Dall’ipotesi di Planck alla nascita della meccanica quantistica 23 marzo 2015 Corpo nero (Planck) Effetto fotoelettrico (Einstein) L’atomo di Bohr Effetto Compton Dualismo onda-particella, relazione di de Broglie Heisenberg e Schroedinger 1 Corpo nero • Il corpo nero è una idealizzazione fisica e rappresenta un corpo che assorbe perfettamente tutta la radiazione e.m. incidente, indipendentemente dall’angolo di incidenza e dalla lunghezza d’onda • Un corpo nero in equilibrio termico, cioè a temperatura costante, emette radiazione e.m. detta radiazione di corpo nero • Lo spettro di emissione è determinato soltanto dalla temperatura, non dalla forma o dalla composizione del corpo (teorema di Kirchhoff) 2 Corpo nero • Un modello molto usato, anche se non perfetto, di corpo nero è un piccolo foro in un corpo cavo le cui pareti siano opache alla radiazione • Il corpo cavo sia mantenuto ad una temperatura T e la radiazione al suo interno sia in equilibrio termico con le pareti • Il forellino permetterà alla radiazione e.m. di entrare e uscire dal corpo, ma se è abbastanza piccolo, l’effetto sull’equilibrio termico della radiazione all’interno della cavità sarà trascurabile • La radiazione uscente sarà allora, con buona approssimazione, radiazione di corpo nero 3 Corpo nero • Anche se inizialmente la radiazione non è in equilibrio termico con le pareti, l’equilibrio è raggiunto per assorbimento e reemissione continui della radiazione da parte del materiale delle pareti • NOTA: La radiazione di corpo nero è la massima radiazione che un corpo all’equilibrio termico possa emettere, qualunque sia la sua composizione chimica o la sua struttura superficiale 4 Radianza spettrale • Consideriamo un punto Q sulla superficie del corpo nero • Una quantità infinitesima di potenza dP sia irraggiata in direzione q rispetto alla normale alla superficie del corpo da un elemento di area dA nell’angolo solido dW in una banda di frequenza dn • La quantità, introdotta da G. Kirchhoff dP Bn (n , T) dA cosq dW dn • è detta radianza spettrale • É questa la grandezza misurabile sperimentalmente 5 Radianza e densità di energia • Si può dimostrare che la radianza spettrale uscente dal corpo nero e la densità spettrale di energia e.m. presente all’interno del corpo nero sono legate da una semplice relazione di proporzionalità 4 uv n , T c Bv n , T • Per cui invece di è Bn possibile determinare un • È questa la grandezza che Planck analizzò teoricamente 6 Legge di Planck • Planck mise insieme due formule per la radianza del corpo nero, proposte da Wien e da Rayleigh, verificate sperimentalmente rispettivamente per alte e basse frequenze e ricavò la formula an 3 uv n , T bn exp 1 T • Con a e b due costanti da determinare empiricamente • Siccome un è indipendente dal materiale di cui è fatta la cavità, le due costanti sono costanti universali • Come vedremo sono legate alla costante di Boltzmann ed a quella che è divenuta nota come costante di Planck 7 Giustificazione della legge • Dato che la formula si adattava bene ai dati sperimentali per tutte le frequenze, Planck la pubblicò (19 ottobre 1900 ) • A questo punto Planck cercò una giustificazione teorica della sua formula • Immaginò che la cavità contenesse un numero grande ma finito di oscillatori meccanici, ciascuno con una sua propria frequenza di risonanza • Gli oscillatori erano dotati di carica elettrica, in modo da poter scambiare energia con la radiazione e.m. della cavità 8 Giustificazione della legge • Per Planck non era necessario che questi oscillatori risonanti esistessero davvero, questa era un’ipotesi teorica, uno strumento per calcolare l’espressione della radianza spettrale • Oggi questi oscillatori sono identificati con qualcosa di reale, gli atomi delle pareti della cavità • Planck