Realismo fenomenologico e Formalismo giuridico L’edizione degli Studi di fenomenologia1 qui proposta fa parte di un progetto avviato da alcuni anni presso la sezione di Filosofia del diritto e Teoria dell’interpretazione – già Istituto di Filosofia del diritto – della Facoltà di Giurisprudenza di Roma “la Sapienza” grazie alle sollecitazioni di Bruno Romano, intorno al quale si raccolgono studiosi interessati ai molteplici percorsi della fenomenologia del diritto2. Con l’Istituto di filosofia del diritto, Paul Ricoeur ha mantenuto per anni un rapporto costante, insieme ad altre figure del pensiero novecentesco, come E. Benveniste, G. Calogero, B. Casper, A. De Waelhens, C. Fabro, H.-G. Gadamer, K. Kerény, E. Lévinas, N. Luhmann, G. Marcel, K. Rahner. Questi pensatori hanno dialogato nei Seminari annualmente organizzati da Enrico Castelli e ospitati da Sergio Cotta nell’Istituto che ha diretto dal 1965 al 1995. In questa prospettiva, la scelta di curare la nuova edizione italiana delle pagine di Ricoeur ha due ragioni. La prima è di natura teoretica perché riguarda l’opportunità di segnalare quelle direzioni del metodo fenomenologico di Husserl che si aprono verso il realismo fenomenologico e il formalismo giuridico; la seconda è di natura accademica, dato che costituisce il motivo per rendere omaggio, nella celebrazione del trentennale dalla nascita dell’Ateneo di Cassino, sia al primo Rettore – Mariano Cristaldi3 – sia all’attuale Rettore – Paolo Vigo – in occasione della fine del suo mandato presso l’Università degli Studi di Cassino. A Mariano Cristaldi si deve la traduzione e l’iniziale divulgazione delle opere di Ricoeur. Negli anni che vanno dal 1950 al 1965, l’opera di Ricoeur – che in queste pagine si presenta attraverso la sua «ricostruzione genetica» e che manifesta un interesse per il giurista laddove coinvolge la questione dell’interpretazione4 e dell’alterità – coniuga l’insegnamento di Husserl (il 1 Al titolo originale Studi di fenomenologia è stato aggiunto il sottotitolo Verso il formalismo giuridico?, per il resto è stata rispettata l’edizione originale in tutte le sue parti. 2 L. AVITABILE G. BARTOLI D. CANANZI A. PUNZI, Percorsi di fenomenologia del diritto, Torino, 2007; A. ARGIROFFI L. AVITABILE, Responsabilità, rischio, diritto e postmoderno. Percorsi di filosofia e fenomenologia giuridica e morale, Torino, 2008; G. BARTOLI, Filosofia del diritto come ontologia della libertà. Formatività giuridica e personalità della relazione. A partire dall’opera di Luigi Pareyson, Roma, 2008; D. CANANZI, Interpretazione alterità giustizia. Il diritto e la questione del fondamento. Saggio sul pensiero di Paul Ricoeur, Torino, 2008; A. MASTROPIETRO, Diritto e dignità umana, “Rivista internazionale di filosofia del diritto”, n. 2, 2009. 3 Mariano Cristaldi è stato Rettore dell’Università degli studi di Cassino dal 1982 al 1984. La sua attenzione per la filosofia del diritto è testimoniata dalla frequentazione, con Francesco Mercadante, delle lezioni del comune maestro Vincenzo La Via (Nicosia 1895San Gregorio1982). L’opera La sfida semiologica, Roma, 2006 è costituito da una serie di lezioni tenute da Paul Ricoeur a Catania «debbo ringraziare – scrive Ricoeur – il Prof. Mariano Cristaldi che dalla cattedra di filosofia teoretica attende agli studi di fenomenologia e a un livello scientifico che ammiro molto». ID. p. 11. 4 A. ARGIROFFI, Identità personale, giustizia ed effettività. Martin Heidegger e Paul Ricoeur, Torino, 2002, p. 163 e ss. D. CANANZI, Interpretazione alterità giustizia. Il 1 cosiddetto ‘ritorno alle cose stesse’)5 con l’ermeneutica alla quale dedica un impegno destinato a concretizzarsi nel realismo fenomenologico, che non si ferma al positivismo giuridico ma lo supera con la critica all’orientamento impresso da Kelsen mediante la teoria della Grundnorm6. Per il pensiero giuridico, l’argomento che induce a confrontarsi con l’opera di Ricoeur è la peculiarità del fenomeno del diritto, non estraneo ai contributi delle sue opere7. La questione giuridica acquista una rilevanza tale da venire