il diritto civile moderno

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“IL DIRITTO CIVILE
MODERNO”
PROF. FERNANDO BOCCHINI
Università Telematica Pegaso
Il diritto civile moderno
Indice
1
INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA. IL PRIMATO DELLA PERSONA UMANA ----------------------- 4
3
LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA. IL “PLURALISMO” ORDINAMENTALE E SOCIALE. ------- 7
4
IL DIRITTO EUROPEO ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
5
IL DIRITTO DEI PRIVATI ------------------------------------------------------------------------------------------------ 11
6
LA GLOBALIZZAZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
7
I FONDAMENTALI VALORI ORDINATORI E L’ORDINE PUBBLICO -------------------------------------- 15
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: ------------------------------------------------------------------------------------------------- 19
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Introduzione
Le conseguite libertà dell’uomo e del cittadino, stimolate dal giusnaturalismo e esaltate e
organizzate dall’illuminismo avevano ormai conquistato l’intera europa e si imponevano in tutti gli
stati nazionali.
La intensificazione della industrializzazione e l’acquisita consapevolezza di una valorizzazione
della persona umana rendeva necessario ripensare ai tradizionali assetti sociali e giuridici e alle
categorie logiche e giuridiche sugli stessi elaborati.
Come si accennava nella introduzione alla prima lezione, tre grandi esperienze getteranno e
infine forgeranno l’ordinamento giuridico: l’avvento della Costituzione repubblicana; l’edificazione
della Comunità e poi della Unione europea; la lunga marcia verso la uniformazione del diritto,
maggiormente stimolata dalla globalizzazione.
In tale contesto anche il diritto civile si rinnova, per rimanere il codice civile solo uno dei
riferimenti (anche se essenziale) della disciplina dei rapporti privati. Il diritto civile moderno è
ormai costruito sulla pluralità delle fonti del diritto (interne e non) e immerso nella complessità
dell’esperienza giuridica (interna e non).
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2 La Costituzione repubblicana. Il primato della
persona umana
Dalla seconda metà dell’800 affiorano più eventi che sconvolgono il tessuto socio-economico
che aveva fatto da sfondo alle moderne codificazioni. Sul piano economico, la rivoluzione
industriale progressivamente affianca, fino a soppiantare, la ricchezza agraria: emerge l’importanza
della concentrazione dei capitali e dei valori mobiliari; i rapporti con le banche si rivelano essenziali
nell’approvvigionamento dei mezzi di produzione; le infrastrutture diventano essenziali presupposti
della produzione. Sul terreno sociale la industrializzazione determina la progressiva concentrazione
della forza lavoro nelle aree industriali, con l’aggregazione in strutture sindacali degli interessi
collettivi del lavoratori per migliori condizioni salariali e di vita sul lavoro: si intensifica un
“contromovimento” delle classi operaie in forme collettive sempre più organizzate fino alle
formazioni sociali sindacali. In campo politico, l’universalismo proclamato dai giusnaturalisti è
contraddetto dalla varietà delle realtà nazionali e dagli equilibri di potere che la borghesia
emergente volta a volta instaura con le classi tradizionalmente detentrici del potere 1. Ormai acquisiti
come irrinunciabili i diritti civili contro lo Stato, si guarda da più parti allo Stato per conseguire,
rispettivamente, ausili all’economia e tutela delle debolezze esistenziali in fatto. Si pongono
all’attenzione della politica e del mondo giuridico significativi conflitti sociali, che attraversano le
elaborazioni dei giuristi.
Il diritto, pur con diverse impostazioni, è studiato come scienza sociale: le finalità del diritto
sono fatte risiedere nella regolamentazione di conflitti sociali. L’idea di un potere della volontà
dell’individuo, come tale, risulta artificiosa e astratta per essere l’esercizio del potere condizionato
dalla collocazione sociale del singolo. Anche il diritto soggettivo è ricostruito come “interesse
giuridicamente protetto”, con ciò aprendosi la strada alla generale concezione della limitazione dei
diritti individuali in ragione degli interessi della vita sociale. E così l’individuo isolato e
astrattamente unitario, analizzato dalla economia classica e al quale avevano fatto riferimento sia il
giusnaturalismo che l’illuminismo, orientando la formazione dei codici moderni, viene ora
reintegrato nella realtà delle relazioni sociali in cui vive ed opera, valorizzando appartenenze e
1
L’illusione della c.d. volontà generale quale fondamento di legittimazione del potere è smentita dalla ristretta base sociale avente diritto al
voto. Anche la divisione dei poteri non impedisce che i singoli poteri fossero espressione delle medesime classi sociali.
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contesti di collocazione2.
Coerente al modello delle Costituzioni degli ordinamenti democratici del XX secolo (la
Costituzione francese è del 1947), anche la nostra Costituzione repubblicana (della cui struttura si è
parlato trattando delle fonti del diritto: I, 2.5), mentre ribadisce la tavola dei diritti contro il potere
statale, introduce garanzie e tutele anche contro i poteri di fatto della società civile. La materia dei
rapporti tra privati penetra nella disciplina delle costituzioni, delineandosi un criterio assiologico di
verifica degli interessi, secondo i valori positivamente imposti dall’ordinamento. Dopo la lunga
stagione dell’astrazione del soggetto dalle appartenenze, in funzione della unitarietà del soggetto di
diritto, riprende ad assumere valore il contesto sociale nel quale il soggetto è collocato ed opera:
non più però per assegnare privilegi di classe (come per il passato), ma per attribuire protezione e
difesa ai soggetti deboli.
