Urti fra particelle 1 Impulso e quantità di moto Quando due particelle si urtano, agisce su di esse una forza molto grande per un intervallo di tempo molto breve: durante il tempo in cui esse sono a contatto, esercitano l’una sull’altra una forza molto intensa. Il fenomeno è simile al caso di una mazza che colpisce una palla. Durante il brevissimo intervallo di tempo in cui la mazza è a contatto con la palla, su di questa si esercita una forza molto grande. La forza in gioco varia nel tempo in un modo abbastanza complicato che non è facilmente quantificabile. Queste forze si chiamano impulsive. 2 Il generale possiamo supporre che l’andamento in funzione del tempo di una forza impulsiva del genere sia approssimabile come in figura, e che la forza abbia una direzione costante. F(t) In questo caso, la collisione inizia all’istante t1 e finisce all’istante t2. La forza è nulla prima e dopo. Dall’equazione che abbiamo scritto a proposito della forza e della variazione di quantità di moto (la II Legge di Newton nella sua formulazione generale), si ha: t1 Δt t2 t F = dp/dt 3 Possiamo quindi scrivere che la variazione infinitesima di quantità di moto dp dovuta ad una forza F che agisce per un tempo infinitesimo dt è data da: dp = F(t) dt Possiamo quindi ricavare la variazione di F(t) quantità di moto di un corpo durante un urto integrando questa equazione su tutto l’intervallo di tempo in cui dura l’urto, ricavando in sostanza l’area in figura. Δp = ∫t t2 F(t) dt Δp 1 t1 Δt t2 t 4 L’integrale di una forza F sull’intervallo di tempo in cui agisce, viene definito impulso ed è una grandezza vettoriale. Di norma indicheremo il vettore impulso con J= ∫t J t2 F (t) dt = Δp 1 Pertanto, la variazione di quantità di moto a cui è soggetto un corpo su cui agisce una forza impulsiva (direzione costante durante il tempo di applicazione) è uguale all’impulso. 5 Ricordando quello che abbiamo discusso a proposito del teorema lavoro-energia, risulta quindi che: x2 ΔL = ∫x F(x) dx = ΔE = −ΔU Lavoro – energia 1 Δp = ∫t t2 F (t) dt Impulso – Quantità di moto 1 6 Fenomeni d’urto Consideriamo l’urto fra due particelle di massa m1 e m2, come illustrato in figura: m1 F1 m2 F2 Durante il brevissimo intervallo di tempo Δt in cui le due masse sono a contatto, esse esercitano una sull’altra una grande forza. Ad ogni istante, la massa esercita una forza F2 sulla massa m2 e la massa m2 esercita m1 una forza F1 sulla massa m1 In base alla III Legge di Newton, queste due forze sono, istante per istante, eguali e contrarie e agiscono per lo stesso intervallo di tempo Δt = t2 –t1 7 La variazione di quantità di moto della particella 1 sarà pertanto: t2 Δp1 = F1 dt = <F1> Δt t1 ∫ dove <F1> è il valor medio di durante l’intervallo Δt E analogamente, la variazione di quantità di moto della particella 2 sarà: t2 Δp2 = F2 dt = <F2> Δt t1 ∫ dove Sappiamo che ad ogni istante risulta <F1> = − <F2> <F2> F1 = −F2 è il valor medio di durante l’intervallo Δt quindi Δp1 = − Δp2 8 La quantità di moto totale del sistema d’altra parte è data dalla: P = p1 + p2 E poiché come abbiamo visto che implica Δp1 = − Δp2 Δp1 + Δp2 = 0 Δ(p1 + p2) = 0 ΔP = 0 Questo riflette i fatto che la quantità di moto del sistema (che considerato come un sistema isolato in quanto le uniche forze che abbiamo preso in esame sono le forze interne) non cambia durante l’urto 9 Urti in una dimensione Sebbene non sempre sono note le forze che agiscono durante un urto, nel caso unidimensionale l’applicazione delle leggi di conservazione della quantità di moto e di conservazione dell’energia di norma consente di prevedere l’esito dell’urto, cioè la determinazione del moto dei corpi dopo l’urto, se è noto il moto dei corpi prima dell’urto. In generale, parlare di urti, non vorrà dire limitarsi al caso in cui due corpi entrano fisicamente in contatto. Si può parlare di urti anche in quei casi in cui i corpi in questione esercitano delle forze l’uno sull’altro, in grado di modificarne il moto. 10 Un esempio famoso di questo genere di «urti» è la fionda gravitazionale: Un satellite artificiale in rotta di avvicinamento verso un pianeta di grande massa, a causa dell’interazione gravitazionale con esso, viene fiondato via a velocità superiore a quella che aveva in avvicinamento al pianeta. Il caso del Pioneer 10 v iniziale 10 km/s Direzione del moto di Giove v finale 22 km/s 11 Dunque il pianeta “afferra” la sonda e la rilancia fornendogli energia: per analogia proprio col fenomeno della fionda, questo meccanismo viene detto fionda gravitazionale Nell’accelerare la sonda il pianeta fornisce parte della sua energia, rallentando il proprio moto. Tuttavia, a causa dell’enorme disparità tra la massa della sonda e quella del pianeta, quest’ultimo rallenta in maniera impercettibile e possiamo dire che continua a muoversi come se niente fosse successo. 