La musicoterapia come produzione spontanea del

Istituto MEME
associato a
Université Européenne
Jean Monnet A.I.S.B.L. Bruxelles
La musicoterapia come produzione spontanea del suono
Training musicoterapico vocale in soggetto con impianto cocleare
Scuola di Specializzazione: Musicoterapia
Relatore: Monica Maccaferri
Corelatore: Dott.ssa Roberta Frison
Contesto di Project Work: Centro musicoterapico
Tesista specializzando: Anna Rossi
Anno di corso: Secondo
Modena, 12-05-2007
Anno accademico 2006-2007
ISTITUTO MEME S.R.L. MODENA ASSOCIATO UNIVERSITÉ EUROPÉENNE JEAN MONET A.I.S.B.L. BRUXELLES
ANNA ROSSI – SST IN MUSICOTERAPIA – SECONDO ANNO –A.A. 2006/07
INDICE GENERALE
Premessa....................................................................................................
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Introduzione...............................................................................................
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Sordità........................................................................................................
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1 L'organizzazione funzionale dell'orecchio ...................................
1.1 L'orecchio esterno ...........................................................
1.2 L'orecchio medio ............................................................
1.3 L'orecchio interno ...........................................................
1.4 Cosa succede a livello cerebrale .....................................
1.5 Capacità e percezione uditiva .........................................
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2 Il deficit sensoriale uditivo ...........................................................
2.1 Sordità: generalità ed eziologia .......................................
2.2 Classificazione sulla base della profondità .....................
2.3 Classificazione sulla base anatomofisiologica ................
2.4 Classificazione in base all'eziologia ................................
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3 Audiometria ..................................................................................
3.1 Audiometria soggettiva ...................................................
3.2 Natura acustica dei suoni utilizzati .................................
3.3 Metodo usati per i test audiometrici ................................
3.4 Test di condizionamento .................................................
3.5 Audiometria oggettiva ...................................................
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4 Riabilitazione della sordità ...........................................................
4.1 Udibilità dei segnali ........................................................
4.2 Procedure di protesizzazione ..........................................
4.3 Classificazione ................................................................
4.4 Vantaggi e difficoltà nella protesizzazione ....................
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5 Impianto cocleare .........................................................................
5.1 Struttura ..........................................................................
5.2 Funzionamento ...............................................................
5.3 Prestazioni ......................................................................
5.4 Il team multidisciplinare .................................................
5.5 Valutazione pre-impianto ...............................................
5.6 Il mappaggio ...................................................................
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6 La musicoterapia nei soggetti audiolesi .........................................
6.1 La musicoterapia e ipoacusia ..........................................
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Project work ..............................................................................................
Introduzione ..............................................................................
Descrizione del paziente ...........................................................
Obiettivi del test ........................................................................
Elaborazione dei test .................................................................
Setting .......................................................................................
Test di discriminazione sull'altezza .........................................
Test di discriminazione sull'intensità .......................................
Test di discriminazione sulla durata ........................................
Test di discriminazione sul timbro ..........................................
Programma riabilitativo ...........................................................
Conclusioni dei test ..................................................................
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Bibliografia ..............................................................................
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PREMESSA
La seguente tesi tratta la sordità in ambito musicoterapico. Ho deciso di affrontare questo
tema per il legame paradossale esistente tra musica e sordità.
Nella prima parte viene illustrata la sordità a livello clinico seguita da interventi
musicoterapici mentre nella seconda parte viene elaborato un programma di verifica con
trattamento su una ragazza di 26 anni con impianto cocleare.
Il seguente project work tratta l'esperienza di tirocinio di musicoterpia che ho svolto presso
Centro Comunale di musicoterapia (Massimo Uboldi) situato in piccolo comune in
provincia di Reggio nell'Emilia.
Ho iniziato questa esperienza non avendo molte basi teoriche solo la lettura di alcuni libri
quali:
−
−
“l'impianto cocleare” manuale operativo di A. De Filippis.
“Musicoterapia e sordità infantile” di M. Maccaferri.
Durante i sette mesi di tirocinio sono stata seguita da una musicoterapeuta che mi ha fatto
conoscere i metodi, attraverso i quali ho potuto stilare una sorta di programma riabilitativo
efficace rivolto a soggetti iupoacusici con impianto cocleare.
L'obiettivo che mi ero posta era quello di dare utili informazioni per poter calcolare al
meglio il range dinamico elettrico (mappaggio) del suddetto impianto cocleare.
Durante il susseguirsi delle varie sedute mi sono resa conto quanto è difficile ottenere
risultati evidenti sui soggetti impiantati in fase adolescenziale o adulta.
Infatti i soggetti ipoacusici danno poca attenzione ai suoni o ai rumori che li circondano,
alla propria voce.
Oltre alla menomazione fisica in ambito musicoterapico bisogna anche lavorare sui blocchi
psicologici di questa persone in modo da inserirli al meglio nella società.
Affrontare il problema della sordità con risultati evidenti richiede molto tempo e pazienza
sia da parte del musicoterapeuta che dal soggetto in trattamento.
Infatti la riabilitazione del soggetto con impianto cocleare, da parte del musicotarepeuta
richiede grande perizia, intuizione, costante aggiornamento, profonda conoscenza del
soggetto in trattamento e collaborazione permanente con i componenti del team
multidisciplinare per assicurare all'impiantato una qualità di vita migliore.
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INTRODUZIONE
L'ipoacusia rappresenta il deficit sensoriale più frequente nelle specie umana. E' stato
calcolato che circa un bambino su ottocento nati vivi e' affetto da grave ipoacusia
neurosensoriale e che più del 60% della popolazione con età maggiore di 70 anni presenta
un'ipoacusia che interferisce a tal punto con la comprensione del linguaggio da richiedere la
protesizzazione. Recenti dati statistici riportano in Italia un'incidenza annua alla nascita di
bambini ipoacusici pari a 214 (156 pre-linguali profonde e bilaterali e 58 post-linguali,
progressive e bilaterali e 58 post-linguali, progressive e profonde).
E' noto come la funzione uditiva con l'età, anche in assenza di patologie otologiche, o di
esposizione lavorativa a rumore, va incontro a un progressivo deterioramento,
essenzialmente causato da due fattori sinergici: da una parte il fisiologico invecchiamento
dell' apparato uditivo la cosiddetta “presbiacusia”, dall'altra la “socioacusia”, termine
coniato da Glorig, con cui voleva intendere la perdita uditiva legata a esposizione a rumore
non professionale, inevitabilmente connessa con le caratteristiche dell'ambiente quotidiano.
Si stima che la sordità può essere considerata una vera e propria malattia sociale. Uno studio
americano condotto nel 2000 ha mostrato che il costo sociale medio di un individuo affetto
da ipoacusia profonda, calcolato per tutta la durata della vita è negli USA di circa $ 297000,
e supera il milione di dollari per gli individui con ipoacusie pre-linguale. E' stato calcolato
che nei soli Stati Uniti si spenderanno 4,6 miliardi di dollari solamente per i soggetti colpiti
da ipoacusia nel 1998.
Il tema della sordità tratta un ambito in cui la ricerca interdisciplinare trova la sua massima
espressione e in cui il progetto terapeutico “globale” diventa una realtà imprescindibile se si
vuole rispettare il bambino nella sua individualità. Un ambito cioè in cui le diverse
“operatività” devono contribuire alla comprensione e risoluzione dei variegati e complessi
meccanismi che vengono attivati dalla condizione del deficit uditivo.
Mi sembra particolarmente importante sottolineare questo aspetto, perché in ambito clinico
vi è una forma di autoesclusione da parte degli specialisti rispetto a questo tema. Come se la
sordità riguardasse unicamente l'ambito l'ORL-foniatrico
e
logopedico,
e solo
marginalmente o in seconda battuta fosse di competenza psicologica, pedagogica,
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psichiatrica, genetica, chirurgica, ecc.
La precocità e la qualità della diagnosi hanno modificato negli anni i quadri prognostici e
hanno favorito il superamento di alcuni pregiudizi che hanno pesantemente gravato
sull'evoluzione psichica del bambino sordo. Ipotizzare per esempio, una causa genetica della
sordità del bambino comportava nel passato una forma di disonore per la famiglia, mentre
oggi rappresenta una “marcia in più” per il bambino vengono riconosciute maggiori
potenzialmente strutturali che garantiscono il raggiungimento di adeguate acquisizioni
cognitive e le aperture ad ulteriori possibilità terapeutiche con l'impianto cocleare e la futura
terapia genetica.
Nella cultura occidentale “l'intendere” in senso acustico è stato spesso trascurato a
vantaggio dell' “intendere in senso logico-intellettuale.
Spesso il “sentire” corporeo ed emozionale, è rimasto subordinato al “comprendere”.
“Di quale segreto si tratta quando propriamente si ascolta, cioè quando ci si sforza di captare
o sorprendere la sonorità, più che il messaggio”?
E' proprio questo straordinario “segreto” connesso al suono e alla musica a rappresentare
l'oggetto d' indagine del breve ma denso saggio del filosofo contemporaneo Jean-Luc
Nancy, intitolato “All'ascolto”, pubblicato da Raffaello Cortina (2004). Il titolo, nella
traduzione italiana a cura di Enrica Lisciani Petrini, ricalca l'espressione francese “a' l'écout”
piuttosto che impiegare quella italiana più “esatta”, “in ascolto”, per custodirne la sua forza
polisemica e dinamica.
L' ascolto di una musica, di una voce, ci pone in contatto con parti arcaiche e con una
emozionalità intensa, corporea, non ancora intaccata e filtrata dalla dimensione intellettiva.
Il mondo sonoro che ci avvolge, prima di essere rappresentato e pensato viene “sentito”,
percepito sensorialmente e vissuto nel “teatro del corpo”. E' sulla voce umana che Nancy
punta il dito fin dalle sue prime pagine. La vocalità umana innesca infatti con immediatezza
nel qui ed ora una sorta di auto-presentazione e auto-affermazione di una soggettività che
contatta l'altro, in tutta la sua fisicità e in tutte le sue tonalità affettive e libera ciò che Nancy
chiama “un sentire che è sempre un risentire, cioè un sentir-si-sentire: o meglio, se si
preferisce, il sentire o è soggetto, o non sente. Ma forse è sul registro sonoro che questa
struttura riflessa si espone con maggiore evidenza, e comunque, si propone come struttura
aperta, spaziata e spaziante e al tempo stesso come incrocio mescolanza, effetto di copertura
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del rinvio del sensibile al sensato, e agli altri sensi”. L'anima sonora della parola restituisce
al linguaggio verbale la sua originale “risonanza” materica e affettiva che si schiude al
mondo delle relazioni.
L'enfasi non è più centrata sull' “oggetto suono” ma su “io” in relazione a quell'oggetto.
L' “io-corpo”, in quanto struttura di relazioni con il mondo, rappresenta per Nancy, il punto
originario di ogni esperienza. Il timbro rappresenta il primo correlato dell'ascolto. Esso
permette di distinguere e identificare la fonte del suono prodotto ed ha a che fare con la
forma e la materia della fonte sonora. Ritmo e timbro, custodendo al loro interno la
possibilità melodica e armonica, disegnano, per il filosofo, la matrice costitutiva della
risonanza che richiama il nostro orecchio all'ascolto. Nancy ci mette in guardia dalla “fuga
dal sonoro”, in un mondo che investe sempre maggiormente nelle immagini, con una
crescente emarginazione dell'udito, togliendo la possibilità di immaginare volti, luoghi,
colori e paesaggi dell'interiorità.
Meno ci porremmo “all'ascolto”, tanto più diventeremmo incapaci di ascoltare. Quali
conseguenze per l'integrità dell'uomo?
Il testo di Nancy costituisce una vera e propria rivendicazione della centralità dell'esperienza
sonora nella nostra vita: essa “trascina via la forma” e dunque evoca già di per sé una
visione mobile, non ferma delle cose. Una visione nella quale essere all'ascolto del suono
significa, per l'essere umano, “agire” e non “subire”.
L'ascolto implica quindi una dimensione creativa direttamente collegata con il mondo
dell'intuizione, dell'immaginazione, delle metafore, della fantasia. Una direzione di lavoro e
di ricerca, quella del filosofo francese, che è stata aperta dalle audaci sperimentazioni
artistiche avviate a partire dai primi del Novecento. Non sempre in modo agevole si snoda il
filo del discorso nel testo di Nancy, che percorre diverse piste di indagine appartenenti ad
un'articolata mappa di pensieri e di riflessioni “in libertà”, ma che si offre generoso alla
curiosità e all'interesse di che si occupa di arte, di musica e di relazione di aiuto che
implicano l'uso dei linguaggi espressivi quali quello vocale o sonoro-musicale.
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LA SORDITÀ
1 L'ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE DELL'ORECCHIO
Se gli organismi animali sono capolavori di ingegneria fisiologica, l'organo uditivo è fra essi
il capolavoro dei capolavori.
L'udito è una delle funzioni più importanti per la comunicazione e la sua diminuzione o
perdita comporta notevoli limitazioni comunicative che hanno da sempre stimolato lo
sviluppo di rimedi e cure più o meno efficaci.
La cura della sordità non può per altro prescindere dalla sua conoscenza.
È opportuno innanzitutto stabilire una precisa terminologia della sordità. Il termine sordità è
alquanto generico e con esso si definiscono tutti i deficit uditivi qualunque sia la loro
eziologia, il loro grado e la loro tipologia. In generale si intende con questo termine
l'incapacità di utilizzare il suono per la comunicazione e\o la comprensione (Adriana De
Filippis).
Nell'uomo l'organo dell'udito si divide anatomicamente in tre parti: orecchio esterno –
orecchio medio – orecchio interno. Grazie a tante ricerche effettuate, fin dagli anni '20, sul
sistema uditivo prenatale, si è potuto rilevare come le strutture dell'orecchio interno siano
già complete a tre mesi di gestazione, dal quarto mese i recettori cocleari sono funzionanti e,
dal settimo mese, sono maturate anche le strutture dell'orecchio medio ed esterno.
Tramite ricerche psicoaudiologiche condotte negli anni '70, è stato rilevato che durante i
primi cinque mesi di gravidanza le informazioni acustiche sono già convogliate dalla madre
ai figli; la madre diventa in grado, quindi, di adattare i figli al rumore e alle varie
stimolazioni acustiche (Cherubino, 1981).
Si è inoltre scoperto che, alla nascita, tutte le cavità dell'orecchio medio, compreso l'antro e
le cellule mastoidee, esistono come entità anatomiche ma è solo allora che la reazione di
queste cavità permette loro di acquisire una individualità funzionale ( Cherubino, 1982).
Consideriamo il tragitto effettuato dall'onda sonora dall'orecchio esterno all'orecchio interno
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passando per l'orecchio medio e osserviamo se l'onda musicale e l'onda della parola sono
trattate nello stesso modo.
1.1 L'orecchio esterno
L'orecchio esterno fa capo al padiglione auricolare, fatto di tessuto cartilaggineo, la cui
funzione è quella di localizzare e raccogliere i suoni e di concentrarli nel meato uditivo,
attraverso il cui condotto che è lungo circa 25 cm, la stimolazione acustica arriva alla
membrana timpanica al di là della quale si trovano l'orecchio medio e quello interno. Data la
forma e le dimensioni del padiglione auricolare la concentrazione delle onde sonore inviate
nel condotto equivale ad un'amplificazione di circa 20 decibel, corrispondenti ad un
aumento di potenza di 100 volte (Righini, 1987).
