Progetto Inserimento Eterofamiliare Supportato per Adulti

PROGETTO
INSERIMENTO ETEROFAMILIARE
SUPPORTATO PER ADULTI
(I.E.S.A.)
VALUTAZIONE
ESITI
periodo 2003-2008
gruppo di lavoro:
coordinamento dr.ssa Gabriella Bressaglia
dr. Massimo Semenzin
dr.ssa Claudia Zamburlini
dr. Valter Carniello
IL PROGETTO IESA
PREMESSA
La riforma psichiatrica poneva tra i propri scopi quelli di fornire alternative residenziali, agire
terapeuticamente in contesti vicini all’ambiente di provenienza dei pazienti e, contestualmente,
cambiare l’immagine sociale della malattia mentale, superando l’esclusione sociale e lo stigma.
Obiettivi raggiungibili anche tramite una integrazione tra gli operatori della Salute Mentale, le forze
sociali presenti in un territorio e la comunità stessa nel suo insieme.
Questo DSM, accanto all’attivazione della rete delle strutture residenziali e semiresidenziali
necessarie alla realizzazione dei percorsi terapeutico riabilitativi dei pazienti in carico, ha
progettato, attivato e implementato sperimentalmente il progetto di Inserimento Eterofamiliare
Supportato per Adulti (IESA), nell’area dei progetti per il conseguimento di obiettivi di carattere
prioritario e di rilievo nazionale posti dal Ministero della Salute e dalla Regione, individuati nei tre
livelli della prevenzione primaria, secondaria e terziaria della Salute Mentale.
Sulle indicazioni offerte dagli indirizzi regionali di cui alle DGRV n. 1488/99 e n. 3407/99, dove
vengono distinti, nell’area della salute mentale, progetti riferiti alla prevenzione primaria (progetto
4A), secondaria (progetto 4B), terziaria (progetto 4C), è stato predisposto uno studio di fattibilità
per realizzare un progetto sperimentale di accoglienza familiare nell’ambito della prevenzione
secondaria (progetto 4B), in particolare come azione volta alla salvaguardia della salute della
famiglia, ritenuta contesto necessario a qualsiasi forma di trattamento.
L’obiettivo diretto era quello di costituire delle possibilità di supporto sia ai pazienti che alle loro
famiglie che sperimentano reciprocamente un notevole stato di stress e un pesante carico psicofisico, economico ed emotivo, ed esprimono una domanda di aiuto continua e pressante. Con questo
progetto il supporto viene offerto da altre famiglie della comunità, preventivamente selezionate e
formate, che si rendono disponibili ad accogliere nel proprio nucleo un soggetto con malattia
mentale per un periodo di tempo definito, in collaborazione con il servizio pubblico, in cambio di
un rimborso spese.
Utilizzare una famiglia diversa da quella d’origine e non una struttura, ha il significato
fondamentale di poter inserire a scopo terapeutico riabilitativo un soggetto con problemi
psichiatrici, in un contesto di normalità e non di patologia diffusa, centrato sulla relazione familiare
positiva, permettendo, attraverso la famiglia affidataria stessa, l’attivazione di una rete sociale di
solidarietà, dove la dimensione sanitaria passa in secondo luogo.
Alle famiglie d'accoglienza non si richiedono particolari competenze professionali. Importante è
assicurare una presenza in casa, disponibilità di una camera, possibilmente con bagno, riservata
esclusivamente all'ospite. Le famiglie devono soddisfare alcuni requisiti sia sul piano relazionale
che logistico come:
1. l’atteggiamento affiliativo verso gli altri, di apertura, fiducia basilare (piuttosto che
evitamento, opposività e diffidenza).
2. Alto rispetto per la separatezza, l’individualità, l’autonomia, la privacy di tutti i membri
(piuttosto che conformismo e diplomazia).
3. Comunicazione aperta, chiara, franca (piuttosto che confusa, evasiva o parziale e ristretta).
4. Forte coalizione generazionale, egualitaria e con potere condiviso pur tramite ruoli
discretamente differenziati: i genitori sono alleati fra di loro prima che con i figli o con i
nonni; i figli si scoprono sempre, in ciò esplicitamente favoriti dai genitori (piuttosto che
scissioni da es. coniugali con alleanze intergenerazionali rigide, ad es. madre-figlio).
5. Controllo flessibile con negoziazione, basato su una gerarchia però salda (piuttosto che
controllo rigido, inflessibile, basato su regole immodificabili nel corso del tempo).
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6. Interazione altamente spontanea, anche nell’aggressività e non solo negli affetti positivi, ma
sempre fluida, con presenza sia di umorismo che di ironia (piuttosto che tipi blandi e
conformisti).
7. Alti livelli di iniziativa (piuttosto che passività).
8. L’unicità e le differenze personali vengono incoraggiate ed apprezzate, così che è facile
incontrare caratteri “forti” (piuttosto che tipi blandi e conformisti).
9. Istanze riparative.
Il progetto è stato deliberato a luglio 2002 con annesse le linee guida sul funzionamento del servizio
e il contratto elaborate dall'apposito gruppo di lavoro a suo tempo individuato (Assistente Sociale
con funzioni di coordinatore del servizio, 2 psicologi in convenzione per complessive 36 ore, uno
psichiatra).
In sintesi il progetto si proponeva di lavorare sui seguenti obiettivi ed azioni
Obiettivi:
supportare percorsi riabilitativi di soggetti in carico al DSM;
stemperare il carico familiare;
prevenire lo stigma della malattia mentale;
implementare le competenze della comunità locale;
costruire un welfare comunitario dove la comunità diventi consapevole
risorsa per il proprio benessere.
Azioni:
sensibilizzazione e pubblicizzazione del progetto per il reperimento delle famiglie
selezione delle famiglie, degli utenti e loro abbinamento
presa in carico dei percorsi in accoglienza familiare
formazione delle famiglie
formazione degli operatori
Per ogni avvio di un percorso viene sottoscritto un contratto dalle tre parti in causa: paziente,
famiglia accogliente, dipartimento di salute mentale. Esso stabilisce diritti e doveri delle parti e allo
stesso va allegato il progetto terapeutico riabilitativo individuale a cura dell'èquipe che ha in carico
il paziente e che manterrà la presa in carico anche nel percorso di accoglienza familiare, integrata
dagli operatori IESA
La selezione delle famiglie, che tiene conto dei criteri su esposti, è stata realizzata attraverso azioni
di marketing sociale e ha coinvolto diversi nuclei familiari che vivono nella zona della provincia di
Treviso. A tutt’oggi sono disponibili circa una trentina di famiglie.
IL PROCESSO DI LAVORO
L’èquipe dello IESA ha strutturato la propria organizzazione considerando che la presa in carico del
paziente proposto per un percorso di affido familiare è e rimane degli operatori dell’Unità Operativa
Complessa (UOC) di riferimento. Quindi, il lavoro di connessione tra l’équipe dello IESA e le
équipe dei diversi CSM è fondamentale sia per la fase di avvio che per quelle successive di
monitoraggio e di verifica.
