Verga e l’originalità della sua narrazione: due giudizi critici
Baldi
Verga delega la funzione narrativa ad un anonimo narratore popolare che appartiene al livello
sociale e culturale dei personaggi : regredisce a livello di narratore rusticano-popolare.
Tale narratore è una presenza sensibile nel romanzo, interviene con similitudini, paragoni, dà
giudizi, penetra nell’animo dei personaggi, ma ha una funzione secondaria rispetto al coro dei
personaggi reali, che costituiscono il filtro sistematico della narrazione.
Anche quando è il narratore che racconta si verifica un processo di osmosi coi personaggi al
punto che è difficile distinguere a chi appartenga la prospettiva sulla materia narrata.
Il suo procedimento è del tutto atipico rispetto alle forme canoniche del discorso indiretto
libero: in questo si riportano pensieri pensati o discorsi pronunciati realmente in un dato momento,
il Verga non si annulla totalmente nell’ottica dei personaggi, ma imita il modo con cui il
personaggio pensa o si esprime.
Spitzer
Nei Malavoglia si realizza la filtrazione sistematica attraverso il coro di parlanti popolari
semireale, in cui il parlato potrebbe essere realtà oggettiva, ma non si sa se lo è davvero.
Verga non descrive la morte di Bastianazzo, ma il processo per cui questa morte diventa realtà
per il villaggio e sua moglie, attraverso i discorsi, i gesti, gli atteggiamenti di tutti i membri di
quella comunità.
Il suo discorso corale meglio si può notare nei tratti in cui compare il chiacchierio del rione o
del paese. Sa riproporre la struttura circolare della chiacchierata, coi suoi salti, rapidi passaggi,
cambi di argomento, nessi irrazionali.
L’autore rimane un dio invisibile, secondo il precetto flaubertiano, ma lo si sente presente in
ogni parte.
Il discorso libero o corale dei Malavoglia è diverso da quello di Zola, maestro ineguagliato
della descrizione di collettività: il suo discorso indiretto libero è riservato a certi momenti di
effusione isterica del popolo, ma non penetra tutta la narrazione dell’autore.
Documento umano
È la formula con cui Zola parlava dei compiti della nuova letteratura naturalistica: produrre
“documenti umani”, frammenti di vita sociale analizzabili separatamente e poi reinseribili nella
logica complessiva del mondo contemporaneo, come parti di un corpo, atomi di una sostanza:
“Poiché scienziati come Claude Bernard1 dimostrano ora che leggi immutabili regolano il corpo
umano si può annunciare, senza timore di ingannarsi, il momento in cui saranno enunciate le leggi
del pensiero e delle passioni. Vi sono la fisica e la chimica sperimentali, vi sarà la fisiologia
sperimentale e più tardi si avrà il romanzo sperimentale.
Ciò costituisce il romanzo sperimentale: possedere il meccanismo dei fenomeni umani, mettere in
luce gli ingranaggi dei fenomeni passionali e intellettuali quali li spiegherà la fisiologia, sotto le
influenze dell’ereditarietà e delle circostanze ambientali, poi mostrare l’uomo mentre vive
nell’ambiente sociale che lui stesso ha prodotto, che quotidianamente modifica e in seno al quale
subisce a sua volta una continua trasformazione.
Il romanzo sperimentale è conseguenza dell’evoluzione scientifica del secolo; esso continua e
completa la fisiologia che a sua volta si basa sulla fisica e sulla chimica; sostituisce allo studio
dell’uomo astratto, dell’uomo metafisico, lo studio dell’uomo come fatto di natura, sottoposto alle
leggi chimico- fisiche e determinato dalle influenze dell’ambiente; è, in una parola, la letteratura
dell’età scientifica, come la letteratura classica e romantica corrispondeva all’età della scolastica
e della teologia.” E. Zola, Il romanzo sperimentale, 1880.
famoso medico che in un suo manuale del 1865 aveva tentato di dimostrare l’applicabilità del metodo
sperimentale alla fisiologia , ossia all’insieme dei fenomeni organici che determinano la vita
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