Si può certamente sentire anche senza avere il padiglione, ma è anche vero che la nostra
capacità di recepire il suono e la sua provenienza dalla fonte sonora (destra, sinistra,
davanti, dietro) incontra delle difficoltà. Infatti i padiglioni sono dei pannelli acustici,
pannelli morbidi che assorbono una parte dell'energia sonora che ricevono, respingono
un'altra parte ne guidano un'altra verso il condotto. Il condotto, a sua volta, permette alle
vibrazioni di arrivare al timpano; esso costituisce la prima camera di risonanza. Alcune
frequenze vengono modificate conformemente al funzionamento dei risuonatori: è un
risuonatore tutta la cavità, tutto il volume delimitato dalle pareti e nel quale può nascere,
transitare o fermarsi un'onda sonora. La materia e la forma del risuonatore non sono neutre,
perché ogni risuonatore ha la sua frequenza o la sua banda di frequenza così che i suoni che
arrivano al risuonatore e le cui frequenze coincideranno con le frequenze dello stesso
saranno modificati nel timbro e nell'intensità (Kelly, 1998; Carré, 1997).
Nello spazio il condotto presenta una banda di frequenze propria che ha come conseguenza
l'amplificazione di due delle frequenze medie comprese tra 2 KHz e 5 KHz; questo significa
che il timpano riceverà più forti le tonalità medie piuttosto che le gravi o le acute.
In questo contesto acustico i suoni musicali di frequenze medie e gravi hanno le loro prime
armoniche rafforzate (fino a 5 KHz) in rapporto alle armoniche superiori, il che conferma
come i suoni strumentali di frequenze medie appaiono all'ascolto più riccamente timbrati dei
suoni più acuti. I suoni della parola, inoltre, sono eccetto nel caso di voci particolarmente
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gravi, privilegiati dalle amplificazioni di frequenze medie (Carré, 1997).
1.2 L'orecchio medio
L a membrana timpanica, che sul lato esterno è soggetta alla pressione dell'ambiente, trova
il suo equilibrio tramite una pressione di analogo valore che agisce sul lato interno, il quale
comunica con la cavità boccale mediante un condotto detto tromba di Eustachio. In questo
modo la membrana timpanica è libera di vibrare anche quando la stimolazione è ridotta a
valori minimi, ossia quando è sollecitata da un moto vibratorio che, sui 1000 periodi, può
agire con una pressione di soli 10 Watts (W. Soglia di udibilità ) “Righini, 1987”.
Perché non abbia ostacoli nel passare, nel qual caso perderebbe una parte importante della
sua energia, i movimenti della membrana si trasmettono in modo continuo ad una catena di
ossicini minuscoli detti martello, incudine e staffa, facenti parte dell'orecchio medio. Queste
piccole strutture ossee entrano in vibrazione quando arriva l'onda e fanno da ponte tra il
timpano e la finestra ovale. Questi ossicini sono legati tra loro per mezzo dell'articolazione e
il funzionamento della catena dipende in gran parte dai muscoli che vi sono annessi. Questi
muscoli hanno la funzione di ancoraggio dell'insieme della catena di protezione
dell'orecchio interno (se la catena riceve suoni violenti, i muscoli diminuiscono la quantità
di energia trasmessa ai liquidi labirintici) e di accomodamento (attraverso
la loro
contrazione sinergica, i soni deboli vengono annientati e i suoni forti diminuiti)
(Kelly,1998).
L'effetto della trasmissione delle vibrazioni sonore attraverso la catena ossiculare consiste in
un aumento di pressione considerevole: il timpano, piccola membrana di 10mm è 30 volte
più grande della finestra ovale, quindi la pressione per arrivare in modo corretto deve
diventare trenta volte più forte sulla finestra ovale. Questo aumento è dovuto al ruolo di leve
che gioca la catena di ossicini e soprattutto al rapporto della superficie del timpano e quella
della finestra ovale, determinando una focalizzazione della pressione.
Il sistema ossiculare, per ciò che riguarda il linguaggio, può aiutare a sentire e a non sentire;
in caso di rifiuto ad ascoltare, infatti, l'individuo ha la capacità di allentare la muscolatura e
di trovarsi anche nella situazione di percezione che lo accomuna agli audiolesi. Ma i suoni
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musicali, per la loro vasta gamma frequenziale pervengono nella maggior parte a livello
dell'orecchio medio (Carré, 1997).
1.3 L'orecchio interno
Nell'orecchio interno si trova la coclea formata da una parte esterna ed una interna, piena di
liquido chiamato endolinfa, la quale riceve le sollecitazioni portate dall'orecchio medio
localizzando la ricezione delle frequenze gravi all'apice e quelle acute alle basse con tutte le
situazioni intermedie. La membrana che forma il pavimento del dotto interno prende il
nome di membrana basilare e porta i ricettori uditivi detti cellule ciliate. Queste sono
localizzate nell'organo del Corti e hanno il compito di trasdurre l'energia meccanica in altra
forma di energia (di natura elettrica), che stimola le fibre del nervo acustico composto da
circa 30.000 neuroni che portano l'informazione alla corteccia cerebrale, dove si ha la
conversione in suono (Righini, 1987).
Le cellule ciliate oltre ad avere l'elemento di ingresso alla loro estremità apicale, possiedono
anche una serie di strutture specializzate per la liberazione di neurotrasmettitore alla loro
estremità basale. A questo livello le cellule sono in contatto con gli assoni che danno origine
al nervo acustico. La depolarizzazione delle cellule ciliate determina la liberazione di
neurotrasmettitore a livello della loro superficie basale, che eccita le terminazioni
periferiche del neurone sensitivo, e l'insorgenza di potenziali d'azioni negli assoni del nervo
acustico.
Quindi, una prima codificazione dei segnali acustici avviene a livello delle sinapsi
interposte fra le cellule ciliate e le fibre del nervo acustico. Impiegando il solo codice
digitale fornito dalla frequenza di scarica dei potenziali d'azione, le fibre del nervo
segnalano un profilo dello stimolo uditivo che comprendo lo spettro delle frequenze che vi
sono contenute, i rapporti di tempo o di fase che intercorrono fra le diverse bande di
frequenza e le rispettive ampiezze (Kelly, 1998).
Intercorre una precisa relazione fra il sito della coclea innervato da una fibra e la requenza
caratteristica della fibra stessa. Di conseguenza, ogni fibra fornisce la propria miglior
risposta solo a una banda molto ristretta di frequenze anche se la maggior parte delle fibre
vengono eccitate, in qualche misura, da una gamma molto vasta di frequenze.
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Le diverse frequenze acustiche eccitano cellule ciliate diverse, localizzate in zone diverse
della coclea e le cellule ciliate localizzate nei punti dove l'oscillazione è massima sono
anche quelle che vengono maggiormente eccitate.
Inoltre, le cellule ciliate presenti nelle diverse zone della membrana basilare non sono
identiche fra loro ma differiscono, le une dalle altre, per le loro proprietà meccaniche. A
causa di queste differenze nella loro struttura, ogni cellula ciliata possiede una risonanza
meccanica particolare, accoppiata, a sua volta, alla sua risonanza elettrica (determinata dalle
caratteristiche elettriche della membrana cellulare). L'interazione di queste diverse risonanze
sintonizza le singole cellule ciliate ad una determinata frequenza (Kelly,1998).
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1.4 Cosa succede a livello cerebrale
A livello cerebrale le afferenze provenienti dalle due orecchie vengono combinate insieme
da vie ascendenti che attraversano, a diverse riprese, la linea mediana. Le vie uditive
operano la separazione delle informazioni che riguardano il tempo di arrivo dei segnali e la
loro intensità relativa, che sono gli elementi binaurali su cui si basa il sistema che analizza
la provenienza dei suoni nello spazio. Queste informazioni vengono trasportate in vie
diverse, disposte in parallelo, fino alla corteccia uditiva, dove vengono mappate le
caratteristiche relative al tempo di arrivo, all'intensità e alla frequenza dei segnali acustici
(Kelly, 1998; Carré, 1997).
Le differenze che intercorrono fra le singole aree della corteccia uditiva riflettono la
difficoltà dei compiti che stanno alla base della percezione dei suoni di elevata complessità.
Anche nella corteccia uditiva, come in altre aree del cervello, singole aree funzionali
agiscono in modo da scomporre i suoni del linguaggio nei loro componenti elementari in
modo da creare la percezione della localizzazione, dell'intensità e del timbro dei suoni
stessi.
La musica è, all'inizio, colta nel suo insieme dai meccanismi dell'emisfero destro dove si
attivano le fonti dell'emozione, ma l'esecuzione musicale, che necessità di una produzione
sequenziale motoria molto sviluppata della voce e della mano è in modo prevalente sotto
controllo dell'emisfero sinistro (Carré, 1997).
Sembra inoltre, in base a osservazioni realizzate con la tomografia, che il canto sia
rappresentato bilateralmente: da una parte la pronuncia delle parole e la loro comprensione
sono controllate in modo prioritario dall'emisfero sinistro e dall'altra, l'espressione melodica
e il timbro lo sono dall'emisfero destro perché è questo che codifica, decodifica e ricodifica
ciò che non è verbale.
La sintesi dei dati attuali nell'ambito neurologico permette quindi di dire che l'emisfero sinistro è
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quello più analitico: controlla compiti di ordine temporo-sequenziale, il linguaggio, la motricità, il
controllo dell'esecuzione e il giudizio. L'emisfero destro invece è più olistico ed è deputato a
compiti di ordini viso-spaziale, all'analisi della musica senza ritmo, all'interpretazione musicale,
all'improvvisazione e quindi alla creatività e alla componente affettiva degli stati di coscienza
(Carré, 1997).
1.5 Capacità e percezione uditiva
Per poter iniziare un progetto di musicoterapia, si deve tener presente che la capacità uditiva
ovvero la funzione di trasformazione dell'energia acustica in segnali nervosi che ha luogo a
livello dell'apparato periferico, è uguale per tutti gli individui e per tutte le popolazioni, è
presente fin dalla nascita e si espleta automaticamente alla sola condizione di essere
esercitata. Invece, la percezione uditiva, che è l'insieme delle funzioni che hanno luogo
lungo le vie sensoriali centrali e cioè dagli apparati periferici esclusi, è diversa nelle
differenti popolazioni e nei distinti individui. Questa capacità di interpretare le informazione
che provengono dall'udito, si sviluppa dopo la nascita, con un massimo di evoluzione fra i
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tre e gli otto anni, in modi molto differenziati a seconda delle necessità e delle abitudini
individuali e di gruppo, delle singole esperienze e dei rapporti educativi (Drosera & Dupadi,
1989).
Negli ipoacusici la percezione uditiva in senso stretto non esiste sebbene un'interpretazione
degli stimoli acustici sia ottenibile per via vibro-tattile, tanto che ogni suono o rumore
presenta una componente vibratoria.
La percezione è un processo psicologico assolutamente indispensabile poiché senza di esso
non esisterebbero memorie pensiero ne apprendimento. Non ci sono modalità di
trasmissione e di trasformazione di messaggi che provengono dagli organi sensoriali; ciò
che noi realizziamo è la loro proiezione sugli oggetti del mondo esterno e, questa, è la sola
fase cosciente dell'intero processo (Drosera et al., 1989).
Lo stesso corpo umano, inoltre, funziona come una grande cassa di risonanza, dove le
frequenze più gravi entrano in risonanza con le ossa più lunghe e la membrana
diaframmatica, mentre, con le frequenze più acute, si sale come risonanza anche nel corpo:
cassa toracica, cavità della gola e della scatola cranica (i cosiddetti “suoni di testa”). La
mancanza di residui dell'apparato uditivo non impedisce quindi l'intenzione all'ascolto,
poiché le onde sonore raggiungono il corpo in un modo complesso che coinvolge corpo e
orecchie senza soluzioni di continuità nella totalità delle tre dimensioni, in base a leggi
armoniche dei suoni e dei risuonatori (Righini, 1987; Cremaschi -Trovesi 1991).
Ogni ricezione genera energia, emozioni che trovano un punto di sfogo nella
comunicazione, nel generarsi della parola. È per questo che la parola prima di essere voce è
ascolto.
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2 IL DEFICIT SENSORIALE UDITIVO
L'esistenza di un deficit sensoriale uditivo priva il bambino di una fonte di informazioni che,
normalmente, gli permette di scoprire il mondo in un interazione circolare lungamente
ripetuta prima di essere dominata e interiorizzata.
L'assenza del ritorno visivo uditivo abituale rende non valido tutto un canale comunicativo.
Secondo Oskar Schindler (1989), professore di foniatria all'Università di Torino, “gli organi
sensoriali sono di importanza vitale per l'organismo poiché permettono la sopravvivenza
dell'individuo e della specie”. Si può affermare, però, che il ruolo dei cinque sensi non è
uguale per la sopravvivenza della specie e che il grado di importanza di questo ruolo è
evoluto nella storia; solo la vista, tra i cinque sensi, sembra essere sempre stata essenziale
per la nostra sopravvivenza, mentre gli altri quattro sensi si sono indeboliti nel corso delle
generazioni e dell'evoluzione della società umana, tanto è vero che ora si organizzano corsi
per imparare a sentire, gustare, toccare e ascoltare.
L'educazione uditiva è molto carente nelle famiglie e nella scuola poiché si pensa che questo
senso non abbia bisogno di essere esercitato al di fuori del contesto musicale. In realtà,
nonostante tutte le informazioni tecniche e le conoscenze di cui si dispone attualmente,
rimane ancora una grande confusione tra sentire e ascoltare e si ignora sempre ciò che il
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sordo sente male e ciò che l'udente ascolta male, così come alla fine degli anni 90 si trovano
ancora individui ritenuti sordi che non lo sono e altri che sentono male senza il loro deficit
di percezione sia mai stato considerato (Drosera et al., 1989).
Occorre quindi illustrare le cause della sordità per avere un quadro più completo della
situazione.
2.1 Sordità: generalità ed eziologia
“Il bambino ipoacusico è quello la cui acuità uditiva non è sufficiente a permettergli di
imparare la sua lingua di partecipare alle normali attività della sua età, di seguire con
profitto l'insegnamento scolastico generale” (defienizione dell'OMS)
La sordità può essere definita in funzione della profondità, della sua natura o della sua
eziologia.
2.2 Classificazione sulla base della profondità
Questa classificazione è stabilita nella zona di conversazione tra i 500 ed i 2000 cicli/s per il
migliore orecchio.
• Sordità totale o cofosi: deficit superiore a 85db
• Ipoacusia profonda: deficit da 60 a 85 db
• Ipoacusia lieve:deficit da 40 a60 db; è possibile l'acquisizione del linguaggio, ma
articolazione e voce sono difettose.
• Sordastro:deficit inferiore a 40db; il linguaggio si sviluppa. Esistono a volte
alterazioni articolatorie.
In base alla suddivisione del deficit rispetto alla frequenza si possono anche distinguere:
•
curve di pendenza in cui il deficit colpisce soprattutto i toni alti;
• curve orizzontali in cui il deficit è identico qualunque sia la frequenza;
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• curve a U in cui il deficit riguarda una banda di frequenza che può o no colpire la
zona di conversazione (De Ajuriaguerra& Marcelli, 1984; Cremaschi Trovesi, 1991;
Carrè, 1997; Ambrosetti& Del Bo, 2002).
2.3 Classificazione sulla base anatomofisiologica
Sordità di trasmissione:
sono le più frequenti, la conduzione ossea è normale, la percezione della parola non è troppo
alterata. Le sordità di trasmissione sono essenzialmente legate a dei disturbi del
funzionamento della tromba di Eustachio, a un danno del rinofaringe o ad una infezione
cronica dell' orecchio medio (De Ajuriaguerra et al,; 1984; Ambrosetti et al.,2002).
