Appunti di Catalisi Asimmetrica per il Corso di Metodi Innovativi in Catalisi Omogenea Questi appunti sono stati redatti per aiutare lo studente nello studio del Corso di Metodi Innovativi in Catalisi Omogenea, ma non possono essere considerati sostitutivi delle lezioni frontali, che rappresentano l’unico modo per acquisirne scopo e contenuto. il controllo sterico le funzioni coordinanti l'etichetta di fase M ruff @unina.it il building block di origine naturale Docente: Francesco Ruffo Introduzione La chiralità, vale a dire la proprietà di un oggetto di non essere sovrapponibile alla sua immagine speculare, è ubiquitaria nel nostro Universo, ed è centrale nei sistemi viventi. L’affascinante chimica della vita è infatti basata su interazioni asimmetriche, che coinvolgono spesso entità altamente organizzate, come gli enzimi. Queste molecole sono in grado di selezionare substrati attraverso un riconoscimento chirale, e, quindi, un ampio numero di molecole biologicamente attive, come aminoacidi, carboidrati e vitamine, esistono come singoli enantiomeri. Lo stesso concetto vale per i principali prodotti artificiali, quali i farmaci, i composti agrochimici, gli aromi e le fragranze, preparati in larga scala dalla moderna industria chimica. In questi casi, solo un enantiomero ha le proprietà biologiche desiderate, mentre la sua immagine speculare non ha alcun effetto, o, peggio, attività indesiderata. Per esempio, l’(S)asparagina è amara, mentre la (R)-asparagina è dolce, l’(R)-limonene sa di arancia, mentre il suo enantiomero ha sapore di limone (Figura I.1). O H2N (S) O O OH NH2 (S)-asparagina H2N (R) O (R) (S) OH NH2 (R)-asparagina H2C CH3 (R)-limonene H2C CH3 (S)-limonene Figura I.1 Ovviamente questi comportamenti non sono affatto problematici, e possono essere considerati come semplice curiosità, a dispetto di quanto riscontrato negli anni Sessanta a carico del farmaco chirale commercializzato col nome di Talidomide. In quel periodo, i farmaci chirali erano di solito venduti come miscele raceme (vale a dire contenenti ambedue gli enantiomeri in ugual quantità), anche se era già noto che solo uno di essi era dotato di attività terapeutica. La Talidomide era usata per risolvere problemi di nausea e vomito durante la gravidanza. Purtroppo, diverse donne, in seguito alla sua assunzione, hanno dato alla luce bambini seriamente malati. Si è subito capito che questo grave problema era causato dalla tremenda differenza di attività tra i due enantiomeri (Figura I.2): mentre uno era effettivamente lenitivo del vomito e della nausea, la sua immagine speculare risultava altamente teratogena. 2 O O N O N O NH O NH O O O S-talidomide R-talidomide Figura I.2 La scoperta ebbe un impatto devastante non solo sulla comunità scientifica, ma anche sull'opinione pubblica, e determinò una svolta importante nella manifattura dei composti chirali. Furono introdotte nuove e severe norme, tuttora valide, che richiedono la valutazione separata dei due enantiomeri di un composto biologicamente attivo prima della sua approvazione come farmaco. Questa disposizione ha, di fatto, gravemente sfavorito la commercializzazione di farmaci in forma racema, dando grande impulso allo sviluppo di sintesi enantioselettive per la produzione di composti enantiopuri. Oggi, sono quattro gli approcci generalmente perseguiti per il loro ottenimento, e tutti si basano sulla considerazione che un composto chirale può essere prodotto artificialmente solo in presenza di un altro agente chirale (Figura I.3). catalisi asimmetrica separazione di diastereomeri sintesi asimmetrica uso di "building block" chirali Figura I.3 La prima strategia è la separazione di enantiomeri attraverso la risoluzione di diastereoisomeri, vale a dire isomeri che non sono immagini speculari, e quindi hanno differenti proprietà fisiche. Questo metodo (Figura I.4) prevede di realizzare una reazione che conduce a una miscela equimolare di enantiomeri (i fusilli). A questa è aggiunto un agente risolvente chirale (il cucchiaio elicoidale), che determina la cristallizzazione selettiva di un sale diastereoisomerico (nell’esempio è l’l-fusillo,l-cucchiaio), dal quale è successivamente possibile ricavare l’enantiomero desiderato. + reattore l-fusillo + d-fusillo l-fusillo, l-cucchiaio d-fusillo Figura I.4 Con questa tecnica sono tuttora prodotti numerosi farmaci chirali, con una percentuale stimata 3 intorno al 50% del totale. Per esempio, nella sintesi della sertralina, noto antidepressivo, gli enantiomeri sono risolti aggiungendo acido mandelico alla fine del processo (Figura I.5). NHMe NHMe HO Cl H CO2H Cl Cl Cl acido mandelico sertralina Figura I.5 Questa metodologia si avvale di tecniche automatizzate di HPLC chirale, che possono essere utilmente applicate alla produzione su larga scala. I suoi principali svantaggi sono il notevole uso di solventi e la presenza di una quantità equimolare di un enantiomero con la configurazione indesiderata, che deve essere riciclato o eliminato. La seconda strategia è quella che sfrutta la chiralità intrinseca di molecole naturali per produrre i prodotti desiderati (Figura I.6). reagente “naturalmente” chirale prodotto chirale Figura I.6 I “building block” di origine naturale possono essere scelti all'interno di una vasta gamma di categorie, che comprendono carboidrati, aminoacidi, terpeni, idrossiacidi e alcaloidi. Un esempio è la sintesi di un erbicida a partire da un ben noto idrossiacido di origine naturale, l’acido lattico (Figura I.7). Dopo la conversione a mesilato, una singola inversione fornisce il prodotto desiderato con configurazione (R). HO (S) i-PrO2C CH3 H Cl CH3SO3 (S) i-PrO2C CH3 H F O N (R) i-PrO2C H CH3 Figura I.7 Questo approccio è spesso limitato dalla scarsa disponibilità del materiale di partenza, e quindi di solito è utile per produzioni su piccola scala. La terza strategia è la sintesi asimmetrica (Figura I.8). In questo caso, un adeguato ausiliare 4 chirale è legato covalentemente a un substrato per guidare la formazione del centro stereogenico desiderato in un passaggio successivo. L’ausiliare non resta incorporato nella molecola finale, ma è rimosso dopo la formazione del centro chirale. + ausiliare chirale substrato + ausiliare chirale prodotto chirale Figura I.8 Ad esempio, un metodo generale per la sintesi di β-amminoacidi (Figura I.9) comporta addizione di metilbenzilammide chirale a un enone con formazione dello stereocentro desiderato. Dopo il “quenching” del risultante enolato, l'ausiliare chirale è rimosso per riduzione. Naturalmente, questo approccio presenta lo svantaggio che sono necessari passaggi addizionali per l’attacco e la successiva rimozione dell'ausiliare chirale. Ph N Ph O Ph + Ph OBu Ph Ph ausiliare chirale N NH2 O O OBu Ph OBu β-amminoacido Figura I.9 Infine, il quarto approccio è quello della catalisi asimmetrica, per molti aspetti, la più elegante. In questo caso, molecole di partenza, prochirali o in miscela racema, vengono convertiti in prodotti enantiopuri con l'aiuto di una piccola quantità di un adatto catalizzatore chirale (Figura I.10). catalizzatore chirale Figura I.10 5 Il grande beneficio economico è che il controllo della stereochimica richiede una piccola quantità di ausiliare chirale, perché le prestazioni dei catalizzatori spesso consentono di usare rapporti catalizzatore/substrato molto piccoli. I catalizzatori possono essere sintetici (chemocatalizzatori) o di origine naturale (biocatalizzatori). In questo ambito, sarà prestata particolare attenzione ai primi (d’ora in poi indicati col nome generico di catalizzatori), anche se sono note molte reazioni enzimatiche di utilità sintetica che procedono con grande efficienza. Un catalizzatore può essere un complesso metallico omogeneo con leganti chirali, una specie metallica eterogenea modificata con ausiliari chirali, o una specie acido/base organica chirale. La prima pietra miliare nella storia delle catalisi asimmetrica risale al 1912, quando fu descritta l’addizione enantioselettiva di HCN alla benzaldeide in presenza di chinina come catalizzatore chirale. Anche se l'eccesso enantiomerico risultò essere molto basso, questo esperimento dimostrò per la prima volta la fattibilità di tale strategia (Figura I.11). OH H NC CHO CH2 CH OH + H CN CH3O N chinina Figura I.11 Nel 1940 fu riportato il primo esempio di modifica di un catalizzatore eterogeneo con un ausiliare chirale, e un doppio legame C=N fu idrogenato in modo asimmetrico usando nero di platino trattato con acidi chirali (Figura I.12). H3 C NOH + H2 Ph NHOH H3 C Ph Figura I.12 Questo lavoro pionieristico motivò la ricerca nel settore, e ben presto altri utili catalizzatori eterogenei furono preparati e usati con successo nell’idrogenazione di molecole insature. I primi esempi di reazioni asimmetriche catalizzate da complessi metallici omogenei risalgono invece al 1966 e al 1968, e riguardano, rispettivamente, la ciclopropanazione di alcheni con complessi di rame contenenti basi di Schiff , e l'idrogenazione di enammidi con specie fosfiniche di rodio (Figura I.13). 6 Ph Ph + N2CHCO2Et N O Cu O N -N2 Ph CO2Et Ph catalizzatori CO2H Ph CO2H + H2 NHCOCH3 Ph Ar P L Rh L P Ph Ar Ph NHCOCH3 Figura I.13 Le prime rese ottiche furono insoddisfacenti, ma migliorarono molto rapidamente, e già nei primi anni ‘70 fu raggiunto un eccesso enantiomerico del 95% nell’idrogenazione di enammidi, usando un complesso di rodio coordinato a una difosfina chirale, oggi universalmente chiamata DIPAMP (Figura I.14). CO2H CO2H NHCOCH3 + H 2 NHCOCH3 P CH3O OCH3 OCH3 H3CO CH3O P OCH3 DIPAMP Figura I.14 Questa reazione fu rapidamente portata su scala industriale dalla Monsanto, per la produzione di L-dopa, il farmaco usato contro il morbo di Parkinson. I risultati impressionarono e stimolarono la comunità scientifica, e nuovi catalizzatori omogenei furono descritti e applicati con successo in tutti le più importanti reazioni organiche. Fino al 1985 solo pochi catalizzatori erano in grado di offrire enantioselettività superiori all’85%. Ora, un gran numero di essi sono in grado di produrre ee vicino al 100%, grazie anche al contributo di illustri scienziati, quali Jacobsen, Katsuki, Trost, Knowles, Noyori e Sharpless. Nel 2001 Noyori, Sharpless e Knowles sono stati insigniti del Premio Nobel, a riconoscimento dell’importante lavoro svolto. Di conseguenza, l'interesse industriale verso la catalisi omogenea enantioselettiva è cresciuta negli anni, e diverse reazioni sono ora applicate per l’ottenimento di prodotti di chimica fine. Alcuni esempi sono riportati in Tabella: 7 prodotto catalizzatore scala compagnia mentolo Rh-binap >1000 t/y Takasako aspartame Rh-eniphos >1000 t/y Enichem vitamina E Ru-binap 300 t/y Takasago glicidolo Os-cincona > 1 t/y PPG-Sipsy carbapenem Ru-tolbinap 100 t/y Takasago epossidi Mn-salen piccola Merck/Chirex solfossidi Ti-tartrate piccola Lonza Tuttavia, la sensazione è che ancora oggi la catalisi asimmetrica contribuisca alla produzione complessiva di sostanze chimiche chirali in misura inferiore alle sue potenzialità, e che la sua produzione industriale possa essere notevolmente implementata. Naturalmente, molti sono i fattori critici che determinano la fattibilità industriale di un processo enantioselettivo. Tra questi, gli aspetti di natura chimica sono: - l’enantioselettività; - la chemoselettività e/o la tolleranza ai gruppi funzionali, molto importanti in presenza di substrati con più funzioni in grado di reagire; - la produttività, espressa in TON, vale a dire il numero di molecole di substrato convertite per sito catalitico; - l'attività, espressa in TOF, cioè il numero di molecole di substrato convertite per sito catalitico nell’unità di tempo. Per esempio, per essere adatto alla produzione industriale di un farmaco chirale, l’ee deve essere superiore al 90%, mentre un ee dell’80% può già essere sufficiente per la produzione di composti agrochimici. Invece, la produttività e l'attività devono essere maggiori di 1000 e 500 h-1, e maggiori di 50000 e 10000 h-1, rispettivamente per le produzioni su piccola e larga scala. Siffatte elevate prestazioni possono essere ottenute solo combinando adatta progettazione dei catalizzatori con adeguate condizioni di reazione. Nel corso dei prossimi capitoli, dopo uno sguardo generale alle definizioni importanti nel dizionario della catalisi asimmetrica (Capitolo 1), verranno presi in considerazione proprio gli aspetti principali relativi alla realizzazione di un efficiente processo di catalisi asimmetrica. Nell’ordine, saranno quindi descritti i più semplici modi per ottenere enantioselezione (Capitolo 2), le classiche modalità di attivazione di substrati nell’ambito di processi catalitici (Capitolo 3), e il funzionamento stereochimico di importanti classi di catalizzatori asimmetrici (Capitolo 4). 8 1. La chiralità: definizioni 1.1 Unità stereogeniche. Gli isomeri costituzionali sono quelli che differiscono nella connettività degli atomi (senza alcuna distinzione che deriva dalla loro disposizione spaziale). Esempi sono l’acetone, CH3C(O)CH3 e l’alcol etilico CH3CH2OH. Gli stereoisomeri sono isomeri che possiedono identica costituzione, ma differiscono per l’arrangiamento dei loro atomi nello spazio. Tra questi si distinguono gli enantiomeri e i diastereoisomeri. Gli enantiomeri sono una coppia di isomeri, ciascuna immagine speculare dell’altra, non sovrapponibili. In questo caso, la molecola gode della proprietà geometrica definita chiralità. Dal punto di vista della simmetria, le strutture chirali sono caratterizzate dall’assenza di assi di rotazione impropria (Sn, di cui il piano di riflessione, S1, e il centro di inversione, S2, sono casi speciali). Per esempio, molecole appartenenti a gruppi di simmetria Cn o Dn sono appunto chirali. I diastereoisomeri sono invece stereoisomeri non sovrapponibili e non relazionati dalla simmetria speculare. Tutte le molecole chirali contengono ben definite unità stereogeniche, che rappresentano la più piccola porzione di una struttura capace di renderla non sovrapponibile alla sua immagine speculare. Va comunque rilevato che la presenza di una unità stereogenica è di per sé una condizione insufficiente per il manifestarsi della chiralità. L’unità che si incontra più frequentemente (Figura 1.1) è un centro sp3 con quattro diversi sostituenti. I composti contenenti tale requisito sono spesso denominati centrochirali e il centro è indicato come unità centrochirale o centro stereogenico. asse NMe2 PPh2 O O H2N (R) (S) OH HO Me Me (R)-alanina NH2 (S)-alanina Unità Centrochirale PPh2 Fe PPh2 (R)-BINAP (M)-esaelicene Unità Assiale Chirale Unità Elicoidale (R)-ferrocenil fosfina Unità Planare Chirale Figura 1.1 Un altro tipo di unità stereogenica è l’unità assiale chirale, associata a un asse stereogenico, come nel caso della molecola BINAP di Figura 1. 