l`apprendimento scolastico ei suoi disturbi

Elena Commodari
L’APPRENDIMENTO SCOLASTICO
E I SUOI DISTURBI
Euno Edizioni
Psicologia Educazione Società
collana diretta da
Prof. Santo Di Nuovo e Prof. Giuseppe Zanniello
COMITATO SCIENTIFICO:
Prof. Floriana Falcinelli
Prof. Carlo Fratini
Prof. Alessandra La Marca
Prof. Orazio Licciardello
Prof. Vincenzo Rapisarda
Tutte le pubblicazioni della collana sono sottoposte
al giudizio previo di due Referee anonimi.
© copyright 2013
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via Mercede 25 - 94013 Leonforte (En)
Tel. 0935 905300 - Fax 0935 901672
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www.eunoedizioni.it
Coepertina di Emilio Barbera
Finito di stampare nel marzo 2013
da Fotograf - Palermo
Sommario
Introduzione
p. 11
Capitolo primo
L’apprendimento
«
15
1. Che cos’è l’apprendimento
«
15
2. Classificazione dei tipi di apprendimento
2.1 L’abituazione
2.2 Il condizionamento classico
2.3 Il condizionamento operante
2.4 L’imitazione
2.5 Gli apprendimenti complessi
«
«
«
«
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«
17
17
18
20
22
23
3. La generalizzazione e la discriminazione
«
26
Capitolo secondo
La memoria
«
29
1. I diversi tipi di condotta mnestica
«
30
2. La codifica
«
32
3. L’organizzazione mnestica
«
34
4. Uno sguardo sulle teorie della memoria
4.1 Il modello multimagazzini
4.2 Il modello della profondità di codifica
4.3 I modelli di rete e il contributo delle neuroscienze
p.
«
«
«
35
36
43
44
5. Come cambiano le capacità
mnestiche in relazione all’età
«
47
6. Il tempo di apprendimento
e le ripetizioni influenzano il ricordo?
«
51
7. Il ruolo della percezione
e dell’attenzione sull’apprendimento e la memoria
7. 1 La percezione
7.2 L’attenzione
7.2.1. Cenni sulle principali teorie sull’attenzione
«
«
«
«
55
55
58
59
Capitolo terzo
Dall’apprendimento alla formazione della conoscenza
«
65
1. La rappresentazione mentale
della conoscenza: immagini e proposizioni
«
66
2. Conoscenza dichiarativa e non dichiarativa
«
67
3. La riduzione mnestica
«
69
4. La scuola come contesto di formazione di conoscenze «
4.1 La scuola e l’apprendimento significativo
«
4.2 L’apprendimento e la memoria negli allievi:
il punto di vista dell’insegnante
«
71
71
Capitolo quarto
L’apprendimento della lettura,
della scrittura e del calcolo
1. La lettura
1.1. Le abilità implicate
nell’apprendimento della lettura
74
«
77
«
77
«
78
1.1.1
La codifica linguistica
1.1.2
La codifica visiva
La memoria, la percezione e l’attenzione
nella prestazione di lettura
1.2 La comprensione del testo
p. 78
« 81
1.1.3
«
«
82
85
2. La scrittura
2.1 I metodi di insegnamento della scrittura
3. Imparare l’aritmetica
«
«
«
87
88
91
4. Pronti per la scuola: il concetto di “school readiness”
«
93
Capitolo quinto
Il ruolo delle variabili
socio-emozionali nell’apprendimento
«
97
1. L’attaccamento
«
97
2. Attaccamento, sviluppo cognitivo
e apprendimento scolastico
2.1 L’attaccamento agli insegnanti
« 100
« 101
3. Tipologie di attaccamento allievo-insegnante
« 103
4. Il bonding
« 106
5. L’apprendimento come empowerment
« 107
Capitolo sesto
Gli stili cognitivi
« 111
1. Che cosa sono gli stili cognitivi
1.1 Le prime ricerche: Klein e Witkin
1.2 Le ricerche di Kagan e la “sintesi” di Messick
« 111
« 112
« 115
2. Gli stili di apprendimento
« 117
3. La teoria dell’autogoverno mentale di Sternberg
« 118
4. Perché gli stili cognitivi
sono importanti nel contesto educativo?