Ogni inserimento eterofamiliare avviene all’interno di un progetto terapeutico ri-abilitativo
individualizzato redatto dall’équipe della UOC di riferimento che si avvarrà del lavoro sinergico di
tutti i soggetti coinvolti, istituzionali e non, in un apposito “tavolo”, anche a livello Distrettuale in
UVMD, quando necessario. Il percorso di inserimento eterofamiliare si inserisce quindi all’interno
di una progettualità più ampia di presa in carico della quale è responsabile la UOC di riferimento e
deve sempre articolarsi sugli assi dell’abitare, dello scambio sociale (lavoro), delle relazioni
affettive. Deve altresì prevedere un’ipotesi sul dopo IESA
La funzione specifica dell’équipe dello IESA è quella relativa alla conduzione, cura, messa in
rete e accompagnamento di tutti quegli aspetti caratterizzanti un percorso di accoglienza familiare
quali:
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 la seleziona delle famiglie affidatarie;
 la formazione delle famiglie affidatarie;
 l’abbinamento tra famiglia affidataria e persona segnalata in collaborazione con gli operatori
del CSM ;
 la collaborazione nella definizione del progetto terapeutico riabilitativo individuale;
 la cura delle dinamiche familiari che si presentano nella famiglia che accoglie;
 il supporto alle dinamiche che si vengono a creare tra famiglia accogliente, diretto
interessato e famiglia d’origine (dove è presente);
 la cura delle dinamiche che si vengono a creare tra i diversi soggetti interessati nella fase
della conclusione del percorso;
 la collaborazione nella definizione del lavoro di rete per il reinserimento nel territorio;
 la tenuta dei collegamenti con tutti i soggetti coinvolti nelle diverse fasi del percorso
Nella presa in carico il lavoro dell’équipe dello IESA si declina attraverso tre fasi essenziali
dell’accoglienza familiare con le seguenti azioni:
1à FASE: abbinamento tra famiglia affidataria e persona segnalata
 l’abbinamento tra persona segnalata e famiglia affidataria è svolto in collaborazione con
l’équipe del CSM
 organizza e gestisce gli incontri tra i vari soggetti, la persona segnalata, la famiglia
d’origine, la famiglia affidataria, l’équipe del CSM
 pone attenzione alle modalità d’incontro tra la persona segnalata e la famiglia disponibile
all’accoglienza
 pone attenzione ai tempi e agli spazi di attesa adeguati per l’inserimento in famiglia
 lavora per far crescere la motivazione al percorso d’inserimento stimolando la crescita e la
maturazione soggettiva degli obiettivi e scopi personali
 si propone come mediatore delle difficoltà di separazione e resistenze all’avvio tra la
famiglia d’origine e il soggetto
 legge e gestisce le dinamiche istituzionali e le dinamiche tra i vari soggetti coinvolti
2à FASE: inserimento eterofamiliare
 formalizza il contratto tra le parti con la definizione del progetto terapeutico riabilitativo del
percorso di accoglienza
 supporta le dinamiche familiari che emergono dall’inserimento della persona presso la
famiglia che accoglie attraverso visite a domicilio e disponibilità telefonica sulle 24 ore
 svolge il monitoraggio del percorso, con incontri periodici con gli operatori di riferimento
dell’èquipe che ha la presa in carico della persona, per valutare il rispetto degli obiettivi e
ridefinirli nel tempo se necessario
 organizza mensilmente incontri con tutti i soggetti interessati per fare il punto della
situazione e permettere loro di esprimere criticità e punti di forza del percorso.
 conduce incontri mensili con le famiglie accoglienti finalizzati alla condivisione delle
esperienze in atto e supporto alle difficoltà emergenti
 incoraggia occasioni di incontro conviviali tra e con le famiglie affidatarie con la finalità di
creare maggiore appartenenza al progetto di accoglienza
 conduce incontri mensili con i pazienti direttamente interessati come spazio di confronto
dell’esperienza
3à FASE: conclusione del percorso d’accoglienza
 lavora per il sostegno e l’elaborazione della separazione tra famiglia affidataria e soggetto,
come cambiamento terapeutico, come possibilità di vivere diversamente la relazione con la
famiglia affidataria che rimane un punto di riferimento importante per la persona stessa
 focalizza, in collaborazione con l’èquipe di riferimento, le azioni orientate alla costruzione o
scoperta di reti di supporto nel contesto territoriale per la ricontestualizzazione della persona
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E’ importante rilevare che un percorso di affido in famiglia va a modificare tutto ciò che sta attorno
alla persona inserita in famiglia, c’è quindi la necessità di riposizionare le risorse che emergono dal
cambiamento, al fine di consolidare e mantenere i risultati ottenuti.
Il proporre un percorso di accoglienza ad una persona in carico al servizio è sempre un grande
stimolo di movimento delle risorse presenti nel soggetto e nella famiglia d’origine, tali risorse
possono essere utilizzate dagli operatori del CSM per stimolare nuovi cambiamenti terapeutici nel
paziente e nel suo contesto familiare, anche quando il percorso per svariati motivi, non si
concretizza più.
ALCUNE RIFLESSIONI TEORICHE
L’elemento centrale dell’articolata costellazione dello IESA è rappresentato dalla famiglia
accogliente, vero e proprio spazio di vita concreto. Attraverso l’accoglienza in famiglia, con le sue
dinamiche relazionali e le possibili figure d’identificazione e attaccamento, ha luogo
quell’integrazione e quella possibilità di sviluppo e di riscatto che rendono possibile al paziente il
recupero di un ruolo e una identità nuova. (Aluffi- quando una famiglia accoglie)
La relazione interpersonale è il fondamento dell’identità di ogni persona. Da essa trae origine la
struttura della mente, la capacità di dare senso agli accadimenti affettivi ed emotivi, la costruzione
del mondo e degli oggetti che condividiamo pienamente; essa è l’ambiente in cui sperimentare la
propria vita emotiva, esprimere costruttivamente sé stessi. Ogni persona, ogni soggetto sociale,
appartiene a pieno titolo, secondo le sue caratteristiche individuali, alla comunità di cui è parte
integrante. Pensare a nuove pratiche riabilitative di salute mentale vuol dire favorire e valorizzare
azioni e interventi de-centrate che si fondano sul rispetto tenace della globalità della persona, dei
suoi legami affettivi - relazionali con la comunità d’appartenenza come strumenti di benessere.
La relazione come possibilità di cura, la cura ha a che fare più con i processi della vita quotidiana
che non con la medicina, e la salute mentale non è tanto un prodotto elargito da un servizio, ma
rimanda all’esistenza complessiva di ognuno. In questo senso vivere in una famiglia d’accoglienza
può essere una chance terapeutica e riabilitativa da non sottovalutare. L’affidamento eterofamiliare
può essere visto come la capacità di aiuto dei non professional, e considerato come luogo
antropologico di cura (trascurato dall’istituzionalizzazione): la casa, la famiglia, l’importanza della
vita quotidiana per la salute , la necessità da parte dei servizi di ripensare al mandato di cura
(Aluffi-articolo un matto in famiglia).
La centralità della relazione: “è impossibile trascendere il punto di riferimento umano” la cura si
gioca nella relazione umana. Risulta evidente che quest’ultima è inevitabilmente influenzata dalla
preconoscenza che sia ha l’uno dell’altro e da quanto essa sia rigida. Il modo attraverso il quale noi
pensiamo all’altro influenza notevolmente il modo in cui interagiamo con lui.
Se la preconoscenza è troppo rigida ciò che viene meno è la possibilità dell’incontro, della
comprensione, dell’offrire aiuto e cura. La relazione con l’altro costituisce un’area esperienziale in
cui rischiamo di non entrare a causa della “costruzione di noi stessi” e della “precostruzione”
dell’altro. La preconoscenza è inevitabile ma ciò che va evitato è di guardare alla persona come ad
un malato, come ad un soggetto da contenere in una diagnosi.
Quale relazione ?
Queste brevi considerazioni sono il tentativo di evidenziare le diverse caratteristiche relazionali e di
significato che avvengono tra una persona che vive un problema psichico e degli interlocutori
specialistici, e tra la stessa persona che vive il problema di cui sopra e degli interlocutori non
professionali quali sono le famiglie affidatarie/accoglienti.