ricorse ai metodi sviluppati da Boltzmann in meccanica statistica, per trovare come l’energia e.m. si distribuisse sui diversi modi dinamici degli oscillatori 9 Meccanica statistica • Per trovare l’energia che compete ai modi della radiazione e.m. di frequenza compresa tra n e n +d n, bisogna moltiplicare il numero di questi modi per l’energia media del modo • Per l’ipotesi dell’equilibrio termico, l’energia di un modo e.m. è uguale all’energia dell’oscillatore di ugual frequenza n En • Classicamente l’energia media dell’oscillatore vale E kT ed è indipendente dalla frequenza • Se dN e` il numero di modi e.m. di frequenza compresa tra n e n +dn, l’energia corrispondente dU sara` dU n dN E dN 10 Meccanica statistica • Si può dimostrare che dN per una cavità di volume V all’equilibrio termico è dato da 8V 2 dN c 3 n dn • Quindi l’energia e.m. dovuta a questi modi all’interno della cavita` e` 8V 2 dU E dN kT 3 n dn c • Questa energia puo` anche essere espressa in termini di densita` di energia e.m. dentro la cavita`: dU Vun dn 11 Densità di energia classica • Dalla teoria e.m. di Maxwell e dalla meccanica classica si otterrebbe quindi la densità di energia d U V du 8 un 3 kTn 2 dn dn c • Questa formula non è però fisicamente possibile, in quanto prevede un aumento indefinito di un con n 12 13 Relazione di Planck (1901) • Planck suppose che – l’energia degli oscillatori non fosse distribuita con continuità, ma fosse costituita da quantità minime indivisibili o quanti – la quantità di energia di un quanto fosse proporzionale alla frequenza di risonanza dell’oscillatore e hn – l’energia di un oscillatore fosse un multiplo intero di e En ne nhn • NB: Planck non propose che l’energia e.m. fosse quantizzata, questo fu fatto da Einstein nel 1905 14 Densità di energia di Planck (Nobel 1918) hn • Ora l’energia media dell’oscillatore è E hn exp 1 kT • E l’espressione della densità di energia dei modi e.m. con frequenza compresa tra n e n +dn du 8h n3 un 3 dn c hn exp 1 kT • Questa l’espressione si adatta ai dati sperimentali su tutto lo spettro di frequenza • h è una nuova costante universale, la costante di Planck, con le dimensioni di energia volte tempo cioè di azione: h 6.626 1034 Js 15 Satyendra Nath Bose • Fu solo nel 1924 che il fisico indiano Bose sviluppò la teoria statistica quantistica dei fotoni, che permise una derivazione teorica quantisticamente corretta della legge di Planck 16 17 Limite per basse frequenze • Per basse frequenze l’esponenziale a denominatore si può espandere in serie 8h un 3 c n3 hn 8h n3 8 2 3 3 n kT c 1 hn 1 c exp 1 kT kT • Riottenendo la distribuzione classica di Rayleigh-Jeans • Notare che la costante di Planck sparisce 18 Limite per alte frequenze • Per alte frequenze l’esponenziale al denominatore diventa dominante rispetto a 1 8h un 3 c n3 hn exp 1 kT 8h 3 hn 3 n exp c kT • Riottenendo la distribuzione di Wien 19 Energia media dell’oscillatore • Per la distribuzione classica l’energia media degli oscillatori 1-D è indipendente dalla frequenza E n kT • Questa caratteristica è responsabile della divergenza della densità di energia ad alte frequenze e del conseguente carattere non fisico della distribuzione classica 20 Energia media dell’oscillatore • Per la distribuzione di Planck l’energia media dipende invece dalla frequenza e per alte frequenze è molto piccola hn hn E n hn exp hn kT exp 1 kT • Questo significa che la probabiltà che un oscillatore di alta frequenza sia attivo è molto bassa (‘congelamento’ dei gradi di libertà) • Qualcosa di analogo succede per gli oscillatori 3-D (reali, stavolta) costituiti dagli atomi del reticolo in un cristallo 21 Effetto fotoelettrico • Scoperto nel 1887 da H. Hertz • è il fenomeno per cui in opportune condizioni, la superficie di una sostanza, generalmente