Una sinergia ideologica sorregge le scelte della Carta costituzionale (c.d. patto o compromesso
costituzionale): culture diverse convergono verso l’affermazione di valori fondativi comuni 3. Le
varie culture si incontrano sul fondamentale principio della dignità e del primato della “persona
umana”, che pervade la intera Carta costituzionale: le idee della rivoluzione liberale del secolo
precedente e le nuove aspirazioni verso uno Stato socialista-marxista si intrecciano con i dettami
della dottrina sociale della Chiesa cattolica (affermati dalla enciclica Rerum novarum del 1891). Il
principio personalista esprime unitariamente la sintesi dei diritti fondamentali della persona
umana, riflettendosi sulla regolamentazione delle relazioni sociali 4.
2
Emergono più filoni teorici. Da un lato, l’istituzionalismo (specie con Hauriou), per il quale l’ordinamento giuridico è più vasto di
quello statale, abbracciando tutte le forme di organizzazione rivolte a realizzare uno scopo: elaborazione che, in modo distorto, è stata in
prosieguo impiegata con riferimento a talune comunità (famiglia, associazioni, ecc.), per designare la prevalenza dello scopo comune rispetto
alla persona dei componenti. Dall’altro, il socialismo giuridico (specie con Menger), il quale riceve dal socialismo materiale la lezione che
non sussiste una eguaglianza degli individui concreti, per essere gli stessi costretti dalle specifiche condizioni socio-economiche (anche la
c.d. libertà negoziale si rivela una mera astrazione); tale filone mette però da parte la lotta di classe incanalando le rivendicazioni delle classi
lavoratrici verso la formazione di un catalogo di “diritti economici fondamentali”, sul modello dei diritti politici fondamentali conseguiti nel
secolo precedente. Rileverà Solari (uno dei massimi studiosi italiani del socialismo giuridico): non si possono impunemente rinnegare secoli
di lotta per la conquista delle libertà individuali consacrate nei Codici; il socialismo giuridico si ritrasse da questo errore e anziché
contrapporre individuo a società tende a conciliarli sul terreno del diritto privato.
In una diversa prospettiva si afferma un neogiusnaturalismo che, con varie impostazioni, tende a porre un limite alla onnipotenza
legislativa con l’affermazione di indisponibilità di alcuni valori essenziali. Nella dimensione laica, tali valori sono espressi da progressive
acquisizioni etico-giuridiche irreversibili, rivelatrici della dignità umana (appellandosi a un comune sentire derivante dalla “natura delle
cose” dalla quale discende un diritto naturale concreto contro l’artificiosità del diritto formale, ovvero riferendosi a una cultura di base
comunemente accettata. Nella dimensione cristiana (specie cattolica), abbandonata l’idea di trasferire nella società civile il progetto divino
per l’uomo e la società, tali valori sono ricondotti ai principi etici impressi dalla divinità nell’uomo.
3
L’esperienza unitaria maturata nella lotta antifascista favorì l’aggregazione di matrici culturali comuni. L’Assemblea costituente era
formata da un nucleo intellettuale medio-alto che, pur nel divario delle collocazioni ideologiche, si mostrava aperto alle istanze di una società
di massa e attento ai bisogni delle classi deboli. Secondo l’immagine che fu data della Carta, la stessa si presentava come una “piramide
rovesciata” con un criterio di socialità progressiva: l’uomo è considerato prima nella sua individualità, poi all’interno delle comunità minori,
quindi nell’ambito del lavoro e infine dentro la comunità politica; segue quindi la organizzazione statale.
4
Sull’idea del primato della persona umana convergevano le ideologie fondamentali che diedero vita alla Carta, anche se le giustificazioni
che ne erano alla base erano diverse: per i cattolici, rappresentava la “trascendenza” della persona, espressiva della divinità; per i marxisti,
indicava l’approdo della “scomparsa dello Stato” nella fase finale del comunismo; per i liberali e laici in genere, significava la “garanzia dei
diritti” degli uomini verso lo Stato.
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Gli artt. 2 e 3 delineano la tavola fondamentale del principio personalista, dal quale tutti gli altri
valori derivano. Entrambe le norme sono strutturate nel medesimo modo: una prima parte è rivolta a
riconoscere e garantire la inviolabilità dei diritti dell’uomo (espressi dalla tradizione o man mano
emergenti); una seconda parte è indirizzata a imporre l’obbligo di solidarietà politica, economica e
sociale (di privati e di pubblici poteri) per realizzare in fatto il pieno sviluppo della persona umana.
Da un lato, c’è la consapevolezza che la limitazione della libertà e dell’eguaglianza dei cittadini non
proviene solo dal potere pubblico ma anche “di fatto” dal potere economico, sicché deve essere
compito della Repubblica rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale per consentire la
partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 32) 5. Dall’altro,
c’è la fiducia che le formazioni sociali rappresentino i luoghi più idonei per lo sviluppo della
personalità, sicché la Repubblica deve favorire e valorizzare la formazione e la vita democratica dei
gruppi, tutelando l’interesse dei gruppi e l’interesse dei singoli nei gruppi (art. 2, 2a parte).
In definitiva il principio personalista si irradia sull’intero ordinamento, incidendo anche sul
diritto privato: emerge una normativa costituzionale del diritto privato, sicché il codice civile e le
relative leggi complementari, come in generale tutte le normative vanno rilette alla luce della Carta
costituzionale.