Interlocutori specialistici/paziente
I tecnici incontrano il malato, hanno già immagazzinato una preconoscenza della persona, hanno
una sorta di categorie guida che mediano l’incontro ma che lo influenzano molto. Si tratta di un
incontro tecnico: una persona/paziente si inserisce nel già noto presente della mente di un
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professionista (diagnosi, slang psichiatrico). Tale incontro è viziato dalla idea di malattia che
l’operatore ha e ciò è comunque inevitabile. questo problema è noto da tempo ai professionisti della
salute mentale. Forse non a caso le persone inizialmente segnalate per un percorso di affido
familiare sono quei pazienti difficili, con una lunga storia istituzionale (numerosi ricoveri, la
comunità, il centro diurno, diversi tentativi di inserimento lavorativo) insomma il paziente sul quale
l’operatore ha perso ogni speranza.
Famiglia accogliente /ospite
La famiglia che accoglie incontra uno sconosciuto, incontra l’altro: non ha pregiudizi su di lui,
perché non ne conosce la malattia, ma dispone di modalità relazionali ed affettive per incontrare in
genere le persone - “l’altro”. Il desiderio di conoscere l’altro mobilita curiosità assieme a
disponibilità. Queste famiglie desiderano conoscere colui che arriva per la persona che è, per come
si propone nella quotidianità.
Una cosa che in un servizio ci si chiede raramente e certo non fa parte abitualmente della
“presentazione del caso” (pensate, “presentazione del caso”, terminologia più da investigatori che
da esperti dell’incontro), sono le preferenze alimentari della persona. Questa è tra le prime
preoccupazioni dalla famiglia che accoglie. Quel “cosa gli piace mangiare?” oppure quel tentare
l’avvio di un buon incontro chiedendo: “ gli piace il pesce?”, sono domande alle quali “l’esperto”
rischia di trovarsi impreparato a rispondere. La famiglia insomma fa quello che è solita fare con le
persone, gli amici che invita a casa sua: insomma l’ospite è sacro! In questo modo si incontra
l’altro attraverso i suoi gusti, i suoi stili, le modalità di rapportarsi e non attraverso una diagnosi,
una sintomatologia, una preoccupazione. Questo metodo diverso di conoscenza (questa dotta
sapienza quotidiana o dotta ignoranza al posto della dotta sapienza tecnica) favorisce l’instaurarsi
di una relazione vera senza intermediari artificiali, che può diventare foriera di trasformazioni
positive. Fortunatamente non è nuova nemmeno tra i tecnici l’idea che sia la relazione ad essere
curativa. Nella famiglia però vi è la capacità di sorprendersi e di conoscere il nuovo. Anche
nell’esperienza tecnica tale aspetto del sorprendersi si evidenzia qualora in una équipe arriva un
operatore nuovo il quale instaura una relazione positiva con un paziente/persona definito dal gruppo
difficile, cominciando a comunicare dello stesso aspetti non visti, modalità di rapporti nuovi.
Ciò che avvantaggia la famiglia nel ridare benessere e salute è che essa non è soggetta a profezie
patologiche.
Queste le principali dinamiche e funzioni che si attivano nel nuovo contesto familiare:
Le dinamiche nella famiglia accogliente
 funzione genitoriale
 comprensione empatica
 condivisione delle difficoltà
 capacità di non scoraggiarsi / fronteggiare le difficoltà
 importanza del coinvolgimento dell’intero nucleo familiare nell’esperienza di accoglienza
permette:
lo sviluppo del senso d’appartenenza familiare,
stempera il carico soggettivo di una relazione duale,
dà la possibilità di sperimentare la diversità dei ruoli e quindi delle modalità
relazionali con i vari componenti della famiglia,
aiuta a ricostruire aspetti del sé e tappe evolutive bloccate.
I luoghi degli incontri
Altra differenza nell’incontro è il luogo: nelle situazioni istituzionali (anche ovviamente nei Centri
di Salute Mentale) abbiamo un luogo costruito ad hoc per l’incontro, un laboratorio-comunità, nella
famiglia uno spazio della quotidianità. Un luogo fortemente vissuto ed investito da un gruppo di
persone diverse per età e sesso, un gruppo familiare. Tutto parla della famiglia e della sua storia, di
quella storia che rischia di essere brutalmente interrotta, sia quando una novità “incomprensibile”
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conduce al ricovero in ospedale, sia quando avviene la “presa in carico” da parte dei tecnici che
formulano un progetto terapeutico - riabilitativo. In ogni casa la storia è viva e presente: ci sono per
esempio le fotografie dei figli quand’erano piccoli, c’è quel quadro comprato quel giorno in cui….
La persona che arriva ritrova inevitabilmente il senso di una storia, l’umanità di una storia; ecco che
non è più fuori dal tempo, il tempo non è più un punto, lo spazio non è più un luogo chiuso. Si
ritrova così spontaneità: qualcuno che ride, degli amici che passano a salutare, qualcuno che alza la
voce (si può fare così: è la vita, non c’è di che preoccuparsi). Così la paura di perdere il controllo,
ecco che trova nuove possibilità di espressione e nascono modelli identificatori “flessibili”, che
portano alla riflessione, alla critica e diventano forieri di trasformazioni. Insomma nella nuova
famiglia si litiga pure, si può e si deve farlo, e – sorpresa - non è la fine del mondo, litigare può
servire, non si tratta di acting out, piuttosto si deve riconoscere la necessità di sfogarsi e si può
imparare a parlare alla pari e senza il bisogno di fissare un appuntamento con qualcuno che può
“educatamente” ascoltarci. Tutto questo in un servizio non avviene mai in modo del tutto naturale,
perché la distanza professionale implica una certa anaffettività. Inoltre, la casa non ha uffici, non ha
porte che vengono chiuse, non ha chiavi che chiudono cassetti. Quanto invece sono ancora presenti
questi elementi nelle nostre strutture, quanto essi continuano a suggerire che il dolore deve essere
chiuso dentro.
Il modus vivendi di una famiglia ha regole, abitudini che sono sicuramente molto più a misura della
persona; le nostre strutture hanno regole che sono molto più a misura del servizio, della sua
organizzazione, del suo staff piuttosto che della persona che sta male. Si pensi al semplice fatto che
in genere le strutture si svuotano alla sera e durante i fine settimana della presenza dell’operatore,
mentre nelle famiglie è normale e sano che avvenga proprio il contrario. La presenza ed il calore
familiare aumenta, proprio prima del buio della notte, proprio nei giorni liberi dal lavoro in cui i
legami affettivi consentono di ritrovare o ricostituire le identità personali.
Anche l’approccio tecnico, in questo caso l’ottica sistemico relazionale, suggerisce che il soggetto
designato esprime in realtà, con la sua sintomatologia, una sofferenza familiare nascosta. Occuparsi,
da parte della famiglia affidataria, non della patologia ma della vita del soggetto designato, sta
producendo nella nostra esperienza una emersione della sofferenza della famiglia d’origine che
trova finalmente interlocutori in grado di occuparsene. La famiglia affidataria, interessandosi al
proprio “affidato” si accorge di questo e propone ai nostri sevizi, e ai servizi Socio – Sanitari in
genere, proprio queste situazioni e si offre talora per dare una mano ad affrontarli.
Spostando o modificando i luoghi della cura e dell’interpretazione della sofferenza si riescono a
cogliere altri legami, altri significati e insieme a ristabilire o proporre altre possibilità di cura reali.