9 E’ poi possibile la presenza di una unità elicoidale chirale, che definisce un’elica chirale, di cui ne è esempio l’elicene di Figura 1.1. Ancora, si può manifestare la presenza di unità planare chirale, associata quest’ultima a un piano stereogenico, come quello riscontrabile nella ferrocenil fosfina di Figura 1.1. Va notato che se le immagini speculari non sovrapponibili di un composto si interconvertono a temperatura ambiente attraverso un cambio conformazionale, allora il composto esiste come miscela racema, e non mostra attività ottica, a dispetto della presenza di una conformazione chirale. Esempi (Figura 1.2) sono la cis-decalina, che interconverte per inversione di anello, e l’1,1– binaftile, che può agevolmente ruotare lungo il legame assiale. cis-decalina 1,1-binaftile Figura 1.2 Centrochiralità. Il più comune centro stereogenico è un atomo di carbonio con ibridazione sp3 legato a quattro sostituenti diversi. Questi ultimi possono disporsi in due modi possibili facendo sì che le due strutture risultanti siano immagini speculari non sovrapponibili (enantiomeri). Le configurazioni dei centri stereogenici sono assegnate seguendo le regole di Cahn-Ingold e Prelog. Un altro esempio è fornito dalla prolina (Figura 1.3), un amminoacido naturale usato con successo in sintesi asimmetrica. (R) OMe H N O (R) O OH HO H N N (S) (S) t-Bu (R)-prolina (S)-prolina O O (R) (S) (S) Ph N (S) t-Bu (S,S)-t-Bu-box Ph N (S) (R) (R) OH N (R,R)-Ph-bod (-)-chinina Figura 1.3 Alcuni composti possono presentare più di un centro stereogenico, come nel caso dei due leganti (S,S)-t-Bu-box e (R,R)-Ph-bod, illustrati in Figura 1.3. Tali leganti, come molti altri della stessa tipologia, sono molto apprezzati in catalisi asimmetrica a causa della loro simmetria C2, che, come risulterà più chiaro in seguito, riduce il numero di modi di coordinazione e di stati di transizione, rendendo più semplice la progettazione dei catalizzatori e l’interpretazione dei risultati. Un esempio di molecola dotata di un numero ancora maggiore di stereo centri, e ancora 10 largamente usata in catalisi asimmetrica, è quello della chinina (Figura 1.3), dotata di ben 5 unità centrochirali. Unità centrochirali possono essere generate anche da atomi diversi dal carbonio, come silicio, azoto, fosforo e zolfo. In pratica, però, solo quelle stabili configurazionalmente sono definibili come unità centrochirali. Pertanto, molecole chirali contenenti azoto come centro stereogenico sono in numero estremamente ridotto, dato che atomi di azoto ibridizzati sp3 e con quattro diversi sostituenti (la coppia solitaria può essere considerata alla stregua di un sostituente) danno tipicamente luogo a rapida interconversione tra gli enantiomeri attraverso inversione dell’ombrello. Esempi di ammine stabili configurazionalmente sono le ossaziridine (Figura 1.4), rese tali dalla presenza di un piccolo ciclo. Inoltre, l’azoto può diventare configurazionalmente stabile qualora la coppia solitaria sia legata a un centro elettrofilo, come nel caso di sali di ammonio quaternari, di N-ossidi o di centri metallici (Figura 1.4). R2 R3 O ossaziridine R1 N ON+ R1 R3 R2 N-ossidi R4 N+ R1 R3 R2 sali di ammonio M N R1 R3 R2 complessi Figura 1.4 Nel caso del silicio esiste un certo numero di silani chirali, come quelli illustrati in Figura 1.5. R4 Si R1 R3 R2 silano Si Ph Me silano chirale PhCH2 H Si Ph Me idrosilano chirale Figura 1.5 Centri stereogenici al fosforo e allo zolfo presentano invece barriera energetica all’inversione molto più alta di quella dell’azoto. Di conseguenza, questi atomi costituiscono unità centrochirali qualora sostituiti con quattro diversi sostituenti (anche in questo caso la coppia solitaria vale come sostituente). Le fosfine chirali con centro stereogenico al fosforo, come CAMP e DIPAMP (Figura 1.6), sono di importanza strategica quali leganti in catalisi asimmetrica. 11 OMe MeO R1 P R 3 R2 fosfine P Ph P (R) P Ph (R) MeO Me (+)-CAMP (R,R)-DIPAMP Figura 1.6 Composti con centro stereogenico allo zolfo includono, tra gli altri, i solfossidi (Figura 1.7), che sono considerati molto importanti dalla industria farmaceutica e presentano importanti applicazioni in catalisi asimmetrica. A questo proposito, basti citare l’Omeprazolo e l’Esomeprazolo (Figura 1.7), principi attivi rispettivamente dei farmaci anti-ulcera Prilosec e Nexium, prodotti dalla AstraZeneca. Nel solo 2000 la commercializzazione del primo ha procurato un fatturato di 6.2 miliardi di dollari. MeO S R1 R2 O O Me S N H omeprazolo solfossidi t-Bu N O S N N Me Siam O N S t-Bu OMe Me MeO NO Me S N H esomeprazolo OMe Me Me Ph Me Ph N S S N O O BISOX Figura 1.7 Per quel che riguarda invece l’uso in catalisi asimmetrica, esempi di solfossidi chirali usati come leganti sono Siam e BISOX di Figura 1.7. Anche centri metallici possono diventare unità centrochirali, e non solo qualora essi presentino quattro sostituenti. Infatti, è possibile l’ottenimento di enantiomeri per molte comune geometrie di coordinazione, quali il tetraedro, la bipiramide trigonale, la piramide a base quadrata e l’ottaedro, eccezion fatta per la quadrato-planare. Addirittura, per alti numeri di coordinazione il numero dei possibili stereoisomeri può essere molto elevato, e arrivare a 20, 30 e 30, rispettivamente per la bipiramide trigonale, la piramide a base quadrata e l’ottaedro, qualora tutti i sostituenti siano diversi (Figura 1.8). 12 identiche 1 2 M 4 3 enantiomeri enantiomeri 1 2 M 4 3 quadrato-planare 1 4 4 M 3 3 M 5 5 2 2 1 1 5 M 2 4 3 bipiramide trigonale Fe Ph3P 1 2 M 5 4 3 enantiomeri 1 3 5 M 4 6 2 1 3 5 M 4 6 2 ottaedro piramide a base quadrata + OH2 H3N CN Co H2O CN NH3 Me CO O Figura 1.8 Come nel caso delle unità centrochirali tetraedriche, non è necessario che uno o più leganti siano chirali al fine di ottenere centrochiralità al centro metallico. Un esempio è relativo al complesso acilico di ferro di Figura 1.8, che può essere considerato a geometria pseudo-tetraedrica a configurazione (S). Anche nel caso di complessi a geometria bipiramidale trigonale è possibile l’ottenimento di enantiomeri, sebbene la loro applicabilità sia in genere limitata dalla instabilità configurazionale dovuta alle dinamiche intermolecolari (per esempio la pseudorotazione di Berry). Al contrario, i complessi ottaedrici sono di gran lunga più stabili configurazionalmente, il che ne ha consentito l’isolamento di numerose specie sotto forma di enantiomeri puri. Un esempio è il complesso di Co illustrato in Figura 1.8. Da osservare che in questo caso il metallo è centrochirale anche nel caso alcuni leganti siano identici. In presenza di leganti bidentati è possibile avere chiralità anche se tutti i leganti sono identici, a causa dell’arrangiamento elicoidale che questi ultimi possono assumere nel complesso. La Figura 1.9 mostra schematicamente i due enantiomeri che si hanno nel caso di un complesso tris(chelato). Le etichette configurazionali ∆ e Λ sono assegnate a seconda che i leganti diano vita a un’elica destrogira o levogira, qualora il complesso sia osservato lungo (l’unico) asse C3 in esso presente. N M M ∆ Λ N ∆ Λ N 2+ N N N Fe Fe N N ∆ 2+ N N N N Λ Figura 1.9 13 Un esempio reale è fornito dal catione [Fe(2,2’-bipiridile)]2+, i cui enantiomeri sono ancora illustrati in Figura 1.9. Uno stereoisomerismo addizionale si può avere con l’etilendiammina (H2NCH2CH2NH2) o altri leganti bidentati NON planari, come mostrato dalla Figura 1.10. H2 H2N 3+ N Co N H2 H2N NH2 H2N NH2 H2N ∆ NH2 H 2 3+ N Co N H NH2 2 H2 N H2 N N H2 N H2 M M δ Λ λ Figura 1.10 Infatti, oltre alla chiralità generale del complesso di tipo ∆ e Λ, ciascun legante bidentato può assumere conformazione δ (twist destrogiro) o λ (twist levogiro). L’insieme di tutte le possibilità, tra loro combinate, dà luogo a quattro coppie di enantiomeri, così distinguibili: ∆ (δ,δ,δ) Λ (λ,λ,λ) ∆ (δ,δ,λ) Λ (λ,λ,δ) ∆ (δ,λ,λ) Λ (λ,δ,δ) ∆ (λ,λ,λ) Λ (δ,δ,δ) In genere, se il legante bidentato è chirale, si osserva una netta preferenza per una conformazione δ o λ, altrimenti è possibile la formazione di tutte le specie appena descritte. In linea di principio, complessi con metalli centrochirali dovrebbero essere particolarmente utili in catalisi asimmetrica, dal momento che il centro metallico gioca un ruolo dominante sul decorso della reazione. Tuttavia, spesso questa situazione non sempre è la più vantaggiosa perché è accompagnata da una serie di controindicazioni, quali (i) la difficoltà di ottenere un metallo centrochirale, (ii) la sua instabilità configurazionale, e (iii) la possibile difficoltà di trasmissione dell’informazione chirale ai substrati reagenti. Ad esempio, i complessi metallici, come già fatto notare precedentemente nel caso di quelli a geometria bipiramidale trigonale, possono essere coinvolti in numerosi riarrangiamenti intramolecolari che determinano la racemizzazione del metallo centrochirale. Lo stesso effetto indesiderato può verificarsi attraverso scambio di posizione di leganti mediante meccanismi dissociativi/associativi. Inoltre, le unità metalliche centrochirali sono spesso distanti dai centri interessati dalla reazione. Per esempio, mentre l’ossigeno di un gruppo carbonilico potrebbe ben risentire della chiralità del 14 metallo perchè a esso direttamente legato, l’atomo di carbonio dello stesso gruppo carbonilico risentirebbe invece maggiormente di un eventuale intorno asimmetrico creato da un legante chirale. Pertanto, in catalisi asimmetrica spesso è più semplice ed efficace introdurre l’informazione chirale mediante un legante chirale, che, in seguito, per esempio, alla coordinazione di un substrato prochirale, porta alla formazione di complessi metallici diastereoisomerici dei quali uno risulterà più stabile e/o più reattivo. Chiralità assiale. Come già anticipato, i composti a chiralità assiale sono dotati dell’unità assiale chirale associata a un asse stereogenico, vale a dire un asse su cui quattro sostituenti si svolgono in una disposizione che non è sovrapponibile alla propria immagine speculare. Tipici esempi sono i diarili e gli alleni (Figura 1.11). OH 1 OH R1 R1 asse chirale R2 R2 bifenili asse R1 chirale C R2 C 2 (S)-BINOL (P) R2 R1 alleni H C Cl 3 OH 4 C HO 2 H H Cl 3 Cl 4 H (R)-1,3-dicloro1,3-propadiene (M) Cl 1 Figura 1.11 Sebbene questi composti appaiano come tetraedri “espansi”, la perdita dell’asse di simmetria C3 comporta il fatto che non sia necessario avere i quattro ipotetici sostituenti diversi. E’ invece sufficiente che lo sia ciascuna coppia in ognuna delle estremità (R1≠R2). L’assegnazione della configurazione nei composti a chiralità assiale è fatta attraverso una convenzione derivata da quella di Cahn, Ingold e Prelog, secondo la quale, osservando la molecola lungo l’asse chirale, i gruppi più vicini precedono quelli più lontano. Se i tre gruppi a proprietà maggiore sono disposti in senso orario, allora la configurazione è (aR). Altrimenti, la configurazione è (aS). Il prefisso a (comunque facoltativo) specifica che si tratta di chiralità assiale. Le proiezioni dei composti lungo l’asse chirale danno luogo alla stessa configurazione, indipendentemente dal lato di osservazione. Alternativamente, le molecole con assi chirali possono essere anche viste come eliche, e allora 15 le loro configurazioni possono essere definite rispettivamente come (P) o (M). Il primo simbolo sta per plus, e indica il movimento destrogiro che bisogna compiere qualora per andare dal sostituente vicino a maggior priorità (1) a quello lontano a maggior priorità (3) bisogna compiere una rotazione oraria, come nell’esempio dell’(S)-BINOL (Figura 1.11). Vice versa, il simbolo (M) denota che lo stesso movimento deve essere compiuto in rotazione levogira, come per l’(R)-1,3-dicloro-1,2propadiene di Figura 11. I diarili rotazionalmente ingombrati sono tra i composti chirali più usati, sia come reagenti, sia come leganti per catalizzatori. In linea di principio, i due enantiomeri possono interconvertirsi per semplice rotazione lungo l’asse C-C, e, pertanto sono isomeri conformazionali (Figura 1.12). R2 R1 R2 R1 R2 R1 R2 R2 R2 R1 R1 R1 enantiomero (M) enantiomero (P) Figura 1.12 In questo caso i due enantiomeri sono indicati come atropoisomeri. Se la rotazione è sufficientemente impedita, allora l’unità assiale chirale può essere stabile anche a temperatura ambiente. Tipicamente, perchè ciò avvenga, è sufficiente che i due anelli siano sostituiti nelle quattro posizioni orto. Invece, non sono isomeri conformazionali gli alleni (Figura 11), i quali sono dieni cumulati, e, come tutti i dieni cumulati a numero di atomi di carbonio dispari, sono potenzialmente dotati di chiralità assiale. Chiralità elicoidale. I composti che presentano questo tipo di chiralità non sono dotati di una specifica unità stereogenica, come un centro, un asse o un piano. Piuttosto, la chiralità proviene dalla struttura tridimensionale in sé. I composti a chiralità elicoidale sono rari. Esempi ne sono l’esaelicene e il legante chirale Phelix di Figura 1.13. Ph2P (M)-esaelicene PPh2 Phelix Figura 1.13 Le configurazioni sono assegnate con i descrittori (P) e (M), che nuovamente denotano un 16 avvitamento rispettivamente destro- o levo-giro. Chiralità planare. Per presentare chiralità planare un composto deve possedere un piano definito da atomi appartenenti alla molecola (piano chirale) e almeno un altro sostituente al di fuori di questo. Tipici composti con chiralità planare presentano due anelli non coplanari sostituiti in modo asimmetrico con rotazione impedita lungo l’asse che li collega (Figura 1.14). OC Me OC Cr CO PPh2 Cl Ti Me Cl PPh2 Me complesso di Cr η6 (ebthi)2TiCl2 (R)-[2.2]PHANEPHOS Figura 1.14 Anche per questi composti sono definiti descrittori, (pR) e (pS). Tuttavia, la più complessa procedura di assegnazione non viene qui esposta in dettaglio. 1.2 Enantiomeri e diastereoisomeri Composti enantiopuri e racemati. Come ben noto, i composti chirali esistono sotto forma di due enantiomeri, vale a dire due immagini speculari non sovrapponibili. Se un composto esiste come unico enantiomero, esso allora è definito come enantiomericamente puro o omochirale. Se esiste come miscela 1:1 dei due enantiomeri, allora è un racemo. La conversione di un singolo enantiomero nel suo racemo è definita racemizzazione, mentre la conversione di un enantiomero nell’altro è detta enantiomerizzazione. Miscele di enantiomeri in rapporto diverso da 1:1 sono indicate come enantiomericamente arricchite. L’abbondanza relativa dei due enantiomeri viene spesso espressa attraverso l’eccesso enantiomerico (equazione 1), o il rapporto enantiomerico (equazione 2). (ent 1) - (ent 2) . (attività ottica della miscela) . eccesso purezza = 100 = ottica = 100 enantiomerico(%) (ent 1) + (ent 2) (attività ottica del singolo) equazione 1 K(ent 1) -∆G/RT rapporto = (ent 1) =e = enantiomerico (ent 2) K(ent 2) ∆G= GTS1 - GTS2 equazione 2 17 I significati di K, ∆G e GTS saranno chiariti in seguito. Si anticipa solo il fatto che essi sono legati ai valori delle energie di attivazione di processi che prevedono la formazione dei due enantiomeri a partire da reagenti allo stesso livello energetico. Diastereoisomeri. Isomeri che non sono enantiomeri (immagini speculari) sono diastereoisomeri. Esempi sono il cis-2-butene e il trans-2-butene (Figura 1.15), ma anche composti che presentano due tra le unità stereogeniche descritte nelle sezioni precedenti. Me H diastereoisomeri OC OC Me Cr PCy2 PPh2 CO Me Fe OAc HO cis-2-butene JOSIPHOS unità centrochirale + unità chirale planare trans-2-butene complesso di Cr η6 unità assiale chirale + unità chirale planare enantiomeri a simmetria C2 HO H CO2H (R) H HO2C (S) (R) HO H CO2H HO2C OH (S) OH H diastereoisomeri diastereoisomeri H OH (S) HO CO2H HO HO2C (S) (R) H H (R) CO2H HO2C H OH identici (composto meso) acido tartarico Figura 1.15 Il numero di isomeri possibile per un dato isomero costituzionale è minore o uguale a 2n, dove n rappresenta il numero di unità stereogeniche. Per esempio, l’acido tartarico, che contiene due unità centrochirali, per motivi di simmetria dà luogo a solo tre isomeri. Due di essi, (R,R) e (S,S) sono enantiomeri, mentre l’(R,S) non è l’immagine speculare di nessuno dei primi due, e quindi è un loro diastereoisomero. Non tutti i diastereoisomeri sono necessariamente chirali. Un esempio è proprio fornito 18 dall’acido (R,S)-tartarico, che ha un piano di simmetria, e, pertanto, è definito come composto meso. Altri esempi di diastereoisomeri sono quelli del legante JOSIPHOS, che presenta la combinazione di una unità centrochirale e una planare chirale, o il complesso arenico di cromo, in cui si distinguono l’unità assiale chirale e l’unità planare chirale (Figura 1.15). Come nel caso dei diastereoisomeri, è possibile definire l’abbondanza dei diastereoisomeri presenti in una miscela attraverso sia l’eccesso diastereoisomerico (Equazione 3) sia il rapporto diastereoisomerico (Equazione 4). (dias 1) - (dias 2) . eccesso diastereoisomerico(%) = (dias 1) + (dias 2) 100 Equazione 3 (dias 1) K(dias 1) -∆G/RT rapporto = =e = diastereoisomerico (dias 2) K(dias 2) ∆G= GTS1 - GTS2 Equazione 4 A differenza dell’eccesso enantiomerico, non vi sono misure fisiche correlate all’eccesso diastereoisomerico. Inoltre, tale espressione non è generalmente utile se vi sono più di due unità stereogeniche presenti in una molecola. 