La politica secondo Eraclito Di Apostolos Apostolou Purtroppo di Eraclito non conosciamo né la data di nascita né quella di morte, dicono che e’ nato nel 520, o poco prima. Eraclito proveniva da una vecchia stirpe di re la quale nel corso dello sviluppo sociale aveva perduto la sua potenza politica ed esercitava adesso soltanto funzioni religione. Nella sua famiglia la carica di sacerdote dei misteri eleusini, originari della città Attica di Eleusi dove si celebravano in onore della dea Demetra era ereditaria. Molti dicono che Eraclito aveva uno stile ieratico – liturgico e un pathos aforistica. Anche molti sostenevano che Eraclito aveva una coscienza elitaria e una coscienza politica cioè un credo o orientamento politico oligarchico. I “migliori” della massa devono avere il dominio. I migliori sono gli individui dotati d’intelligenza e genialità sempre in minoranza e vittime dell’egualitarismo livellatore. Però l'aristocraticismo di Eraclito non è molto legato alla vita politica, aristocraticismo, è un prodotto del suo temperamento aristocratico. Karl Popper nell’opera “Società Aperta e i suoi Nemici” Vol, I, pag, 34, riferisce: “che Eraclito (come Platone) può essere visto come un filosofo totalitario …possa essere considerato un pensatore totalitario” E' errore di Karl Popper, perché non vede tutti i frammenti di Eraclito. I frammenti sparsi di Eraclito dimostrano che la politica è un rapporto della vita. Eraclito è stato il primo a rilevare che la vita politica esprime l’unità. Eraclito usa l’espressione ionica xynon dove risuona l’ etimo syn nooi. “ Per parlare con intendimento bisogna avvalersi di ciò che è comune.” Fr 114. L’unica di tutte le cose che può provvedere al bene a tutti comune è il criterio del pensiero dell’agora. La parola “agora” esprime il bene comune, è l’isonomia. Cosi la legge degli uguali, è la centralità che abolisce il dominio della tirannia. Il comune, o il “xynon” di Eraclito lo troviamo nei poeti omerici. Ciò è comune secondo poeti omerici viene disposto come comunione “coinonia” Iliade XXXII . (La parola latina communio è una traduzione dal greco κοινωνία “coinonìa”). Perciò Eraclito dirà “Bisogna dunque seguire ciò che è comune (toi xynoi), ma per essendo questo logos comune( xynou), ma la maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria saggezza privata( idian phronesis). Fram.B 2. Qui abbiamo una differenza tra Eraclito e Platone. Secondo Platone l’aristocrazia è il sistema politico che possono governare i migliori. Solo i migliori o possiamo dire gli ottimi, che hanno la saggezza e possono creare una buona forma di governo. Anche l’aristocrazia secondo di Platone stante la volubilità della coscienza sociale, corre sempre il rischio diventare un altro sistema politico. E Platone sostiene che una città organizzata aristocraticamente cambia forma di governo più difficilmente. Il pensiero politico dell’Occidente accetta l’oligarchia come sistema politico dei domini che hanno imperio sopra li uomini, domini che sono principati. Tornando alle forme di governo aristocratico il pensiero di Platone si può specificare che l’aristocrazia è il governo dei migliori, nel senso dei più virtuosi e dei più sapienti. In questo senso, l’aristocrazia, o la classe aristocratica secondo Platone non è formata dai migliori per ricchezza o per nobilità ; il migliore non è il ricco o il nobile. E' lui per Platone, che presenta il livello di educazione perfetta, che può formare l’uomo persona ottima che lo rende capace a governare in modo giusto senza possibilità alcuna di corruzione. Con altre parole possiamo dire che Platone vuole una persona ottima che deve governare in modo giusto. Eraclito non vede l’aristocrazia come forma politica, o come potere sovrano, perché Eraclito ha l’opinione che la politica è la partecipazione nel comune. Il comune ha sempre un carattere dialogico è il