Visita guidata al I Libro degli "Elementi" di Euclide

Visita guidata al primo Libro
degli Elementi di Euclide
Noi onoriamo l'antica Grecia come la culla della civiltà
occidentale. Là, per la prima volta, è stato creato un
sistema logico, meraviglia del pensiero, i cui enunciati si
deducono così chiaramente dagli altri che ciascuna delle
proposizioni dimostrate non solleva il minimo dubbio: si
tratta della geometria di Euclide. Quest'opera ammirevole
della ragione ha dato al cervello umano la più grande
fiducia nei suoi sforzi ulteriori. Colui che nella sua prima
giovinezza non ha provato entusiasmo davanti a
quest'opera non è nato per fare lo scienziato teorico.
Albert Einstein, Come io vedo il mondo, 1954,
“La questione del metodo”, p. 46
F. Enriques, Prefazione a: Gli Elementi d’Euclide e la critica
antica e moderna. Editi da Federigo Enriques col concorso di
diversi collaboratori, Libri I-IV, A. Stock, Roma, 1925, pp. 7-10:
L’idea di questa pubblicazione mi è stata suggerita dalla pratica della Scuola di Magistero,
nella quale – se vogliamo educare i giovani alla critica comparata dei testi – conviene dare a
siffatto esame una base storica, riferendosi ai modelli classici e studiando le variazioni che
via via si sono introdotte, traverso le edizioni e i commenti successivi. E certo in nessun
campo questo programma può essere attuato meglio che nella geometria elementare, poiché
lo sviluppo di tale disciplina nei secoli è interamente dominato dalla grande opera di Euclide,
sicché la sua storia si confonde con quella della critica euclidea.
Purtroppo gli Elementi d’Euclide, dopo che la redazione fattane da Betti e Brioschi ha cessato
di valere come libro di testo nelle nostre scuole, sono oggi mal note ai nostri insegnanti. Ed è
questa una grave lacuna della loro cultura, poiché tanto le semplificazioni come i progressi
più raffinati dei libri moderni, non si comprendono nel loro effettivo valore, senza riportarli a
quell’opera classica, che essi mirano a correggere o perfezionare.
La scuola non è campo in cui la fantasia individuale abbia a sbizzarrirsi tentando
esperimenti arbitrarii, anzi tanto più è atta ad accogliere gli spiriti e le voci della società
circostante, quanto più si alimenti della tradizione in cui anche questa prolunga le sue radici:
non già serbando viete forme e ripetendone la morta parola, ma riattaccando nella mente del
maestro il passato al presente della cultura, in uno sforzo verso l’avvenire. E come la scuola
la scienza. Anche per questa non vi ha vero progresso, dove le nuove generazioni non
attingano alla continuità del pensiero scientifico la visione dei problemi....
Euclide
Il suo libro più famoso, Elementi, è uno dei testi più importanti e influenti della
Storia delle Matematiche e ha costituito la base per l'insegnamento della
geometria nel mondo occidentale per più di 2000 anni. Gli Elementi hanno
contribuito fortemente a porre uno standard di rigore e di struttura logica.
Poco è noto sulla vita di Euclide. Secondo Proclo (410-485 d.C.), l'autore di un
prezioso “Commento sul I° Libro degli Elementi di Euclide”, egli fu uno degli
ultimi allievi della scuola platonica e visse (durante il regno di Tolomeo I Sotere,
306-283 a.C.), in Alessandria d'Egitto, sede di una celebre scuola scientifica raccolta
attorno alla Biblioteca, dove si raggiunse il culmine dello sviluppo teorico grecoellenistico.
Pappo di Alessandria (circa 320 d.C.), l'autore di una poderosa “Collezione
matematica”, afferma che Apollonio di Perga (262-190 a.C.) studiò a lungo in
Alessandria sotto gli allievi di Euclide. Così tutte le fonti portano a stabilire che
Euclide fiorì in Alessandria attorno al 300 a.C. e vi stabilì una scuola matematica.
Oltre agli Elementi, le opere di Euclide che ci sono rimaste (tutte in greco,
ad eccezione della seconda, di cui resta una parziale versione araba) sono:
Dati, Sulle divisioni delle figure, Fenomeni e Ottica. Tutte queste opere
hanno la stessa struttura logica degli Elementi.
Euclide, Gli Elementi
Fin dall'antichità, l’opera euclidea ebbe tanto successo da soppiantare tutti gli altri
testi di geometria precedenti.
L’elemento che maggiormente ha influenzato sempre i matematici è
l'organizzazione generale degli Elementi, ovvero la scelta felice di un numero
molto limitato di assiomi che permettono la dimostrazione di centinaia di teoremi,
alcuni dei quali molto profondi, e la concatenazione logica dei teoremi dimostrati.
Se noi oggi dovessimo indicare, in una ipotetica graduatoria, l'opera che più di ogni