« 121
5. La flessibilità negli stili di apprendimento
p. 122
Capitolo settimo
I disturbi specifici dell’apprendimento
« 125
1. Le difficoltà e i disturbi dell’apprendimento
« 125
2. I Disturbi Specifici Dell’Apprendimento
« 127
3. Uno sguardo sullo sviluppo ed evoluzione della
nozione di Disturbo Specifico dell’Apprendimento
« 130
4. La diagnosi dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento
4.1 Il modello della “discrepanza”
4.2 Il modello “Response To Instruction”
« 132
« 132
« 136
5. La dislessia
5.1 Che cosa è la dislessia
5.2 I tipi di dislessia
5.3 La dislessia e i disturbi del linguaggio
5.4 La diagnosi di dislessia
5.5 Le cause della dislessia
5.6 La dislessia nelle lingue con
ortografia opaca o trasparente
5.7 La dislessia a scuola
«
«
«
«
«
«
6. La disortografia e la disgrafia
6.1 La diagnosi di disortografia e disgrafia
6.2 La disgrafia e la disortografia a scuola
« 152
« 153
« 154
7. La discalculia
7.1 La discalculia a scuola
« 155
« 157
8. Normative per gli alunni affetti da
Disturbi dell’Apprendimento
« 158
Capitolo ottavo
L’apprendimento nella disabilità intellettiva
« 165
1. Compromissione delle capacità di apprendimento
nell’allievo con disabilità intellettiva
« 165
140
140
140
143
144
145
« 146
« 147
2. Cenni normativi sull’integrazione scolastica
dello studente con disabilità intellettiva
p. 167
3. Come favorire l’apprendimento
nella disabilità intellettiva
« 173
Capitolo nono
L’apprendimento e i disturbi dell’attenzione
« 177
1. I deficit dell’attenzione
« 177
2. I bambini con ADHD e la scuola
« 181
3. Come migliorare l’apprendimento scolastico
nei bambini con ADHD
« 185
Capitolo decimo
La motivazione ad apprendere
« 189
1. Che cosa è la motivazione
« 189
2. La relazione tra motivazione e prestazione.
« 191
3. Le teorie implicite di intelligenza e personalità
e le relazioni con l’apprendimento scolastico
« 193
Bibliografia
« 197
Introduzione
I bambini iniziano a frequentare la scuola sempre più
precocemente che in passato. La maggior parte di loro viene
iscritta alla scuola dell’infanzia già a tre anni e non sono pochi quelli che iniziano ancora prima la loro “avventura” nel
mondo della scuola.
Uso il termine “avventura” non a caso: l’avventura, come
definito in qualsiasi dizionario della lingua italiana, è un avvenimento singolare e straordinario, un’impresa rischiosa e
affascinante, e certamente in tal senso può essere definito il
percorso scolastico di ciascun bambino.
La vita scolastica di ognuno di noi è un evento singolare,
perché ciascuno vive ed elabora quest’esperienza in modo
personale e autonomo, è un evento straordinario, perché accompagna il processo evolutivo, contribuendo a sviluppare
quell’insieme unico e irripetibile di competenze e abilità
che formano l’individualità di ognuno, ma è anche un’esperienza rischiosa, se si considera che la qualità dell’istruzione
e delle relazioni instaurate in contesto scolastico influenza
in maniera rilevante lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale. I bambini e gli adolescenti di pressoché tutte le parti del mondo trascorrono, infatti, per molti anni della loro
vita, gran parte della giornata a scuola, ed è anche attraverso l’esperienza scolastica che acquisiscono il complesso ba11
gaglio di conoscenze, valori e idee che costituiscono il fondamento dell’identità personale.
Il ruolo che l’esperienza scolastica gioca nello sviluppo
individuale diviene evidente se si considera che uno dei più
comuni modi in cui le fasi dello sviluppo vengono categorizzate fa riferimento proprio alla scolarizzazione. Per indicare il periodo della vita fino ai cinque anni di età, per esempio, si parla di età prescolare, mentre per indicare le epoche
successive dell’infanzia si usa la definizione di età scolare.
In realtà, i bambini anche nella fase prescolare della vita
vanno a scuola, dato che, pur non rientrando nell’obbligatorietà stabilita dalla legge, la scuola dell’infanzia è una vera e
propria “scuola”, cioè un’istituzione educativa che ha il
compito di trasmettere alle nuove generazioni, attraverso
l’insegnamento collettivo, i fondamenti della cultura a cui
esse appartengono. È proprio sulle capacità cognitive e comportamentali che si sviluppano durante l’età prescolare che
bisogna soffermarsi per cogliere i fondamenti di quello che
sarà il successivo apprendimento scolastico, come verrà ampiamente discusso in questo volume.
