Musicoterapia con un bambino affetto da epilessia

Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
Un magico forziere
Musicoterapia con un bambino affetto da epilessia
Scuola di Specializzazione:
Relatore:
Contesto di Project Work:
Tesista Specializzando:
Anno di corso:
Musicoterapia
Dott.ssa Roberta Frison
Scuola dell'infanzia
Dott.ssa Barbara Venturi
Secondo
Modena: 8 settembre 2012
Anno Accademico: 2011 - 2012
Indice dei Contenuti
PRIMA PARTE
1. Introduzione .................................................................................................... 4
2. Inquadramento della malattia ............................. ......................................... 7
2.1. L'epilessia ….................................................….………………………. ..7
2.2. Caratteri specifici della malattia ....……………………………………. 15
2.3.
Eziologia …........... …………………………………………...…......19
3. Musicoterapia …............................................................................................ 23
3.1 . Il modello psicodinamico di Roland Benenzon ..................................... 26
3.1.1. Il principio dell'ISO ..................................................................... 26
3.1.2. L'oggetto intermediario ................................................................ 28
3.2. La musicoterapia di Gertrude Orff .......................................................... 28
3.2.1. La musicoterapia Orff e il suo riferimento all'Orff Shulwerk ..... 29
3.2.2. I mezzi .......................................................................................... 31
3.2.3. Strumentario Orff …..................................................................... 32
3.2.4. La dinamica terapeutica ............................................................... 34
4. La globalità dei linguaggi …......................................................................... 34
5. La ricerca oggi ............................................................................................... 38
6. Il massaggio sonoro ....................................................................................... 40
7. I sette chakra ................................................................................................. 44
SECONDA PARTE
1. Tecniche d'intervento utilizzate ................................................................... 47
2. Analisi del caso e colloquio con la famiglia ................................................. 48
3. Il progetto ...................................................................................................... 51
4. Obiettivi ......................................................................................................... 52
5. Il setting ......................................................................................................... 53
6. Strumenti, materiali e metodi ...................................................................... 54
7. Come si svolge la seduta ............................................................................... 56
8. Verifica e documentazione ........................................................................... 60
8.1. Protocollo seduta n.1 ….......................................................................... 62
8.2. Protocollo seduta n.5 .............................................................................. 64
8.3. Protocollo seduta n.10 ............................................................................ 66
8.4. Protocollo seduta n.16 ............................................................................ 68
9. Un mese in più ............................................................................................... 70
10. Riflessioni conclusive .................................................................................. 75
11. Bibliografia .................................................................................................. 77
12. Sitografia ..................................................................................................... 78
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Barbara Venturi - SST in Musicoterapia (2° anno) A.A. 20011 - 2012
1. INTRODUZIONE
Gianni (ho usato un nome diverso per il rispetto della privacy) è
un bambino affetto da epilessia non specificata.
L'ho conosciuto lo scorso anno scolastico quando, i primi di
ottobre, partecipai ad una riunione di programmazione della
scuola materna dove stava finendo l'inserimento (periodo di
tempo durante il quale l'alunno frequenta la scuola per un tempo
limitato in modo da permettergli di conoscere ed accettare la
nuova realtà gradualmente e senza traumi).
Le insegnanti me ne parlarono come di un bambino con seri
problemi comportamentali, grave ritardo mentale e completamente ingestibile in un contesto comunitario. Io divenni la sua
educatrice per un totale di 15 ore settimanali pomeridiane.
Il nostro primo incontro non fu dei migliori, Gianni correva
dappertutto nella sezione, saliva sui banchi e sui mobili, si buttava
a terra urlando, rideva a crepapelle senza nessun motivo apparente
e improvvisamente si avventava su qualche compagno ignaro per
poi pizzicarlo, spingerlo e sputargli in faccia.
Gianni è un bambino bellissimo, gli occhi profondi e scuri
trasmettono tenerezza, il suo sguardo a volte indifeso a volte
sfuggevole mi ha subito catturato e fin dal nostro primo incontro
ho provato per lui un interesse particolare. Dopo un anno
scolastico tra noi si è instaurato un rapporto di reciproco rispetto
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nel quale lui conosce le regole da rispettare sulle quali io non
transigo e io lascio spazio ad alcuni suoi comportamenti un po'
stravaganti ma sicuramente innocui sia per lui che per il resto dei
compagni.
Siccome Gianni non parla, è molto difficile per lui trasmettere le
sue emozioni e i suoi bisogni e di conseguenza ha messo in atto,
in questi anni, molti “comportamenti problema” che sono risultati
funzionali all' ottenimento di ciò che vuole.
Credo fermamente nel potere della musica quale canale privilegiato di comunicazione e condivisione in ambito scolastico ed
extrascolastico. Il linguaggio sonoro e l'espressione corporea,
mediatori della comunicazione, possono essere considerati come
momenti/spazi, fisici e psicologici, significativi, in cui la persona
può trovare la collocazione a sé più congegnale, nel rispetto delle,
e a partire dalle, proprie e altrui diversità. La musica motiva
all'azione, alla partecipazione, può essere motore eccezionale per
stimolare l'interesse verso gli apprendimenti1.
Per queste ragioni ho progettato per Gianni un laboratorio di
musicoterapia che prevede:

Attività di ascolto.

Massaggio sonoro.

Attività di “canto”.

Improvvisazione sonoro-musicale.
1 A. M. Russo. Viaggio nel silenzio. Tesi finale di specializzazione in Musicoterapia – Istituto MEME,
U.E. Jean Monnet.
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Ho osservato
molto
accuratamente tutti gli aspetti del
comportamento di Gianni, ogni gesto, ogni suono da lui emesso o
prodotto, ogni movimento, ho esaminato con attenzione tutti i
“comportamenti problema” che metteva in atto e in quali
situazioni e dopo un anno scolastico mi sono sentita pronta ad
affrontare con lui questo percorso, piena di dubbi ma con
l'entusiasmo di chi crede fermamente in quello che fa e sicura di
avere di fronte un bambino con enormi potenzialità.
La tesi si apre con un inquadramento generale dell'epilessia
seguito dai modelli di riferimento alle teorie di R. Benenzon e di
G. Orff. Ho dedicato un capitolo alla ricerca e alle recenti scoperte
dell'influenza della musica sul sistema nervoso e ai collegamenti
tra neuroscienze e musicoterapia. Chiude il lavoro la verifica dei
risultati ottenuti.
La strada da percorrere per Gianni è ancora lunga e spero mi
venga data la possibilità di continuare con lui il percorso di
musicoterapia che, seppur con alti e bassi e con notevoli
difficoltà, ci ha aiutato a superare le innumerevoli problematiche
che si sono presentate nel corso di questo anno scolastico.
Attraverso la musica sono riuscita ad entrare in contatto empatico
con Gianni e questo mi ha permesso di contenerlo, di aiutarlo a
crescere e di iniziare a sviluppare in lui la capacità di chiedere
aiuto.
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2.
Inquadramento della malattia
2. 1 L'epilessia
2
L'epilessia è una condizione neurologica cronica caratterizzata da
ricorrenti e improvvise "crisi epilettiche".
La crisi epilettica è un evento parossistico causato dalla scarica
improvvisa, eccessiva e rapida di una popolazione più o meno
estesa di neuroni che fanno parte della sostanza grigia
dell'encefalo. L'aggregato di neuroni interessati dalla scarica viene
definito "focolaio epilettogeno”.
A seconda delle caratteristiche della scarica, le manifestazioni
cliniche possono variare da convulsioni drammatiche a semplici
fenomeni sensoriali non riconoscibili dall'osservatore esterno.
Il termine "crisi epilettica" deve essere differenziato dal termine
"epilessia": quest'ultimo indica una condizione caratterizzata dalla
ricorrenza di episodi convulsivi dovuti a una patologia cronica
sottostante. Un individuo che ha presentato una singola crisi, o
anche più crisi dovute a una condizione clinica che può essere
trattata o evitata, non è affetto da epilessia. L'incidenza e la
prevalenza delle crisi sono influenzate da diversi fattori, ma si
stima che tra 5 e il 10% degli individui presentano nel corso della
vita un episodio convulsivo (con una frequenza più alta tra i
bambini e gli anziani).
2 www.wikipedia.it
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Riferendosi a un fenomeno clinico, il termine epilessia è un
termine generico, giacché esistono molte forme e molte cause di
epilessia. Tuttavia, nell'ambito delle diverse forme di crisi
epilettiche
si
possono
individuare
varie
sindromi
con
caratteristiche cliniche e patologiche ben definite.
Tipologie di crisi
Le crisi epilettiche si diversificano in:

crisi parziali;

crisi elementari o "semplici" (con segni motori, sensitivi,
autonomici, psichici);

crisi parziali complesse;

crisi parziali complesse secondariamente generalizzate;

crisi generalizzate;

piccolo male ("assenze");

grande male ("crisi tonico-cloniche");

toniche;

atoniche;

miocloniche;

crisi non classificate;

convulsioni neonatali;

spasmi infantili;
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Crisi parziali
Interessano un'area più o meno circoscritta dell'encefalo. Si
definiscono semplici se non c'è alterazione dello stato della
coscienza, complesse se c'è compromissione di vario grado dello
stato di coscienza, spesso precedute da segni premonitori, detti
aura). Le crisi che iniziano come parziali e poi si diffondono
all'intero cervello, sono classificate come "crisi parziali a
secondaria generalizzazione".
Crisi parziali semplici
Queste crisi avvengono in un emisfero. Le caratteristiche date
dall'elettroencefalogramma sono unilaterali e focali, almeno
all'inizio. Questi tipi di crisi sono suddivisi a seconda delle
manifestazioni cliniche di accompagnamento:
Con segni motori
Dura pochi secondi e la sintomatologia dipende dall'area
interessata:

Crisi focali motori: le uniche ad essere stabilizzate nella loro
sede. È data da contrazione tonica → poi "clonie" che esordiscono
al livello dell'emivolto o porzione limitata di un arto (mano,
piede)
→
estensione
successiva
fino
→
interessamento
dell'emisoma controlaterale (marcia Jacksoniana).
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
Crisi posturali: manifestazioni toniche fanno si che si assume
posture anomale. Interessamento dell'area supplementare motoria.

Crisi versive: deviazione testa ed occhi e talvolta il tronco;
abduzione - elevazione dell'arto superiore omolaterale.

Crisi fonatorie: impossibilità di parlare per coinvolgimento della
circonvoluzione frontale inferiore dell'emisfero dominante o
dell'area motoria supplementare.
Con segni somatosensitivi o sensoriali

Crisi sensitive: parestesie formicolanti, dolore, sensazione di
“scossa elettrica” a livello dell'intero emisoma o di esso. A volte
con marcia Jacksoniana per la progressione della scarica lungo la
corteccia postrolandica (in corrispondenza dell'area sensitiva
primaria).

Crisi visive: allucinazioni (punti luminosi) ad un emicampo →
la scarica dei neuroni origina dalla corteccia visiva controlaterale
(16 e 17). Allucinazioni complesse → sospetto coinvolgimento
della giunzione parieto-occipito-temporale.

Crisi uditive: si sentono ronzii, sibili e soffi → probabile
focolaio a livello della circonvoluzione temporale superiore (dove
si trova l'area uditiva primaria).

Crisi olfattive: percezione di odori sgradevoli e sono tipicamente
localizzate a livello dell'uncus temporale (crisi uncinate), a volte
anche a livello della corteccia frontale inferiore.
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
Crisi gustative: sensazione di gusti sgradevoli (acido, amaro...),
seguite da ageusia i disgeusia, associate a scariche dalla corteccia
frontale inferiore.

Crisi vertiginose: rare, sono sensazione di rotazione o
spostamento. Localizzazione aspecifica.
Con segni o sintomi autonomici
Sensazione di peso epigastrico ascendente. Origine temporale
interna. Una delle crisi semplici più frequenti. Nausea, vomito,
ipersalivazione, tachi o bradicardia, palpitazione, arrossamento o
pallore (genesi temporale o frontale).
Con segni psichici
alterazione elettiva delle funzioni superiori senza perdita di
coscienza. Localizzate nelle strutture limbiche del lobo temporale.

