo ha a disposizione un certo
ammontare di tempo che deve suddividere fra lavoro e tempo libero.
Il tempo libero per l’individuo è un bene, mentre il lavoro è una necessità, al fine di ottenere
un reddito.
All’aumentare del prezzo, salario, a cui un individuo riesce a vendere il fattore lavoro, aumenti
anche l’offerta di quest’ultimo.
Dovremmo attenderci, quindi, una curva di offerta di lavoro inclinata positivamente.
Secondo alcune indagine empiriche, però, la curva di offerta del lavoro ha una forma diversa da
quella tradizionalmente indicata. Il lavoro rappresenta un sacrificio di tempo libero, realizzato solo
al fine di ottenere un reddito; se aumenta il prezzo a cui l’individuo vende ciascuna ora di lavoro,
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può anche avere un reddito maggiore. I questo caso può accadere che oltre un certo livello di
remunerazione oraria, la curva di lavoro prenda un’inclinazione negativa, ovvero curvi all’indietro,
figura n. 49.
w
S
0
L
Figura n. 49
Questo caso particolare, da noi viene escluso.
Quindi, l’offerta aggregata di fattori, ottenuta tramite la somma delle offerte individuali avrà
l’andamento tradizionale, figura n. 50.
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w
S
Z
L
0
Figura n. 50
L’equilibrio sul mercato dei fattori variabili ha le stesse caratteristiche di quello del mercato dei
beni.
Nella rappresentazione grafica nella figura n. 51, viene determinato il prezzo e la quantità di
equilibrio, dove quantità di equilibrio significa livello di impiego aggregato del fattore.
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w
S
Z
w*
D
Z
0
L*
L
Figura n. 51
Un aumento dell’offerta di un fattore produttivo, spostamento della curva verso destra,
provocherà una diminuzione del suo prezzo.
Una diminuzione dell’offerta di un fattore produttivo, spostamento della curva verso sinistra,
comporterà un aumento del suo prezzo.
Quello che fino ad ora abbiamo chiamato prezzo del fattore, assume un nome diverso a seconda
dell’input considerato:

La determinazione del salario e del livello di occupazione, nel caso in cui si tratta del lavoro;

La determinazione dell’interesse e del livello di impiego del capitale, se si tratta del fattore
capitale;

La determinazione della rendita e del livello di impiego della terra, se si tratta del fattore
terra;

La determinazione del profitto e del livello di impiego dell’attività manageriale, se si tratta
del fattore attività manageriale.
L’equilibrio sul mercato dei vari fattori stabilisce la cosiddetta distribuzione funzionale del reddito,
ovvero la ripartizione del reddito fra i vari fattori produttivi.
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Indipendentemente da quale sia il prezzo di equilibrio vale sempre la regola per cui i fattori sono
remunerati in base alla loro produttività marginale, infatti lungo la curva di domanda dei fattori vale
l’eguaglianza fra prezzo del fattore e valore del prodotto marginale.
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5 La distribuzione personale del reddito
La distribuzione personale del reddito analizza quanto reddito affluisce ai vari soggetti
economici.
Ciascuno di essi sarà in possesso di uno o più fattori di produzione che vendendoli sul
mercato al prezzo prevalente acquisirà un determinato reddito.
Ai proprietari di imprese affluisce, anche, il profitto economico, che non corrisponde ad alcuna
remunerazione dei fattori.
Noi siamo interessati a sapere quanto reddito hanno a disposizione i soggetti economici
perché riteniamo che il reddito sia un indicatore del benessere.
Il consumatore tende a massimizzare la propria utilità, o benessere, dato il vincolo di
reddito, per cui maggiore è il reddito maggiore sarà l’utilità ottenuta dall’acquisto di beni.
Se vogliamo determinare il grado di benessere di una comunità di soggetti economici, città,
classe sociale, nazione, ecc .. , si deve individuare il metodo per avere informazioni sul reddito di
tutti questi soggetti.
Questo è quello che avviene tramite lo studio della distribuzione personale, individua,
infatti, il livello di reddito per ogni famiglia.
Dai dati della distribuzione si possono ottenere varie informazioni.
Si può, ad esempio, calcolare il reddito medio al fine di avere un indicatore generale del
benessere collettivo. Tuttavia, non è un indicatore molto attendibile, poiché molte famiglie possono
avere ub reddito estremamente diverso da quello medio, più alto o più basso, ed avere, quindi, un
livello di vita distante da quello suggerito dal reddito medio stesso.
Il reddito medio fornisce indizi approssimativi sul benessere generale.
Gli economisti utilizzano altri strumenti per formulare giudizi sul benessere collettivo di una
popolazione:

La diseguaglianza della distribuzione;

Il grado di povertà.
Una distribuzione del reddito è egualitaria se tutte le famiglie hanno più o meno lo stesso reddito,
ed è diseguale se alcune hanno redditi molto più elevati di altre.
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Gli economisti normalmente definiscono poveri coloro il cui reddito è inferiore ad un certo valore
minimo, ma vi è ampio disaccordo su come fissare questo minimo. Sono state proposte due
soluzioni:

Calcolare un indice di povertà assoluta;

Calcolare un indice di povertà relativa.
Nel caso di povertà assoluta il livello minimo di reddito viene calcolato tramite una ricerca
sul campo, in cui si stabilisce quanto una famigli deve spendere in beni di base come cibo,
abitazione ecc. per sopravvivere adeguatamente. Questo livello minimo non è costante nel tempo.
L’indice di povertà relativa per essere calcolato, si prende come reddito minimo il reddito
medio, o una frazione, ad esempio, tre quarti del reddito medio, e tutti coloro che presentano un
reddito inferiore a tale soglia possono essere considerati poveri.
La prima definizione di povertà è detta assoluta perché il reddito minimo non cambia al mutare del
reddito degli individui.
La seconda definizione di povertà è detta relativa perché il reddito minimo cambia se varia il
reddito degli individui.
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