IL PANE
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Per la legge:
è il prodotto ottenuto
dalla cottura totale o
parziale di una pasta
convenientemente
lievitata, preparata con
sfarinati di grano, acqua e
lievito, con o senza
aggiunta di sale comune
(cloruro di sodio)
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Gli ingredienti
L’ACQUA IN PANIFICAZIONE
L’acqua è uno degli ingredienti principali per gli impasti. Ha un forte potere
solvente.
L’acqua impiegata per gli impasti deve essere potabile. Quindi avere una
temperatura costante, tra i 6 e i 12°C, non avere sapori sgradevoli nè alcun
odore.
Essa viene classificata in base alla durezza mi (quantità di carbonati) misurata
in gradi francesi:
Dolce: fino a 5 gradi francesi
Moderatamente dura: Dai 5 ai 20 gradi francesi
Dura: durezza superiore ai 20 gradi francesi
L’impiego di acqua troppo dura determina una scarsa produzione di gas, riduce
l’attività dei lieviti, crea una maglia del glutine più tenace nell’impasto
allungando i tempi di lievitazione e maturazione.
Al contrario ,un’acqua troppo dolce provoca un impasto colloso, appiccicoso, un
indurimento dello stesso, una perdita di elasticità e capacità di espansione.
Naturalmente il pH
viene influenzato
dall’aggiunta del sale e
del lievito elementi fra
di loro contrastanti.
Bisogna ricordare che
l’impasto dovrebbe
avere un pH tra 5-6 per
potere avere una giusta
attività dei lieviti e
degli enzimi.
Anche la temperatura è
importante perché
influenza la velocità di
lievitazione.
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IL LIEVITO
Il lievito è un microrganismo. Appartiene alla classe dei miceti o
funghi.
Nel mondo della panificazione sono presenti tre tipi di lievito:
naturale, industriale, chimico.
Quello naturale è ottenuto da un impasto di acqua e farina
lasciato acidificare dagli agenti e batteri presenti nella aria: la
cosiddetta “pasta madre”
Il lievito industriale è ottenuto da un fungo chiamato
Saccaromyces Cerevisiae.
Il lievito chimico è quello usato soprattutto in pasticceria e
contiene delle sostanze che a contatto con l’acqua e gli altri
ingredienti originano la produzione di anidride carbonica
favorendo il rigonfiamento dell’impasto.
I prodotti sono essenzialmente due: il lievito di birra e il lievito
secco.
Il primo si trova in commercio in panetti che variano dai 25 ai 500
grammi, mentre quello secco in bustine o barattoli.
Entrambi vanno sciolti in acqua tiepida, in particolare quello secco
va sciolto a 42°C.
Il lievito impastato assieme alla farina e l’acqua trasforma gli
zuccheri in alcool etilico e anidride carbonica, provocando il
rigonfiamento della pasta e quindi la lievitazione.
Gli enzimi degradano l’amido della farina in zucchero semplice.
Naturalmente bisogna tenere presente che essendo un elemento
con pH acido, l’acqua usata per l’impasto, risulta un fattore da
tenere in considerazione per il risultato finale.
Il lievito va aggiunto nella misura che varia dal 0,5% al 2,5% del
peso della farina. Troppo lievito darebbe un cattivo sapore alla
pizza perché troppo acido il pH dell’impasto.
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IL LIEVITO MADRE
è il lievito ottenuto da un impasto originale di acqua, farina e yogurt. Viene
chiamato anche impasto acido, proprio perché il suo pH si aggira intorno al
valore di 4.5 – 5.0. si procede in questo modo:
si impastano gli ingredienti a temperatura controllata e poi si lascia l’impasto a
riposo finchè non triplica il proprio volume.
Ogni giorno si procede ad un “rinfresco”, cioè il cuore dell’impasto (la parte
fresca liberata della crosta che può contenere microrganismi che rovinerebbero
il lievito) viene separato e addizionato di acqua (50% del peso) e farina (10% del
peso).
Una volta alla settimana si procede poi al lavaggio: la madre viene affettata e
lavata in acqua tiepida. Questa operazione viene effettuata per eliminare le
impurità.
Quando si decide di utilizzare il lievito bisogna farlo maturare. A tale scopo,
viene fornito più cibo (cioè più farina) ai saccaromiceti.
Poi si lascia in cella per 4 – 5 ore a 30°C e si procede come sopra facendo
riposare alle medesime condizioni. Si procede poi alla lavorazione.
β-amilasi
AMILOSIO
MALTODESTRINA
LEGAME β
β-amilasi
α-amilasi
LEGAME α
GLUCOSIO
LIEVITO
AMILOPECTINA
CO2 + ALCOL ETILICO
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LA LIEVITAZIONE
FERMENTAZIONE NATURALE
È un processo biochimico realizzato dal lievito (S. Cerevisiae) con l’ausilio delle
amilasi. L’amido viene scisso dall’enzima per permettere al lievito di usufruire
del glucosio. Quest’ultimo, viene trasformato dal microrganismo in anidride
carbonica e alcool etilico in assenza di ossigeno.