assunta a paradigma per la distinzione tra formalismo giuridico e realismo che chiede di sottolineare la capacità rivelativa del diritto8. Nel suo percorso fenomenologico – raccolto negli Studi – Ricoeur discute criticamente la posizione di Husserl nelle Idee, nelle Meditazioni cartesiane nella Crisi, senza proporsi e tentare una ricostruzione cronologica ma, al contrario, chiarificando sempre le difficoltà di Husserl nell’elaborazione del concetto di persona come ‘io puro’ non contaminato dalla realtà, neanche dall’‘esperienza giuridica’, analizzata da Capograssi. In questa prospettiva, il formalismo giuridico si presenta come il polo opposto del realismo fenomenologico che, secondo quel che abitualmente non viene pensato, può avere una matrice nell’avvio del metodo fenomenologico di Husserl ma se ne allontana perché affonda le sue radici nella Realontologie, costruita dai suoi allievi che aprono così una direzione distinta dal loro maestro. L’importanza degli Studi curati da Cristaldi è determinante per la fenomenologia del diritto, così come viene teorizzata da Adolf Reinach ed Edith Stein, una delle figure più vicine a Husserl. In Reinach e Stein, l’interpretazione della fenomenologia del diritto muove dall’eredità del maestro avviandosi in una diversa direzione che, sulle orme di Hedwig Conrad-Martius, si definisce fenomenologia ‘realistica’ contrapposta ad una fenomenologia ‘idealistica’9. Queste due direzioni, essenziali per la comprensione del pensiero husserliano, hanno entrambe la stessa radice fenomenologica, il procedere ‘realistico’ concentra però l’attenzione su alcuni versanti peculiari del metodo fenomenologico che rendono possibile una comparazione critica tra diritto e la questione del fondamento. Saggio sul pensiero di Paul Ricoeur, p. 134 e ss. Anche infra, p. 6. 5 Cfr. infra, p. 21. Per una specifica panoramica sulla fenomenologia di Husserl vd. A. ALES BELLO, L’universo nella coscienza, Pisa, 2003; V. COSTA, Husserl, Roma, 2009. 6 Per la Grundnorm il riferimento essenziale è allo Husserl delle Ricerche logiche nell’edizione originale è detto esplicitamente «die Grundnorm (bezw. der Grundwert, der Zweck) bezeichnet, wie wir sahen, die Einheit der Disciplin; sie ist es auch, die in alle normativen Sätzte derselben der Gedanken der Normierung hineinträgt». ID., Logische Untersuchungen, Leipzig, 1900, p. 48. I rapporti tra Husserl e Kelsen sono documentati, tra l’altro, da H. KELSEN, Teoria generale delle norme, Torino 1985, p. 103, p. 269, p. 281. Inoltre il cap. LII è intitolato La teoria di Husserl del “contenuto teoretico della norma„.Per il concetto di Grund, Filosofia dell’aritmetica, Milano, 2001, p. 53. 7 P. RICOEUR, Il giusto, I, II, Cantalupa, 2005, 2007 passim. Di P. RICOEUR si ricordano, tra l’altro, Il conflitto delle interpretazioni, Milano, 1995; La Persona, Brescia, 1997; La natura e la regola. Alle radici del pensiero, (con J. P. CHANGEUX) Milano, 1999; Amore e giustizia, Brescia, 2000; Etica e morale, Brescia, 2007; Tradurre l’intraducibile. Sulla traduzione, Città del Vaticano, 2008. 8 B. ROMANO, Diritti dell’uomo e diritti fondamentali, Torino, 2009, p. 168. 9 H. CONRAD MARTIUS, Jahrbuch für Philosophie und Phänomenologische Forschung, 6 1923, pp.159-333. Cfr. AA. VV., Il realismo fenomenologico. Sulla filosofia dei circoli di Monaco e Gottinga, Macerata, 2000, passim. 2 la fenomenologia del ‘conoscere puro’, iniziata da Husserl, e la ‘dottrina pura del diritto’ concepita da Kelsen. La comparazione tra questi due versanti ha la sua chiave essenziale nella discussione del realismo fenomenologico che, come si è accertato, prende avvio da Husserl ma trova esplicita manifestazione in Reinach e Stein che, offrendo gli elementi costitutivi del realismo fenomenologico, consentono di pensare quel che simultaneamente avvicina e allontana l’indirizzo fenomenologico e il formalismo giuridico. Il percorso per arrivare a discutere una fenomenologia del diritto negli scritti di Reinach e Stein è avviato rispettivamente da I fondamenti a priori del diritto civile10 e da Una ricerca sullo Stato