Crisi dismnesiche: sensazione di familiarità (déjà-vu, déjà-vécu)
o di estraneità (jamais-vu, jamais-vécu). Oppure, incapacità di
rievocare certi ricordi.

Crisi cognitive: Percezione alterata della realtà (sensazione di
vivere in un sogno "dreaming state of Jackson" oppure sensazione
di depersonalizzazione). Manifestazione del pensiero forzato (idea
che s’impone al soggetto).

Crisi
illusionali:
percezione
deformata
della
realtà,
localizzazione temporale o parieto-occipitale.
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1. Macropsie (aumento dimensione oggetti).
2. Micropsie (riduzione dimensione oggetti).
3. Metamorfopsie (alterazione della forma degli oggetti).
4. Polipsie (aumeto numerico).

Crisi allucinogene: percezioni senza oggetto, spesso sono
complesse
ed
articolate
(scene,
paesaggi,
personaggi).
Localizzazione temporale o parieto-occipitale.

Crisi affettive: il focus è temporo-mesiale con sensazioni, per la
maggior parte spiacevoli, tipo:
1. Ansia.
2. Paura intensa.
3. Depressione.
4. Rabbia
5. Rare le crisi emotive (pianto o risa) che possono essere
manifestazioni di amartroma ipotalamico.

Crisi
disfasiche:
compromissione
del
linguaggio
per
l'interessamento di aree frontali e temporo-parietali dell'emisfero
dominante.
Crisi generalizzate
La classificazione delle crisi epilettiche è decisamente modificata
negli ultimi anni. Attualmente si considerano:

Epilessia generalizzata.

Tonico-clonica o grande male.
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
Assenza.

Tipica o piccolo male.

Atipica.

Assenza con aspetti particolari.

Assenza mioclonica.

Mioclonia delle palpebre.

Mioclonica.

Mioclonico-atonico.

Mioclonico-tonico.

Clonica.

Tonica.

Atonica.

Spasmi epilettici.

Epilessie focali.
La più grande modifica riguarda le epilessie focali, che una volta
venivano classificate come epilessie parziali.
Ancora le epilessie neonatali non sono considerate più un’unità a
se stante.
Visto che poi nella pratica spesso vengono ricordate ed utilizzate,
si riporta anche parte della vecchia classificazione (del 1981) per
motivi di chiarezza.
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Le crisi parziali erano suddivise in:

crisi parziali semplici in cui non si ha perdita di coscienza ne
ricorrenza dell'evento (sebbene possano causare un'alterazione dei
sensi, un forte e persistente senso di nausea o altre sensazioni);

crisi parziali complesse, in cui si ha perdita di coscienza. Ciò
non significa necessariamente che la persona che prova questo
tipo di attacco cadrà a terra privo di sensi. Ciò fa riferimento
all'effetto dell'attacco sullo stato di coscienza.
Schematicamente si classificavano:

crisi parziali semplici (senza perdita di coscienza) caratterizzate
da:

crisi motorie Jacksoniane (per esempio: scossa alla mano di
durata compresa tra i 30 ei i 60 secondi). Al termine di una crisi
jacksoniana si ha generalmente la Paralisi di Todd (ovvero una
paralisi centrale di breve durata). Alcune volte si può avere il
fenomeno della marcia Jacksoniane: la crisi epilettica si diffonde
attraverso la corteccia motoria quindi si ha una scossa alla mano,
poi al braccio, poi alla gamba e infine al volto;

crisi versive (deviazione dallo stesso lato di capo ed occhi,
elevazione dell'arto superiore omolato);

crisi somatosensoriali (solitamente si percepiscono parestesie) o
con sintomi sensitivi speciali più complessi (allucinazioni
generalmente semplici visive, uditive, olfattive, gustative,
vertiginose);
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
crisi vegetative (sensazione epigastrica, piloerezione, dilatazione
pupillare, vampate, sudorazione);

crisi psichiche (allucinazioni, paura, rabbia, distorsioni del senso
del tempo, alterazione della percezione).
La crisi parziale semplice può diventare complessa. Quest'ultima
oltre alla perdita di coscienza è caratterizzata da: automatismi
come continuare a deglutire e masticare.

Crisi parziali complesse (con perdita di coscienza):

crisi confusionali;

crisi psicomotorie;

crisi dismnesiche;

crisi ideatorie;

crisi affettive;

crisi psicosensoriali;
2.2 Caratteri specifici della malattia
La crisi epilettica può essere estremamente polimorfa ed ha
caratteristiche e durata variabile a seconda del tipo di crisi.

La più classica, ovvero la crisi convulsiva tipo grande male si
manifesta attraverso la convulsione di tutto il corpo. La vittima
crolla, nella maggior parte dei casi, al suolo, contorcendosi
ripetutamente, come in preda ad una forte scarica elettrica.
È caratterizzata da un iniziale spasmo di tutti i muscoli scheletrici
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(Fase Tonica) seguita dopo poche decine di secondi da contrazioni
muscolari rapide, più o meno regolari, con movimenti ampi e
veloci (scosse cloniche sincrone → Fase Clonica). Questo tipo di
attacco è usualmente ciò che s’intende col termine epilessia nel
linguaggio colloquiale. Questo tipo di crisi si conclude con una
fase detta di risoluzione (o post-critica) ove la persona appare
confusa, rallentata ed indolenzita. Durata della fase tonica e
clonica: circa 2-3 minuti.
Può avvenire in molti casi la morsicatura della lingua. Si noterà la
presenza di saliva e muco attorno alla bocca della vittima. Si ha
una rotazione degli occhi all'indietro da parte della vittima.

Attacco tipo assenza: è un'interruzione dello stato di coscienza
dove la persona che sperimenta l'attacco sembra diventare assente
e insensibile, per un breve periodo di tempo (di solito 20 secondi).
Possono sopraggiungere leggere contrazioni muscolari in
particolare "strizzamento degli occhi". Non c'è perdita del tono
posturale. Nelle assenze complesse ci può essere una perdita di
coscienza più prolungata e l'esordio e la cessazione può essere
meno brusca.

Attacchi mioclonici: portano sporadiche contrazioni muscolari e
possono risultare in contrazioni di muscoli o gruppi muscolari a
scatti. La manifestazione è rapida e della durata di meno di 500
ms.
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
Attacchi clonici: scosse muscolari rapide di durata maggiore a
500 ms.

Attacchi atonici: portano il rilassamento del tono muscolare
causando la caduta a terra della persona sofferente di epilessia.
Spesso questi soggetti vanno incontro ad un trauma da caduta.
Quindi principalmente distinguiamo tra:

Crisi generalizzate nelle quali è coinvolta l'intera corteccia
cerebrale fin dal principio della crisi. La scarica neuronale può
riverberare, specialmente a livello del talamo (che renderebbe
conto delle crisi cosiddette di tipo "assenza"). Solitamente (ma
non necessariamente) queste crisi si associano a perdita di
coscienza.

Crisi focali: sono caratterizzate dal coinvolgimento primitivo di
una parte ben localizzata della corteccia cerebrale, focolaio che
può rimanere localizzato o espandersi, fino a coinvolgere
entrambi gli emisferi (crisi parziali secondariamente generalizzate).
Sono fondamentali ancora alcune considerazioni:
le crisi epilettiche parziali a secondaria generalizzazione: tutte le
crisi parziali possono concludersi con una crisi convulsiva
generalizzata, generalmente tipo grande male.
Lo "Stato di Male" è una drammatica situazione in cui l'individuo
è in preda a una crisi epilettica che si protrae per almeno 10-20-30
minuti, o dura di meno ma si ripete a intervalli talmente ristretti
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che non consente la ripresa di coscienza. Questo porta a necrosi
neuronale. Il male epilettico è da considerarsi una vera e propria
emergenza medica, in quanto la probabilità di andare incontro a
morte è di circa il 20%, mentre è anche maggiore quella di avere
delle sequele neurologiche permanenti. L'unica cura è l'anestesia
generale che blocca la crisi.
Gli effetti delle crisi focali possono essere diversi in base all'area
del cervello in cui essi sono attivi. Per esempio un attacco parziale
in aree deputate alla percezione può causare una particolare
esperienza sensoriale (per esempio la percezione di un odore, di
una musica o di un lampo di luce),
Questo tipo di attacco può produrre particolari pensieri o
immagini interne o anche esperienze che possono essere distinte
ma non facilmente descritte. Gli attacchi centrati nel lobo
temporale sono famosi per il provocare esperienze mistiche o di
estasi in alcune persone. Queste possono risultare in una diagnosi
errata di psicosi o anche schizofrenia, se gli altri sintomi
dell'attacco sono trascurati e non sono eseguiti altri test. Quando
invece il focus è localizzato nella corteccia motoria, l'attacco
parziale può causare un movimento in un particolare gruppo di
muscoli. Tipico esempio è la "crisi Jacksoniana" in cui il soggetto
ha scosse in una parte del corpo (in particolare mani, viso,
lingua).
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Si può parlare anche di crisi non epilettiche, qualora causate da
agenti esterni quali terapia elettroconvulsivante (TEC, il comune
"elettroshock"), o farmaci convulsivanti. A volte può essere
difficile differenziarla dalla sincope, dalla crisi isterica e dalla
simulazione.
Le crisi epilettiche possono manifestarsi in alcune patologie come
la sclerosi tuberosa di Bourneville.
Altre sindromi:

Sindrome di West: caratterizzata da spasmi infantili in
estensione, in flessione e fulminei accompagnati da movimenti
del capo. Oltre a questi spasmi c'è ritardo psicomotorio e
ipsaritmia (onde lente e punte di grande ampiezza). Colpisce
bambini fino a 7 mesi e la prognosi non è buona se la diagnosi è
tardiva.

Sindrome di Lennox-Gastaut: Colpisce bambini tra 1 e 7 anni
caratterizzata da sintomi crisi toniche e atoniche frequenti. La
terapia non è efficace e si associa ritardo mentale.

Sindrome di Landau-Kleffner: caratterizzata da afasia acquisita,
agnosia uditiva oltre a caratteristici attacchi epilettici.
2.3 Eziologia
Le cause che portano un encefalo normale ad attivarsi in maniera
parossistica fino a provocare una crisi epilettica sono ancora in
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parte oscure: le ultime ricerche si stanno rivolgendo verso il ruolo
dei canali per gli elettroliti transmembrana voltaggio-dipendenti.
Questi canali sono proteine (spesso formate da numerose
subunità), situate a livello delle membrane cellulari dei neuroni, le
quali si aprono al passaggio del potenziale d'azione lungo il
neurone stesso, permettendo il passaggio transcellulare selettivo
di anioni (Cl) o cationi (Na, Ca, K). Vi sono evidenze che portano
a considerare in difetti a carico dei carriers per il Sodio ed il
Calcio dei punti di partenza interessanti per capire la
fisiopatologia del neurone epilettico. Ciò per due ragioni: la
scoperta di mutazioni genetiche a carico di canali voltaggiodipendenti per questi elettroliti come substrato per numerose
(circa una dozzina, ma il numero è destinato a crescere) di
sindromi
epilettiche
giovanili;
l'evidenza
dell'attività
anticomiziale (sinonimo per antiepilettico) di numerose molecole
che agiscono a questo livello molecolare.
Dal punto di vista clinico, invece, si è soliti suddividere le
epilessie dal punto di vista eziologico in tre famiglie: genetiche,
sintomatiche e criptogenetiche.
Le epilessie genetiche sono quelle nelle quali si è trovato una
specifica mutazione genetica: come detto, ne sono state trovate
circa una dozzina, la più importante sarebbe quella per l'epilessia
mioclonica giovanile, il cui gene mutato mapperebbe nel
cromosoma 6 e codificherebbe per una sub unità per un canale del
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Sodio voltaggio-dipendente.
Le epilessie sintomatiche, sono quelle numericamente più diffuse.
Costituiscono quelle epilessie la cui causa è riscontrabile
anatomicamente in una lesione parenchimale visibile alle
neuroimmagini (principalmente la risonanza magnetica). Le cause
sono veramente tante di cui le principali sono costituite da:
lesioni pre-peri natali, che possono essere traumi da parto oppure