L’apprendimento scolastico è un processo complesso e articolato, influenzato da fattori di natura eterogenea e non sempre definibili con precisione. Il successo negli apprendimenti
scolastici dipende, infatti, sia da meccanismi di tipo cognitivo,
quali quelli percettivi, attenzionali e mnestici, che presiedono
all’acquisizione delle diverse abilità didattiche, sia da fattori
sociali, affettivi e motivazionali che contribuiscono attraverso
varie modalità a un positivo adattamento e a un adeguato rendimento. Il ruolo di ognuno di questi fattori non è univoco, in
quanto ciascuno di essi assume un peso diverso a seconda dell’età e del livello di scolarità. È infatti facile rendersi conto che
i meccanismi implicati nell’apprendimento della lettura e della scrittura in un bambino di sei anni sono diversi da quelli che
determinano le prestazioni di letto-scrittura in un adolescente in cui tali abilità sono stabilizzate, così come non è difficile
comprendere che le competenze comunicative e sociali di uno
studente di scuola primaria sono diverse da quelle dei ragazzi
che frequentano la scuola secondaria superiore e che attraversano quella complessa fase della vita che è l’adolescenza.
12
La molteplicità dei fattori che contribuiscono al successo
e all’insuccesso scolastico, e il diverso contributo che ciascuno di questi dà nelle diverse fasi evolutive, rende riduttivo
parlare di psicologia dell’apprendimento scolastico. L’apprendimento scolastico assume, infatti, peculiarità diverse
nelle successive tappe dello sviluppo cognitivo e personologico individuale e per tale motivo è forse più appropriato
parlare di psicologia degli apprendimenti scolastici.
Alla luce di queste brevissime considerazioni, il volume si
propone, quindi, di presentare, seppure in modo sintetico, alcune delle principali tematiche inerenti alla psicologia dell’apprendimento scolastico, volgendo uno sguardo all’analisi dei fattori che concorrono al successo e al positivo adattamento dello studente al mondo della scuola, nei diversi momenti del suo percorso di studi, dalla scuola dell’infanzia fino
alla scuola secondaria, considerando l’apprendimento come
il fondamento della crescita e dello sviluppo personale.
13
Capitolo primo
L’apprendimento
In un testo di psicologia dell’apprendimento scolastico la
prima cosa da fare è definire che cosa si intende con i termini apprendimento e memoria. Questo capitolo e il successivo si propongono, quindi, di presentare brevemente i principali meccanismi che presiedono al funzionamento dei
processi di apprendimento, partendo da una disamina volutamente sintetica e schematica dei principali contributi allo
studio di tali complesse funzioni mentali.
1. Che cos’è l’apprendimento
L’interesse per lo studio dell’apprendimento e dei processi che lo determinano è antichissimo e antecedente alla nascita della psicologia come scienza autonoma, come appare
evidente se si considera che lo studio della conoscenza e
del suo formarsi costituiscono il fulcro del problema gnoseologico in filosofia. Dare una definizione chiara ed esaustiva di cosa sia l’apprendimento è cosa estremamente complessa. In termini semplici esso può essere considerato come
l’insieme dei cambiamenti comportamentali che si verificano in un organismo in relazione agli eventi della realtà esterna e che non possono essere spiegati attraverso i soli pro15
cessi di maturazione fisiologica. L’apprendimento deve quindi essere considerato come un processo che dura per tutta la
vita, che non riguarda solo l’acquisizione di abilità e competenze di tipo didattico o lavorativo, come spesso riduttivamente si tende a pensare, ma anche lo sviluppo affettivo-emozionale, l’interazione sociale e perfino lo sviluppo della personalità, dato che definisce qualsiasi cambiamento relativamente permanente del comportamento che deriva dalla pratica.
Si pensi per un attimo a ciascuna delle seguenti situazioni:
• Un bimbo che dal gattonamento si avvia alla deambula-
zione autonoma;
• Un bambino che impara ad andare in bicicletta;
• Noi stessi che canticchiamo una canzone sentita
alla televisione;
• Uno studente che ripete a memoria una poesia;
• Uno studente che completa una prova a scelta multipla
• Una donna al supermercato che riconosce un prodotto
di una marca pubblicizzata.
