presentazione - Sezione di Fisica

Il ruolo della spettroscopia nella transizione verso la fisica moderna
(8 settembre 2006)
Sul finire dell’’800 molto lavoro sperimentale era stato fatto sull’analisi dello spettro
della radiazione emessa da gas eccitati mediante scariche elettriche. Determinate le
frequenze delle righe caratteristiche dei diversi elementi, si cerco` di scoprire le eventuali
relazioni aritmetiche fra di esse. Ci si attendeva una relazione analoga a quella delle
componenti armoniche di un suono complesso, le cui frequenze sono multiple di una
frequenza fondamentale. Si pensava che per generare onde gli atomi dovessero contenere
oscillatori le cui oscillazioni, se non armoniche, dovevano comunque essere periodiche e
percio` dovevano potersi rappresentare con uno sviluppo di Fourier. Questa ipotesi, cosi’
ovvia nel quadro della fisica classica, non si trovo` verificata in nessun caso.
Il primo a ottenere un risultato positivo fu Balmer, che nel 1885 diede una formula valida
per l’idrogeno. Sulla sua traccia altri studiosi riuscirono a classificare in serie le righe
spettrali di altri elementi per mezzo di formule analoghe anche se piu` complicate.
Caratteristica comune a queste formule e` quella di rappresentare le frequenze come
differenze di termini spettrali:   c(Tn  Tm ) , con n e m interi, m>n e n=1,2,3... Per
l’idrogeno, ad esempio, c’e` un solo tipo di serie: Tn  R H n 2 . Il lavoro di
classificazione delle righe spettrali si protrasse per quasi tre decenni dal lavoro di Balmer,
senza che alcun progresso venisse fatto verso una interpretazione soddisfacente dei
risultati.
Nel frattempo Rutherford (1911) aveva proposto il suo modello planetario dell’atomo con
un nucleo pesante al centro e una nuvola di elettroni orbitanti attorno ad esso. Questo
modello non e` compatibile con l’elettrodinamica classica: un elettrone in moto su
un’orbita circolare dovrebbe emettere radiazione elettromagnetica e cadere sul nucleo in
circa 10-10 s, mentre le esperienze di Rutherford indicavano chiaramente che gli elettroni
in condizioni normali si trovavano stabilmente lontani dal nucleo. Questa contraddizione
si aggiungeva a quella dell’incompatibilita` delle frequenze delle righe spettrali con il
teorema di Fourier.
La via d’uscita a queste contraddizioni fu indicata da Bohr nel 1913, in tre postulati:
1) gli elettroni atomici permangono senza irraggiare su orbite privilegiate stabili
caratterizzate da valori discreti dell’energia totale E: E1, E2, E3...;
2) l’emissione o l’assorbimento di radiazione elettromagnetica avvengono attraverso
l’emissione o l’assorbimento di un quanto di energia pari alla differenza fra due
livelli. La frequenza della radiazione e` data dalla relazione di Planck:
  E n  E m  h ;
3) il momento angolare dell’elettrone orbitante e` quantizzato. Per un’orbita
circolare: l  n h 2 .
L’ottimo accordo della teoria di Bohr con i dati dell’atomo di idrogeno fu seguito dal
successo della teoria applicata ai sistemi idrogenoidi, cioe` ioni che constano del nucleo
di carica Ze e di un solo elettrone, come ad esempio He+, Li++, Be+++.
La strada era aperta verso la teoria quantistica di Bohr-Sommerfeld.