un metallo, esposta a radiazione e.m., assorbe la radiazione ed emette elettroni • Nota: l’elettrone fu scoperto da J. J. Thomson nel 1897 • Affacciando una seconda superficie alla prima e imponendo una ddp tra le due, è possibile raccogliere la corrente di elettroni e studiarne le proprietà 22 Effetto fotoelettrico • Se la ddp è positiva, gli elettroni vengono accelerati verso il secondo elettrodo • Se questa ddp è abbastanza elevata, tutti gli elettroni vengono raccolti e ogni ulteriore aumento della ddp non porta ad alcun aumento della corrente • Con una ddp negativa, è possibile rallentare gli elettroni, fino a annullare la corrente quando venga raggiunto il potenziale di blocco Vb • In tal modo, imponendo la conservazione dell’energia, è possibile risalire alla massima energia cinetica Kmax degli elettroni K max eVb 23 Caratteristiche sperimentali • Per una data sostanza: 1) La radiazione deve avere una frequenza maggiore di una frequenza di soglia (corrispondente a luce visibile o ultravioletta) affinché il fenomeno si verifichi 2) L’intensità della corrente è proporzionale all’intensità della luce incidente 3) Vb (ovvero l’energia cinetica massima degli elettroni) non dipende dall’intensità della radiazione 4) Vb aumenta con la frequenza della radiazione 5) Il tempo intercorrente tra l’arrivo della radiazione e l’emissione di elettroni è molto piccolo e indipendente dall’intensità della luce 24 Difficoltà della teoria e.m. classica • Il fenomeno è importante perché esso non è spiegabile con la teoria ondulatoria della luce • Il fatto che – l’energia cinetica degli elettroni non aumenti con l’intensità della luce – non ci sia addirittura emissione di elettroni per frequenze al di sotto di quella di soglia – l’energia cinetica degli elettroni aumenti con la frequenza della luce • risultava inspiegabile dalla teoria di Maxwell • Un altro fatto inspiegabile è che il ritardo di emissione degli elettroni è indipendente dall’intensità della luce 25 26 La soluzione di Einstein (1905, Nobel 1921) • Suppone che 1) l’energia della luce non sia distribuita con continuità nell’onda e.m., ma sia concentrata in ‘pacchetti discreti’ o quanti 2) l’energia di un quanto sia proporzionale alla frequenza n della luce, secondo la costante di Planck E hn 3) un elettrone del metallo assorba un quanto di luce, aumentando la propria energia a tal punto da poter sfuggire dalla superficie 4) questo possa avvenire se l’energia assorbita è maggiore del lavoro di estrazione W che deve compiere per superare l’attrazione del metallo 27 La soluzione di Einstein (1905) • Supponendo che l’energia si conservi, possiamo scrivere K max hn W , ove W dipende dal metallo usato • Questa formula spiega i seguenti fatti: – Kmax aumenta con la frequenza della radiazione (inoltre predice che l’aumento sia lineare) – Kmax non dipende dall’intensità della radiazione – l’esistenza di una frequenza di soglia: n W h n s (l’elettrone può essere emesso solo se K è positiva) – l’intensità della corrente di elettroni emessi è proporzionale al numero di quanti assorbiti nell’unità di tempo e quindi all’intensità della radiazione luminosa – l’indipendenza dall’intensità della luce dell’intervallo di tempo tra irraggiamento e emissione: l’elettrone è emesso subito dopo aver assorbito il quanto 28 W hn s 29 K max hn W 30 La formula di Rydberg (1888) • Negli anni 80 del XIX secolo J. Balmer prima e J. Rydberg poi scoprirono due relazioni tra le lunghezze d’onda delle linee spettrali dell’atomo di idrogeno misurate dagli spettroscopisti • Rydberg notò che tali linee potevano essere raggruppate in serie e che i calcoli si semplificavano se si usava il numero d’onde, 1/l cioè l’inverso di l, ovvero il numero di onde presenti nell’unità di lunghezza (un metro) 1 1 1 • La formula è R 2 2 l n1 n2 • Ove R è la costante Rydberg (pari a 1.097 x 107 m-1 ) e n1 < n2 sono due numeri interi 31 La formula di Rydberg • Fissato n1 , e facendo variare n2 si potevano riprodurre le serie di linee spettrali misurate 1 1 R 2 l 1 n2 1 1 1 R 2 2 l 2 n2 1 1 1 R 2 2 l 3 n2 1 1 1 R 2 2 l 4 n2 1 n1 n2 1 2→∞ serie di Lyman 2 3→∞ serie di Balmer l=364.5 nm (visibile) 3 4→∞ serie di Paschen l=820.1 nm (IR) 4 5→∞ serie di Brackett nome converge verso l=91.1 nm (UV) l=1458.0 nm (lontano IR) 1 l 1 l R 1 1 R 4 1 R l 9 1 1 R l 16 32 Serie spettrali Serie di Lyman Serie di Balmer • Nessuno però sapeva dare una spiegazione teorica della formula o del valore di R 33 L’atomo di Rutherford (1911) • All’inizio del XX secolo E. Rutherford stabilì sperimentalmente che gli atomi consistono di una nube diffusa di elettroni carichi negativamente che circonda un piccolo nucleo massiccio carico positivamente • Rutherford considerò un modello atomico planetario, cioè elettroni in orbita attorno al nucleo • Tale modello era però in contrasto con le leggi dell’elettromagnetismo: un elettrone orbitante avrebbe emesso radiazione e.m., perdendo continuamente energia, spiraleggiando a raggi sempre più piccoli per cadere infine sul nucleo • I calcoli prevedevano per l’atomo una vita di circa 16 ps 34 L’atomo di Rutherford • Inoltre se l’elettrone spiraleggiasse verso il nucleo, la frequenza della radiazione emessa andrebbe crescendo continuamente • Questo era in contrasto con le misure spettroscopiche, secondo cui gli atomi emettono radiazione solo a frequenze discrete ben definite 35 L’atomo di Bohr (1913, Nobel 1922) • Per superare queste difficoltà Bohr propose un modello per l’atomo di idrogeno con le seguenti proprietà: – Gli elettroni si muovono su orbite circolari (in seguito generalizzate a orbite ellittiche) attorno al nucleo a distanze definite da esso – Solo alcune delle orbite classicamente possibili sono permesse – In queste orbite gli elettroni si muovono stabilmente senza emettere radiazione e.m. (come invece richiesto dall’elettromagnetismo classico) – Queste orbite possiedono energie definite e sono perciò anche dette livelli energetici – Gli elettroni possono acquistare o perdere energia saltando (salto quantico) da un’orbita all’altra, assorbendo o emettendo radiazione e.m. di frequenza n determinata dalla differenza di energia tra i livelli secondo la relazione di Planck E E2 E1 hn 36 L’atomo di Bohr L’elettrone passa da uno stato atomico a energia maggiore ad uno a energia minore, con emissione della differenza sotto forma di energia e.m. L’elettrone assorbe energia e.m. e passa da uno stato atomico a energia minore ad uno a energia maggiore • Per semplicità supporremo dapprima che la massa del protone sia infinitamente maggiore di quella dell’elettrone • In tal modo il protone rimane fermo e l’elettrone orbita attorno ad esso 37 L’atomo di Bohr (1913) • In questo modello gli elettroni seguono le leggi della meccanica classica, ma solo alcune orbite sono permesse, quelle che soddisfano una restrizione detta regola quantica • La regola è che il momento angolare L dell’orbita dev’essere un multiplo intero, n, di una quantità fissa pari alla costante di Planck divisa per 2 (ovvero la costante di Planck ridotta) h Ln n 2 • n è detto numero quantico principale e può assumere valori interi positivi (n>0) 38 L’atomo di Bohr (1913) • Il modello di Bohr prevede che durante un salto quantico dell’elettrone venga irraggiata una quantità discreta di energia • Ciononostante Bohr riteneva che questa quantizzazione non fosse da attribuire al campo e.m., ma fosse dovuta al fatto che i livelli energetici dell’atomo sono discreti • In altri termini, all’epoca, Bohr non credeva all’esistenza dei quanti di luce 39 L’atomo di Bohr (1913) • Il modello permette di ottenere soluzioni quasi esatte per sistemi a due corpi – – – – – Atomo di idrogeno (p-e-) Atomi ionizzati con un solo elettrone (He+, Li++, ecc.) Positronio (e+-e-) Stati di Rydberg di un atomo qualunque (nocciolo- e-) Mesoni formati da quark pesanti (bu) 40 Caratteristiche delle orbite circolari • Vogliamo trovare l’espressione del momento angolare per imporre la regola quantica • Questo ci permetterà di esprimere tutte le grandezze fisiche di interesse in termini del numero quantico principale • Partiamo dalla legge di Newton per l’elettrone nell’atomo mv 2 Ze 2 rˆ k 2 rˆ r r • Ove k è la costante di Coulomb, Ze è la carica del nucleo, m, -e, v e r sono la massa, la carica, la velocità e il raggio orbitale dell’elettrone 41 Caratteristiche delle orbite circolari • Da questa eq. si può ricavare la velocità in funzione del raggio: Ze 2 v k mr • Inseriamo ora la velocità nell’espressione del momento angolare: L rmv kZe 2 mr • Imponendo la regola quantica, ci permette di esprimere il raggio in termini di n: n2 2 r kZe 2 m • e quindi la velocità: Ze 2 vk n 42 Caratteristiche delle orbite circolari • Infine l’energia totale dell’elettrone, data dalla somma dell’energia cinetica e potenziale: 1 2 Ze 2 E K U mv k 2 r 1 Ze 2 Ze 2 1 Ze 2 mk k k 2 mr r 2 r 2 2 1 kZe m Z2 RE 2 2 2 2 n n • Ove RE è una costante 43 L’atomo di Bohr come sistema a due corpi • Quel che cambia è che elettrone e protone si muovono entrambi attorno al comune centro di massa • Come è stato dimostrato in meccanica, il sistema a due corpi è equivalente al sistema semplificato, in cui una particella fittizia di massa pari alla massa ridotta delle due particelle Mm M m • orbita attorno ad un centro immobile di forza a distanza r, uguale alla distanza tra elettrone e protone • Inoltre l’energia totale E=K+U e il momento angolare dell’atomo sono uguali all’energia e al MA della particella fittizia • In pratica basta interpretare la massa m, il raggio r e la velocità v nelle formule ricavate, come quelli della particella fittizia anziché dell’elettone 44 Livelli energetici dell’atomo di 1 idrogeno E R n E 0 2 1 2 3 4 5 6 7 2 8 d (a0) 0 -2 ENERGIA CLASSICA ENERGIA POTENZIALE E (eV) -4 stato fondamentale -6 1° stato eccitato 2° stato eccitato -8 -10 3° stato eccitato 4° stato eccitato -12 -14 -16 d è la distanza tra elettrone e protone, espressa in unità a0 =53 pm, il raggio di Bohr, che è il raggio della più piccola orbita permessa Successo del modello di Bohr • Il successo fu duplice, perché riuscì a spiegare la formula di Rydberg e a calcolare il valore della costante R • Infatti mettendo insieme la formula dell’energia di un livello 1 (con Z=1 per l’idrogeno) E n RE 2 n • con quella dell’energia della radiazione emessa E En 2 En1 hn • si ottiene, passando dalla frequenza alla lunghezza d’onda 1 1 hc En 2 En1 RE 2 2 hn l n1 n2 46 Successo del modello di Bohr RE 1 1 RE 2 ove R • Ovvero 2 l hc n1 n2 hc 1 • è la costante di Rydberg, ora calcolata in base a costanti fondamentali 2 RE 1 ke 2 m 2 2 k 2 me 4 R 2 hc 2 hc h 3c • Per quanto riguarda l’energia, considerata alla luce del sistema a due corpi, la massa dell’elettrone dev’essere sostituita con la massa ridotta 47 Serie spettrali - Lyman 0 1 2 3 4 5 6 7 8 d (a0) 2 0 -2 -4 -6 E (eV) -8 -10 -12 -14 -16 • Le serie spettrali si possono interpretare come le lunghezze d’onda della radiazione emessa dagli atomi quando un elettrone salta da un livello più alto ad un livello più basso • Per la serie di Lyman da un livello eccitato a quello fondamentale Serie spettrali - Balmer 0 1 2 3 4 5 6 7 2 0 -2 -4 -6 E (eV) -8 -10 -12 -14 -16 • Per la serie di Balmer da un livello eccitato superiore al primo livello eccitato 8 d (a0) Produzione di raggi X 50 Produzione di raggi X • Un altro modo