Si differenzia in relazione:
Al tipo di lievito utilizzato (industriale o naturale);
Al tipo di processo impiegato ( diretto o indiretto).
Metodo diretto
---------------------------->
Si utilizzano insieme tutti gli ingredienti e si usa il
lievito di birra o la pasta di riporto come lievitante
(3 – 5%)
Biga----------
/
1% di lievito + 70% farina e 30% di acqua.
L’impasto
ottenuto
viene
utilizzato
come
fermentante.
\
La percentuale di lievito varia a seconda del tempo
di lievitazione. È un impasto semiliquido formato
dal 50% di acqua e 50% di farina.
/
Metodo indiretto--------
\
Poolish--------->
LIEVITAZIONE FISICA
Avviene attraverso l”imprigionamento” dell’aria nella maglia glutinica. Di solito
si opera con le planetarie, che, grazie alla velocità delle fruste, riescono a far
inglobare aria agli impasti, che così aumentano il loro volume in poco tempo.
Naturalmente il prodotto sarà meno saporito rispetto ad uno ottenuto con
lievito naturale.
Attitudine fermentativa delle uova: a volte, per favorire questo tipo di
lievitazione vengono utilizzate le chiare dell’uovo; queste infatti contengono
delle proteine (albumine) che, combinandosi con l’impasto aiutano a inglobare
più aria perché rendono la struttura del glutine più rigida.
LIEVITAZIONE CHIMICA
Avviene attraverso l’utilizzo del cosiddetto baking, cioè polvere chimica
lievitante. Queste polveri contengono un carbonato (di sodio o di ammonio) ed
un agente acido ( es: acido citrico). A contatto con l’acqua il carbonato
sprigiona CO2 e l’impasto lievita. Anche in questo caso i tempi di lievitazione
sono più bassi, ma il sapore del prodotto ne risente.
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IL SALE
Il cloruro di sodio è un importante elemento dell’impasto: esso agisce
sulla composizione del glutine, in quanto la gliadina (una proteina della
farina) ha minore solubilità in acqua salata e forma una quantità maggiore
della maglia glutinica.
Nella fase di lievitazione, rallenta la fermentazione secondaria, riduce lo
sviluppo dei gas e tende a dare un alveolatura più fine. Va dosato con
attenzione perché avendo un pH che vira verso l’alcalinità, contrasta
l’azione del lievito.
Il sale inoltre favorisce la conservabilità, aumenta la croccantezza e
l’imbrunimento della crosta.
LE IMPASTATRICI
•Le impastatrici sono composte da:
•Una base
•Una vasca da impasto che può essere ruotante o fissa
•Organi di impastamento variabili rispetto al tipo di impastatrice
•Un motore elettrico
•Un secondo motore per la rotazione della vasca
•Un quadro elettrico per il controllo delle funzioni.
•In base alla loro funzione distinguiamo:
1.
impastatrici
a
spirale:
l’impastamento viene effettuato
grazie ad una spirale d’acciaio e gli
impasti che si ottengono sono ben
sviluppati in volume e hanno una
porosità uniforme.
2. impastatrici a braccia
tuffanti:
gli
elementi
impastanti sono due braccia
d’acciaio
che
sollevano
l’impasto dal centro della
vasca e lo portano nella
parte
più
esterna
dell’impastatrice.
Il
riscaldamento dell’impasto è
limitato.
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3. impastatrici a forcella: l’organo
impastante è una forcella che ruota
inclinata rispetto all’asse della vasca.
Trasmette poco calore alla pasta.
4. impastatrici planetarie: sono
impiegate
soprattutto
in
pasticceria,
e
gli
organi
impastanti sono delle fruste che
possono essere diverse rispetto al
tipo di impasto che vuole
ottenere. Quando si impasta con
questo macchinario, si forma un
vuoto sul fondo che fa sì che la
pasta venga aerata.
COTTURA
Le fonti di calore sono in genere due: il forno a legna e quello elettrico.
Il forno elettrico in genere cuoce dai 280 ai 320°C, quello a legna può
raggiungere anche i 450°C.
la cottura avviene attraverso tre canali fisici:
IRRAGGIAMENTO (energia elettromagnetica che si propaga attraverso l’aria): la
rifrazione del calore dalla volta del forno
CONDUZIONE (scambio di calore fra due solidi con diversa temperatura):
propagazione del calore del basamento verso l’interno del disco (trasmissione di
calore fra due solidi).
CONVENZIONE (scambio di calore fra solidi e liquidi): intensità del calore
effettivo nel forno (trasmissione del calore attraverso l'acqua presente
nell'impasto).
Una volta infornato il prodotto subisce un aumento di volume.