Ostruzione tubarica
L'ostruzione tubarica che determina una cattiva aerazione della cassa del timpano è la causa
più frequente di ipoacusia nel bambino. Questa ipoacusia è moderata ed è oggetto di un
trattamento medico o chirurgico che permette una restituzione della funzione uditiva
(ablazione delle vegetazioni, massaggio tubarico, trattamento della patologia nasale,
insuflazione). Ad uno stadio più evoluto si può osservare un'otite seria la cui tabella clinica
è dominata dalla sordità.
Infezione dell'orecchio medio
L 'otite acuta determina solo una sordità transitoria, tranne quando diventa cronica. La
paracentesi permette di dar solievo al bambino praticando un'incisione nel timpano; i liquidi
purulenti possono allora uscire. Le paracentesi mettono meno in pericolo l'integrità del
timpano piuttosto che le rotture spontanee sotto la pressione della massa purulenta (Carrè,
1997).Si possono distinguere vari tipi di danni uditivi cronici:
1. l'otorrea tubarica: le secrezioni mucose della tromba di Eustacchio e del cavo
scorrono dal condotto uditivo esterno, attraverso una perforazione del timpano,
conseguenza di un'otite acuta mal curata o particolarmente necrotizzante. La sordità
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in quel caso è più grave.
2. L'otite colesteomatosa ha un aspetto molto specifico: il colesteoma erode l'osso che
lo circonda, provocando così delle complicazioni talora gravi, tra cui spesso il
danneggiamento del labirinto.
Questi diversi danni all'orecchio medio necessitano di un trattamento medico e chirurgico i
cui risultati sono più o meno soddisfacenti secondo i casi. La funzione uditiva non può
essere sempre ristabilita e, a volte, bisogna prendere in considerazione l'uso di una protesi
acustica. Esistono
ugualmente delle malformazioni congenite dell'orecchio medio ed
esterno.
Nel caso di sordità di trasmissione, le incidenze sul linguaggio sono generalmente minime,
ad eccezione delle deficienze uditive superiori a 50 db e apparse molto presto.
La percentuale di bambini affetti da sordità di trasmissione durante il periodo scolastico è di
circa il 3% ( Carrè, 1997).
Sordità di percezione
Queste sordità corrispondono ad un danno dell'orecchio interno o delle vie nervose; la
percezione della parola è molto deformata, le difficoltà dell'apprendimento fonetico sono
notevoli. Sono isolate o associate alle precedenti (De Ajuriaguerra et al., 1984). In quasi
tutti i casi si constatano dei disturbi del linguaggio, tanta più gravi quanto più il deficit
uditivo è profondo, precoce, o la lesione sia centrale. Circa lo 0,5% dei bambini in età
scolare sono affetti da sordità di percezione a diversi gradi.
Il miglioramento della qualità dell'udito è molto raro nei casi di sordità acquisite; mentre si
osservano peggioramenti progressivi della sordità nei casi di sordità familiari ma anche nel
caso di danni di diversa origine (Carré, 1997; Ambrosetti et al.,2002).
Nella sordità di percezione si distinguono:
1. sordità ereditarie
Rappresentano il 20% dei casi e numerose eziologie sconosciute appartengono a
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questo gruppo. Alcune di esse si possono constatare dalla nascita Le sordità
degenerative, al contrario, appaiono più o meno tardi dopo la nascita e si aggravano
progressivamente. La sordità genetica può essere associata ad altri disturbi sensoriali,
motori o mentali.
2. Sordità acquisite
sordità di origine prenatale:
la rosolia : quando sopraggiunge tra la settima e la decima settimana di
gravidanza, determina una sordità di percezione causata dall'arresto dello
sviluppo della coclea. Il deficit generalmente è grave e può essere
accompagnato da altri danni, soprattutto cardiaci e oculari.
La toxoplasmosi : contratta dalla madre in periodo di gestazione, può
determinare una sordità che può essere o meno associata ad altre
trasformazioni.
L'incompatibilità sanguinea può provocare un danno cocleare nella misura
in cui essa si complica ittero nucleare. Gli incidenti di incompatibilità
sanguinea sono regrediti in questi ultimi anni grazie ai progressi della
prevenzione e della terapia medica.
sordità di origine neonatale:
L'anossia neonatale può causare lesioni uditive;
Ugualmente la nascita prematura
Un trauma ostetrico.
sordità di origine post-natale:
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Alcune malattie infettive, come la meningite e le encefaliti;
Delle affezioni da virus: neutropi ed in particolare le reazioni meningee
parotitiche che determinano delle sordità colpendo il neurolabirinto; in
questo caso è colpito un solo orecchio;
Delle
terapie
farmacologiche
tossiche
per
l'orecchio:
come
la
streptomicina, la canamicina, la gentamicina, il chinino, in particolare
quando vengono somministrate a lungo e in grandi quantità;
Traumi con frattura della piramide
Danni metabolici: come il mexedema o il diabete infantile (Ambrosetti et
al., 2002).
Alterazioni dell'identificazione
abituali nelle sordità di ricezione, possono però esistere anche
separatamente.
Alterazioni dell'integrazione uditiva o della simbolizzazione di origine
centrale (De Ajuriaguerra et al., 1984).
2.4 Classificazione in base all'eziologia
z
Origine genetica (50%): congenita e generativa.
z
Origine prenatale: embriopatia (ad esempio rosolia) o fetopatia.
z
Origine neonatale: prematuranza, sofferenza perinatale (20%).
z
Acquisita durante l'infanzia: cause infettive (meningiti), tossiche (strettomicina),
traumatiche (frattura della rocca).
Resta un'importante percentuale da causa sconosciuta, circa il 36% (De Ajuriaguerra et al.,
1984).
Il problema posto dal bambino sordo è, in gran parte, condizionato dall'acquisizione o no del
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linguaggio parlato e scritto. La sordità totale priva il bambino di qualsiasi informazione
acustica e rende, di conseguenza, qualsiasi emissione sonora priva di valore; così si vede
come il balbettio dei primi 2-3 masi sparisca del tutto verso i 5-6 mesi.
Questa deprivazione sensoriale spiega le deviazioni del processo maturativo, deviazioni
rinforzate per la frequente inadeguatezza tra modalità privilegiata di interazione del
bambino sordo e la risposta del suo ambiente.
Bisogna anche considerare il momento della comparsa della sordità: fin dalla nascita o
prima della comparsa del linguaggio o dopo la comparsa del linguaggio, dove il problema
diventa quello di preservare ciò che è già stato acquisito su questo piano (Ambrosetti et
al.,2002).
Come si può dedurre dalla breve trattazione precedente, la diagnosi della sindrome genetica
è particolarmente importante per diversi motivi. Si potrà conoscere la prognosi di quella
condizione; si potrà seguire un ben preciso percorso clinico-assistenziale con protocolli
mirati, rivolti alla prevenzione delle principali complicanze; si potranno dare informazioni
sul meccanismo di trasmissione ereditaria, sul rischio di ricorrenza e sulle possibilità di
diagnosi prenatale.
Comunque, nonostante i notevoli progressi che la genetica ha fatto negli ultimi anni, il
riconoscimento precoce (soprattutto in epoca neonatale) di una sindrome genetica non è
sempre agevole, anche per gli specialisti. Ciò può essere dovuto, per esempio, all'assenza,
all'epoca dell'osservazione, di tutti i segni clinici caratteristici di quella sindrome, oppure
alla loro variabilità di espressione.
E quindi, pur con l'utilizzo di tutti gli attuali strumenti clinici e laboratoristici, non sempre si
può giungere subito a una diagnosi di certezza. A questo proposito va ribadito che è sempre
meglio non fare diagnosi piuttosto che etichettare comunque (Selicorni,1998). Non è tanto
importante avere una diagnosi, quanto che la diagnosi sia certa e inoppugnabile. Se la
diagnosi non è raggiungibile, sarà necessario che il medico genetista riveda periodicamente
il bambino (follow-up), per individuare eventuali nuovi segni clinici non evidenti alla prima
osservazione o per utilizzare nuovi test genetici resi disponibili nel frattempo.
Nel contempo la persona con sindrome genetica ha bisogno di un approccio
multidisciplinare: del genetista medico, del pediatra di base, di altri specialisti medici
(otorino, oculista, cardiologo, neuropsichiatra ecc...), della chirurgia (plastica, ricostruttiva,
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ortopedica), dell'abilitazione (logopedisti, psicomotricisti), di operatori della vita quotidiana
(insegnanti, assistenti sociali). In quest'opera vi è l'esigenza fortissima di coordinare i
diversi interventi. Ciascuno dovrebbe aggiornarsi sulle ultime conoscenze di quella
sindrome e sullo stato attuale di salute psicofisica della persona cercando di costruire un
circuito di mutuo scambio.
Va infine ribadito che la rivoluzione della genetica molecolare degli ultimi anni è tuttora in
corso. Essa, finora, ha contribuito a chiarire meglio l'eziologia e i meccanismi patogenetici
di molte sindromi, offrendo nuove possibilità di diagnosi presintomatiche e prenatali, e
ponendo le basi per la messa a punto di approcci terapeutici innovativi.
3 AUDIOMETRIA
E' difficile misurare l'udito nel bambino poiché sono necessarie la volontà e la
partecipazione del soggetto. L'80% dei bambini con meno di un anno non rispondono agli
stimoli sonori: tuttavia questo non significa che otto bimbi su dieci sono sordi. Otto bambini
su dieci non provano la necessità di manifestare che essi hanno sentito il suono che è stato
emesso per provocare la loro reazione. Ecco perchè è difficile fare una diagnosi precoce
della sordità (Carrè, 1997).
A partire dai due anni si usano degli audiometri, che sono generatori di frequenza che
mettono dei suoni puri, il che significa che spesso l'udito viene testato con dei suoni che
abitualmente non si sentono quasi mai. Il nostro ambiente sonoro, infatti, è costituito
principalmente da rumori, voci parlate, voci cantate, suoni strumentali e molto raramente da
suoni puri (giochi elettronici, generatori).
Per ottenere una corretta misurazione dell'udito valutando la situazione uditiva quotidiana
dell'individuo, converrebbe quindi usare tre tipi di misure corrispondenti alle tre categorie
acustiche, alle nostre tre condizioni di vita sonora: misura dei suoni complessi delle curve
periodiche; misura dei suoni puri.
Questa audiometria tuttavia può essere qualificata come soggettiva, poiché il soggetto può
sentire o comunque non manifestare nulla, qualunque sia la natura acustica del suono
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proposto.
L'audiometria realizzata senza che la volontà del soggetto interferisca è chiamata
audiometria oggettiva ma vi si ricorre poco, dal momento che la sua tecnica è molto
delicata (Carrè).
3.1 Audiometria soggettiva
In genere, questi sono i metodi più semplici e la loro precisione è in genere sufficiente, ma
non necessitano della partecipazione del bambino e quindi di una grande esperienza
dell'esaminatore per la loro realizzazione e interpretazione.
3.2 Natura acustica dei suoni utilizzati
z
Suoni puri
Il generatore di frequenze emette dei suoni puri alle frequenze 125, 250, 500, 1000, 2000,
4000, 8000 hertz. Si determina per ogni frequenza la sogli di udibilità minimale, ovvero la
soglia d'intensità alla quale si percepisce la frequenza. Si può in seguito tracciare una curva
audiometrica che esprimerà il livello uditivo di un orecchio normale.
Se il soggetto non mostra di sentire il suono pervenuto al suo orecchio destro o sinistro,
l'operatore aumenterà l'intensità della frequenza testata di 10 decibel. Se il soggetto
reagisce, sarà acquisito che sulla frequenza testata il soggetto soffre di una perdita di 10
decibel, dal momento che, in rapporto alla soglia normale, gli sono necessari 10 decibel in
più (Carré, 1997).
z Bande strette di rumore bianco
Nei test i suoni puri sono talvolta rimpiazzati da bande strette di rumore bianco di cui si può
facilmente modificare l'intensità.
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z Suoni complessi
Ognuno di questi suoni è costituito dalla sua frequenza fondamentale arricchita di
vibrazioni, dette secondarie, chiamate armoniche del tono fondamentale.
z Materiale vocale
Tutti gli adulti ed i bambini, in grado di fornire delle risposte ad uno stimolo verbale,
vengono sottoposti alle prove uditive.
per esempio per quanto riguarda i bimbi si possono chiamare per nome dandogli ordini
semplici. Per quanto riguarda il linguaggio, le prove vocali (test di immagini, ripetizione di
parole) completano l'esame. Esse saranno usate per la taratura della protesi acustica e la
valutazione dei progressi del bimbo (Carré).
3.3 Metodi usati per i test audiometrici
- La scelta del metodo dipende principalmente dall'età del bambino testato.
- L'osservazione delle relazione e dei difetti.
Come già stato detto, le reazioni del bimbo piccolo alle stimolazioni sonore sono rare. Si
ammette che l'origine della reazione è uditiva se ogni altra stimolazione è eliminata e se la
reazione è in relazione temporale certa con lo stimolo sonoro (Carrè 1997; Ambrosetti et
al.,2002). Le risposte sono spesso occasionali e molte di esse appaiono solo quando i suoni
sono intensi:
- il riflesso cocleo-palpebrale (chiusura delle palpebre sincrona all'emissione
del suono;
- il riflesspo cocleo- muscolare generalizzato (contrazione muscolare diffusa o
o reazione di sobbalzo);
- reazioni cefaliche audiotrope o audiofughe;
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- movimenti lenti della membrana e delle estremità;
- modificazione del ritmo cardiaco e respiratorio;
- modificazioni del comportamento (reazioni di arresto, di smorfie, di sorrisi di
movimenti di suzione).
In questo contesto i suoni utilizzati sono, secondo l'ordine di quantità di reazioni provocate,i
suoni complessi, i suoni puri ed infine le bande strette di rumore bianco. L' intensità è al di
sopra del normale e si constata che le reazioni diminuiscono progressivamente con la
ripetizione degli stimoli.(Carrè, 1997).
A partire dagli otto mesi si ottengono più facilmente delle reazioni con degli stimoli sonori
la cui intensità è vicina alla sogli normale: si può osservare il riflesso di orientamento (il
bimbo gira la testa verso la fonte sonora) ed ottenere una curva audiometrica approssimativa
dell'udito del bimbo.
La precisione di questi esami, eventualmente ripetuti, in casi di dubbi, è di circa 30-40 dB;
tali metodiche sono sufficienti per la loro utilizzazione come metodi di dèpistage.
3.4 Test di condizionamento
Questi test sono stati creati per ottenere soglie precise, ma esigono la partecipazione
volontaria del bambino. Si tratta di instaurare un condizionamento con il suono, la risposta
che lo segue e la ricompensa che la risposta stessa ottiene.
z
Riflesso di orientamento condizionato (R.O.C.)
Si tratta di instaurare un riflesso di orientamento spaziale verso una sorgente allo stesso
tempo sonora e visiva. Il bambino è seduto davanti ad un teatrino con due sorgenti sonore e
due immagini laterali la qui illuminazione avviene subito dopo lo stimolo sonoro; il bimbo è
condizionato a girarsi verso il suono, movimento ricompensato con la visione dell'immagine
luminosa. Riducendo l'intensità del suono si riesce a determinare una soglia audiometrica
attendibile (Ambrosetti, Del Bo,2002).