1.3 Composti prochirali Un composto è prochirale se la sostituzione di un suo gruppo o l’addizione a una sua faccia dà luogo a un composto chirale. Per capire se un composto è prochirale o no, si deve verificare la presenza di facce o gruppi omotopici, enantiotopici o diastereotopici. Facce e gruppi omotopici. Due gruppi sono omotopici (vale a dire topologicamente equivalenti) se possono essere scambiati attraverso un qualsiasi asse di rotazione Cn dando luogo a una struttura equivalente. Per esempio, i due gruppi metili della trans-2,5-dimetilpiperidina (Figura 1.16) o i due atomi di idrogeno HA e HB della trans-cicloesandiammina sono omotopici. Z NH Me NH Me C2 Me NH Me Z Me NH Me Me NH Z H1 H2N C2 inversione trans-2,5-dimetilpiperidina H1 H2N (S) (S) NH2 Z 180° NH2 H2 Z H2N NH2 H2 trans-1,2-cicloesandiammina 19 Figura 1.16 Un semplice modo per determinare l’omotopia di due gruppi consiste nel sostituire a uno un generico gruppo Z. Se il composto che si ottiene è identico a quello che si otterrebbe sostituendo l’altro gruppo con lo stesso Z, allora i due gruppi sono omotopici. Le facce omotopiche sono caratterizzate da un piano che contiene un asse di simmetria coplanare. Due facce di una molecola, tipicamente definite da un doppio legame, sono equivalenti o omotopiche se l’addizione di un reagente all’una o all’altra dà luogo allo stesso composto. Per esempio la riduzione del cicloesanone fornisce lo stesso alcol indipendentemente da quella faccia del doppio legame riceve la molecola di idrogeno (Figura 1.17). O H OH HO H NaBH4 cicloesanone Figura 1.17 Facce e gruppi enantiotopici. Se gruppi o facce non sono omotopici, allora sono eterotopici, questi ultimi distinguibili in enantiotopici o diastereotopici. La sostituzione di un gruppo enantiotopico con un generico sostituente Z dà luogo all’enantiomero del composto che si otterrebbe sostituendo l’altro gruppo con lo stesso Z. Per esempio, gli atomi di idrogeno HA e HB del t-butil etil chetone di Figura 1.18 sono enantiotopici. Infatti, la sostituzione di uno di essi fornisce una unità centrochirale, la cui configurazione dipende da quale dei due è sostituito. Gruppi enantiotopici possono anche essere presenti in altri tipi di chiralità, come quella assiale. Così, i due metili MeA e MeB del derivato bifenilico di Figura 1.18 sono enantiotopici, e la loro selettiva funzionalizzazione dà come prodotti due enantiomeri. Anche le coppie solitarie possono essere enantiotopiche, come nel caso di MeSEt (Figura 1.18). I gruppi enantiotopici possono essere etichettati come pro-(R) e pro-(S), a seconda se un ipotetico prodotto, ottenuto per sostituzione con un gruppo di massima priorità, abbia configurazione (R) o (S). Ovviamente, non esiste una correlazione diretta tra queste etichette e quelle dei prodotti che si possono ottenere a partire da un substrato prochirale, come illustrato in Figura 1.18 per il dimetilchetale dell’acetofenone. I due prodotti, ottenuti nel primo caso per sostituzione con –Cl e nel secondo per sostituzione con –H, hanno configurazione rispettivamente (R) e (S), sulla base della convenzione di Cahn, Ingold e Prelog. 20 O t-butil etil chetone t-Bu Br MeA Me (S) Me Br Z HB O t-Bu MeA O HA HB HA enantiotopici Me Me t-Bu pro-(S) pro-(R) enantiomeri Me (R) enantiomeri MeB Br Br Z (R) Me Me (S) O S pro-(S) Et pro-(R) pro-(S) Me O Br Et S Me MeB (R) MeO OMe MeO H Ph Ph Ph Et S pro-(R) MeO Cl (R) Me Me (S) Me Figura 1.18 La disposizione di gruppi enantiotopici può essere più complessa. Per esempio nel composto NBoc pirrolidina di Figura 1.19 sono quattro gli idrogeni da prendere in considerazione. HA Boc N HC HB HD Boc N Z Z Boc N HC immagini HA speculari HB HD HB identici identici HA Boc N HC immagini speculari HA Boc N HC Z Figura 1.19 HD Z HB HD HA, HD omotopici HA, HC enantiotopici HA, HB enantiotopici HB, HC omotopici HB, HD enantiotopici HC, HD enantiotopici Tra questi esistono due relazioni omotopiche e quattro relazioni enantiotopiche. Composti meso (vale a dire composti che contengono unità stereogeniche e tuttavia sono achirali per la presenza di un piano di simmetria) contengono gruppi enantiotopici, come quelli presenti nella cis-2,5-dimetilpiperidina e nell’ossido di cicloesene (Figura 1.20). enantiotopici Me NH Me Z NH Me enantiomeri Me NH Z (R) (R) HO N3 enantiomeri (S) (R) O ossido di cicloesene cis-2,5-dimetilpiperidina (S) (S) N3 OH Figura 1.20 21 In modo simile, l’addizione a facce enantiotopiche fornisce enantiomeri. Per esempio, l’addizione all’acetofenone o al trans-2-butene fornisce molecole chirali che contengono una e due unità centrochirali, rispettivamente (Figura 1.21). enantiomeri enantiomeri Re Re 2 3 Me H 1 O NaBH4 Ph Me 2 3 H OH HO H Ph Me Ph addizione alla faccia Re 1' OsO4 Me 1 Me addizione alla faccia Si Si H Me 3' 2' H H OH Me OH Me H addizione dall'alto alla faccia Re Re OH H Me OH addizione dal basso alla faccia Si Figura 1.21 La configurazione del prodotto dipende da quale delle due facce prochirali subisce l’attacco. La direzione di attacco può essere descritta assegnando la priorità ai sostituenti legati al centro trigonale coinvolto, mediante le regole di Cahn, Ingold e Prelog. La faccia che vede i tre gruppi apparire in senso orario è definita Re, l’altra Si (Figura 1.21). Anche in questo non esiste correlazione tra Re/Si e le configurazioni (R)/(S) del prodotto di attacco. Se l’attacco genera due nuovi centri stereogenici, come appunto nel caso del trans-2-butene, si devono assegnare le etichette di attacco ad ambedue i centri trigonali coinvolti. Nel caso illustrato in Figura 1.21, essi sono entrambi Re qualora l’attacco avvenga dall’alto, e entrambi Si nel caso in cui si verifichi da parte opposta (da dietro). La discriminazione tra facce prochirali può dar luogo a enantiomeri con altri tipi di unità stereogeniche, come nell’esempio di Figura 1.22 in cui il substrato aromatico che possiede facce enantiotopiche dà luogo a un prodotto dotato di chiralità planare. enantiomeri Cr(CO)3 Me Me Cr(CO)6 Me Me Me Me Me (CO)3Cr Me Me Figura 1.22 Gruppi enantiotopici e facce enantiotopiche non sono interscambiabili da assi di simmetria Cn, ma devono poterlo essere mediante l’applicazione o di piani σ, o del centro di inversione i o di assi impropri Sn. Chiaramente, dato che le molecole chirali sono prive di questi elementi di simmetria, esse non possono contenere gruppi enantiotopici o facce enantiotopiche. Composti achirali con gruppi enantiotopici o facce enantiotopiche sono detti prochirali, perché sono immediati precursori di composti chirali. Facce e gruppi diastereotopici. Due gruppi sono diastereotopici se la sostituzione di uno con un generico sostituente Z dà luogo a un diastereoisomero del composto che si otterrebbe 22 sostituendo l’altro gruppo con lo stesso Z (Figura 1.23). Per esempio, i protoni metilenici della serina sono diastereotopici, a causa della presenza contemporanea di una unità stereogenica nella stessa molecola (Figura 1.23). Z Hb H (S) CO2H H2N HO diastereotopici HA Hb H (S) CO2H H2N HO diastereoisomeri HA HO Z H (S) CO H2N 2H (S)-serina Figura 1.23 Gruppi diastereotopici sono chimicamente diversi, e non possono essere scambiati da alcun elemento di simmetria. Due facce di un composto sono invece diastereotopiche qualora l’addizione di un generico reagente achirale Z dia luogo a due diastereoisomeri a seconda della faccia su cui avviene l’addizione (Figura 1.24). Poiché gli stati di transizione degli attacchi alle due facce non sono uguali (a causa della presenza di un altro centro chirale), allora i due diastereoisomeri possono formarsi in ammontare diversi. Per esempio, nel caso del substrato chirale (R)-3-idrossibutene di Figura 24, l’epossidazione fornisce due nuove molecole chirali, tra loro diastereoisomere, ciascuna con due unità centrochirali, in rapporto 19:1. (R) ox O O (R) (R) OH (R) (S) OH 19 OH : 1 Figura 1.24 Qualora si fosse invece partiti dal substrato racemo, ciascun enantiometro di partenza avrebbe reagito in modo analogo, vale a dire ancora privilegiando l’addizione sin al gruppo OH. I prodotti sarebbero stati 4, due coppie di enantiomeri in rapporto 19:1 (Figura 1.25). O O (R) (R) (R) (S) OH ox OH 19 O OH : O (S) (S) OH 19 1 (S) (S) OH : 1 Figura 1.25 23 L’epossidazione dell’(S)-2-metil-3-cis-pentenolo fornisce due molecole chirali, tra loro diastereoisomere, ciascuna con tre unità centrochirali, addirittura in rapporto 400:1 (Figura 1.26). HO (S) ox Me (S) (R) HO HO (R) Me Me (S)-2-metil-3-cis-pentenolo (R) (R) O (S) Me Me 1 O : Me 400 Figura 1.26 1.4 Classi di reazioni asimmetriche Reazioni stereoselettive e reazioni stereospecifiche. Una reazione è stereoselettiva se favorisce la formazione di uno stereoisomero rispetto a un altro. OTMS O O + H t-BuS OBn OH O OBn (S) t-BuS 99 OTMS t-BuS (R) OBn (S) t-BuS O OBn 98 O t-BuS O + H t-BuS O OH (S) (R) t-BuS : O OBn 5 OH (R) O OBn : O t-BuS (S) O O 1 O OBn OH (R) t-BuS : OBn 1.5 OH (R) t-BuS (R) t-BuS : (R) OBn OH (S) OBn 96 OBn (S) 5 OH (S) O OH (R) t-BuS 45 EtS OBn 2 OBn 45 (R) + H (R) OBn t-BuS OTMS (R) : (S) OH t-BuS OH (S) OTMS 1 OH (R) OBn (R) t-BuS : O O + H OH (S) OBn 1.5 Figura 1.27 Le reazioni possono essere enantioselettive, vale a dire è favorito un enantiomero rispetto a un altro (primo esempio di Figura 1.27), diastereoselettive, cioè si verifica la prevalenza di un diastereoisomero (secondo esempio) o di una coppia di enantiomeri (terzo esempio), o possedere entrambe le qualità (quarto esempio, dove predomina un singolo enantiomero delle due coppie di enantiomeri). Una reazione è invece stereospecifica se reagenti con diversa configurazione danno luogo a prodotti con stereochimica distinta. Di conseguenza, un processo stereospecifico a partire da un 24 singolo stereoisomero è inevitabilmente stereoselettivo, mentre non è necessariamente vero il contrario. Un esempio di quanto detto è raffigurato in Figura 1.28. L’idrogenazione (promossa da un complesso chirale di rodio) delle due enammidi E,Z conduce allo stesso enantiomero. Questa è una reazione stereoselettiva (enantioselettiva), ma non stereospecifica. La seconda reazione invece è chiaramente sia stereoselettiva sia stereospecifica, perché l’isomero E e l’isomero Z di partenza non conducono allo stesso stereoisomero, bensì a due prodotti distinti, tra loro diastereoisomeri. Me H (Z) AcHN H2 Me (R) CO2Me AcHN CO2Me > 99 ee H Me (E) AcHN H2 stereoselettive Me (R) CO2Me AcHN CO2Me > 99.6% AcHN Me (Z) BzNH H2 Me NHAc (S) (S) CO2Et BzNH CO2Et 96% ee Me NHAc (E) BzNH CO2Et H2 Me (R) BzNH stereospecifiche e stereoselettive NHAc (S) CO2Et > 98% ee Figura 1.28 Transfer di chiralità. Il transfer di chiralità si riferisce alla formazione stereoselettiva di un nuovo elemento stereochimico a scapito di un altro. Anche queste reazioni sono stereospecifiche. Un classico esempio è la reazione di tipo SN2 in cui si osserva inversione di chiralità alle unità centrochirali di ciascuna molecola (Figura 1.29). Se il reagente è enantioricco, lo sarà anche il prodotto. In contrasto, la reazione con meccanismo SN1 non conserva né inverte la stereochimica dell’unità centrochirale originaria: il prodotto a partire da un composto enantiomericamente puro sarà ancora dotata di una unità centrochirale, ma racema (Figura 1.29). Infine, una eliminazione E2 determinerà completa perdita di centrochiralità e formazione di un 25 composto achirale. Tuttavia, va notato che un nuovo elemento stereochimico, correlato con l’isomeria E, sarà generato. In questo caso, la reazione è stereoselettiva, ma non stereospecifica, poiché l’altro enantiomero darà luogo allo stesso alchene (Figura 1.29). Cl H Me Cl H I NaI Me SN2 H Me H OEt EtOH EtO H Me Me SN1 Cl H + 50 : 50 Et3N Me E2 Figura 1.29 Il transfer di chiralità può anche consentire la trasformazione di un tipo di unità chirale in un’altra. Nella reazione del mesilato propargilico con PhZnCl catalizzata da Pd(II) un’unità centrochirale è scambiata con una assiale (Figura 1.30). H OMs PhZnCl Ph F3C F3C n-C6H13 n-C6H13 Figura 1.30 Altre selettività: regioselettività e chemoselettività. In una reazione catalitica asimmetrica, si possono formare anche prodotti che non sono tra loro stereoisomeri. In questo caso, sorge la necessità di introdurre altri descrittori in aggiunta ai già citati enantioselettività e diastereoselettività. La regioselettività si configura come la propensione di un reagente a reagire preferenzialmente con un sito di una molecola lungo una direzione preferenziale, privilegiando la formazione di un isomero costituzionale rispetto ad altri. Un esempio è la formazione di una aloidrina a partire dal 2propenilbenzene (Figura 1.31). OH Br Br NBS OH + 80 : 20 Figura 1.31 Un altro tipo di selettività è la chemoselettività, che deve essere specificata quando una reazione 26 può dar luogo a più prodotti. Un esempio è quello di Figura 1.32, in cui l’α-chetoestere potrebbe reagire con dietilzinco in presenza di un complesso di Ti come catalizzatore, portando alla formazione o del prodotto di addizione o di quello di riduzione. O OMe Et2Zn O OH HO Et OMe + O OMe O Figura 1.32 27 2. I Processi Enantioselettivi A fronte di un grandissimo numero di processi enantioselettivi messi a punto, il numero dei relativi approcci strategici è decisamente più limitato. I principali includono: - differenziazione di gruppi enantiotopici o facce enantiotopiche di substrati prochirali; - conversione di miscele raceme in singoli enantiomeri. Segue una breve presentazione di questi approcci al fine di generare un singolo enantiomero dotato di una unità stereogenica. 