Cosa avviene in famiglia
la famiglia assume la valenza di “ambiente terapeutico” attraverso un’opera di supporto e di
strutturazione determinando;
 la creazione di rapporti interpersonali con riduzione della distanza affettiva;
 Il miglioramento delle competenze sociali con conseguente crescita dell’autonomia e delle
relazioni sociali;
 La sperimentazione, attraverso il nuovo ambiente familiare, di un nuovo tempo e luogo per
maturare e rimettere in gioco la propria esperienza di vita;
 La riattivazione e l’implementazione delle capacità di iniziativa e di realizzazione;
 L’aumento della capacità di pianificazione della giornata;
 L’apertura alle attività di gruppo nel tempo libero;
 L’inserimento e/o la creazione di una rete sociale nel contesto d’appartenenza;
 La scoperta di una progettualità di vita futura (riscoperta dei desideri)
Conclusioni
Ridare potere contrattuale, ridare condizioni di vita nuove sul piano concreto non basta a modificare
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la percezione soggettiva del cambiamento. Molte esperienze di deistituzionalizzazione hanno infatti
dimostrato che non basta ridare diritti, che non basta cambiare dall’esterno le condizioni oggettive
affinché una persona percepisca di stare meglio. Ciò che conta, perché la persona si senta meglio, è
che viva un senso di autonomia e un senso di sé, che si riappropri direttamente della sua vita: si
tratta di una conquista quotidiana, mai definitiva. Tali aspetti sono ovviamente connessi alla
possibilità di fare esperienze in ambito lavorativo, del tempo libero, e alla possibilità di fare
esperienze sociali e in special modo affettive. Per affrontare queste difficoltà riteniamo che
l’accoglienza familiare sia uno strumento con una possibilità in più, che costringe i servizi, anche
quelli più “nuovi” ad aprirsi ad ulteriori riflessioni e a confrontarsi con diverse contraddizioni
pratiche e teoriche. Rispetto alla possibilità di rendere il soggetto protagonista della propria vita, la
famiglia affidatria ha una marcia in più? Noi pensiamo di poter rispondere affermativamente
(anche se si tratta di uno strumento per noi nuovo e sul quale riflettere più a lungo) perché è in
grado di proporre un clima di normalità e di offrirsi ad un costante confronto, anche “normalmente”
conflittuale.
A partire da queste considerazioni ci è sembrato fondamentale attrezzarci per avviare un lavoro che
andasse a valutare oggettivamente gli esiti di questi percorsi.
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LA VALUTAZIONE DEGLI ESITI
Metodologia
La valutazione dei percorsi, oggetto di questo lavoro, è avvenuta considerando per ogni persona
accolta il primo anno di progetto IESA con una somministrazione dei questionari un mese prima
dell’inserimento e dopo un anno dall’avvio dello stesso.
Per la valutazione si sono utilizzate degli strumenti già in uso nel nostro DSM, usati per le UVMD
che precedono l’avvio del progetto IESA (C.A.N. e S.A.F.E.) e per una ricerca sull’inserimento
lavorativo.
Il protocollo attuato ha compreso:
- La B.P.R.S. Brief Psychiatric Rating Scale
- La scala di valutazione globale (G.A.F.) tradotta in italiano come V.G.F.
- La C.A.N. Camberwell Assessment of Need;
- La S.A.F.E. Social Adaptive Functioning Evaluation
Inoltre si sono considerati elementi quali:
- L’età dell’utente inserito nel percorso IESA;
- La UOC di appartenenza;
- La diagnosi;
- L’andamento della terapia farmacologica durante l’anno di osservazione;
- Il tempo di presa in carico dell’UOC
- I ricoveri avvenuti prima e durante l’inserimento IESA;
- Il coinvolgimento della famiglia d’origine al progetto;
- Il Sesso;
- Il titolo di studio;
- La condizione professionale;
- Lo stato civile.
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GLI UTENTI
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Dal 2003 al 2008 sono stati avviati progetti di Accoglienza Familiare sulle 24 ore per 14 persone.
I maschi sono 7 come le femmine. L’età media è di 34 anni, 2 persone con licenza elementare, 8
con licenza media, 4 con diploma di maturità.
SCOLARITA'
Elementare
3° Media
Maturità
Tutti risiedono nell’ASL n° 9 di Treviso, secondo le seguenti UOA di provenienza:
- 2 persone dalla UOA di Treviso,
- 3 persone dalla UOA di Villorba,
- 4 persone dalla UOA di Mogliano,
- 5 persone dalla UOA di Oderzo.
UOA DI PROVENIENZA
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SOGGETTI
MASCHI
FEMMINE
UOA N.1 UOA N.2 UOA N.3 UOA N.4
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Prima del progetto IESA 2 persone avevano un loro lavoro, e 3 erano in Borsa Lavoro, durante il
progetto d’accoglienza una borsa lavoro si è concretizzata in un lavoro vero, mentre una persona ha
iniziato un percorso in borsa lavoro.
ATTIVITA' LAVORATIVA
10
8
6
4
2
0
prima
durante
borsa
lavoro
lavoro
nulla
Fa parte del progetto IESA coinvolgere le famiglie d’origine ove possibile, nei 14 casi solo 2 sono
state coinvolte con esito positivo aderendo al progetto e collaborando con gli operatori, per 5 di loro
il coinvolgimento si è rivelato molto difficile, mentre per i restanti 7 casi non è stato possibile
nessun coinvolgimento per l’assenza della famiglia stessa
Le diagnosi sono:
 4 di psicosi d’innesto su ritardo mentale,
 1 di disturbo borderline di personalità;
 2 di disturbo paranoide di personalità,
 2 di psicosi schizzofrenica di tipo paranoide;
 1 di ritardo mentale su tipo disorganizzato cronico;
 1 di disturbo somatoforme indifferenziato in personalità evitante,
 1 di disturbo personalità emotivamente instabile con ritardo mentale lieve,
 1 di psicosi NAS, 1 di schizzofrenia disorganizzata.
In 5 persone la terapia farmacologica diventa stazionaria nel periodo dell’inserimento IESA mentre
nei 9 soggetti rimanenti risulta diminuita.
13
DIAGNOSI E ANDAMENTO FARMACOLOGICO
4
3,5
N° SOGGETTI
3
2,5
2
1,5
1
0,5
DIAGNOSI
TERAPIA FARMACOLOGICA DIMINUITA
schizzofrenia disorganizzata
disturbo somatoforme
psicosi schiz. Di tipo paranoide
psicosi schizzofrenica paranoide
psicosi NAS
disturbo paranoide di personalità
Disturbo borderline di personalità
D.P.E.I.+rit.ment.
rit. Ment.+disorg. Cron.
Psicosi d'innesto
0
TERAPIA FARMACOLOGICA STAZIONARIA
I ricoveri prima del periodo IESA sono stati circa 140 distribuiti su tutti i pazienti, mentre durante lo
IESA 4 di loro hanno fatto un ricovero.
I dati relativi ai ricoveri precedenti l’inserimento IESA (n° 140 ricoveri) sono dovuti anche ai molti
anni di presa in carico di alcuni pazienti da parte del servizio. Mentre i ricoveri durante lo IESA
sono stati anche strumentali per la tenuta e la ricontrattualizzazione del progetto di accoglienza
familiare.
Appare immediatamente evidente come gli utenti coinvolti abbiano caratteristiche eterogenee.
Dei 14 casi solo uno ha interrotto dopo 5 mesi il progetto. Ci si è interrogati su questo “insuccesso”
e riteniamo che l’Accoglienza Familiare non si possa “veramente” considerarsi un fallimento,
trattandosi sempre di un’esperienza personale originale, che induce in ogni caso un imprinting
duraturo che alimenta il confronto con nuove ipotesi di cambiamento relazionale ed una
ridefinizione dei modelli operativi interni. Per questo una famiglia può essere anche terapeutica
contribuendo, accanto al lavoro dell’equipe, a rinforzare l’autostima, il consolidamento del Se e
permettere che il paziente acquisisca le capacità affettive, relazionali e intellettive. (nello specifico
la persona successivamente ha acquistato una propria casa, vive in autonomia, continua ad essere
seguito dai servizi del CSM, e frequenta regolarmente e in modo indipendente la famiglia che lo
aveva accolto “nutrendosi” anche della loro rete sociale in parte diventata anche propria. Non per
ultimo non ha rinunciato a partecipare agli incontri di gruppo mensili che lo IESA organizza come
momento di confronto tra tutti i partecipanti del progetto d’accoglienza.).