Benché le situazioni descritte siano molto diverse tra loro, esse riflettono lo stesso processo mentale sottostante. Sono, infatti, espressione di un “cambiamento” che può consistere nel miglioramento di un’abilità già posseduta, nell’acquisizione di una nuova abilità, o semplicemente nel riconoscimento che una situazione o un oggetto sono già stati incontrati in passato. È importante, a questo proposito, sottolineare che nell’uso comune il termine apprendimento può
essere utilizzato sia per indicare il meccanismo non osservabile mediante il quale si determina una modificazione nel
comportamento di un organismo, sia per indicare gli esiti di
tale processo, cioè gli effetti che conseguono a esso.
I cambiamenti comportamentali che si producono in un
organismo in funzione dell’esperienza giocano un ruolo fondamentale ai fini dell’adattamento all’ambiente esterno, come ampiamente sottolineato già da Darwin (1859), che ha
evidenziato come la capacità di adattarsi ai cambiamenti
ambientali costituisca un prerequisito essenziale per la so16
pravvivenza di una specie vivente. L’adattamento alle mutevoli richieste dell’ambiente è richiesto a ciascun individuo
in tutte le tappe del ciclo di vita, basti pensare, per esempio,
ai neonati che durante lo svezzamento, dopo un periodo di
allattamento al seno, devono imparare che il cibo verrà fornito loro da “strani oggetti”, come per esempio il biberon o
il cucchiaino, e ai diversi tipi di condotte e abilità che ciascuna persona deve acquisire per adattarsi ai diversi contesti della vita quotidiana.
2. Classificazione dei tipi di apprendimento
La principale caratteristica dei processi di apprendimento è che essi si fondano su meccanismi associativi. L’apprendimento, infatti, nelle sue diverse forme consiste nel formarsi di un’associazione, cioè di una connessione tra due o più
eventi. Attraverso l’apprendimento, gli organismi viventi
stabiliscono associazioni tra stimoli, tra stimoli e risposte o
tra risposte comportamentali e specifiche conseguenze.
L’associazione è il fondamento dell’apprendimento anche nel caso di apprendimenti complessi, e i meccanismi associativi operano attraverso processi sostanzialmente analoghi indipendentemente da ciò che viene appreso e da quale
sia l’organismo che apprende.
In maniera estremamente semplicistica è possibile distinguere almeno cinque diversi tipi di apprendimento: l’abituazione chiamata anche assuefazione, il condizionamento classico, il condizionamento operante, l’imitazione, e quello che
si può definire apprendimento complesso.
2.1 L’abituazione
La forma più semplice di apprendimento è costituita dall’abituazione, che consiste nella riduzione e nella scomparsa
delle reazioni di orientamento a seguito del verificarsi ripetuto di stimoli cui non segue alcuna conseguenza significativa per l’organismo. Attraverso tale meccanismo, che si osserva anche nei più semplici organismi animali, l’individuo
17
apprende a non rispondere a stimoli irrilevanti che compaiono nell’ambiente. L’abituazione implica quindi l’imparare ad ignorare uno stimolo divenuto familiare se esso non
comporta conseguenze rilevanti.
Pensate a cosa accadrebbe se gli uccelli reagissero ad ogni
stormire delle foglie o se l’uomo fosse distratto dall’attività che sta svolgendo da tutti i rumori provenienti dall’ambiente circostante; ovviamente una persona sussulta se sente un rumore improvviso, ma non appena si rende conto che
non sta accadendo niente di significativo inizia ad ignorare
lo stimolo riprendendo il lavoro interrotto. Allo stesso modo l’uomo si abitua facilmente agli stimoli che accompagnano le attività routinarie, come per esempio il ticchettio di un
orologio, il rumore di sottofondo del condizionatore, della
lavatrice o di tutte le altre apparecchiature rumorose comunemente presenti negli ambienti di vita quotidiana.
Mentre le reazioni di orientamento si manifestano dinnanzi a stimoli nuovi che compaiono nell’ambiente, l’abituazione sopraggiunge, quindi, quando tali stimoli perdurano
senza determinare alcun effetto rilevante o dannoso per
l’organismo, ed è attraverso essa che un organismo impara
ad ignorare uno stimolo familiare e ininfluente.
2.2 Il condizionamento classico
Il condizionamento classico è quel processo attraverso cui
un organismo apprende che ad un evento ne segue un altro.
Attraverso tale processo, studiato da Pavlov (1927) nei
noti esperimenti sui cani, uno stimolo neutro rispetto all’emissione di una particolare risposta fisiologica o comportamentale diventa in grado di produrla se ripetutamente associato a stimoli che sono spontaneamente in grado di elicitarla (stimoli incondizionati).