del 192511, fortemente influenzato proprio dagli studi di Reinach e dai contatti speculativi di Stein con von Hildebrand, suo interlocutore privilegiato nell’analisi fenomenologica dello Stato e del diritto, concepiti da Stein secondo quel legame che connette la persona e la comunità12. Nella prospettiva della fenomenologia del diritto a statuto esistenziale, avviata ed esplicitata da Stein, il diritto vigente rinvia al diritto puro; questa dinamica porta alla complementarità delle due concezioni del diritto che generano l’attenzione alla differenza nomologica13. La differenza tra diritto positivo-vigente e diritto puro-ideale è determinata dalla chiarificazione che il diritto vigente è il prodotto di un’attività legislativa; è proprio il diritto positivo che permette ai singoli componenti della comunità sociale, quindi dello Stato – con il suo asse nella struttura degli atti sociali che hanno il loro modello nell’atto della promessa14 –, di pretendere propri diritti che si concretizzano nella forma della norma. In questa direzione, la vita dello Stato non può assumere una concretizzazione solo contingente, transeunte e funzionale; ogni Stato propone e giustifica giuridicamente un legame con la comunità originaria. Pertanto il potere dello Stato, oltre a presentarsi come potere legislativo, è A. Reinach, allievo di Husserl, cade a Dixmuiden, nelle Fiandre, nel 1917. L’opera principale, Die apriorischen Grundlagen des Bürgerlichen Rechts, in “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung”, I (1913) e in Gesammelte Schriften, Halle 1921. Dopo la seconda guerra mondiale ristampato con il titolo Zur Phenomenologie des Rechts. Die apriorischen Grundlagen des bürgerlichen Rechts, München, 1953 (trad. it. I fondamenti a priori del diritto civile, Milano, 1990). Per l’opera critica su Reinach cfr. Sämtliche Werke. Textkritische Ausgabe 2 Kömmentar und Textkritik (hrsg. K. Schuhmann und B. Smith), München, 1989; E. STEIN, Vita interiore, Brescia, 2005, p. 15. 11 Il volume appare nel 1925, successivamente ad un lungo saggio Über den Staat nello “Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung”, VI, pp.1-23; si colloca al centro di una trilogia composta dallo studio L’empatia e dallo studio Psicologia e scienze dello spirito. La rilevanza di quest’opera è determinata dal tratto giuridico che la attraversa. Le riflessioni si avviano dalla distinzione tra diritto puro e diritto positivo e dall’influenza degli a priori nell’ambito del diritto positivo. Rilevante è la questione che attiene alla tematica delle infinite possibilità legate alla promessa come fonte e causa di pretesa e obbligazione, ma anche alla variabile dinamica costituita dalla sistematica del complesso apparato degli atti sociali. Vd. anche H.-B.GERL, Edith Stein. Vita – filosofia – mistica, Brescia, 1998, p. 25. 12 Cfr. D. VON HILDEBRAND, Metaphysik der Gemeinschaft : Untersuchungen über Wesen und Wert der Gemeischaft, Ragensburg, 1955. 13 Il termine è mutuato da B. ROMANO, Senso e differenza nomologica, Roma, 1993. 14 A. REINACH, I fondamenti a priori del diritto civile, Milano, 1990, p. 11 e ss. 10 3 anche potere di trasmettere il capitale simbolico delle tradizioni storiche attraverso il loro riconoscimento15. Con questi argomenti la purezza dell’ego husserliano è portata a prendere inevitabilmente consapevolezza della realtà dell’esperienza giuridica che rinvia all’a priori del diritto puro, ora però non più pensabile come uno spazio che può essere privato della concretezza delle relazioni interpersonali, centrata da Stein mediante la chiarificazione del concetto di comunità reale e storica. Quel che appartiene agli allievi di Husserl, Reinach e Stein, consiste nel privilegiare l’atto della persona come atto sociale che vive nella comunità; appartiene alla vita reale della comunità che si istituisca una sua essenziale disciplina giuridica, non concepita secondo un diritto puro privo di mondo, ma pensata anzi secondo un’analisi del diritto che trova costantemente i suoi contenuti nella storia della coesistenza mondana. La fenomenologia