altra ha fatto conoscere all'umanità il concetto di matematica, quello di
dimostrazione e il significato di concatenazione logica dei teoremi, dovremmo
riferirci all'opera di Euclide.
I libri (oggi si chiamerebbero capitoli) che formano gli Elementi, sono tredici e
contengono in tutto 467 teoremi.
Alcune edizioni antiche degli Elementi contengono anche due libri in più, il XIV
ed il XV, ma è stato appurato che il libro XIV si deve ad Ipsicle (circa 150 a.C.),
mentre il XV fu sostanzialmente composto nel VI secolo d.C.
Il contenuto degli Elementi
Secondo Proclo, gli Elementi di Euclide sono un testo scolastico che riunisce tutti quei concetti e
teoremi che costituiscono il fondamento della matematica greca. È il solo pervenutoci di libri
similari (Ippocrate da Chio etc.). L’elenco seguente dà il contenuto dei tredici libri:
• Il Libro I contiene, le definizioni, i postulati e le nozioni comuni, le proprietà elementari dei
triangoli e alcune delle principali costruzioni geometriche: la bisettrice, il punto medio, la
perpendicolare, etc.
• Il Libro II contiene la cosiddetta “algebra geometrica”, la trattazione cioè di problemi che oggi
risolviamo con equazioni di primo e secondo grado.
• Il Libro III è interamente dedicato al cerchio.
• Il Libro IV è dedicato ai poligoni regolari iscrittibili e circoscrittibili a un cerchio.
• I Libri V e VI sono rispettivamente dedicati alla teoria delle proporzioni (il V) ed alla similitudine
(il VI).
• I Libri VII, VIIII e IX sono i cosiddetti “libri aritmetici”, dedicati alla trattazione delle proprietà
dei numeri naturali [notevole la IX,20 che dimostra l’infinità dei numeri primi].
• Il Libro X, il più lungo degli Elementi (115 Proposizioni!), tratta delle irrazionalità che noi
esprimiamo con radicali quadratici (anche sovrapposti). Notevole la X,1 che afferma l’esistenza di
grandezze piccole a piacere.
• Il Libro XI è dedicato alla trattazione della geometria solida elementare.
• Il Libro XII è dedicato alla misura di superfici e volumi [metodo di esaustione].
• Il Libro XIII, infine, tratta dei poliedri ed è introdotto da sei Proposizioni riguardanti la
cosiddetta sezione aurea di un segmento.
La dipendenza di struttura dei vari libri
Libro
Libri precedenti o Proposizioni da cui dipende
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
- (indipendente)
-I
- I; II,5-6
- I; II,11; III
- (indipendente)
- I; III,27-31; V
- (indipendente)
- V, def.ni; VII
- II,3-4; VII; VIII
- I,44 e 47; II; III,31; V; VI; VII,4, 11 e 26; IX, 1, 24 e 26
- I; III,31; IV,1; V; VI
- I; III; IV,6 e 7; V; VI; X,1; XI
- I; II,4; III; IV; V; VI; X; XI
È dunque evidente, a parte la complessità del Libro X, il più difficile dell'opera, la forte
influenza che il Libro I esercita su tutta la struttura geometrica degli Elementi: da esso
dipendono infatti i Libri II, III, IV, VI, XI, XII, XIII e parzialmente il X.
Il Libro I
Dico subito che questo Libro I contiene due teoremi veramente espressivi, cioè la
proposizione:
I,32: «La somma degli angoli di un triangolo è uguale a due retti»
e la relazione tra i quadrati dei lati di un triangolo rettangolo, cioè le proposizioni
I,47-I,48, che si è soliti attribuire a Pitagora (la I,48 è il teorema inverso del
“teorema di Pitagora” che è la I,47). La I,32 e le I,47-48 sono, secondo Enriques, i
fuochi rispetto a cui viene distribuita la serie delle Proposizioni del Libro I.
Il Libro comprende le definizioni preliminari, i postulati, gli assiomi o nozioni
comuni, e 48 teoremi.
Le definizioni mirano a descrivere un ente geometrico. Così, quando Euclide
definisce il punto con la celebre definizione: Punto è ciò che non ha parti, vuole
soltanto descrivere l'ente geometrico punto, con una nomenclatura soddisfacente,
affinché lo si possa individuare facilmente. Le definizioni sono in tutto 23, e l'ultima
è quella di rette parallele, sulla quale ritorneremo.
Dopo le definizioni, Euclide elenca 5 postulati e 5 assiomi (o nozioni comuni).
I postulati
P1 Che si possa tracciare una retta da un punto qualsiasi a un punto qualsiasi
P2 Che si possa prolungare indefinitamente una linea retta
I postulati e gli assiomi
P3 Che si possa descrivere un cerchio con centro e raggio qualsiasi
P4 Che tutti gli angoli retti siano uguali
P5 Che se una retta (t), intersecando due altre rette (r,s), forma dalla stessa parte angoli
interni inferiori a due angoli retti, le due rette, prolungate indefinitamente, si incontrano
da quella parte dove gli angoli sono inferiori a due angoli retti
t
r