pubblico. Separando il pubblico dal privato e contrapponendo la parola che riguarda tutti a quella che concerne gli affari personali di ciascuno. L’uomo deve partecipare alla dinamica dei rapporti sociali «καθ’ό,τι αν κοινωνήσωμεν αληθεύομεν,α δε αν ιδιάσωμεν, ψευδόμεθα» Eraclito I, 148. Nel medioevo greco, troviamo la filosofia del comune come principio universale, cosi abbiamo la parola αλληλοπεριχώρηση cioè la reciproca inter-penetrazione, o il synamfoteron (“συναμφότερον” parola che troviamo da Aristotele a Gregorio Palama) cioè l'ambedue insieme. Cosi il pensiero di Eraclito diventa il moto creatore della vita e della cultura greca. E' errore degli studiosi della filosofia greca antica quando dicono che la coscienza elitaria di Eraclito richiama quella di Nietzsche. Professor Remo Bodei quando parla di filosofia dei comuni secondo Eraclito, dirà “…in Eraclito troviamo una sorta di aristocrazia politica che non è basata sul censo; egli, infatti, attacca con veemenza i ricchi della sua città: "Continuate ad essere ricchi - dice - così vi distruggerete con le vostre mani". Egli attacca anche il dispotismo orientale di Dario, re di Persia - ammesso che la corrispondenza fra i due sia autentica -, ma, in Eraclito, non c'è un rifiuto della democrazia in quanto tale, anche perché, forse, il concetto è precoce per quei tempi. C'è quella che chiamerei una "democrazia del pensiero": il pensiero è aperto a tutti, l'accesso alla verità è possibile anche attraverso l'esperienza comune dei sensi; dunque chi non vuole partecipare al logos, al discorso comune, si autoesclude. E' come se egli si ritirasse, dice Eraclito, in una sapienza privata; è come uno che dorma da sveglio, è come un morto vivente, che preferisce, per motivi che non sono teorici, restare chiuso nel suo bozzolo e non avere un rapporto di comunicazione politico - il logos è paragonato al "nomos", alla legge della città, a ciò che regola la comunità - e così si esclude anche dal rapporto con la natura. Il logos infatti non ha a che fare soltanto con il "parlare" degli uomini, ma anche con la natura, in quanto, nelle sue differenti e opposte manifestazioni, converge nell'Uno e si rigenera continuamente nell'Uno… Se gli uomini obbedissero a ciò che è comune, ai criteri di convivenza che migliorano la cooperazione, le città sarebbero ben governate. Invece, siccome ciascuno pensa e presume, nella sua opinione e quindi nel suo modo privato di vedere le cose, di avere ragione, si comporta anche in questo come uno che dorme, vive nel suo universo privato senza contatto con gli altri; è miope, e finisce per non vedere ciò che è importante, per non capire, come dice Eraclito in un frammento, che "l'anima è un ragionare che alimenta se stesso", cioè essa è qualche cosa che cresce tutte le volte che noi la mettiamo in attività. In sostanza gli uomini sono miopi anche perché si comportano, nel pensare, nel percepire - perché il pensiero e la percezione non sono staccati - in maniera tale da farsi giustizia da soli; invece di entrare in collaborazione e in rapporto attraverso "ciò che è condiviso da tutti", ognuno pensa di procedere, nelle sue visioni del mondo e nel suo agire nei rapporti con gli altri, cioè nella politica, in maniera isolata. La crisi della politica, intesa come convivenza, è parallela, per Eraclito, alla crisi della conoscenza. Per questo, probabilmente, la tradizione gli attribuisce questi tratti d’individuo scorbutico e solitario che si ritira addirittura in montagna a mangiare erbe e che sopravvive lontano dal consesso degli uomini.”(Intervista: Remo Bodei Enciclopedia Multimediale delle Science Filosofiche). Nomos (legge) e Logos secondo pensiero ellenistico è ciò che vi è di “comune” tra gli uomini. Ogni legge è una norma cosmica e universale (Aristotele) come il Logos è la pietà cosmica(Parmenide). Apostolos Apostolou Docente di Filosofia.