Affinché uno stimolo neutro diventi condizionato, cioè
in grado di provocare la risposta normalmente elicitata dallo stimolo incondizionato, deve avere particolari caratteristiche ed essere associato ad esso secondo peculiari relazioni temporali, precedendolo o comparendo in contemporanea. Lo stimolo condizionato, inoltre, non deve essere sta18
to associato in passato ad alcuna risposta condizionata, deve essere nuovo, e deve essere in grado di provocare esso
stesso una reazione di orientamento. La contiguità temporale tra due eventi non è, infatti, la sola variabile in grado di influenzare i processi di condizionamento.
Come ampiamente evidenziato già negli anni sessanta da
Rescorla (1967), affinché si realizzi un condizionamento è
necessario che lo stimolo neutro abbia valore predittivo rispetto alla comparsa dello stimolo incondizionato. Rescorla e Wagner (1972) furono i primi a teorizzare che quando
uno stimolo condizionato e uno stimolo incondizionato presentano una contiguità temporale durante una prova di apprendimento l’associazione tra loro sarà rafforzata solo se lo
stimolo incondizionato è inaspettato.
Affinché si realizzi un condizionamento è necessario,
inoltre, che non vi siano associazioni in competizione tra loro. Se uno stimolo è stato associato in passato ad un altro, esso non viene “preso in considerazione” per ulteriori associazioni. Immaginate, per esempio di avere mangiato a colazione diversi panini con il cioccolato e bevuto una tazza di latte. Se dopo qualche ora vi dovesse venire mal di pancia probabilmente tenderete ad attribuire il vostro stare male al
cioccolato, se in passato quest’alimento vi ha già fatto star
male, e non prenderete in considerazione come possibile
causa del vostro malessere il latte che è magari un alimento
che assumete abitualmente. L’associazione latte-mal di pancia non si stabilisce perché è in competizione con un’associazione formatasi in precedenza. Ovviamente se una persona è intollerante al latte si svilupperà un’associazione inversa rispetto a quella descritta sopra.
Benché il condizionamento classico sia stato studiato attraverso associazioni in cui uno degli stimoli fosse biologicamente significativo, non bisogna dimenticare che possono
stabilirsi associazioni anche tra stimoli biologicamente neutri, come nel caso delle associazioni che stanno alla base dell’apprendimento delle relazioni causali tra due eventi. Le ricerche sul condizionamento nell’uomo si sono focalizzate
proprio sull’analisi delle associazioni tra stimoli neutri e sulla definizione del ruolo che il condizionamento classico ha
19
nell’adattamento dell’individuo al suo ambiente di vita. Attraverso il condizionamento, infatti, uno stimolo assume il
valore di “segnale” circa il verificarsi o meno di un evento
successivo, rendendo possibile il realizzarsi di condotte anticipatorie e il formarsi di aspettative. L’acquisizione di associazioni secondo il modello del condizionamento classico
consente all’uomo di predire che un secondo stimolo avrà
luogo sulla base dell’osservazione dell’occorrenza del primo: il già citato apprendimento di relazioni causali tra eventi, il condizionamento alla paura, l’avversione per un sapore
o anche la dipendenza dalle droghe ne sono esempi significativi. Esiste anche un condizionamento di secondo livello,
che si realizza quando uno stimolo o un evento viene abbinato con un altro a sua volta precedentemente associato con
uno stimolo o un fatto biologicamente significativo.
2.3 Il condizionamento operante
A differenza del condizionamento classico che è fondato
su un’associazione stimolo-stimolo, il condizionamento operante si caratterizza per lo strutturarsi di specifiche associazioni stimolo-risposta e comporta la modificazione della frequenza di emissione di una risposta comportamentale in funzione delle sue conseguenze. Il condizionamento operante è
stato ampiamente studiato da Skinner (1953) sulla base dei
risultati delle ricerche condotte da Thorndike (1898, 1903)
che nei primi anni del 900 ha formulato la nota legge dell’effetto, secondo cui se una risposta comportamentale è seguita
da una conseguenza positiva tale risposta rimane associata
alla situazione. Come conseguenza di tale associazione, la
condotta seguita da una conseguenza positiva avrà maggiore
probabilità di presentarsi, rispetto ad altri comportamenti
presenti nel repertorio individuale, quando l’organismo si
troverà di nuovo in una situazione con caratteristiche simili.