5
Rimane tuttora attuale il vigoroso discorso sulla Costituzione del 1955 di Piero Calamandrei, che, parlando a giovani milanesi, li esortava a
un impegno morale e civile a difesa della Costituzione, rilevando come la stessa non fosse solo una polemica contro il passato, per la
riattivazione delle libertà giuridiche e politiche, ma contenesse anche una polemica contro il presente per essere l’affermazione solenne della
solidarietà sociale ed umana volta alla perequazione economica di fatto: “è la carta della propria libertà, della propria dignità di uomo”.
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3 La Costituzione Repubblicana. Il “pluralismo”
ordinamentale e sociale.
Come portato dei nuovi valori ordinatori della società è erosa la visione tipicamente statalista del
diritto che aveva contrassegnato l’epoca precedente, per cui il diritto si esauriva nella legge statale.
L’attenzione privilegiata rivolta dalla Costituzione alla persona umana tende a valorizzare le
varie dimensioni sociali nelle quali l’uomo, sin dalla nascita, è inserito e poi liberamente si
dispiega: per un verso, famiglia, scuola, associazioni, confessioni religiose, partiti, sindacati, ecc.;
per altro verso, comunità municipale, regionale, statale, europea, internazionale, ecc. Gli statuti
delle varie comunità (private e pubbliche) regolano i rapporti di appartenenza, con la previsione di
regole di comportamento e la comminatoria di diversificate sanzioni in ragione della natura delle
singole aggregazioni. L’irrogazione della pena della carcerazione, per l’afflizione fisica che
comporta, è però riservata alle strutture giudiziarie statali, a seguito di un giusto processo (artt. 25 e
111 Cost.).
L’ispirazione pluralistica si esprime essenzialmente in due direzioni: ordinamentale e sociale.
a) Nella prima direzione, il pluralismo ordinamentale (in senso stretto) importa il
riconoscimento di altri ordinamenti giuridici, con i quali coordinare l’azione dell’ordinamento
giuridico statale. Il criterio si lega alla dottrina della c.d. “pluralità degli ordinamenti” che aveva
avuto già modo di considerare il coordinamento dell’ordinamento statale con il diritto
convenzionale della comunità internazionale e con l’ordinamento della Chiesa cattolica: prospettive
riprese e regolate dalla Carta repubblicana 6. Sono inoltre valorizzate le autonomie locali,
accordando rilevanza giuridica ai rispettivi statuti: per l’art. 5 Cost., la Repubblica riconosce e
promuove le autonomia locali; e per l’art. 1142 Cost., i Comuni, le Province, le Città metropolitane
e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla
Costituzione 7. Un peculiare campo di azione di tale esperienza è quello del fenomeno sportivo e
delle relative articolazioni8.
6
Nella prospettiva internazionale, per l’art. 101 Cost., l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale
generalmente riconosciute; e per l’art. 11 Cost., l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a
tale scopo. Secondo l’art. 1171 Cost. “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
Nei rapporti con le confessioni religiose, è accordata rilevanza costituzionale ai “patti lateranensi” (art. 7 Cost.) e sono previste “intese” con
le altre confessioni religiose (art. 8 Cost.).
7
In attuazione di tale norma, v. la L. 5.6.2003, n. 131, recante Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.
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Peraltro l’autonomia dei singoli ordinamenti non importa separatezza degli stessi, per essere la
varietà di discipline in ragione della specificità delle materie oggetto di regolazione, sicché ogni
ordinamento o statuto autonomo si trova comunque ad essere punto di riferimento della normativa
costituzionale e comunitaria.
b) Nella seconda direzione, il pluralismo sociale implica la limitazione del diritto statale in
favore degli statuti dei gruppi. La limitazione dell’ordinamento statale è legata alla valorizzazione
dei gruppi, valutati come mezzi privilegiati di sviluppo della persona umana (art. 2 Cost.). Sono
all’uopo disciplinate specifiche formazioni sociali, considerate fondamentali: es. associazioni (art.
18); confessioni religiose (art. 19); famiglia fondata sul matrimonio (art. 29); scuola (art. 34);
sindacati (art. 39); partiti (art. 49). Trattasi di un elenco non tassativo: l’ampia formula dell’art. 2
Cost. consente di ricollegarvi altre aggregazioni di vita sociale, come ad es. le convivenze familiari
di fatto che sono esperienze di vita convissuta (V, 1.4).
I valori delineati non trovano però tutti immediata attuazione: dovranno passare vari anni perché
la Costituzione allarghi progressivamente il radicamento nel tessuto sociale e dunque
ordinamentale. Si aggiunga che il diritto costituzionale era nato e si era sviluppato come diritto
interno statale (lo spazio della sovranità). I principi del costituzionalismo moderno sono invece
tendenzialmente universali per inerire alla dimensione esistenziale degli uomini, innervati delle
Convenzioni sui diritti umani: c’è una comune umanità al fondo del costituzionalismo moderno.
cost. 18.10.2001, n. 3. Sull’ordinamento istituzionale di Comuni, Province e Aree metropolitane, v. D.Lgs. 18.8.2000, n. 267, recante Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.
8
Per l’art. 1 D.L. 19.8.2003, n. 220 (recante Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito con modificazioni con L.
17.10.2003, n. 280, la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione
dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale; i rapporti tra l’ordinamento sportivo e
l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della
Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo.
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4 Il diritto europeo
Una esperienza giuridica europea si è progressivamente formata nel tempo e forse proviene da
lontano, non disgiunta da mire espansionistiche di singoli popoli, nello svolgersi di una complessa
storia giuridica europea 9.
L’Europa quale istituzione è però maturata più di recente, dopo le tragedie della seconda guerra
mondiale, nutrita delle idee forti di pace e di civile convivenza e di rispetto della persona umana,
che attingono alla tradizione del cristianesimo che aveva pervaso la società medievale e ai principi
illuministici dello Stato di diritto affermatisi nell’età moderna.