A causa della destrinizzazione (trasformazione dell’amido in destrine) dell’amido,
una solidificazione della crosta (dovuta alla perdita del vapore acqueo) hanno La
crosta del pane assume un colore bruno grazie alla caramellizzazione degli
zuccheri (glucosio, amido, maltodestrine) e alla reazione di Maillhard (gli
zuccheri si legano alle proteine).
È inoltre fondamentale la presenza di sale che sequestra l’acqua e rende il
prodotto più croccante.
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UTILIZZO DEL FREDDO IN PANIFICAZIONE: LA FERMALIEVITAZIONE
Funzione:
rallentare la fermentazione attraverso l’abbassamento
della temperatura, fino al momento desiderato, 24-48-72 ore dopo
l’impastamento.
Vantaggi:
riduzione del lavoro notturno o del lavoro corrente nei
giorni di doppia o tripla panificazione.
Nella cella di fermalievitazione si possono individuare 4 fasi, in cui
cambiano tempi e temperature, ma la U.R. resta costante a 75-80%.
Fasi
umidità
temperatura
tempo
cosa succede?
ABBATTIMENTO
75-80%
–6/-7°C
l’abbassamento della temperatura
blocca la riproduzione di
microrganismi
MANTENIMENTO
75-80%
+1/2°C
la riproduzione di microrganismi
resta bloccata
PREFERMENTAZIONE
75-80%
+12°C
2 ore
FERMENTAZIONE
75-80%
+28°C
2 ore
i lieviti riprendono la loro attività
dopo lo choc termico causato dal
freddo
avviene la lievitazione
APPLICAZIONE DELLE METODOLOGIE DI CONTROLLO SULLA
PRODUZIONE DEL PANE
ricevimento materie prime
CCP: si
Rischio: microbiologico e chimico ( muffe e antiparassitari sulle
farine), fisico (presenza corpi estranei).
Azione preventiva: verifica autocontrollo fornitore, fornitore storico
attendibile.
Tipo di controlli e parametri: ispettivo controllo integrità
imballaggi scadenze riportate in confezione, colore, scheda
ricevimento.
Frequenza controllo: ogni fornitura.
Azioni correttive: respingimento merce.
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produzione impasto (miscelazione ingredienti)
CCP: no
Rischio: moltiplicazione batterica, contaminazione fisica
(pezzi impastatrice, oggetti personali).
Azione preventiva: G.M.P. (adozione pratiche lavorazione
e igieniche idonee, adeguato abbigliamento, adeguato
utilizzo macchinari e utensili, sanificazione di questi
ultimi e delle superfici di lavorazione), utilizzo acqua
potabile.
Tipo controlli e parametri: attenersi alle modalità
prescritte nelle schede operative e nei manuali di
corretta prassi igienica.
Frequenza controllo: continuamente durante la
lavorazione.
Azioni correttive: ulteriore sanificazione, distruzione
prodotto con contaminazione fisica.
lievitazione
CCP: no
Rischio: moltiplicazione batterica.
Azione preventiva: temperatura adeguata.
Tipo controlli e parametri: tempo e temperatura.
Frequenza controllo: ogni due ore.
Azione correttiva: adeguamento temperature.
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formatura
CCP: no
Rischio: moltiplicazione batterica.
Azione preventiva: G.M.P. (evitare inquinamento oli
delle macchine sulle superfici di lavoro, dove può essere
in contatto l’alimento), sanificazione, tamponi
ambientali periodici.
Tipo controlli e parametri: attenersi alle modalità
prescritte nelle schede operative e nei manuali di
corretta prassi igienica.
Frequenza controllo: continuamente durante la
lavorazione.
Azioni correttive: ripetere sanificazione.
Cottura
CCP: si
Rischio: sopravvivenza microrganismi.
Azione preventiva: regolazione temperatura.
Tipo controlli e parametri: tempo e temperatura.
Frequenza controllo: ogni ora.
Azione preventiva: innalzamento temperatura.
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confezionamento (ove previsto)
CCP: no
Rischio: moltiplicazione batterica.
Azione preventiva: G.M.P. (manipolazione materiale
confezionamento, evitare contatto pavimento del
materiale), sanificazione, temperatura ambiente.
Tipo controlli e parametri: attenersi alle modalità
prescritte nelle schede preoperative se esistenti e nei
manuali di corretta prassi igienica.
Frequenza controllo: continuamente durante la
lavorazione.
Azioni correttive: ripetere pulizia.
Vendita
CCP: no
Rischio: moltiplicazione batterica.
Azione preventiva: G.M.P. (evitare di riporre il prodotto finito su
superfici inquinate; utilizzare banchi da esposizione riparati da
agenti atmosferici e proteggere l’esercizio da invasioni di insetti),
sanificazione.
Tipo controlli e parametri: attenersi alle modalità prescritte nelle
schede operative e nei manuali di corretta prassi igienica.
Frequenza controllo: giornaliero.
Azioni correttive: sanificazione ambienti.
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