2.1 Differenziazione di gruppi enantiotopici o facce enantiotopiche di substrati prochirali Per iniziare, è possibile prendere in considerazione la differenziazione di gruppi enantiotopici. Come già avvisato, questi spesso sono due sostituenti presenti su un centro di una molecola achirale. Per esempio, nel precursore prochirale dell’esomeprazolo, gruppi enantiotopici sono le due coppie solitarie presenti sull’atomo di zolfo (Figura 2.1). MeO Me N S N H OMe ox N O MeO Me OMe S N H esomeprazolo Me Me Figura 2.1 L’ossidazione selettiva di uno solo di essi, mediante un complesso chirale Ti-tartrato, fornisce l’esomeprazolo con l’unità centrochirale allo zolfo in elevata purezza enantiomerica. Anche la desimetrizzazione di composti achirali meso tipicamente procede mediante distinzione tra gruppi enantiotopici. Un esempio è l’ossidazione enantioselettiva, da parte di un complesso chirale di rutenio, del diolo meso ciclico di Figura 2.2. In questo caso, il catalizzatore è in grado di ossidare solo uno dei due gruppi –OH enantiotopici, fornendo un prodotto con un ee del 90%. OH OH OH O enantiotopici Figura 2.2 In modo analogo, è possibile ottenere prodotti enantiomericamente arricchiti attraverso la differenziazione di facce enantiotopiche. I precursori che più tipicamente sono dotati di tali requisiti geometrici sono carbonili, immine, e alcheni. Esempi di reazioni coinvolgenti questa classe di 28 composti sono illustrati in Figura 2.3. O Ph OH Et2Zn H N Ph Me AcHN Ph CH2Ph HCN HN H H H Ph H Et CH2Ph CN Me H2 CO2Me AcHN CO2Me Figura 2.3 In tutti i casi, il catalizzatore attiva l’addizione del reagente (rispettivamente EtZn-Et, H-CN o H-H) su una faccia preferenziale, con formazione di un composto arricchito enantiomericamente. Si fa notare come nel caso della reazione riportata a carico delle immine, i prodotti sono αamminonitrili facilmente convertibili nei corrispondenti α-amminoacidi, precursori di grande interesse per l’industria di chimica fine e farmaceutica. Dettagli cinetici. Per poter comprendere più a fondo caratteristiche e problematiche di questo tipo di strategia, consideriamola in maggior dettaglio. Nel caso ideale, il reagente non è in grado di reagire con il substrato in assenza di un catalizzatore, vale a dire, l’energia di attivazione del processo non catalizzato è molto alta (Figura 2.4) E reazione non catalizzata ∆G S reazione catalizzata verso (R) reazione catalizzata verso (S) P Figura 2.4 L’aggiunta di una quantità substechiometrica di un legante chirale determina la formazione di una specie catalitica che è in grado di accelerare la reazione. Nella reazione illustrata in Figura 2.5, il substrato prochirale è l’aldeide e il reagente stechiometrico è il dietilzinco. 29 Me Me Me Me Et2Zn Me NMe2 -etano OH Me Me Me N Zn Et O Me N Et2Zn Ph acqua Et H Et Zn O Et Zn PhCHO Me Zn Et Et N Me Et Zn Ph Et H stadi di transizione Ph diastereoisomerici H O O Me HO Me O O n Me (S) Zn Et Et Ph H Figura 2.5 Queste due specie, da sole, non sono in grado di reagire a temperatura ambiente. In presenza di un piccolo ammontare di un β-amminoalcol chirale si ha l’immediata formazione di un addotto tra quest’ultimo e il dietilzinco, che, a seguito dell’evoluzione di etano, dà luogo a un alcossido di zinco chirale. Questi non è in grado di trasferire il proprio etile all’aldeide, ma può attivare un’altra molecola di dietilzinco verso questo processo (in pratica, funge da catalizzatore). L’intorno chirale generato dal legante riesce, a questo punto, a favorire l’approccio del dietilzinco a una sola delle due facce prochirali dell’aldeide, perché gli stati di transizione relativi alle due possibilità (∆GTS1 e ∆GTS2) sono diastereoisomerici, e quindi presentano diverse energie di attivazione. In particolare, quello relativo all’ottenimento del prodotto a configurazione (S) è minore, e dunque è privilegiato l’ottenimento di questo enantiomero. Siccome, nelle condizioni date, la reazione non catalizzata non produce prodotto in quantità apprezzabili, l’eccesso enantiomerico di quest’ultimo dipenderà esclusivamente dalla differenza in energia tra i due cammini catalizzati, vale a dire dal valore di ∆G= ∆GTS1 - ∆GTS2. In questo caso, esso è pari a 2.7 kcal/mol, il che corrisponde a rapporto enantiomerico K pari a circa 99:1, ottenuto quest’ultimo attraverso la relazione ∆G= RTlnK. Va sottolineato come questo tipo di valutazione sia valido solo in presenza di due cammini diastereoisomerici, mentre in casi più complessi la trattazione è più delicata e deve tener conto di un maggior numero di fattori. Per esempio, qualora la stessa reazione di Figura 2.5 coinvolga il butanale al posto della benzaldeide, sono ben otto i possibili cammini diastereoisomerici, derivanti da altrettante possibili direzioni di approccio dell’aldeide al centro attivo. In questo caso, l’eccesso enantiomerico dipenderà dai valori relativi delle numerose energie in gioco, i cui valori possono spesso essere predetti mediante calcolo. 30 Si può notare anche come in questa reazione la specie catalitica sia l’addotto alcossido di zinco, ottenuto per modificazione di una quantità substechiometrica proprio del reagente in seguito all’aggiunta del legante chirale. In altri casi, tra l’altro molto più comuni, il catalizzatore metallico è invece un’entità chimica aggiunta ad hoc. Effetto della temperatura, del solvente, della concentrazione e della pressione. Qualora la differenza energetica tra i due cammini diastereoisomerici ∆G= ∆GTS1 – ∆GTS2 sia maggiore di 2 kcal/mol, a temperatura ambiente si osservano elevati eccessi enantiomerici. Se tale valore si riduce, per esempio a 1 kcal/mol, allora lo stesso beneficio può essere ottenuto solo abbassando la temperatura. E’ facile calcolare che un ee del 95% ottenuto a 25°C con un ∆G di 2.2 kcal/mol, possa essere ottenuto solo a -78°C qualora tale differenza scenda a 1.4 kcal/mol. Anche la dipendenza dalla temperatura può essere ben più complicata, e non solo nel caso in cui siano coinvolti più cammini diastereoisomerici, ma anche qualora la reazione proceda attraverso diversi meccanismi che diventano a turno prevalenti. Oppure, al crescere della stessa temperatura, la reazione catalizzata può essere affiancata da quella non catalizzata, che, procedendo ovviamente in modo non selettivo, può provocare una graduale netta diminuzione dell’eccesso enantiomerico del prodotto rispetto a quella attesa. Altri parametri, come la presenza di additivi, il tipo di solvente, la concentrazione e la pressione possono avere effetti importanti sull’enantioselettività. In particolare, la scelta del solvente può essere davvero cruciale nel determinare la selettività di un processo, sia a causa delle sue proprietà di insieme (bulk), come polarità, costante dielettrica, sia per la capacità di partecipare alla reazione fungendo da legante, da acido o base, e da transfer per reagenti e/o prodotti. Per quel che riguarda le proprietà bulk, non è facile prevedere l’effetto del solvente, e spesso questo viene determinato sperimentalmente. E’ comunque possibile fornire alcune indicazioni di carattere assolutamente generale. In primo luogo, solventi polari non coordinanti privilegiano tipicamente alti ee rispetto ad altri dotati di minor polarità. Per esempio, la reazione di Figura 6.1 procede con prestazioni migliori usando il toluene in luogo dell’esano. In contrasto, solventi coordinanti, come il THF, ne determinano una riduzione sensibile, a causa della loro capacità di inibire il catalizzatore. Un esempio clamoroso di dipendenza dell’eccesso enantiomerico dal solvente riguarda la reazione di Diels-Alder, promossa da un complesso chirale di titanio, illustrata in Figura 2.6. 31 O O N H TiLn O + O N O O Figura 2.6 L’eccesso enantiomerico del prodotto passa da zero in diclorometano all’88% in nitrometano, solvente dotato di elevata polarità. Studi dettagliati hanno dimostrato come nei due solventi siano diversi i modi con cui il dienofilo coordina il substrato, e solo nel secondo questo sia vantaggioso per l’enantioselezione. In altri casi, tuttavia, sono proprio i solventi dotati di proprietà basiche ad agire come transfer di reagenti, e ad avere quindi prestazioni più benefiche. Per quel che riguarda l’effetto della concentrazione, va anticipato che quest’ultima tipicamente non ha un grosso impatto sull’ee. Tuttavia, si riscontra generalmente un miglioramento al crescere delle concentrazioni, e questo ha un vantaggio anche perché si riduce l’uso di solventi e di sostanze ausiliarie. Qualora sia coinvolto un gas nella reazione, va considerato anche l’effetto della pressione, il quale comunque non ha andamenti facilmente prevedibili. Altri importanti effetti. Un altro effetto molto importante, già anticipato precedentemente, è quello relativo all’eventuale competizione della reazione non catalizzata. Un esempio paradigmatico è quello relativo all’addizione di reattivi di Grignard a chetoni con ottenimento di alcoli chirali (Figura 2.7). E reazione catalizzata verso (S) reazione catalizzata verso (R) OH O H + RMgX S R OH + R reazione non catalizzata P Figura 2.7 In questo caso, come illustrato dal profilo energetico, la reazione non catalizzata procede con 32 energia di attivazione nettamente inferiore rispetto a quella dei due cammini diastereoisomerici. E sebbene, tra questi due, sia nettamente favorito il percorso che conduce all’enantiomero (R), proprio il verificarsi dell’evento non catalitico riduce l’ee, rendendo proibitivo lo sviluppo di questo processo enantioselettivo. Un altro tipo di problematica (definito catalisi decelerata dal legante) ha luogo quando, sebbene la reazione non catalizzata sia silente, il centro metallico sia più attivo in assenza del legante chirale, secondo un profilo energetico come quello illustrato in Figura 2.8. reazione non catalizzata E reazione catalizzata con il legante chirale verso (S) O Me H + reazione catalizzata con il legante chirale verso (R) S reazione catalizzata senza legante chirale (S) Me O P H H (R) + O Me Figura 2.8 Nel caso in questione, il catalizzatore chirale è un complesso di rame(II) contenente un legante chirale piridinossazolinico, in grado di promuovere la reazione di Diels-Alder con buona enantioselettività. Tuttavia, il corrispondente composto di rame(II) Cu(OTf)2, privo del legante chirale e semplicemente solvatato, risulta più attivo, e questo determina che una parte della reazione possa decorrere senza alcuna selettività. Per deprimere questa reazione, si utilizza generalmente un eccesso di legante chirale rispetto al centro metallico, in modo da spostare nettamente verso destra l’equilibrio di complessazione, e annullare l’effetto della specie “nuda” Cu(OTf)2: Cu(OTf)2 + legante → [Cu(legante)](OTf)2 2.2 Conversione di miscele raceme in singoli enantiomeri Invece di partire da un composto achirale e generare un singolo enantiomero con una nuova unità stereogenica, un approccio alternativo consiste nell’usare miscele raceme di molecole chirali, già provviste dunque di una unità stereogenica. Risoluzione cinetica (KR). Miscele raceme possono essere risolte mediante un catalizzatore chirale, attraverso un processo definito risoluzione cinetica (KR). Nel caso ideale, in questo tipo di reazione il catalizzatore è in grado di convertire uno dei due enantiomeri del reagente molto più 33 rapidamente dell’altro, dando così luogo a un prodotto enantiomericamente puro, accompagnato da un substrato altrettanto puro. Il tipo di diagramma energetico che ne deriva è riportato in Figura 2.9, dove SR e SS sono i due enantiomeri del substrato, PR e PS i due enantiomeri del prodotto, ∆G‡S e ∆G‡R le energie di attivazione relative alle conversioni dei due enantiomeri. E ∆∆G = ∆GR - ∆GS ∆GR ∆GS SR SS PR PS Figura 2.9 L’efficienza di una risoluzione cinetica è data dalla velocità relativa con i substrati enantiomeri SR e SS reagiscono in presenza del catalizzatore chirale per dar luogo ai prodotti PR e PS. La velocità relativa krel= kfast/kslow o il fattore di selettività, s, sono i parametri usati in genere per qualificare la bontà del processo, secondo le equazioni cinetiche seguenti: SS SR kS (= kfast) kR (= kslow) s = krel = kfast kslow PS PR = e∆∆G /RT La situazione ideale si ha quando krel è molto grande, e la reazione può essere arrestata al 50% di conversione, consentendo così l’ottenimento di reagente e prodotto enantiomericamente molto arricchiti. Il fattore di selettività è strettamente connesso con ∆∆G‡, vale a dire la differenza nelle energie tra gli stati di transizione diastereoisomerici che determinano la selettività. Lo svantaggio di questo approccio è che, anche in caso di reazione perfetta, la resa del prodotto enantiomericamente puro non supera il 50%, e inoltre, esso va separato dal materiale di partenza 34 non convertito. Inoltre, al procedere della reazione, l’enantiomero che reagisce più rapidamente si consuma, e il substrato si arricchisce via dell’altro enantiomero meno reattivo. Ne consegue che la velocità con cui essi reagiscono può a un certo punto diventare simile, perché essa dipende sia dalle costanti cinetiche sia dalle concentrazioni relative dei due enantiomeri. Il risultato è un processo che diventa via via meno selettivo, a meno di non avere valori molto alti di krel. Pertanto, esso è tipicamente praticato quando si accompagna ad alte rese, brevi tempi di reazione, catalizzatori economici, compatibilità con molti gruppi funzionali. Un classico esempio di KR (Figura 2.10) è la risoluzione cinetica di epossidi racemi mediante loro idrolisi catalizzata da complessi di cobalto(III) con salen chirali (l’acronimo salen indica leganti che hanno la struttura di chelanti tetradentati N,N’,O,O’ doppiamente deprotonati all’ossigeno, del tipo saliciletilendiammina). N O O + H2O Me OH + Me N Co O OH Me t-Bu O OAc t-Bu catalizzatore Figura 2.10 Attraverso questa reazione è possibile ottenere epossidi chirali con una resa prossima al valore massimo teorico del 50% con eccessi enantiomerici superiori al 99%. La forma attiva del catalizzatore è un complesso di stechiometria [Co(OH)(salen)], in grado di coordinare ambedue gli epossidi con costanti di legame assolutamente paragonabili. Tuttavia, i risultanti complessi diastereoisomerici presentano reattività nettamente diversa nei confronti dell’idrolisi, il che provoca la risoluzione desiderata. Il meccanismo di azione è particolarmente accattivante, e prevede un’azione sinergica tra due complessi metallici, uno in grado di attivare l’azione nucleofila dell’idrossido, l’altro, l’epossido nei confronti del primo (Figura 2.11). OH Co O R O O R R OH Co O OH Co R diolo H2O OH Co OH2 Figura 2.11 Si accenna all’esistenza di una strategia correlata alla KR, ma molto più vantaggiosa, definita risoluzione cinetica parallela (PKR). In questo caso, si tratta di convertire i due enantiomeri del 35 substrato di partenza in due prodotti diversi, con una velocità paragonabile (kR ≈ kS): kS SS P1 kR SR P2 La situazione si traduce nel fatto che, a differenza della KR, nel corso della reazione l’ee del reagente rimane sempre prossimo a zero, e che quindi, non si verifica come nel caso di quest’ultima, una progressiva diminuzione dell’efficienza all’aumentare della conversione. A seconda della natura dei due prodotti la PKR può essere chemodivergente (prodotti non isomeri), regiodivergente (prodotti regioisomeri, vale a dire il gruppo funzionale è in diverse posizioni), stereodivergente (prodotti diastereoisomeri). Risoluzione cinetica dinamica (DKR). Una strategia correlata alla KR, ma ancora più efficiente è quella definita risoluzione cinetica dinamica (DKR). La DKR accoppia una KR con una rapida racemizzazione del substrato chirale attraverso un intermedio o stato di transizione achirale I: S S kS PS I SR kR PR Il tipo di diagramma energetico che deriva da questo è del tipo riportato in Figura 2.12 (a sinistra I è uno stato di transizione, a destra I è un intermedio). E E ∆∆G = ∆GR - ∆GS ∆GR ∆∆G = ∆GR - ∆GS ∆GS I ∆GS SR PR ∆GS I SS SR PR PS SS PS Figura 2.12 In altre parole, è necessario che i due enantiomeri del reagente possano convertirsi l’uno nell’altro. Se uno di essi partecipa molto più velocemente a una trasformazione 36 enantioselettiva, allora tutto il materiale di partenza può essere convertito in un singolo enantiomero. In genere, una condizione che garantisce elevate prestazioni al processo è il fatto che la racemizzazione avvenga più velocemente della conversione più rapida (krac > kfast). E’ importante sottolineare che in una DKR la racemizzazione NON coinvolge il catalizzatore chirale, bensì avviene attraverso un meccanismo indipendente, che può per esempio prevedere l’intervento di una base, di un acido, processi termici, sequenze di addizione/eliminazione e così via. Un esempio è quello riportato in Figura 2.13, dove un reattivo di Grignard chirale non è configurazionalmente stabile, e quindi i due enantiomeri sono in rapido equilibrio (mediante un intermedio achirale che media la racemizzazione). Uno di essi si addiziona molto più rapidamente al substrato carbonilico in presenza di un catalizzato chirale di palladio, e il risultato è l’ottenimento di un prodotto con il 95% ee. Me3Si H Ph MgBr Br H SiMe3 Ph Ph Ph ee 95% H SiMe3 Ph MgBr Figura 2.13 Un altro esempio è la risoluzione cinetica dinamica di composti 1,3-dicarbonilici α-disostituiti mediante idrogenazione, come quella riportata in Figura 2.14. O O R OMe OH O R OH O H2 OMe + R R Me Me OMe O Me H2 OMe OH O OMe + R R Me OMe Me OH O O R OH O Me OMe Me Figura 2.14 I due enantiomeri del substrato racemo possono questa volta interconvertirsi mediante il passaggio (catalizzato da una base) attraverso l’intermedio achirale planare enolico. In presenza di un adatto catalizzatore chirale a base di Ru, l’idrogenazione selettiva del carbonile può condurre alla formazione di uno solo dei quattro possibili prodotti di idrogenazione βidrossicarbonili α-sostituti (reazione diastereo- e enantio-selettiva). 