Il diritto europeo rappresenta oggi la spinta più incisiva alla formazione di un diritto uniforme. In
particolare è in atto un processo di costruzione di un diritto privato europeo attraverso un duplice
percorso. Da un lato, con la formazione di un diritto comunitario e cioè di una disciplina
uniforme del diritto privato proveniente dall’alto, attraverso le Convenzioni europee (diritto
comunitario convenzionale) e l’intervento normativo delle istituzioni europee (diritto comunitario
derivato) (I, 3.6). Dall’altro, con la elaborazione di un diritto comune e cioè di un insieme di
criteri e categorie uniformi provenienti dal basso, mediante l’opera di studiosi e operatori del
diritto 10.
Ormai tutti i settori del diritto privato sono attraversati dalla forza unificatrice del diritto
europeo; e d’altra parte l’adozione dell’euro quale moneta unica europea ha comportato la cessione
della sovranità nazionale in tema di politica monetaria, con la definizione a cura delle istituzioni
europee del patto di stabilità e crescita europea.
Allo stato, naufragato il progetto di un Trattato sulla Costituzione europea del 2004, è il Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007, in vigore dal 1° dicembre 2009, a segnare il nuovo volto delle
9
Si è soliti ricondurre la formazione della prima esperienza europea all’epoca carolingia, contrassegnata dalla incoronazione papale di Carlo
Magno quale imperatore nel natale dell’800 e dai tentativi (non riusciti) di realizzare una unità giuridica e monetaria. Fu però una esperienza
militare violenta, fatta di occupazioni e annessioni, destinata presto a fallire, come in breve tempo si sarebbero esaurite nei secoli successivi
le mire espansionistiche europee di singoli dittatori. Osserva all’uopo il grande medievista J.R. Lopez: “Oggi chi dice Europa non pensa a
una religione unica né a uno Stato universale, ma a un insieme di istituzioni politiche, di conoscenze secolari, di tradizioni artistiche e
letterarie, di interessi economici e sociali che cementano un mosaico di opinioni e di popoli indipendenti”. Rileva però J. Le Goff, altro
grande medievista, che, semmai, è a partire dall’XI secolo e nei due secoli successivi che il continente europeo ha preso forma: è la “bella
Europa” delle città, delle cattedrali e delle Università, ma anche dei mercanti, dell’architettura gotica, dei chierici mendicanti, della “discesa
dei valori dal cielo sulla terra”. In una visione del diritto quale esperienza giuridica che affonda nelle radici della società la sua essenza,
osserva P. Grossi: il sostantivo Europa ha nel corso del Medioevo un contenuto esclusivamente geografico; “è con l’Umanesimo che assume
il significato di un complesso di valori spirituali e culturali, avviando un filone riflessivo che trova più tardi la sua pienezza”.
10
Il progetto più complesso e organico è rappresentato dal Draft Common Frame of Reference (DCFR), elaborato da una Commissione di
giuristi europei presieduta da Christian von Bair (Study Group on a European Civil Code), che rappresenta un insieme coordinato di regole
relative a contratti, proprietà e responsabilità civile. Successivamente è stato elaborato il Feasibility Study, che è uno strumento opzionale di
diritto europeo dei contratti a disposizione delle parti.
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istituzioni europee; all’uopo assume un essenziale ruolo unificante la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, approvata a Nizza nel 2000 e confluita nel Trattato di Lisbona. In seguito si
avrà riguardo alla formazione e alla rilevanza del diritto europeo tra le fonti del diritto (I, 3.6).
Evidentemente il terreno più risalente e più concreto di formazione di un diritto uniforme è
quello degli scambi commerciali e delle organizzazioni economiche. È perciò anzitutto emerso un
diritto dei contratti e dei consumatori (VIII, 1.11), destinato a formare il nucleo forte di un futuro
(eventuale) codice europeo di diritto privato. Ampio sviluppo ha anche avuto una normativa di
tutela dei risparmiatori rispetto alla circolazione e alla gestione dei prodotti finanziari. Un ulteriore
campo di esplicazione è quello delle società commerciali, al fine di tutela dei diritti delle minoranze,
di garanzia della verità e precisione delle scritture contabili e specificamente del bilancio.
Più lento è il processo di formazione di un diritto materiale uniforme delle persone e della
famiglia, per il radicamento territoriale delle discipline nazionali (dove convergono consuetudini di
vita, precetti religiosi, costumi sociali, tradizioni culturali, modelli di sviluppo economico, ecc.); ma
anche in tale direzione sono ormai molte le raccomandazioni e le risoluzioni delle istituzioni
europee verso un diritto uniforme e già emergono i primi principi uniformi, con significative
normative di diritto processuale uniforme (V, 1.3).
Gli interventi necessariamente settoriali e frammentari delle istituzioni europee mettono a dura
prova la organizzazione di un “diritto privato generale”. Spetterà all’interprete raccordare le
variegate regole giuridiche con i valori espressi dal Trattato di Lisbona: è nella direzione dei diritti
inviolabili e inalienabili della persona umana e della promozione di un mercato concorrenziale e
sociale che volge il trend di formazione del diritto privato europeo 11.
11
Per il Trattato UE (come denominato e innovato dal Trattato di Lisbona) l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana,
della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone
appartenenti a minoranze; valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla
tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini (art. 1 bis). E d’altra parte l’Unione instaura un mercato interno;
si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia
sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di
miglioramento della qualità dell'ambiente; promuove il progresso scientifico e tecnologico (art. 2).