complicanze come l'anossia perinatale; infezioni perinatali
(specialmente da Cytomegalovirus - CMV), malformazioni (come
la lissencefalia, o l'eterotopia);
malattie cerebrovascolari, che modificano l'architettura cellulare

a livello della lesione, con alterazioni anche a carico della rete dei
neurotrasmettitori (ad esempio per il glutammato). A volte, una
crisi epilettica può essere indice premonitore di sofferenza di una
determinata regione cerebrale, ed essere un "campanello
d'allarme" per l'insorgenza futura di un accidente cerebrovascolare; neoplasie, di cui spesso la crisi epilettica, più frequentemente
di tipo parziale, è il sintomo di esordio;

traumi cranici specialmente quelli aperti rispetto a quelli chiusi;

malattie infiammatorie come encefaliti, meningiti o infezione da
virus HIV;

patologie degenerative, come il morbo di Alzheimer.
L'epilessie criptogenetiche sono epilessie che non hanno una
causa organica visibile. Sono un'evenienza statisticamente alta.
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Altro discorso è quello dello stabilire la causa di crisi epilettiche
isolate, sporadiche, che avvengono in determinati contesti. Si
presume comunque che qualsiasi cervello, se esposto a
determinati stimoli, possa reagire con una scarica epilettica, senza
che il soggetto debba essere considerato sofferente di epilessia.
Questi stimoli sono costituiti da:

stimolazioni luminose intermittenti;

deprivazione di sonno;

abuso, o interruzione brusca, di sostanze alcoliche o sostanze
psicotrope;

alterazioni metaboliche (specialmente ipoglicemia);

iperosmolarità o, al contrario, iposmolarità.
La risposta ad uno di questi stimoli con una crisi epilettica (spesso
di tipo generalizzato "grande male") non va considerata come
espressione di una malattia, quanto come espressione di una
"ipersensibilità" del cervello che risponde con una scarica a livelli
inferiori rispetto alla media. L'allontanamento dallo stimolo
nocivo porta, nella quasi totalità dei casi, a non avere mai più
nella vita altre crisi.
Alcune
donne
possono
avere
delle
crisi
epilettiche
in
corrispondenza del ciclo mestruale; tali crisi, dette appunto
"catameniali", non sono da considerarsi espressione di una
sindrome epilettica definita, quanto risposte abnormi a stimoli
(come le alterazioni umorali indotte dal ciclo mestruale nella
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donna) che di per sé costituiscono uno stress per il cervello. La
maggior parte delle epilessie è trattabile con farmaci.
3. Musicoterapia
Associazione Professionale dei Musicoterapeuti della Gran
Bretagna
La musicoterapia è una forma di trattamento in cui s’instaura un
mutuo rapporto fra paziente e terapeuta, che permetta il prodursi
di cambiamenti nella condizione del paziente e l’attuazione della
terapia. Il terapeuta lavora con una varietà di pazienti, sia bambini
che adulti, che possono avere handicap emotivi, fisici, mentali o
psicologici. Attraverso l’uso della musica in maniera creativa in
ambito clinico, il terapeuta cerca di stabilire un’interazione,
un’esperienza ed un’attività musicale condivise che portano al
perseguimento degli scopi terapeutici determinati dalla patologia
del paziente3.
Associazione Canadese di Musicoterapia
La musicoterapia è “l’uso della musica per favorire l’integrazione
fisica, psicologica ed emotiva dell’individuo e l’uso della musica
nella cura di malattie e disabilità. Può essere applicata a tutte le
fasce d’età, in una varietà di ambiti di cura. La musica ha una
3 www.roheampton.ac.uk
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qualità non – verbale, ma offre un’ampia possibilità d’espressione
verbale e vocale. Come membro di un’équipe terapeutica, il
musicoterapeuta professionista partecipa all’accertamento dei
bisogni del cliente, alla formulazione di un approccio e di un
programma individuale per il cliente e poi offre specifiche attività
musicali per raggiungere gli scopi. Valutazioni regolari accertano
ed assicurano l’efficacia del programma. La natura della
musicoterapia amplifica l’approccio creativo nel lavoro con gli
individui handicappati. La musicoterapia fornisce un approccio
umanistico possibile che riconosce e sviluppa le risorse interne
del cliente spesso non sfruttate. I musicoterapeuti desiderano
aiutare l’individuo per spingerlo verso un migliore concetto di sé,
e, nel senso più ampio, per far conoscere ad ogni essere umano le
proprie maggiori potenzialità”4.
Associazione Nazionale di Musicoterapia U.S.A.
La musicoterapia è “l’uso della musica nella realizzazione degli
scopi terapeutici: il ristabilimento, il mantenimento e il
miglioramento della salute mentale e fisica: è l’applicazione
sistematica della musica, diretta dal musicoterapeuta in un ambito
terapeutico, per portare i cambiamenti desiderati nel comportamento. Tali cambiamenti permettono all’individuo di affrontare la
terapia per arrivare ad una maggiore comprensione di sé e del
mondo intorno a lui, e di ottenere quindi un più adeguato
4 www.musictherapy.ca
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adattamento alla società. Come membro della squadra terapeutica
il musicoterapeuta professionista prende parte all’analisi dei
problemi dell’individuo e alla formulazione degli obiettivi del
piano generale di trattamento, prima di progettare ed elaborare
specifiche attività musicali. Valutazioni periodiche vengono fatte
per determinare l’efficacia delle procedure impiegate”5.
Federazione Mondiale di Musicoterapia
La Musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali
(suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta
qualificato, con un cliente o un gruppo, in un processo atto a
facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri
rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità
fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La Musicoterapia
mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo
in modo tale che il paziente o la paziente possano meglio
realizzare l’integrazione intra e interpersonale e consequenzialmente possano migliorare la qualità della loro vita grazie ad
un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico6.
5 www.musictherapy.org
6 www.psychotherapie.org
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3.1 Il modello psicodinamico di Rolando Benenzon
Benenzon7 afferma che da un punto di vista scientifico la
musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio
complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire
gli elementi diagnostici ed i metodi terapeutici ad esso inerenti.
Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina
paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per
produrre effetti regressivi ed aprire canali di comunicazione che ci
mettono in grado di iniziare il processo di preparazione e di
recupero del paziente per la società. Egli fa grande uso di strutture
psicoanalitiche, dà importanza primaria ai meccanismi di
regressione e all'analisi dei fenomeni transferali e controtransferali e considera la musica originariamente come un mezzo
simbolico.
3.1.1 Il principio dell'ISO
8
ISO vuol dire uguale e sintetizza la nozione di esistenza di un
suono o di un insieme di suoni o di fenomeni sonori interni che ci
caratterizzano e ci individualizzano. Si tratta di un fenomeno
sonoro e di movimento interno che riassume i nostri archetipi
sonori, il nostro vissuto sonoro intra-uterino e il nostro vissuto
sonoro della nascita, dell'infanzia fino alla nostra età attuale.
7 R. Benenzon, Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma, 2005.
8 R. Benenzon, Manuale di Musicoterapia, Roma, Borla, 2005 Pag.47,48,49.
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Possiamo distinguere un ISO gestaltico, un ISO complementare,
un ISO gruppale e un ISO universale.
L'ISO gestaltico è l'identità sonora che caratterizza l'individuo,
che ci consente di scoprire quello che è il canale di comunicazione per eccellenza del soggetto, col quale cerchiamo di
instaurare una relazione terapeutica.
L'ISO complementare rappresenta la fluttuazione momentanea
dell'ISO gestaltico sotto l'effetto di circostanze ambientali
specifiche.
L'ISO gruppale è intimamente connesso allo schema sociale
all'interno del quale l'individuo evolve. Occorre un certo lasso di
tempo perché quest'ultimo si instauri e si strutturi e spesso
dipende dalla buona composizione del gruppo, è fondamentale al
fine di raggiungere un'unità di integrazione in un gruppo
terapeutico in un contesto non verbale.
L'ISO universale è un’identità sonora che caratterizza tutti gli
esseri umani, indipendentemente dal particolare contesto sociale,
culturale, storico e psico-fisiologico. Farebbero parte dell'ISO
universale le caratteristiche particolari del battito del cuore, dei
suoni di inspirazione ed espirazione, nonché della voce della
madre al momento della nascita e nei primi giorni di vita.
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3.1.2 L'Oggetto intermediario
9
Un oggetto intermediario è uno strumento di comunicazione in
grado di agire terapeuticamente sul paziente in seno alla
relazione, senza dar vita a stati di allarme intensi. E' un oggettocosa che per il fatto di non possedere caratteristiche umane, viene
ad essere per il paziente un oggetto inoffensivo e pertanto
terapeuticamente utilizzabile.
Gli strumenti musicali e il suono, o i suoni che essi emettono,
possono essere considerati oggetti intermediari in quanto
possiedono tutte le caratteristiche che uno strumento di
comunicazione deve avere. La corretta scelta dell'oggetto
intermediario nella relazione terapeutica dipende dall'abilità del
musicoterapeuta
nell'identificazione
dell'ISO
gestaltico
del
paziente.
3.2 La musicoterapia di Gertrud Orff
10
La musicoterapia Orff è una terapia multisensoriale. L'impiego
dei mezzi musicali, parola in senso ritmico-fonetico, ritmo libero
e obbligato, movimento e manipolazione degli strumenti, è
strutturato in maniera da corrispondere a tutti i sensi. Tramite tali
impulsi multisensoriali è possibile intervenire anche là dove un
importante organo di senso manca o è danneggiato. Nella
9 R. Benenzon, Manuale di Musicoterapia, Roma, Borla, 2005. Pag. 56.
10 G. Orff, Musicoterapia-Orff, Assisi, Cittadella Editrice, 2005. Pag. 23 a 32.
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collaborazione spontanea e creativa il bambino potrà esprimersi
liberamente, forgiare la sua espressione e usarla in senso sociale.
La musicoterapia Orff può potenziare altre terapie, se con esse
sapientemente coordinata. E' applicabile nei deficit psico-mentali,
fisici, dei sensi, nei disturbi del comportamento, dello sviluppo,
della comunicazione e nei casi di autismo.
3.2.1 La musicoterapia Orff e il suo riferimento all'OrffSchulwerk
11
Le particolarità della metodologia Orff sono: la concretezza
dell'esperienza musicale proposta; l'unitarietà che nasce dalla
fusione tra gesto, musica e parola; l'utilizzo della musica
elementare, intesa come un ritorno alle origini, agli elementi
formali costitutivi; la creatività come espansione del pensiero
divergente e come motivazione all'alfabetizzazione; l'utilizzo di
uno strumentario elementare, comunemente conosciuto come
Strumentario Orff.
I buoni risultati ottenuti da Orff con i bambini ciechi e sordomuti
e l'interesse degli ambienti medici verso la musica attiva, spinsero
la moglie Gertrude a continuare e sviluppare, dopo la morte del
pedagogo tedesco, la “musicoterapia-Orff”.
11 A. Pace, K. Calvi, I. Popaioannou, T. Mercandel, S. Stefanato, Musicoterapia psicopedagogica,.
Trieste. 2010 Luglio ed.
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L'idea fondamentale dell'Orff-Schulwerk era di procurare al
bambino una “dimensione musicale” completa nella quale
esprimersi, prendere coscienza di sé, fare musica insieme agli
altri. Basandosi su questa idea si è sviluppata la terapia. Due sono
i principi base di questa scuola: l'elementarità e la stimolazione
multisensoriale. Scrive Gertrude Orff:12 ”movimento, canto,
suono, formano un tutto unico: musica elementare, strumentario
elementare, forme elementari di linguaggio e di movimento. La
musica elementare non è mai soltanto musica, essa è legata al
movimento, alla danza, alla parola, è una musica che si deve fare
spontaneamente, a misura di bambino nella quale si è coinvolti
come collaboratori, non come ascoltatori. Essa è pre-mentale, non
conosce le grandi forme, è naturale, fisica, può essere appresa da
ognuno, vissuta da ognuno a misura di bambino”.
La musica elementare, dunque, nelle sue tre componenti, suono,
movimento e linguaggio, investe globalmente la personalità
psicofisica del bambino e viene recepita attraverso i canali di
comunicazione rimasti intatti nel soggetto disabile. E qui entra in
gioco il secondo principio: la stimolazione multisensoriale, che si
pone l'obiettivo di sviluppare tutti i sensi e, nel caso di un organo
sensoriale deficitario, di “sostituirlo” potenziandone un altro.
12 G. Orff, Musicoterapia-Orff. Un'attiva stimolazione allo sviluppo del bambino, Cittadella, Assisi,
1982, p. 10.
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Per operare secondo il principio della multisensorialità gli input
devono essere, come evidenzia l'autrice tedesca, penetranti,
stimolanti e affascinanti.
3.2.2 I mezzi
I mezzi permettono e suggeriscono alla terapia un intervento
multisensoriale. Gli impulsi vanno trasmessi in maniera
penetrante, stimolante e affascinante.
I mezzi che il terapeuta ha a disposizione sono prima di tutto in
lui, intorno a lui e dentro di lui.
Il corpo, le mani, le dita, i piedi, i gomiti, le ossa delle mani, il
naso, gli occhi sono i mezzi che il terapeuta e il paziente hanno
sempre a portata di mano. Tutto questo va sperimentato tastando,
battendo, soffiando, ecc. con il sostegno di stimolazioni verbali.
I mezzi dentro di noi sono le esperienze vibratorie che vengono
provocate dal canto, dalla parola e dal sussurro.
Importantissimo è poi lo spazio intorno a noi che può essere
esaminato sotto l'aspetto acustico e come contro-oggetto.
Ci sono poi gli strumenti musicali veri e propri e il terapeuta deve
decidere prima quale materiale impiegare ed esplorare e in quale
senso.
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3.2.3 Strumentario Orff
Il materiale strumentale che viene preso dall'Orff-Schulwerk, è il
punto chiave della terapia. Esso può venire considerato sotto tre
aspetti tattile, ottico e acustico.
Tattilmente si possono distinguere le differenti caratteristiche
secondo i seguenti riferimenti:

calore (piuttosto freddo il metallo, meno freddo il legno, più
calda la pelle);

struttura della superficie (liscia nel legno e nel metallo,
meno liscia nella pelle);

durezza (legno e metallo più duri della pelle e delle corde);

elasticità
(tensioni
differenziate
negli
strumenti
a
membrana);

vibrazione (il metallo vibra più intensamente del legno).
Gli strumenti si differenziano poi per la loro rispettiva grandezza
e per la loro forma (ci sono strumenti rotondi grandi e piccoli,
soprattutto diverse grandezze di tamburi nelle diverse posizioni:
verticali od orizzontali).
L'impiego ottico può avvenire da solo, ma anche in contrasto con
quello acustico.
Gli strumenti si distinguono acusticamente per il loro timbro in
quanto ogni materiale per le sue caratteristiche ha un timbro suo
specifico. Gli strumenti possono venir impiegati in modo
omogeneo, usando soltanto un gruppo di strumenti; oppure
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eterogeneo cioè con vari timbri sonori; possono venir usati
singolarmente o in gruppo. Possono venir suonati o usati nello
stile premelodico e addirittura in modo preritmico.
Per quanto riguarda la maniera di impiegare lo strumentario in
terapia esistono alcune regole generali:

lo strumentario è un sostegno dei sensi;

lo strumentario non deve venir alterato nella sua natura;

gli strumenti vanno usati con parsimonia;

lo strumentario può assumere funzione di segnale;

uso interscambiabile del materiale.
Lo strumentario ha una triplice possibilità di impiego:

c'è la possibilità di un'attività acustica pratica;

può fungere da intermediario tra terapeuta e bambino,
distanziando oppure unendo;

tramite il materiale il bambino può comunicare; può
iniziarsi alla socialità. Anche qui il materiale può avvicinare
o distanziare.
Utilizzando questo materiale è possibile una triplice comunicazione di tipo non verbale:

comunicazione tra bambino e materiale;

comunicazione tra bambino e terapeuta tramite il materiale;

