Istituto MEME: Dal "Corni" ad OLOGRAMMA

Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
Dal "Corni" ad OLOGRAMMA
un breve percorso un lungo cammino
Scuola di Specializzazione:
Relatore:
Contesto di Project Work:
Tesista Specializzando:
Musicoterapia
Dott.ssa Roberta Frison
IPSIA Fermo Corni, Modena
Daniele Cavedoni
Anno di corso: Primo
Modena: 5 - 06 - 2010
Anno Accademico: 2009 – 2010
ISTITUTO MEME S.R.L.- MODENA ASSOCIATO UIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONNET A.I.S.B.L. BRUXELLES
Daniele Cavedoni - SST in Musicoterapia (1°anno) A.A. 2009/2010
“gli uomini hanno in ogni epoca fatto musica
senza darsene una spiegazione”
Arthur Schopenhauer
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Daniele Cavedoni - SST in Musicoterapia (1°anno) A.A. 2009/2010
Indice dei Contenuti
Premessa
3
Il luogo (per me)
4
Il luogo (per loro)
5
Attività di musicoterapia "ilcorni"; I MUSICI:
6
LA MUSICA (per me)
7
Gli attori, percorsi individuali nel gruppo
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Le tecniche, le applicazioni musicali
21
Ologramma e conclusioni
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Bibliografia – Sitografia
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Premessa
In questa tesi non vorrò sottoporre al lettore dimostrazioni scientifiche, tabelle esplicative,
parallelismi e o attraversamenti di altre discipline.
Non parlerò di altezza delle note, durata, armonie, vibrazioni e ritmi, le geometrie musicali
saranno triangolate più con l'ironia che con la scienza.
Il mio vorrà essere un percorso più emozionale, più interno, più soggettivo, la musica è per me
un’arte, e come tale la vorrò indicare.
I ragazzi che fanno parte del percorso, non tutti, avranno parallelismi con artisti del passato e
del presente.
Il percorso musicoterapico destinato a ragazzi delle scuole medie inferiori e superiori si è
basato più sull'istinto di relazioni umane che su fondamenti di musicoterapia scientifica, gli
strumenti che sono stati utilizzati sono per la maggior parte lo strumentario Orff, composto da
piccole percussioni, timpani, xilofonici diatonici, tamburi, tamburelli baschi, campanacci,
triangoli, piatti, legni, ecc...
Personalmente mi son trovato in un piccolo imbarazzo perché non amo particolarmente ne
l'utilizzo di strumenti esclusivamente ritmici ne l'ascolto di musica molto ritmata.
Non ho voluto escludere dal percorso l'utilizzo passivo della musica, ogni essere umano ha nel
proprio vissuto esperienze musicali, l'ascolto di particolari brani può risvegliare ricordi,
sensazioni, emozioni.
Nel caso di gravi disabilità l’uso del corpo come strumento di movimento o percussione è
servito per instaurare un importante strumento d’interazione.
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Il luogo (per me)
Cosa sia il Corni, per i modenesi, è scontato; è un amichevole e confidenziale modo di
chiamare per nome un Istituto Professionale che ha formato, nel corso degli anni, migliaia di
studenti. "ilcorni" (scritto volutamente in minuscolo e senza spazi tra l'articolo ed il nome per
dare l'impressione di massima confidenza) non è solamente la scuola che ha formato
tecnicamente generazioni intere di tecnici ma, il ricettacolo delle speranze di una vita migliore
per i propri figli della classe operaia modenese, era l'accesso ad un'istruzione media che la
generazione precedente non aveva potuto avere, era la speranza di un camice bianco che
potesse prendere il posto della tuta da lavoro dei padri; la penna nel taschino, la calcolatrice, la
matita ed regolo, ilcorni è 10/100/1000 motorini e biciclette parcheggiate disordinatamente
fuori, dentro, sopra, sdraiate, sono biciclette senza una ruota, sono manubri senza freni, freni
senza manubri, sellini, pedali, odore di benzina ed olio, catene spezzate, biciclette rubate,
schiamazzi, ragazzi che attraversano la strada rigorosamente con il semaforo rosso, ilcorni sono
le prime canne, gli amici finiti male, ilcorni è la prima morosa che piange li fuori con le guance
rosse, i capelli lunghi, la prima chitarra, ilcorni sono fogli da disegno, righe, squadre, notti a
disegnare, amici che disegnano per te alle 5 di mattina, amici da e di una vita, ilcorni è un
panino ciccioli e salsa dal bottegaio di fronte.
Avevo già varcato le porte del Corni non da studente, da docente, mai le avevo varcate da
musicista. Musicoterapeuta?