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5 Il diritto dei privati
Accanto al diritto dettato dallo Stato per i rapporti tra privati, pulsa un diritto dei privati espresso
dagli stessi privati nei gruppi come nell’esplicazione delle relazioni commerciali.
a) L’autonomia collettiva dei gruppi dà luogo a statuti che si impongono ai singoli partecipanti
come diritto proprio della specifica comunità, come tale applicato ed osservato, spesso presidiato da
sanzioni previste dallo stesso statuto. Peraltro già il codice civile ebbe il merito di offrire rilevanza
alla comune volontà degli associati, pure in assenza di riconoscimento: per l’art. 36, l’ordinamento
interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono
regolati dagli accordi degli associati.
Fondamentale limite all’esplicazione dell’autonomia collettiva è che lo statuto si riveli coerente
con i valori dell’ordinamento espressi dalla Carta costituzionale (in particolare è essenziale il
rispetto del metodo democratico interno, come presidio di attuazione della stessa funzione dell’ente
di valorizzare la personalità dei partecipanti al gruppo) (IV, 3.1).
Collegato all’esperienza dei gruppi è il fenomeno della c.d. autodisciplina, non solo all’interno
ma
3.
anche nei rapporti esterni degli associati. Con riferimento alle varie attività professionali sta
anche emergendo con rilevanza giuridica sempre più incisiva il fenomeno dei c.d. codici
deontologici apprestati dai vari ordini professionali 12.
b) Un ulteriore terreno di emersione di un diritto dei privati (inteso nell’accezione sopra indicata)
è quello delle relazioni commerciali . Dopo una lunga stagione di “diritto dell’economia”, sta
riemergendo un’esperienza di “economia del diritto” (secondo la felice formula di Santini). Resiste,
sul piano formale della organizzazione delle fonti, il criterio che solo gli usi normativi sono fonti di
diritto e dunque operanti anche contro la volontà delle parti; ma l’esperienza moderna dei rapporti
commerciali è sempre maggiormente espressa da contratti-tipo o attraversata da clausole di
significato standardizzato che si impongono sul mercato nei contratti di massa. Le associazioni di
12
Si pensi ai codici deontologici previsti dall’art. 20 della Convenzione internazionale contro il doping nello sport del 19.10.2005 (ratificata
con L. 26.11.2007, n. 230); si pensi anche ai codici deontologici cui si fa riferimento nella normativa contro le pratiche commerciali scorrete
nell’art. 19 cod. cons.
Per Cass., sez. un., 10-7-2003, n. 10842, le disposizioni dei codici deontologici predisposti dagli ordini (o dai collegi) professionali, se
non recepite direttamente dal legislatore, non hanno né la natura né le caratteristiche di norme di legge, come tali assoggettabili al criterio
interpretativo di cui all’art. 12 prel., ma sono espressione di poteri di autorganizzazione degli ordini (o dei collegi), sì da ripetere la loro
autorità, oltre che da consuetudini professionali, anche da norme che i suddetti ordini (o collegi) emanano per fissare gli obblighi di
correttezza cui i propri iscritti devono attenersi e per regolare la propria funzione disciplinare; ne discende che le suddette disposizioni vanno
interpretate nel rispetto dei canoni ermeneutici ex artt. 1362 e ss., risultando denunciabile, anche in cassazione, la violazione o falsa
applicazione dei suddetti canoni, con la specifica indicazione di quelli tra essi in concreto disattesi, nonché, il vizio di motivazione.
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categoria elaborano poi formulari contrattuali vincolanti per le imprese associate in grado di
regolare i contratti di interi settori, così da erodere ogni scelta dei consumatori.
Inoltre l’ammodernamento delle tecniche di produzione e distribuzione di massa, l’evoluzione
delle capacità e modalità di erogazione dei servizi, la dilatazione dei mercati finanziari, la diffusione
e velocizzazione delle linee di trasporto intermodale, favoriscono lo sviluppo di relazioni
economiche tra paesi e aree del mondo sempre più diverse e lontane, soggette a regolamentazioni
uniformi imposte dalle imprese multinazionali.
È in atto un crescente fenomeno di elaborazione privata del “diritto” usato dagli operatori
economici, che si è ormai soliti considerare come una novella “lex mercatoria”. Un ruolo
importante in tale direzione, per la vastità della ricaduta, è svolto dal W.T.O. (Organizzazione
mondiale per il commercio), ormai fonte importante di un diritto convenzionale globalizzato. Per la
tensione delle imprese ad una disciplina uniforme dei contratti, si muove ed ha fortuna anche
l’opera della Camera di commercio internazionale che appresta regolazioni uniformi dei rapporti più
significativi degli scambi internazionali 13.
13
Sono regolazioni adottate su base convenzionale dagli operatori. Fondamentali sono le Regole internazionali per l’interpretazione dei
termini commerciali (c.d. Incoterms), le Norme ed usi uniformi relativi ai crediti documentari, le Norme uniformi relative agli incassi, le
Regole applicabili ai documenti di trasporto multimodale. Da qualche tempo tali regole compaiono nelle Raccolte provinciali di usi, sotto
una indefinita etichetta di “Appendice”. La diffusa e costante applicazione delle stesse fa immaginare in tempi brevi l’avanzamento a usi
normativi, imponendosi in tal guisa anche contro la volontà delle parti.
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6 La Globalizzazione
Le nuove tecnologie informatiche e segnatamente le telecomunicazioni accompagnano la
espansione di un mercato globale che segna una nuova mondializzazione in senso moderno, in cui
internet esprime la via virtuale e immediata di comunicazione commerciale e di dialogo
interpersonale14. Tradizionalmente la storia e la civiltà si sono svolte con riferimento ad un
territorio; con la nuova mondializzazione si sviluppa una coscienza umana globalizzata correlata
alla totalità dell’esperienza umana, sicché le vicende politiche, economiche, culturali, religiose di un
paese si riflettono sullo scenario mondiale: internet si propone come veicolo di una empatia
mondiale.