12 Gli urti di norma sono classificati a seconda che si conservi o non si conservi l’energia cinetica. Quando l’energia cinetica si conserva, l’urto è definito urto elastico Altrimenti, se l’energia cinetica non si conserva, l’urto è definito urto anelastico 13 Qualitativamente: Urto elastico: oltre alla Quantità di moto, si conserva l’energia cinetica ΔK = 0 ½ m1 v12 = ½ m2 v22 Urto anelastico: La Quantità di moto si conserva, ma l’energia cinetica NO −ΔK per esempio per dissipazione in energia termica 14 Un altro esempio di urto anelastico può anche essere il caso in cui i due corpi restano attaccati. In questo caso è definito urto completamente anelastico Il termine completamente anelastico non vuol dire che tutta l’energia cinetica viene dissipata, ma ne viene dissipata piuttosto la massima consentita dalla conservazione della quantità di moto 15 Quindi, occorre considerare con particolare attenzione quei casi in cui sembra che ogni velocità si sia completamente annullata (violando apparentemente la conservazione della quantità di moto). Per esempio, come commentereste l’esempio di seguito ? Qui sembrerebbe che tutta l’energia cinetica si sia dissipata nel riscaldamento della biglia, dato che tutte le velocità si sarebbero annullate e che di conseguenza la legge di conservazione della quantità di moto non sia stata rispettata. In realtà non è vero: la biglia ha trasmesso quantità di moto alla massa del muro (ancorato a terra), solo che dato il rapporto fra e masse questa velocità è piccolissima. 16 Cominciamo adesso col discutere più a fondo gli urti elastici unidimensionali (di cui abbiamo già visto sin dalla prima lezione qualche caso particolare) TRATTIAMO ADESSO IL CASO PIU’ GENERALE Cioè trattiamo il caso in cui tutte e due le biglie hanno una certa velocità inziale La velocità iniziale delle due biglie potrà essere nello stesso verso come nell’esempio illustrato, così da dare luogo all’urto come in «un inseguimento», o potrà essere di verso opposto, così da dare luogo ad un urto frontale. 17 m1 m2 Prima dell’urto (velocità u) velocità = u1 velocita = u2 velocità = v1 velocità = v2 Dopo l’urto (velocità v) 18 In base alle Leggi di Conservazione che abbiamo studiato potremo scrivere: Dopo l’urto Prima dell’urto Conservazione della Quantità di Moto m1u1 + m2u2 = m1v1 + m2v2 Conservazione della Energia Cinetica ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22 (Urto elastico) 19 L’equazione per la quantità di moto: m1u1 + m2u2 = m1 (u1 − v1) = m1v1 + m2v2 si può scrivere: m2 (v2 −u2 ) e quella per l’energia cinetica: ½ m1u12 + ½ m2u22 = ½ m1v12 + ½ m2v22 si può scrivere: m1(u12 − v12) = m2(v22 −u22 ) 20 Dividendo l’equazione m1(u12 − v12) = m2(v22 −u22 ) per l’equazione m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 ) si ha (u12 − v12) / (u1 − v1) = (v22 −u22 ) / (v2 −u2 ) cioè: (u1 − v1) x (u1 + v1) / (u1 − v1) = (v2 −u2 ) x (v2 + u2 ) / (v2 −u2 ) u1 + v1 = v2 + u2 Cioè la somma delle velocità della massa m1 prima e dopo l’urto è uguale alla somma delle velocità prima e dopo l’urto della massa m2 21 Questa equazione: u1 + v1 = v2 + u2 può anche essere scritta: u1 − u2 = v2 − v1 Cioè le differenze di velocità di ognuna delle due biglie prima e dopo l’urto sono eguali e contrarie. 