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Il luogo (per loro)
Il luogo, quello reale, è un laboratorio informatico occupato per più di metà da tavoli che
ospitano computer. A prima vista non attrae come credo dovrebbe un laboratorio musicale, i
miei ricordi di allievo di musica erano di una forte attrattività verso il luogo, i laboratori
musicali che ho frequentato avevano spesso anche una valenza estetica, gli strumenti musicali
spesso hanno la capacità di trasformare un luogo banale in un luogo attraente, come se gli
strumenti musicali avessero la capacità di trasformare un qualsiasi luogo in una piccola
installazione. Non sono certo cosi possa essere stato cosi per i ragazzi coinvolti nel progetto.
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Attività di musicoterapia "ilcorni"; I MUSICI
Quando mi proposero l'attività musicoterapeutica all’Istituto "ilcorni", mi illusi di poter essere
per anche solo per uno dei ragazzi affidatomi quello che la mia professoressa di musica delle
scuole medie era stata per me, una torcia che si accende in un corridoio buio.
Prima del primo giorno non avevo assolutamente idea di quale attività avrei potuto proporgli,
non sapevo nulla né delle loro capacità cognitive né del grado di malessere che si portavano
appresso. A essere sincero, blindato della mia superficialità, non nutrivo nessuna
preoccupazione, il mio pensiero è stato, se sono cosi scellerati da affidare a me ed a Francesca
12/15 ragazzi disagiati senza fornirmi nessuna indicazione sulle loro disabilità non
potranno fare peggio di quello che gli è stato fatto fin ora.
Ho fatto riferimento a Francesca, mia complice di questa esperienza, cantante napoletana.
Rassicurante, precisa, affidabile, metodica, il contrario di quello che ci si aspetta da una
cantante napoletana. Musicoterapeuta sicuramente più esperta di me, ci siamo rassicurati e
confortati durante tutto il percorso.
Non sarei riuscito senza di lei a portare a termine le 10 sedute ne a pensare di proporre nulla di
positivo ad i ragazzi.
Non ho ancora fatto riferimento a Lucia, arteterapeuta e come me, aspirante musicoterapeuta.
Grazie anche a lei; che è intervenuta a metà del percorso quando ci siamo sentiti persi e
pensavamo di non riuscire a controllare la situazione, ci ha aiutato con la sua presenza e la sua
dolcezza a portare a termine le 10 sedute.
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LA MUSICA (per me)
Perché raccontare questo; nel percorso che ho fatto con i ragazzi ho cercato di ricalcare quello
che è stato il percorso che mi ha introdotto alla musica, mi sarebbe piaciuto ripetere i miei inizi
con loro, anche se sono consapevole che mai le esperienze personali si possono riproporre
identiche tra un soggetto e l'altro; se chiediamo ad una serie di persone che hanno vissuto lo
stesso evento di raccontarcelo, ognuna di loro ci racconterà una serie di sensazioni e punti di
vista di molto differenti quasi a raccontare eventi diversi.
Come se non esistesse una realtà oggettiva ma, diverse realtà completamente soggettive, come
se ogni soggetto vivesse una realtà plasmata sul proprio sentire, sul proprio essere.
Difficile per me trovare parole che non siano state dette sull'argomento musica, ancora più
difficile è citare: musicisti, registi, filosofi, scrittori, ecc… in molti si sono alternati ed hanno
scritto tutto lo scrivibile sul tema.
L'armonia, la melodia, il ritmo, il rapporto con lo spazio, il rapporto con i colori, lo spazio, la
performance, lo studio l'improvvisazione, l'anima, ecc…
Io, devo dire, che leggendo a sprazzi sul tema a volte mi son riconosciuto in alcune parti ma,
molto più spesso non mi ci sono ritrovato.
Ogni qualvolta qualcuno mi chiedesse cosa fosse la musica per me, io rimanevo interdetto,
senza risposte logiche, la musica credo sia tutto l'insieme delle cose precedentemente dette, ma,
come in tutte le arti credo, la componente essenziale sia la magia dell'espressività, a prescindere
dalla tecnica, la tecnica è uno strumento al servizio dell’espressività. Mi è capitato di sentire
musicisti straordinari dal punto di vista tecnico ma di non provare nessuna emozione
ascoltandoli, al contrario esistono bluesman che con una accordo minore chiuso dalla relativa
settima di dominante e con una voce che non riesce a coprire un ottava che riescono a far
tremare il pubblico alle loro performance.
Ho provato a risalire alle mie origini musicali, il perché e come ho cominciato a suonare,
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qualcuno suonava nella mia famiglia? Qualcuno aveva ispirazioni d'artista? Qualcuno mi ha
spinto? Non direttamente credo, erano presenti nella mia famiglia alcuni parenti con ispirazioni
artistiche di diversa natura.
Di certo diverse persone che ho frequentato in età adolescenziale avevano presente la valenza
estetica della vita.