Questo metodo dà dei risultati utilizzabili nei soggetti da uno a tre anni; bisogna però stare
attenti affinché l'assenza di reazione non sia sistematicamente interpretata come sospetto di
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sordità (Carrè, 1997).
z
Metodo del peep-show (o Play Audiometry)
questo metodo richiede una partecipazione del bimbo ancora più attiva poiché il soggetto
viene condizionato, alla percezione del suono, a premere un pulsante che comanda la
comparsa dell'immagine luminosa o l'attivazione di un giocattolo meccanico. Questa
metodica permette di ottenere delle soglie molto vicine alle soglie reali nei bimbi dai tre ai
sei anni. Permette anche di testare le due orecchie separatamente.
z
Audiometria tonale
Si applica ai bambini di cinque-sei anni. Un suono puro, la cui frequenza va dai 125 hertz
agli 8000 hertz, è trasmesso attraverso la cuffia che porta il bambino. Si è precedentemente
convenuto con il bimbo sulla maniera in cui egli segnalerà che ha sentito il suono a destra o
a sinistra. Dunque con questo test si può valutare l'udito di ogni orecchio in suoni puri e
stabilire una curva delle soglie di udibilità per ogni orecchio.
z
Audiometria vocale
Può essere eseguita in un bambino che abbia già una acquisizione del linguaggio. Il suo
principale interesse pratico è quello che permette, meglio di un suono puro, di attrarre
l'attenzione del bambino, sia che si domandi di mostrare su una tavoletta un'immagine
corrispondente alla parola che ha sentito, sia che egli la ripeta semplicemente. Il secondo
interesse di questa metodica è che permette di assicurare non solo la percezione uditiva ma
anche la sua comprensione, elemento che può essere alterato solo in caso di sordità centrale
(Carrè, 1997).
Esistono molte prove in questo campo le più diffuse sono:
−
test di parole con indicazioni di immagini, nei quali il soggetto deve far
corrispondere un'immagine o un oggetto alle parole udite.
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−
le ripetizioni di parole: si dicono delle parole al bambino, di dieci in dieci.
Si modifica l'intensità durante il corso del test; ad ogni livello di intensità si nota la
percentuale di ripetizioni corrette delle liste di parole che sono state sottoposte al bimbo. Si
costituisce così una curva di intelligibilità delle parole.
L'audiometria vocale completa quella tonale testando un contesto reale di percezione e non
artificiale come con il materiale dei suoni puri.
z
Acumetria
Studia la percezione della voce o dei suoni puri in corso dell'esame clinico.
E' raro che il bambino dell'età di due anni e mezzo - 3 anni, poco cooperante, non sia
possibile ottenere una risposta alla proposta sussurrata di avere una caramella; un po' di
esperienza permette quindi di fare un dèpistage uditivo con poca spesa.
Nei bambini più grandi l'acumetria con i diapason permette di praticare il test di Weber, che
consiste nel poggiare un diapason vibrante di frequenza grave al vertice. La percezione del
suono viene lateralizzata dall'orecchio ipoacusico in caso di sordità di trasmissione e dal lato
dell'orecchio sano in caso di sordità di percezione. Questo test può essere eseguito se si
conosce il fenomeno della lateralizzazione.
3.5 Audiometria oggettiva
Impedenzometria
Questa misurazione oggettiva dell'udito nei diversi aspetti si realizza grazie a due prove:
- la timpanometria: permette di provare l'elasticità del timpano in risposta alla
pressione prodotta sul condotto uditivo esterno. L'impedenza del timpano è ritenuta
normale quando la curva forma una “V” al contrario (Carrè, 1997; Ambrosetti et al.,
2002).
- la misurazione del riflesso: si provoca questo riflesso emettendo un suono di forte
intensità, di circa 80 decibel al di sopra della soglia. Questo test permette di
verificare lo stato della catena degli ossicini e l'assenza di liquido nella cassa del
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timpano.
Elettroencefalografia (o Audiometria a risposte evocate).
Questo metodo consiste nel rilevare sulla corteccia i potenziali uditivi evocati, per
testare la funzione uditiva. Si tratta di estrarre dei ritmi dell'elettroencefalogramma, con
una media elettronica, provocando le risposte corticali con uno stimolo uditivo
determinato. Attualmente la risposta è ben conosciuta; la latenza e l'ampiezza sono le
sue caratteristiche principali. Se questo esame permette di confermare alcune diagnosi
difficili per i bambini particolarmente poco cooperanti, esso non è sempre affidabile,
soprattutto nel caso di soggetti molto piccoli. Nella maggior parte dei casi, l'audiometria
elettroencefalografia non è sufficiente da sola per confermare la diagnosi; deve entrare
nel quadro di un esame completo (Carrè, 1997).
4 La riabilitazione della sordità
Nella cura delle patologie audiologiche va tenuto presente che non in tutte le situazione
possibile ottenere una completa restituzione integrale della funzione uditiva mediante la
terapia medica e/o chirurgica: secondo alcune immagini tale percentuale ammonterebbe
addirittura al 60% dei casi di ipoacusia insorta per le più varie cause. In questi casi la
tecnologia ha superato il problema eziopatogenico mediante l'uso di protesi acustiche che
non si limitano più alle semplici amplificazioni dei suoni, ma aiutano le persone a vivere la
vita che desiderano con il residuo uditivo che hanno (Gordin, 2003).
E' percio evidente l'importanza di una diagnosi precoce e dell'altrettanto precocissima
proteizzazione, anche a pochi mesi di vita, al fine di poter inserire al più presto il bambino
nel mondo dei suoni così da fargli ottenere un'acquisizione del linguaggio adeguata.
Negli ultimi trent'anni si è andata accumulando una notevole conoscenza sulla
protesizzazione nei bambini, tuttavia l'intero procedimento è ancora spesso fonte di errori.
Ciò accade perchè nei bambini sono disponibili solo pochi dati audiometrici. Un altro
problema riguarda quale sia il livello di loudness preferito dai bambini: è probabile (Nozza,
Rassmann et al, 1991) che anche i bambini normoudenti abbiano bisogno di livelli sonori
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più elevati per effettuare prestazioni di discriminazione comparabili a quelle degli adulti.
Inoltre è poco noto se i bambini con sordità pre-verbale e in bambini che hanno già
acquisito il linguaggio le protesi debbano essere regolate con differenti risposte in
frequenza.
L'utilizzo di protesi acustiche a tecnologia evoluta e il miglioramento delle conoscenze della
fisiopatologia
delle
sordità
neurosensoriali
hanno
ampliato
gli
obiettivi
della
protesizzazione. In particolare, una protesi acustica dovrebbe assicurare non solo l'udibilità
dei segnali, ma anche un elevata qualità del suono amplificato, una appropriata e sufficiente
rappresentazione delle caratteristiche delle protesi
acustiche dei segnali vocali e una
riduzione delle interferenze da rumore ambientale.
4.1 Udibilità dei segnali
Mettere a confronto sull'audiogramma il profilo spettrale del parlato a normale intensità e i
possibili livelli di perdita uditiva aiuta a spiegare la perdita di informazione subita dagli
ipoacusici. Va ricordato che, rispetto alle consonanti, le vocali hanno di norma una intensità
maggiore e per lo più sono caratterizzate da bande spettrali più definite in frequenza. Per il
riconoscimento di alcuni fenomeni consonantici, (per esempio fricative e sibilanti) risulta
importante l'udibilità delle alte frequenze. Il riconoscimento dei fonemi, oltre che dal livello
della perdita uditiva media per le frequenze centrali (0,5-1-2khz), tipicamente utilizzato per
classificare i gradi di ipoacusia, è influenzato quindi dalla configurazione di soglia, piatta, in
salita o in discesa. E' inoltre da considerare che, probabilmente, nei primi stadi di
acquisizione del linguaggio è importante la percezione delle frequenze gravi, le quali
veicolano informazioni prosodiche che il bambino usa quando inizia a vocalizzare in modo
intonato (Khule Meltzoff,1996).
L'effetto di una protesizzazione è allora in relazione alla quantità di informazione spettrale
contenuta nel parlato che può essere amplificata al di sopra della soglia uditiva (Blamej e
Sarant, 2001).
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4.2 Procedure di protesizzazione
Tipicamente la protesizzazione è un procedimento complesso solitamente suddiviso in
quattro tempi:
- nosi
- applicazione
- verifica
- validazione
Il primo tempo comprende tutti gli accertamenti clinici e strumenti per definire la diagnosi
di sordità che avviene per lo più con tecniche elettrofisiologiche (ABR, potenziali evocati
del tronco, EcochG: elettrococleografia). Poiché queste tecniche applicano stimoli transitori,
con una intensità massima corrispondente a 90-95 dB HL e una specificità in frequenza
limitata a 1-4 KHz, esse non danno un'informazione sull'esistenza di residui uditivi oltre 90
dB HL, né sulla sogli delle frequenze gravi.
Il secondo tempo è essenzialmente tecnico, essendo eseguito dall'audioprotesista, e
comprende la selezione della protesi, l'adattamento fisico all'orecchio (costruzione della
chiocciola, sistema di accoppiamento), la regolazione individuale della protesi.
Una volta iniziato il programma di riabilitazione, dovrebbero essere raccolti, attraverso
tecniche audiometriche comportamentali (allenamento acustico, audiometria gioco,
audiometria a risposte condizionate), altri dati riguardo la soglia uditiva, che dovrebbero
essere via via applicati per aggiustare al meglio la protesizzazione.
Il terzo tempo della protesizzazione riguarda la verifica dell'efficienza del guadagno
protesico. Anche questo tempo può essere abbastanza prolungato e richiedere, accanto
all'audioprotesista, l'intervento del riabilitatore. Tecnicamente la verifica si basa, oltre che
sul rilievo del guadagno in situ (Seewald,1995), sul rilievo del guadagno funzionale,
utilizzando tecniche audiometriche comportamentali.
Il quarto tempo include la raccolta di un complesso di informazioni riguardanti le modifiche
comportamentali, di apprendimento, di sviluppo del linguaggio e di interazione sociale che
si sono verificate in seguito alla protesizzazione.
Ciascun modello di protesi ha i sui vantaggi e i suoi difetti e, nella valutazione del tipo di
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protesi da prescrivere, l Otorinolaringoiatra/Audiologo non può prescindere dal contatto
con il paziente, non solo in termini di guadagno protesico e confort uditivo, ma anche in
termini di accettabilità estetica e possibilità economiche. Questi fattori contribuiscono, così,
a creare un'area di interazione tra la salute del paziente e lo specialista Otorinolaringoiatra
/Audiologo che è chiamato ad avere il compito di porre la corretta indicazione sul tipo e le
caratteristiche della protesi, e anche quello di seguire il paziente per consentirei migliori
risultati riabilitativi in collaborazione con l'Audioprotesista e la logopedista (Casale et al.,
2002).
In base alla perdita uditiva e alla forma dell'orecchio, l'audioprotesista è in grado di stabilire
il tipo di apparecchio più indicato.
Ogni protesi si compone schematicamente in almeno quattro componenti fondamentali:
z
trasduttore (microfono o bobina telefonica),
z
batterie
z
ricevitore
z
amplificatore e circuiti di controllo.
Qui la protesi trasforma il segnale sonoro in energia elettrica che, successivamente, viene
trasformata in segnale sonoro.
4.3 Classificazione
In base alla via di trasmissione del suono amplificato, le protesi possono essere suddivise in
protesi per via aerea e protesi per via ossea (Casale et al., 2002).
In rapporto alla posizione possono essere distinte in:
z
“Protesi a scatola o apparecchi da tasca”
Utilizzati all'origine delle protesi, questi dispositivi (cassetta più cordoni
ecornetti acustici esterni) sono utili se si desidera un'amplificazione più
33
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intensa di quelli retroauricolari o quando questa è controindicata, oppure
prima che venganoapplicate le protesi retroauricolari (nel soggetto
riconosciuto sordo da poco).
z
Protesi ad “occhiale” (per via aerea, per via ossea)
Si tratta dell'inserimento dei componenti elettronici nelle stanghette degli
occhiali, soprattutto per un effetto estetico. Essi possono essere usati, per
esempio, in caso di sordità di trasmissione, o meglio in caso di cofosidi un
orecchio, sistemando in un lato della stanghetta un microfono collegato con
l'amplificatore nell'altra stanghetta e l'auricolare destinato all'orecchio
(Bjorner, 2003).
z
Protesi retroauricolari (BTE)
Utilizzate nel 60% delle protesi realizzate attualmente, essi si adattano bene,
grazie alla regolazione personalizzata, ai diversi gradi ed aspetti di deficit
uditivi. Il suono viene convogliato nel canale attraverso un tubicino in un
raccordo all'interno dell'orecchio.
L'amplificatore è anche dotato di correttori della curva di risposta e di un
dispositivo di riduzione automatico del guadagno acustico per permettere la
regolazione individuale della dinamica dell'amplificazione (Carrè, 1997).
Le condizioni di questa riduzione sono determinate dall'ambiente sonoro della
persona interessata così come dalle sue performance di discriminazione
uditiva. Questi apparecchi offrono una maggiore amplificazione rispetto ad
altri modelli grazie alle maggiori dimensioni dell'amplificatore e della batteria.
z
Protesi intra-auricolare (ITE)
A causa delle dimensioni maggiori, gli apparecchi ITE sono molto più facili
da maneggiare possono offrire un maggior numero di funzionalità, per
esempio il riconoscimento direzionale che agevola la comprensione del
parlato in situazioni rumorose, e la telebobina, un sistema particolarmente
indicato per l'ascolto diretto dell'apparecchio TV/radio o al cinema/teatro,
ecc... Questi apparecchi sono indicati per perdite uditive sino a gravi (Bjorner,
2003).
z
Protesi endoauricolari (CIC e ITC)
34
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E' una famiglia molto eterogenea, comprendendo protesi che, essendo di
dimensioni
estremamente
ridotte
(CIC),
possono
essere
inserite
profondamente nel condotto uditivo interno risultando pressoché invisibili.
Esse possono esse usate solo se il condotto uditivo è sufficientemente ampio e,
poiché fanno uso di batterie di dimensioni di dimensioni molto ridotte
richiedono anche una buona manualità. Questi apparecchi sono indicati per
perdite uditive medie.
Ci sono poi altre protesi (ITC) che sono appena più grandi dei CIC. Anch'essi
vengono inseriti in profondità nel canale e sono molto discreti. Fanno uso di
batterie leggermente più grandi, più facili da maneggiare e da sostituire.
Questi apparecchi sono indicati per perdite uditive sino a medio gravi ( Casale
et al., 2002; Bjorner, 2003;).
Come regola generale, minori sono le dimensioni dell'apparecchio acustico e minore è il
guadagno, sicché le protesi a inserzione profonda nel canale sono riservate alle ipoacusie di
entità medio- lieve.
La protesi acustica, in generale, permette di sentire meglio la parola ma, nello stesso tempo,
amplifica l'ambiente sonoro spesso costituito da suoni gravi, i quali coprono quelli acuti utili
all'intelligibilità della parola. Esistono alcuni metodi per la riduzione del rumore quali, ad
esempio, il sistema di riduzione automatica del rumore, il sistema H.F (collegamento ad alta
frequenza),i collegamenti a raggi infrarossi e il collegamento induttivo (Carrè, 1997).
Un discorso a parte meritano le protesi digitali che, sfruttano la capacità dei
microprocessori, sono programmabili via software e, perciò, non richiedono circuiti
analogici per processare i suoni. Ciò si traduce in una riduzione degli spazi e una maggiore
versatilità dello stesso apparecchio sia in differenti tipi di ipoacusia sia in differenti
situazioni ambientali, anche le più difficili come cocktail party, aereo, ecc... (Biorner, 2003).
4.4 Vantaggi e difficoltà della protesizzazione
Il bambino protesizzato deve essere periodicamente sottoposto a controlli funzionali
audiometrici per valutare il comportamento della soglia del tempo; gli eventuali rari
35
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peggioramento (nell'ordine circa dello 0,5) sono imputabili a fattori patologici intercorrenti
come processi virali, intossicazioni, cattivo uso dei farmaci o tossici, ecc...