s

Gli assiomi
1. Cose uguali a una stessa cosa sono uguali anche tra loro
2. Se cose uguali vengono aggiunte a cose uguali, le totalità sono uguali
3. Se cose uguali vengono sottratte da cose uguali, i resti sono uguali
4. Cose che coincidono l'una con l'altra sono uguali l'una all'altra;
5. Il tutto è maggiore della parte
Le Proposizioni
1. Proposizioni costruttive:
• I,1: Su una retta terminata data costruire un triangolo equilatero.
• I,2: Applicare ad un punto dato una retta uguale ad una retta data.
• I,3: Date due rette disuguali, togliere dalla maggiore una retta uguale alla minore.
• I,23: Costruire su una retta data, e [con vertice] in un [dato] punto di essa, un angolo
rettilineo dato.
2. I criteri di uguaglianza (congruenza) dei triangoli (I, 4-8-26) e le proposizioni che
servono immediatamente alla loro dimostrazione (I, 7-24-25).
3. Le proprietà delle perpendicolari (I, 11-12) e le relazioni fra gli angoli formati da due
rette incidenti (I, 13-14-15).
• I,15: Se due rette si tagliano fra loro, formano gli angoli opposti al vertice tra loro uguali.
4. Le relazioni fra i lati e gli angoli di un triangolo (I, 5-6-16-17-18-19).
• I,16-17: In ogni triangolo, se si prolunga uno dei lati, l'angolo esterno è maggiore di
ciascuno dei due angoli interni e opposti. In ogni triangolo, la somma di due angoli,
comunque presi, è minore di due retti.
5. La teoria delle parallele (I,27-28-29-30-31).Dopo la transitività del parallelismo (I,31), si
perviene all’importante «teorema dei due retti» (I,32), cui si riattaccano le proprietà
elementari dei parallelogrammi (I,33-45), la costruzione del quadrato (I,46), il Th. di Pitagora
(I,47) e il suo inverso (I,48) che passo ad illustrare a motivo della sua eleganza:
Teorema I.48: Se in un triangolo il quadrato di un lato è
uguale alla somma dei quadrati dei due lati rimanenti,
allora l'angolo contenuto dai due lati rimanenti è retto
C
L’ipotesi è che BC2 = AB2 + AC2, e si tratta di dimostrare che
C
l’angolo BAC è retto.
• Dal punto A del lato AC si tiri la AD re ad AC [I.11].
• Su AD si prenda il punto D tale che AD = AB [I.3].
1R
A
D
B
D
A
• Si congiunga D con C.
Dal momento che il triangolo ADC è rettangolo, la I.47 dà: AD2 + AC2 = DC2.
Poiché AB = AD, dalla ipotesi BC2 = AB2 + AC2 segue:
AD2 + AC2 = BC2.
Si hanno allora le due relazioni:
AD2 + AC2 = BC2
B
AD2 + AC2 = DC2
Da esse segue [N.C. 1]:
BC2 = DC2
e quindi
BC = DC.
Ma allora i due triangoli sono congruenti per il terzo criterio [I.8],
per cui l'angolo CAB è congruente all’angolo DAC. Ma l’angolo
DAC è retto per costruzione, dunque anche l’angolo CAB è retto.
La teoria delle parallele e il V postulato
Ripartiamo dall’enunciato euclideo del V postulato:
Se una retta (t) che interseca due altre rette (r,s) forma dalla stessa parte angoli
interni inferiori a due angoli retti, le due rette, se estese indefinitamente, si
incontrano da quella parte dove gli angoli sono inferiori a due angoli retti.
t
r

