CONCLUSIONE
Origini francescane della modernità
giuridica
• Il positivismo e il relativismo hanno una base volontarista e
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nominalista, ma non si devono attribuire posizioni relativiste o
positiviste a Scoto o ad Ockham (sarebbe come accusare
sant’Agostino di giansenismo).
Sia Scoto sia Ockham e i suoi discepoli riconoscono l’esistenza
del diritto naturale e utilizzano pacificamente questa nozione
per la soluzione di problemi morali e giuridici.
Tuttavia la nozione di diritto naturale subisce, in questi autori,
un notevole mutamento rispetto alla concezione classica.
Esso dipende dalla concezione pienamente “ortodossa” e
schiettamente “francescana” di san Bonaventura
Tale mutamento confluirà nel pensiero dei riformatori e,
saldandosi con la concezione luterana dei due regni, condurrà
effettivamente al giusnaturalismo moderno.
Irrilevanza della natura
• Per Tommaso, la lex naturalis presuppone un ordo
naturae; la deontologia presuppone una ontologia e una
assiologia.
• Quando l’antropologia della scolastica francescana,
pessimista per ragioni storico-salvifiche, viene affiancata
all’ontologia polverizzata tipica del nominalismo, la natura
in quanto tale perde ogni rilevanza etica.
• Nell’orizzonte dei Riformatori, ormai, la deontologia
presuppone semplicemente un Legislatore al quale è
dovuta obbedienza.
Passività della ragione
• Nell’orizzonte tomista, la legge naturale è «razionale» in quanto è
l’opera della ragione umana che partecipa alla scienza stessa di Dio.
È la ragione che costituisce la legge naturale in funzione delle
inclinazioni naturali interpretate dalla sinderesi.
• Ma questo richiede di assumere la prospettiva dell’etica in prima
persona, finalizzata alla vita buona del soggetto, la cui libertà è intesa
qualitativamente come capacità di tendere al bene senza costrizioni.
• I Riformatori, invece, assumono la prospettiva scotista che vede
nell’etica “in terza persona”, come scienza di ciò che è giusto e ciò
che è ingiusto, un’etica elaborata cioè dal punto di vista del
“magistrato” (legislatore o giudice che sia).
• Se possono evitare di cadere nel puro positivismo è grazie alla
dottrina delle idee innate, la quale pure è un’eredità dell’agostinismo
francescano e della sua concezione dell’illuminazione. Tuttavia la
ragione umana naturale rimane come passiva nei confronti dei
precetti – innati o intuiti a priori, poco importa – i quali richiedono
soltanto di essere eseguiti.
Teologia fideista e secolarizzazione
• Una legge naturale fatta di precetti discernibili con difficoltà
dall’uomo segnato dal peccato, finisce con l’essere di scarsa
utilità per chi ha ricevuto la rivelazione biblica della volontà
divina.
• La dimensione teologica della legge naturale risulta pertanto
scissa secondo la dottrina dei due regni: mentre nel regno
temporale essa conserva tutta la sua forza come istanza di
ordine e disciplina, nel regno spirituale ha una funzione
meramente elenctica e, nella migliore delle ipotesi,
pedagogica.
• Ne risulta l’immagine di un regno spirituale in cui la legge
naturale diventa un’eredità aristotelica obsoleta, spazzata via
da Lutero prima e da Kant definitivamente poi,
• e di un regno temporale in cui il diritto naturale si concepirà in
modo sempre più autonomo rispetto alla teologia fino a
giungere, con l’illuminismo, ad una configurazione pienamente
secolarizzata.