Se in un soggetto già portatore di una grave lesione a livello dell'apparato uditivo non si
sfruttano con la massima prontezza i pochi residui uditivi esistenti, si ha un ulteriore e
irrecuperabile deterioramento della funzione acustica (Del Bo, Cippone & De Filippis,
1998).
Inoltre, si è visto che più il bambino è piccolo e più accetta la protesi. L'intolleranza
immediata può essere in genere superata in pochi giorni; a questa fase iniziale ne segue una
seconda nella quale è il bambino stesso che desidera l'ausilio protesico, tanto è vero che è
lui stesso a chiedere la protesi appena si sveglia al mattino, e spesso segnala possibili guasti
o, comunque, l'eventuale mancato funzionamento.
In molti casi è più difficile fare accettare il concetto della protesizzazione ad alcuni genitori
che non al bambino stesso. Problemi psicologici di intolleranza da parte del bambino
piccolo non ne esistono; questi si possono manifestare qualora la protesizzazione si faccia
dopo i 4/5 anni. Nel periodo di vita compreso tra i 6 e i 12 anni si incontrano considerevoli
difficoltà e reazioni psicologiche anche gravi. A queste età, però, nel caso di sordità
profonde, è inutile insistere poiché le condizioni del linguaggio sono già spesso totalmente
deteriorate che anche l'uso della protesi non può portare che a risultati di esiguo conto
(Bianco di Castelbianco, Morgantini, Sommaruga & Vichi, 2002).
Solitamente il tipo di protesi viene sostituita con un'altra dopo uno o due anni dall'inizio
della protesizzazione stessa; ciò si basa sulla constatazione di un apparente miglioramento
della soglia uditiva delle frequenze in precedenza presenti e nella comparsa di frequenze che
prima non esistevano affatto. La constatazione di tale giustificazione potrebbe risiedere
nella maturazione del sistema nervoso verificatasi col tempo o nel miglioramento
dell'attività funzionale o nel recupero di gruppi neurosensoriali dell'orecchio interno
sottoposti continuamente a stimoli acustici(Del Bo et al., 1988).
poiché il tempo utile all'acquisizione del linguaggio è compreso in quel periodo che va dalla
nascita fino all'età di 3 anni e poiché, spesso, l'agente patogeno responsabile della sordità
grave agisce o prima o durante la nascita o nei primi 2 anni di vita, è indispensabile che si
faccia una diagnosi precoce, che deve essere situata nel tempo il più vicino possibile al
momento nel quale ha agito l'evento responsabile della sordità. Occorre poi una valutazione
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esatta del deficit uditivo cosicché si può applicare una precoce protesizzazione usando
protesi acustiche opportune, ben scelte in rapporto al tipo di sordità, da portarsi sempre
lungo tutto l'arco della giornata.
Dopo di che è necessaria un'immediata rieducazione ai suoni e alla parola, grazie
all'intervento integrato della musicoterapia e della logopedia. La collaborazione massima
dei genitori nel processo di recupero del bambino è fondamentale, così come il
mantenimento e l'immissione del bambino in un ambiente di normoudenti coetanei. Quando
il bambino ipoacusico viene inserito negli asili e nelle scuole dei bambini udenti, occorre
cercare di ottenere la comprensione e la collaborazione degli insegnanti (Del Bo et al.,
1988).
Non bisogna però disconoscere che esistono difficoltà all'attuazione di questi punti. I motivi
sono i seguenti:
z
le difficoltà o l'impossibilità che numerose famiglie possono avere nel
raggiungere gli eventuali “Centri” di diagnosi e di recupero; ciò soprattutto,
per notevoli distanze o per l'impossibilità economica dalla famiglia stessa
z
La difficoltà ad ottenere la collaborazione delle famiglie per motivi diversi
quali, ad esempio, l'analfabetismo, la scarsa cultura dei genitori, l'assenza di
volontà dei genitori stessi, l'impossibilità materiale di seguire il bambino
affetto da sordità a causa dell'attività lavorativa o il numero esagerato di figli
da accudire.
z
È estremamente difficile riuscire a stabilire una diagnosi precoce, anche
perché il dépistage
proposto alla nascita è di non facile esecuzione per
carenza di personale qualificato e per insufficienze organizzative;
z
Non esiste oggi in Italia un numero sufficiente di personale tecnico capace di
impostare una rieducazione efficace;
z
Alcuni sostengono che il bambino, spesso, non è in grado di sopportare la
protesi; questa, anzi, può turbare il suo normale sviluppo psichico. In realtà si
è dimostrato che più precocemente questa viene applicata e più è desiderata
dal bambino poiché egli si rende conto della sua utilità nell'indagine che egli
compie sul mondo che lo circonda.
z
La protesi acustica, poi, oggi è eccessivamente costosa e poiché le protesi
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spesso devono essere due, la spesa va raddoppiata. I contributi degli Enti di
assistenza sono estremamente scarsi, tali da non influire in modo sensibile
sull'onere finanziario (Del Bo et al., 1998).
5 L'impianto cocleare
L impianto cocleare è un orecchio artificiale elettronico in grado di ripristinare la percezione
uditiva nel sordo profondo. Definito come “coclea artificiale” o “orecchio bionico” è uno
strumento che si sostituisce alla coclea patologica inviando direttamente al nervo acustico
linguaggio e rumori ambientali. Così facendo si comporta come una vera e propria coclea,
che ha funzione di filtro acustico e di trasduzione del messaggio sonoro.
Primo esempio di organo artificiale impiantabile, nasce, negli anni '70, dalla brillante
osservazione di W. House sul fatto che la stimolazione elettrica in prossimità del nervo
acustico, in sordi profondi, evocasse una sensazione psicoacustica uditiva. Da quell'epoca
pionieristica a oggi un gran numero di pazienti impiantati testimoniano il successo di questo
sistema elettronico che conduce il sordo profondo nel mondo dei suoni.
5.1 Struttura
L'impianto cocleare è costruito da due parti: la prima, esterna, è il processore del linguaggio,
che raccoglie i suoni dell'ambiente e li elabora per inviarli successivamente alla seconda,
interna, ricevitore/stimolatore, che stimola elettronicamente il nervo acustico.
La porzione esterna viene collocata sul padiglione auricolare (microfono/processore del
linguaggio retroauricolare/vano delle batterie) e si collega con una antenna alla porzione
interna
mediante
accoppiamento
magnetico
transcutaneo.
La
porzione
interna
(ricevitore/stimolatore e array) viene inserita chirurgicamente nell'osso temporale,
impiantando nella coclea gli elettrodi stimolanti, laddove si può ottenere il massimo contatto
con le fibre residue del nervo acustico.
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Porzione esterna
Dopo anni di utilizzo di processori a scatola, il processore del linguaggio è oggi
miniaturizzato e nella maggior parte dei pazienti è in versione retroauricolare. In questo
caso la porzione esterna dell'impianto cocleare è piuttosto simile alla protesi acustica
convenzionale e viene posizionata sul padiglione auricolare, ancorata con apposite curvette
in plastica, adattabili alle dimensioni anatomiche del paziente. L'insieme alloggia il
microfono alloggia il microfono,che dovrà raccogliere i suoni dell'ambiente, il processore
del linguaggio, il vano batterie,
l'antenna di comunicazione con la parte interna. Il
microfono è generalmente anteriore, regolabile; capta i suoni ambientali e li invia al
processore del linguaggio. Questa
porzione è la vera coclea artificiale, in quanto sede
della codifica dei suoni e delle strategie di stimolazione. Esso è un raffinato computer
miniaturizzato che viene programmato (mappaggio) per poter guidare la porzione interna
nel suo lavoro di stimolo alle fibre nervose. E' il processore del linguaggio, quindi, il
“regista” dell'impianto cocleare, che impartisce alla porzione interna gli ordini necessari per
ottenere la percezione dei suoni.
Nei primi anni di vita dell'impianto cocleare il processore del linguaggio si configurava
come una scatola, da tenere in tasca o ancorata alla cintura, collegata al microfono e
all'antenna retroauricolari con un cavo. Attualmente a questa versione piuttosto ingombrante
si preferisce il processore retroauricolare, molto più conveniente sul piano ergonomico e del
tutto equiparabile nei risultati. Fanno eccezione i pazienti in età infantile, per i quali è
ancora ben proponibile il processore a scatola, meglio protetto da traumi accidentali nel
gioco e soprattutto una perdita involontaria.
Al processore esterno è unito il vano batterie, monouso o ricaricabili, che talvolta può essere
separato o ancorato al collo della camicia.
Completa la porzione esterna dell'impianto cocleare l'antenna di collegamento con la parte
interna. Essa si accoppia al ricevitore interno per adesione magnetica al cuoio capelluto. Lo
strato del lembo cutaneo interposto non impedisce lo scambio di informazioni tra due settori
e il rinvio sul terreno delle direttive di funzionamento e per induzione elettromagnetica la
porzione interna dell'impianto cocleare differisce nelle diverse tipologie per le
caratteristiche specifiche si rimanda alle schede tecniche di ciascuna casa costruttrice
appendice.
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La porzione esterna dell'impianto cocleare viene rimossa nelle ore notturne e in situazioni
particolari lasciando piena libertà al paziente di svolgere attività di acqua doccia attività in
piscina ecc.
Porzione interna
La porzione interna viene inserita nell'osso temporale con un intervento chirurgico si crea
l'alloggiamento per il ricevitore/stimolatore nella superficie ossea nella regione
retroauricolare il filo porta elettrodi nella coclea, studiato in modo da avvicinare gli elettrodi
stimolanti il più possibile alle fibre del nervo acustico che risiedono abitualmente nel
modiolo cocleare.
Il ricevitore/stimolatore è costituito da un'insieme di circuiti elettronici, protetti da un
contenitore in titanio o in ceramica, che corrispondono alle direttive operative inviate dal
processore del linguaggio. Esso ha forma e dimensioni lievemente variabili a seconda della
tipologia di impianto .
5.2 Funzionamento
Il suono sia esso rappresentato da rumori ambientali o da linguaggio parlato viene captato
dal microfono e inviato al processore del linguaggio. Qui viene elaborato in modo
appropriato (strategia di stimolazione), seguendo anche le informazioni ottenute al
mappaggio per essere poi inviato come messaggio elettrico alla porzione interna. Il
ricevitore/stimolatore lo raccoglie e lo invia ai singoli elettrodi intracocleari stimolando le
fibre del nervo acustico per contiguità. La coclea, allora, sarà utilizzata come contenitore per
gli elettrodi, permettendo di avvicinarli il più possibile alle fibre del nervo, rispettando una
disposizione tonotopica.
Da qui in poi il messaggio uditivo proseguirà lungo la via acustica centrale, fino ai centri
corticali di elaborazione del segnare e verrà percepito dal paziente.
Il segnale acustico, quindi, viene convertito in segnale elettrico; normalmente questo è un
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compito di squisita competenza della coclea e, in caso di malattie che abbiano pesantemente
deteriorato l'attività cocleare, l'impianto cocleare può subentrare a pieno diritto con il titolo
di coclea artificiale.
La stimolazione elettrica delle fibre nervose può avvenire con stimolazione bipolare, e cioè
tra due elettrodi vicini tra loro, oppure monopolare, utilizzando un elettrodo stimolante e un
elettrodo di riferimento, distante. La stimolazione bipolare, tra due elettrodi congiunti,tra
due elettrodi intervallati da uno o più elettrodi dormienti, è una configurazione che ha lo
scopo di mantenere la stimolazione il più puntiforme possibile; in questo modo però i livelli
di corrente necessari per evocare la sensazione uditiva nel paziente devono essere piuttosto
alti, secondo il razionale che correla in modo direttamente proporzionale la loudness al
prodotto tra spazio stimolato e ampiezza della corrente stimolante. La stimolazione
monopolare, con elettrodo di riferimento costituito da tutti gli altri elettrodi assommati o con
elettrodi di riferimento, permette di utilizzare livelli di corrente più bassi, generando però
flussi di corrente più diffusa.
La strategia di stimolazione è il codice con cui verrà interpretato il messaggio sonoro. Viene
elaborata dal processore ed è caratteristica di ciascuna tipologia di impianto. Viene
grossolanamente divisa in strategie analogiche, che veicolano il segnale in ingresso, in
modo analogico, inviando un segnale completo e pieno, e strategie digitali, dove il
messaggio acustico viene scomposto in modo digitale, veicolando al nervo le informazioni
fondamentali del segnale.
La strategia di stimolazione viene scelta in sede di mappaggio, unitamente alla registrazione
del range dinamico elettrico personale del paziente.
5.3 Prestazioni
La prestazione fondamentale dell'impianto cocleare è quella di riportare la soglia uditiva del
paziente, affetto da sordità profonda, nel campo spettrale del parlato. La soglia audiometrica
in campo libero del paziente, si collocherà nell'ambito dei 30 – 35 dB HL e, quel che più
conta, per tutto il range di frequenze dai 500 ai 4000 Hz e oltre. Questo livello di percezione
uditiva è impensabile con l'amplificazione protesica convenzionale, soprattutto per quel che
riguarda il settore dei toni acuti, che sono per altro fondamentali per il riconoscimento delle
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consonanti e, in senso più ampio, del linguaggio parlato.
Esso costituisce, quindi, un nuovo “filtro cocleare artificiale” che ha lo scopo di fornire
sufficiente input uditivo, in modo che l'abilitazione uditiva dei centri superiori possa
progredire in modo quanto più possibile fisiologico. La strategia di codifica utilizzata dallo
strumento è pensata per veicolare informazioni utili soprattutto alla percezione del
linguaggio.
Il successo di questa abilitazione uditiva dipenderà pertanto dal livello della percezione,
campo in cui l'impianto cocleare ha buon gioco, e dalla appropriata maturazione delle vie
uditive centrali, forgiata da questo nuovo “sentire”.
L'impianto cocleare ha lo scopo di ricostruire la funzione percettiva, d'organo o di apparato,
addirittura, in caso di impianto binaurale, per favorire lo sviluppo della integrazione uditiva
centrale e successivamente lo sviluppo del linguaggio.
Quale che sia la condizione di partenza (paziente sordo congenito, senza deficit associati, in
età infantile, oppure paziente sordo profondo congenito, con eventuali deficit associati, in
età scolare, oppure paziente sordo profondo postverbale) l'impianto subirà maggiore input
uditivo, particolarmente apprezzato per toni acuti, dove la protesizzazione acustica
tradizionale, non avrebbe dato medesimo risultato. La capacità comunicativa globale del
paziente, beneficerà senz'altro del nuovo strumento ma risentirà parimenti della condizione
di partenza.
Ecco quindi che la rappresentazione audiometrica della nuova capacità uditiva con impianto
cocleare non potrà essere privata del quadro clinico generale del paziente per definire
prognosi, trattamento abilitativo e successo ottenuto.
La prestazione dell'impianto cocleare sarà assai diversa,quindi, a seconda della tipologia del
paziente e vedrà:
● abilitazione uditiva e sviluppo del linguaggio quasi normali nei pazienti dotati
di buone risorse integrative centrali (per esempio il sordo puro in età infantile);
● riconquista del riconoscimento e comprensione del linguaggio parlato quasi
normali nei sordi postverbali;
● migliore percezione dei suoni (rumori ambientali/linguaggio)senza poter
affrancarsi dalla lettura labiale in altre situazioni, con un impatto diverso nella
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vita di questi soggetti e delle loro famiglie.