Tutto quello che posso ricordare è che dopo le solite cantilene che si fanno coralmente alle
scuole elementari a me della musica fregava ben poco, alle scuole medie ero quel che si diceva
un caso problematico, forse come tutti gli adolescenti, ma forse un po’ di più.
L'ora settimanale di educazione musicale era malamente sopportata e convissuta con una
vecchia professoressa che sapeva più di tagliatelle fatte a mano che d’incanto musicale, io la
guardavo con sufficienza, molestando una mia compagna di banco ed aspettando che la
campanella ci riportasse in vita.
In una di queste odiose lezioni la professoressa portò un giradischi portatile, mise un disco di
dileggiata musica classica che non mi è dato di ricordare e ci disse: immaginate adesso che
cosa significa questa musica, ci spiegava, mentre il disco ci abbracciava, il percorso di una
goccia d'acqua che cade, scende, risorge in un piccolo torrente, cascate, cascatelle, gorghi,
l'adagio di un grande fiume tranquillo, il forte, il piano il PP ... pianissimo, fino al mare, le
onde, la schiuma bianca, il fresco della notte, e il sole che ti evapora, fino a farti diventare
pioggia.
Fortemente attratto dalla vecchia, presi a bersagliarla di domande, la rincorrevo per i corridoi,
la cercavo nella sala insegnanti, luogo proibito agli alunni, al limite della molestia.
Lei, comprensiva e per nulla lunsingata dalle mie attenzioni, mi concesse un colloquio, mi fece
entrare in un coro di voci, al tempo bianche, e segui da lontano un mio percorso di vera
educazione musicale.
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Le provai a raccontare quali erano le mie suggestioni musicali, senza provare imbarazzo:
CARIOCA 12 COLOR
Carioca 12 color erano al tempo una serie di pennarelli colorati disposti su 2 file da 6, mi
piaceva guardarli, avevo delle emozioni cromatiche che potevano rasentare una sindrome
compulsiva, non ero assolutamente in grado di utilizzarli, ma mi piaceva guardarli ed
immaginare che ogni colore potesse suonare di un suono diverso.
La professoressa per nulla sorpresa dalla cosa mi disse, guarda come è fatta un’armonica a
bocca, ogni foro corrisponde a due note esattamente come fossero due colori, una nota la suoni
aspirando, il blue, la nota alternativa soffiando, l'azzurro, e cosi via, il rosso, il giallo il verde il
verde chiaro, ecc… (tecnica ripetuta poi con i ragazzi utilizzando altri strumenti).
Chiesi cosi, ai miei genitori, in regalo il mio primo strumento musicale e da li iniziò la mia
passione.
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Gli attori, percorsi individuali nel gruppo
10 sedute, non so se si possa dire cosi, 10 sedute? 10 incontri? 10 lezioni? 10 setting? in ogni
caso per 10 giovedì mattina dalle 9,30 alle 11,30 ci siamo trovati noi, dove per noi si intende
musici ed attori, e gli strumenti.
Non mi aspettavo di trovarmi anche casi di grave disabilità e di disabilità gravi così diverse tra
loro, questo mi ha un po' sorpreso e spiazzato, mi ero pronosticato un percorso diverso ma, non
più facile, immaginavo che i casi di disagio nelle scuole superiori fossero rappresentati da casi
di tossicodipendenza, lievi ritardi mentali, bullismi, maltrattamenti fuori e dentro la famiglia,
anoressie, bulimie ecc…
Cosi non erano, o forse l’era sola in parte, alcuni degli attori erano affetti da gravi disabilità di
diverso tipo altri invece erano affetti da lievi o lievissime forme di ritardo mentale.
La mia prima preoccupazione è stata, ma i ragazzi con così lievi disturbi come vedranno se
stessi se affiancati ad altri cosi gravi disturbi? Si chiederanno prima o poi "ma io che ci faccio
qui". Preoccupazione vana, mai nessun di loro ha dato segno di disagio, il gruppo e la
responsabilizzazione degli attori più capaci sono stati una risorse gli uni per altri.
Ho provato a riflettere sul come rappresentare gli attori, sul come chiamarli, se citarli con il
solo nome, se mettere un'iniziale con un punto ho trovato una soluzione diversa, forse meno
corretta e sicuramente meno scientifica, non li citerò tutti, non citerò coloro che mi son stati più
simpatici, non citerò quelli che mi hanno più colpito, citerò coloro che hanno avuto un
parallelismo (per me) con artisti del passato o del presente, coloro che guardandoli mi hanno
fatto pensare, coloro che ho immaginato artisti.
Artisti irrequieti, artisti dentro, artisti, con ogni probabilità, senza futuro d'artista, artisti senza
espressione artistica, artisti di pensiero e d'immagine.
Molto spesso il parallelismo tra il componente del gruppo e l'artista è un parallelismo fittizio,
fatto di soli indizi, fatto di immagini e di immaginazione.