La globalizzazione non è nuova15: di nuovo c’è il controllo del mercato globale ad opera di
singole potenze economiche multinazionali. Non vi è una universalizzazione di istanze ed esigenze,
ma si rafforza un fenomeno, emerso con la produzione e distribuzione di massa, di controllo privato
dell’economia: la grande impresa riesce ad imprimere una standardizzazione comportamentale che
non si dispiega solo nella uniformazione contrattuale, ma involge la stessa organizzazione ed
articolazione dei mercati e delle relazioni industriali. La globalizzazione acuisce una concorrenza
economica senza regole, che coinvolge modelli comportamentali e una politica salariale al ribasso. In
tale contesto la sfida industriale dei paesi asiatici e un’accentuata competizione internazionale per la
ricerca e la collocazione degli investimenti richiedono di coniugare una produttività concorrenziale
con la tutela dei diritti umani e quindi con garanzie minime per consumatori e lavoratori di tutti i
Paesi. È in gioco una nuova frontiera delle relazioni industriali: dopo lunghi periodi di conflitti
antagonistici affiorano modelli di sindacalismo partecipativo in grado di coniugare globalizzazione e
diritti sociali per la salvaguardia dell’occupazione.
Emblema della moderna globalizzazione è la c.d. rivoluzione finanziaria dell’economia e del
capitalismo, con l’accentuazione della mobilizzazione e della dematerializzazione della ricchezza.
Dopo la “rivoluzione commerciale” guidata dai mercanti che riuscivano a esplorare e allargare i
mercati, lucrando sulla differenza di valore delle merci acquistate e alienate, e la “rivoluzione
industriale” indotta dall’impiego delle macchine e dell’energia che hanno determinato la produzione
14
E’ in corso una unitizzazione della rete: il ricorso di cittadini, imprese e istituzioni all’uso della rete ha ormai sviluppato una economia di
rete (net economy), espressione da preferire a quella più consueta di new economy, che, per la sua genericità, non esprime un aspetto
contenutistico.
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e la collocazione di massa dei prodotti, la mondializzazione propone una “rivoluzione finanziaria”
che consente di orientare le sorti dell’economia sovranazionale e financo l’affidabilità degli stati e
dei debiti sovrani con la commercializzazione di titoli finanziari e la speculazione sugli stessi.
La globalizzazione fa anche emergere un problema di confronto tra religioni, tradizioni e culture
diverse, che una democrazia pluralista e multietnica deve tollerare, pur senza abdicare al rispetto dei
valori fondamentali espressi dalle Convenzioni sui diritti umani. Le grandi migrazioni mondiali,
sull’onda della ricerca del lavoro o degli insediamenti industriali, pongono gravi problemi di
coesistenza pacifica tra costumi di vita differenti.
In tale delicato e complesso contesto spetterà ancora al diritto civile fissare per buona parte le
regole fondamentali della convivenza mondiale, improntate alla difesa dei diritti umani e alla tutela
del mercato. Nella prima direzione, con un generale riconoscimento delle diversità, individuando
nella tolleranza il criterio essenziale di coesistenza di diverse religioni e culture 16 e nella dignità
della persona umana e nella solidarietà i riferimenti essenziali della dimensione esistenziale. Nella
seconda direzione, con la elaborazione di un governo dell’economia in grado di operare in più
direzioni: attivando i presidi della informazione e della trasparenza, per la migliore allocazione di
risorse e capitali; azionando gli strumenti di sostegno all’occupazione come essenziale difesa della
dignità umana; fissando i “segnali” della circolazione giuridica a tutela di imprenditori e
consumatori in un mercato concorrenziale.
E poiché, allo stato, è ancora impossibile o molto difficile prefigurare un governo mondiale
dell’economia e in generale una disciplina universale delle relazioni sociali e mercantili, sarà
necessario valorizzare la formazione di un diritto uniforme degli stati e delle istituzioni
sovranazionali (a cominciare dall’Unione europea).
15
Si è visto sopra come il XV secolo aveva già segnato una “economia-mondo”, aperta ai mercati asiatici, attraverso una più efficace
produttività del trasporto marittimo.
16
Ritorna di incredibile attualità la preghiera (laica) che Voltaire rivolgeva a Dio nel 1859: “Tu non ci hai dato un cuore perché ci odiassimo,
e meno che mai perché ci sgozzassimo; fà che ci aiutiamo reciprocamente a tollerare il fardello d’una vita penosa e passeggera, … che tutte
le minime sfumature che distinguono gli atomi chiamati uomini non siano segnali di odio e di persecuzione …”.
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I fondamentali valori ordinatori e l’ordine
pubblico
All’esito del percorso fin qui condotto è possibile fissare i fondamentali valori ordinatori del
diritto privato e più in generale degli ordinamenti giuridici che regolano le moderne società
democratiche, europee e non, fondate su una economia di mercato.