comunicazione tra bambino e bambino.
__________________________________________________________________
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3.2.4 La dinamica terapeutica
Il punto di partenza è il bambino e si deve trovare il modo di
arrivare a lui. Compito del terapeuta è penetrare nell'animo del
bambino con discrezione. La comunicazione non si può imporre,
essa si deve instaurare spontaneamente. Tutto si deve svolgere
secondo un tempo individuale e la capacità del bambino e ci si
deve guardare bene dal forzare un procedimento troppo affrettato.
Nel caso in cui durante gli incontri si sviluppino fattori di
turbamento, casualmente o volutamente, questi non vanno bruscamente interrotti, né corretti, ma piuttosto inseriti nel processo,
opportunamente e gradualmente trasformati. Nella terapia questi
sono momenti decisivi, che richiedono da parte del terapeuta
rapidissime reazioni.
Tanto il terapeuta che il bambino traggono un indiscusso
vantaggio da una tale convivenza basata su di un equilibrio
fluttuante. Tutti i partecipanti sentono, anche senza rendersene
conto, l'importanza del proprio contributo nel sostenere
l'equilibrio della situazione.
4. La globalità dei linguaggi
La metodologia della globalità dei linguaggi si prefigge lo scopo
dello sviluppo della personalità, in una graduale presa di
coscienza di sé e dei propri bisogni e mezzi espressivi.
E' incentrata sul sentire, l'immaginare, l'esprimere. I suoi presup__________________________________________________________________
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posti sono la motivazione e il principio del piacere. Infatti
qualunque attività deve contenere implicitamente una promessa di
piacere e deve essere presentata inizialmente sotto forma ludica.
La globalità dei linguaggi rende capaci di ascoltare e osservare i
bambini, mettersi in relazione con loro, leggere ed interpretare i
bisogni che essi manifestano, utilizzando corpo, gesto, emozione,
voce, suono, spazio, colore, immagine e segno grafico, come
mezzi di comunicazione attraverso cui realizzare il rapporto
educativo13.
Sappiamo che la musica è un tratto comune della personalità
dell'uomo e che è riconosciuta come linguaggio universale perché
vi si riscontrano competenze comuni a tutti gli uomini, sia per
quanto riguarda l'istinto che per quanto riguarda la formazione di
sistemi logici di ristrutturazione.14 Se analizziamo gli elementi
fondamentali costitutivi della musica (suono, ritmo, melodia ed
armonia) e puntualizziamo le loro caratteristiche principali
(altezza, metrica, suddivisione, fraseggio, accentuazione, ecc...)
non possiamo fare a meno di constatare che le musica si trasmette
attraverso due dimensioni. Da una parte è espressione
dell'interiorità e dell'inconscio dell'uomo, pertanto fa ricorso agli
aspetti pre-relazionali della natura umana e si riferisce a quegli
eventi primari precedenti a qualsiasi altra forma di comunicazione
come l'ascolto intrauterino, antecedente alla nascita, o alla
13 S. Guerra Lisi, Il metodo della globalità dei Linguaggi, Roma, Borla, 1987.
14 Leonardo De Angelis, Energia e terapia in musica, Franco Angeli, 2000.
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lallazione, primo tentativo d’intonazione della voce da parte del
neonato. D'altra parte lo sviluppo dell'intelligenza musicale è stato
contrassegnato dalla misurabilità esatta del suono come fenomeno
fisico, quindi dalla costituzione di regole precise fissate con
estrema razionalità. Ricomporre queste due dimensioni significa
raggiungere il codice d’interpretazione della musica, in cui
convergono i processi integrati di tipo percettivo, sensorialemotorio, emotivo-affettivo ed intellettivo. Questo è valido per
qualsiasi tipo d’impiego della musica, dall'estetico al terapeutico,
e per qualsiasi materiale musicale, semplice o complesso: quindi
in generale per ogni esercizio della comunicazione sonora. Il
suono è una vibrazione periodica e regolare, prodotta da un corpo
elastico e recepita dall'organo dell'udito con una certa immediatezza e facilità. E' fisicamente provato che da un suono fondamentale si dipartono una serie di altri suoni, detti armonici che
sono in relazione matematica tra loro, di vibrazione multipla, per
cui l'articolazione del suono nella sua percezione è piuttosto
composita e si può fissare in una serie d’intervalli determinati
all'interno della cosiddetta ottava. Ogni intervallo ha la sua
fisionomia che s’imprime oggettivamente nella memoria musicale
per il suo carattere peculiare e distintivo, perciò possiamo notare
che:
 l'intervallo di terza è infantile e giocoso e determina il modo
maggiore o minore;
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 l'intervallo di quinta è arcaico, come quello di quarta è placido
ed entrambi hanno valore cadenziale;
 l'intervallo di settima è instabile, inquieto e crea tensione, così
come quello di ottava è risolutivo, conclusivo e offre una
sensazione di sicurezza e decisione.
Il nostro linguaggio musicale è dotato di una propria struttura
sintattica ben riconoscibile a cui corrisponde sempre un
potenziale valore significativo oltreché espressivo. Forse proprio
per questa sua semanticità, per questa capacità di svelare la realtà
non solo attraverso concetti, ma anche attraverso l'intuizione
profonda dell'animo umano e dei suoi sentimenti, la musica apre
sentieri e possibilità inaspettati nel campo della comunicazione a
tutti i livelli e può assumere la connotazione di terapia tramite la
sua energia. In casi di chiusura totale alla comunicazione, come
l'autismo, la musica può diventare chiave di accesso ad una
fortezza apparentemente inespugnabile. Anche il corpo permette
di sperimentare il “suono” in tutte le sue possibili manifestazioni.
L'applicazione dei suoni ai passi offre alternative motorie per la
sensibilizzazione melodica, facendo coincidere il camminare in
avanti con i suoni che procedono in senso ascendente, indietro per
quelli che procedono in senso discendente. E' possibile sviluppare
le
capacità
percettive
anche
attraverso
un'approfondita
conoscenza del corpo e del rapporto che quest'ultimo riesce a
stabilire con lo spazio esterno. I bambini sperimentano
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quotidianamente le dimensioni e i rapporti del ritmo muovendo le
braccia, camminando, correndo, saltando. Il movimento, dunque,
è uno strumento immediato e parte integrante di tutti quegli
automatismi presenti in ogni essere umano, al punto da costituire
un elemento pedagogico essenziale, poiché consente l'acquisizione di alcune abilità facendo scaturire l'apprendimento
dall'esperienza diretta. Il suono che passa attraverso il corpo viene
assimilato in maniera concreta, visibile e misurabile, evitando
così al bambino con ”problemi” la strada dell'astrazione teorica. Il
ritmo è utilizzato alla scopo di sollecitare le facoltà mentali e di
suscitare le attività di controllo della persona.
5. La ricerca oggi
15
La pubblicazione de “La musica e il cervello: studi sulla
neurologia della musica” di Macdonald Critchley e Ronald Alfred
Henson (1977) segna il passaggio da un totale disinteresse da
parte delle neuroscienze nei confronti della musica ad
un'innumerevole quantità di ricerche sulle sue connessioni con le
funzioni e disfunzioni del cervello, tanto che attualmente, come
evidenzia il neurologo Oliver Sachs16 siamo in presenza di “un
corpus di ricerche, vastissimo e in rapida espansione sulle basi
neurali della percezione e dell'immaginazione musicale, come
pure sui disturbi complessi... ai quali esse sono soggette”.
15 A. Pace, K. Calvi, I. Popaioannou, T. Mercandel, S. Stefanato. Musicoterapia psicopedagogica,
educare, curare, integrare con l'arte dei suoni. Trieste, 2010. Luglio ed.
16 O. Sachs, Musicofilia, Adelphi, Milano, 2008, p. 18.
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Il fare musica “allena“ il cervello, e prove sperimentali hanno
rilevato mutamenti visibili in soggetti adulti che suonavano uno
strumento da molto tempo nelle dimensioni della corteccia
motoria primaria, del cervelletto e del corpo calloso.
Grazie ai progressi delle neuroscienze e della neuroradiologia, è
attualmente possibile visualizzare anche le modificazioni funzionali del cervello dei pazienti affetti da disturbi neurologici mentre
ascoltano o praticano la musica. Con queste metodiche si è
dimostrato, per esempio, che la terapia sonoro-musicale agisce
positivamente su diverse condizioni fisiologiche (la gravidanza) e
patologiche (ritardo mentale, l'autismo, la sindrome di Down,
l'anoressia mentale, l'ansia e la depressione, il morbo di
Parkinson, le lesioni cerebrali da trauma, ischemia e ictus
cerebrali, il morbo di Alzheimer, la sindrome di Tourette).
Nelle lesioni delle aree del linguaggio, la musicoterapia,
sfruttando la tecnica della “terapia dell'intonazione melodica”, è
in grado di favorire il recupero della parola. Il canto consente,
secondo Gottfried Schlaug (2008), di attivare nell'emisfero destro
del paziente aree capaci di sopperire alle funzioni dell'emisfero
sinistro danneggiato e le immagini delle risonanze magnetiche
effettuate dopo il trattamento musicoterapico su pazienti colpiti da
afasia confermano questa plasticità del cervello umano adulto.
Analogamente l'improvvisazione strumentale in gruppo, favo-
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rendo la comunicazione mediante il “dialogo sonoro”, può essere
utile nei casi di soggetti che hanno perso la facoltà del linguaggio.
Per quanto riguarda gli effetti dell'ascolto, gli studi rilevano una
riduzione dell'ansia e dello stress prima di un intervento
chirurgico. Allo stesso modo, quest’alleggerimento di tensione è
utile nel recupero dei ricordi ritenuti definitivamente perduti in
malati di Alzheimer e di demenza.
L'ascolto, il canto e l'uso di strumenti a percussione in gruppo,
dunque, non sono in grado di risolvere patologie gravi ma, cosa
non da poco, permettono di migliorare la qualità della vita e come
nel caso del morbo di Alzheimer, di rallentare il decorso della
malattia.
6. Il massaggio sonoro
17
Secondo la medicina orientale, il corpo umano, oltre che da
organi e visceri è fatto anche di vibrazioni e di onde di energia.
Un organismo sano vibra ad una giusta frequenza ed è ben
accordato come uno strumento musicale. Chi ha invece qualche
disturbo, ha una frequenza distorta, perché l'energia che scorre nel
suo organismo non è uniforme, presenta accumuli o blocchi. Il
massaggio, attraverso il suono di alcuni strumenti adatti (campane
tibetane, ciotole sonore tibetane, barre sonore, tamburi…),
17 www.solaris.it
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stimola un processo di auto guarigione e di armonizzazione.
Quando il corpo ritrova le proprie frequenze armoniose, ritrova la
salute ed il benessere. I monasteri sono immersi nel silenzio, la
musica è considerata sacra, l'intenzione è di entrare in rapporto
con le energie dinamiche presenti in natura e con le armonie
celesti. Le ciotole sonore tibetane sono la massima espressione di
queste esigenze ed uno dei mezzi più adatti per raggiungere lo
scopo. Nei monasteri, le ciotole sono utilizzate per riprodurre il
suono dell'OM, il mantra originario, il mantra della Creazione,
che secondo l'antichissima tradizione racchiude in sé tutta
l'energia dell'universo
Le ciotole sono usate nella terapia del suono per la varietà dei
suoni armonici, per la durata e la purezza del suono. L'utilizzo
delle ciotole tibetane, consente di creare una bolla energetica
intorno a sé, all'interno del quale eseguire il rituale. Molto utili
allo scopo, in mancanza di queste ultime possono essere tutti
quegli strumenti che vibrando entrano in risonanza con il corpo e
ne riequilibrano le energie. Occorre quindi portare lo strumento
(la ciotola o il tamburo) all'altezza del 4° chakra e suonarlo con il
battacchio nella mano destra rigorosamente in senso orario.
Questa posizione correla l'energia sonora dello strumento
all'energia del cuore. Lo scorrere dell'energia all'interno del corpo
fisico è regolato dal buon funzionamento dei sette chakra
principali. Questi centri vitali necessitano di essere rigenerati e
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riequilibrati ogni qualvolta il nostro stato fisico e psicologico si
debilita, segno della presenza di impurità energetiche nel flusso
dei chakra. Facendole suonare in corrispondenza dei diversi
chakra, sono in grado di riequilibrare e di riportare in armonia le
eventuali dissintonie dei punti energetici. Lo strumento si può
mettere in corrispondenza dei sette chakra, ma si può appoggiare
anche in altri punti (piedi, mani, spalle, ecc.).
I suoni prodotti agiscono anche a livello mentale, infatti le onde
meccaniche prodotte dal suono vengono percepite dalle onde
elettromagnetiche cerebrali influenzandone la frequenza e gli stati
di coscienza collegati. Questi suoni inducono un rilassamento
profondo che interviene in aiuto dello stato di benessere personale
dell'individuo riequilibrando ed energizzando il corpo dove
necessario. Queste vibrazioni vengono trasmesse sia a chi le
suona che a chi le ascolta. Grazie alla “risonanza”, quando si
percuote lo strumento, si creano delle forti vibrazioni che si
propagano lungo il braccio (se questo viene tenuto sul palmo della
mano) o lungo il punto in cui è appoggiato (nel caso ad esempio
in cui venga appoggiato sui chakra) massaggiandolo in
profondità. La risonanza si viene a creare fra lo strumento e la
persona che vi è a "contatto" (anche se indirettamente),
producendo di solito uno stato di profonda quiete interiore ed
esteriore.
Il corpo umano è un insieme di vibrazioni e onde, e se gli organi
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sono sani, vibrano alla giusta frequenza, mentre quelli ammalati
hanno una frequenza disturbata.
Secondo la Bioenergetica, bisogna comprendere la persona nella
sua corporeità, attraverso l'espressione corporea e i processi
energetici connessi. L'attenzione non è rivolta quindi solo al lato
psichico ma considera e si concentra anche sul corpo, sulle sue
posture, le tensioni, le rigidità, fino a certi blocchi muscolari che
spesso causano la malattia.
Sappiamo che le emozioni possono paralizzare o attivare; bisogna
però considerare anche le situazioni da stress, le nevrosi e tutti i
momenti critici, che in un modo o nell'altro disturbano l'equilibrio
emotivo. Anche in una sola di queste situazioni, si possono
verificare le condizioni che portano ad una serie di blocchi a
livello corporeo che impediscono alle emozioni di fluire
liberamente. Il massaggio sonoro, potrà donare effetti benefici
soprattutto per il sistema nervoso centrale; poiché questi suoni
portano il cervello a lavorare prima su onde alfa e poi su onde
theta si possono riscontrare benefici per tutti i problemi
d’insonnia e irritabilità. Le applicazioni principali che ha questo
tipo di massaggio sono: stimolare l'energia vitale, indurre il
rilassamento, combattere l'insonnia, migliorare la concentrazione,
sincronizzare l'emisfero destro e sinistro del cervello, aumentare
la creatività e migliorare la respirazione.
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7. I sette chakra
Posizione e significato dei sette chakra:18
1° chakra: muladhara o “chakra della radice”
Posizione: nella parte inferiore del bacino, tra coccige e pube
Colore: rosso
Significato: è la stabilità psichica nelle diverse situazioni della
vita, la capacità di governare gli istinti; poiché ha solo un polo,
tende ad essere un po' più grande degli altri chakra. È il chakra
con cui vengono assorbite le energie della Terra e scaricate le
tensioni eccedenti mediante l'atto sessuale.
2° chakra: svadhistana o “chakra splenico”
Posizione: metà inferiore del ventre
18 www.cure-naturali.it
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Colore: arancio
Significato: è il piacere, la gioia di vivere.
3° chakra: manipura o “chakra del plesso solare”
Posizione: metà superiore del ventre
Colore: giallo
Significato: è la capacità di agire energicamente, la volontà,
l'autostima e l'autonomia personale. In senso spirituale è l'essenza
attiva di cui siamo stati dotati.
4° chakra: anahata o “chakra del cuore”
Posizione: zona pettorale del corpo
Colore: verde
Significato: è la capacità di amare emotivamente, provare cioè un
sentimento che non parte tanto dalla mente, quanto dal cuore.
Occorre ricordare che, nella tradizione yoga, amore e ascolto sono
in stretta relazione; spiritualmente parlando, hanno la stessa
valenza.
5° chakra: vishuddha o “chakra della gola”
Posizione: nella metà inferiore del collo e a livello delle clavicole
Colore: azzurro
Significato: è la creatività, la comunicazione, la spiccata
percezione estetica. I bravi artisti, musicisti e altri servitori
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dell’arte sono persone nelle quali il vishuddha è ben sviluppato.
In senso spirituale, infatti, rappresenta la connessione con
l'altrove, l'essere in comunicazione con dimensioni che superano
l'umano.
6° chakra: adjnia o “chakra del terzo occhio”
Posizione: grande chakra che si trova al centro della fronte
Colore: indaco
Significato: è la mente tattica, razionale. In senso spirituale è il
terzo occhio, come qualità della persona è la fiducia in se stessi.
7° chakra: sahasrara o “chakra della corona”
Posizione: sopra il cranio
Colore: viola
Significato: è la capacità spiccata di pensare strategicamente, cioè
abbracciare la situazione con il pensiero; in senso spirituale è la
comunione
con
il
Divino,
in
senso
individuale
l'autorealizzazione.
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è
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SECONDA PARTE
1. Tecniche d'intervento utilizzate
19
La musica non si “prescrive”: ci sono troppe variabili perché si
possa dire quale tipo di musica agisce nel tal modo o nel tal altro.
Bisogna tener conto della personalità del paziente, dell'età, del
suo bagaglio culturale, delle sue necessità particolari, del suo
umore, del rapporto che ha con la musica e naturalmente anche
della musica stessa, con tutte le possibili combinazioni tra i ritmi,
le melodie, l'armonia, il tempo e le consistenze sonore.
La musicoterapia si serve di metodi recettivi che consistono
nell'ascoltare la musica in funzione di necessità particolari e di
metodi attivi che consistono nella diretta manipolazione di uno
strumentario musicale (o di comuni oggetti quotidiani utilizzati
con modalità sonoro/musicale) e/o anche nell'improvvisazione
vocale. In alcune sue applicazioni la musicoterapia attiva si
definisce come terapia di attivazione. Essa ruota attorno a tre poli
e cioè aiuta a scoprire i disturbi del ritmo, responsabili di molti
disadattamenti scolastici, aiuta a correggere i disturbi e partecipa
al trattamento dell'ansia, dell'inibizione emotiva e a quello delle
difficoltà di comunicazione.
19 G. Vaillancourt. Guarire a suon di musica, musicoterapia per bambini e adolescenti, ed. AMRITA,
Torino – 2006.
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Al contrario del metodo di musicoterapia recettiva, il programma
delle sedute di musicoterapia attiva non viene mai pianificato in
anticipo. Esso viene fuori dalla situazione, nasce dall'improvvisazione e dal dialogo tra paziente e terapeuta.
Durante ogni seduta di musicoterapia viene accolta la musica del
paziente senza mai giudicarla, lo si accetta così com'è; gli si offre
uno spazio in cui non deve “conformarsi” a nulla, anzi: se il
paziente è potatore di un deficit intellettivo, viene privilegiato
l'approccio comportamentale, e la musica è usata per rinforzare i
comportamenti “positivi”; in tal caso il terapeuta serve da
modello, e il paziente impara in tal modo a sviluppare delle abilità
sociali.
Vene usato ciò che il paziente porta in terapia: i suoi suoni, le sue
immagini, i suoi strumenti preferiti. Gradatamente vi si aggiungono dei motivi ritmici, si introducono nuovi strumenti e/o nuove
immagini, sicché il suo repertorio espressivo si allarga, le sue
melodie si prolungano. La musica viene adattata al suo livello di
sviluppo.
2. Analisi del caso e colloquio con la famiglia
Gianni oggi frequenta il secondo anno della scuola dell'infanzia,
nella sua sezione è presente un altro bambino con certificazione ai
sensi della legge 104/92.
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G. è affetto da epilessia non specificata accompagnata da assenza
del linguaggio parlato associata ad un evidente ritardo dello
sviluppo cognitivo. Il linguaggio è allo stadio di lallazione
prolungata e all'emissione di monosillabi.
Gianni si presenta inquieto e in continuo “sfarfallamento”,
incurante del pericolo, del tutto privo del controllo delle
emozioni, è aggressivo nei confronti degli altri soprattutto dei pari
con i quali non riesce ad avere nessun tipo di rapporto.
Ha un fratello maggiore con il quale ha grosse difficoltà di
relazione, una nonna materna alla quale è particolarmente legato e
una zia materna che sembra adorare e alla quale, mi viene riferito
dalla nonna, dà particolarmente ascolto.
Dopo un breve colloquio con la neuropsichiatra e l'educatrice
dell'ASL che l’hanno in carico, concordiamo che per Gianni
potrebbe essere utile intraprendere un percorso di musicoterapia,
quindi lo propongo alla famiglia che accetta senza entusiasmo.
Gli incontri si terranno nei locali della scuola durante le ore
scolastiche in orario mattutino con cadenza settimanale.
Anche le insegnanti di sezione accettano senza entusiasmo
l'iniziativa e s’impegnano a liberare allo scopo un'area della
sezione e a spostarsi per quell'ora nella palestra insieme al resto
della classe (visto che per Gianni ho pensato ad una terapia
individuale, almeno nella fase iniziale per poi passare ad inserirlo
nel piccolo gruppo).
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Decido poi di avere qualche informazione circa i gusti musicali
del bambino e/o della famiglia e le loro abitudini sonoro/musicali
e per questo contatto la nonna materna che trascorre con lui molte
ore tutti i giorni e che sembra la più interessata alle mie proposte.
La nonna mi dice che Gianni non ascolta musica, neppure quella
dei cartoni animati e che in casa la musica non viene proposta in
nessun modo. Mi rendo conto che è molto difficile avere un
quadro realistico delle abitudini sonore familiari, spesso il nostro
mondo sonoro è molto più ricco di quello che immaginiamo. A tal
proposito non dimenticherò mai la figlia di una mia conoscente
che si addormentava placidamente al suono dell'aspirapolvere o il
bambino della vicina di casa che si calmava con quello
dell'asciugacapelli.
Dopo ulteriori domande più specifiche la nonna ricorda che
quando Gianni era neonato lo teneva tra le braccia e gli cantava
una ninna nanna per farlo addormentare (della ninna nanna mi
canta il motivetto e mi scrive le parole su di un pezzetto di carta).
Ho un punto di partenza, non è molto ma adesso so che un certo
tipo di musica probabilmente evocherà in lui uno stato di
rilassamento.
Informo i genitori che ho programmato per lui 16 incontri
individuali e se ce ne sarà la possibilità altri 4 con un piccolo
gruppo di compagni. La durata di ciascun incontro sarà calibrata
sui bisogni di G. Il progetto sarà adattato al contesto e
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l'atteggiamento del terapeuta cambierà a seconda di esso. Il
terapeuta lavorerà sull'ascolto attivo per capire e comprendere
come G. ascolta; lavorerà sulle emozioni, reazioni, risposte fisiche
e psichiche all'ascolto e quindi sui processi cognitivi, evocativi,
associativi e interpretativi. Anche dopo il primo colloquio la
famiglia si mostra poco interessata ma questo non mi scoraggia,
anzi la vivo come una vera sfida.
3. Il progetto
La scuola italiana in qualche modo ha preso atto dell'efficacia
della musicoterapia riconoscendole la caratteristica di “disciplina
specialistica”. Nei programmi didattici per la scuola elementare
(D.P.R. 12 febbraio 1985, n.104), nella sezione dedicata
all'Educazione al suono e alla musica – Indicazioni didattiche,
infatti si legge: “Nell'ambito delle attività di educazione al suono
e alla musica è da tenere presente il valore che possono assumere
eventuali interventi specialistici di musicoterapia rivolti a soggetti
in situazione di handicap”.
La scuola pubblica italiana non ha mai avuto i mezzi, le strutture
e gli strumenti per attivare laboratori “seri” di musicoterapia. Così
alle dichiarazioni d'intenti, certamente apprezzabili, non sono mai
seguiti i fatti e non vi è stato nelle successive Indicazioni
Nazionali (Legge 28 marzo 2003, n. 53) e Indicazioni per il
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curricolo (2007) l'auspicato approfondimento della materia che,
anzi, appare quasi del tutto abbandonata.
4. Obiettivi