37 Trasformazione asimmetrica cinetica dinamica (DyKat). Sebbene questa sia, per tanti aspetti, correlata alla DKR, va trattata a parte perché connotata da alcune sostanziali differenze. La più rilevante riguarda il meccanismo di inversione dello stereocentro pre-esistente nel substrato. Infatti nella DKR, il fenomeno non interessa il catalizzatore chirale, bensì avviene attraverso un processo coinvolgente un intermedio o uno stato di transizione achirale, mediato spesso da un altro catalizzatore. Invece nella trasformazione asimmetrica cinetica dinamica (DyKat) l’interconversione tra gli enantiomeri del substrato avviene sul catalizzatore chirale. Per questo motivo, l’inversione di configurazione sul catalizzatore dà luogo piuttosto a un diastereoisomero, e più che una racemizzazione è una epimerizzazione. Esistono due sottoclassi di DyKat, definite di tipo A e B: SS kScat* Cat*SS k"Scat* PS SS k'Scat* Cat*S SR kRcat* k'Rcat* k"Rcat* Cat*SR kRcat* kScat* k'Scat* PS Cat*S k'Rcat* SR PR PR Tipo A Tipo B Nel primo, i due substrati SR e SS si legano al catalizzatore metallico chirale dando vita a due diastereoisomeri (Cat*SS e Cat*SR). L’epimerizzazione avviene attraverso uno stato di transizione o un intermedio achirale. In Figura 2.15 è riportato a sinistra il diagramma energetico relativo al caso in cui Cat*S sia uno stato di transizione, a partire dai due intermedi Cat*SS e Cat*SR, per brevità indicati con I1 e I2, rispettivamente. E E I1= Cat*SR I2= Cat*SS I1 I2 SR I SS PR SS SR PS PS PR Tipo B Tipo A Figura 2.15 38 Un esempio di DyKat di tipo A è riportato in Figura 2.16 e si riferisce a una reazione di alchilazione allilica catalizzata da Pd. O R L*Pd O (S) O O O O L*Pd O O O O PS O PdL* ArO- L*Pd O ArO O O I1 SR ArO O O I2 SS R ArO- L*Pd O O PR Figura 2.16 In questo caso, i due carbossilati enantiomeri di partenza SS e SR danno luogo a due intermedi πallilici diastereoisomerici I1 e I2, che possono equilibrarsi attraverso un intermedio σ-alcossido. Nel caso di una DyKat di classe B, i due substrati enantiomeri formano un singolo addotto col metallo, da cui attraverso cammini diastereoisomerici si perviene all’ottenimento dei prodotti. Pertanto, la selettività dipende solo dalle velocità relative k’Cat*S/k’Cat*R. Un caso di reazione che procede in questo modo è l’alchilazione allilica dell’acetato di allile raffigurata in Figura 2.17. OAc Ph (S) Nu Ph Ph PS Ph PdL* OAc (R) veloce PdL* PdL* Ph Ph (S) SS Nu-= -CH(CO2Me)2 Ph Nu- lenta Nu Ph (R) Ph SR Ph PR Figura 2.17 Entrambi i substrati reagiscono con il catalizzatore a base di palladio producendo lo stesso complesso π-allilico, in cui il legante idrocarbilico è chiaramente achirale. La presenza del legante chirale L* rende gli atomi di carbonio terminali del sistema allilico diastereoisotopici, e quindi suscettibili di attacco selettivo da parte del nucleofilo con formazione preferenziale del prodotto a configurazione (S). 39 2.3 Principio di Curtin-Hammett Un tipo di processo come quello descritto in Figura 2.15 consente di introdurre un postulato molto importante, che regola i processi multistadio di catalisi enantioselettiva in cui vi siano intermedi diastereoisomerici (come appunto I1 e I2) che possano essere in rapido equilibrio tra loro. L’equilibrio può stabilirsi in vari modi, come per esempio attraverso il ritorno ai reagenti, o in modo diretto, qualora i due intermedi siano isomeri conformazionali e può bastare una semplice rotazione per passare dall’uno all’altro. Il principio di Curtin-Hammett afferma che l’enantioselezione dell’intero processo è legata al valore di ∆G (vedi Figura 2.18), e quindi dipende dalle energie relative degli intermedi I1 e I2 e dalle energie di attivazione con cui questi si convertono nei prodotti. La matematica da cui si deriva questa affermazione è semplice ed è illustrata nella Figura (k1 e k2 sono le costanti cinetiche di ottenimento dei prodotti P1 e P2 a partire da I1 e I2, mentre K è il loro rapporto di equilibrio). E d[P2] = k2[I2] dt ∆G d[P1] = k1[I1] = k1K[I2] dt ∆G(I1) d[P1] dt d[P2] dt ∆G(I2) I2 I1 ∆G° k1K[I2] k2[I2] P1 = e-∆G/RT P2 P2 P1 = = k1K k2 e-∆G(I1)/RTe∆G°/RT = -∆G/RT =e e-∆G(I2)/RT ∆G= ∆G(I1) - [∆G(I2) + ∆G°] Figura 2.18 Un esempio di validità del principio può essere riconosciuto nella idrogenazione asimmetrica di enammidi di Figura 2.19, dove PP è la fosfina chirale nota con l'acronimo di (S,S-diop). H N H CO2Et Ph NHCOMe Me CO2Et + P Ph Rh P O I1 (>95%) + P + solv Rh P solv H N CO2Et P + H Ph Rh P O H H2 lenta Me H2 veloce Me Me EtO2C Ph (S) HN O P1 (<2.5%) S= solvente stadio limitante H N EtO2C P + Rh Ph P O I2 (<5%) CO2Et P H + S Ph Rh P O H HN EtO2C H N P H + Rh Ph P H O Me Figura 2.19 EtO2C NH P S +H Rh Ph P H O CO2Et Ph (R) NH Me O P2 (>97.5%) 40 La reazione produce, con uno stadio limitante che è l’addizione irreversibile di H2, il prodotto P2 con un eccesso enantiomerico superiore al 95%, sebbene studi spettroscopici abbiano rivelato che l’equilibrio coinvolgente i due intermedi di reazione, I1 e I2, favorisca nettamente il primo. In questo caso, l’elevata selettività deriva dalla combinazione di due fattori: le stabilità termodinamiche relative degli intermedi e la loro reattività. Dal diagramma dell’energia si evince come in questo caso i due fattori vadano in senso opposto (non è comunque sempre questo il caso), a dimostrazione di quanto sia fuorviante argomentare che la stereochimica del prodotto principale derivi necessariamente da quella dell’intermedio più stabile. Va ricordato che questa è una reazione molto importante perché consente la sintesi di molecole attive contro il morbo di Parkinson. 2.4 Creazione di chiralità Creazione di centrochiralità. Tutti i metodi appena descritti sono utili per creare unità centrochirali. La maggior parte trovano applicazione nell’ottenimento di atomi di carbonio stereogenici, ma sono validi anche per creare unità centrochirali al silicio, azoto, fosforo e zolfo. Creazione di chiralità assiale. Composti atropoisomerici enantiomericamente puri possono essere ottenuti attraverso: - il metodo introdotto nel punto 2.1 (differenziazione enantiotopica di composti con una unità assiale prochirale); - il metodo introdotto nel punto 2.2 (risoluzione cinetica e risoluzione cinetica dinamica); - creazione della chiralità assiale contemporanea a quella dell’asse chirale; - il transfer di chiralità. Un esempio del primo è riportato in Figura 2.20, dove un reattivo di Grignard discrimina tra due gruppi triflato in relazione enantiotopica in presenza di un catalizzatore chirale di palladio. TfO pro-(R) OTf pro-(S) RMgBr OTf R (S) 95 + : R TfO (R) 5 Figura 2.20 Invece, un esempio di creazione di chiralità assiale contemporanea a quella dell’asse chirale, si riferisce a un coupling di Suzuki (Figura 2.21), in cui un catalizzatore, sempre chirale e a base di 41 palladio, favorisce l’accoppiamento enantioselettivo del bromoderivato con l’acido boronico. Et B(OH)2 Et Et + (R) P(O)OEt (S) + P(O)OEt Br P(O)OEt 96 : 4 Figura 2.21 Infine, un esempio di transfer di chiralità è quello già citato di Figura 1.30. Creazione di chiralità planare. Mentre la creazione di chiralità planare in composti dotati di un’altra unità stereogenica, tipicamente centrochirale, è abbastanza semplice (come i leganti di Figura 2.22), molto più complessa è la creazione di composti enantiomericamente puri dotati della sola chiralità planare. Per maggiori dettagli, che esulano dagli scopi del corso, si consiglia la visione di letteratura specializzata. Me H (R) PCy2 Fe (S) PPh2 Figura 2.22 Composti con più unità stereogeniche. Tutte le strategie finora discusse, che consentono l’ottenimento di un singolo enantiomero di composti chirali dotati di una sola unità stereogenica sono comunque applicabili alla sintesi di composti enantiomericamente puri contenenti più di una unità stereogenica. Come esempio rilevante, si può citare l’idrogenazione asimmetrica di enammidi catalizzata da complessi di rodio (Figura 2.23). Ph(O)CHN EtO2C NHC(O)Me Me H2 Ph(O)CHN (S) NHC(O)Me Ph(O)CHN (R) NHC(O)Me H + H (R) H H (S) EtO C Me EtO2C Me 2 98 : 2 Figura 2.23 Si può osservare come, attraverso la differenziazione delle enantiofacce, l’addizione di H2 conduca al prodotto chirale con due nuove unità stereogeniche in altissimo eccesso enantiomerico. 42 3. Modi di attivazione del substrato Ci sono molti modi con cui un catalizzatore metallico può attivare un substrato. I più tipici prevedono il comportamento del catalizzatore come acido di Lewis, base di Lewis, acido di Brønsted, base di Brønsted o l’intervento in qualità di specie ioniche, di transfer di gruppi, di agenti di cross-coupling, di attivatori π. In questo capitolo sarà presentata una breve rassegna di queste tipologie, accompagnata da una descrizione delle caratteristiche che deve avere un substrato per sottostare a una efficace attivazione. 3.1 Catalizzatori acidi di Lewis Di gran lunga, il modo più comune di attivazione di un gruppo funzionale di un substrato ne prevede l’interazione con un acido di Lewis chirale. In questo caso, un centro metallico in un precursore LnM (l’acido di Lewis) è tipicamente fatto reagire con un legante chirale L* per dar vita a un acido di Lewis chirale LnM- L* (Figura 3.1). LnM + L* LnM-L* Me Al O O esempio Figura 3.1 Se la coordinazione della base chirale restituisce un catalizzatore più attivo dell’acido di Lewis precursore, allora si è in presenza di un caso propizio di catalisi accelerata dal legante. Questa è una situazione ottimale, perché non risulta necessaria la presenza di un eccesso di base per inibire gli effetti negativi che avrebbe sulla catalisi l’azione dell’acido di Lewis privo del legante chirale. Invece, laddove la coordinazione del legante chirale L* ha l’effetto di rallentare l’azione del corrispondente acido di Lewis chirale, si parla di catalisi decelerata dal legante. In queste condizioni è spesso necessario introdurre un eccesso di legante per favorire la formazione dell’addotto con il metallo. L’interazione tra l’acido di Lewis chirale e un substrato prevede tipicamente la coordinazione di un gruppo funzionale di quest’ultimo al centro metallico. In genere, i substrati presentano un’ampia gamma di funzioni adatte allo scopo, quali quelle eteree, epossidiche, esteree, chetoniche, aldeidiche, imminiche, nitro, alcoliche e così via (Figura 3.2). 43 MLn(L*) MLn(L*) MLn(L*) O O R' MLn(L*) N O R H R H Figura 3.2 La coordinazione al centro metallico ha generalmente l’effetto di perturbare i livelli energetici e/o la distribuzione elettronica nel substrato, con l’effetto di esaltare la elettrofilicità di quest’ultimo, e renderlo quindi suscettibile di attacco esterno. Generalmente, ciò si verifica perché si ha un avvicinamento tra l’energia del LUMO del substrato e quella dell’HOMO di un nucleofilo. Per esempio, come illustrato in Figura 3.3, il LUMO della formaldeide subisce una destabilizzazione energetica in seguito alla coordinazione del carbonile all’acido di Lewis. H MLn(L*) H O O O O H H LUMO LUMO Figura 3.3 Il modo con cui un substrato può interagire con un acido di Lewis chirale sono numerosi, e una semplice classificazione può semplicemente essere fatta sulla base del tipo di contatto e dell’azione che da questi deriva. Pertanto, distinguiamo tra (a) attivazione diretta via contatto singolo, (b) attivazione diretta via contatto doppio, (c) attivazione via sistema coniugato con contatto singolo, (d) attivazione via sistema coniugato con contatto doppio. Nel primo caso, l’attivazione diretta via contatto singolo, si ha interazione tra l’acido di Lewis e il centro reattivo dell’elettrofilo, come descritto nell’esempio di Figura 3.4. R OR MLn(L*) O O OR + H R OR OR Figura 3.4 Questo semplicissimo modo di attivazione non è poi così diffuso come si sarebbe portati a pensare. Più vantaggiosa risulta l’eventualità in cui il substrato abbia una interazione con l’acido di Lewis attraverso due punti di contatto, perché spesso ne consegue una ridotta libertà conformazionale, e quindi un vantaggio per la selettività di reazione. Inoltre, la presenza di un secondo punto di legame tra substrato e catalizzatore può risultare in una attivazione elettrofila ancora più efficace. Ancora, un effetto di chelazione stabilizza l’addotto substrato-acido, aumentando di fatto la concentrazione della specie attiva, e quindi la velocità di reazione. 44 Uno svantaggio può essere quello che il necessario pre-requisito di avere nel substrato gruppi funzionali vicini può limitare la generalità di un processo. Molecole che tipicamente partecipano a processi catalitici di questo tipo sono α-chetoeteri RC(O)CH2OR’ e α-chetoesteri RC(O)CH2CO2R’, come illustrato nella reazione aldolica di Figura 3.5 in cui il substrato HC(O)CH2OBn è attivato attraverso la chelazione al centro metallico che impegna il gruppo aldeidico (che subisce attacco) e l’ossigeno etereo. OTMS + R O O OBn H O OH OBn R O R' R' N N N 2+ Ph Cu O Ph O Bn H attacco Figura 3.5 In contrasto con questi primi due modi, un catalizzatore può attivare un substrato anche in modo indiretto, per esempio attraverso un sistema coniugato. Anche in questo caso distinguiamo, per iniziare, l’attivazione via sistema coniugato con contatto singolo. In questo caso, tipicamente nessuno degli atomi dei legami coinvolti nella reazione è interessato alla coordinazione, perché l’attivazione procede attraverso un sistema π come illustrato in Figura 3.6. MLn(L*) O O + H H Figura 3.6 Ad esempio, questo fenomeno si riscontra con i carbonili α,β-insaturi, che a seguito della interazione con l’acido di Lewis, sono attivati verso reazioni di Diels-Alder e, in genere, addizioni coniugate. La mobilità conformazionale permessa dalla presenza di un unico punto di contatto può essere fonte di problemi, come illustrato in Figura 3.7. In questo caso, infatti, non solo la posizione dell’acido di Lewis è flessibile, ma anche la posizione relativa dell’alchene e del carbonile. MLn(L*) (*L)LnM O O X X R H (E) s-trans MLn(L*) H R H (Z) s-trans O R X (E) s-cis (*L)LnM H O R X (Z) s-cis Figura 3.7 Tuttavia, esistono esempi in cui questo approccio è risultato fruttuoso, come ad esempio, la reazione di Diels-Alder a carico di aldeidi α,β-insaturi di Figura 3.8, che, catalizzata da un 45 opportuno complesso di alluminio, porta a un prodotto con ee fino al 98% con alta diastereoselettività (eso:endo 97:3). O Me H H (R) + O Me Figura 3.8 Anche nel caso dell’attivazione indiretta è possibile che essa proceda via due punti di contatto. In questa situazione esistono gli stessi vantaggi e svantaggi descritti precedentemente nel caso dell’attivazione diretta, con l’aggiunta che le restrizioni conformazionali sono ancora più gradite visto il gran numero di isomeri possibili nei sistemi coniugati. Un esempio virtuoso di questo tipo di attivazione è riportato in Figura 3.9, e si riferisce a una Diels-Alder tra diciclopentadiene e un ossazolidinone α,β-insaturo. O O Me N H O + O N Me O O Figura 3.9 Il complesso meccanismo di questo processo, catalizzato da Ti, sarà illustrato nel Capitolo successivo. 