s

Leggendo il testo, ci si accorge subito che la sua formulazione non ha la
semplicità e l'evidenza dei primi quattro postulati. Esso, in realtà, sembra
più un teorema da dimostrare che un postulato da accettare. La sua
struttura è infatti del tipo “se ... allora”.
Euclide lo introduce solo dopo i primi 28 teoremi, dimostrati con l'ausilio
dei primi quattro postulati. Perché? Perché ne ha bisogno per dimostrare
il teorema I,29 che è l'inverso del teorema I,27-28. Ma forse è meglio
fare qualche premessa.
Premesse alla Teoria euclidea delle Parallele [TdP]
Nel gruppo delle prime 28 Proposizioni, quelle che non dipendono dal V Postulato,
spiccano le due proposizioni I,16-17 che possono considerarsi una porta d’ingresso
alla TdP:
I,16. In ogni triangolo un angolo esterno è maggiore di ciascuno degli angoli
interni non adiacenti.
Dimostrazione. Sia ACD un angolo esterno del triangolo ABC. Dimostreremo
che l'angolo ACD è maggiore dell'angolo A (in modo analogo si dimostra che
è anche maggiore dell'angolo B).
A
F
E
B
AE = EC
BE = EF
C
D
Sia E il punto medio di AC [I,10]. Si prolunghi BE [P2] e si stacchi un segmento EF
≈ BE [I,3]. Si tracci CF. Si ha allora:
AE ≈ CE, BE ≈ FE,AEB ≈ CEF [per I,15] e quindi [I,4] ∆ (ABE) ≈ ∆ (CFE).
Da ciò segue che:
Ma è anche [N.C.]:
Dunque: ACD > A.
ACF ≈ A
ACD > ACF
(1)
(2)
I,17: In ogni triangolo la somma di due angoli, comunque
presi, è minore di 2R.
La dimostrazione della I,17, è semplice: si fonda su I,16 e sulla N.C.: Se a cose
diseguali si aggiungono cose uguali, le totalità sono diseguali.
Sia ABC il triangolo e siano per es. 1 e 2 i due angoli la cui somma si vuole provare
essere minore di 2R. Si prolunghi BC fino a D; allora si è già dimostrato [I,16] che
A
l’angolo esterno 3 è maggiore di 1.
Dunque [N.C.]: 3 >  1 implica che  3 +  2 >  1 +  2;
3
ma la somma  3 +  2 = 2R (I,13) e perciò: 2R >  1 +  2,
1
2
B
C
D
ossia  1 +  2 < 2R.
Entrambe la I,16 e I,17 potevano desumersi dalla I,32 che afferma che in ogni triangolo
l’angolo esterno è uguale alla somma degli interni non adiacenti (e quindi è maggiore di
ciascuno, I,16) e la somma degli angoli interni è 2R (e perciò la somma di due angoli è < 2R,
I,17).
• Perché Euclide non anticipa allora la dimostrazione della I,32?
Perché la I,32 dipende dal V Postulato (P), sulla cui natura sussistono dubbi, così riassunti da
Proclo nel suo commento al I Libro di Euclide:
• Tolomeo ha cercato di dimostrare P
• Ciò è facilmente immaginabile perché l’inverso di P è un teorema (in realtà è la I,17)
• Esistono linee “asintotiche”
P è l’inverso di I,17
Fermiamoci un momento sulle prime due affermazioni di Proclo: Tolomeo (e poi lo stesso
Proclo e… altri) hanno cercato di dimostrare P, perché è l’inverso di un teorema. Proclo ha
ragione, perché un enunciato condizionale e il suo inverso (che si ottiene scambiando ipotesi e
tesi) affermano cose sostanzialmente diverse. Trudeau esemplifica in modo paradossale:
l’affermazione «se qualcuno è donna allora è un essere umano» ha per inverso
l’affermazione «se qualcuno è un essere umano allora è una donna»! Perciò l’inverso di un
teorema non è necessariamente vero.
Che P sia inverso della I,17 è evidente: P afferma che se 1+ 2 < 2R, allora le rette si
incontrano formando un triangolo, mentre il teorema I,17 afferma che se le rette (AC,BC)
s’incontrano e formano un triangolo (con la trsversale AB) allora 1 + 2 < 2R.
C
1
2
1
A
D
C
2
1
B
A
2
B
Proviamo ora ad invertire il teorema I,17: consideriamo cioè due rette
perpendicolari, CA e AB, e dal punto B tracciamo, come nella figura di destra, una
retta BD formante con AB un angolo acuto.
Domanda: la retta BD così tracciata incontrerà la retta AC?
Chi deve giudicare: l’occhio o la mente?
Sbaglieremmo se, suggestionati dall’intuizione, rispondessimo «sì, perché sono rette!»:
perché di una retta percepiamo solo la parte minima della sua lunghezza a noi accessibile,
e nulla esclude che le due rette possano essere asintotiche (come diceva Proclo), come
avviene per l’iperbole e un suo asintoto. Se dunque non può essere l’intuizione a
suggerirci una risposta, che riteniamo affermativa (tanto più quanto più è piccolo
l’angolo 2), allora quella risposta deve essere data dalla mente, cioè da una
D
C
dimostrazione.
C
1
A
2
1
B
A
2
B
La circostanza che le rette AC e BD si incontrino, viene dunque assunta da Euclide come
Postulato, dal momento che non riesce a darne una dimostrazione. Si osservi che le rette
AC, BD tagliate dalla trasversale AB, formano angoli coniugati interni 1 e 2 la cui
somma è minore di 2R (essendo uno retto e uno acuto). Ci si libera facilmente del caso
particolare in cui l'angolo 1 sia retto, e si giunge così a P: se due rette, tagliate da
una trasversale, formano angoli coniugati interni la cui somma è minore di 2R, le
due rette s’incontrano.
Resta da vedere adesso il collegamento di P alla TdP. Questa si compone
sostanzialmente di due Teoremi fondamentali, inversi l’uno dell’altro. Nel primo
(I,27-28) si dimostra l’esistenza di rette parallele, facendo vedere che se due rette
soddisfano certe relazioni angolari rispetto ad una trasversale, allora non
s’incontrano. Questo Teorema viene dimostrato senza l’uso di P.
La teoria euclidea delle parallele (TdP)
Prima di andare avanti, conviene sottolineare alcuni corollari importanti della I,17:
• Corollario 1: Un triangolo non può avere più di un angolo retto o ottuso.
Infatti, se ne avesse due, la somma sarebbe uguale o maggiore di 2R contro la I,17.
• Corollario 2: Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono acuti.
Infatti, essendo congruenti (I,5) non possono essere né retti né ottusi. P
• Corollario 3: La perpendicolare ad una retta è unica.
r
Tratteremo solo il caso di P  r (cfr. fig. a destra).
H
H'