Altro elemento interessante è l’andamento farmacologico che non aumenta per nessuno mentre se
14
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per 5 persone diventa stazionario per 9 di loro diminuisce.
ANNI DI PRESA IN CARICO E NUMERO DI RICOVERI
60
50
40
30
20
10
0
14 SOGGETTI
anni di presa in carico
ricoveri ante IESA
ricoveri durante IESA
15
L’utilizzo delle scale cliniche nella ricerca
Le scale cliniche di valutazione sono strumenti capaci di fornire una rappresentazione quantitativa
dei fenomeni psichici e del comportamento e che consentono di standardizzare parametri e criteri di
valutazione al fine di ridurre al massimo la soggettività dell’osservazione e di ottenere dati
confrontabili, riproducibili ed analizzabili con le comuni analisi statistiche.
Il presupposto essenziale che sta alla base delle scale cliniche è che, ferma restando la soggettività
del vissuto normale e patologico, sia possibile tradurre l’osservazione psicopatologica in forma
numerica, quantitativa, in modo tale da poterla analizzare con le tecniche di analisi statistica.
Le scale cliniche dovrebbero essere strumenti atti a descrivere in maniera quantitativa i segni e i
sintomi della patologia mentale, in modo da accrescere l’obiettività della valutazione clinica e da
consentire un’ampia registrazione di sintomi e tratti comportamentali, così da fornire
empiricamente, un modello strutturale che rappresenti le dimensioni di un fenomeno
psicopatologico.
L’utilizzo degli strumenti di valutazione, in una fase in cui la situazione economica sfavorevole,
impone un’oculata gestione dei fondi destinati alla cura rappresenta una notevole risorsa in grado di
ottimizzare ed accrescere l’efficacia dei trattamenti
Caratteristiche generali degli strumenti di valutazione
Le scale utilizzate esplorano i diversi aspetti che caratterizzano un'entità psicopatologica e ne danno
una valutazione quantitativa (in termini di gravità o di frequenza). Gli strumenti che richiedono una
risposta dicotoma (SI/NO, presente/assente) sono strumenti di rilevazione più che di misurazione.
Le scale che esplorano prima la presenza/assenza delle variabili e poi la gravità di quelle presenti,
sono tanto strumenti di rilevazione che di misura. Come strumenti di rilevazione, esse
rappresentano un punto di riferimento sia personale, perché evitano che alcune variabili non
vengano indagate dall'esaminatore per disattenzione o dimenticanza, sia interpersonale, perché tutti
coloro che le usano devono valutare tutte le variabili che l'Autore ha ritenuto necessarie per
esplorare compiutamente quella specifica entità.
Ogni variabile (o definizione, o voce, o "item") esplora un singolo comportamento. Le scale da noi
utilizzate sono composte da un certo numero di item (BPRS=24; CAN=22; SAFE=19) solo la
Global Assessment of Functioning scale - GAF (Endicott et al., 1976) nella versione italiana VGF,
che rappresenta l'asse V della classificazione diagnostica multiassiale del DSM-IV (1994), è
composta da un solo item.
Spesso gli item vengono associati tra di loro a formare dei cluster o dei fattori; si parla di cluster
quando l'Autore indica a priori quali sono gli item che, a suo giudizio, concorrono alla definizione
di una certa condizione psicopatologica più complessa, di fattori, quando è l'analisi fattoriale,
condotta su di una casistica rappresentativa, che indica quali item sono più strettamente correlati tra
loro nella definizione della condizione psicopatologica
Nel caso della valutazione dell'efficacia di un trattamento, è necessario che siano prese in
considerazione quelle dimensioni che sono capaci di rilevare i cambiamenti. La mancanza di queste
dimensioni (o di un loro numero sufficiente) può far giungere alla conclusione di una mancanza di
efficacia terapeutica, quando invece è presente. Bisogna anche evitare l'eccesso di variabili,
eliminando quelle per le quali non ci sono indizi che siano influenzabili dal trattamento in studio,
poiché la loro ridondanza può rendere difficile l'interpretazione dei risultati della ricerca. In alcuni
casi, queste variabili aspecifiche possono addirittura raggiungere la significatività statistica in
seguito alle modificazioni di alcuni parametri solo per effetto della casualità.
16
Gli strumenti
In conclusione, la scelta di uno strumento di valutazione, soprattutto per un impiego routinario,
deve essere tale per cui lo strumento risulti appropriato, richieda, cioè, un tempo limitato di
compilazione e di interpretazione, sia affidabile e valido, stabile e sensibile, accettabile da parte del
paziente ed appropriato per ciò che vogliamo esplorare, il più possibile diretto, ma non reattivo.
Strumenti più sofisticati, con tempi più lunghi di applicazione, capaci di fornire informazioni più
approfondite e dettagliate, possono essere utilizzati efficacemente in ricerche specifiche su
campioni più limitati di soggetti e secondo protocolli di ricerca specifici.
Una batteria di strumenti di valutazione dovrebbe tener conto dello stato psichico e funzionale del
paziente, della sua sensazione di benessere e del suo grado di soddisfazione. La valutazione del
paziente psichiatrico, inoltre, dovrebbe prevedere sia item sensibili al cambiamento, sia item più
stabili, capaci di fornire una descrizione più globale del paziente ed indicazioni circa i suoi bisogni,
e di predire l'evoluzione della malattia.
Gli strumenti utilizzati per la nostra ricerca sono stati:




BPRS (Brief Psychiatric Rating Scale): è un parametro di riferimento costante nella ricerca
psicofarmacologica-clinica attraverso valutazioni pre e post-trattamento di pazienti psicotici.
E’ composta da 24 items che esplorano i livelli di: ansia, depressione, attività, energia,
disturbo del pensiero e ostilità.
VGF (Valutazione Globale del Funzionamento): è l’asse V del DSM IV-TR. Valuta il
funzionamento psicologico, sociale e lavorativo del paziente nell’ambito di un ipotetico
continuum salute-malattia mentale.
CAN (Camberwell Assessment of Need) è una scala che valuta il livello dei bisogni
SAFE (Social Adaptive Functioning Evaluation) è una scala che valuta il livello delle
disabilità
BPRS
brief psychiatric rating scale
versione 4.0 ampliata
La Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS) rappresenta uno strumento rapido ed efficiente di
valutazione dei cambiamenti della sintomatologia nei pazienti psichiatrici che fornisce una
descrizione ampia ed esaustiva delle caratteristiche dei principali sintomi.
Lo strumento è particolarmente adatto per i disturbi depressivi e psicotici meno per i disturbi
ansiosi. La BPRS si presta meglio per effettuare valutazioni psicopatologiche relative a periodi di
riferimento brevi. Se l'intervistatore intende però valutare un periodo di tempo relativamente lungo
la combinazione tra frequenza e gravità dei sintomi va adatta agli specifici obiettivi della
valutazione.
Ciascun item è valutato su di una scala a 7 punti, oltre a non valutato. la somma dei singoli item
fornisce un punteggio totale, che può essere considerato come espressione della gravità del disturbo
psichico.
L'analisi fattoriale degli item originali della BPRS ha portato all'estrazione di alcuni fattori quali.
ansia-depressione (AN.DP); anergia (ANER); disturbo del pensiero (THOT); attività (ACTV),
17
ostilità-sospettosità (HOST); Disintegraz. Psicotica (DI.PS).