Migliorare il benessere psico-fisico, ottenere un suo rilassamento e le armonizzazioni delle sue funzioni primarie come
il respiro e il battito cardiaco.

Fargli provare benessere fisico e mentale cercando di farlo
rilassare attraverso la voce, la respirazione e il massaggio
corporeo-sonoro.

Limitare al minimo i comportamenti problema favorendo
l'apertura di canali di comunicazione tra musicoterapista e
paziente attraverso l'uso di strumenti intermediari.

Usare il suo modo di comunicare sintonizzandosi empaticamente con lui.

L'integrazione di G. in uno spazio nuovo e positivo dove la
percezione di sé e degli altri si modifica coinvolgendo sia la
sfera emotivo-affettiva che quella cognitiva e della
motivazione.

Lavorare sul “portare a termine una consegna” o un'attività
che si sta svolgendo.

Fargli rispettare il suo turno e quello della musicoterapeuta
con varie regole.
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
Abituarlo all' ascolto della sua voce, facendogli imparare ad
usarla anche nei toni meno acuti.
5. Il setting
Purtroppo, nonostante le varie promesse delle maestre, le sedute
di musicoterapia non si sono tenute nell'area concordata
precedentemente ma nella palestra, dove temevo che gli attrezzi
e le strutture presenti che non potevo assolutamente spostare,
fossero per Gianni un fattore di distrazione
Siccome la palestra è molto grande e alquanto dispersiva è stato
individuato un angolo abbastanza sgombro di materiale ed è stato
circoscritto con cuscini e cubi di psicomotricità. Per un bambino
come Gianni, disturbato nel comportamento ed eretticamente
molto inquieto, questa disposizione rappresentava, come invito
non verbale, la delimitazione del suo terreno di corsa. Per
distorglierlo dal suo correre stereotipato, sono stati messi dei
tamburi e dei bongos che facevano da ostacolo lungo il suo
percorso; in questo modo al correre stereotipato di Gianni
venivano frapposte interruzioni. I pochi minuti durante i quali
inizialmente stava seduto o seguiva un'attività guidata, sono
aumentati e nel giro di tre sedute è diminuito vistosamente il
tempo dedicato alla corsa per cessare del tutto verso la decima
seduta.
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Al centro dell'area delimitata dai cuscini sono stati posizionati due
materassini, sono stati sistemati in un angolo un tavolino con il
lettore CD e a fianco del tavolino una valigia di cartone
contenente gli strumenti e i materiali di vario genere utilizzati
nelle sedute.
Tutto sommato questi accorgimenti hanno reso il setting piuttosto
accogliente e vivace e la sua posizione lontana dalle sezioni si è
rivelata quantomai strategica perché isolata da qualsiasi
interferenza sonora proveniente dall'esterno.
Il tutto veniva preparato accuratamente prima di ogni seduta dalla
terapeuta che così poteva apportare gli opportuni cambiamenti nel
caso in cui le condizioni o i feedback della seduta precedente lo
rendessero necessario.
6. Strumenti, materiali e metodi
20
Benenzon
propone
la
seguente
classificazione
dello
strumentario impiegato in ambito musicoterapico:

strumenti corporei: il corpo è il primo strumento musicale di
cui dispone l'uomo. L'etnomusicologo Curt Sachs individua
differenti strumenti racchiusi nel nostro corpo: idiofoni
(ogni parte del corpo può produrre un suono attraverso il
battere, il percuotere); membranofoni (ogni parte del corpo è
dotata di una membrana capace di vibrare); aerofoni (il
20 A. Pace, K. Calvi, I. Popaioannou, T., Mercandel, S. Stefanato. Musicoterapia psicopedagogica –
Educare, integrare e curare con l'arte dei suoni. Trieste, 2010. Luglio ed.
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suono prodotto dal passaggio dell'aria attraverso la laringe e
le corde vocali);

strumenti naturali: si tratta delle sonorità prodotte dagli
elementi della natura con o senza l'ausilio dell'uomo;

strumenti quotidiani: sono gli oggetti di ogni giorno il cui
utilizzo può produrre diverse “sonorità”;

strumenti creati: si intendono gli strumenti che possono
derivare dalla combinazione o dalla modificazione delle
categorie sopra descritte;

strumenti musicali propriamente detti: sono gli strumenti
costruiti dall'uomo con finalità esclusivamente musicali;

strumenti elettronici ed informatici: si tratta di apparecchiature che consentono una diretta ed approfondita
manipolazione dell'elemento sonoro.
Non si deve dimenticare che quando parliamo delle sonorità
prodotte dal corpo dobbiamo includere anche lo strumento voce.
Così nelle diverse attività proposte è data l'occasione al bambino
di vocalizzare in modo libero e spontaneo. Ciò ha permesso, in un
continuo dialogo vocale, di allargare il repertorio espressivo tanto
nel registro quanto nelle sfumature e negli intervalli melodici.
Oltre allo strumento corporeo sono stati usati strumenti quotidiani
come fischietti, barattoli di latta e cucchiai di legno e strumenti
musicali propriamente detti facenti parte dello strumentario Orff
(cimbali, piattini a dita, piatti e piatti sospesi, triangoli di varie
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grandezze, sonagli, maracas, nacchere, tamburi, tamburelli,
bongos, flauto dolce soprano, mettallofoni e xilofoni...) che per le
loro caratteristiche possono essere suonati immediatamente e con
estrema facilità fin dalla scuola materna, eliminando quindi ogni
problema relativo all'acquisizione di tecniche strumentali e
fornendo quindi una immediata gratificazione.
Per quanto riguarda il “materiale vario”, negli incontri sono stati
adoperati stoffe di vario tipo, dimensione e colore, materassi e
cerchi di psicomotricità, bolle di sapone, bacinella con acqua e
cannucce colorate e riproduttore cd.
7. Come si svolge la seduta
La seduta per Gianni è così strutturata: all'inizio vi è un momento
di accoglienza, con una “canzone di benvenuto”, solitamente la
stessa, (Buongiorno buongiorno) e si conclude con una “canzone
di arrivederci” personalizzata in modo da creare un rito di
apertura e di chiusura.
Il secondo momento è basato sul massaggio sonoro. Inizialmente
il massaggio sonoro veniva eseguito attraverso leggeri movimanti
tipo cullamenti accompagnati dal canto di una melodia senza
parole simile ad una ninna nanna africana solo successivamente
(e cioè al 9° incontro) G. ha accettato di lasciarsi andare e farsi
appoggiare le barre sonore sul corpo mostrando di apprezzare
questa tecnica attraverso il contatto visivo molto intenso e il
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palpabile rilassamento di tutta la muscolatura. La percezione della
vibrazione attraverso il corpo è stata di grande impatto e
soddisfazione per Gianni e anche per la terapista.
Sempre per favorire il rilassamento e il superamento di tensioni si
è rivelato di grande utilità fargli acquisire le modalità per una
corretta respirazione. Forme regolari ed ampie di inspirazione ed
espirazione favoriscono un'integrale ossigenazione del sangue,
contribuiscono a regolare il battito cardiaco, il rilassamento dei
muscoli e quindi a promuovere situazioni di quiete, tranquillità e
benessere fisico. A questo scopo sono state utilizzate sempre
attività diverse per mantenere viva la sua attenzione e raggiungere
di volta in volta lo scopo desiderato:

Soffiare le bolle di sapone al termine di un motivetto senza
parole.

Soffiare tentando di pronunciare alcune consonanti.

Soffiare su un foglio di carta colorato tenuto con due mani
all'altezza della bocca.

Soffiare su una candelina accesa al termine della canzone
Tanti Auguri a te.