a matrice esistenziale non si pone dunque come ‘riduzione’ dei fenomeni alla purezza noematica, ma come opera di iscrizione di senso nella realtà dell’esperienza giuridica che incide sull’esistenza delle relazioni interpersonali della comunità statale. Queste considerazioni riguardano gli anni che registrano i contributi di Reinach – il fenomenologo del diritto – Conrad, Geiger, Fischer e Gallinger e ancora von Aster e Cornelius – le due figure più vicine al positivismo criticato da von Hildebrand che continua a sostenere: «la natura caratteristica del positivismo … consiste nel cercare di trattare gli argomenti filosofici in una maniera radicalmente non filosofica»16. Per von Hildebrand il termine ‘fenomenologia’17 significa annotare una differenza radicale tra il versante realista e quello idealista – o meglio trascendentalista. La fenomenologia realista è la svolta derivata dal pensiero fenomenologico di Husserl ed è anche un ritorno a quello che si potrebbe definire, con Husserl stesso, ‘fenomenologia realista’ originata dalle Ricerche logiche del 1900, in una parola è il ‘ritorno alle cose stesse’ che von Hildebrand coglie proprio nel lasciar parlare l’oggetto, mettendone in evidenza l’eidos, quindi una sorta di noumenologia18. Proprio von Hildebrand afferma la sua vicinanza, il suo ritorno e la teorizzazione più originaria alla realtà, ovvero a ciò che la realtà rivela di se stessa19. Rifiuta peraltro le derive dello psicologismo di Lipps, aderisce allo Husserl realista nel 1909 e se ingaggia una sorta di controversia è quella contro lo scientismo, il positivismo e il relativismo, ed ancora contro l’astrazione priva di mondo di certa filosofia. Von Hildebrand sottolinea, di converso, l’effetto rilevante sociale, politico ed esistenziale di discipline come la 15 «Chiamiamo la vita di un popolo storia, e ciò che denominiamo storia è essenzialmente, se non esclusivamente, storia di popoli», E. STEIN, La struttura della persona umana, Roma, 2000, p. 200; J. PATOČKA, Il mondo naturale e la fenomenologia, Milano, 2003, p. 65. 16 D. VON HILDEBRAND, Che cos’è la filosofia?, Milano, 2001, p. 53, p. 511. 17 «La fenomenologia è proprio l’antitesi della tendenza antiqualitativa che riscontriamo in alcuni pensatori…». ID. , Che cos’è la filosofia?, p. 495. 18 In questa prospettiva, V. BĔLOHRADSKÝ, Introduzione, in Scritti eretici, Bari, 1968, p. 21: «E’ chiaro dunque che l’oggettivismo fa parte di una certa metafisica, la quale vuole intendere tutti gli enti come forze e scoprire il modo in cui esse si scatenano; a questo corrisponde anche l’organizzazione interna dello stato come gestore e liberatore delle forze storiche». 19 D. VON HILDEBRAND, Che cos’è la filosofia?, pp. 423 e 439. 4 filosofia del diritto, la filosofia della comunità, la filosofia della persona etc.20, distanziandosi così dalle teorie dell’‘io puro’ di Husserl che preparano gli schemi della ‘dottrina pura’ di Kelsen Secondo la testimonianza di H. Spiegelberg, il circolo di Gottinga – via via rinvigorito dalle questioni proprie della giuridicità analizzata da Reinach e da Stein – acquista una sua forma e un’ambizione di continuità solo dopo il 1907; in realtà, la forza speculativa del circolo di Gottinga è un derivato del gruppo di Monaco21. Nel 1907 Husserl scrive le cinque lezioni, L’idea di fenomenologia, sotto l’influenza della Critica della ragion pura di Kant che ritorna costantemente nello studio di Ricoeur nell’ambito delle relazioni tra la fenomenologia di Kant e quella di Husserl. Successivamente a rafforzare le analisi del circolo di Gottinga contribuiranno, oltre a Stein, le personalità filosofiche di Koyré, Hering, Ingarden22 e F. Kaufmann. Il comune terreno dei gruppi di Monaco e Gottinga dà luogo al multiverso progetto di Husserl, Geiger, A. Pfänder, A. Reinach e M. Scheler che si realizza nel 1913 con la pubblicazione dello Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung (la cui fine sarà decretata nel 1930, a due anni dal ritiro di Husserl dall’insegnamento). In uno dei volumi dello Jahrbuch comparirà Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica di Husserl. Si tratta dello scritto che appieno suscita la disapprovazione e la critica di Stein, Conrad, Koyré, Hering e von Hildebrand, che lo accusano di abdicare totalmente al realismo per una sorta di psicologismo e ritornare così alla posizione di Lipps 23 lungamente criticata. Gli studi del circolo di Gottinga evolvono – come non si è mancato di sottolineare – in una direzione precisa nel 1923 con il lavoro di H. ConradMartius dal titolo Realontologie, che pone l’accento sulla realtà del dato e sul significato di una tale accentuazione; il dato non è ritenuto l’apprensione semplice della cosa o la cosa in senso comune. Il dato acquista un suo significato intrinseco ed è ciò che lascia un messaggio che il filosofo – e, nella direzione di Reinach e Stein, il filosofo del diritto – non può limitarsi a 20 ID., p. 505. A Monaco, intorno a Lipps, si radunavano i suoi discepoli più anziani tra i quali A. Pfänder, J. Daubert, M. Geiger, T. Conrad, D. von Hildebrand, J. Hering, A. Koyré, R. Ingarden. 22 In direzione del realismo fenomenologico, R. INGARDEN, Sulla responsabilità, Bologna, 1982, pp. 22-37. 23 «Lo sviluppo della fenomenologia di Husserl è connesso con la reazione al naturalismo dominante la fine del secolo XIX», L. LANDGREBE, Itinerari della fenomenologia, Torino, 1974, p. 201. Tesi ripresa indirettamente anche da J. J. MUKAŘOVSKÝ, La funzione, la norma e il valore estetico come fatti sociali, quando afferma «La natura di per sé è un fatto extraartistico fin quando non vi interviene la mano dell’uomo, guidata da un’intenzione estetica», p. 52. e p. 53: «Il dominio della funzione estetica è quindi immesso nel paesaggio dall’esterno». La questione dei diritti è posta da V. BĔLOHRADSKÝ, un allievo di Jan Patočka anch’egli studioso di Husserl, che scrive «L’umanità e i diritti umani rimandano al tema dell’inseparabilità dell’uomo dalla sua coscienza; ogni organizzazione sociale è disumana nella misura in cui tenta di separare l’uomo dalla sua coscienza. Esistono i diritti umani là dove la verità è il correlato della coscienza personale e non dell’istituzione». V. BĔLOHRADSKÝ, Introduzione, in Scritti eretici, pp. 15-16 21 5 tratteggiare o a descrivere, ma viene posto in continuo dialogo con la ‘cosa stessa’, costituita dalla realtà24. Si chiarisce così perché la filosofia che si alimenta alla Realontologie si preoccupi principalmente di dimensioni ricche di significatività, come la persona25: l’ontologia del reale pone come obiettivo il momento attualereale che la porta ad effettuare la distinzione tra io puro – il soggetto filosofante – e individuo concreto, tra diritto puro e diritto positivo, tra legalità e giustizia. La questione della persona – titolare di diritti – in Husserl è presentata solo come una delle questioni dell’io puro, così che lo scopo dell’analisi fenomenologica non persegue più l’oggettività della struttura reale della persona e della comunità, ma il modo di imprimersi di essa nella coscienza, quindi il continuo movimento tra il fenomeno e il soggetto, dove quest’ultimo diventa un ‘riempito’, un contenitore aperto a ricevere qualunque contenuto normativo così come teorizza il formalismo giuridico. Il trascendente affermato da Husserl, proprio per queste precisazioni, si differenzia dal trascendentale kantiano, perché sottolinea le modalità con le quali l’oggetto si ‘fenomenizza’ nell’Erlebnis26. Ricoeur coglie criticamente che «la persona presenta caratteristiche non assimilabili alla sua relazione naturale, reale a ciò che la circonda, non assimilabile cioè ai comportamenti in un milieu umano, in precise circostanze sociali (diritto, costumi, religione etc. …)»; ne deriva che «il legame della condizione incarnata annulla l’epoché che tuttavia contesta questo patto con la mia carne …l’io puro è chiamato “centro funzionale”»27. L’ego puro in qualità di funzione del mondo circostante diventa così motivo di deriva per la trasformazione del D. VON HILDEBRAND, Che cos’è la filosofia?, p. 503. K. WOJTYŁA, Persona e atto, Milano, 2005, p. 133: «Essere persona significa emanciparsi dall’asservimento al mantenimento della vita, dall’imperativo di procurare le cose necessarie alla via quotidiana». V. BĚLOHRADSKÝ, Il mondo della vita: un problema politico, p. 39. 