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Tom Waits
La sua passione per gli eccessi sta tutta in una sua celebre frase: "Non riesco a capire coloro
che si rifugiano nella realtà perché hanno paura di affrontare la droga". Oggi Tom Waits tenta
di condurre una vita meno sregolata. Ma la sua voce ruggine e miele, ormai devastata
dall'alcol, continuerà a cantare che la vita ha il suo "wrong side".
Bluesman bianco, poeta dannato, cantore per eccellenza dell'America underground, Tom Waits
è uno dei cantautori più importanti dell'intera storia del rock. La sua lunga carriera l’ha
portato a coniare uno stile inconfondibile, che l’ha reso uno dei modelli più originali e imitati
al tempo stesso.1
Il nostro Tom è in realtà un ragazzo di 15 anni, l’accostamento a Tom Waits mi è venuto per la
continua attività eruttiva baritonale che il nostro Tom esercitava di proposito. Riusciva,
digerendo, a imitare perfettamente la voce roca e sregolata di Tom Waits.
Molesto, volutamente irrequieto e parzialmente collaborativo, amava la canzone popolare
italiana, è dotato di una certa sensibilità per la musica. Completamente stonato ma ricordava a
memoria alcune canzoni di Vasco Rossi.
Collaborativo solamente se personalmente sollecitato, aveva una soglia dell’attenzione
bassissima durante le attività musicali, ma veramente attento quando doveva molestare uno dei
compagni, sceglieva con cura la vittima.
Per esercitare le proprie attività di disturbo utilizzava, come detto in precedenza,
principalmente diverse strategie, la più percorsa era una rumorosa attività digestiva, riusciva a
modulare, ruttando, in diverse tonalità e riusciva anche scandire diverse frasi compiute seppur
non complesse.
Non riusciva simpatico al resto del gruppo e lui per contro cercava di attirare le simpatie
cercando di pulirsi dai risultati del proprio raffreddore o di complesse escavazioni nasali (pepite
di diversa natura… quarzi, acquemarine, topazi rubini ecc…) sui vestiti degli altri componenti.
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Da Wikipedia.
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Con il successo che potete immaginare.
Per contro ha dimostrato una seppur nascosta grande sensibilità di relazione.
Nell’ultima seduta ho voluto fare un parallelismo tra la musica e l’arte grafica per avere
continuità con il laboratorio grafico che avrebbe tenuto Lucia dalla settimana sucessiva. Mentre
il resto del gruppo ha espresso la propria creatività in diversi modi e con diversi stili grafici,
Tom ha disegnato una chitarra, non priva di una certa grazia ed equilibrio e me l’ha regalata
con un sorriso; primo e ultimo sorriso ricevuto da lui, ma forse proprio per questo prezioso.
In una delle ultime sedute scoprii un metodo per quietare Tom nelle sue azioni di disturbo
verso il gruppo, era sufficiente simulare una telefonata a Gianluca Grigniani dicendo “scusa
gianluca oggi Tom è estremamente molesto non fa che ruttare ed infilarsi le dita nel naso” da
quel momento Tom si sarebbe messo buono diligente e collaborativo.
Non ho abusato di questo metodo, l’ho utilizzato solo in gravissimi casi di emergenza.
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Édith Piaf
Édith Piaf, pseudonimo di Édith Giovanna Gassion (Parigi, 19 dicembre 1915 – Grasse, 11
ottobre 1963), è stata una cantante francese.
È stata una grande interprete del filone realista (chanteuse réaliste). Nota anche come
"Passerotto", come veniva amorevolmente chiamata (passerotto infatti nell'argot di Parigi si
dice piaf), ha deliziato le folle tra gli anni trenta e sessanta.
La sua voce, caratterizzata da mille sfumature, era in grado di passare improvvisamente da
toni aspri e aggressivi a toni dolcissimi; inoltre sapeva far percepire in modo unico la gioia
con il suono della sua voce. È la cantante che con le sue canzoni ha anticipato il senso di
ribellione tipico dell'inquietudine che contraddistinse diversi intellettuali della rive gauche del
tempo come: Juliette Greco, Roger Vadim, Boris Vian, Albert Camus ecc. In molti casi era lei
stessa l'autrice dei testi delle canzoni che tanto magistralmente interpretava.
La vita di Édith Piaf fu sfortunata e costellata da una miriade di fatti negativi: incidenti
stradali, coma epatici, interventi chirurgici, delirium tremens e anche un tentativo di suicidio.
In una delle sue ultime apparizioni pubbliche la si ricorda piccola e ricurva, con le mani
deformate dall'artrite, e con radi capelli; solo la sua voce era inalterata e splendida come
sempre.2
Il nostro passerotto in realtà è, come gli altri appartenenti al gruppo, un’adolescente.