Alcuni elementi distintivi l’uso della scala:
 Ciascuno ha un punteggio su scala Likert a sette punti corrispondenti a diversi livelli di
gravità (1=sintomo assente; 7=sintomo molto grave; oltre a 0= non valutato)
 Riguarda il mese precedente l’intervista;
 Utilizzare tutte le possibili fonti di informazioni;
 Combinare valutazioni effettuate in diversi contesti;
 Integrare gravità e frequenza dei sintomi per decidere il punteggio;
 Valutare i sintomi anche quando il paziente li nega;
 Servirsi dei punti di ancoraggio relativi a ciascun item (attendibilità dei dati);
 Valori 2 - 3: sintomatologia lieve, non patologica, ma osservabile;
 Valori 4 -5: sintomatologia moderata clinicamente significativa;
 Valori 6 - 7: sintomatologia clinicamente significativa e grave.
Descrizione degli items
1. PREOCCUPAZIONE SOMATICA (Grado di preoccupazione (inappropriata) per la salute
fisica. Va all’apprensione occasionale al delirio ipocondriaco).
2. ANSIETA’ (Apprensione, tensione, paura, panico).
3. DEPRESSIONE (Dalla tristezza occasionale alla profonda depressione con compromissione
del funzionamento).
4. RISCHIO DI SUICIDIO
5. SENTIMENTI DI COLPA
6. OSTILITA’
7. ELEVAZIONE TONO DELL’UMORE
8. GRANDIOSITA’ (Dall’esagerata autostima fino al delirio di grandezza).
9. SOSPETTOSITA’ (Valutare l’ideazione persecutoria (paranoide), la percezione, il
comportamento).
10. ALLUCINAZIONI (Percezioni senza oggetto. Comportamento allucinatorio).
11. CONTENUTO INSOLITO DEL PENSIERO
(Dalle idee di riferimento fino ai deliri
sistematizzati che interferiscono con il funzionamento).
12. COMPORTAMENTO BIZZARRO (Dal comportamento stravagante alle gravi bizzarrie su
modalità psicotiche).
13. TRASCURATEZZA NELLA CURA DI SE
14. DISORIENTAMENTO (Spazio, tempo, persone).
15. DISORGANIZZAZIONE CONCETTUALE (Disturbi formali del pensiero. Si valutano dal
linguaggio).
16. APPIATTIMENTO AFFETTIVO (Valutare l’espressività, la mimica, l’indifferenza, la
risonanza emozionale).
17. RITIRO EMOTIVO (Capacità di instaurare relazioni emotive anche durante l’intervista).
18. RALLENTAMENTO MOTORIO (Valutare movimenti e linguaggio osservati (non
percepiti); non considerare gli effetti dei farmaci).
19. TENSIONE (“Ansia osservata”, nervosismo).
20. MANCANZA DI COLLABORAZIONE (Riferito solo all’intervista, non a rapporti con
amici, familiari).
21. ECCITAMENTO (Reattività emozionale (mimica, tono della voce, gestualità, velocità del
linguaggio).
22. DISTRAIBILITA’ (Attenzione deviata da stimoli vari, fino all’impossibilità a seguire
l’intervista).
23. IPERATTIVITA’ MOTORIA (Aumentata energia che si vede nei movimenti e nel
linguaggio (logorrea).
18
24. ATTEGGIAMENTO MANIERATO (Movimenti o atti inusuali, inappropriati. Posture
scomode).
19
V.G.F.
Le scale di tipo globale valutano la gravità complessiva del disturbo, indipendentemente dalla sua
complessità psicopatologica; è sufficiente individuare il criterio in base al quale formulare il
giudizio ed esprimere. La -Global Assessment of Functioning - GAF (Valutazione Globale del
Funzionamento - VGF nella traduzione italiana), è stata inserita nel DSM-III-R e nel DSM-IV come
Asse V della classificazione multiassiale.
Nello specifico del nostro protocollo per favorire la corretta somministrazione e valutazione della
scala si è utilizzata la scala FPS che fa parte integrante del manuale di riabilitazione VADO
(Morosini et al, VADO, Trento, Erickson, 1998). La sua validazione è stata pubblicata nel lavoro:
Morosini P., Magliano L., Brambilla L., Ugolini S., Pioli R. Development, reliability and
acceptability of a new version of the DSM-IV Social and Occupational Functioning Assessment
Scale (SOFAS) to assess routine social functioning. Acta Psychiatrica Scandinavica, 2000;101:1-7.
Per valutare il livello di funzionamento della persona in esame si considerano le aree principali per
la determinazione del livello del punteggio considerando: a) attività socialmente utili (incluso
lavoro e studio); b) rapporti personali e sociali (inclusi rapporti con i familiari); c) cura dell’aspetto
e dell’igiene; d) comportamenti disturbanti e aggressivi.
Non considerare il rischio di suicido se non in quanto la ruminazione suicidarla interferisca col
funzionamento sociale.
Per valutare il livello di disfunzione nelle aree a,b,c tenere conto dei seguenti criteri e
definizioni:
lieve; per lieve si intende una difficoltà non evidente, che è nota solo a chi conosce bene la persona;
evidente ma non marcato: si tratta di difficoltà che sono facilmente identificabili da chiunque, ma
che non compromettono sostanzialmente il funzionamento della persona, la sua capacità cioè di
svolgere in quella area il ruolo o i ruoli attesi nel suo contesto socio-culturale da una persona
della stessa età, sesso, e livello di istruzione;
marcato; si riferisce ad una difficoltà evidente che compromette il funzionamento sociale in quella
area, tuttavia la persona riesce ancora a fare qualcosa, sia pure in modo inadeguato e/o saltuario;
grave; si riferisce ad una difficoltà che rende praticamente incapace la persona di qualunque
svolgimento di ruolo in quella area o le fa assumere un ruolo negativo, ma senza compromettere la
sua possibilità di sopravvivenza, nel qual caso le difficoltà vanno considerate gravissime.
Per i livelli di gravità dei comportamenti disturbanti ed aggressivi invece i criteri sono:
lieve: scortesia, scontrosità, lamentosità;
evidente ma non marcato: parlare a voce troppo alta, mangiare in modo socialmente poco
accettabile, rivolgersi a sconosciuti in modo inopportuno o con eccessiva familiarità, ecc;
marcato: insultare le persone pubblicamente, rompere oggetti, distruggere cose, avere
comportamenti inadatti (ad esempio denudarsi o urinare in pubblico) ma non pericolosi, in modo
non occasionale;
grave: minacciare persone o colpirle, senza però né intenzione né possibilità di fare lesioni gravi, in
modo non occasionale;
gravissimo: atti aggressivi non occasionali con la intenzione o la possibilità di fare lesioni gravi.
La seguente tabella può essere usata per dare i punteggi di gravità dei problemi nelle quattro arre
20
Assente
Lieve
Evidente ma non Marcato
marcato
Grave
Molto grave
a)
Attività socialmente utili (incluso lavoro e 
studio);;





b)
Rapporti personali e sociali






c)
Cura dell’aspetto e dell’igiene






d)
Comportamenti disturbanti e aggressivi.






Tutto ciò serve per indicare il punteggio adeguato rispettando la tabella sottostante.