Soffiare sui colori (far cadere alcune gocce di tempere di
colori diversi su un foglio di carta e poi soffiare con una
cannuccia creando effetti policromi di grande efficacia).

Fare bolle nell'acqua usando una cannuccia.

Soffiare nel fischietto del vigile e nel flauto dolce.
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Sappiamo che la musica offre un inestimabile sostegno per
imparare una lingua, perché precede il linguaggio parlato; esiste
ben prima delle parole. Il linguaggio musicale, che comprende
anche i primi suoni, le intonazioni, le sfumature e i vocalizzi del
bambino, si manifesta molto prima del linguaggio verbale,
quando il piccolo tenta di comunicare con le persone che gli
stanno attorno. I neuropsicologi che conducono ricerche nel
campo della musica tendono a sostenere che essa è un linguaggio
innato, e che le sue strutture sono già presenti prima ancora della
nascita.21
Per facilitare l'apertura di un nuovo canale di comunicazione tra
G. e il terapeuta ogni incontro prevedeva un momento dedicato
all'uso specifico della voce. Lasciando che la voce si esprima,
cominciando ad allungare i suoni delle vocali, ai quali andranno
poi ad aggiungersi altri suoni, si dà l'occasione al bambino di
vocalizzare in modo libero e spontaneo; questo nel tempo può
diventare un divertente dialogo vocale che permetterà di allargare
il repertorio espressivo tanto nel registro quanto nelle sfumature e
negli intervalli melodici. Permettere al bambino di esprimersi
senza condizionamenti ha senz'altro un valore liberatorio, il che
ha un valore quantomai positivo. Vengono attenuati o distrutti,
nell'ambito di una pedagogia non coercitiva, condizionamenti e
repressioni che il più delle volte sono la causa di atteggiamenti
21 G. Vaillancourt. Guarire a suon di musica. Torino, 2006 Ed. Amrita s.r.l.
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nevrotici,
di
blocchi
incomprensibili,
di
psichici,
ritardi
ed
di
rifiuti
anche
di
apparentemente
forti
difficoltà
nell'apprendimento22. In questi casi un linguaggio alternativo di
forte carica liberatoria come è quello musicale può risultare molto
valido. Gli esercizi e i giochi di vocalizzazione proposti sono
stati:

emissione di vocali su note libere;

giochi labiali: imitare il suono di un motore che lentamente
si avvicina per poi riallontanarsi;

giocare con la lingua: fare ballonzolare la lingua dentro e
fuori dalla bocca, dapprima arrovesciandola per poi farla
uscire dalla bocca;

imitare il ronzio delle api cercando di aumentarne e
diminuirne l'intensità;

gridare, portare il grido fino all'urlo, tenerlo abbastanza
prolungato, diminuirlo poi lentamente fino al silenzio.
(questo esercizio provoca un forte senso di liberazione e al
tempo
stesso
richiede
una
notevole
capacità
di
autocontrollo).
Una parte piuttosto cospicua è poi dedicata all'improvvisazione
strumentale che consiste nell'usare strumenti musicali per
esprimersi in modo spontaneo. Lo strumentario Orff, com’è già
stato detto in precedenza, presenta una straordinaria gamma di
22 S. Freud, Totem e tabù, Roma, 1969. Avanzini e Torraca.
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possibilità sonore, grazie a strumenti adatti ai bambini: xilofoni,
metallofoni, legnetti, flauti dolci, tamburelli, triangoli e così via.
Gli
strumenti
devono
rispettare
il
sistema
uditivo
del
paziente/bambino ed essere di buona qualità, perché buona parte
della loro forza attrattiva risiede proprio nel piacere di servirsene.
Il musicoterapeuta non attribuisce un significato alla musica che
viene suonata; lascia che sia il bambino a dargliene uno ma resta
presente al gioco musicale del bambino, lo sostiene e lo contiene.
Per quanto possibile, si è fatto in modo che fosse proprio Gianni a
“dirigere” la seduta di musicoterapia, pur mettendo dei limiti. G.
si è sentito libero di esprimersi in modo spontaneo così da fare in
modo che potesse canalizzare le proprie emozioni in modo
costruttivo. Se dal principio c'è stato un categorico rifiuto dello
strumento, qualunque esso fosse, piano piano, G. si è avvicinato
dapprima al flauto dolce, poi ai sonagli ecc. fino ad arrivare a
suonare con tutti gli strumenti che gli venivano offerti provando
un evidente piacere. L'effetto catartico che G. ha provato a seguito
dell'utilizzo delle percussioni è stato talmente forte che
inizialmente ho temuto fosse in prossimità di una crisi epilettica.
8. Verifica e documentazione
Al termine di ogni incontro la terapista redige una scheda della
seduta annotando gli aspetti emersi quali:

strategia ideata per la seduta
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
prima reazione di G. entrando nel setting

consegne verbali e non verbali

attività proposte e risposte di G.

strumenti usati e modalità di utilizzo

oggetto intermediario

il repertorio (le varie canzoni usate e le musiche registrate)

il contatto fisico e visivo

comunicazione ed interazione

il bambino accetta le proposte e propone?

come vive il silenzio?

l'ascolto musicale e la motivazione della scelta

la modalità d'ascolto del bambino (atteggiamenti, posture,
tipi di movimenti scelti, stereotipie...)

