LEZIONE “GESTIONE DEL PAZIENTE CON PROBLEMATICHE MEDICHE I” PROF.SSA CRISTINA VENIER Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Indice 1 Folgorazione ----------------------------------------------------------------------------------------------- 3 1.1. 2 Effetti sull’organismo. ------------------------------------------------------------------------------ 4 Congelamento ed ipotermia -------------------------------------------------------------------------- 12 2.1 Sintomi ------------------------------------------------------------------------------------------------- 15 2.2 Trattamento -------------------------------------------------------------------------------------------- 16 3 Patologie da altitudine e da immersione ----------------------------------------------------------- 20 3.1 Patologia e fisiopatologia ---------------------------------------------------------------------------- 20 3.2 Sintomi, segni e diagnosi ---------------------------------------------------------------------------- 21 3.3 Patologie da immersione. ---------------------------------------------------------------------------- 23 Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 26 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I 1 Folgorazione La folgorazione o elettrocuzione è l’attraversamento del corpo umano da parte di corrente elettrica, con conseguenze anche gravi se non opportunamente e tempestivamente trattate. Oltre ai fulmini, gli incidenti da corrente elettrica possono essere legati alla corrente ad uso industriale, ad uso domestico ed alla larga diffusione dell’elettricità in campo medico, non solo come fonte di illuminazione, riscaldamento e forza motrice di numerose apparecchiature, ma anche come principio di utilizzo per monitoraggio, diagnosi e terapia di molti pazienti. Oggi grazie alle nuove norme di sicurezza, il rischio si è notevolmente ridotto. Il danno all’organismo dipende: - dalle caratteristiche della corrente, in termini di intensità, tensione, tipo (alternata o continua) e durata dell’esposizione; - dalle particolarità proprie dell’infortunato: resistenza elettrica, percorso della corrente, fase del ciclo cardiaco al momento del passaggio, condizione della pelle (secca, bagnata, sudata). Il corpo umano è costituito da acqua ed elettroliti e questo lo rende un buon conduttore che si lascia attraversare facilmente dalle scariche elettriche. Infatti il corpo umano è costituito da cellule che si trovano immerse in soluzioni saline e i sali presenti, sono in concentrazione differente: maggiore concentrazione di K+ all’interno della cellula e maggiore concentrazione di Na+ in ambiente extracellulare quindi una differenza di potenziale elettrico tra l’interno e l’esterno delle cellule, denominato potenziale di riposo (-70mV intracellulare). Le cellule sottoposte ad uno stimolo eccitatorio, sviluppano il cosiddetto potenziale d’azione che è alla base della diffusione del segnale nervoso e quindi della successiva contrazione muscolare, nonché sulla percezione degli stimoli. Si può dedurre, quindi che, l’applicazione di una corrente elettrica interferisce con i potenziali d’azione delle cellule, alterandone la trasmissione nervosa e determinando falsi stimoli di contrazione muscolare. L’intensità, la tensione(o voltaggio) e la resistenza elettrica sono termini legati tra di loro dalla relazione espressa dalla legge di Ohm I= V/R , dove l’intensita della corrente (I) che Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I attraversa un corpo è direttamente proporzionale alla tensione (V) ed inversamente proporzionale alla resistenza (R). Quindi possiamo ricordare: - intensità: * inferiore a 0.5 mA (soglia di percezione) non c’è danno e dolore; * 1-2 mA, compare formicolio; * a 9mA si possono verificare contrazioni muscolari capaci di “incollare” l’individuo al conduttore, oppure di scagliarlo lontano, interrompendo così il passaggio della corrente, ma provocando traumatismi da caduta. Una tale intensità può causare arresto respiratorio da contrazione muscolare tetanica; * 80-100 mA possono provocare fibrillazione ventricolare se la corrente passa nella regione del cuore; * 2-3 A provocano, con minor frequenza, F.V. ed inibizione delle strutture nervose situate lungo il percorso della corrente, con paralisi dei centri bulbari e perdita di coscienza. - Tensione (o voltaggio): le abituali, 220 e 380 volt, sono quelle che provocano i maggiori incidenti. La soglia di tensione minima considerata pericolosa è di 50 V in corrente alternata e 120 V in corrente continua. - Resistenza: è in funzione dello stato della cute (secca, bagnata, sudata), dei tessuti, dei vestiti e dell’ambiente. - Percorso della corrente: i percorsi più pericolosi per le complicanze cardiache sono rappresentati da: testa-arti inferiori, braccio-braccio, testa-arto superiore sinistro. 1.1. Effetti sull’organismo. Gli effetti sull’organismo provocati dalla corrente elettrica, sono principalmente dovuti a: contrazioni muscolari involontarie, blocco respiratorio, fibrillazione cardiaca, effetti termici, neurologici e possibili traumi indiretti. Particolare attenzione deve essere posta al percorso seguito dalla corrente elettrica, nell'attraversare il corpo. Se questo avviene, tra mano e piede, il cuore è parzialmente coinvolto, se invece il percorso è tra mano e mano, il flusso di corrente che interessa il cuore è molto maggiore. Se l’agente elettrico è costituito da un fulmine, la scarica tende a scorrere sulla Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I superficie del corpo e quindi sulla pelle, provocando all’infortunato, un arresto respiratorio. Nel caso di una folgorazione da corrente industriale il pericolo più grave è l’arresto cardiaco, in quanto il danno si verifica agli organi interni. - Contrazione muscolare, blocco respiratorio e fibrillazione cardiaca. La corrente elettrica di alcune decine di mA (industriale) determina spasmo muscolare che coinvolge principalmente i muscoli scheletrici, nonché i muscoli respiratori e del miocardio (cuore). Ad esempio, in seguito ad elettricità, la contrazione involontaria dei muscoli della