22 Per determinare le velocità v1 e v2 delle due biglie dopo l’urto, note le velocità prima Dell’urto u1 e u2, possiamo usare una delle due equazioni precedenti. Per esempio, utilizzando la: u1 + v1 = v2 + u2 scriveremo: v2 = u1 + v1 − u2 Introducendo questa equazione nella precedente: m1 (u1 − v1) = m2 (v2 −u2 ) si ricava: m1 (u1 − v1) = m2 (u1 + v1 −2u2 ) m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2 23 m1u1− m1v1 = m2 u1 + m2 v1 − 2 m2u2 m1u1 + 2 m2u2 − m2 u1 = m2 v1 +m1v1 m1u1 + m2 (2u2 − u1) = v1 (m2 +m1) v1 = [ m1u1 + m2 (2u2 − u1) ] / (m2 +m1) v1 = m1u1/ (m2 +m1) + m2 2u2 / (m2 +m1) − u1/ (m2 +m1) v1 = u1 [m1/ (m2 +m1) − 1/ (m2 +m1) ] + m2 2u2 / (m2 +m1) 24 Da cui si ricava: v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) + u2 2 m2 / (m1 +m2) E analogamente per v2 si ricava: v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2) + u2 (m2 − m1) / (m1 +m2) Un caso particolare: m1 = m2 Risulta: v1 = u2 velocità finale particella 1 = velocità iniziale particella 2 v2 = u1 Cioè se velocità finale particella 2 = velocità iniziale particella 1 m1 = m2 le due particelle si scambiano le velocità 25 Un altro caso interessante è quello in cui la particella m2 è inizialmente ferma, cioè u2 = 0 In questo caso risulta: v1 = u1 (m1 − m2) / (m1 +m2) v2 = u1 2 m1 / (m1 +m2) Se allo stesso tempo m1 v1 = 0 v2 = u1 Se invece = m2 si ottiene la prima particella si ferma la seconda particella scatta via con la sua velocità m2 >> m1 (particella ferma MOLTO più massiva di quella incidente) si ha: v1 ≈ −u1 la prima particella, quella incidente, rimbalza circa con la stessa velocità (caso della palla che cade per terra) v2 ≈ 0 la seconda particella, quella ferma e molto massiva, non si muove (caso 26 della terra colpita dalla palla) Se infine si ha m2 si ha: << m1 (particella ferma MOLTO più leggera di quella incidente) v1 ≈ u1 la velocità della particella pesante rimane invariata v2 ≈ 2u1 la velocità con cui schizza via la particella leggera che era ferma è il doppio della velocità della biglia pesante incidente. Alla luce di queste formule che derivano dalla applicazione congiunta della Conservazione della Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica, ci rendiamo conto che gli esperimenti pensati durante le prime lezioni non tenevano in conto la «velocità residua» della biglia incidente, che seppure in molti casi può essere minima, esiste comunque a meno che le due biglie non abbiano la stessa massa. 27 m1 ≥ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma: a) si ferma solo se ha rigorosamente la stessa massa della biglia bersaglio b) prosegue alla sua stessa velocità solo se è MOLTO più massiva della biglia bersaglio c) se ha una massa intermedia manterrà una certa velocità inferiore a quella iniziale Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti, NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente 28 m1 ≤ m2 Una biglia incidente su una biglia bersaglio ferma: a) si ferma solo se ha la stessa massa della biglia bersaglio b) Rimbalza indietro con la sua stessa velocità cambiata di segno solo se è MOLTO più leggera della biglia bersaglio c) se ha una massa intermedia avrà un lieve rimbalzo ma non sarà del tutto ferma Negli esperimenti simulati che abbiamo visto durante le prime lezioni infatti, NON ci eravamo preoccupati della velocità residua della biglia incidente 29 Riassumendo: Nel caso di biglie di massa differente, il caso in cui una biglia incidente su una biglia ferma si ferma anch’essa, cedendo tutta la sua quantità di moto alla biglia ferma, non violerebbe la Legge di Conservazione della Quantità di Moto. Cioè: gli esperimenti che avevamo immaginato in cui la biglia incidente NON si ferma mai anche se le due masse sono differenti, NON violano la quantità di moto, ma semplicemente non è così che le cose vanno in natura: l’applicazione congiunta della Conservazione della Quantità di Moto e della Conservazione dell’Energia Cinetica vieta che la biglia incidente si fermi a meno che le due masse non siano equali. 30 Urti anelastici Nel caso di urti anelastici, continua a valere la Conservazione della Quantità di Moto ma non possiamo utilizzare la Conservazione dell’Energia Cinetica, in quanto parte dell’energia cinetica viene dissipata in calore. Per potere ricavare le velocità delle particelle dopo l’urto dovremmo pertanto applicare la conservazione dell’energia totale il che in molti casi non è semplice in quanto potrebbe non essere noto quanta energia cinetica si è dissipata in energia termica. 