26 E. HUSSERL, Prolegomeni a una logica pura, in Ricerche logiche, Milano, 1968, p. 127. 27 Cfr. infra pp. 44-45, anche pp.37-38. Per un ulteriore approfondimento, V. COSTA E. FRANZINI P. SPINICCI, La fenomenologia, Torino, 2002, pp. 12-13. Edith Stein testimonia a Gottinga di un gruppo di studiosi americani ed inglesi in Il mio primo semestre a Gottinga, p. 52. Inoltre J. MOHANTY, Edmund Husserl’s Theory of Meaning, The Hague, 1976, p. 77 e ss. sulle similarità tra gli studi di Husserl e la filosofia indiana; AA.VV., La fenomenologia e l’Europa, Atti del Convegno internazionale, Trieste 22-25 nov., 1995, Napoli, 1999; D. MÜNCH, Il contesto della svolta trascendentale di Husserl, in AA. VV., Il realismo fenomenologico dei Circoli di Monaco e Gottinga, Macerata 2000; K. WOITYŁA, Persona e atto, p. 125. Negli stessi anni in cui Husserl si occupa di fenomenologia in Europa, tra il ’10 e il ’12, negli USA William James (1842-1910) elabora a sua volta una ‘fenomenologia’, tra le sue opere principali Pragmatism. A New Name for Some old Ways of Thinking, New York, 1907; The Principles of Psychology, 2 voll., New York, 1890. Anche in Giappone è presente la corrente fenomenologica con la scuola di Kyoto di Nishida Kitaro, proseguita poi da Nishitani Keiji. Husserl e James ebbero modo di conoscersi e di leggersi reciprocamente. Attualmente un’allieva di Ingarden, A.-T. TYMIENIECKA, di origine polacca e residente negli USA, coltiva il versante realista della fenomenologia sviluppandola in fenomenologia della vita, tra le sue opere Logos and Life. Introduction to the Phenomenology of Life and the Human Condition, Dordrecht-Boston-London, 4 voll., 1988-2000. Negli anni Settanta fonda il World Institute for Advanced Phenomenological Research and Learning la cui intensa attività è documentata dagli Analecta Husserliana, per i tipi di Kluwer. 24 25 6 diritto in diritto puro nella direzione di Kelsen, confermando la reciproca chiarificazione delle prospettive di Husserl e Kelsen. La questione dei rapporti tra la logica di Husserl e la dottrina pura del diritto teorizzata da Kelsen28 desta attenzione per quel che riguarda i contenuti e i procedimenti per giungere alla concettualizzazione della ‘norma fondamentale’. Questa espressione è da considerarsi totalmente mutuata dalla logica intesa come tecnologia, – afferma lo stesso Husserl – rienuta e considerata sviluppo e manifestazione di una scienza della scienza. Certo la definizione di logica non è un’invenzione husserliana, le affermazioni risalgono al Mill della Logic, ma Husserl stesso ritiene – nella redazione dei Prolegomeni a una logica pura – che la tradizione della logica vada rimessa in discussione, soprattutto problematizzandone alcuni punti essenziali che egli rielabora con il metodo della sua cosiddetta ‘riduzione fenomenologica’. Proprio l’opera di Ricoeur chiede di leggere Husserl secondo la direzione della fenomenologia realistica impressa dal circolo degli studiosi di Gottinga ed è sicuramente la raccolta di saggi curata e voluta da Cristaldi che impone di pensare alla Grundnorm di Husserl nelle direzioni criticamente intraprese dai suoi allievi. La questione del formalismo si pone a partire dalle Ricerche logiche dove Husserl avvia la sua indagine da una definizione di logica come tecnologia29 (Kunstlehre), cioè disciplina pratica, ma corregge relativamente questa definizione di assolutezza nel momento in cui afferma di volerne trovare «il senso e la legittimità»30, criticando Lipps e le basi psicologiche della logica31. La logica è considerata una ricerca che ha un inizio ed ambisce ad un risultato, così che alla fine del procedimento si avrà «l’individuazione di una nuova scienza puramente teoretica, che formi il più rilevante fondamento di ogni tecnologia della conoscenza scientifica e possegga il carattere di una scienza a priori e puramente dimostrativa». Raggiunto