mano, può impedire a quest’ultima, di rilasciare il conduttore, come pure se la corrente attraversa il torace, la conseguenza principale può determinare uno spasmo del muscolo cardiaco (F.V.). Vi può essere, paradossalmente che, correnti alternate di 200 mA, provochino una paralisi muscolare fissa senza determinare una fibrillazione cardiaca (contrazioni solo dei muscoli che circondano il cuore), che in ogni caso altera la funzionalità di pompaggio con esiti letali se non si interviene prontamente. L’insufficienza respiratoria costituisce l’elemento essenziale più frequente nella folgorazione. Può essere conseguente a FV (origine cardiaca), paralisi dei centri respiratori bulbopontini (origine neurologica), tetanizzazione dei muscoli respiratori (origine muscolare). L’arresto cardiaco è determinato dalla FV. - Effetti termici. A differenza delle ustioni da calore, il passaggio della corrente elettrica si estende ad un’area maggiore di quanto non appaia a un primo esame superficiale della cute, in quanto è frequente l’interessamento dei piani sottocutanei e muscolari. Ne deriva un danno tessutale grave e profondo. - Effetti neurologici. I danni a livello neurologico si manifestano da una temporanea perdita di coscienza fino a lesioni neurologiche permanenti. La perdita di coscienza può essere la conseguenza dell’ipossia, ma spesso è dovuta all’azione diretta inibitrice della corrente elettrica sulle strutture del SNC. - Traumi indiretti. Sono traumi provocati non direttamente dall’agente in causa (folgorazione) ma dal contesto in cui si verifica; ad esempio in seguito ad esplosioni, ci possono essere fratture ossee e lussazioni, oppure quest’ultime possono essere determinate da gravi contrazioni muscolari o da caduta. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Sindrome secondaria da folgorazione. S’intende una serie di alterazioni metaboliche (iperpotassiemia, acidosi), nervose e renali (necrosi tubolare acuta), che hanno molti aspetti in comune con la Crush-sindrome dei soggetti politraumatizzati o sottoposti a compressioni violente. Questo quadro clinico raggiunge la massima intensità nel corso di alcune ore, per regredire in circa una settimana. Applicazione deliberata di energia elettrica. Due sono i campi in cui l’applicazione di energia elettrica è consentita: quello che meno ci interessa è l’utilizzo di energia elettrica come tortura e pena capitale (legalmente utilizzata in alcuni stati degli Stati Uniti), l’altro utilizzo comprende il campo medico. Una scarica elettrica è alla base della terapia elettroconvulsivante (elettroshock); si utilizza per il trattamento d'urgenza dell'arresto cardiaco (FV) per mezzo di appositi apparecchi medici detti defibrillatori; si utilizza per ripristinare il ritmo regolare cardiaco in pz con fibrillazione atriale mediante la cardioversione elettrica; si utilizza per tagliare e coagulare mediante l’elettrobisturi. Terapia. Il primo intervento da eseguire, più in fretta possibile, è quello di staccare la corrente, agendo sull’interruttore generale. Se questo non è possibile, si deve cercare di allontanare la persona dalla fonte di elettricità, attraverso i vestiti (se asciutti), la cintura (se di cuoio) o con mezzi isolanti (bastoni di legno privi di parti metalliche e asciutti). Nel compiere questa azione è bene cercare di isolarsi da terra mediante zoccoli di legno, stivali in gomma, un asse di legno o di gomma appoggiato al suolo, oppure camminare sopra un asciugamano asciutto. E’ opportuno isolare i piedi anche se il pavimento è apparentemente asciutto. Poiché il folgorato è spesso contemporaneamente un insufficiente respiratorio, un ustionato e un politraumatizzato, il trattamento da impostare dev’essere globale, indirizzato nel supportare in breve tempo tutte le funzioni vitali insufficienti. Quindi immediatamente la terapia si focalizza sui problemi legati all’insufficienza cardiorespiratoria e dello shock; successivamente ci saranno i trattamenti riguardanti le ustioni, le aritmie, l’insufficienza renale e metabolica, la profilassi della CID, antibiotica e antitetanica. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I COLPO DI CALORE E COLPO DI SOLE L'organismo umano è dotato di un complesso sistema di termoregolazione che permette entro certi limiti l'adattamento alle variazioni della temperatura ambientale. Il processo di acclimatazione richiede tuttavia un certo periodo di tempo per realizzarsi (da pochi giorni ad alcune settimane). Il colpo di calore e il collasso da calore sono le condizioni patologiche che si determinano per l'incapacità del nostro organismo a rispondere in modo adeguato alle variazioni ambientali. Queste sindromi non sono legate necessariamente all'esposizione al sole, potendosi manifestare anche in ambiente chiuso, ma sono provocate da condizioni ambientali di elevata temperatura esterna, ridotta ventilazione e soprattutto elevata umidità relativa, che non consente all'organismo un'adeguata dispersione del calore corporeo attraverso la sudorazione. L’ipertermia è diversa dalla febbre, perché quest’ultima, è una risposta dell'organismo a uno stato di infezione e insorge a prescindere dalla temperatura esterna, su comando della regione dell'ipotalamo anteriore; l'ipertermia invece insorge senza questo comando, indotta solo dalla temperatura esterna. Il rischio di shock ipovolemico, dovuto ad una perdita eccessiva di sali, rende indispensabile la richiesta di soccorso medico qualificato e l'ospedalizzazione. Se l'infortunato è cosciente, può essere somministrata dell'acqua, se possibile con integratori salini. Assolutamente da evitare alcoolici e caffè, per le loro proprietà vasodilatatorie. Nell'attesa del soccorso, in caso insorgano i sintomi dello shock, l'infortunato può essere messo in posizione antishock, con gli arti inferiori sollevati. L’organismo elimina il calore corporeo in eccesso, mediante i polmoni e la pelle. - Polmoni: * respirazione. L’aria che espiriamo è calda. Se il corpo si surriscalda, la frequenza respiratoria aumenta nel tentativo di disperdere il calore in eccesso. - Pelle: * irragiamento. Il calore viene ceduto all’atmosfera sotto forma di radiazioni termiche. * Evaporazione: la perspirazione parte dalle ghiandole situate nel derma e con l’evaporazione del sudore, la pelle si raffredda e il calore diminuisce. * Conduzione: il calore viene ceduto direttamente al mezzo circostante, quindi aria o acqua. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Consideriamo cosa può succedere all’organismo quando si trova in un ambiente molto caldo. L’aria inspirata è calda, magari più calda dell’aria espirata e la pelle può assorbire più calore di quanto ne irradi. Se a ciò si aggiunge un elevato tasso di umidità, l’evaporazione del sudore rallenta. Ad aggravare ulteriormente il quadro, immaginiamo che tutti questi fattori si sommino in un ambiente privo di ventilazione, che altrimenti favorirebbe la cessione del calore per irragiamento ed evaporazione. Dal momento che, in un ambiente umido, la perdita di calore tramite evaporazione è ridotta, il caldo-umido può produrre variazioni corporee drammatiche nell’arco di un periodo molto breve. Il caldo-secco spesso inganna; le persone continuano a lavorare o comunque rimangono esposte al calore per un tempo eccessivo e superano il punto massimo di tollerabilità. Questo è il motivo per cui si possono incontrare problemi più gravi a causa dell’esposizione al caldo-secco, che non per l’esposizione al caldo-umido. Progressione termica. Consideriamo cosa può succedere all’organismo quando si trova in un ambiente molto caldo. Il primo stadio dell'ipertermia è lo stress da calore o esaurimento da calore: è caratterizzato da confusione, crampi muscolari (per la perdita di sali minerali e acqua) e spesso nausea o vomito. A questo stadio iniziale la vittima suda copiosamente, per dissipare il calore corporeo in eccesso; se l'esposizione al calore prosegue, condizione a volte favorita dallo stato di confusione, la temperatura corporea raggiunge l'intervallo dei 39-40 °C (103-104 °F) e si ha il colpo di calore vero e proprio, cioè l'ipertermia conclamata. Una temperatura corporea sopra i 40 °C (104 °F) mette a rischio la vita della vittima. A 41 °C (106 °F) il cervello inizia a subire danni, e inizia il processo di morte cerebrale. A 45 °C (113 °F) la morte è quasi certa. Temperature interne oltre i 50 °C (122 °F) causano rigidità muscolare e morte immediata. Il metodo più efficace a disposizione del corpo umano per dissipare il calore che lui stesso genera è la sudorazione: essa sottrae calore all'interno del corpo e lo porta sulla superficie cutanea, dove l'evaporazione, un processo molto endotermico, sottrae grandi quantità di calore alla pelle, raffreddandola. La perdita di acqua dovuta alla sudorazione, se non compensata, porta alla disidratazione dell'organismo, che oltre un certo limite non può più sostenere la sudorazione. A questo punto la vittima smette di sudare, e la temperatura corporea sale rapidamente. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Il colpo di calore è un disturbo causato da una temperatura troppo alta, associata ad un elevato tasso di umidità e alla mancanza di ventilazione, a cui l'organismo non riesce ad adattarsi. Chi subisce un colpo di calore può perdere lucidità e mostrarsi ostile verso i soccorritori: spesso ha mal di testa, e il suo stato può essere scambiato per una intossicazione. La disidratazione riduce la pressione sanguigna e può portare a confusione mentale o svenimento, soprattutto se la vittima si alza in piedi all'improvviso. La pelle diventa arrossata, perché i capillari si dilatano nel tentativo di portare più calore verso la pelle; man mano che l'ipertermia si aggrava la pressione sanguigna cala al punto che il sangue viene richiamato e la pelle diventa pallida o bluastra, e la vittima prova brividi e pelle d'oca, come nella febbre alta. Con l'aumentare della temperatura gli organi interni smettono di funzionare e sopraggiungono il coma e la morte. I bambini molto piccoli possono soffrire di convulsioni. La forte disidratazione che accompagna l'ipertermia da colpo di calore può provocare nausea e vomito; sono stati riportati casi di cecità temporanea. In circostanze molto rare una persona può avere gli stessi sintomi di un colpo di calore senza esserne affetta. Il collasso da calore si verifica in seguito ad una perdita di acqua e sali, per effetto di un’eccessiva sudorazione, tale da determinare una vera e propria disidratazione. Le persone più frequentemente colpite dalle malattie da calore sono quelle non abituate al caldo. I sintomi compaiono gradualmente, pelle pallida, fredda, molto sudata, vertigini, senso di mancamento, debolezza. Non c'è febbre. Il colpo di sole è più raro rispetto al colpo di calore e al collasso da calore e si manifesta in seguito a un'eccessiva (diretta e prolungata) esposizione ai raggi solari. Il primo segnale del disturbo è un malessere generale e improvviso a cui seguono mal di testa, sensazione di vertigine, nausea, scarsa sudorazione. La temperatura corporea si alza, mentre la pelle appare secca e molto arrossata (per l’arresto di sudorazione), può comparire difficoltà respiratoria, stato confusionale, perdita di coscienza fino al coma (nei casi più gravi). La causa determinante non è, come nel colpo di calore, l'alta temperatura, ma l'azione dei raggi solari e le radiazioni infrarosse e ultraviolette sul capo. Se l'organismo rimane surriscaldato per troppo tempo, una comune insolazione può svilupparsi in un ben più grave colpo di calore: i normali meccanismi del corpo che proteggono dal surriscaldamento, come il sudare o il controllo della temperatura corporea, sono perduti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I L'inizio è insidioso: debolezza, mal di testa, nausea e vomito, che evolvono in temperatura elevata, generalmente maggiore di 40°C, con pelle calda e secca. Questi sintomi possono essere accompagnati da una sensazione di confusione mentale. Altri segnali possono essere l’accelerazione del battito cardiaco, il respiro rapido e poco profondo, l'aumentata o diminuita pressione sanguigna, la scomparsa di sudorazione, lo svenimento. La persona colpita da una patologia da calore, va immediatamente