Punteggio 0-100 sulla base delle quattro aree principali
100-91 Funzionamento più che buono in tutte le aree pertinenti alla sua età. E’ ben visto dagli altri per le sue molte qualità positive, capace di far
fronte bene ai problemi della vita, interessato o impegnato in numerose attività
90-81 Funzionamento adeguato in tutte le aree, presenza solo di problemi e difficoltà comuni a molti
80-71 Lievi difficoltà in una o più delle aree principali a, b, c (ad es. temporanee difficoltà nel tenere dietro al lavoro o al programma scolastico)
70-61 Difficoltà evidenti in una o più aree principali a-c, ad es. qualche assenza dal lavoro non dovuta a malattie fisiche e/o occasionali atti
sconcertanti per i conviventi e/o carenze di amicizie e/o qualche leggero ma chiaro segno di scarsa attenzione al proprio aspetto; nessuna difficoltà
a svolgere un lavoro protetto; o lievi difficoltà in d
60-51 Marcata difficoltà in una sola delle aree a-c, ad es. assenza di amici e difficoltà di rapporti coi familiari, ma con qualche rapporto sociale e
familiare conservato o difficoltà anche in un lavoro non protetto; nelle altre aree possono essere presenti difficoltà lievi o evidenti; o evidenti
difficoltà in d
50-41 Difficoltà marcate in due o più aree principali a-c, con nessuna disfunzione grave, o disfunzione grave in una sola con nessuna
disfunzione marcata nelle altre aree principali (vedi 30-21 per disfunzione grave nei comportamenti disturbanti); assenza di disfunzione
marcata in d
40-31 Disfunzione grave in una sola area principale a-c, con disfunzione marcata in una o più delle altre due (ad es. nessuna attività
socialmente utile, assenza di frequentazioni sociali ma rapporti discreti con almeno un familiare); o disfunzione marcata in d
30-21 Disfunzione grave in due delle aree principali 1-3; o disfunzione grave nei comportamenti disturbanti con o senza disabilità nelle altre
aree
20-11 Disfunzione grave in tutte le tre aree principali 1-3; o disfunzione gravissima nei comportamenti disturbanti con o senza disabilità nelle
altre aree. Nel dare il punteggio nell’ambito di questo livello considerare se il paziente risponde (20-16) o risponde poco agli stimoli esterni (15-11)
10-1 Mancanza di autonomia nelle funzioni di base con comportamenti estremi (ad esempio si sporca volutamente di feci), ma senza pericolo di
vita o, da 5 a 1, incapacità a mantenere l’autonomia nelle funzioni di base, tale da mettere in pericolo la sopravvivenza (rischio di morte per
malnutrizione, disidratazione, infezioni, incapacità di riconoscere situazioni evidenti di immediato pericolo)
0 Informazioni insufficienti per dare un punteggio
21
C.A.N.
I richiami teorici e concettuali a cui fa riferimento il questionario Camberwell Assessment of Need
si collocano fra le più recenti formulazioni sul concetto di bisogno individuale introdotte
nell’ambito della medicina e della psicologia della salute.
Una valutazione accurata dei bisogni non consente soltanto di possedere una conoscenza dettagliata
di quelle che sono le necessità dell’individuo, ma deve soprattutto tradursi in azioni specifiche,
finalizzate alla risoluzione di tali problematiche (Orrell, Hancock, 2004).
E’ questo lo sfondo teorico da cui nasce il Camberwell Assessment of Need, un’intervista
semistruttutrata elaborata da un team multidisciplinare che mira all’analisi complessiva dei bisogni
(in particolare di individui che presentano problemi di salute mentale) basandosi sull’approccio
centrato sulla persona. (ideata per indagare le necessità di individui adulti affetti da patologie
psichiatriche.)
Nella versione concepita la Camberwell Assessment of Need consente di analizzare le principali
aree riguardanti gli aspetti assistenziali, psicologici e sociali che coprono le maggiori necessità.
Inoltre la sua validazione in numerose lingue (spagnolo, tedesco, svedese, portoghese, norvegese,
indiano, arabo, russo, turco ed abraico) consente di effettuare anche studi cross-culturali.
Struttura dell’intervista
La CAN consente di indagare le principali dimensioni riguardanti i bisogni assistenziali, psicologici
e sociali che possono essere riscontrati.
Tali aree comprendono:
1. qualità dell’alloggio
12. abuso di alcool
2. alimentazione
13. abuso di farmaci
3. cura della casa
14. vita di relazione
4. cura di se
15.vita di coppia
5. attività quotidiane
16. vita sessuale
6. salute fisica
17.cura dei figli
7. sintomi psicotici
18. istruzione di base
8. informazioni
19. telefono
9. disagio psicologico
20. trasporti
10. sicurezza personale
21. denaro
11. sicurezza per gli altri
22. sussidi
22
Ogni dimensione è suddivisa in Sezioni che permettono di indagare:
1. la presenza/assenza del bisogno
2. l’aiuto informale fornito da parenti ed amici
3. l’aiuto ricevuto da parte dei Servizi
L’intera intervista può essere compilata separatamente dalla persona, dal familiare, dall’operatore e
dal valutatore.
Ambiti di applicazione
La CAN è uno strumento di facile utilizzo nella pratica clinica (in particolar modo nei servizi di
salute mentale o socio-assistenziali), nei programmi di assistenza e nei lavori coordinati da team
multidisciplinari, in quanto permette di eseguire un assessment globale delle condizioni di salute
della persona.
Può essere inoltre utilizzata a scopo di ricerca, al fine di effettuare analisi approfondite del
benessere fisico, psichico e sociale e per compiere indagini epidemiologiche che consentano di
eseguire una mappa dei bisogni della popolazione d’interesse. Inoltre, la sua traduzione in oltre
trenta lingue nel mondo consente di effettuare studi cross-culturali sui cambiamenti e
sull’andamento nel tempo.
La CAN può essere un ottimo strumento di monitoraggio, capace di effettuare valutazioni inerenti
la qualità percepita di un dato servizio; oltre a ciò, può essere utilizzata al fine di realizzare
interventi basati sull’approccio centrato sulla persona e per indagare la soddisfazione dell’utente che
usufruiscono di determinate prestazioni (customer satisfaction).
Ancora, la CAN può risultare estremamente utile a tutti quei servizi che necessitano di monitorare
costantemente la qualità delle prestazioni erogate.
La CAN può essere facilmente utilizzata da diverse figure professionali operanti nel settore sociosanitario, dopo aver consultato le brevi istruzioni allegate al documento.
23
S.A.F.E.
I deficit nel funzionamento adattivo sociale, prendersi cura di sé e degli spazi dove si vive e le
scarse competenze sociali che impediscono di avere rapporti interpersonali soddisfacenti, possono
rappresentare fattori che contribuiscono alla prognosi negativa della schizofrenia.
Alcune di queste disabilità sono più spesso presenti in pazienti che manifestano sintomi negativi e
in pazienti con deficit cognitivi. I dati della letteratura sottolineano l’importanza dei trattamenti
psicosociali, allo scopo di ridurre tali deficit.
Affinché un intervento in questa direzione sia valutabile e quantificabile si rende necessario
adottare uno strumento capace di misurare le abilità-disabilità sociali-interpersonali, strumentali e
funzionali. Infatti, la valutazione delle disabilità presenti permette la definizione di un progetto
riabilitativo individualizzato e la successiva verifica del raggiungimento degli obiettivi,
consentendo perciò all’operatore di fornire interventi efficaci e quindi ripetibili.
Descrizione dello strumento
La SAFE è una scala di osservazione-valutazione usata per valutare la severità del deficit nelle aree
relative alle abilità sociali, strumentali e funzionali dell’individuo.
La scala è stata tradotta ed adattata in lingua italiana da due psichiatri esperti (A.R. e E.D.). Come
per l’originale, nella versione italiana si è evitato l’uso delle doppie negazioni. La versione della
SAFE utilizzata contiene 19 items che valutano la cura di sé, le competenze sociali e di
adattamento, e diverse capacità come controllo dell’impulsività, cooperatività, il rispetto della
proprietà, l’orientamento-mobilità.