5.4 Il team multidisciplinare
Nella realtà attuale è praticamente impossibile pensare di svolgere qualunque lavoro
scientifico individualmente. Il lavoro d' èquipe mette a confronto discipline diverse che
interagiscono tra loro, permette scambio, integrazione, valutazioni obiettive, conoscenza
completa del paziente e programmazione adeguata per un recupero corretto.
Nel caso dell'impianto cocleare il team multidisciplinare è composto da:
1. audiologo o otorino laringoiatra esperto di audiologia;
2. specialista di counselling;
3. neuropsichiatra;
4. tecnico del mappaggio o persona esperta in mappaggio;
5. logopedista;
6. audiometrista.
Perché il team funzioni bene è necessario che i suoni componenti siano ben affiatati,
ugualmente competenti, legati da reciproca stima, ma soprattutto che siano modesti e che
nessuno cerchi di prevaricare gli altri.
Ognuno deve svolgere il proprio lavoro al momento opportuno, senza interferire con quello
altrui; in caso contrario, si instaurano attriti che compromettono l'equilibrio dell'equipe
stessa; chi ne subisce le conseguenze è il paziente (Mazzola e De Filippis, 1995).
Queste figure hanno ciascuna un ruolo ben preciso:
1. il medico specialista di audiologia visita il paziente, prende atto degli esami praticati
audiometrici, impedenzometrici, del test al promontorio atto a valutare la
conducibilità del nervo, dei test neuropsichiatrici, logopedici; inoltre organizza
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incontri con i genitori, è l'artificiere dell'intervento chirurgico;
2. lo specialista de counselling, che non è obbligatoriamente uno psicologo, organizza
incontri con i familiari prima della selezione, durante gli esami e prima
dell'intervento;
3. il neuropsichatra è una figura determinante del team poiché valuta sul piano
neuropsichiatrico il paziente e la famiglia somministrando batterie di test mirati;
4. il tecnico, o la persona esperta nel mappaggio, sia in stretto contatto con il
logopedista. Lo scambio continuo con il logopedista sulle risposte che il bambino dà
con l'impianto cocleare, l'osservazione delle difficoltà che incontra nella
discriminazione e nel riconoscimento facilitando l'evoluzione della terapia e il
continuo miglioramento delle abilità uditive. A volte si rende necessario modificare il
mappaggio, abbastanza spesso occorre cambiare parti esterne che sono soggette a
logoramento: a questo proposito bisogna sottolineare l'importanza di praticare
frequenti controlli dell'impianto; prima di imputare al bambino scarsa attenzione o
interesse, è indispensabile verificare il buon funzionamento delle parti esterne e
interne dell'impianto cocleare;
5. il logopedista è l'esponente del team che meglio conosce il bambino e la famiglia, sa
come comportarsi con loro, come parlare, spiegargli i problemi, ascoltarli e cercare di
risolverli con gli altri componenti dell'equipe. Per essere all'altezza di un compito
così importante, deve essere profondamente preparato, aggiornarsi sulle novità in
tema di impianto cocleare, stimolare, proporre al gruppo soluzioni che gli sembrino
adatte nei momenti più difficili. Mai dovrà essere superficiale.
6. L'audiometrista pratica al bambino l'esame audiometrico della prima diagnosi fino al
momento dell'impianto e l'esame tonale all'attivazione degli elettrodi.
I componenti dell'equipe si incontrano regolarmente per fare il punto della situazione,
soprattutto dopo il folow-up periodici che si praticano a 1,6,12,18,24,36 mesi
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dall'attivazione degli elettrodi.
Ogniqualvolta si verifica un problema interviene lo specialista di competenza che lo affronta
e ne discute in gruppo per meglio risolverlo.
5.5 Valutazione pre-impianto
Nell'ambito della complessa valutazione globale del paziente in vista dell'intervento di
impianto cocleare, l'indagine audiologica deve mettere in evidenza la capacità udiotiva
attuale, con eventuali asimmetrie tra i due lati, il guadagno protesico, la sede di lesione
(cocleare o retrococleare).
Il paziente viene sottoposto ad una batteria di test, che differiscono per fasce d'età, che
delineeranno la performance uditiva del paziente.
Il paziente viene esaminato con:
z
audiometria tonale (cuffia o campo libero)
z
audiometria vocale
z
impedenzometria
z
metodiche obiettive
z
test al promontorio
Audiometria tonale
Il dato audiometrico tonale è il dato fondamentale nella valutazione pre-operatoria. Si
determinerà la soglia uditiva tonale, in cuffia o in campo libero, con la collaborazione del
paziente, mettendo in evidenza eventuali asimmetrie sulla sogli uditiva.
Audiometria vocale
IL candidato all'impianto cocleare è generalmente incapace di percepire e riconoscere
materiale vocale, per definizione. Le prove vocali hanno particolare spazio in caso di buon
guadagno protesico, proprio per quantizzare il grado di deficit comunicativo con la protesi
acustica tradizionale.
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Impedenzometria
L'impedenzometria definisce la performance dell'apparato di trasmissione e ci permette di
mettere in evidenza patologie che possono inficiare la valutazione audiometrica, come,
particolarmente nella popolazione infantile, condizioni transitorie di otite sieromucosa con
versamento della cassa timpanica.
Metodiche obiettive
Una corretta valutazione audiologica è di fondamentale importanza nei soggetti candidati a
impianto cocleare, in particolar modo in età pediatrica.
L'impianto cocleare viene proposto nelle sordità totali o profonde, o meglio in tutte quelle
ipoacusie che non hanno ottenuto un beneficio apprezzabile dalla riabilitazione protesica
convenzionale. Esso costituisce un vero e proprio sostituto del recettore uditivo e può essere
utilizzato solo a patto che la sede della lesione sia a livello cocleare e che il primo neurone,
le cui fibre formano il nervo acustico, siano indenne da lesioni che impediscano la
trasmissione del segnale elettrico.
In quest'ottica acquista particolare importanza la stimolazione elettrica del promontorio con
lo studio delle risposte EABR, che offre la possibilità di stimolare elettronicamente il nervo
acustico, mimando in qualche modo ciò che accade con l'impianto cocleare.
L'obiettivo del test è quello di determinare se il ganglio spirale, così come le fibre dell'8°
nervo, sia ancora vitale, per verificare la possibilità da parte del paziente impiantato di
trasdurre le stimolazioni elettriche generate dagli elettrodi in percezioni uditive nonostante
l'assenza di cellule recettoriali attive a livello dell'organo dei Corti.
Possiamo quindi dire che, nei soggetti candidati all'impianto cocleare, i potenziali evocati
uditivi sono di estrema importanza sia per verificare la presenza di un'indicazione che per
prevedere i risultati dopo l'intervento.
La valutazione pre-operatoria del paziente candidato a impianto cocleare comporta
solitamente l'esecuzione di ABR, EcochG e stimolazione elettrica del promontorio.
ABR (potenziali evocativi del tronco encefalico)
L'esame viene condotto partendo da un'intensità di stimolazione di circa 60-70-dB HL,
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procedendo con decrementi (in caso di risposta presente) o incrementi di 10 dB, se la
risposta è assente, fino a determinare la soglia elettrofisiologica. L'onda 1 presenta in genere
una latenza di circa 1,5 ms e l'onda 5 di circa 5,5 ms a una intensità di stimolazione di 70 dB
nel giovane adulto normoudente. Le latenze aumentano e le ampiezze delle onde riducono al
decrescere dell'intensità dello stimolo.
Per la definizione della soglia audiometrica, il parametro più attendibile è rappresentato
dall'onda 5 che è il potenziale più resistente al decremento di intensità dello stimolo sonoro.
Nei soggetti normali la soglia ABR dell'onda 5 si colloca intorno ai 10dB HL.
Per la sua grande affidabilità e sensibilità, per il fatto di non essere un esame non traumatico
e di non essere influenzato dalla anestesia, l'ABR rappresenta la metodica di elezione nella
diagnosi e nella caratterizzazione delle ipoacusie, soprattutto in età pediatrica.
Elettrococleografia (EcochG)
con questo termine si definisce la registrazione dell'attività elettrica delle strutture cocleari e
neurali (primo neurone delle vie acustiche) in risposta ad una stimolazione acustica di
adeguata intensità.
Stimolazione promontioriale
Si differenzia dalle metodiche precedentemente descritte in quanto la stimolazione utilizza
per evocare il potenziale uditivo non è di tipo acustico (suono) ma è costituita da un impulso
elettrico.
Dal punto di vista pratico, la stimolazione promontoriale si esegue utilizzando un elettrodo
attivo ad ago oppure un elettrodo a pallina che viene posizionato sul promontorio, nelle
vicinanze della finestra rotonde,attraverso la via transtimpanica.
Valutazione introoperatoria
Le metodiche elettrofisiologiche a risposte evocate hanno come unico obiettivo la verifica
dell'integrità del nervo acustico in sede preoperatoria, ma si spingono verso obiettivi più
ambiziosi, come la valutazione del corretto funzionamento dell'impianto cocleare e delle vie
acustiche durante l'intervento.
I potenziali evocati, inoltre, sono in grado di fornire tutta una serie di informazioni utili per
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il mappaggio dell'impianto cocleare in modo da poter eseguire tale operazione in maniera
indipendente dalle risposte soggettive del paziente.
5.6 Il mappaggio
La preparazione del mappaggio è un fase molto importante affinché, al momento
dell'attivazione, l'operatore possa calcolare il range dinamico elettrico del paziente con
accuratezza.
Nel caso del bambino sordo esso consiste nel far scoprire l'esistenza di un mondo sonoro,
così che quando sarà il momento dell'accettazione dell'impianto cocleare il bambino avrà
già in parte scoperto il mondo sonoro. Il soggetto adulto pre-verbale, se ha seguito negli
anni precedenti una corretta terapia e ha continuato a portare la protesi acustica fino al
momento dell'impianto, non ha bisogno di una preparazione particolare. Di solito i soggetti
sono in grado di discriminare l'assenza o presenza di un suono. La grossa difficoltà che
questi soggetti hanno è quella di staccarsi dal raccordo di come sentivano prima e di
abituarsi a ascoltare il suono che parte dall'orecchio e non più dal pensiero. Se poi sono
pazienti che da anni non utilizzano più le protesi , perché non ne traevano più alcun
beneficio, è bene che le immettano e comincino gli esercizi sulla detenzione e
discriminazione del suono, per quanto consentito dalle protesi.
Secondo quanto riferito dai soggetti impiantati, grazie all'intervento si possono percepire
quasi tutti i suoni e i rumori dell'ambiente circostante. Inizialmente i suoni potranno essere
tutti simili tra loro ma col tempo, l'allenamento e l'esperienza, essi si faranno più chiari.
L'impianto aiuta anche a controllare la propria voce, adattandone il volume anche a seconda
del rumore ambientale, ma non si hanno ottimi risultati per quanto riguarda il timbro e la
melodia: in molti casi è di aiuto la musicoterapia, grazie alla quale pian piano, è possibile
imparare a distinguere le varie voci, maschili e femminili.
Nella conversazione , soprattutto in un ambiente rumoroso, è necessario l'aiuto visivo. Con
l'aiuto del solo impianto non è possibile capire da quale parte viene il suono, a meno che il
soggetto non abbia anche una protesi acustica nell'orecchio controlaterale poiché, per
individuare la sorgente sonora, è necessario avere un udito bilaterale.
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Il soggetto sordo, tolto dall'isolamento, riacquista fiducia, autostima, autonomia e desiderio
di comunicare (Casale, 2002).
6 La musicoterapia nei soggetti audiolesi
Nel soggetto audioleso se non si prendono provvedimenti al più presto , il linguaggio può
essere assente o limitato a scarsi suoni labiali o informi, e poco comprensibili, senza un
apparente significato. La percezione acustica scarsa, spesso limitata alla sola percezione
vibrotattile, compromette la capacità di ascolto e quindi la detenzione, la discriminazione,
l'identificazione dello stimolo sonoro-verbale, il riconoscimento e la comprensione del
mappaggio.
Ha molta importanza la puntualizzazione della postura articolatoria, la modalità di
produzione e il molto allenamento. Il timbro della voce è spesso compromesso, la risonanza
è molte volte nasale, la frequenza fondamentale è troppo alta, o al contrario, troppo bassa
(De Filippis,1997).
L'organizzazione dei processi mentali più elevati comprende non solo entità psicologiche
quali la conoscenza, il pensiero, la creatività la capacità di risolvere i problemi e la
concettualizzazione, ma anche l'attività motoria, la percezione, l'immaginazione, la
memoria, l'attenzione, l'apprendimento e gli altri atti sociali comunicativi.
Le conseguenze riportate più di frequente nei soggetti audiolesi riportati a livello sociale ed
emotivo solo la solitudine, l'isolamento, la scarsa qualità della vita lavorativa, la depressione
e l'impulsività.
6.1 Musicoterapia e ipoacusia
Nella realtà come è possibile mettere un bambino sordo in condizione di ascoltare? Quali
sono le esigenze di un bambino sordo che impara ad ascoltare? Come si impara ad ascoltare
con gli apparecchi acustici? É solo il soggetto stesso che può dirlo e lo fa non con le parole
ma con tutto se stesso.
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Si tratta cioè della comunicazione non verbale che è talmente diretta che dice ciò che le
parole tanta volte non possono dire.
La musicoterapia, proprio perché ha luogo in un contesto non verbale ma di interazione con
il terapeuta, consente l'invio di messaggi che sembrerebbero difficili e complicati, ma che in
realtà sono facilmente compresi. Con gli audiolesi sembrerebbe paradossale l'uso di questa
tecnica perché il loro sistema di percezione uditiva è deficitario. Ma ci sono altri sistemi
capaci di percepire il suono: il sistema di percezione interna, il sistema tattile, il sistema
visivo (Cremaschi Trovesi, 1991).
Quindi i suoni e le loro vibrazioni sono elementi terapeutici molto importanti per il recupero
del sordo perché le onde prodotte dai corpi in vibrazione e trasmesse per mezzo dell'aria
possono arrivare ad essere percepite attraverso la pelle, i muscoli, le ossa, il sistema nervoso
con il quale il sordo capta gli elementi quali il ritmo, l'accentazione, l'altezza, l'intensità, la
durata. Tutto questo porta l'audioleso ad aprirsi al mondo e a prendere coscienza di ciò che
lo circonda consentendogli uno sviluppo migliore.
Bisogna tener conto anche delle protesi uditive che sono un aiuto molto prezioso in quanto,
amplificando le frequenze acute, rendono disponibile una gamma maggiore di suoni
percepibili.
É importante che il musicoterapeuta conosca la diagnosi e il grado di carenza uditiva di ogni
paziente, come anche il residuo uditivo e la capacità potenziale delle protesi uditive.
Il principio di base da cui deve partire il musicoterapeuta è che il suono viene percepito da
un sistema globale di percezione e che, quindi, lo sforzo di comunicazione sarà diretto verso
questa totalità e non solo verso un sistema determinato. Per lo più, oltre che uno strumento
di percezione, il paziente è anche un sistema di emissione e, dunque, lo strumento pi+ù
importante sarà il suo corpo e quello del musicoterapeuta.
Al paziente sarà possibile percuotere, sentire, toccare strumenti; questo gli permetterà di
arricchirsi con i ritmi organizzati e le variazioni di altezza (i suoni gravi si percepiscono più
facilmente di quelli acuti) (Cremaschi Trovesi, 1991).
É comunque necessario che il terapeuta superi i limiti dello strumento e che possa ottenere e
creare nuove possibilità con ciascuno di essi.
É molto importante tenere ben presente che occorre partire dal paziente, da ciò che riesce a
darci; con i sordi, ancora più che con gli altri il movimento sarà il primo approccio.