Un concetto fondamentale nel paradigma del condizionamento operante è quello di rinforzo. Il rinforzo è uno stimolo che aumenta la frequenza di emissione di un comportamento. Una condotta comportamentale è rinforzata positivamente se la sua emissione è seguita dalla comparsa di
20
uno stimolo positivo, mentre è rinforzata negativamente se la
sua emissione viene seguita dalla riduzione o cessazione di
uno stimolo nocivo o fastidioso. Differentemente dai rinforzi, che aumentano la frequenza di emissione di una condotta comportamentale, le punizioni sono stimoli conseguenti
ad un comportamento che ne determinano la riduzione o la
scomparsa. I rinforzi possono a loro volta essere differenziati in rinforzi primari e secondari. Si definiscono rinforzi primari quegli stimoli biologicamente significativi che hanno
spontaneamente un valore ricompensante, come per esempio il cibo per un animale affamato, mentre si definiscono
rinforzi secondari quegli stimoli, originariamente neutri, che
acquisiscono un valore di rinforzo attraverso la ripetuta associazione con rinforzi primari. Un esempio a tutti noto di
rinforzo secondario è il denaro. Il processo attraverso cui
uno stimolo neutro assume valore ricompensante, divenendo rinforzo secondario, è quello di tipo associativo che caratterizza il condizionamento classico.
Quando si attua un programma di apprendimento secondo il paradigma del condizionamento operante, i rinforzi
possono essere erogati secondo modelli diversi. Nei programmi a rinforzo continuo l’erogazione del rinforzo segue
tutte le emissioni del comportamento di cui si intende aumentare la frequenza, nei programmi a rinforzo intermittente l’emissione della ricompensa è invece saltuaria. I programmi a rinforzo intermittente possono a loro volta essere distinti in programmi a intervallo e programmi a rapporto. Nei primi, la somministrazione delle contingenze di rinforzo avviene sulla base di intervalli temporali predeterminati, indipendentemente dal numero di risposte emesse, nei
secondi, la somministrazione del rinforzo segue l’emissione
di un certo numero prestabilito di risposte.
Skinner (1958) ha applicato il suo modello del condizionamento operante ad un metodo di autoistruzione che si fonda sull’uso di macchine per insegnare. Il metodo si basa sulla definizione di obiettivi di apprendimento e sulla suddivisione dei contenuti da apprendere in unità. I programmi di
autoistruzione prevedono una serie di passi successivi cui si
accede attraverso le risposte corrette; il rinforzo consiste nel
21
procedere in avanti delle unità di apprendimento. Attraverso il condizionamento operante, infatti, è possibile sia modificare la frequenza di emissione di un comportamento, sia
determinare l’acquisizione di nuove competenze. Il modellamento, che costituisce una delle tecniche utilizzabili per tale
finalità, si fonda su una progressiva modificazione delle contingenze di rinforzo, prevedendo l’erogazione della ricompensa per risposte progressivamente più simili a quelle che
costituiscono l’obiettivo finale da raggiungere.
2.4 L’imitazione
L’apprendimento imitativo è quel tipo di apprendimento
che si realizza attraverso l’osservazione di un modello. Secondo la teoria elaborata da Bandura (1965), i principi dell’apprendimento sono sufficienti a spiegare e prevedere il
comportamento e i suoi mutamenti, e tra questi l’imitazione
svolge un ruolo fondamentale.
Nell’apprendimento imitativo i rinforzi vicariali, cioè le
conseguenze che un osservatore vede seguire al comportamento di un altro individuo, influenzano la frequenza di emissione dello stesso tipo di comportamento da parte dell’osservatore stesso, sia nel caso in cui tali condotte facciano già parte del suo bagaglio comportamentale sia che si tratti di risposte nuove mai manifestate in precedenza. L’imitazione, infatti, può determinare l’acquisizione di comportamenti nuovi o
favorire l’emissione di risposte già possedute nel repertorio
comportamentale di un individuo (effetto facilitante).
Le condotte di imitazione dipendono da variabili legate
non solo alle caratteristiche del modello ma anche a quelle
dell’osservatore. Una persona che tende ad assumere il ruolo di leader è imitato più facilmente rispetto ad un modello
percepito come perdente o poco significativo. Inoltre, gli individui tendenzialmente dipendenti sono più propensi ad
assumere condotte imitative rispetto a quelli indipendenti.