aiutata, portata in un luogo ombreggiato, fresco e ventilato, e "raffreddata" coprendola con panni umidi o spruzzandola con acqua fredda. È opportuno provvedere a reidratare la persona colpita in maniera efficace somministrando liquidi e sali minerali per via endovenosa. Trattamento extra-ospedaliero. • trasportare l'infortunato in un luogo fresco e aerato • togliere gli abiti • se cosciente: farlo sdraiare sulla schiena, con le gambe sollevate • se cosciente: far bere bevande fresche e saline (eventualmente bicchieri d'acqua fresca con mezzo cucchiaino di sale) • se incosciente: metterlo in posizione laterale di sicurezza • praticare spugnature fredde sul capo e sul tronco • massaggiare le gambe dal piede verso la coscia • applicare borse di ghiaccio o impacchi freddi su capo, collo, inguine • avvolgerlo con un lenzuolo o un asciugamano imbevuti di acqua fredda • provvedere al trasporto in ospedale. Trattamento intra-ospedaliero. Liquidi: al paziente che presenta crampi o collasso da calore, devono essere somministrati acqua e soluzioni saline, preferibilmente per via endovenosa, se il soggetto non è cosciente o se si vuole ottenere una idratazione veloce e controllata. Raffreddamento: è raccomandato il raffreddamento immediato, con compresse fredde o borse di ghiaccio sui polsi, sulle caviglie, sulla testa, sul collo, sotto le ascelle e sull’inguine, oppure si può utilizzare le più moderne apparecchiature meccaniche per raffreddare l’organismo dall’esterno. Da ricordare che anche i liquidi possono essere raffreddati, ottenendo una risposta termica più veloce. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Per i bambini in età scolare, il raffreddamento dev’essere iniziato utilizzando acqua tiepida, per poi sostituirla con acqua più fredda. Parametri vitali: il paziente necessita di un monitoraggio continuo dei propri parametri vitali, specie delle variazioni termiche che la terapia può produrre. Lo stato di coscienza è sempre il primo campanello d’allarme per le variazioni che l’organismo subisce, come pure l’attenzione deve porsi sull’attività cardiaca (valutare ritmo, frequenza ed insorgenza di aritmie). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I 2 Congelamento ed ipotermia L'ipotermia o assideramento è una condizione clinica in cui la temperatura corporea di un individuo scende significativamente al di sotto del suo valore normale al punto da ostacolare il metabolismo. Se l’ambiente è troppo freddo, il calore corporeo viene ceduto più velocemente di quanto ne venga prodotto. Il corpo tenta di adattarsi alla situazione riducendo il numero delle respirazioni, l’entità della traspirazione e limitando la circolazione sanguigna superficiale. L’attività muscolare aumenta provocando brividi, nel tentativo di generare una quantità maggiore di calore. All’interno del corpo, i cibi utilizzati come carburante, vengono bruciati (metabolizzati) più velocemente per produrre più calore. A un certo punto, non ci sarà una quantità sufficiente di calore in tutte le zone del corpo e questo fatto provocherà danni prima ai tessuti esposti, poi una riduzione generale delle funzioni corporee ed infine la cessazione delle funzioni corporee vitali. Le urgenze collegate al freddo possono essere la conseguenza di un raffreddamento localizzato o generale. Le lesioni derivanti da un raffreddamento localizzato interessano regioni particolari del corpo e vengono indicate con il termine di congelamento. Il raffreddamento generale, invece, interessa il corpo intero e in questo caso si parla di ipotermia o assideramento. Il corpo può perdere calore per conduzione, in seguito al trasferimento diretto di calore da un corpo caldo ad un ambiente circostante freddo, oppure per convenzione ossia per contatto tra aria atmosferica e superficie corporea. In caso di abiti bagnati, il freddo dell’acqua può costituire un problema: l’acqua assorbe il calore corporeo 240 volte più velocemente dell’aria in assenza di vento. Le condizioni peggiorano se c’è vento gelido: più forte è il vento, maggiore è la perdita di calore corporeo. Il vento accresce gli effetti delle temperature fredde (es. se esternamente ci sono -12°C e un vento che soffia a 30 Km/h, la quantità di calore ceduta dal corpo equivale a quella che verrebbe ceduta ad una temperatura di -31°C). Quando si considerano gli effetti del freddo sul paziente, si deve tener presente la temperatura, il vento, l’acqua, le zone del corpo esposte, gli indumenti, la durata dell’esposizione, lo stato di salute del paziente, le possibili lesioni presenti, l’età e l’attività svolta dal soggetto durante l’esposizione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Il CONGELAMENTO è una lesione locale che interessa una o più parti del corpo in seguito all'azione del freddo sulla pelle e i tessuti sottostanti. Tale evento si manifesta quando la temperatura del corpo scende a -3,9 gradi Celsius. Le parti più colpite sono il naso le orecchie, le dita e i piedi, questo perché sono le parti del corpo più esposte. Quando una zona del corpo è esposta all’aria o a liquidi particolarmente freddi, la circolazione sanguigna in quella zona si riduce in seguito alla costrizione dei vasi sanguigni. In questo caso, i tssuti non ricevono abbastanza sangue e quindi calore per impedire il congelamento. E’ possibile che all’interno della pelle si formino dei cristalli di ghiaccio. Nei casi più gravi, può subentrare la morte cellulare con successiva cancrena, che spesso causa la perdita della parte colpita. Negli ultimi anni tale manifestazione si è molto diffusa, basti pensare ai senzatetto o chi compie spedizioni nelle montagne. Possiamo distinguere il congelamento di I, di II, di III e di IV grado: - Il congelamento di I grado si manifesta con un iniziale intorpidimento e formicolio, soprattutto nelle estremità delle articolazioni. Si tratta di una reazione di autodifesa da parte dell'organismo, che limita la circolazione sanguigna determinando una vasocostrizione per evitare ogni dispersione del calore e limitare i danni; si può risolvere rimanendo in un luogo più caldo. - Il congelamento di II grado è caratterizzato dalla formazione di bolle o flittene e l'edema spesso raggiunge gli strati dell'epidermide o il derma. - Il congelamento di III grado si ha per lunga esposizione al gelo e in questo caso intervengono le cellule della risposta immunitaria e si instaura un processo infiammatorio e si giunge a necrosi. - Il congelamento di IV grado si verifica quando le zone congelate vanno in cancrena: intervengono i macrofagi a fagocitare le cellule morte e i fibroblasti a sintetizzare nuove componenti del tessuto come fibre collagene, ecc...; nell'area necrotizzata si possono facilmente impiantare batteri anaerobi che a loro volta portano il tessuto in putrefazione. Se l'arto non viene amputato si ha il rischio di setticemia cioè infezione batterica a livello del sangue. Segni e sintomi del congelamento iniziale. - insorgenza lenta; il congelamento impiega tempo prima di diventare ben evidente. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 26 Università Telematica Pegaso - Gestione del paziente con problematiche mediche I Inconsapevolezza del paziente; le vittime di un congelamento non se ne rendono conto finchè qualcuno non gli fa notare il cambio di colore della pelle. La zona colpita diventa insensibile; - Variazione del colore della pelle; inizialmente rossa, poi si schiarisce fino a diventare bianca; - La zona colpita diventa insensibile. Segni e sintomi del congelamento superficiale e profondo. - La zona colpita sarà chiazzata. Le variazioni di colore andranno dal bianco, poi al giallo-grigio fino al grigio-blu. - I tessuti alla palpazione sembreranno congelati, senza elasticità sottostante, tipica dello stato superficiale. - Anestesia e insensibilità della zona colpita. - Trasportare il paziente in una struttura protetta, al caldo, coprendo e Terapia. proteggendo la zona colpita; - Non consentire l’assunzione di alcolici e di fumo, in quanto peggiorerebbe ulteriormente il restringimento dei vasi sanguigni; - Immergere la zona colpita in acqua calda tra i 37°C e i 40°C, senza che la parte lesa tocchi i lati e il fondo del recipiente, - Sostituire l’acqua quando si raffredda. Il paziente accuserà dolore mentre la zona colpita si riscalda e in alcuni momenti il dolore potrebbe diventare intenso. La presenza del dolore è indice di ripristino della circolazione. - Completato il riscaldamento, il colore della cute sarà rossa o blu e non più congelata. La zona va asciugata e protetta con garze e coperta per conservare il calore. Non esercitare pressione, non far camminare il paziente (se si tratta di una estremità inferiore), tenere l’arto sollevato e coprire tutto il soggetto. - Monitoraggio delle funzioni vitali. In seguito ad ulteriore esposizione al freddo, subentrano degli effetti generali sull'intero organismo, tale situazione viene denominata IPOTERMIA SISTEMICA o ASSIDERAMENTO. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I L'ipotermia è stata classificata in vari modi, a seconda dello loro gravità: Classificazione Valore in °C Ipotermia lieve 35 - 32 Ipotermia moderata 32 - 26 Ipotermia grave 26 - 24 Ipotermia letale <24 Esistono casi riportati in letteratura medica di individui (in genere bambini molto piccoli) sopravvissuti anche a temperature corporee di 14 °C . Per motivi sconosciuti, in rari casi è possibile che persone in stato di grave incoscienza cadute in acqua molto fredda (e dati per morti, affogati o assiderati) vengano rianimate con successo (vedi, quindi l’ipotermia terapeutica post arresto cardio-circolatorio). Esistono due forme di ipotermia: acuta, quando la temperatura corporea scende bruscamente (cadute in acque gelate, con temperature dell'aria sottozero) è la più pericolosa. cronica, vede la temperatura scendere gradualmente durante un lungo periodo di tempo. 2.1 Sintomi - Brividi, solo nello stadio iniziale, quando la temperatura interna è superiore a 32°C. - sensazione di intorpimento e sonnolenza, per ridotto stato di coscienza. - Pelle secca, fredda. - Battito cardiaco rallentato - Respirazione rallentata - Facoltà visive e motorie ridotte. - Perdita di conoscenza, in casi estremi. - Congelamento di aree del corpo, nei casi più gravi, con reale possibilità di decesso. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Mai supporre che un individuo in ipotermia sia morto: in questo stato il corpo umano può resistere molto a lungo. 2.2 Trattamento Fondamentalmente, la prima cosa da fare è cercare di innalzare la temperatura corporea della vittima; questo però deve essere fatto senza richiamare il sangue lontano dagli organi interni, per non peggiorare ulteriormente il metabolismo già in crisi. Una volta riportata la temperatura a valori normali, nei casi più gravi è necessario tenere il paziente sotto osservazione per alcuni giorni, perché il metabolismo può cedere improvvisamente. Trattamento di primo soccorso Il primo soccorso ad una vittima in ipotermia deve essere prestato con molta cautela. Cose da NON FARE: - Strofinare o massaggiare il paziente. - Darle da bere alcolici. - Usare borse di acqua calda o fare alla vittima un bagno caldo. - Trattare geloni o parti in stato di congelamento. Tutte queste azioni richiamano la circolazione del sangue verso la pelle, privandone gli organi interni: devono perciò essere evitate. Cose da FARE: - Chiamare il servizio di emergenza ospedaliera. - Portare la vittima in un rifugio riparato. - Se si può fare rapidamente, togliere eventuali vestiti bagnati e sostituirli con vestiti asciutti. - Fornirle cibo e bevande zuccherate calde non alcoliche (se cosciente). - Tenere la vittima sotto osservazione ed essere pronti a praticarle la rianimazione cardiopolmonare. - Se la vittima viene estratta da acque con una temperatura media tra i 5 °C - 10 °C non tentare di sollevarla in posizione eretta, in quanto il cuore è esposto ad uno sforzo eccessivo che può determinare la morte, per l’insorgenza di aritmie. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Se l'ipotermia è grave, cioè se la vittima è incosciente o in stato confusionale, il riscaldamento corporeo DEVE esserle praticato in un ospedale e sotto sorveglianza medica: i soccorritori dovrebbero limitarsi a portare la vittima in un ambiente più caldo, cambiare i vestiti con altri asciutti e portarla in ospedale il più rapidamente possibile. Durante l'ipotermia, il cuore diventa molto "suscettibile": un riscaldamento corporeo troppo rapido può provocare improvvise aritmie cardiache. I soccorritori dovrebbero trattare una vittima in grave ipotermia molto dolcemente, senza scossoni, colpi o rumori forti, per non stimolare il cuore e provocare crisi cardiache. Terapia ospedaliera La terapia ospedaliera consiste essenzialmente nella somministrazione di fluidi caldi (fleboclisi di soluzione fisiologica riscaldata) e nei casi più gravi in lavaggi peritoneali con liquido riscaldato. Nel caso compaiano delle aritmie, il personale medico è pronto a intervenire per regolarizzare il battito. L’aritmia più pericolosa che può scatenarsi, in seguito ad un riscaldamento veloce, è la fibrillazione ventricolare. Nei casi di ipotermia in fase avanzata, il paziente sarà privo di conoscenza, e potrebbe essere difficoltoso individuare i segni vitali ( si può impiegare anche un minuto per cercare il polso caratideo). Alla palpazione il paziente apparirà molto freddo ( la temperatura interna del corpo può essere inferiore ai 26.5°C), ma è ancora possibile che il paziente sia ancora in vita. Cominciare subito una RCP; il paziente potrebbe impiegare 30 min. prima di raggiungere la morte biologica. Non si può dichiarare la morte biologica senza prima aver riscaldato il paziente e tentato una RCP. Quadro clinico. - emodinamica: in corso di ipotermia, la frequenza cardiaca può inizialmente accelerare, ma poi, quando si scende al disotto dei 34°C, essa tende a rallentare. La comparsa di turbe del ritmo è frequente, soprattutto al di sotto dei 30°C. La FV, che si evidenzia a circa 28°C, sovente non preceduta da altre aritmie, è resistente alla defibrillazione, se il quadro ipotermico persiste. Ad una iniziale vasocostrizione, con conseguente aumento della PA, segue una fase di vasocostrizione, che si accompagna a riduzione presso ria e della portata cardiaca. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 26 Università Telematica Pegaso - Gestione del paziente con problematiche mediche I Funzione respiratoria: l’ipotermia deprime la respirazione a seguito di una riduzione della FR e della ventilazione/minuto, inoltre vi è una abolizione del riflesso della tosse, della broncorrea, con alterazione dell’epitelio bronco-ciliare. - SNC: le prime manifestazioni di alterazione neurologica, compaiono a circa 35°C, con agitazione e disorientamento. A 30°C giunge il coma e la midriasi pupillare compare a 28°C. - Il consumo di ossigeno si riduce progressivamente, come la produzione di CO2. Aumenta la produzione di ac. lattico e un decremento dei bicarbonato. Protocollo terapeutico per ipotermia severa. - Eseguire manovre di RCP, se necessarie; - Monitorizzare il paziente (ECG, FC, FR, SaO2); - Posizionare sonda termica per rilevazione TC interna, quindi vescicale o gastrica; - Eseguire esami emato-chimici, tra cui EGA; - Se necessario provvedere alle device; incannulare una vena centrale, posizionare un catetere vescicole, SNG, incannulare arteria. - Provvedere al riscaldamento utilizzando sistemi esterni (materassini riscaldanti) ed utilizzando infusioni riscaldate a 37-40°C; - Aumentare la FiO2 e correggere i bicarbonato; - Controllare i parametri vitali, specie durante il riscaldamento, per poter intervenire tempestivamente in caso di insorgenza di aritmie mortali; - Proseguire la diagnostica, quando vi è la stabilizzazione del paziente, in caso di sospetto di trauma associato. Altre lesioni dovute al freddo Geloni: sono lesioni che insorgono in seguito ad esposizioni ripetute e prolungate della pelle non adeguatamente protetta a temperature di 15°C o inferiori. Le lesioni hanno l’aspetto di zone arrossate e rigonfie e il paziente lamenta calore, sensibilità pronunciata e prurito. I geloni sono cronici è quindi una condizione che persiste. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Non esiste una cura d’urgenza che proteggere la zona lesa e tentare di impedirne la ricomparsa. Piede da trincea: chiamato anche piede da immersione, è una condizione patologica che si sviluppa quando le estremità inferiori rimangono nell’acqua fredda per un periodo prolungato. La parte dell’arto colpita si gonfia assumendo un colore pallido a macchie, è fredda e insensibile. Il trattamento è come quello per le zone congelate. Prevenzione Gran parte del calore corporeo si disperde attraverso la testa; quindi l'ipotermia si può prevenire con efficacia con un cappello. I vestiti di cotone o di altri materiali igroscopici sono un rischio per l'ipotermia, perché se la persona che li indossa suda, l'umidità che evapora attraverso i vestiti può portare via molto calore. È molto meglio usare vestiti in tessuti sintetici o comunque in grado di allontanare l'umidità dalla pelle. Induzione dell'ipotermia terapeutica. Si può indurre artificialmente una condizione di ipotermia; quella più conosciuta e in via di diffusione è senz’altro quella praticata ai pazienti rianimati in cui vi è una ripresa del circolo (ROSC). Consiste in un approccio che inizia già in ambiente extra-ospedaliero e che si protrae fino alla degenza del paziente; l’ipotermia indotta ha come obiettivo la neuroprotezione e il controllo della pericolosa fase di riperfusione tessutale, post-ACR, e si attua nelle prime 24/h con un abbassamento e mantenimento, della TC interna del soggetto, fino a 32-34°C . Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I 3 Patologie da altitudine e da immersione La pressione atmosferica diminuisce all'aumentare dell'altitudine, mentre la percentuale di O2 nell'atmosfera rimane costante, ne consegue che la pressione parziale di O2 diminuisce a quote elevate e a 5500 m è circa la metà di quella che troviamo a livello del mare. Il 20% circa delle persone che si spingono oltre i 2500 m, in meno di 1 giorno, sviluppa alcuni sintomi e segni della malattia da alte quote. Il rapido raggiungimento di quote elevate (es., depressurizzazione negli aerei, ascesa in mongolfiera) è causa di una grave ipossia acuta e di perdita di coscienza, piuttosto che di una manifestazione sintomatologica della malattia da alte quote. La maggior parte delle persone si abitua a quote fino ai 3000 m in pochi giorni. Maggiore è l'altitudine raggiunta, tanto più tempo è necessario per ottenere un'acclimatazione completa. Al di sopra dei 5100 m, il deterioramento è più rapido, infatti nessuno è in grado di vivere per lungo tempo a quella altitudine. L'acclimatamento consiste in una serie complessa di risposte che gradualmente ristabiliscono l'ossigenazione tissutale a valori normali in coloro che sono esposti a elevate altitudini. I segni dell'acclimatamento comprendono iperventilazione di grado elevato con alcalosi persistente parzialmente compensata, aumento iniziale della gittata cardiaca, aumento della massa degli eritrociti e della tolleranza allo sforzo anaerobico. 3.1 Patologia e fisiopatologia L'ipossia stimola i centri del respiro, incrementando l'ossigenazione tissutale, ma determinando anche alcalosi respiratoria, la quale contribuisce allo sviluppo di sintomi, che permangono finché non viene parzialmente compensata da una perdita di HCO3 nelle urine. La fisiopatologia della malattia da alte quote è rappresentata dall'alterazione del bilancio idrico ed elettrolitico. La permeabilità dei capillari aumenta, favorendo l'accumulo di liquidi in diverse sedi; la causa è probabilmente imputabile a lesioni endoteliali. L'ipossia aumenta le resistenze vascolari polmonari e la pressione nell'arteria polmonare, mentre le resistenze periferiche e la pressione arteriosa subiscono solo scarse modifiche. Il flusso ematico cerebrale è diminuito dall'ipocapnia, mentre è aumentato dall'ipossia, di conseguenza si modifica al variare dell'equilibrio tra la CO2 e l'O2 arteriose. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 26 Università Telematica Pegaso 3.2 Gestione del paziente con problematiche mediche I Sintomi, segni e diagnosi - Edema periferico o del volto: può essere dovuto all'elevata altitudine o, come si verifica al livello del mare, a uno sforzo notevole. - La tromboflebite può presentarsi ad altissime quote, specialmente in soggetti disidratati e inattivi. - Altri sintomi quali: annebbiamento della vista, emianopsia, scotomi e perfino cecità transitoria. Questa sintomatologia molto allarmante tende a scomparire rapidamente dopo la discesa, tranne il caso in cui sia dovuta a patologie intracraniche, che sono comunque rare. - Le emorragie retiniche possono verificarsi a quote inferiori ai 2700 m (9000 piedi), sono invece frequenti al di sopra dei 5000 m (16000 piedi), solitamente sono asintomatiche. - Si possono verificare piccole emorragie sotto il letto ungueale, a livello renale e cerebrale. Mal di montagna acuto (MMA): é la forma più comune e può comparire ad altitudini di appena 2000 m (6500 piedi), è caratterizzata da cefalea, spossatezza, nausea, dispnea e disturbi del sonno, l'esercizio fisico aggrava i sintomi. Il MMA regredisce di solito in 24-48 h, ma occasionalmente, come nella malattia da alte quote, evolve verso un edema polmonare e/o cerebrale. Edema polmonare da alte quote (EPAQ): é una forma meno comune ma più grave, si manifesta abitualmente entro 24-96 h dopo una rapida ascesa al di sopra dei 2500 m (8000 piedi); i liquidi tendono ad accumularsi negli spazi interstiziali polmonari e vengono drenati dal sistema linfatico, quando questi liquidi si accumulano troppo rapidamente rispetto all'attività drenante, si sviluppa un edema alveolare franco. L'EPAQ è caratterizzato da dispnea ingravescente, tosse irritativa, che produce escreato schiumoso e spesso striato di sangue, debolezza, atassia e infine coma. Sono inoltre frequenti cianosi, tachicardia e febbre di lieve entità, accompagnate da rantoli polmonari a piccole o a grandi bolle (spesso udibili anche senza lo stetoscopio), che possono indurre erroneamente a porre diagnosi di polmonite. La pressione atriale si presenta normale, ma quella dell'arteria polmonare è superiore anche a quella riscontrabile nei soggetti sani durante un evento ipossico. L'EPAQ può peggiorare rapidamente e possono sopravvenire nell'arco di poche ore coma e morte. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Edema cerebrale da alte quote (ECAQ): si ritiene che l'edema cerebrale sia presente, in grado moderato, in tutte le forme della malattia da alte quote. L'edema grave si manifesta con atassia, cefalea, confusione mentale e allucinazioni. L’atassia deambulatoria è un segno predittivo affidabile e precoce. Il coma e la morte possono sopravvenire entro poche ore dall'esordio dei sintomi. L'ECAQ andrà distinto dal coma dovuto ad altre cause (p. es., infezioni, accidenti cerebrovascolari, chetoacidosi) sulla base dell'anamnesi, dell'assenza di febbre significativa o di paralisi e del riscontro di parametri ematici e liquorali nella norma. Mal di montagna cronico (malattia di Monge): é una affezione rara che colpisce gli individui che risiedono ad alta quota da lungo tempo; è caratterizzata da affaticamento, dispnea, dolori diffusi, eccessiva policitemia e tromboembolie. Il paziente deve necessariamente tornare al livello del mare, la guarigione è lenta e può recidivare se il paziente si reca di nuovo in alta quota. Profilassi Il modo migliore per prevenire la malattia da alte quote consiste in una lenta ascesa. Nelle 24-36 h che seguono il completamento dell'ascesa vanno evitati sforzi fisici estremi, mentre il riposo a letto presenta benefici minori dell'esercizio leggero.