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Egli impara ad ascoltare seguendo il suo modo di essere scegliendo e selezionando i timbri
sonori e agendo scegliendo uno strumento fra tanti. L'ascolto di ogni timbro sonoro che il
paziente manipola è esaltato dall'improvvisazione musicale e ritmica, asse portante degli
interventi di musicoterapia per i soggetti sordi.
Perché un soggetto ipoacusico impari ad ascoltare occorre trasmettergli il desiderio di
appropriarsi del suono. Questo obiettivo viene raggiunto con una buona dose di pazienza e
costanza. Infatti nel 70 per cento dei casi, c'è un lungo periodo di latenza tra l'ascolto e la
produzione; il 40 per cento del lavoro di musicoterapia è di esplorazione e questo spiega i
lunghi tempi di attesa in cui nulla sembra succedere o evolversi per poi avere
improvvisamente un escalation dei risultati.
Un importante collaborazione che si sta diffondendo è quella dei musicoterapisti con i
logopedisti e i fisioterapisti. Così varie esperienze ben documentate hanno dimostrato come
la musicoterapia sia molto utile per sviluppare alcuni prerequisiti del linguaggio, come la
vocalizzazione, la discriminazione timbrica, l'intonazione, non che la capacità di attenzione
e concentrazione, la capacità di attesa, l'alternanza dei turni. Inoltre la musica facendo leva
sulla curiosità e sul piacere contribuisce in modo potente a mantenere la motivazione e
l'interesse del soggetto, superando la sua ansia da prestazione e la sua noia. I un soggetto
audioleso
prelinguale
e
postlinguale
la
contemporanea
somministrazione
della
musicoterapia e della logopedia facilita la comparsa del linguaggio orale e ne migliora la
prosodica. Tra le due discipline però ci sono alcune differenze: nella musicoterapia è molto
importante come il soggetto si comporta davanti ad una cosa che non conosce poiché su
questo si può lavorare con l'improvvisazione dando impronte diverse alla seduta a seconda
delle caratteristiche del soggetto, il suo stato d'animo e la sua voglia di collaborare; in
logopedia, invece, si decide a priori cosa verrà fatto nel corso delle sedute.
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Project - Work
PREMESSA GENERALE
Elaborazione di 4 test uditivi legati alla somministrazione dei
parametri grammaticali e musicali in M. (nata l' 08/09/1981,
affetta da ipoacusia neurosensoriale bilaterale con impianto
cocleare), che in data 20 novembre inizia, per sua volontà, a
partecipare ad una serie di incontri di musicoterapia atti a
migliorare i tratti soprasegmentali del linguaggio verbale.
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INTRODUZIONE
M. è stata inviata dalla logopedista con il desiderio di migliorare la sua voce che all'ascolto
risulta essere piuttosto sgradevole data la scarsa qualità dei tratti soprasegmentali.
Dopo tre sedute in cui ho cercato di capire e di informarmi sulle problematiche di M., in
accordo con la musicoterapeuta ho deciso di verificare al meglio cosa sapevo della sordità di
M., quali erano e quali sono le difficoltà e le differenze che M. incontra nella vita quotidiana
dopo le varie protesizzazioni, attraverso una intervista.
La serie di domande che seguono riguardano la storia personale di M., che , data la
delicatezza degli argomenti affrontati, può decidere di non rispondere oppure non inserire
alcune parti nell'elaborazione dell'intervista.
L'obiettivo è quello di trovare informazioni utili che, come vedremo a seguito dell'intervista,
si andranno ad aggiungere a quelle ricavate da una serie di quattro test svolti nei cinque
mesi successivi per l'individuazione di un programma riabilitativo eseguito seduta dopo
seduta.
Dati i lunghi tempi di stesura dei test e il livello migliorativo di M. al momento, però, non è
possibile concludere il trattamento.
L'intervista si svolge all'interno della stanza di musicoterapia dove nel mezzo io, Monica
(musicoterapeuta) ed M. siamo sedute a triangolo. Qui di seguito elenco le domande rivolte
ad M. con le relative risposte.
1 “Quando ti sei accorta di essere sorda?”
“Io non mi sono accorta di essere sorda, a tre anni se ne sono accorti i miei genitori
perché non parlavo più dopo un periodo in cui ho avuti febbri alte e i medici non
capivano quale fosse la causa “
2 “Quali sono i ricordi musicali della tua infanzia?”
“Non ricordo nulla, ricordo soltanto la campanella di S. Lucia legata ad una
tradizione in cui i genitori nella notte di S. Lucia suonano una campanella per
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annunciare l'arrivo dei regali che essa porta. Tutto ciò risale alla prima
protesizzazione.”
3 “Qualcuno cantava per te?”
“Non mi ricordo.”
4 “C'era musica in casa tua?”
“No, ma il mio udito era fortemente stimolato da numerose persone che ruotavano
intorno alla mia vita”
5 “Che ricordo hai della protesi?”
“Nessuno”
6 “Cosa ricordi degli esercizi di logopedia?”
“Ricordo le immagini ma non i suoni uditi”
7 “C'erano dei giochi con la musica nelle sedute logopediche?”
“La logopedista mi faceva sentire vari suoni di strumenti musicali come tamburelli,
maracas,... ma giochi no”
8 ”In quegli anni, a scuola, come riuscivi a comunicare con i coetanei?”
“Parlando”
9 “Quali difficoltà ricordi, se ce ne sono state, legate alla sordità a scuola?”
“Dovevo leggere il labbiale; ricordo maggiori difficoltà nella lingua straniera,
soprattutto il francese”
10 “Che ricordo hai dell'intervento e della riabilitazione dell'impianto
cocleare?”
“Dopo l'intervento piangevo perché non sentivo nulla, poi, dopo il primo
mappaggio, tenevo l'impianto sempre spento perché sentivo una grande confusione”
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11 “Sei stata sufficientemente informata su cosa comportava l'intervento?”
“Poco, solo che correvo qualche rischio ma il mio desiderio era quello di sentire di
più”
12 “Che differenze hai notato a livello di ascolto tra la protesi e l'impianto?”
“Con la protesi i suoni che sentivo erano pochi, con l'impianto i suoni uditi sono
aumentati a livello quantitativo ma la qualità è arrivata con il tempo dopo i vari
trattamenti di logopedia”
13 “Chi ti ha inviato alle sedute di musicoterapia?”
“La logopedista”
14 “Sapevi cosa andavi a fare?”
“No”
15 “Avevi delle prospettive?”
“Volevo migliorare la mia voce”
16 “So che Monica è venuta con te ad un mappaggio, mi spieghi i motivi?”
“Credo per vedere come funziona il mio mappaggio e cercare di capire come
sviluppare un trattamento musicoterapico sulla base delle mie richieste”
17 “Che ruolo ha la musica nella tua vita da 0 a 5?”
“Tre, perché ho altri interessi , alla musica ho sempre dato poca importanza”
18 “Quando ascolti la radio,è più semplice discriminare un timbro vocale o
strumentale, se lo hai mai fatto?”
“Quello degli strumenti”
19 “Quando le emozioni incidono sulla tua voce, questa cambia?”
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“Si”
20 “Sei soddisfatta non della qualità ma dell'uso della tua voce?”
“Non ho mai pensato alla mia voce, ma vorrei essere maggiormente convincente nei
rapporti sociali”
21 “Cosa ti aspetti di ottenere dagli incontri di musicoterapia?”
“Dei miglioramenti, anche se ci vorrà molto tempo”
22 “Quali problemi ti dà l'impianto cocleare nelle relazioni con gli altri?”
“Nessuno”
23 “È cambiato il tuo modo di ascoltare dopo la musicoterapia ?”
“Si, sto più attenta”
24 “Quanto ascolti la tua voce da 0 a 5?”
“Prima di partecipare alle sedute di musicoterapia molto poco, adesso sto cercando
di capire come è”
25 “Quanto ti piace la tua voce da 0 a 5?”
“0”
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DESCRIZIONE DEL PAZIENTE
All’età di 3 anni a seguito di iperessia si rileva una ipoacusia neurosensoriale bilaterale
pantonale a destra e in caduta sugli acuti a sinistra. Il 3/12/1984 M. viene ricoverata per
eseguire indagini sui potenziali del tronco e per applicare un adeguata protesi dato il
risultato dei test acustici in cui viene rilevata la mancanza di potenziali uditivi ABR
bilaterali alla massima stimolazione (85dbHz bilaterale).
Ad M. viene così installata una protesi (Phonak pper modello pper).
In data 11/12/1985 emerge uno scarso rendimento protesico a sinistra e per questo le viene
sostituita la protesi (Amplifon modello Superfront pper). Nel 1989 per una elevata
distorsione ad M. viene sostituita nuovamente la protesi (Phonak modello Superfront pper).
Dati gli scarsi risultati protesici nel 1994 M. viene sottoposta all'applicazione di un impianto
cocleare (17° in Italia) presso l'Ospedale Maggiore di Milano (marca Aurion, modello
MXM).
Fin dalla prima proteizazione M. è stata sottoposta una terapia logopedica con i seguenti
obiettivi:
1_ sviluppo delle abilità uditive
2_ maturazione cognitiva e metacognitiva
L'11/02/2004 M. è stata sottoposta a un secondo intervento, presso l'ospedale Maggiore di
Milano, dove le è stato espiantato il primo impianto cocleare sostituito da uno più moderno,
(marca Coclear, modello Cleus).
Il nuovo impianto cocleare ha permesso ad M. di migliorare ulteriormente le seguenti abilità
legate allo sviluppo del linguaggio verbale:
• percezione e riconoscimento dei rumori ambientali
• ascolto in ambiente rumoroso
• riconoscimento dei suoni linguistici
• articolazione del linguaggi espressivo
• comprensione del linguaggio verbale
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Il linguaggio in comprensione di M. dimostrava aver raggiunto buoni risultati, ma le
potenzialità timbriche vocali risultavano limitate tanto da creare una voce piuttosto
sgradevole all'ascolto.
Nel novembre del 2006 M. è stata inviata dalla logopedista, a un trattamento di
musicoterapia, per migliorare _ attraverso un lavoro specifico _ i tratti soprasegmentali del
linguaggio parlato.
Da qui ha inizio il nostro lavoro di musicoterapia.
Da segnalare che M., già dal primo incontro, si presenta come una ragazza consapevole e
motivata e, dopo aver chiarito gli obiettivi del lavoro che si andava a fare M., alla richiesta
specifica da parte della musicoterapauta riguardo gli obiettivi che si prefiggeva di
raggiungere, ha risposto testualmente “Mi piacerebbe arrivare a discutere la tesi di laurea
con una voce migliore.”
A sei mesi dal trattamento musicoterapico è nata una collaborazione con il tecnico che si
occupa del mappaggio dell'impianto cocleare di M. in modo da definirne al meglio la resa.
STRUTTURA DEL PROGRAMMA RIABILITATIVO INDIVIDUALE:
1_ Verificare l'efficienza del sussidio uditivo prima di iniziare qualsiasi esercizio;
2_ Stabilire la metodica riabilitativa più adatta per il singolo
3_ Porsi degli obiettivi a breve termine, identificando quali funzioni devono essere allenate
in via prioritaria;
4_ Monitorare l'andamento e i progressi riabilitativi;
5_Riconoscere il momento in cui è necessario aumentare il grado di difficoltà
dell'allenamento uditivo;
6_ Determinare il momento in cui è necessario modificare la mappa cocleare;
7_ Stabilire quando il training può ritenersi concluso.
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OBIETTIVO DEL TEST
Verificare la capacità di M. di discriminare suoni diversi in termini di altezza, intensità,
durata e timbro per migliorare la resa del mappaggio dell'impianto cocleare e stabilire quale
percorso musicoterapico intraprendere. Per fare ciò è necessario lavorare anche
sull'autoascolto, esercizio che M. ha sempre rifiutato tanto da parlare solo con le persone a
lei più vicine.
ELABORAZIONE DEI TEST
Cinque sono le tappe evolutive lega all'analisi che il sistema uditivo effettua sulla parola:
Detenzione: si prefigge come obiettivo principale quello di valutare la presenza/assenza di
te sensazioni uditive e quindi la funzionalità della protesi o dell'impianto.
Discriminazione: si prefigge come obiettivo quello di verificare se il paziente è in grado di
discriminare gli aspetti segmentali e/o sopra segmentali del linguaggio verbale,
secondo
parametri prefissati.
La prova di discriminazione fornisce, inoltre, informazioni particolarmente utili per la
stesura di un programma mirato ad allenare questa specifica abilità uditiva, facendo
convergere gli sforzi riabilitativi sugli aspetti segmentali e/o soprasegmentali nei quali si
sono evidenziate le difficoltà.
Il materiale da utilizzare si differenzia a seconda dell'età del soggetto, al quale viene chiesto
di segnalare se le due alternative proposte sono uguali o differenti.
In termini musicali, discriminare significa analizzare un suono, dopo averlo udito in termini
di frequenza, intensità, durata e timbro, A un livello superiore l’abilità può essere
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perfezionata per poterlo distinguere da altri suoni contemporaneamente presenti (orecchio
armonico).
Identificazione: Dal punto di vista del linguaggio verbale ha come obiettivo quello di
verificare se il soggetto riesce ad identificare le parole correttamente o se ne percepisce
soltanto la struttura prosodica. In termini musicali significa inserire un suono in una
categoria già nota. (es)
Comprensione: integrare il suono a livello del sistema nervoso centrale con altre
informazioni udite e non. Il rendimento di questo subtest riflette in generale l'abilità
comunicativa finale, che non è limitata alle sole performance uditive.
Riproduzione: capacità di riprodurre il suono udito.
I quattro test elaborati prendono in esame solo la capacità discriminativa; il livello di
detezione non viene valutato data l'alta comprensione del linguaggio verbale di M.
Le performances del paziente sulle varie tappe sono influenzate da due funzioni: attenzione
e memoria.
L'attenzione viene distinta in riflessa e selettiva; quella riflessa è mediata dalla sostanza
reticolare e mantiene l'udente in costante allerta attivando i meccanismi di difesa per la
sopravvivenza, come pure quella selettiva che, però, si situa ad un livello gerarchico più alto
poiché permette di isolare il messaggio sonoro da un contesto di rumore ed è quindi sfruttata
non solo per bisogni primari, ma anche per fini comunicativi meno vitali come la capacità di
isolare la voce dello speaker in condizioni di ascolto multiplo.
La memoria, il cui ruolo è fondamentale in tutte le sue fasi uditive, coinvolge quella a breve
termine, nel livello discriminativo e quello a lungo termine negli altri due.
Le performance del paziente sono inoltre influenzate dal materiale proposto, dal modo di
somministrazione se in quiete o nel rumore, dalla dinamica di somministrazione
Importante è ricordare che i test uditivi vengono somministrati in diverse condizioni di
ascolto e cioè senza l'aiuto della lettura labiale e con la presenza o meno di rumore di fondo.
In sede riabilitativa, questi dati forniscono utili informazioni per la stesura di un programma
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di allenamento uditivo, condotto per gradi di difficoltà partendo dalle abilità di base
acquisite.
−
Durante la somministrazione dei test:
• il soggetto deve ascoltare il suono fino alla fine;
• i rimanenti parametri del suono devono rimanere invariati
• considerare l'importanza del transito d'attacco per il risultato del test
• rapporto semantico tra le varie altezze
Le prove descritte nelle pagine seguenti sono raggruppate in 4 test che formano lo schema
di valutazione del livello discriminativo.
Questi test sono legati ai quattro parametri che compongono il suono:
Altezza: A livello fisico è la frequenza delle vibrazioni: maggiore è la frequenza, tanto è più
alto il suono e viceversa. In altre parole si può dire che l'altezza di un suono è quella
sensazione uditiva che viene determinata dal numero di oscillazioni che un corpo messo in
vibrazione emette nell'unità di tempo.