Se PH e PH' fossero entrambe perpendicolari ad r, il triangolo PHH' avrebbe due angoli retti
ciò che contrasterebbe con il Corollario 1.
Una conseguenza del nostro Corollario 3 è che adesso si può dimostrare l'esistenza di rette
parallele, cioè il seguente Teorema che Euclide avrebbe potuto mettere come I,17bis:
Teorema: Due rette di un piano perpendicolari ad una stessa retta non hanno alcun
c
punto in comune (sono cioè parallele).
a
A
Siano a e b due rette perpendicolari alla stessa retta c nei punti
A e B rispettivamente. Vogliamo dimostrare che tali rette non
s'incontrano in un punto O.
O
b
B
Infatti, se ciò avvenisse (come mostrato in figura), per il punto O passerebbero due rette
distinte perpendicolari ad una terza e già sappiamo (Corollario 3) che ciò è impossibile.
Come si è detto, nelle Proposizioni I,27-31 viene discussa la TdP.
I,27. Se due rette vengono intersecate da una terza in modo tale che gli angoli
interni sono congruenti, allora le due rette sono parallele.
Dimostrazione. Si supponga che  AEF   DFE. Dimostreremo allora che la retta AB è
A
parallela a CD.
E
Si supponga infatti che le due rette non siano parallele.
B
Allora si incontrano nella direzione di B e D, oppure di A e C.
G
C
D
F
Supponiamo che s'incontrino nella direzione di B e D, e sia G il
loro punto d'intersezione. L'angolo esterno AEF del triangolo (EFG) sarà maggiore (per
I,16) dell'angolo interno GFE, ciò che contraddice l'ipotesi. Perciò le rette AB, CD non si
intersecano nella direzione di B e D.
Riconducendosi alla I,27, si dimostra agevolmente la successiva
I,28. Se due rette sono intersecate da una terza retta, esse sono parallele se
soddisfano una delle seguenti condizioni:
a) due angoli corrispondenti sono congruenti.
b) La somma di due angoli interni dalla stessa parte rispetto alla trasversale è 2R.
E
E
A
G
C
H
F
B
A
D
C
G
H
F
B
D
Ora Euclide deve invertire il Teorema I,27-28 scambiando Ipotesi e Tesi: deve cioè dimostrare che se due
rette sono parallele, allora soddisfano a quelle relazioni angolari enunciate nella I,27-28 quando sono
tagliate da una trasversale. Ma questo teorema inverso non si riesce a dimostrare e d’altra parte esso è
necessario alla TdP: su esso si basa l’importantissima I,32 (il «teorema dei due retti», un risultato
storicamente rilevante della scuola pitagorica).
Euclide, dunque, dopo aver dato 28 Proposizioni, fondandole soltanto sui primi quattro Postulati, si trova
nella necessità di enunciare il teorema inverso delle parallele come Postulato. Ed è ciò che egli
sostanzialmente fa: solo che apparentemente il «teorema inverso» è presentato come teorema I,29; ma
la dimostrazione di I,29 è fondata su P. Anzi, P e il «teorema inverso delle parallele» sono logicamente
equivalenti.
Con la I,29 comincia la Geometria euclidea vera e propria, quella cioè che fa uso di P:
I,29. Se due rette sono parallele, formano con una trasversale angoli alterni congruenti,