31 Fra gli urti anelastici, l’unico che può essere risolto avendo a disposizione la sola legge di conservazione della quantità di moto è l’urto completamente anelastico. In questo caso infatti le due particelle rimangono attaccate e dopo l’urto hanno quindi la stessa velocità v. Avendo una sola velocità da determinare, può essere ricavata con una sola equazione: m1 u1 + m2 u2 = ( m1 + m2 ) v 32 L’utilizzo delle due Leggi di Conservazione risulta quindi essenziale per la soluzione dei problemi del moto dei corpi. Poiché come abbiamo visto è sempre l’applicazione di una forza esterna che genera variazioni della quantità di moto ed è sempre l’applicazione di una forza esterna che genera variazioni di energia cinetica: una domanda che potrebbe sembrare naive, ma che è stata oggetto di dibattito è: Ma allora una forza si caratterizza per la sua capacità di cambiare la quantità di moto? oppure per la sua capacità di cambiare l’energia cinetica ? In realtà possiamo affermare che l’effetto cumulativo di una forza può essere misurato sia dal suo effetto integrato nel tempo, sia per il suo effetto integrato nello spazio. I due integrali danno rispettivamente una misura delle variazioni di quantità di moto e di energia prodotte dalla forza. 33 Urti in due dimensioni Abbiamo visto che nel caso di urti elastici unidimensionali, l’applicazione delle due leggi di conservazione studiate ci fornisce sufficienti equazioni per determinare le velocità dopo l’urto, note le velocità prima dell’urto. Nel caso di urti elastici in due dimensioni invece abbiamo 4 incognite che sono le componenti x ey delle velocità dopo l’urto delle due particelle, ma abbiamo a disposizione solo 3 equazioni: due per la quantità di moto lungo x e lungo y e una per l’energia cinetica. L’unico caso in cui un urto in due dimensioni può essere risolto è infatti il caso di un urto completamente anelastico: in questo caso infatti le due particelle rimangono attaccate, hanno cioè la stessa velocità e abbiamo pertanto 2 incognite in meno 34 Pertanto, nel caso di urti elastici in due dimensioni, occorrono maggiori informazioni sul particolare esperimento in questione. Una situazione semplice è quella in cui viene fornito come dato del problema l’angolo con cui viene deviata una delle due particelle. 35 Consideriamo per esempio un urto in due dimensioni come di seguito: 36 PRIMA DELL’URTO m2 m1 u1 37 DOPO L’URTO m2 m1 u1 38 Indicheremo con b il cosiddetto parametro d’urto, cioè la distanza fra la traiettoria della particella incidente ed una parallela passante per il centro della particella bersaglio Indicheremo con θ1 l’angolo di cui viene deviata la particella 1 e θ2 l’angolo con cui si muove la particella 2 dopo l’urto m2 b m1 u1 θ2 θ1 39 Applicando la conservazione della quantità di moto che essendo una relazione vettoriale ci fornisce due equazioni scalari, una lungo x e una lungo y, si ha: Per l’asse x: m1 u1 = m1 v1 cos (θ1) + m2 v2 cos (θ2) e per l’asse y: 0 = m1 v1 sin (θ1) + m2 v2 sin (θ2) Per un urto elastico potremo anche applicare la conservazione dell’energia cinetica: ½ m1 u12 = ½ m1 v12 + ½ m2 v22 40 Note le sole condizioni iniziali: m1 m2 e u1 avremmo 4 incognite: v1 v2 θ1 e θ2 E abbiamo a disposizione solo 3 equazioni Pertanto potremo descrivere il moto dopo l’urto solo se misuriamo una delle 4 incognite, per esempio θ1 41 Sezione d’urto Quando invece le forze in gioco nell’urto sono note, si possono derivare le caratteristiche del moto a partire dalle sole condizioni iniziali. In questo caso, la stessa legge fondamentale della dinamica (la II Legge di Newton) fornisce la quarta equazione necessaria. In questo caso, il parametro d’urto diventa un’importante condizione iniziale che deve essere nota per definire il range di azione della forza in questione. Per esempio può essere utile definire una dimensione massima del parametro d’urto per il quale la deflessione attesa è la minima, affinché nel particolare esperimento si possa parlare di urto. In sostanza, risulta rilevante definire la distanza sino alla quale la forza di interazione è efficace 42 In sostanza, possiamo definire un’area attorno alla particella bersaglio, tale che l’urto avviene solo se la particella incidente intercetta questa area Chiameremo quest’area sezione d’urto σ 43 In sostanza, possiamo definire un’area attorno alla particella bersaglio, tale che l’urto avviene solo se la particella incidente intercetta questa area Chiameremo quest’area sezione d’urto σ 44