A livello musicale, con questo termine, ci si riferisce al posizionamento di un suono in
rapporto all'acuto o al grave.
La gamma udibile viene più convenzionalmente suddivisa in regioni sonore chiamate
ottave, le quali corrispondono ad intervalli d'altezze fra due suoni, il più acuto dei quali ha
frequenza doppia rispetto al primo.
Possiamo di solito udire da 20 a 15000 cicli al secondo (Hz).
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Altezza a livello fisico
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Intensità: a livello fisico è la forza con cui l'oscillazione si propaga, si misura in decibel
(Db) ed è espressa con l'altezza geometrica del periodo: maggiore è l'altezza più intenso è il
suono e viceversa.
A livello musicale dipende dalla quantità di eccitazione che una perturbazione determina nel
corpo vibrante e dalla presenza di eventuali dispositivi di amplificazione sonora, siano essi
acustici come nel caso delle casse armoniche, o elettromagnetici.
Agli estremi della scala la soglia minima uditiva è 0 Db e la soglia massima del dolore è 130
Db.
Le più comuni indicazioni d'intensità nella scrittura musicale sono: ppp (più che
pianissimo), pp (pianissimo), p(piano), mp (mezzo piano), mf (mezzo forte), f (forte), ff
(fortissimo), fff (più che fortissimo).
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Intensità a livello fisico
a = intensità
a = intensità
intensità a livello musicale
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Durata: Dal punto di vista fisico e di misurazione l'elemento della durata riguarda il tempo
di permanenza di un suono. La risposta uditiva a livello della sensazione, dipende anche
dalla durata dello stimolo che se troppo breve non consente alla vibrazione di raggiungere il
suo normale regime di risposta.
Nel processo fenomenico che lega l'oggettività del suono alla soggettività dell'ascolto
incontriamo due componenti dinamici molto simili tra loro, uno di natura fisica e l'altro
di
natura fisiologica. Si tratta dei transitori d'attacco e di estinzione del suono e del tempo
d'integrazione per la sensazione uditiva. Entrambi prendono causa dalle leggi della
meccanica, secondo cui qualsiasi meccanismo esige un certo tempo, sia pur brevissimo,
affinché il sistema passi dallo stato di riposo a quello del normale regime del
funzionamento: così è per le vibrazioni della sorgente sonora e così pure per le parti mobili
dell'organo uditivo. I suoni di lunga durata ovviamente produrranno un tempo più lento di
quelli di breve durata.
A livello fisiologico e musicale possiamo connettere la durata al movimento del tempo nella
musica: lo stato della musica è dato momento per momento ciò che si esprime vive quando
si muove nel tempo. Questa dipendenza del tempo contribuisce a rendere un suono
musicale.
Timbro:
A livello fisico dipende dalla composizione armonica delle vibrazioni, vale a dire dal
numero, dall'ordine e dalla intensità con cui si associano le armoniche generate dall'onda
fondamentale.
A livello musicale viene descritto come colore del suono; il timbro dipende anche dalla
qualità dell'attacco del suono, dalla durata del suono transitorio e dal transitorio d'estinzione.
Il timbro risente pure dell'altezza e della intensità del suono.
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E' un parametro difficile da classificare, da annotare , da trasmettere; è interessante , ai fini
dell'operatività musicoterapica, la classificazione proposta da Dogana (1984), che indica le
seguenti componenti del timbro come le principali:
_ la componente esplosiva, che caratterizza suoni secchi, decisi, brevi ,come quelli
emessi dalla percussione o dalla rottura di corpi duri;
_ la componente risonante, tipica dei suoni che rimbombano, echeggiano e si
prolungano, spesso emessi da corpi cavi;
_ la componente vibrante, che si trova nei rumori dovuti a eccitamenti sonori ritmici
e ripetuti, come quelli del raschiare, grattare, ecc...
_ la componente liquida, che caratterizza suoni di tipo fluido e molle come quelli
emessi da fonti idro-aeree;
_ la componente sibilante, tipica dei suoni percepiti come penetranti e taglienti.
SETTING
All'interno della stanza dove vengono svolti i test troviamo strumenti usati nella
musicoterapia come strumentario Orff, lettore CD, pianoforte a coda e percussioni M. è
posta in modo che l'ascolto risulti stereofonico, con le spalle rivolte al pianoforte.
STRUMENTI DEL TEST
- voce del terapeuta
- voce del tirocinante
- voce di M.
- registratore digitale
- pianoforte a coda
- 2 jembè
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TEST DI DISCRIMINAZIONE SULL'ALTEZZA (DH)
La prova consiste nel far ascoltare ad M. due suoni consecutivi emessi da un pianoforte a
coda. La scelta di questo strumento è data dall'ampiezza delle sue frequenze, (da 32,7 Hz a
15804 Hz).
Ottave
0
1
2
3
4
5
6
7
8
Do
32,7
65,4
130,8
262
523
1046
2093
4186
8372
Do # o Re b
34,6
69,3
138,6
277
554
1109
2217
4435
8870
Re
36,7
73,4
146,8
294
588
1175
2349
4699
9397
Re # o Mi b
38,9
77,8
155,6
311
622
1244
2489
4978
9956
Mi
41,2
82,4
164,8
330
659
1318
2637
5274
10546
Fa
43,6
87,3
174,6
349
698
1397
2793
5588
11175
Fa # o Sol b
46,2
92,5
185
370
740
1480
2960
5920
11840
Sol
49
98
196
392
784
1568
3136
6272
12544
Sol # o La b
51,9
103,8
207,6
415
831
1661
3322
6645
13290
La
55
110
220
440
880
1760
3520
7040
14080
La # o Si b
58,3
116,5
233
446
932
1865
3720
7459
14917
Si
61,7
123,5
246,9
494
988
1976
3951
7902
17804
Tavola delle frequenze (Hz)
Il test è composto da due prove:
DH1
DH2
DH1 consiste nel far ascoltare ad M. due suoni consecutivi diversi di altezza, emessi dal
pianoforte a coda: se è il primo suono ad essere discriminato come il più acuto, M. dovrà
alzare la mano destra se è il secondo la mano sinistra.
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DH2 Consiste nel fare ascoltare ad M. due suoni consecutivi diversi di altezza tra loro,
emessi dal pianoforte a coda discriminando.
Se è il primo suono ad essere discriminato come il più grave M. dovrà alzare la mano destra,
se è il secondo la mano sinistra.
Nella prova DH2 vengono somministrati suoni nella medesima successione delle singole
coppie, ma con altezze invertite dalla prova DH1, questo per verificare al meglio il livello
discriminativo di M.
DH1
Dati due suoni dire quale dei due è il più acuto attraverso la seguente prova
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DH2
Somministrati due suoni dire quale è il più acuto alzando la mano destra se è il primo e la
mano sinistra se è il secondo.
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RISULTATI E OSSERVAZIONI
Dal risultato delle due prove del test si può notare che le risposte errate (5 su 10) riguardano
le singole fasi, delle suddette prove, dove la prima nota è più grave della seconda.
TEST DI DISCRIMINAZIONE SULL'INTENSITÀ
Il test è composto da 2 prove:
DI1
DI2
la prima (DI1) consiste nel fare ascoltare ad M. due suoni consecutivi emessi da un
pianoforte a coda differenti per intensità; la seconda (DI2) è una verifica della prima dove i
suoni sono invertiti.
Per verificare il livello d'intensità del suono emesso utilizziamo un fonometro che è un
dispositivo elettronico studiato per monitorare in tempo reale la situazione di intensità di un
determinato strumento in un ambiente.
L'unità di misura su cui è tarato questo strumento è il decibel (dB).
Tabella di alcuni suoni ambientali espressi in dB
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DI1
Dati due suoni dire quale dei due è meno intenso alzando la mano destra se è il primo e la
sinistra se è il secondo.
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DI2
Dati due suoni dire quale dei due è il meno intenso alzando la mano destra se è il primo
suono, la sinistra se è il secondo.
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OSSERVAZIONI
Dal risultato delle due prove del test (6 risposte errate su 20) è emersa una notevole
difficoltà nel riconoscimento dei suoni con intensità inferiore ai 50 dB.
TEST DI DISCRIMINAZIONE SULLA DURATA
Il test è composto da due prove:
DD1
DD2
La prova DD1 consiste nel far ascoltare ad M. due suoni consecutivi emessi da un
pianoforte a coda con durata differente.
La prova DD2 è strutturata in modo inverso rispetto alla prima, per effettuare una verifica
sulla prova precedente.
Per misurare al meglio la durata del suono si utilizza un metronomo in cuffia all'esecutore
del suono, in modo che M. non abbia un punto di riferimento, settato a 80 bpm (battiti per
minuto) con tempo 4\4.
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DD1
Dati due suoni dire quale dei due ha durata minore alzando la mano destra se il suono è il
primo e la mano sinistra se il suono è il secondo.
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DD2
Dati due suoni dire quale dei due ha durata minore alzando la mano destra se il suono è il
primo e la mano sinistra se il suono è il secondo.
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OSSERVAZIONI
M. ha dimostrato di discriminare in modo corretto i suoni sulla base della durata
rispondendo esattamente a tutte le prove.
TEST DI DISCRIMINAZIONE SUL TIMBRO
Il test è formato da due prove denominate DT1 e DT2.
Data la difficoltà tecnica di riprodurre timbri differenti per mancanza di strumenti musicali,
in questo test usiamo il lettore cd con un compact-disc in cui vi sono incisi svariati timbri di
strumenti musicali con i parametri di intensità, durata e altezza invariati.
Prenderemo in esame come ascolto i seguenti strumenti:
Pianoforte
Chitarra
Sassofono tenore
Oboe
Flauto
Clarinetto
Viola
Tromba
Corno
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
indicato con
P
CH
S
O
F
CL
V
T
CO
Ad inizio test è necessario che M. ascolti il suono del pianoforte registrato, per poi
discriminarlo da altri tipi di suoni.
Nella prima prova (DT1) M. ascolterà due suoni e dovrà dire quale dei due è il pianoforte
alzando la mano destra se è il primo e la mano sinistra se è il secondo.
Nella seconda prova (DT2) M. dovrà eseguire lo stesso lavoro della prova DT1 come
verifica, in quanto i suoni saranno emessi al contrario, ma con la stessa successione delle
somministrazioni.
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DT1
Dati due suoni dire quale è il pianoforte, alzando la mano destra se è il primo e la mano
sinistra se è il secondo.
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DT2
Dati due suoni dire quale di questi è il pianoforte alzando la mano destra se è il primo e la
mano sinistra s è il secondo
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OSSERVAZIONI
M. ha dimostrato di non essere in grado di discriminare in termini di timbro un suono da un
altro sbagliando 16 risposte sulle 20 prove componenti il test.
PROGRAMMA RIABILITATIVO
Dati i risultati dei test è stato effettuato un programma riabilitativo per ogni parametro
musicale su cui verranno impostate le varie sedute di musicoterapia.
Esercizi sull'altezza:
z
z
z
z
z
improvvisare con il gesto-suono
tradurre graficamente suoni acuti suoni gravi
collocare sul pentagramma nell'ordine di ascolto suoni acuti e suoni gravi
improvvisare con la voce su due\tre suoni
intonare correttamente
Esercizi sul ritmo:
z
z
z
z
mantenere la velocità variando l'intensità
sviluppare la capacità di ascolto e controllo dei movimenti
prendere coscienza dei ritmi verbali
memorizzare una sequenza ritmica
Esercizi sull'intensità:
z
z
riprodurre i suoni rappresentati graficamente
rappresentare graficamente l'intensità
Esercizi sul timbro:
z
z
z
sperimentare le possibilità timbriche di strumenti diversi
riconoscere timbri come segnali per favorire lo spostamento spaziale
conoscere e riconoscer le possibilità timbriche degli strumenti musicali
Esercizi per la voce:
z
z
z
riconoscere la fonte sonora (voce diretta – voce registrata)
essere in grado di riconoscere una melodia ascendente o discendente utilizzando il
gesto
prendere coscienza della corrispondenza tra voce ed emissione di fiato (continuo,
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z
z
discontinuo) e del ruolo del diaframma nel controllo della voce
improvvisazione vocale individuale e di gruppo
intonare correttamente semplici frammenti melodici
CONCLUSIONI DEI TEST
Dai test si nota come l'attuale mappaggio dell'impianto cocleare abbia una carenza su
frequenze gravi e una soglia di guadagno bassa.
Questo permette di dare una prima linea da poter seguire per migliorare il range dinamico
elettrico (mappaggio) dell'impianto cocleare di M. anche se i tempi necessari, per questo
tipo di lavoro, sono molto lunghi e richiedono una particolare attenzione sulle attività svolte
sia da parte del musicoterapeuta che del soggetto in questione.
Grazie al lavoro svolto sulla discriminazione dei suoni uditi e il tipo di esercizi vocali
eseguiti, M. è in grado di riconoscere i parametri musicali del suono; oltre a ciò ha iniziato a
mettere in discussione la propria voce facendola ascoltare ad una cantante lirica.
Rispetto ai primi incontri di musicoterapia, alla proposta delle attività da svolgere,
all'interno della seduta, M., si mostra più impegnata, consapevole e critica nei confronti
della sua voce.
Queste penso siano le basi fondamentali per poter migliorare i tratti soprasegmentali di M.
Questa esperienza di tirocinio mi ha permesso di capire come un soggetto sordo possa
essere messo in condizione di ascoltare, quali esigenze necessita per poterlo fare e come può
ascoltare con gli apparecchi acustici. Questi punti sono fondamentali per effettuare un
progetto di musicoterapia durante il quale solo il soggetto è in grado veramente di verificare
l'efficacia del trattamento.
Il musicoterapeuta deve essere perspicace nel cogliere non solo il linguaggio verbale ma
anche quello non verbale su cui la musica ha un potere incredibile consentendo l'invio di
messaggi che sarebbero difficili e complicati ma che in realtà sono facilmente compresi e i
risultati possono essere di estrema importanza per risolvere problematiche non solo
psichiche ma fisiche.
Il panorama delle opportunità offerte della musicoterapia è estremamente ampio e variegato
e tale tecnica può quindi essere applicata con modalità diverse a diversi soggetti.
La sinergia di figure diverse, musicista, mappatore, logopedista, medico chirurgo, con
formazioni culturali, competenze e punti di vista diversi, per il suo più ampio respiro, risulta
vincente nelle fasi progettuali, operative ed analitiche della sperimentazione, permettendo di
trattare e valutare poi i risultati della musicoterapia in modo oggettivamente più ampio.
Il percorso è ancora molto lungo e la consapevolezza di essere in una fase ancora
sperimentale non può che costituire un ulteriore stimolo a perseguirlo con sempre maggior
passione.
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BIBLIOGRAFIA
−
”L'impianto cocleare” manuale operativo di A. De Filippis.
−
“La musica come intervento terapeutico nei trattamenti medici: ricerche ed applicazioni
cliniche” di Jayne Stanley.
−
Dispensa “laboratorio vocale” di Marina Mungai.
−
“Lineamenti di musicoterapia” di PierLuigi Postacchini, Andrea Ricciotti e Massimo
Borghesi.
−
“Sordità: verso uno scambio comunicativo” di Federico Bianchi Di Castelbianco.
−
“Il percorso logopedico ottimale nell'educazione-rieducazione nel bambino sordo”di
Bronte.
−
“L'ipoacusia neurosensoriale” di M. Casale, F. Greca, F. La Manna, A. Miele, F.
Salvinelli.
−
“Lessico di acustica e tecnica musicale” Pietro Righini.
81