Fisicamente per nulla somigliante alla cantante francese ma, caratterialmente altrettanto
volubile e capricciosa.
Dotata di una certa predisposizione per la musica, si è dimostrata collaborative a fasi alterne.
Come la Piaf di punto in bianco prendeva e dava in escandescenza, si arrabbiava per un
nonnulla, spesso non ci siamo nemmeno accorti quali fossero le origini delle proprie ire, certo
dimostrava insofferenza quando Tom le mostrava con grazia i tesori ottenuti dalle continue
ricerche nasali ma, non era quello che la faceva, accostarsi al termosifone e smettere di
2
da Wikipedia.
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partecipare alle attività di gruppo.
È stata estremamente propositiva ed ha deliziato il gruppo simulando danze tribali scandite da
musiche da CD di una serie televisiva che si chiama: “Il mondo di Patty”.
Ero convinto fosse una serie d’avanguardia riservata a una nicchia di eletti. La partecipazione
del gruppo l’attenzione dimostrata durante l’ascolto, e la conseguente attività fisica attivata
dall’ascolto ha dimostrato, senza appello, la mia ignoranza sul panorama musicale televisivo.
Il nostro passerotto di carattere cosi volubile, è comunque grande amante della musica e del
canto.
Ha dato seguito alle proprie attività continuando con noi nel progetto “Ologramma” del quale
parleremo in seguito.
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Syd Barret
Chitarrista e voce di talento, compositore di canzoni dell’anima e dell’inconscio psichedelico,
pittore e artista, uomo della fantasia, talento enigmatico, pifferaio, corpo di un mondo stellato,
uomo dai comodi colori accesi e movimentati, ragazzo del passato fatto di buche profonde e
dalle mille spine; coraggioso per una vita senza copioni ma crudele con una vita regalata di
carte e occasioni; anima senza regole, occhi e mente per andare oltre alle cose visibili
dell'arte, guerriero per un mondo anarchico ed a favore della rivolta; successo e pazzia,
autore, leader e creatore indiscusso del gruppo pink floyd.3
Il nostro Syd è un ragazzo che con ogni probabilità soffre di problemi di autismo, rimane per
tutto il tempo in piedi vicino all’unica porta di uscita.
Di tanto in tanto esce per controllare la presenza del proprio educatore.
Non partecipa mai alle attività del gruppo, mai o quasi mai, in realtà per un paio di volte ha
accennato a una danza che poteva assomigliare a un RAP.
Sono riuscito raramente a entrare in relazione con lui, non amava essere toccato e a qualsiasi
tipo di sollecitazione verbale alzava il gomito proteggendosi il viso con il braccio.
Francesca, che aveva lavorato con lui anche l’anno precedente, e il suo educatore, mi hanno
assicurato che era normale e solito il suo atteggiamento.
Nelle ultime sedute, forse rassicurato dall’ambiente, ha cominciato a rilasciare, seppure di rado
qualche sorriso, la penultima seduta ha cominciato a lasciarsi prendere per mano dalla nostra
Alda Merini.
Nel corso dell’ultima seduta si è seduto al suo fianco lasciando intendere un’intesa reciproca.
Un piccolissimo successo se visto dall’esterno. Non altrettanto piccolo se vissuto.
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da Wikipedia.
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Cristina Campo
Artista raffinata e solitaria, poetessa del suono e del silenzio, Cristina Campo: La sua natura
solitaria la portò a rifuggire da riconoscimenti e apprezzamenti (ha sempre preferito firmare
con nomi fittizi le poche opere pubblicate mentre era ancora in vita), dimostrandosi sempre
indifferente alle strategie e alle esigenze del mercato letterario; la maggior parte dei suoi
scritti è stata pubblicata postuma. Di sé amava dire, citandosi in terza persona: "Ha scritto
poco e le piacerebbe aver scritto meno". Il suo stile personalissimo, ricorrente in tutti i generi
da lei praticati, è caratterizzato da una spiccata tensione a far coincidere le parole con il loro
significato più profondo, rifuggendo da tutto ciò che era ritenuto ovvio e superfluo.
È rimasta laggiù, calda, la vita
È rimasta laggiù, calda, la vita,
l'aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi...
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l'infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.
Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi...
Torno sola
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Cristina Campo.
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La nostra Cristina in realtà è una ragazzina adolescente, in una delle sedute avevo provato a
chiedere a tutti (a chi poteva rispondere) le impressioni che ricevevano da diversi tipi di accordi
suonati sulla mia chitarra, gli avevo fatto notare la differenza di sensazione avuta da un accordo
minore e uno maggiore, ho proposto un accordo di settima maggiore un accordo di settima
minore e poi ho azzardato un major seven che li ha spiazzati un poco. Ho provato poi a
spingermi un poco più in la proponendo un accordo diminuito che non avesse un baricentro
tonale, l’unica che mi diede risposta fu giusto Cristina, mi raccontò che quell’accordo le
ricordava la nebbia, una nebbia che vista da lontano fa paura, una nebbia che elimina i contorni
delle cose, In realtà l’accordo proposto era esattamente questo, un accordo senza il baricentro
tonale da un’incertezza di fondo, viene usato nel teatro e nel jazz per creare suspense, e lei ci
aveva azzeccato in pieno.