3.2 Catalizzatori basici di Lewis. Sebbene inizialmente meno apprezzate degli acidi di Lewis, le basi di Lewis stanno destando interesse crescente nel ruolo di catalizzatori, e scenari sempre più promettenti si stanno rapidamente profilando in seguito al loro uso. I catalizzatori basici di Lewis agiscono attraverso interazioni col substrato di tipo sia covalente sia non covalente, come illustrato schematicamente in Figura 3.10. B* B* S1'-B* + S2 S1 + S2 P interazione covalente B* S1 + S2 B* S1'...B* + S2 P...B* P interazione non covalente Figura 3.10 Il primo modo di attivazione è di gran lunga il più usato, e prevede la reazione di una base di Lewis chirale B* con un substrato S1 a formare un addotto covalente S1’-B*. Se la porzione S1’ è 46 achirale, allora si verifica tipicamente trasferimento di chiralità quando l’addotto reagisce con un secondo substrato S2 a formare un prodotto P enantiomericamente arricchito. Meno frequente è invece la formazione di un addotto non covalente S1’…B*, che deve risultare più reattivo del reagente isolato (secondo esempio di Figura 3.10). Il tipo di ciclo è del tutto simile a quello illustrato nel caso di interazione covalente. Sebbene, come anticipato, l’uso delle basi di Lewis (anche noto come organocatalisi) sia molto efficace ed esistano molti esempi di processi catalitici con grande efficienza, ulteriori approfondimenti esulano dagli scopi didattici di questi appunti, che sono incentrati prevalentemente sull’uso di catalizzatori metallici (e quindi acidi di Lewis). 3.3 Catalizzatori acidi di Brønsted Come nel caso delle basi di Lewis, recentemente è sorto un significativo interesse anche nei confronti della catalisi promossa da acidi di Brønsted. Secondo il meccanismo di azione, questi catalizzatori possono essere divisi in due grandi categorie: la prima, cui appartengono acidi che attivano il substrato stabilendo con esso un legame a idrogeno reversibile; la seconda, nella quale si distinguono i catalizzatori acidi che danno luogo a una protonazione (enantioselettiva) del substrato (prochirale). Anche in questo caso, si presenterà una rapida panoramica dei due possibili scenari, rimandando a letture più specializzate ulteriori eventuali approfondimenti. Attivazione mediante legame a idrogeno. Il comportamento catalitico di un acido protico è a tutti gli effetti assimilabile a quello di un acido di Lewis, il cui uso è stato descritto all’inizio di questo Capitolo. La differenza principale consta nel fatto che con gli acidi di Lewis è possibile modulare l’attività e la stereochimica del centro attivo con una scelta appropriata del metallo e del suo intorno di coordinazione, adattando così il catalizzatore a ogni particolare substrato (in Figura 3.11 è riportato un esempio di interazione tra un acido di Lewis e un acido protico con lo stesso substrato). BRn MLn H O R' O H R' H Figura 3.11 Nel caso in cui l’interazione coinvolga il protone, la minor versatilità pone gli acidi di Brønsted in una condizione di svantaggio nei confronti degli acidi di Lewis, sebbene la possibilità di usarli in soluzioni acquose, unita all’attitudine a promuovere reazioni in condizioni blande e senza l’uso di metalli, ne può far preferire la scelta in più di una occasione. 47 La natura del legame a idrogeno che si istaura tra il catalizzatore acido di Brønsted e il substrato può essere molto varia. I legami a idrogeno hanno una forza che spazia da 1 a 40 kcal/mol, con relativi angoli compresi tra 90 e 180°. Nella maggior parte delle applicazioni catalitiche, il legame a idrogeno ha una forza moderata, compresa tra 4 e 15 kcal/mol, cui corrispondono angoli di legame tra 140 e 180°. I catalizzatori più tipicamente usati sono quelli riportati nella Figura 3.12. OH O OH O P R OH acido fosforico da BINOL, pka= 2 BINOL, pKa= 9 N H O O + CO2H H prolina, pka= 2 N N H N H R urea, pKa= 2 Ar Ar CO2Me H R O R O OH OH Ar Ar taddolo, pka= 12 prolina metil estere, pka= 11 Figura 3.12 Un esempio di applicazione in catalisi asimmetrica può essere quello relativo all’uso di un derivato del BINOL nella reazione di Morita-Baylis-Hillman di Figura 3.13, accoppiamento tra un’aldeide e una specie elettron-attrattrice α,β-insatura con formazione di un alcol allilico. In questo specifico caso, il bifenolo chirale (indicato con B-H) stabilisce un legame a idrogeno con l’enone e catalizza la formazione di una specie zwitterionica derivante dall’attacco della fosfina al doppio legame. L’intorno stereochimico della specie risultante favorisce l’addizione stereoselettiva al substrato aldeidico. La successiva eliminazione della fosfina restituisce il protone all’alcol consentendogli di partecipare al ciclo successivo. O - H-B O + Et3P O R B-H + PEt3 B-H OH O O- H O R R + Et3P Figura 3.13 48 Attivazione mediante protonazione del substrato. L’esempio riportato nel paragrafo precedente mostra come un acido protico possa comportarsi alla stregua di un acido di Lewis, attivando il substrato attraverso una interazione reversibile. Dopo l’evento reattivo enantiodiscriminante, il legame a idrogeno, che con il prodotto risulta indebolito, è ristabilito con una successiva molecola di substrato, permettendo così l’iterazione del ciclo. Invece, qualora l’acido protico abbia il ruolo di introdurre (enantioselettivamente) il protone nel substrato prochirale, risulta più delicata la sua restituzione alla fine del ciclo catalitico. Anche per questo motivo, l’approccio risulta oggi ancora confinato a un numero limitato di applicazioni, che prevedono sempre il compimento di un delicato bilancio tra le proprietà acidobase di tutti gli ingredienti, e spesso sono limitate da prestazioni non esaltanti e dalla scarsa tolleranza dei gruppi funzionali alle condizioni di reazione. 3.4 Catalizzatori basici di Brønsted Come nel caso dei catalizzatori acidi corrispondenti, l’uso delle basi di Brønsted in catalisi asimmetrica è ancora sporadico, soprattutto perché, per definizione, la loro interazione con acidi è limitata al semplice protone. Tipicamente, le basi di Brønsted partecipano a cicli catalitici complessi, con più stadi di attivazione, uno dei quali prevede il loro coinvolgimento. Un esempio è quello della reazione aldolica catalizzata da un complesso eterobimetallico derivato dal BINOL e contenente Li+ e un lantanide Ln nello stato di ossidazione III (Figura 3.14). Li O O Ln O O O Li O R1 Li O O O Ln O O O Li H O R1 LiO O H H O Li sito basico R2 thf Li LiO O O O Ln O H O O R2 Li Li O O O Ln O O O Li R1 Li thf thf OH O R2 R1 Li H O O O O Ln O O O R2 Li Li catalizzatore O R1 Figura 3.14 49 Il catalizzatore combina una funzione basica di Brønsted (l’ossigeno dell’alcolato) con una funzione acida di Lewis (il metallo centrale). La prima serve per la deprotonazione del substrato chetonico, con formazione di un enolato. Questi attacca la molecola di aldeide, a sua volta attivata dalla coordinazione del carbonile al lantanide acido di Lewis. L’addotto organico, riacquistando il protone, dà luogo al prodotto chirale e restituisce il catalizzatore intatto. 3.5 Catalizzatori a coppia ionica In una reazione di catalisi asimmetrica sono spesso coinvolti substrati dotati di carica, sia cationici sia anionici. Pertanto, in ambedue i casi, essi sono accompagnati da controioni di segno opposto, il cui ruolo è spesso trascurato. Può però accadere che questi ultimi siano specie chirali capaci di trasmettere la propria informazione stereochimica, consentendo di promuovere la reazione in modo asimmetrico. Il punto chiave per realizzare con successo questo tipo di trasformazione risiede nell’efficace recupero del controione chirale per poter riavviare un nuovo ciclo catalitico (come schematizzato in Figura 3.15, dove X*+ e Y*- sono rispettivamente un catione e un anione chirale). catalizzatore cationico chirale prodotto neutro reagente catalizzatore anionico chirale X*+Ysubstrato prodotto neutro reagente substrato modificato- X*+ X+Y*substrato substrato modificato+ Y*- Figura 3.15 Un esempio seminale di applicazione di questo tipo di catalisi è quello descritto in Figura 3.16, e si riferisce alla reazione di enolati in condizioni bifasiche acqua/solvente organico. Il ciclo comincia con la deprotonazione in soluzione acquosa del chetone con formazione del sale sodico dell’enolato, solubile solo in acqua. Questo si trasferisce all’interfaccia dove incontra la specie Y+Cl- (dove Y+ è un catione chirale derivato dalla cincona), rilasciando NaCl in acqua, e dando luogo a una coppia ionica solubile nel solvente organico. In questo ambiente, l’enolato incontra il reagente MeCl che dà luogo all’alchilazione, il cui decorso sarà enantioselettivo per via dell’intorno chirale creato dal catione. In questo modo, si forma un prodotto neutro, solubile nel solvente organico, e si rigenera il catalizzatore che può avviare il ciclo successivo. 50 Cl O Cl Cl- N+ Me Cl OH Ph MeO N CF3 OH Cl O - Ph Y*+ Cl O-Na+ Cl MeO Ph MeO solubile solo in acqua Cl MeCl O-Y*+ NaCl Cl Ph MeO solubile solo in solvente organico Figura 3.16 Il tipo di catalizzatore cationico usato più di frequente è basato sulla struttura della cincona, anche se ovviamente non vi sono preclusioni sulla sua natura. La strategia illustrata si applica bene anche al caso in cui l’informazione chirale sia portata dall’anione. Questo approccio si può utilizzare con substrati che normalmente reagiscono in forma neutra, ma che, per opportuna modifica, possono dar luogo alla stessa reazione come cationi. Oppure, l’anione chirale può essere il controione di un complesso achirale, il cui centro metallico catalizza la reazione in modo enantioselettivo per effetto dell’intorno asimmetrico creato dall’anione. Per esempio, questo è stato realizzato in processi promossi da composti fosfinici cationici di oro(I), contenenti l’anione chirale fosfato derivato dal BINOL (Figura 3.17). i-Pr Me i-Pr i-Pr O P O O i-Pr + Me P Au Ph O i-Pr i-Pr Figura 3.17 3.6 Catalizzatori transfer di gruppi I catalizzatori transfer di gruppi sono quelli che promuovono reazioni che avvengono in due fasi (Figura 3.18). 51 substrato catalizzatore reagente attivatore catalizzatore reagente disattivato gruppo substrato gruppo Figura 3.18 Nella prima, il catalizzatore chirale reagisce con un reagente achirale con formazione di una specie attivata contenente un gruppo “trasferibile”. Nella seconda, la specie attivata trasferisce in modo enantioselettivo il gruppo a un substrato prochirale, spesso senza coordinazione di quest’ultimo, dando luogo al prodotto chirale e rigenerando la specie catalitica. Molte sono le reazioni che procedono con questo meccanismo: ciclopropanazioni, epossidazioni, diidrossilazioni, aziridinazioni. A titolo di esempio, si riporta il meccanismo proposto per l’epossidazione di alcheni prochirali cis catalizzata da complessi di manganese contenenti leganti chirali tipo salen, reazione che conduce a un prodotto trans e un prodotto cis, entrambi chirali (Figura 3.19). enantiomeri (R) ox Me O Me Ph (R) Me (R) Ph O (S) Ph (S) O Me (S) Me (S) Ph O (R) Ph enantiomeri Figura 3.19 Secondo gli studi più accreditati, il complesso di Mn(III) subisce un’ossidazione da parte dell’ossidante (per esempio NaClO), con formazione di un osso complesso di Mn(V). Questo stadio costituisce la prima fase, e il gruppo “osso” è quello “trasferibile” (Figura 3.20). 52 O N O ox N O Mn Ph N O Mn N O Ph Ph Me Me O Me N O O prodotto cis Mn N O Figura 3.20 Successivamente, l’alchene prochirale si approssima a questa specie, generando un radicale benzilico. L’immediata chiusura di quest’ultimo fornisce l’epossido cis, che sarà chirale qualora l’alchene venga invitato, dall’intorno asimmetrico generato dal legante, ad avvicinarsi con una sola delle due enantiofacce. In Figura 3.20, per comodità, è rappresentata un’unica possibilità. Nel prossimo capitolo sarà invece spiegata in maggior dettaglio l’origine dell’enantioselettività. Se la chiusura dell’anello epossidico è anticipata dalla rotazione lungo il legame singolo C-C, allora l’epossido avrà configurazione trans (Figura 3.21). O N O ox N O Mn Ph N O Mn N O Ph Ph Me O Me Me Me O N O O prodotto cis Ph prodotto trans Mn N O Me O N O Ph N Mn O Figura 3.21 3.7 Catalizzatori di cross-coupling Un processo affine a quello presentato nella sezione precedente è il cross-coupling, in cui due gruppi sono accoppiati da un catalizzatore che promuove la formazione di un nuovo legame. In questo caso (Figura 3.22), il ciclo catalitico prevede uno stadio in cui ambedue i gruppi 53 risultano legati al centro metallico simultaneamente. Perché ciò avvenga è quindi necessaria la loro introduzione sequenziale sul centro metallico, seguita dall’eliminazione del prodotto attraverso il loro accoppiamento. gruppo 1 catalizzatore sottoprodotto 1 reagente gruppo 2 sottoprodotto 2 reagente gruppo 1 catalizzatore catalizzatore gruppo 1 gruppo 2 gruppo 1 gruppo 2 Figura 3.22 Un classico esempio di accoppiamento è quello relativo alla reazione di Suzuki, che prevede la formazione di un legame C-C a partire da un alogenuro arilico e un acido arilboronico: Ar-I + Ar’-B(OH)2 → Ar-Ar’ + I-B(OH)2 Il meccanismo semplificato della reazione è proposto in Figura 3.22, e coinvolge l’addizione ossidativo dell’alogenuro arilico al complesso di palladio(0) con formazione di un intermedio arilico di palladio(II). A questo punto, si ha lo scambio dell’alogenuro con il secondo frammento arilico Ar’ ceduto dal derivato boronico, seguito dall’accoppiamento Ar-Ar’, che fornisce il prodotto restituendo il catalizzatore al ciclo. Ar2 L Pd Ar1 X L HO B OH X Ar1 X HO L Pd L B OH L Pd Ar1 Ar2 L Ar1 Ar2 Figura 3.23 Un esempio di coupling di Suzuki asimmetrico è offerto dalla Figura 2.20, in cui l’enantioselettività del processo dipende dalla conformazione relativa dei due frammenti arilici legati al palladio prima della loro eliminazione. 54 3.8 Catalizzatori che attivano attraverso coordinazione π. I principali modi di coordinazione π riguardano i sistemi η2-olefinici, η3-allilici, η4-butadienici e η6-arenici (Figura 3.24). M attivazione η2 M M M attivazione η3 attivazione η4 attivazione η6 Figura 3.24 L’attivazione π per eccellenza è ovviamente quella a carico degli alcheni, che, in seguito alla coordinazione η2, subiscono una profonda modifica della densità elettronica π, attraverso il ben noto meccanismo di σ-donazione e π-retrodonazione (Figura 3.25). M M π-retrodonazione σ-donazione Figura 3.25 Questo consente la loro attivazione nei confronti di un ventaglio di reazioni, che tipicamente li coinvolgono in processi di inserzione, e come elettrofili. Catalizzatori che attivano attraverso coordinazione π di tipo η2. Questo tipo di attivazione è di gran lunga la più classica e applicata nell’ambito delle reazioni catalitiche coinvolgenti alcheni. Trova infatti riscontro nell’idrogenazione, nell’idroformilazione, nel processo Wacker, nella reazione di Heck e così via. Un primo esempio può essere fatto proprio relativamente alla reazione di Heck (catalizzata da complessi di palladio), che, nella sua classica versione, procede attraverso la sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo arilico: RCH=CHR’ + Ar-X → RCH=C(Ar)R’ + H-X Nella sua versione asimmetrica, tipicamente si usano come substrati anelli insaturi a 5-7 atomi, e il meccanismo è quello proposto in Figura 3.26. 