di produrre raggi X si basa sulla rimozione di elettroni negli strati più interni degli atomi • La rimozione può avvenire per urto con elettroni o con fotoni (mediante effetto Compton) inviati contro l’atomo • Questi elettroni (o fotoni) scalzano gli elettroni dell’atomo creando un posto vacante nel livello atomico corrispondente • Un elettrone dei livelli superiori può saltare al livello inferiore e occupare questa lacuna, accompagnato dall’emissione di un quanto X 51 Raggi X caratteristici • Questi quanti (raggi X caratteristici), a differenza di quelli prodotti per bremsstrahlung hanno un’energia di valore definito precisamente dalla differrenza di energia dei livelli atomici coinvolti 52 Effetto Compton • È la diffusione di raggi X da parte di elettroni (o atomi o altre particelle) in cui la lunghezza d’onda della luce diffusa (o la sua frequenza) è diversa da quella incidente • Un fotone g di lunghezza d’onda l collide con un elettrone (considerato a riposo per semplicità) • L’elettrone rincula ed un nuovo fotone g’ di lunghezza d’onda l’ emerge ad un angolo q rispetto alla direzione di incidenza 53 Effetto Compton • La teoria e.m. classica non riesce a spiegare questo cambiamento di lunghezza d’onda • L’effetto è quindi importante perché dimostra che la luce non può essere interpretata compiutamente da una teoria ondulatoria • Per spiegare questo effetto la luce deve comportarsi come se fosse costituita di particelle (quanti) 54 La soluzione di Compton (Nobel 1927) • Nel 1923 Compton spiegò il fenomeno E hn h – attribuendo ai fotoni quantità di moto c c l – usando la fisica relativistica, in quanto le velocità acquisite dagli elettroni sono paragonabili a quella della luce – imponendo la conservazione dell’energia e della quantità di moto p • La formula trovata da Compton esprime la relazione tra il cambiamento di lunghezza d’onda e l’angolo di diffusione dei raggi X h l 'l me c 1 cosq • ove h è la costante di Planck e me la massa dell’elettrone • h me c è detta lunghezza d’onda Compton dell’elettrone 55 Derivazione della legge p’ • Con riferimento alla figura, diciamo p e P=0 le qdm del fotone e dell’elettrone prima dell’urto e p’, P’ quelle dopo l’urto • Similmente siano , E=mc2 le energie prima dell’urto e ’, E’ quelle dopo l’urto p f P’ • Imponiamo la conservazione della qdm longitudinale e trasversale • Imponiamo la conservazione dell’energia 56 Derivazione della legge p’ • Avremo quindi p p' P' mc 2 ' E ' • Esplicitiamo le due componenti della qdm p p' cosq P' cosf 0 p' sin q P' sin f p f P’ • Isoliamo il termine dell’elettrone, eleviamo al quadrato e sommiamo membro a membro, otteniamo P'2 p 2 2 pp' cosq p'2 57 Derivazione della legge p’ • Riscriviamo l’energia in termini di qdm p f pc mc 2 p' c P'2 c 2 m2 c 4 • Isoliamo la radice, eleviamo al quadrato p p' mc 2 P' m c 2 2 2 • Sostituiamo il valore della qdm dell’elettrone trovata in precedenza • Troviamo P’ mc p p' pp' 1 cosq • ovvero mcp p' mc p1 cosq 58 Derivazione della legge • Se ora sostituiamo la relazione tra qdm e lunghezza d’onda del fotone E hn h p c c l • Otteniamo la formula di Compton h 1 cosq l 'l mc 59 L’esperimento di Compton usava raggi X Ka del molibdeno, che hanno lunghezza d’onda di 0.0709 nm. Questi erano diffusi da un blocco di grafite e osservati a diversi angoli con uno spettrometro di Bragg Lo spettrometro consiste di una struttura rotante con un cristallo di calcite per diffrangere i raggi X e di una camera a ionizzazione per rivelare i raggi X Poiché la spaziatura dei piani cristallini nella calcite è nota, l’angolo di diffrazione dà una misura accurata della lunghezza d’onda La formula di Compton prevede che la lunghezza d’onda diffusa dipende dall’angolo di diffusione e dalla massa del diffusore Per diffusione da elettroni