Continuò poi dicendomi che la paura delle cose indefinite, che non si conoscono, molto spesso
svanisce quando ci si avvicina a esse. Un po’ come la nebbia sotto i portici, ti fa paura fino a
che non ti avvicini al portico poi, le cose, quando ti avvicini, assumono il loro contorno e non ti
fanno più paura.
Ora non son certo che le parole fossero quelle, ma il concetto era quello, mi fece
immediatamente pensare a una poetessa che esprime concetti molto profondi utilizzando parole
che sono come immagini.
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Brian Eno
“Musicista non musicista, concetto matematico/taoistico che pubblica in un libro manifesto
intitolato "Music For Non-musicians”.
Si riferisce alla musica contemporanea dell'epoca e immediatamente, comunque il suo concetto
di musica trascende l'evento musicale stesso, spingendosi nel "suono puro" della psiche
umana.
È musica d'avanguardia in cui Eno introduce in modo subliminale ogni elemento sonoro e non,
dando luogo a un vero e proprio fenomeno Eno. La sua musica non è solo semplice, leggera,
soffice e armoniosa, non mancano i "pedali" ossessivi che saranno il trampolino da cui molti
autori si getteranno per esperimentare nuovi suoni, …”5
Il nostro è un Brian Eno, dodecafonale, aritmico, poche parole, disarmonico fino all'armonia
nascosta.
In realtà è un ragazzo affetto dalla syndrome di Down, non si esprime a parole ma si fa capire a
gesti, collaborativo per quanto gli sia possibile, lascia intendere una sensibilità diversa ma
sempre presente.
Partecipa, come riesce, a tutte le attività rimanendo seduto per terra in mezzo agli strumenti.
Mi ha fatto pensare a Eno perché lo vidi anni fa in una performance seduto in una posizione
molto simile al nostro Brian utilizzare strumenti etnici ed elettronici per sottolineare con
disarmonie volute un attore che recitava in versi.
Il nostro Eno è dotato di una simpatia ed una grazia spontanea.
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Da Wikipedia.
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La poetessa: Alda Merini
Protagonista della scena culturale italiana, è considerata la più grande poetessa italiana.
Viveva in condizioni d’indigenza - per scelta - tanto che i pasti quotidiani le erano portati dai
servizi sociali comunali. Ha cantato gli esclusi e ha vissuto la malattia mentale reclusa per 20
anni in un manicomio.
È la minore di tre fratelli, le condizioni della famiglia sono modeste. Alda frequenta le scuole
professionali all'Istituto "Laura Solera Mantegazza"; chiede di essere ammessa presso il liceo
Manzoni, ma - sembra incredibile - non supera la prova d’italiano. In questi anni dedica molto
tempo anche allo studio del pianoforte.
Continuerà per il resto della propria vita ad avere un forte legame con la musica e a essere
fortemente attratta dai musicisti.
La nostra Alda è rappresentata da una ragazza timidissima, rosea e paffutella.
Sempre seduta al medesimo posto, mai collaborativa ne coinvolgibile nelle attività, mi lasciava
pensare però che fosse tutto, o quasi, una questione relazionale.
Nelle ultime sedute, se interrogata, rispondeva alle domande anche se a bassissima voce.
Nella penultima seduta, sorprendendo tutti, si è alzata ed ha dato la mano al nostro Syd che si è
lascito condurre da Alda.
Nell’ultima seduta ha partecipato all’attività grafica disegnando una cosa di fantasia ma con dei
contorni estremamente delineati e colori delicati.
Ha preso per mano Syd e lo ha condotto vicino a se, Syd si è lasciato guidare sorridendo.
Sempre nell’ultima seduta ha pronunciato diverse volte il mio nome, a voce più alta del solito.
Ora, io non so se questo tipo di atteggiamento fosse dovuto a qualche attività che lei ha
particolarmente gradito o alla confidenza che s’instaura con il passar del tempo. In ogni caso il
suo atteggiamento nei confronti del gruppo e dei conduttori è cambiato positivamente.
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Robert Johnson
Ossessionato dal demonio, protagonista di una vita errante e solitaria, immersa nel peccato e
nella perdizione, figlio dell'America rurale e profonda pre-bellica, Robert Johnson è uno dei
musicisti fondamentali del secolo scorso. Con le sue litanie malate, ha costruito la grammatica
e la semantica del blues-rock, imponendo uno standard universale, riscontrabile in una
miriade di musicisti contemporanei.