L’imitazione contribuisce in maniera rilevante all’acquisizione di abilità e competenze durante l’età evolutiva. I bambini possono, infatti, assumere condotte violente o genericamente disturbanti sulla base di meccanismi imitativi, in
22
specie se il modello ottiene una qualche forma di ricompensa a seguito delle sue condotte. Per tale motivo bisogna
stare molto attenti in ambito educativo a non rinforzare,
seppure involontariamente, comportamenti ritenuti inadeguati, dato che le possibilità di emulazione sono molto elevate. Allo stesso modo, bisogna favorire l’imitazione di
comportamenti pertinenti, sfruttando il valore indiretto dei
rinforzi forniti ad un modello.
2.5 Gli apprendimenti complessi
L’apprendimento complesso si fonda sulla capacità che
l’uomo ha di formarsi rappresentazioni mentali del mondo esterno e sulla capacità di operare su tali rappresentazioni mentali. Ciò che viene rappresentato mentalmente può
consistere in una semplice associazione tra stimoli o tra stimoli e risposte, come nel caso del condizionamento classico
e operante, oppure può trattarsi di una mappa dell’ambiente o di un concetto astratto. Il neo-comportamentista Tolman (1932), per esempio, si è dedicato allo studio dello sviluppo delle mappe cognitive negli animali, mostrando che
essi durante l’apprendimento si costruiscono mappe cognitive dei luoghi e degli spazi e usano queste mappe per muoversi nell’ambiente circostante, mentre il gestaltista Köhler
(1921, 1929) ha studiato il fenomeno dell’insight, un tipo di
apprendimento che si realizza in maniera improvvisa e secondo modalità differenti dall’apprendimento per prove ed
errori descritto da Thornidike (1898).
L’insight è un processo caratterizzato dalla ristrutturazione del campo percettivo e/o cognitivo e si configura come
espressione di un pensiero produttivo, cioè di un tipo di pensiero in cui un problema viene ristrutturato per dar luogo ad
una soluzione. Tale tipo di pensiero si differenzia dal pensiero riproduttivo che si fonda sull’utilizzo, in situazioni problemiche, di procedure e strategie già utilizzate in passato.
I processi cognitivi da cui dipende la ristrutturazione cognitiva che caratterizza l’insight sono: la codifica selettiva (si parlerà ampiamente della codifica nei paragrafi relativi alla memoria), cioè la selezione dell’informazione rilevante e l’ini23
bizione degli stimoli irrilevanti, il confronto selettivo, cioè il
confronto fra le informazioni nuove e le informazioni immagazzinate in memoria, e, infine, la ricombinazione selettiva, cioè l’organizzazione in modo innovativo delle informazioni precedentemente selezionate.
Studiare gli apprendimenti complessi significa indagare i
meccanismi che presiedono al formarsi della conoscenza
dell’ambiente esterno. Come ampiamente sottolineato già
da Piaget (1952), l’apprendimento è un processo continuo
che si configura come il risultato del progressivo equilibrarsi di processi di assimilazione e accomodamento che presiedono alla formazione di strutture cognitive sempre più complesse. Nella nota opera “Psicologia dell’intelligenza”, Piaget esprime con estrema chiarezza tale concetto, mettendo
in evidenza come ogni rapporto tra un essere vivente e il suo
ambiente non comporta una sottomissione passiva all’ambiente di vita, ma la modificazione di quest’ultimo, dato che
ogni individuo “impone” alla realtà esterna una propria
struttura particolare. Ciò può essere osservato sia sul versante fisiologico, come accade per la trasformazione del cibo
ingerito durante la digestione, sia su quello psicologico, anche se in questo caso i cambiamenti sono di ordine funzionale e sono determinati dalla motricità, dalla percezione e
dal gioco delle azioni reali e virtuali.
Con la vita mentale la compenetrazione diretta tra individuo e ambiente viene sostituita da scambi mediati tra il
soggetto e gli oggetti, scambi che si effettuano a distanze
spazio-temporali sempre più grandi e attraverso percorsi
sempre più complessi. Tutto lo sviluppo dell’attività mentale, dalla percezione fino alla memoria, al pensiero e al ragionamento, è funzione dell’accresciuta distanza di questi scambi e quindi del progressivo e continuo ristrutturarsi dell’equilibrio tra assimilazione e accomodamento. Come è noto, l’assimilazione e l’accomodamento costituiscono, secondo Piaget, i processi fondanti l’adattamento di un individuo al suo
ambiente e mentre attraverso l’assimilazione i dati esterni
vengono strutturati e organizzati sulla base delle strutture
mentali esistenti, attraverso l’accomodamento le strutture
mentali si modificano per incorporare nuovi stimoli.