Alcuni di tali valori, sulla scia del giusnaturalisno razionale, si annodano alla matrice
politico-culturale dell’illuminismo settecentesco, che elaborò a partire dal ’700 un insieme di
principi fondamentali di garanzia dei diritti del cittadino, segnando la svolta storica dello stato
moderno rispetto all’ancien regime (c.d. Stato di diritto). Altri si legano alle carte costituzionali del
’900, che tendono a colmare le diversità di fatto, ponendo la persona umana al centro
dell’organizzazione sociale e dell’ordinamento giuridico, con una vocazione interventista e
solidarista (c.d. Stato sociale o Welfare State). Per i diritti dei cittadini che impegnano la
esplicazione della personalità, si tende anche a parlare di diritti soggettivi pubblici, che si esplicano
in una dimensione individuale, quali ad es. i diritti di libertà (di pensiero, culto religioso,
espressione politica, ecc.) o in una dimensione relazionale, quale ad es. i diritti dei minori verso i
genitori.
Il modello generalmente accolto dalle moderne democrazie, e fatto proprio dalla nostra
Costituzione, è quello dello Stato sociale di diritto, nel quale, a difesa della dignità della persona
umana, sono accolti entrambi gli ordini di valori (seppure con graduazioni diversificate). È la nuova
stagione dei “diritti umani”: i diritti civili (inviolabili) e i diritti sociali (da realizzare) trovano tutela
sinergica e complementare. A tale modello giuridico è ormai ispirato anche l’ordinamento europeo,
che da tempo sta evolvendo verso una regolazione coerente e solidale delle relazioni sociali,
indirizzando bisogni e risorse verso uno “sviluppo equilibrato e sostenibile”. Individualismo senza
solidarietà non realizza coesione sociale; e senza coesione sociale non c’è sviluppo.
Emerge così una complessa tavola di valori, che coniuga legalità e giustizia nel segno della
tutela e promozione della dignità della persona umana, quale valore “primario” verso la cui
realizzazione vanno ricercati i possibili equilibri tra libertà e autorità, tra autonomia individuale e
solidarietà sociale, tra mercato e stato sociale.
Si indicano di seguito i valori più significativi dei modelli ordinamentali confluiti nella
edificazione dello stato sociale di diritto.
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a) La dimensione dello “Stato di diritto” involge il terreno proprio dei c.d. diritti civili,
considerati inviolabili da parte sia dei poteri pubblici che dei privati (art. 2 Cost.) (es. diritti di
libertà di pensiero, di fede religiosa, di professione politica, di riunirsi e associarsi, ecc.). Connesso
con tali valori è il principio di libertà anche in campo economico, attraverso il riconoscimento e la
garanzia della proprietà privata (art. 42 Cost.), dell’autoregolazione degli interessi privati (c.d.
autonomia negoziale) e della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.): diritti da esercitare in un
mercato concorrenziale, consapevole e informato e non in contrasto con interessi pubblici.
Lo Stato di diritto è presidiato da più principi. C’è innanzi tutto il principio di legalità, per
cui tutti sono soggetti alla legge: è un essenziale e irrinunciabile presidio della libertà individuale.
Anche i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.); e i pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge (art. 97 Cost.). L’osservanza della legge (anche nell’esercizio delle
funzioni degli organi dello Stato e degli enti pubblici in genere) è garanzia di ordine e dunque di
rispetto della libertà dei cittadini. Per la XVIII disp. trans. Cost. la Costituzione dovrà essere
fedelmente osservata da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato come “legge fondamentale della
Repubblica”: la “legalità” è però oggi concetto ampio che include l’intero ordinamento giuridico, con
all’apice la Costituzione e l’ordinamento dell’U.E.
Ad evitare abusi da parte dei pubblici poteri è introdotto il principio della divisione dei poteri
(legislativo, esecutivo e giudiziario). Le rispettive funzioni sono attribuite a istituzioni separate, con
norme che segnano l’equilibrio tra i poteri. Alla Corte costituz. spetta il giudizio di legittimità delle leggi
e quello sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra Stato e Regioni e tra Regioni
(art. 134 Cost.).
Altro principio fondamentale è quello della certezza del diritto, riferito non solo alla
esistenza del diritto ma anche alla sua applicazione (principio di effettività). Ciò implica
l’accessibilità alla conoscenza del diritto, affinché siano conoscibili sia la prescrizione precettiva
che le conseguenze della sua violazione (o osservanza). Connesso è il diritto di difesa, per cui a tutti
è consentito agire in giudizio per la tutela dei diritti: il diritto di difesa è inviolabile (art. 24 Cost.).
La giurisdizione si attua mediante il giusto processo, caratterizzato dalla terzietà del giudice (art.
111 Cost.).
Essenziale è anche il principio di eguaglianza (c.d. eguaglianza formale), collocato tra i
principi fondamentali della Costituzione (art. 31 Cost.). Per tale norma tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di
religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. A tale principio si connette il
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principio di ragionevolezza delle norme giuridiche, per cui sono considerate incostituzionali, sia
una irragionevole differenziazione di trattamento di posizioni uguali, sia un’altrettanto irragionevole
unicità di trattamento di situazioni disuguali. Al criterio di ragionevolezza si collega anche l’esigenza
di razionalità delle scelte normative operate17.
Operano inoltre principi democratici nella organizzazione della vita pubblica, con la
partecipazione di tutti i cittadini alle scelte politiche mediante un sistema di democrazia
rappresentativa.
b) La dimensione dello “Stato sociale” (Welfare State) si proietta verso una valutazione delle
appartenenze socio-economiche dei soggetti, in funzione della realizzazione della personalità: è una
dimensione conformata sul dovere di solidarietà, nei rapporti dei privati con i poteri pubblici come
nei rapporti tra i privati. Nella prima direzione, rilevano i c.d. diritti sociali, quali pretese verso i
poteri pubblici di prestazioni in grado di colmare le limitazioni in fatto della personalità (es. diritti
al lavoro, allo studio, alla salute, ecc.) (c.d. diritti pretensivi); nella seconda direzione, operano i
vari limiti e obblighi nell’agire individuale dei soggetti.