questo risultato si potrà affermare che la logica di Husserl solo nominalmente richiama quella di Kant che Husserl critica in quanto avrebbe prodotto un risultato 28 B. ROMANO, Due studi su forma e purezza del diritto, Torino, 2008, p. 55 e ss. E. HUSSERL, Prolegomeni a una logica pura, in Ricerche logiche, I, p. 63: «La tecnologia rappresenta quel caso particolare di disciplina normativa nel quale la norma fondamentale consiste nel raggiungimento di un generale scopo pratico. Evidentemente ogni tecnologia include una disciplina normativa, che non è tuttavia una disciplina pratica. Il suo compito presuppone infatti che sia stato assolto un compito più ristretto, e cioè anzitutto, prescindendo da tutto ciò che si riferisce al raggiungimento pratico, quello di fissare norme, in base alle quali possa essere giudicata l’adeguatezza al concetto generale dello scopo da realizzare, al possesso degli attributi che caratterizzano la relativa classe di valori. Inversamente, ogni disciplina normativa nella quale l’assunzione valutativa fondamentale si trasforma in una posizione corrispondente di scopo si estende sino a comprendere una tecnologia». 30 ID., p. 27. 31 ID. p. 73: «La psicologia ha il compito di rintracciare le leggi del nesso reale dei processi di coscienza nei loro rapporti reciproci ed in rapporto alle disposizioni psichiche e ai processi corrispondenti dell’organismo corporeo. “Legge” significa qui una formula sintetica per una connessione necessaria e priva di eccezioni nella coesistenza e nella successione. Il nesso è di natura causale. Nettamente diverso è il compito della logica. Essa non chiede quali siano le origini causali e le conseguenze delle attività intellettuali, ma quale sia il loro contenuto di verità». 29 7 ambiguo32, come discute Ricoeur nel suo scritto Kant e Husserl contenuto in questi Studi. Per quel che interessa il collegamento tra leggi logiche e leggi giuridiche, «le leggi logiche considerate in sé e per sé non sono affatto proposizioni normative nel senso di prescrizioni, cioè proposizioni al cui contenuto inerisca l’enunciazione del modo secondo cui si deve giudicare», infatti, precisa Husserl, «è necessario distinguere tra le leggi che fungono da norme delle attività conoscitive e le regole che contengono l’idea di questa stessa funzione normativa e che la enunciano come universalmente vincolante»33, riconoscendola come fonte scientifica delle norme giuridiche. Secondo un’architettura così ricostruibile ne deriva che «la norma fondamentale (cioè il valore fondamentale, il fine ultimo) determina l’unità della disciplina», e dunque di ogni sistema giuridico vigente. Infatti la Grundnorm istillerebbe negli enunciati normativi «l’idea della normatività», ma al di là dell’idea di normatività, che ha il netto significato di far convergere le proposizioni verso la norma fondamentale, permane un contenuto teoretico che appartiene ad ogni proposizione, infatti «ogni proposizione esprime l’idea di un rapporto di commisurazione tra la norma e ciò che viene regolato normativamente …»34. Ne deriva che senza dubbio la Grundnorm diventa il motivo di fondazione del convergere di tutti gli enunciati normativi verso l’unicità del fondamento – che è quanto avviene con la ‘dottrina pura del diritto’ – (astratta, teorica e una volta data purificata da eventuali contaminazioni con l’esperienza giuridica), ma ogni proposizione pretende di avere in sé la possibilità di rendere manifesta la direzione del formalismo giuridico. Se Kelsen pone alla base della piramide una Grundnorm lo deve dunque a Husserl che argomenta del rapporto che lega la norma fondamentale agli enunciati normativi. Risulta così definito il concetto di norma fondamentale che sottintende che ogni disciplina possa avere la sua norma fondamentale (politica, logica, morale etc.). Emerge pertanto la seguente tesi: una « proposizione normativa … impone agli oggetti di una sfera di adeguarsi il più possibile ai caratteri costitutivi del predicato positivo di valore, occupa una posizione preminente in ogni gruppo di norme e può essere indicata come norma fondamentale»35, a sua volta l’imprinting dato dalla norma «… nella scienza, nessuna verità si trova isolata: essa si presenta teoreticamente collegata ad altre verità secondo rapporti di premessa e conseguenza». ID., p. 172. 