55 L2Pd O OTf OTf L2Pd base L2Pd TfO- L2Pd+ base.HOTf O H OTf OTf L2Pd O O Figura 3.26 Il meccanismo prevede addizione ossidativa del legame C-X (in questo caso del fenil triflato) con ottenimento di una specie arilica di palladio(II). Segue coordinazione dell’alchene prochirale che dà luogo a inserzione nel legame Pd-C. A questo punto, il frammento idrocarbilico è coinvolto in una β-eliminazione, che risulta nella formazione del prodotto chirale. Il catalizzatore di palladio(0) è ripristinato per reazione con una base B presente nel sistema di reazione. E’ interessante osservare che la posizione del doppio legame nel prodotto non è quella iniziale, per motivi legati alla stereochimica dell’anello coinvolto nella reazione di β-eliminazione. Infatti, per ripristinare la posizione originaria dovrebbe essere coinvolto l’atomo di idrogeno geminale al fenile entrante, che però si trova in posizione trans rispetto al palladio e non può β-eliminare. L’eccesso enantiomerico del prodotto è legato alla capacità del legante chirale nel creare un intorno asimmetrico capace di indurre coordinazione selettiva di una sola delle due facce dell’alchene prochirale. Un altro esempio rilevante, già descritto in Figura 2.19, è quello relativo all’idrogenazione di enammidi catalizzata da complessi di rodio. In questo caso, come spiegato in dettaglio precedentemente, è interessante osservare come l’eccesso enantiomerico del prodotto non dipenda dalla capacità del legante a indurre coordinazione selettiva dell’alchene prochirale, ma piuttosto dalle velocità relative con cui gli addotti olefinici diastereoisomerici danno luogo ad addizione ossidativa di idrogeno. 56 Quelli citati sono solo due esempi dimostrativi della grande importanza che riveste l’attivazione di alcheni attraverso coordinazione π. Tra l’altro, essa è ortogonale ad altri modi, e quindi presenta grande tolleranza nei confronti di altri gruppi funzionali, garantendo in genere elevata selettività. Catalizzatori che attivano attraverso coordinazione π di tipo η3. La coordinazione η3 è tipica dei sistemi π-allilici, il cui meccanismo di legame prevede una donazione di due coppie elettroniche dal legante idrocarbilico anionico al centro metallico (Figura 3.27). M M σ-donazione π-donazione Figura 3.27 Questo tipo di interazione attiva il legante allilico (in particolare i due atomo di carbonio terminali) nei confronti di nucleofili, fenomeno che trova la sua applicazione più suggestiva nella sostituzione allilica promossa da palladio, il cui ciclo catalitico può essere descritto semplicemente X come in Figura 3.28. Nu R R - + Nu R + X- R R L2Pd X X R R R R L2Pd+ L2Pd R R R Nu R X- Nu- L2Pd Nu R Figura 3.28 Tipicamente, il catalizzatore di palladio(0) subisce coordinazione η2 da parte del substrato allilico, e successiva addizione ossidativa da parte di quest’ultimo con ottenimento di un complesso π-allilico. Questi subisce attacco da parte del nucleofilo esterno Nu-, con formazione del prodotto, a sua volta coordinato η2, che è successivamente rilasciato, consentendo al ciclo di ripartire. Secondo la natura del substrato allilico di partenza (racemo, achirale, meso) esistono varie 57 possibilità di induzione di asimmetria. Nell’esempio riportato in Figura 3.27, ad esempio, si parte da un substrato chirale racemo, che, in seguito ad addizione ossidativa, dà luogo a un complesso in cui l’allile è achirale. I due atomi di carbonio terminali del sistema allilico sono però resi enantiotopici dalla presenza del legante chirale sul palladio, e quindi l’attacco selettivo su uno di essi restituisce un prodotto chirale. Nel prossimo capitolo questo aspetto verrà spiegato in maggior dettaglio. 58 4. L’induzione di asimmetria 4.1 I leganti privilegiati Uno degli obiettivi principali della catalisi asimmetrica è la progettazione razionale di nuovi catalizzatori. Il raggiungimento di questo traguardo è in genere un compito molto arduo, soprattutto perché il livello di comprensione dei meccanismi della catalisi e delle specie attive coinvolte è spesso scarso e di difficile previsione. Inoltre, la differenza in energia tra i vari possibili stati di transizione che conducono a prodotti enantiomerici è spesso così esigua da rendere proibitiva ogni facile razionalizzazione. Per questi motivi, l’ottimizzazione di un catalizzatore è spesso frutto di un cocktail di fattori, che comprende progettazione, intuizione e serendipità. In ogni caso, il metodo più comune con cui un legante trasferisce la propria informazione chirale al substrato è attraverso il controllo sterico, e quindi, per capirne le modalità, è necessaria la conoscenza della struttura tridimensionale delle specie coinvolte, esercizio che diventa particolarmente complesso qualora il legante presenti molti gradi di flessibilità, e sia conformazionalmente dinamico. Questo aspetto, unito alla pluralità di reazioni catalitiche oggetto di studio e applicazione, si manifesta in un’intensa attività di ricerca, volta a progettare e valutare in catalisi nuovi leganti chirali, e a definirne le modalità di coordinazione ai centri metallici coinvolti nelle catalisi. Tra le migliaia di leganti oggi noti, un gruppo selezionato è stato indicato come privilegiato (Figura 4.1), termine indicato dal chimico americano Jacobsen per definire strutture di vasta e comprovata abilità, usate di regola per scoprire nuovi processi enantioselettivi e per migliorare l’efficienza di quelli già conosciuti. N N OH R BINAP (X= PPh2) BINOL (X= OH) R N O O X X R N LEGANTE DI BRINTZINGER CINCHONIDINE BOX P OHHO R R N O OH HO P R DUPHOS N R R SALEN O TADDOLO E DERIVATI Figura 4.1 59 Nelle prossime pagine verrà presentata una breve descrizione del funzionamento di alcuni di essi, e di come la loro struttura tridimensionale risulti determinante nell’indirizzare l’enantioselettività di processi selezionati di rilevanza sintetica. Gli esempi serviranno anche da spunto per introdurre o ribadire alcuni concetti base. Bis(ossazoline). Le bis(ossazoline) sono leganti bidentati a simmetria C2 (Figura 4.2). O O N N N N R R O O M R BOX L R L Figura 4.2 Trovano applicazione in un gran numero di processi catalitici, quali le ciclopropanazioni, le aziridinazioni, le reazioni di Diels-Alder, le alchilazioni alliliche. In seguito a coordinazione, danno luogo a un anello ciclometallato a sei membri, quasi planare. L’aspetto stereochimico caratteristico è la presenza di due sostituenti R ingombranti sugli atomi stereogenici degli anelli ossazolinici, che si posizionano in stretta vicinanza del centro metallico e dei siti di coordinazione del substrato, come appare evidente dalla struttura del complesso rappresentativo [{(S,S)-t-Bu- BOX)}Cu(OH2)2](SbF6)2, riportata in Figura 4.3. Figura 4.3 E’ palese dalla figura come i due sostituenti t-butili si estendano verso le posizioni occupabili da un eventuale substrato, ingombrando selettivamente due settori dei quadranti con cui si è soliti suddividere lo spazio intorno al metallo. A questo proposito, infatti, vale la pena ricordare che, per una immediata rappresentazione dell’occupazione sterica intorno al metallo, e quindi per dedurre la stereoselettività di coordinazione di un substrato, l’intorno di coordinazione è suddiviso in quattro quadranti, la cui linea di demarcazione orizzontale coincide con il piano o lo pseudopiano del catalizzatore. In particolare, i 60 quadranti sono colorati in grigio qualora siano occupati da sostituenti del legante chirale, mentre sono incolori nel caso in cui le regioni di spazio siano nettamente più sgombre. La Figura 4.4 mostra, a titolo di esempio, lo schema per un catalizzatore C2 simmetrico contenente l’ossazolina di Figura 4.3. R' R' M R' R' (b) (a) (c) Figura 4.4 Appare evidente dalla Figura 4.3 come i sostituenti t-butili vadano a occupare i due settori in alto a sinistra e in basso a destra (dando luogo al diagramma di Figura 4.4a), favorendo così l’avvicinamento di un substrato prochirale, come per esempio un’olefina trans, attraverso una sola delle due facce (Figura 4.4b), svantaggiando l’altra (Figura 4.4c). Un’applicazione notevole delle bis(ossazoline) è nell’alchilazione allilica asimmetrica promossa da Pd (già schematizzata in Figura 3.27), il cui decorso stereochimico può essere proficuamente proposto in Figura 4.5, qualora il legante sia (S,S)-Bn-BOX (Bn= benzile). H OAc AcO H Ph Bn N Ph H Nu Ph + Pd Nu- meno stabile Ph [Pd(Bz-BOX)] [Pd(Bz-BOX)] Nu H Bn Ph + N Pd (R) Ph Ph (S) H N Ph Bn Nu- H N Bn H Nu Ph H + N Pd N Bn Ph Ph H più stabile H Ph Bn Nu Ph Ph più abbondante meno abbondante Figura 4.5 61 Indipendentemente dalla sua configurazione, l’addizione ossidativa del substrato (presente come racemo) al precursore di Pd(0) contenente il legante bis(ossazolinico) fornisce un intermedio in cui il legante π-allilico è simmetrico. A questo punto, il nucleofilo esterno Nu- può attaccare i due atomi di carbonio terminali, tra loro enantiotopici, dando luogo rispettivamente ai due prodotti enantiomerici, inizialmente ancora coordinati η2 al centro metallico. Appare evidente come uno dei due complessi intermedi olefinici (e quindi più precisamente lo stato di transizione che ad esso conduce) sia reso meno stabile dalla presenza di contatti sterici sfavorevoli tra i sostituenti sull’alchene e il benzile del legante bidentato. Questa situazione avvantaggia il percorso illustrato a destra, favorendo l’ottenimento preferenziale di uno dei due enantiomeri. E’ interessante osservare come l’addizione ossidativa del substrato conduca all’ottenimento di un unico intermedio π-allilico, indipendentemente dalla orientazione (M o W) del legante idrocarbilico rispetto al piano di coordinazione (Figura 4.6). Bn N Ph H + Pd H Bn Ph N N Ph Bn H Pd + H Ph N Bn orientazione W orientazione M Figura 4.6 In questo caso, infatti, è facile intuire come le due possibili orientazioni diano vita allo stesso composto, a causa della simmetria C2 del legante bidentato. Non altrettanto sarebbe accaduto qualora il legante avesse avuto simmetria C1, come per esempio si osserva nel caso di chelanti con due atomi donatori diversi, quali, per esempio, N e P (Figura 4.7) N Ph H + Pd H Ph N P Ph H Pd + H Ph P orientazione W orientazione M Figura 4.7 Ora, i due composti non sono più sovrapponibili, e, pertanto sono tra loro diastereoisomeri. La loro interconversione può avvenire attraverso il classico meccanismo η3-η1-η3, che prevede il passaggio del legante idrocarbilico attraverso una forma coordinata attraverso un solo atomo di carbonio, spesso assistita da un legante esterno (Figura 4.8). N Ph H + Pd H P Ph orientazione M +L H Ph Ph N + Pd P L -L Ph N H Pd + H Ph P H H orientazione W 62 Figura 4.8 L’aspetto principale di questa considerazione stereochimica è che in questo caso entrambi gli intermedi devono essere tenuti in considerazione nel meccanismo di reazione, e, quindi la sua interpretazione e la previsione dell’esito stereochimico della reazione si complica notevolmente. Va anche rilevato come ora gli attacchi ai due atomi di carbonio terminali del substrato allilico siano inequivalenti, non solo più stericamente, ma anche elettronicamente, in quanto uno avverrebbe in trans all’atomo di P e l’altro in trans a quello di N. Questo esempio vale come testimonianza di una valutazione generale riguardo la simmetria dei leganti chirali, vale a dire che nella loro scelta si è sempre tipicamente preferito mantenere la simmetria C2 allo scopo di ridurre il numero di possibili intermedi e stati di transizione, anche per garantire maggiore selettività al processo. Va anche detto però che, recentemente, è stata invece dimostrata la validità di moltissime tipologie di leganti a simmetria C1, il che parzialmente smentisce le osservazioni appena menzionate. BINOL e derivati. Una classe molto importante di leganti privilegiati è quella derivata dall’alcol atropoisomerico BINOL (1,1’-bi-2-naftolo, Figura 4.9) 1 1' 2 2' OH OH 1 1' 3 R 2 2' OH OH 3' R BINOL e derivati 3,3'-disostituiti Figura 4.9 Il BINOL è stabile nei confronti della racemizzazione perché la rotazione intorno al legame C1C1’ è impedita da una barriera di 37-38 kcal/mol. Ne consegue che non si osserva racemizzazione neppure a 100°C in una miscela acqua/diossano in un intervallo di tempo pari a 24h. Il BINOL e i suoi derivati sono ottimi leganti di centri metallici, e i relativi complessi risultano spesso eccellenti catalizzatori per processi asimmetrici. Gran parte dell’abilità del legante a indurre enantioselettività è imputabile alla conformazione “skew” che il legante adotta in seguito alla coordinazione, come ben si evince dalla rappresentazione schematica di Figura 4.10, in cui è anche riportata la relativa occupazione nello spazio con il diagramma dei quadranti. R O O R L M L M 63 Figura 4.10 I due sostituenti R nelle posizioni 3 e 3’ si protendono in avanti e vanno a occupare due quadranti opposti, lasciando liberi gli altri due. In questa situazione, ad esempio in un catalizzatore tetraedrico, un substrato planare prochirale L’ può essere facilmente attaccato solo da una delle due facce, dando così luogo a un prodotto enantiomericamente arricchito (Figura 4.11). Infatti, come si deduce dalla figura, l’attacco da sopra è ostacolato dal gruppo R (in questo caso un fenile), mentre non vi è alcuna inibizione per un nucleofilo proveniente dal di sotto del piano del foglio. attacco libero L' O M O L attacco inibito Figura 4.11 BINAP. Il BINAP, al pari del BINOL, è un legante assiale chirale, che presenta una conformazione non co-planare degli anelli binaftilici (Figura 4.12). 1 1' 2 2' PPh2 PPh2 (S,S)-BINAP Figura 4.12 Anche in questo caso, la rotazione lungo il legame centrale C-C è impedita, e quindi il legante è stabile nei confronti della racemizzazione. Il BINAP è estremamente versatile, e può accomodare metalli di diverso raggio, ottimizzando il legame per rotazione intorno al legame C-C appena citato, e intorno ai legami tra gli atomi di fosforo e quelli di carbonio 2 e 2’. Tuttavia, una volta stabilita la coordinazione, la struttura metallaciclica risultante diventa molto rigida. Il legante trasmette asimmetria al substrato coordinato al centro metallico tramite la posizione e l’orientamento dei quattro gruppi fenili diastereotopici. Infatti, due di questi assumono una conformazione pseudo-assiale, gli altri due pseudo-equatoriale, come appare chiaro dalla struttura mostrata in Figura 4.13 del complesso con il Ru(acetato)2 (gli ioni acetato non sono mostrati per maggior chiarezza). 64 Figura 4.13 Gli anelli pseudo-equatoriali si estendono al di là del centro metallico, fiancheggiandolo, mentre quelli pseudo-assiali si orientano da parte opposta. Il motivo chirale che deriva da questo arrangiamento sterico determina l’enantiocontrollo sul sito di coordinazione del substrato. Una rappresentazione più immediata è ovviamente offerta dal modello a quadranti, in cui viene evidenziato il modo con cui i fenili pseudo-equatoriali vadano a intralciare le regioni in alto a destra e in basso a sinistra (Figura 4.14). M P M P Figura 4.14 Leganti di Brintzinger. Questi leganti danno vita alla categoria di complessi ansa-metalloceni, tipicamente contenenti metalli di transizione del gruppo 4b (Ti, Zr e Hf), e il suo esemplare più rappresentativo è il legante C2 simmetrico, etilene-1,2-bis(η5-4,5,6,7-tetraidro-1-indenile), abbreviato in EBTHI, di cui è riportata in Figura 4.15 la rappresentazione di un complesso da due diversi punti di vista. X M X M X X Figura 4.15 Tra le molte reazioni che questa classe di composti è in grado di promuovere, si può citare la idrosililazione di immine cicliche catalizzata dal complesso Ti(EBTHI)F2 (Figura 4.16). 