il rapporto con il terapeuta

la conclusione della seduta

sensazioni del terapeuta
Ad ogni nuovo incontro, la terapista rilegge la scheda per cercare
di ricominciare da dove si era rimasti.
Spesso è stato necessario modificare drasticamente la struttura
della seduta stessa.
Cito una frase di G. Orff che mi è stata di fondamentale aiuto nei
momenti più difficili.
”Il terapeuta deve decidere, deve anzi decidere prima quale
materiale impegnare ed esplorare, e in quale senso. Previa
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accurata preparazione lo metterà conseguentemente in atto. Nel
suo lavoro di preparazione dovrà superare o sbarazzarsi in
continuazione dei propri ostacoli e barriere, particolarmente
quando, trovandosi di fronte a difficili casi di gruppi o di singoli,
avrebbe voglia di dire: “Qui non c'è proprio niente da fare”. Ma
proprio in simili casi gli sarà di vantaggio il deciso impegno della
sua forza di immaginazione e d'inventiva, con cui si potranno
aprire nuove strade, utili a lui e di conseguenza al bambino. Non
esiste nessun caso, io credo, in cui non ci sia niente da fare; un
sorriso, o anche solo l'accenno di un sorriso ripaga la fatica“.
8.1. Protocollo seduta n.1
Data: 10 gennaio 2012
Durata: 15 minuti
Strategia ideata: Non spiego niente ed inizio a cantare, lo lascio
libero di esplorare il setting, metto a terra degli strumenti.
Strumenti del setting: tamburi e bongos. Un flauto dolce soprano
di color arancione (colore molto amato da G.)
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Stato affettivo di G.: Molto irrequieto e diffidente, sembra non
capire cosa voglio fare.
Primi strumenti usati: Tamburo ed flauto.
Modalità di utilizzo: Gianni inizia a battere il tamburo con le
mani poi lo lancia lontano. Successivamente vede il flauto, lo
porta alla bocca e ridendo me lo butta in faccia poi scappa via
urlando.
Contatto fisico e visivo: G. non guarda mai negli occhi la terapista
ma ad un certo punto le da la mano e la segue passeggiando per la
stanza.
Repertorio: Canzone di benvenuto, passeggiamo trallallà, la bella
lavanderina e Wa Wa.
Descrizione dell'aspetto corporeo: G. corre in punta di piedi
allargando le braccia, batte sul tamburo molto energicamente e
porta delicatamente il flauto alla bocca. Scoppia in una fragorosa
risata.
Rapporto con la terapista: Si lascia cullare in un delicato
massaggio sonoro, poi per mano passeggia evidentemente
incuriosito dall'esperienza, per lui del tutto nuova.
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Conclusione della seduta: Dopo circa 15 minuti provo ad
accendere il lettore CD ma al primo suono G. si tappa le orecchie ,
scappa saltando i cuscini ed esce dalla palestra.
Riflessioni:
Nonostante la diffidenza iniziale e l'evidente imbarazzo nei
confronti degli strumenti e del loro suono, G. si affida alla
terapista lasciandosi guidare dal suono della sua voce cantata in
uno stato di grazia che non gli è abituale. Tutto sommato
questoprimo incontro è piuttosto soddisfacente.
Il canto è il canale privilegiato per potere entrare in risonanza con
G.
8.2 - Protocollo seduta n. 5
Data: 7 febbraio 2012
Durata: 40 minuti
Strategia ideata: Dopo il canto di benvenuto e il massaggio
sonoro utilizzo un foulard rosso come oggetto intermediario. Non
do consegne verbali e limito al minimo ogni indicazione.
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Strumenti del setting: Tamburello basco e flauti
Stato affettivo di G.: E' molto ben disposto, sereno e positivamente
eccitato.
Strumenti usati: non ne vuole proprio sapere del tamburello basco
che lancia lontano poi appena mi sente suonare il flauto sulle note
di una ninna nanna a lui molto gradita prende il suo flauto e lo
lancia.
Contatto fisico e visivo: resta in braccio alla terapista
appoggiandole una mano sulla gola e l'orecchio sul petto. Qualche
sguardo sfuggente durante il canto di “questo è l'occhio bello”.
Repertorio: Buongiorno, I Nani, Dondola, Questo è l'occhio bello.
Descrizione dell'aspetto corporeo: Privilegia il contatto fisico, sta
seduto e sdraiato per la maggior parte della seduta.
Rapporto con la terapista: Dimostra di apprezzare molto i
momenti di canto durante i quali si rilassa distende il volto e tutta
la muscolatura., il rapporto di fiducia sembra aumentato.
Conclusione della seduta: Accendo il lettore CD, cambio
repertorio ma G. non ne vuole proprio sapere. Non scappa ma con
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il gesto di basta mi comunica che non intende più continuare la
seduta.
Riflessioni: Forse il mio accanimento nel proporgli musica
registrata è eccessivo e controproducente. Fino ad oggi G. ha
accettato quasi tutte le mie proposte ma sembra ancora piuttosto
diffidente nei confronti degli strumenti musicali.
8.3. Protocollo seduta n.10
Data: 27 marzo 2012 (dopo due settimane di assenza da scuola)
Durata: 40 minuti circa
Strategia ideata: Lasciarlo libero di scegliere lo strumento e di
decidere cosa fare.
Strumenti del Setting: legnetti, xilofoni, nacchere, tamburi,
tamburelli, bongo, piatti, triangoli, maracas, guiro; (gli strumenti
sono sistemati al centro del setting, dentro ad una valigia di
cartone).
Stato affettivo di G.: è molto agitato, appena capisce che è l'ora
della musicoterapia corre verso la palestra dove si tengono le
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sedute emettendo dei gridi molto acuti. Non riesce a calmarsi e
ride sonoramente per circa 10 minuti.
Primi strumenti usati: G. viene subito attirato dal guiro. Dopo
qualche minuto lancia in aria il guiro per suonare il tamburo.
Modalità di utilizzo: porta il guiro alla bocca e lo suona con i
denti, poi lo fa rotolare a terra e lo rincorre. Percuote il tamburo
con una tale intensità che sembra volerlo rompere.
Contatto fisico e visivo: non c'è nessun contatto visivo lo sguardo
vaga lontano, G. non accetta il contatto fisico, utilizzo l'oggetto
intermediario (una pallina di spugna rossa e un foulard verde).
Repertorio: Dondola, Ballon, In montagna salirò, Sfoglia
sfoglina, gira il mulino.
Descrizione dell'aspetto corporeo: molto rigido e contratto non
riesce proprio a rilassarsi, i movimenti sono bruschi e frenetici.
Rapporti con la terapista: fatica ad accettare le proposte, non
rispetta il turno, G. è nel suo mondo e non si cura della mia
presenza.
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Conclusione della seduta: Senza un motivo apparente G. mette il
tamburo dentro la valigia ed esce dalla stanza.
Riflessioni: Forse G. desiderava tanto questo momento dopo due
settimane di assenza da scuola che la forte emozione lo ha
sopraffatto facendolo ripiombare in alcuni dei suoi comportamenti
stereotipati (sfarfallamento, urla e risate). Il segno positivo è che
il tamburo ha avuto il suo effetto catartico, G. dopo averlo suonato
si è calmato, lo ha riposto nella valigia (evento straordinario che
non si era mai verificato e non si è più ripetuto nelle sedute
successive) ed è uscito dalla stanza camminando tranquillo.
8.4. Protocollo seduta n.16
Data: 15 Maggio 2012
Durata:30 minuti
Strategia ideata: gli faccio capire che può guidare lui la seduta e
che io lo supporterò in tutto quello che intenderà fare.
Strumenti del Setting: tutti gli strumenti di sempre.
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Stato affettivo di G.: sicuro di sé e molto disinvolto, tranquillo e
disteso.
Primi strumenti usati: flauto e triangolo.
Modalità di utilizzo: G. ormai utilizza tutti gli strumenti in modo
corretto e prova molto piacere nel sentirli vibrare nelle sue mani.
Contatto fisico e visivo: mi guarda spesso per assicurarsi che io lo
stia guardando, mi chiede di venire in braccio per essere cullato e
cantare insieme a me.
Repertorio: Gli indiani, nella vecchia fattoria, ric e rac, dondola,
In montagna salirò, la bella lavanderina.
Descrizione dell'aspetto corporeo: completamente rilassato e a
proprio agio, maneggia gli strumenti con sicurezza e grande
proprietà.
Rapporti con la terapista: chiede risposte sonore e di attenzione
alle sue proposte strumentali e vocali.
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Conclusione della seduta: Un suono proveniente dal corridoio ha
improvvisamente catturato la sua attenzione e con grande
naturalezza è uscito dalla stanza.
Riflessioni: forse questa è la seduta più positiva e coinvolgente
per entrambi, ci sono stati vari momenti di silenzio (che sono una
rarità per G.) voluti da G., momenti molto intensi durante i quali il
dialogo non si è fermato ma ha acquistato ancora maggior valore
grazie alla possibilità che G. mi ha dato di ascoltarlo e di
accoglierlo non per giudicarlo o tantomeno tollerarlo ma per
reagire e interagire con lui.
9. Un mese in più
Le sedute di musicoterapia che erano state programmate per G.
sono terminate con il 16° incontro e tutto sommato sono stati
ottenuti dei risultati abbastanza soddisfacenti.
La nonna e la mamma mi hanno più volte riferito che G. chiedeva
di essere accompagnato a letto e intonava una ninna nanna che
desiderava ascoltare dalla loro voce della prima di addormentarsi.
A scuola le insegnanti mi hanno detto che nel momento dedicato
alle canzoncine Gianni era molto partecipe e addirittura coinvolto
al punto da tentare di compiere i movimenti che queste ultime
richiedevano. Cosa ancor più sbalorditiva, finalmente Gianni
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riusciva ad ascoltare la musica registrata e restare nella stanza
senza scappare.
Verso la fine del mese di maggio mi è stato comunicato che G.
avrebbe frequentato un centro estivo per tutto il mese di luglio e
che io sarei stata la sua educatrice per cinque ore mattutine.
Sull'onda dei successi ottenuti con lui ho deciso di dedicare
un'ora tutte le mattine alla musica per continuare il percorso
musicoterapico iniziato a gennaio.
Il centro che ci avrebbe ospitato per il mese di luglio era dotato di
una stanza di musica con pianoforte, chitarra e piccoli strumenti a
percussione. Ottenuto il consenso dalla coordinatrice e effettuato
un veloce sopralluogo ho portato la mia valigia degli strumenti e
tutto il materiale che avevo utilizzato durante l'anno con Gianni.
Nonostante l'ambiente fosse del tutto nuovo, i nuovi compagni e
le nuove maestre grazie alla musica Gianni è riuscito a trascorrere
quattro settimane di estrema serenità.
Ogni mattina, dopo la merenda era proprio lui a condurmi
nell'aula di musica. Questo spazio così ben strutturato e la
presenza del pianoforte ci ha dato dei nuovi input e una nuova
voglia di fare.
23
L'obiettivo che mi sono prefissata allora è stato quello relativo
all'ascolto e all'attenzione. Ascoltare è la presa di coscienza del
messaggio sonoro che impegna il nostro essere al completo e
23 F. Bianchi, A. D'Arcangelo, Francesco e la chiave del suo mondo, Ed. Paoline, Milano, 2010.
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presuppone un impegno globale. Ascoltare veramente vuole dire
essere tesi verso il fenomeno sonoro e partecipare attivamente per
riceverlo, per interpretarlo e interiorizzarlo.
Per essere attento Gianni è necessario che sappia ascoltare e che
quindi partecipi e si sforzi a ricevere quello che gli viene
proposto.
Il musicoterapeuta è preparato ad ascoltare e accogliere le voci, i
gesti, le emozioni al di là delle parole che vengono e non vengono
dette. L'ascolto è fatto di accoglienza incondizionata che riesce a
guidare il paziente verso il superamento delle sue convinzioni e
delle sue difficoltà di lettura delle posture, di respirazione, di
essere sul piano energetico nella relazione con gli altri, con il
mondo e con se stessi.
Tutto ciò che è ascolto arriva a noi attraverso il fenomeno
acustico della risonanza.
Il risuonatore primo che l'essere umano conosce è se stesso.
Ciascuno di noi è stato concepito ed è cresciuto nella risonanza
del grembo materno. Il nostro corpo, infatti, impara a vibrare nel
convibrare del corpo materno: una risonanza nella risonanza.
Il vibrare dell'ascolto della voce che parla, che canta, che grida o
sussurra, è il vibrare stesso delle emozioni.
Ascoltare, ossia “l'esserci al mondo”, è legato alla qualità delle
emozioni, alle relazioni interpersonali che riguardano la vita di
ogni essere umano, prima ancora che egli nasca.
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Ascoltare è un gesto di volontà, di intenzionalità consapevole.
L'ascolto di Gianni attraverso il canto di semplici melodie o il
suono del pianoforte e la risonanza, ponendolo sulle mie
ginocchia e successivamente sulla cassa armonica del pianoforte,
mi hanno permesso di stabilire nei suoi confronti un ascolto
empatico. Così facendo è sorta in Gianni la curiosità sempre
maggiore nei confronti dei suoni e questa è la condizione basilare
per creare un cammino nuovo che porta verso nuove direzioni.
Gianni ha sempre cercato le vibrazioni degli strumenti e della mia
voce ed ora la cassa armonica del pianoforte per lui è stata
un'esperienza veramente molto potente; abbiamo iniziato a
risuonare insieme, io sui tasti e lui appoggiato alla cassa
armonica. Era talmente rapito dall'ascolto del suono e della
musica che restava appoggiato al pianoforte per tempi molto
lunghi.
Riporto qui di seguito una pagina del diario che scrivevo ogni
giorno al termine della mattinata passata in compagnia di G.
23/07/2012
Questa mattina Gianni è arrivato molto agitato, non vuole
staccarsi dalla mamma e si nasconde il volto per non guardarmi e
non farsi guardare. Appena la mamma è uscita dalla scuola G. si
è nascosto dietro ad un armadietto e non ne vuole sapere di
uscire.
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Piano piano e con molta pazienza l'ho convinto a seguirmi e
insieme, mano nella mano, abbiamo raggiunto gli altri bambini
che stavano facendo colazione. Il momento della colazione è
passato senza particolari problemi, Gianni è sempre rimasto sulle
mie ginocchia ma il suo volto è tirato e i suoi muscoli sono
estremamente contratti. Appena terminata la colazione Gianni
incomincia ad urlare, a correre e spingere tutti i bambini che si
trovano sul suo percorso, si toglie le scarpe e le getta fuori dalla
finestra poi mi guarda di sfuggita e si mette a piangere.
Raccolte le scarpe lo porto nell'aula di musica e mi siedo a terra,
non so bene cosa proporgli, non ho le barre sonore che mi erano
state gentilmente prestate da una conoscente e quando sto
pensando di proporgli un massaggio sonoro con il tamburo, mi
accorgo che G. è abbracciato al pianoforte.
Mi siedo e inizio a suonare “Per Elisa”, il suo brano preferito.
Finito di suonare guardo G., è calmo e rilassato, a questo punto
lascio a lui la possibilità di guidare la seduta. Gianni mi fa cenno
di uscire dalla stanza, la seduta è finita, lo scopo raggiunto. G. ha
trovato la serenità per tornare con i compagni e per oggi questo
gli è sufficiente.
La mattinata è proseguita in scioltezza.
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11. Riflessioni conclusive
Grazie alla musica si è creato un legame intenso tra me e Gianni e
per lui questo è diventato il luogo d’incontro tra il mondo verbale
e quello non verbale.
Secondo Carl Rogers “l'empatia è sintonia con un altro essere
umano, significa provare le sue emozioni come se si fosse l'altro.
E' entrare temporaneamente nei suoi panni, senza però
identificarsi, cioè senza dimenticare di essere altro da lui. In tal
modo ci sarà quella risonanza che consente la reale comprensione
ma si eviterà un eccessivo coinvolgimento che precluderebbe ogni
intervento terapeutico”24.
Per facilitare l'apprendimento e il cambiamento di Gianni, è stata
necessaria un'intensa relazione di fiducia, ovvero una relazione
empatica. Utilizzando l'osservazione partecipe, ho analizzato G.
interagendo con lui sin dal primo momento per ottenere i
feedback necessari per calibrare l'intervento, istante per istante,
adeguandomi ai suoi tempi di risposta.
Sono profondamente convinta che con il tempo anche Gianni
riuscirà a sviluppare appieno la sua identità sonora e di
conseguenza incomincerà a conoscere sempre meglio sé stesso e
l'improvvisazione diventerà il mezzo per “farsi sentire” in un
modo diverso e accettato socialmente.
24 M. Scardovelli, Il dialogo sonoro, Cappelli, Bologna 1992.
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Impariamo a credere che in ogni creatura sfortunata si nasconda
un tesoro, che noi “normali” abbiamo il dovere di cercare,
decifrandone il codice segreto. Una volta trovata la chiave di
lettura, con serenità, con estremo amore e disponibilità,
dobbiamo aprire quel “magico forziere” per permettere alle
capacità nascoste (cantare, suonare, dipingere, far di conto,
scrivere, fare sport o semplicemente amare e socializzare) di
manifestarsi25.
25 F. Bianchi, A. D'Arcangelo- Francesco e la chiave del suo mondo- autismo e musicoterapia. Paoline,
Milano 2010
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11. Bibliografia
- A. M. Russo, Viaggio nel silenzio. Tesi finale di specializzazione
in Musicoterapia, U. E. Jean Monnet, 2008 – Istituto MEME.
- R. Benenzon, Manuale di musicoterapia, Borla, Roma, 2005.
- G. Orff, Musicoterapia-Orff, Cittadella Editrice, Assisi, 2005.
- A. Pace, K. Calvi, I. Popaioannou, T. Mercandel, S. Stefanato.
Musicoterapia psicopedagogica, Luglio ed., Trieste, 2010.
- S. Guerra Lisi, Il metodo della globalità dei Linguaggi, Borla
ed., Roma, 1987.
- Leonardo De Angelis, Energia e terapia in musica, Franco
Angeli, 2000.
- O. Sachs, Musicofilia, Adelphi, Milano, 2008.
- G. Vaillancourt, Guarire a suon di musica, musicoterapia per
bambini e adolescenti, ed. AMRITA, Torino – 2006.
- S. Freud, Totem e tabù, Roma, Avanzini e Torraca, 1969.
- M. Scardovelli, Il dialogo sonoro, Cappelli, Bologna, 1992.
- F. Bianchi, A. D'Arcangelo - Francesco e la chiave del suo
mondo - autismo e musicoterapia. Ed. Paoline, Milano 2010.
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12. Sitografia
 www.wikipedia.it
 www.roheampton.ac.uk
 www.musictherapy.ca
 www.musictherapy.org
 www.psychotherapie.org
 www.solaris.it
 www.cure-naturali.it
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