fermi, in direzione 90°, la formula dà una lunghezza d’onda di 0.0731 nm, consistente con il picco di destra nella figura Il picco che sta vicino alla lunghezza d’onda originale è interpretato come diffusione dagli elettroni interni degli atomi di carbonio, che sono legati più strettamente al nucleo di carbonio Ciò causa il rinculo di tutto l’atomo contro il fotone X, e la maggior massa efficace di diffusione riduce in proporzione lo spostamento in lunghezza d’onda dei fotoni diffusi Inserendo la massa di tutto l’atomo di carbonio nell’equazione di diffusione, otteniamo uno spostamento in lunghezza d’onda quasi 22000 volte minore che per un elettrone esterno, e di conseguenza la lunghezza d’onda di questi fotoni diffusi non è apprezzabilmente variata La visione di de Broglie (Nobel 1929) • “Quando concepii le prime idee base della meccanica ondulatoria nel 1923-24, fui guidato dal desiderio di una reale sintesi fisica, valida per tutte le particelle, della coesistenza degli aspetti ondulatori e corpuscolari che Einstein aveva introdotto per i fotoni nella sua teoria dei quanti di luce nel 1905” 63 Onde di materia • Il concetto di onde di materia, o onde di de Broglie riflette la dualità onda-particella della materia • La teoria fu proposta da de Broglie nel 1924 e stabilisce che ad un oggetto materiale è associata una lunghezza d’onda, inversamente proporzionale alla quantità di moto dell’oggetto h l p • Inoltre alle onde di materia è associata una frequenza direttamente proporzionale all’energia dell’oggetto E n h 64 Diffrazione di elettroni • Se gli elettroni hanno natura ondulatoria, è pensabile di eseguire un esperimento simile a quello utilizzato per indagare la struttura di un cristallo con i raggi X • Si può applicare la condizione di Bragg per l’interferenza costruttiva l sin q n 2d 65 Condizione di Bragg sin q n l 2d • Ove d è la distanza tra i piani cristallografici, supposta nota da precedenti misure con i raggi X, q la direzione in cui si ha un massimo d’intensità, n è l’ordine di diffrazione e l è la lunghezza d’onda di de Broglie h 1 sin q n 2d p 66 L’esperimento di Davisson e Germer • Nel 1927 C. Davisson e L. Germer usarono elettroni lenti per studiare la struttura cristallina del nichel • La dipendenza angolare degli elettroni riflessi risultò avere lo stesso andamento di quello predetto per la diffrazione di raggi X • Per la prima volta era stato provato che particelle materiali (gli elettroni) mostravano diffrazione, e quindi che la materia aveva natura ondulatoria • L’esperimento confermò l’ipotesi di de Broglie per gli elettroni • Esperimenti successivi hanno mostrato che questa ipotesi è vera anche per atomi e molecole 67 Diffrazione di elettroni 68 Interferenza di elettroni • Nella figura è riportato il risultato dell’esperimento di A. Tonomura, et al. (1989) sull’interferenza da doppia fenditura a singolo elettrone • La sequenza si riferisce all’accumulo di elettroni sul rivelatore al passare del tempo 69 Heisenberg (1925) • Pubblica un articolo nel settembre 1925 che segna la nascita della meccanica quantistica moderna • La sua formulazione della teoria è nota come meccanica matriciale • Nel 1927 propose il principio di indeterminazione • Nel 1932 gli fu assegnato il premio Nobel per la creazione della meccanica quantistica 70 Schroedinger (1926) • In un articolo comparso nel gennaio 1926, formulò una diversa versione della meccanica quantistica, la meccanica ondulatoria, secondo cui un sistema fisico è rappresentato da una funzione d’onda che può essere determinata risolvendo un’equazione d’onda • In seguito dimostrò che la sua versione era equivalente alla meccanica matriciale di Heisenberg • Nel 1933 gli fu assegnato il premio Nobel per la scoperta di una nuova forma di teoria atomica 71