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Secondo questa prospettiva lo sviluppo cognitivo è caratterizzato dalla formazione di strutture mentali che garantiscono una conoscenza progressivamente più “oggettiva”, e quindi più “scientifica”, della realtà fino alla formazione delle strutture logiche che permettono una conoscenza pienamente coerente dell’ambiente circostante. La conoscenza, pertanto, non si configura come una copia passiva
della realtà, ma come risultato dell’attività del soggetto sulle “cose” che costituiscono il suo ambiente di vita. Tale attività dipende, a sua volta, dalle strutture mentali disponibili in
ciascun momento e porta ad una trasformazione dell’oggetto
secondo la struttura mentale applicata. La logica, che nell’adulto si esprime attraverso le attività di pensiero, trova quindi il suo fondamento nell’azione, in quanto già negli schemi
senso-motori del bambino si riscontra la presenza di strutture organizzate secondo relazioni di tipo logico (per esempio relazioni spaziali e/o temporali).
La complessità dei processi che presiedono allo sviluppo
della conoscenza è sottolineata anche nell’ambito dell’approccio connessionista che, seppure in una prospettiva differente da quella piagetiana, mette in luce l’aspetto costruttivo dell’apprendimento e della conoscenza.
Secondo i modelli connessionisti – per esempio quello di
Norman (1980) –, gli apprendimenti complessi si realizzano
principalmente attraverso tre modalità:
1. Per “accrescimento”, attraverso l’incorporazione di
nuove informazioni entro schemi già disponibili in un
soggetto;
2. Per “sintonizzazione”, attraverso una modifica degli
schemi attivati, migliorandone l’applicabilità o ampliandone la generalizzabilità;
3. Per “ristrutturazione”, sia attraverso la formazione di
nuove strutture che rendano possibile l’interpretazione coerente di nuove informazioni, sia attraverso la riorganizzazione della conoscenza già immagazzinata.
Da quanto brevemente esposto nella parte precedente di
questo paragrafo, appare evidente che lo studio dei proces25
si che configurano gli apprendimenti complessi si identifica
con lo studio delle funzioni mentali superiori, dato che l’analisi dei meccanismi che presiedono tali processi non può
prescindere dallo studio delle funzioni di pensiero e ragionamento, oltre che dei meccanismi percettivi, mnestici, linguistici, e anche emotivi e motivazionali.
Appare evidente che, indipendentemente dal modello
teorico di riferimento, l’aspetto principale degli apprendimenti complessi riguarda la dimensione costruttiva e interattiva, e quindi il fatto che essi dipendono dalle caratteristiche individuali del soggetto, dal livello di sviluppo cognitivo,
nonché dall’oggetto dell’apprendimento stesso. Tali aspetti (costruttivo e interattivo) assumono una particolare rilevanza in ambito scolastico, dove gli insegnanti devono favorire la creazione di contesti di apprendimento che pongano
il discente al “centro” del processo di apprendimento, in
quanto soggetto attivo chiamato a costruire le sue conoscenze nella maniera più efficiente ed efficace, come verrà ampiamente descritto nel terzo capitolo.
3. La generalizzazione e la discriminazione
Affinché l’apprendimento possa essere realmente utile
all’adattamento di un individuo all’ambiente esterno, la capacità di tesaurizzare l’esperienza deve essere accompagnata dalla capacità di generalizzazione e di discriminazione.
Il termine generalizzazione è utilizzato per indicare un
duplice processo: nella prima accezione il termine fa riferimento al processo attraverso cui un organismo impara ad
emettere una risposta, appresa precedentemente in relazione ad un certo stimolo, anche alla presenza di stimoli simili
e/o considerati equivalenti a quello originario, nella seconda
accezione il termine indica, invece, il processo attraverso cui
un organismo impara ad emettere, dinnanzi ad uno stimolo
specifico, una risposta simile ma non identica a quella a cui
lo stimolo era originariamente associato.
La discriminazione è il processo inverso alla generalizzazione e riguarda la capacità di distinguere uno stimolo ri26
spetto a stimoli simili ma non equivalenti e lo sviluppo della capacità di rispondere ad uno stimolo particolare ma non
alle sue varianti.
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