65 N H N H-[Si] MeOH Figura 4.16 Il decorso stereochimico può essere facilmente previsto sulla base dell’intorno sterico creato dal legante bidentato, reso rigido dalla presenza del ponte etilenico che collega i frammenti idrocarbilici. Senza entrare nel dettaglio del meccanismo, si può semplicemente partire dall’osservazione che lo stadio enantiodeterminante consiste nell’inserzione dell’immina prochirale in un legame Ti-H generato da un adatto silano, come H3SiPh, i cui stadi di transizione diastereoisomerici sono rappresentati in Figura 4.17. contatto sterico H N (S) H M N H M N H N (R) Figura 4.17 Dalla Figura si evince chiaramente come la coordinazione di una delle due facce prochirali dell’immina sia destabilizzata dalla presenza di un contatto sterico proibitivo tra il fenile del substrato e uno degli anelli indenilici. E’ questo che determina un vantaggio energetico per l’altro cammino, e quindi favorisce l’ottenimento dell’enantiomero (S). Leganti derivati dal TADDOLO. Una famiglia di leganti ampiamente sfruttata in catalisi asimmetrica è quella dei leganti derivati dal TADDOLO, la cui struttura prende origine dall’acido tartarico (Figura 4.18). Ph Ph OH O OH Ph Ph Ph Ph O O M O O Ph Ph TADDOLO TADDOLato O Figura 4.18 In seguito a deprotonazione degli atomi di ossigeno, i leganti diventano ottimi coordinanti O,O’dianionici per una varietà di metalli di transizione, principalmente appartenenti ai primi gruppi della serie (Figura 4.18). La conformazione adottata dai TADDOLati è ben nota e prevede la formazione di anello 66 biciclico a 10 membri, i cui stereocentri sono però a una certa distanza dal sito di coordinazione di eventuali substrati. Tuttavia, essi impartiscono una precisa conformazione al metallaciclo adiacente, facendo assumere ai gruppi fenilici diastereotopici un arrangiamento pseudo-equatoriale/pseudoassiale. I due anelli pseudo-assiali si dispongono antiperiplanari rispetto ai contigui legami C-H diossolanici. In questo modo, la asimmetria dei centri stereogenici è trasferita in avanti, verso il metallo e verso i siti di coordinazione del substrato. L’intorno chirale che si viene a creare è descritto in Figura 4.19, dove sono riportate due visioni parziali di una struttura di un complesso [TiCl2(TADDOLato)]. Appare evidente come i due anelli pseudo-assiali siano responsabili del trasferimento di chiralità verso il centro metallico, mentre quelli pseudo-equatoriali siano invece nettamente più arretrati e il loro effetto quasi nullo. Figura 4.19 Per illustrare un uso virtuoso in catalisi di questa famiglia di leganti si può prendere in considerazione la reazione di Diels-Alder tra il diciclopentadiene e l’N-acilossazolidinone di Figura 4.20, catalizzata da un complesso di titanio(IV). O O N O + R H [TiCl2(TADDOLato)] (S) R O N O O Figura 4.20 In questo processo si ritiene che il dienofilo sia attivato attraverso la sua coordinazione bidentata al titanio, con formazione di un addotto ottaedrico, come quello di cui la Figura 4.21 riporta la struttura ottenuta da cristallo singolo. 67 Figura 4.21 In questo caso, gli ossigeni del TADDOLato sono in posizione equatoriale, mentre i due atomi di cloro occupano le due posizioni trans-assiali. Originariamente era stato proposto che proprio questa fosse la struttura dell’intermedio attivo in catalisi, nonostante alcune evidenti contraddizioni. Innanzi tutto, il legame C=C del dienofilo impegnato nella reazione si trova ben distante dall’intorno chirale promosso dal legante, e questo non chiarisce come la reazione possa procedere con alta enenatioselettività. Inoltre, entrambi i carbonili del dienofilo sono in trans ai due atomi di ossigeno di natura alcossidica, e quindi basica, del TADDOLato, il che non favorisce l’attivazione del substrato. Un ragionamento plausibile, infatti, suggerirebbe un’attivazione più efficace qualora il carbonile adiacente al doppio legame reattivo fosse in trans al cloruro. Per questo motivo, lo studio del meccanismo della reazione è stato approfondito, e studi teorici hanno rivelato che ben cinque sono i possibili stereoisomeri coinvolti nel processo di attivazione del dienofilo. Questi intermedi sono rappresentati in Figura 4.22, dove le lineette verticali sul legante chirale rappresentano le orientazioni dei fenili pseudo-assiali. R R O O Cl O O Ti Cl A O O O N R N O O O O Ti O Cl O O N Ti ClO O O O O Ti O N O Cl O R O O N Ti ClO Cl Cl Cl Cl B C D E R Figura 4.22 Nell’isomero A tutti gli atomi di ossigeno sono in posizione equatoriale, i diastereoisomeri B e C mostrano l’atomo di ossigeno del carbonile adiacente al doppio legame in trans rispetto al cloruro, mentre in D ed E questi è in trans rispetto a un atomo di ossigeno del TADDOLato. 68 Uno studio approfondito ha anche dimostrato che solo tre dei cinque isomeri sono effettivamente presenti in soluzione, in rapporto 70:24:6, e il più abbondante è proprio l’isomero A di cui è stata proposta la struttura in Figura 4.21. Questi è anche il più stabile perché l’arrangiamento relativo dei leganti minimizza i contatti di non legame. I tentativi di assegnare la geometria agli altri due isomeri presenti in soluzione non hanno portato a risultati incontrovertibili. Tuttavia, è apparso chiaro che più importante dell’abbondanza relativa dei vari isomeri, è il grado con cui ciascuno di essi riesce ad attivare il substrato. Studi teorici supplementari hanno così rivelato che il massimo grado di attivazione si riscontra nelle geometrie B e C, seguito da quello offerto dalle geometrie D e E, ambedue più reattive di A, come dimostrato dal fatto che quest’ultimo può essere sia osservato in soluzione, sia addirittura isolato allo stato solido in cristalli singoli. Pertanto, uno scenario plausibile per il meccanismo di reazione coinvolge un rapido equilibrio di scambio di substrato tra tutti e cinque gli isomeri, prevedibile sulla base della scarsa energia di legame prevista per la coordinazione del substrato al centro metallico (15 kcal/mol). Questo scambio è più rapido della reazione di cicloaddizione, che rappresenta lo stadio enantiodeterminante. Ne consegue che la reazione si trova nelle condizioni di applicabilità del principio di Curtin-Hammett (paragrafo 2.3), e quindi sono proprio gli intermedi B e C a condurre alla formazione del prodotto. In entrambi questi isomeri la faccia Si del substrato è schermata dal gruppo fenile pseudo-assiale del legante TADDOLato, e quindi l’attacco del diene è favorito sulla faccia Re, come proposto in Figura 4.20, e in accordo con l’esito stereochimico della reazione. R attacco alla faccia Si attacco alla faccia Re O O O N O O Ti Cl Cl B Figura 4.23 Questo esempio, così articolato, è paradigmatico per molti aspetti che riguardano lo studio di una reazione catalitica: mostra come siano possibili più intermedi attivi nel corso di una reazione catalitica, ciascuno con una propria reattività, dimostra come il principio di Curtin-Hammett possa 69 essere determinante nel capire il controllo stereochimico della reazione, e suggerisce l’importanza di studi combinati teorico-sperimentali per arrivare a una proposta verosimile del meccanismo di reazione. Leganti tipo salen. Questi leganti sono derivati chirali della saliciletilendiammina, acronimo salen, di cui la classe ideata da Jacobsen, basata sulla trans-1,2-cicloesandiammina, rappresenta l’esempio applicato con più efficacia in catalisi asimmetrica (Figura 4.24). N N OH HO (S) (S) N N OH HO t-Bu salen t-Bu legante di Jacobsen Figura 4.24 Essi, tipicamente, coordinano come leganti tetradentati dianionici N,N’,O,O’, in seguito a deprotonazione degli ossidrili. La Figura 4.25 mostra un esempio di complesso cationico di Mn(III). (S) N (S) + N Mn O t-Bu O t-Bu Figura 4.25 Numerose sono le reazioni asimmetriche catalizzate da complessi metallici contenenti questi leganti. Si possono citare le addizioni ai carbonili, le aperture di epossidi e l’ossidazione di alcheni ad epossidi chirali. In questo ambito, è interessante descrivere proprio il decorso stereochimico di quest’ultima reazione, il cui ciclo catalitico è stato già illustrato in Figura 3.21 nel caso del cis-βmetilstirene. Come citato precedentemente, la reazione procede con attacco dell’alchene al gruppo osso di un intermedio di Mn(V), formato in seguito all’ossidazione del precursore catalitico di Mn(III) di Figura 4.25. L’accesso all’alchene è però governato dal motivo sterico imposto dal legante, che assume la forma lenticolare schematizzata in Figura 4.26. Questo motivo sterico inibisce l’accesso dell’alchene da sinistra, e parimenti ne è ostacolato l’ingresso frontale dai due gruppi t-butili posti sugli anelli del legante. Risulta quindi nettamente preferito solo l’accesso da destra. 70 accesso impedito O N O Mn N accesso libero O accesso impedito Figura 4.26 A questo punto, l’alchene potrebbe accedere al gruppo osso con ciascuna delle due facce prochirali, dando luogo rispettivamente ai due epossidi chirali in configurazione cis (Figura 4.27). Tuttavia, gli stessi gruppi t-butili sul legante giocano ancora un ruolo importante, inibendo, a causa di un contatto sterico sfavorevole con il fenile dell’alchene, l’ingresso di una faccia, come in Figura 4.27a. Me O N O N Mn Me Ph Ph O contatto sterico O N O cis-(1R,2S) N Mn Ph Ph Me O Me cis-(1S,2R) O enantiomero favorito O enantiomero sfavorito (a) (b) Figura 4.27 Ne consegue l’ottenimento preferenziale con alto ee dell’enantiomero a configurazione cis(1S,2R). Il discorso è stato ovviamente semplificato, perché, come illustrato in Figura 3.22, la reazione può anche prevedere l’ottenimento della coppia di enantiomeri trans. Gli esempi riportati nelle pagine precedenti rappresentano piccoli spunti per comprendere l’importanza della comprensione del riconoscimento esercitato dai leganti chirali per poterne progettare di nuovi e più efficienti. Sicuramente, questa rappresenta sempre una sfida insidiosa, perché spesso, come già citato, la differenza in energia tra stati di transizione diastereoisomerici risulta piccola, e spesso di difficile predizione e calcolo. Pertanto, l’unica strada ancora perseguibile consiste nel ciclo iterativo di progettazione del catalizzatore, esame delle sue prestazioni, e conseguente opportuna modifica della sua struttura. Senza dimenticare che, come diceva Louis Pasteur, chance favors the prepared mind. 71 4.2 L’approccio alla catalisi asimmetrica bifasica nel gruppo di Chimica Metallorganica dell’Università di Napoli “Federico II”. La strategia del gruppo di ricerca in questo ambito si basa sull’ipotesi che leganti chirali per catalizzatori omogenei possano essere molto convenientemente preparati a partire da molecole di origine naturale. Un primo vantaggio di questa scelta deriva dall’ampia e varia offerta di molecole naturali, che permette di selezionare “building block” polifunzionali con gli stessi accurati e precisi motivi sterici dei leganti privilegiati, vale a dire le strutture coordinanti di vasta applicabilità, citate nei paragrafi precedenti. Un ulteriore vantaggio è la possibilità di creare librerie di leganti modulari, che presentano precise differenze nella stereochimica di coordinazione, nella struttura del legante o in ambedue. In aggiunta, il building block naturale polifunzionale può consentire l’introduzione di specifiche etichette di fase, per definire le proprietà chimico-fisiche del catalizzatore, e renderlo versatile e adattabile a più condizioni. Infine, proprio la natura polifunzionale consente di godere di siti di coordinazione emilabili, che possono avere il ruolo di riconoscere o avvicinare un substrato, rendendo così il sistema più attivo e/o selettivo. La versatilità della strategia è illustrata in Figura 4.28. il building block i componenti il catalizzatore una funzione coordinante il controllo sterico le funzioni coordinanti l'etichetta di fase un centro metallico + un gruppo di adatto ingombro un building block naturale un catalizzatore modulare polifunzionale un'etichetta di fase Figura 4.28 Il building block chirale di origine naturale è rappresentato da un pallone a tre colli, e ciascun collo descrive una funzione organica. Gli altri oggetti di comune vetreria (testa di Claisen, imbuto, condensatore) simboleggiano possibili derivatizzazioni (rispettivamente una funzione coordinante, un gruppo di adatto ingombro sterico, una etichetta di fase). Un graduale e appropriato 72 assemblaggio di tutti questi componenti può consentire l’ottenimento di ampie librerie di leganti, adattabili a diverse condizioni e reazioni. Per esempio, attraverso l’opportuna scelta dell’etichetta di fase, il corrispondente catalizzatore può risultare solubile in solventi non convenzionali, quali acqua, liquidi ionici, solventi supercritici o fluorurati. Oppure, la stessa etichetta può essere usata per consentire l’ancoraggio del catalizzatore a una matrice solida. Concretamente, l’attività di ricerca prevede la progettazione di due classi di leganti pseudoenantiomeriche, denominate Naplephos e elpaNphos (Figura 4.29). Queste librerie presentano il glucosio quale “building block” di origine naturale, e la loro struttura è stata ottimizzata al fine di garantirne facilità sintetica e elevate prestazioni in catalisi. phase tag phase tag O O O O R O O O HN OR' O P naplephos Ph Ph phase tag O O O O NH HN R elpanphos P Ph Ph Figura 4.29 In particolare, l’anello a sei membri offerto dal glucosio ricorda il motivo dei leganti privilegiati derivati dalla 1,2-cicloesandiammina (vedi Figura 4.1). Nelle Naplephos, in posizione 2 è presente un braccio rigido difenilfosfinoammidico, funzione coordinante di grande potenzialità. La posizione 1 presenta un α-benzile (R’= CH2Ph), di immediata e selettiva introduzione. Le posizioni 4 e 6 sono quelle deputate all’eventuale inserimento della etichetta di fase, utile per definire le proprietà chimico-fisiche del legante. La posizione 3 è invece destinata al controllo sterico/elettronico nelle prossimità del centro metallico. La libreria elpaNphos rappresenta la controparte chirale di quella Naplephos, ed è stata ottenuta per semplice introduzione della stessa funzione coordinante difenilfosfinoammidica, nella posizione 1 in luogo della 2. Va inoltre sottolineato come tutte le funzioni ossigenate, naturalmente presenti nella struttura nativa, siano potenziali siti di coordinazione emilabili, utili per benefiche interazioni secondarie con un substrato e/o altri centri metallici. 73 Le strutture Naplephos e elpaNphos sono già state adattate con successo a diversi processi enantioselettivi, realizzati in condizioni tradizionali, dando così chiara dimostrazione della loro versatilità. Inoltre, come atteso, le due librerie, essendo pseudo-enantiomeriche, conducono a prodotti (a elevata purezza ottica) con configurazione opposta. In alcuni casi è stato possibile estenderne l’applicazione anche in catalisi bifasica, sia dotando il legante di un’etichetta di fase polare, come in Figura 4.30a, sia ancorando lo stesso a una matrice polimerica, mediante un robusto legame covalente (Figura 4.30b). O O n-Bu4N - P O O O + 6 O 5 O 4 1 3 2 O O O OCH2Ph O 6 5 O 4 1 3 2 O HN OCH2Ph O HN P Ph Ph P Ph Ph b a Figura 4.30 74