33 ID., p. 166. E a proposito della forma: «Se … la forma sottoposta ad una regola rende possibile l’esistenza di scienze, d’altro lato l’ampia indipendenza della forma rispetto al campo del sapere rende possibile l’esistenza di una dottrina della scienza. Se non ci fosse tale indipendenza, vi sarebbero soltanto logiche speciali, reciprocamente coordinate e corrispondenti alle singole scienze: non vi sarebbe una logica generale». ID., p. 40. 34 ID., p. 64. E. HUSSERL, Filosofia dell’aritmetica p. 121 «Nessun concetto può essere pensato senza fondamento (Fundierung) in un’intuizione concreta. Così, quando rappresentiamo il concetto generale della molteplicità, abbiamo sempre nella coscienza l’intuizione di qualche molteplicità concreta, dalla quale astraiamo il concetto generale». 35 ID., p. 61. Inoltre, «il rapporto che intercorre tra la norma fondamentale e le proposizioni propriamente normative è analogo a quello intercorrente tra le cosiddette definizioni della serie numerica e i teoremi sui rapporti numerici nell’aritmetica, che rimandano sempre ad esse». ID., pp. 61-62. «Das Verhältnis der Grundnorm zu den eigentlich normierenden Sätzen ist analog demjenigen zwischen den sog. Definitionen der Zahlenreihe und den – immer auf sie rückbezogenen – Lehrsätzen über numerische Verhältnisse in der Arithmetik». ID., Logische Untersuchungen, pp.45-46. Vd. anche E. HUSSERL, Filosofia dell’aritmetica, pp. 109-114. 32 8 fondamentale alle proposizioni normative ritorna in modo circolare e formale, dunque senza misurarsi con la molteplice configurazione della realtà, alla Grundnorm sotto forma di idea (eidos). L’eventuale ambiguità iniziale della tesi di Husserl è immediatamente corretta, nel senso che Husserl non pone in questione la qualità ma elabora la serie quantitativa, esattamente come accade nell’aritmetica dove i numeri in serie rinviano ai teoremi che ancora una volta riportano alle serie. Nella teoria di Kelsen, la Grundnorm ha un rapporto con gli enunciati normativi tale che avvenga e si fondi all’interno di una dottrina che non si apra a valutazioni sul giusto e sull’ingiusto ma produca in sé l’idea del ‘giusto’, attraverso una manifestazione convenzionale puramente formale. In questo senso la norma fondamentale può ‘fondare’ sia una società criminale che uno Stato legale36, ma non uno Stato di diritto, come viene discusso esplicitamente da Stein. Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza la collaborazione di Luigi di Santo, il dialogo continuo con Gianpaolo Bartoli e Andrea Mastropietro e la disponibilità alla ricerca di Alessia Fiorillo e Marta Polselli. Ai Colleghi della Facoltà di Giurisprudenza e del Dipartimento di Scienze giuridiche di Cassino va il mio ringraziamento, per aver consentito che anche questa attività di ricerca potesse trovare la sua migliore ambientazione nella vita universitaria. LUISA AVITABILE Folcara, 4 maggio 2009 36 Cfr. B. CELANO, La teoria del diritto di Hans Kelsen: una introduzione critica, Bologna, 1999; H. KELSEN, Lineamenti di dottrina pura del diritto, Torino, 2002, p. 59; Id., pp. 5455: «La dottrina pura del diritto, come specifica scienza giuridica, non rivolge la sua attenzione alle norme giuridiche considerate come fatti di coscienza, né alla volizione o alla rappresentazione di queste, ma la rivolge alle norme giuridiche come strutture qualificative volute o rappresentate…»; p. 59: «Essa vuole rappresentare il diritto come è, senza legittimarlo come giusto o squalificarlo come ingiusto…»; ID., Il problema della giustizia, Torino, 1975, p. 3 «Il comportamento sociale di un uomo è giusto se conforme alla norma che prescrive questo comportamento, ponendolo come dovuto e statuendo così il valore di giustizia». Per una critica alla ‘dottrina pura del diritto’, B. ROMANO, Filosofia del diritto, Roma-Bari, 2002, pp. 38-41. 9