Robert Johnson è l'archetipo dell'artista maledetto, l'uomo a cui il diavolo ha donato la
chitarra e rubato l'anima, compositore di litanie malate, polvere, corvi, prigioni e ferrovie,
spose violate e ira, le azioni, i sentimenti, la disperazione.
In questo laboratorio è rappresentato da un ragazzino tredicenne proveniente da Ghana, il
sorriso sempre pronto ma malinconico, da subito l'ho identificato con la musica blues,
sicuramente per il colore della pelle ma anche per la tendenza a un triste allegria tipica dei
musicisti blues, Robert da subito si integra sia con i compagni che con noi musici,
collaborativo, mai volgare nelle espressioni, sorridente e positivo, gioca con la musica e con la
voce. Mi ha stupito l’estremo interesse che ha per gli strumenti musicali, mi sono rivisto
ragazzino quando per la prima volta ha abbracciato la mia chitarra ed ha tentato di fare alcuni
accordi.
Quando interrogato su quale musica ascoltasse, ha millantato, seppur simpaticamente, un
interesse per la musica classica e jazz.
È dotato di una bella voce squillante ed intonata, fa parte, insieme alla Piaf, dalla fine del
progetto, del gruppo “Ologramma” già citato in precedenza.
È sicuramente una delle persone che non mi hanno fatto pentire della partecipazione al
progetto.
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Le tecniche, le applicazioni musicali
Le tecniche utilizzate nei 10 setting sono state di diverse origini, vanno dalla musicoterapia
passiva che consisteva nell’ascolto di alcuni brani proposti dai ragazzi stessi, al canto di brani
proposti dai ragazzi, principalmente brani di Vasco Rossi, amato dalla maggior parte dei
componenti del gruppo.
Sono state utilizzate sia tecniche percussive sul proprio corpo che l’ascolto del proprio battito
cardiaco e la riproposizione del ritmo con le mani.
È stato utilizzato con successo alterno tutto lo strumentario Orff, ho avuto l’impressione che i
ragazzi utilizzassero gli strumenti percussivi senza piacere solamente perché glielo avevamo
proposto.
Questa impressione può però essere dettata dal fatto che non amo particolarmente né la musica
ritmata né gli strumenti a percussione.
Ho tentato di attirare la loro attenzione raccontando loro una favola che aveva come sfondo la
musica.
È una favola che avevo inventato lì per li pensando al percorso musicale iniziale dei Pink Floyd
e adattandolo alle loro conoscenze.
Avevo provato a fare sentire loro una sequenza di note che erano dei Pink Floyd e ho provato a
dir loro che il chitarrista fondatore era particolarmente attratto dalla musica stellare, dalla
musica del cielo, voleva imitare lui con la sua chitarra, e i suoi amici con gli altri strumenti, la
musica dei sogni e delle stelle che solamente alcuni eletti potevano sentire.
Ottenuto un certo successo dalla composizione ed esecuzione di quei brani il chitarrista
cominciò, lentamente all’inizio, e poi sempre più velocemente ad allontanarsi dai propri
compagni per rimanere solo a cantare con le stelle.
Nella realtà il protagonista ha passato un lungo periodo assumendo LSD per alimentare la
propria creatività, ma alimentando oltre che la propria creatività una psicosi mai più riassorbita.
Ho fatto poi riferimento a una leggenda che accompagna la stesura di “WISH YOU WHERE
HERE” pare che durante una delle registrazioni, a distanza di 10 anni dalla sua scomparsa Syd
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Barret, protagonista della vicenda, si presentò in sala di registrazione e nessuno dei suoi vecchi
amici lo riconobbe.
“Wish you where here” (vorrei tu fossi qui) è una canzone a lui dedicata e dimostra che il
successo di tutto il gruppo non gli aveva mai fatto dimenticare l’antico amico e fondatore.
“Wish you where here” è percepita dal mercato come una ballata e una canzone d’amore parla
invece di amicizia per un amico che è rimasto tale solamente dentro ad i loro ricordi.
Tutta questa tiritera per spiegar loro che ognuno può vedere ciò che vuole dentro a qualsiasi
espressione artistica indipendentemente da ciò che intendeva l’autore.
Nell’ultima seduta ho cercato di dare continuità al percorso musicoterapico che si stava
concludendo ed il corso di arteterapia che si stava aprendo con Lucia.
Ho fatto fare al gruppo una serie di disegni utilizzando i colori e i cartoncini che erano nel
laboratorio poi ho associato diversi colori alle singole note, ho messo alcuni cartoncini colorati
sotto uno xilofono diatonico ed ho associato ad ogni nota un colore.
In questo modo i ragazzi (non tutti) hanno potuto tentare di suonare i propri disegni, ho poi
tentato io stesso di suonare con la chitarra i loro disegni utilizzando la stessa tecnica.