angoli corrispondenti congruenti, angoli coniugati supplementari.
a


Se la retta a è parallela alla retta b, allora:   R.


Euclide affronta la dimostrazione di I,29 con metodo indiretto:
«Se l’angolo * fosse infatti disuguale rispetto all’angolo , uno di essi sarebbe maggiore».
Ma subito dopo particolarizza questa ipotesi generale: «Sia maggiore l’angolo *».
Da * >  segue (N.C.) che >;
ma = R (I,13), dunque R > ,
ovvero < R e ciò implica (P) che le rette s’incontrano.
Ma per ipotesi esse sono parallele, dunque non può essere * >  e perciò * = .
Euclide non tratta il caso * <  cioè  +  > R.
Ma questo caso si dimostra in modo analogo al precedente.
b
Un’ipotesi sulla genesi di P
La I,29 appare dunque come una conseguenza di P. Ma immaginiamo, per un momento, di lasciare
da parte il postulato e di tentare di ricavare il teorema reciproco da quello diretto. Quali sono le
possibili ipotesi che possiamo fare sugli angoli alterni interni di due rette tagliate da una
trasversale? Notiamo che possiamo limitarci a considerare il caso di una qualsiasi coppia di angoli
(alterni interni, per esempio), perché una qualunque relazione fra essi implica le altre relazioni di
congruenza e di supplementarietà e, viceversa, la mancanza di una qualsiasi di tali relazioni
implica la mancanza di tutte le altre. Dunque, se  e  sono
angoli alterni interni, le possibili ipotesi
c
su e, sono le seguenti:
a

 


b
che possiamo ridurre a queste due: e, cioè ad una ipotesi e alla sua contraria.
Ebbene, dalla prima abbiamo dedotto il parallelismo di a e b. E dalla seconda, cioè da ?
Conviene ragionare sul seguente schema logico:
I,27-28
- teorema diretto:


a  b
I,29
- teorema inverso:
a  b


- teorema contrario:


a non  b
- teorema contronominale:
a non  b 

Se riuscissimo a dimostrare che:   a non  b, cioè se insieme al teorema diretto fosse vero il
contrario, allora sapremmo subito che è vero anche il reciproco: (a  b)  (, che è appunto il
teorema in esame [il contrario è contronominale del teorema inverso e sono entrambi veri o
entrambi falsi]. Ma è proprio questo il nodo della questione: il teorema contrario ()  (a
non  b) resiste ad ogni tentativo di dimostrazione.
Un’ipotesi sulla genesi di P
Possiamo immaginare i tentativi di Euclide per questa dimostrazione, dopo più di venti secoli
dimostratasi impossibile, e capire l'altezza del suo ingegno, che ha riconosciuto necessario porre,
come postulato, fra il teorema diretto [I,27-28] e il teorema inverso [I,29], proprio la proposizione
contraria. Euclide ha scelto tra quelle equivalenti la formulazione seguente:
«Si domanda che: se una retta, incontrandone altre due, forma gli angoli interni da una stessa
parte [angoli coniugati interni] minori di due retti, le due rette prolungate illimitatamente
s'incontrano, dalla parte in cui sono i due angoli minori di due retti».
Il passaggio fra la proposizione   a  b
e la sua reciproca
a  b  
esige che si «ammetta» qualcosa di nuovo, cioè che si introduca un nuovo postulato, accanto a
quelli fondamentali, che sono relativi alle proprietà elementari della retta, del piano e della
congruenza. Il nuovo postulato, ponte fra teorema diretto e quello inverso, non è rappresentato in
modo esclusivo dalla proposizione contraria (quella su cui è caduta la scelta di Euclide), ma può
essere scelto fra alcune altre proposizioni, deducibili dalla proposizione contraria senza il sussidio
di alcun nuovo postulato. Ciascuna di queste proposizioni equivale a P, nel senso che da ciascuna di
esse si può dedurre P (come teorema, nella sua forma originale) e viceversa.
• Una siffatta proposizione è quella che afferma l’unicità della parallela, e su di essa è
caduta la scelta dei geometri moderni.
Altre proposizioni equivalenti al postulato di Euclide sono:
• a) Due rette di un piano, una delle quali sia perpendicolare ed una obliqua ad una stessa
retta, necessariamente si incontrano (postulato dell’obliqua)
• b) La somma degli angoli interni del triangolo è uguale ad un angolo piatto.