È importante bere molta più acqua del solito, perché quando si respira aria asciutta ad alte quote con ritmo accelerato, si verifica un aumento notevole della perdita d'acqua con conseguente disidratazione che, associata a un certo grado di ipovolemia, aggrava i sintomi, inoltre si deve evitare un'ulteriore assunzione di sale. Terapia Le emorragie retiniche non richiedono terapia, perché di solito si risolvono durante la permanenza degli scalatori ad alta quota. Il MMA di solito richiede soltanto liquidi, analgesici, dieta leggera, attività fisica moderata e (raramente) il ritorno a quote più basse. Se si sospetta la presenza di EPAQ, si può iniziare una terapia con O2 e riposo a letto, ma se le condizioni peggiorano, si dovrà riportare senza indugio il paziente a quote più basse. Eventualmente, il soggetto può essere adagiato in un'ampia camera iperbarica in cui la pressione può essere incrementata, simulando la discesa, se questa non può avvenire, tale misura permette di guadagnare tempo in caso di emergenza, ma non può sostituire la discesa. La somministrazione di 20 mg di nifedipina sublinguale, seguiti da una compressa da 30 mg a lento rilascio, determina un Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I abbassamento dell'ipertensione a livello dell'arteria polmonare, comportando un beneficio. È controindicato l'uso di diuretici potenti (p. es., la furosemide). Sebbene la morfina risulti efficace, la depressione respiratoria conseguente vanifica ampiamente l'utilità del farmaco. Una volta che il paziente viene ricoverato, vengono escluse altre cause di malattia polmonare, la terapia quindi prevede: ossigenazione adeguata (talvolta con l'intubazione e ventilazione con PEEP), riposo a letto, controllo della diuresi, drenaggio posturale e antibiotici, se si sospetta una superinfezione. I pazienti, se prontamente trattati, di solito guariscono dall'EPAQ entro 24-48 h. In caso di EPAQ grave, è necessario ridiscendere rapidamente. La somministrazione di ossigeno supplementare o la pressurizzazione in camere iperbariche permettono di guadagnare tempo, ma non sono risolutive. 3.3 Patologie da immersione. La malattia da decompressione (acronimo MDD) è una patologia da decompressione derivante dalla formazione di bolle all'interno del circolo ematico o dei tessuti e provocata dalla mancata eliminazione di gas inerti (azoto). La malattia può verificarsi in seguito ad un'immersione subacquea, oppure all'esposizione a pressioni elevate. I sintomi. Sono variabili a seconda del tipo di tessuto colpito; talvolta sono talmente lievi da rendere l'individuazione della MDD difficoltosa ad un'analisi superficiale; - neurologico: derivanti dalla presenza di bolle nel cervello o nel midollo spinale. cervello: i sintomi sono diversi a seconda dell'area del cervello coinvolta; si va da disturbi della visione, difficoltà motorie, difficoltà nella parola, paralisi di metà del corpo fino alla morte nel caso in cui le bolle coinvolgano il tronco encefalico. I danni possono essere permanenti. midollo spinale: anche in questo caso i sintomi sono diversi a seconda del tratto di midollo coinvolto; si possono avere formicolio o insensibilità nelle gambe, paraplegia, tetraplegia o altri sintomi intermedi. Anche in questo caso i danni possono essere permanenti. - polmonari: la produzione cospicua di bolle intravascolari può provocare una congestione dei capillari polmonari e quindi la riduzione dello scambio gassoso. I sintomi sono dolore al torace che si intensifica inspirando, difficoltà respiratorie e/o aumento della frequenza respiratoria e tosse Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I stizzosa. Può aversi drastico peggioramento delle condizioni fino al collasso respiratorio, perdita di conoscenza e morte. - orecchio interno: violente vertigini, nausea e vomito, perdita di equilibrio, difficoltà uditive, acufeni. La comparsa dei sintomi è spesso tardiva (24/36 ore dall'immersione). La patologia più preoccupante è senza dubbio l’ embolia polmonare gassosa (acronimo EGA), che rappresenta la più grave patologia da decompressione a cui può andare incontro, ad es., un subacqueo, e si manifesta con la presenza di bolle di gas all'interno della circolazione sanguigna. Cause. La principale causa dell'EGA è una estrema sovradistensione polmonare che arriva al punto di causare lacerazioni nel tessuto polmonare, facendo quindi penetrare nella circolazione arteriosa emboli gassosi e si manifesta in seguito ad una risalita troppo veloce rispetto alla velocità di sicurezza (9/10 metri al minuto) oppure l'interruzione dell'attività respiratoria sempre durante la risalita, in particolare durante gli ultimi metri prima dalla superficie, e la conseguente dilatazione dell'aria contenuta nei polmoni col diminuire della pressione. Sintomi e segni. L'EGA si manifesta solitamente in forma traumatica, generalmente appena raggiunta la superficie o anche pochi attimi prima di aver terminato la risalita. I sintomi consistono in vertigini, disorientamento, difficoltà respiratorie, disturbi cardiaci, pallore, cianosi, visione offuscata. È possibile che l'infortunato avverta un forte dolore al petto durante la risalita, sintomo della rottura del tessuto polmonare. Da notare che solitamente la risalita è effettuata con la testa verso l'alto, quindi le bolle di sangue tenderanno verso i tessuti nella parte alta del corpo: quindi perdita di coscienza o la comparsa di altri sintomi neurologici all'uscita dall'acqua o nei minuti immediatamente successivi devono sempre far sospettare una possibile EGA e quindi richiedono un intervento immediato. I segni di questa patologia consistono in sanguinamento dalla bocca o dal naso, debolezza, paralisi, perdita di coscienza, convulsioni, arresto respiratorio e, nei casi più gravi, morte. Terapia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I In caso di diagnosi dei sintomi dell'EGA, il trattamento in camera iperbarica deve essere il più rapido possibile per limitare i danni. Da tener presente sempre i principi base del pronto soccorso in caso di incidente in acqua nel soccorrere l'infortunato. Il trattamento con ossigeno può essere utile durante il trasporto per cercare di ridurre i possibili danni. Per quanto riguarda la cura, il metodo più opportuno è l'uso della camera iperbarica. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 26 Università Telematica Pegaso Gestione del paziente con problematiche mediche I Bibliografia A.Gentili, M.Nastasi, L.A.Rigon, C.Silvestri, P.Tanganelli, IL PAZIENTE CRITICO, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 1997. H.D.Grant, R.H.Murray Jr, J.D.Bergeron, INTERVENTI D’EMERGENZA, Medical Advisors, Milano, 1992. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 26