Secondo il fondamentale precetto del comma 2 dell’art. 3 Cost., è compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. È
un’apertura dello Stato all’intervento di assistenza e sussidio verso la persona umana,
nell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.).
Per l’art. 42 Cost., ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria
scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Per
attuare i suoi compiti la repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali e
adegua i principi e i metodi della propria legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento (art. 5 Cost.).
I vari principi sopra indicati segnano anche il c.d. ordine pubblico interno inderogabile.
Tradizionalmente sono maturate dello stesso due concezioni: una di ordine pubblico materiale,
quale quiete pubblica; un’altra di ordine pubblico ideale, quale complesso di principi sui quali si
fonda la convivenza civile (si parla così di un ordine pubblico economico, un ordine pubblico
17
Ad es., è stata considerata costituzionalmente illegittima la previsione, tra i criteri di competenza per territorio applicabili ai procedimenti
concernenti lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, di quello del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi,
in quanto manifestamente irragionevole ove si consideri che, nella maggioranza delle ipotesi, la residenza comune è cessata, quanto meno
dal momento in cui i coniugi, in occasione della domanda di separazione, sono stati autorizzati a vivere separatamente, sicché non è
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sociale, ecc.) 18. Il primo ha una dimensione statica, quale garanzia di mantenimento; il secondo ha
una dimensione dinamica, per dovere essere realizzato in forme e modelli diversi con l’evolvere
dell’ordinamento. È evidentemente quest’ultima accezione che caratterizza l’evoluzione dell’ordinamento e sorregge l’azione della giurisprudenza. Viene in rilievo anche la nozione di ordine
pubblico internazionale, che tende gradualmente a restare assimilata con quella di ordine pubblico
interno, per evolvere quest’ultimo verso i comuni valori condivisi dei vari ordinamenti 19.
ravvisabile alcun collegamento fra i coniugi e il tribunale individuato dalla norma (Corte cost. 23-5-2008, n. 169).
18
Rimane sempre efficace la definizione data da Karl Binding dell’ordine pubblico come “Rumpelkammer von Begriffen”, ripostiglio di
concetti.
19
Si è stabilito che, in tema di delibazione di sentenze straniere, il concetto di ordine pubblico di cui all'art. 64 lett. g della legge
n. 218 del 1995 non si identifica con il cd. ordine pubblico interno - e, cioè, con qualsiasi norma imperativa dell'ordinamento civile bensì con quello di ordine pubblico internazionale, costituito dai (soli) principi fondamentali e caratterizzanti l'atteggiamento etico giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico (Cass. 6-12-2002, n. 17349). Per la Suprema Corte “Il dato di partenza,
costituito dalla nozione di ordine pubblico da adottare ai fini dell'applicazione della L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. G), non può non
risentire dell'evoluzione al riguardo maturata in ambito giurisprudenziale e dottrinale, nel senso che, all'abbandono della tradizionale
verifica in merito alla corrispondenza della decisione straniera al quadro desumibile dalle norme imperative interne, si è nel tempo
affermata l'esigenza di valutare queste ultime nell'ambito del sistema assiologico posto in primo luogo dalla Costituzione e, più in
generale, anche dal complesso delle fonti di diritto internazionale, con particolare riferimento ai principi consolidatisi nell'ambito
dell'Unione Europea (cfr. Cass. 6-12-2002, n. 17349, in cui si riafferma l'esigenza di desumere "i principi fondamentali e
caratterizzanti l'atteggiamento etico giuridico dell'ordinamento di un determinato periodo storico" sulla base dell'ordine pubblico
internazionale); tale concezione (come già affermato da Cass., 11-11-2000, n. 14662, e Cass. 26-11- 2004, n. 22332), si fonda
sull'attuale, maggiore partecipazione dei singoli Stati alla vita della comunità delle genti, la quale sempre meglio è capace di
esprimere principi generalmente condivisi e così di sottrarre la nozione di ordine pubblico internazionale sia all'eccessiva
indeterminazione sia al legame con ordinamenti singoli, consentendo di rinvenirne i parametri di conformità in principi
corrispondenti ad esigenze comuni ai diversi ordinamenti statali (Cass. 17-1-2013, n. 1163).
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Bibliografia essenziale:
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 F. BOCCHINI E E. QUADRI, Diritto privato4, Napoli 2011;
 F. GALGANO, Diritto civile e commerciale3, 5 volumi, Padova, 1999;
 N. IRTI, La cultura del diritto civile, Torino 1990;
 P. PERLINGIERI, Il diritto civile nella legalità costituzionale3, Napoli, 2006;
 P. RESCIGNO, Introduzione al codice civile, Bologna, 1991;
 AA.VV., Il Codice civile. Commentario, fondato da P. Schlesingher e diretto da F.D.
Busnelli, Giuffrè, Milano;
 AA.VV., Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Zanichelli,
Bologna-Roma;
 AA.VV., Trattato di diritto civile italiano fondato da Vassalli, Utet, Torino;
 AA.VV., Trattato di diritto civile e commerciale Cicu-Messineo, diretto da P.Schlesinger,
Giuffrè, Milano;
 AA.VV., Trattato di diritto civile, diretto da G. Grosso e F. Santoro Passarelli, Vallardi,
Milano;
 AA. VV., Diritto privato europeo, a cura di N. Lipari, Padova, 1997;
 AA.VV., Manuale di diritto privato europeo, a cura di C. Castronovo e S. Mazzamuto,
Milano, 2007;
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