Ho notato, sia nel corso delle 10 sedute, che nel corso delle mie esperienze musicali, come
diversi strumenti, indipendentemente dalla tecnica esecutiva, provochino diverse reazioni e
quindi sensazioni nelle persone che ascoltano, io non ho mai notato ne sorpresa ne attenzione
nell’ascoltatore ascoltando strumenti esclusivamente ritmici, ho notato un diverso interesse e
attenzione utilizzando strumenti che possono esprimere sia melodie che armonie.
Ho notato come la chitarra, pure avendo molte possibilità espressive che siano armoniche
percussive o melodiche, non suscita spesso ne emozione ne sorpresa.
L’armonica diatonica, strumento molto più povero dal punto di vista delle possibilità tecniche,
pare per contro risvegliare possibilità espressive ed emozionali diverse.
Mi è capitato spesso di vedere compiacimento e sorpresa suonando l’armonica a bocca.
È la stessa sensazione che ho avuto vedendo altri musicisti suonare delle linee melodiche con
strumenti quasi prettamente melodici tipi violini saxofono etc…
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Esistono studi di Vincenzo Galilei (padre del più noto Leonardo) che tentano di dimostrare
come l’utilizzo di linee monodiche semplici della melodia possano destare maggior emozione
espressiva che l’utilizzo di linee polifoniche.
È come se per tornare all’espressività della musica si debba ritornare a ciò che precede la
musica, all’espressività e alla musicalità della parola.
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Ologramma e conclusioni
In questa mia breve presentazione ho fatto riferimento un paio di volte al progetto
“Ologramma”. Queste due righe solamente per spiegare la natura del progetto e lo sviluppo.
Ologramma nasce all’interno del CEMU, Centro Europeo di Musicoterapia.
Il progetto ha come scopo la costituzione di un gruppo di musicisti (il termine giusto sarebbe
Orchestra ma mi sembrava troppo pretenziosa) misto.
Nel termine misto c’è tutta la connotazione del progetto, in questo caso misto sta a significare
differenza, differenza di soggetti che la costituiscono.
A chi è destinato il progetto, nella prima stesura l’obiettivo era formare dal punto di vista
musicale alcuni soggetti di età adolescenziale o preadolescenziale, con difficoltà di diversa
natura. Dopo le prime sedute si sono aggiunti musicisti adolescenti che in realtà non avevano
nessun tipo di difficoltà ma che avevano come unico obiettivo suonare.
Questo evento mi ha fatto pensare che al contrario degli adulti gli adolescenti non hanno
preconcetti di nessun tipo o almeno ne hanno molti meno, mentre noi operatori/musicisti, io per
primo, ci chiedevamo se era giusto suonare con musicisti di così diversa abilità e di così
differente provenienza, gli adolescenti hanno avuto un atteggiamento molto più positivo ed
aperto.
Io credo che quello dell’apertura sia un atteggiamento che non si possa simulare, si può
imparare ad avere atteggiamenti di apertura verso il prossimo come si può imparare ad essere
tolleranti, alla lunga però verrà sempre fuori l’attitudine.
Questo non sta significando che ci siano preclusioni caratteriali, ma che come nelle identità
musicali sia tracciata delle linee guida dettate dal vissuto.
Non è mai casuale la preferenza verso un certo tipo di genere musicale, sia da ascoltatore che
da musicista.
Non è quasi mai casuale la nascita di un musicista jazz come la nascita di un musicista
popolare, classico, rock, etc…
Mi è capitato frequentando fiere di strumenti musicali o festival di chitarre di indovinare con
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pochissima possibilità di errore il genere musicale delle persone conosciute; alcune indicazioni
si possono avere dall’età o dal tipo di abbigliamento, ma l’indicazione più immediata è quella
dell’atteggiamento.
Credo sia fondamentale per gli operatori ma anche per gli “operati” (musicisti o “musicati”?)
avere un senso di totale apertura mentale. Il concetto di gruppo aperto non funziona se forzato.
Io credo che non si possano avere delle preclusioni di genere o di concetto in un progetto come
Ologramma.
Questo non sta a significare che il progetto Ologramma non possa essere aperto a tutti, ma
proprio, al contrario, che chiunque aderisca al gruppo Ologramma debba adottare questo tipo di
apertura, e che sarà il tempo a rivelare se fosse un’apertura forzata o naturale.
Nel rapporto con la diversità spesso si maschera il razzismo con il buonismo, la tolleranza con
la pietà; si nascondono le antipatie con l’ipocrisia.
Quest’atteggiamento non paga, alla lunga viene svelato il meccanismo.
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Bibliografia
Glenn Kurz, Sweet per chitarra sola, EDT, Torino, 2010.
Sitografia
Wikipedia Maggio 2010.
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