Ogni item è stato stimato su una scala di cinque valori (0 = nessuna compromissione, 1 = leggera
compromissione, 2 = moderata compromissione, 3 = grave compromissione, 4 = estrema
compromissione); i punteggi più alti riflettono maggiori compromissioni nel funzionamento e
adattamento sociale.
Gli items nella scala misurano le abilità sociali-interpersonali, strumentali e funzionali e sono
costruiti per essere valutati attraverso l’osservazione, il contatto con l’operatore e l’interazione con
il soggetto. Di conseguenza lo strumento può valutare i pazienti con sintomi negativi
indipendentemente dalla cooperatività e responsività dei pazienti.
24
DESCRIZIONE DELLO STAFF COINVOLTO
Lo staff che ha somministrato i vari questionari comprende un’ampia gamma di operatori inseriti
nei vari CSM di appartenenza dei soggetti e che conoscevano molto bene le persone da valutare.
Oltre agli psicologi e allo psichiatra dello IESA si sono coinvolti:
- 6 psichiatri;
- 5 assistenti sociali;
- 6 educatori;
- 6 infermieri.
Tutti gli operatori coinvolti conoscevano lo strumento di misura da loro utilizzato, sia per
formazione personale sia per una formazione fornita dal DSM. Ciò non elimina totalmente un punto
critico del lavoro svolto, relativo all’eterogeneità dello staff e alla sua capacità critica
nell’esaminare il campione. Si è cercato di superare l’empasse con un coinvolgimento critico da
parte degli operatori IESA durante l’applicazione dei questionari per mantenere un linguaggio il più
comune possibile. Mentre per il dubbio che la conoscenza dei soggetti prima e dopo l’intervento
IESA possa essere stata elemento d’influenza nella valutazione finale, si è fatto ricorso alla
professionalità degli stessi nel mantenersi il più oggettivi possibile.
25
RISULTATI
In una prima analisi di tutti i 14 soggetti esaminati, si è rilevato un miglioramento in tutte le scale
utilizzate (come da tabelle sottostanti con la totalità dei dati).
BPRS 4.0
MEDIE dei:
TEST
RETEST
DIFFERENZA
Valutazione globale
TOTALE
85
62
23,4
ansia-depressione
AN.DP
17
12
4,9
anergia
ANER
14
10
4,5
disturbo del pensiero
THOT
13
9
3,1
attività
ACTV
10
7
2,2
ostilità-sospettosità
HOST
12
9
3,6
Disintegraz. psicotica
DI.PS
36
26
10,1
media
VGF TEST
41,64
funzionamento da 0 a 100 sulla base delle aree
VGF RETEST
65,00
funzionamento da 0 a 100 sulla base delle aree
23,36
DIFFERENZA VGF TRA IL TEST E IL RETEST
26
CAN
VALORI DELLE MEDIE TOTALI
DI TUTTO IL GRUPPO
TEST
RETEST
DIFF.
Totale bisogni evidenziati
20,14
11,14
9
cinque raggruppamenti principali:
Bisogni legati alla salute
5,571
2,714
2,86
Bisogni di base
3,857
2,071
1,79
Bisogni sociali
3,429
2,143
1,29
Bisogni legati ai servizi
3,143
1,643
1,5
Bisogni legati al funzionamento
4,143
2,571
1,57
Totale aiuto ricevuto famigliari
7,571
5,714
1,86
cinque raggruppamenti principali:
Bisogni legati alla salute
1,071
0,929
0,14
Bisogni di base
2,143
1,714
0,43
Bisogni sociali
1
0,786
0,21
Bisogni legati ai servizi
0,857
0,786
0,07
Bisogni legati al funzionamento
2,5
1,5
1
Totale aiuto ricevuto servizi
28,64
15,36
13,3
cinque raggruppamenti principali:
Bisogni legati alla salute
7,929
4,214
3,71
Bisogni di base
5,857
3,143
2,71
Bisogni sociali
4,571
2,643
1,93
Bisogni legati ai servizi
4,643
2,286
2,36
Bisogni legati al funzionamento
5,643
3,071
2,57
SAFE
MEDIE VALORI TOTALITA’ DEL GRUPPO
media del Test
35
media del Retest
15
differenza tra le medie
20
Successivamente, utilizzando un’analisi statistica con il sistema SPSS (Statistical Package for
Social Sciences) per campioni appaiati, analisi fatta con il supporto del Dott. Marini M. c/o la 3°
clinica psichiatrica di Padova, si è dato maggior risalto alla significatività dei risultati, considerando
non solo la media ma anche la deviazione standard, riducendo in questo modo possibili errori di
scarto e di valutazione (spiattellamento dei dati).
Da ciò è emersa l’opportunità, per non subire un appiattimento dei valori rilevati, di dividere il
gruppo di persone in due sottogruppi con la discriminante diagnostica del ritardo mentale. Il
risultato è stato di due sottogruppi il primo formato da 6 persone (3 maschi e 3 femmine) con
disturbi psichiatrici e ritardo mentale più o meno marcato, e il secondo gruppo formato da 8
persone, 4 maschi e 4 femmine, con diagnosi “puramente” psichiatriche (assenza di ritardo
27
mentale).
I risultati elaborati hanno evidenziato il sostanziale “miglioramento” in tutte le scale considerate,
con importanti distinguo a seconda del sottogruppo considerato.
Da notare che i test parametrici si sono basati sulla differenza tra il test e il retest che considerava la
media e la deviazione standard, cioè si può affermare che la differenza non è dovuta al caso ma che,
invece, esiste una reale diversità tra le medie delle due misure tanto da affermare che ci sono state
riduzioni significative degli elementi patologici e funzionali testati. Inoltre si possono notare come
alcune sottoscale abbiano valori significativi non solo per uno dei due gruppi evidenziati ma, anche
se non in ugual misura per l’altro gruppo.
Nella tabella sotto indicata si evidenziano così due gruppi:
 il primo con ritardo mentale (GR1);
 il secondo con diagnosi psichiatrica e assenza di r. m. (GR2);
inoltre, devono essere lette non solo la variazione delle medie, ma le stesse confrontate alla colonna
“P” che evidenzia la significatività della misura, se uguale o minore dello 0,050.
Quindi:
 nella prima colonna abbiamo la descrizione di ciò che andremo a misurare;
 nella seconda colonna la media e la deviazione standar del test del 1° gruppo:
 nella terza colonna la media e la deviazione standar del retest del 1° gruppo;
 nella quarta colonna il fattore T di Student del 1° gruppo;
 nella quinta colonna la significatività della differenza tra il test e il retest del 1° gruppo;
 nella sesta colonna la media e la deviazione standar del test del 2° gruppo:
 nella settima colonna la media e la deviazione standar del retest del 2° gruppo;
 nella ottava colonna il fattore T di Student del 2° gruppo;
 nella nona colonna la significatività della differenza tra il test e il retest del 2° gruppo;
28
STATISTICA
PER TEST Gr 1° RETEST Gr1°
CAMPIONE APPAIATI
M ± DS
M ± DS
T
6 pers
(con
Rit.
TIPOLOGIA
Ment)
P
TEST
Gr 2° M ± DS
RETEST Gr
2°
M ± DS T
P
8 pers. (altro)
ETA'
28,67 ± 6,25
37,88 ± 9,20
B.P.R.S.
TOTALE
AN.DP
fattore ansia-depressione
ANER
fattore anergia
THOT
fattore disturbo del pensiero
AC.TV
fattore attività
HO.ST
fattore ostilità-sospettosità
83,83 ± 20,67
14,00 ± 3,90
58,67 ± 20,28
10,00 ± 4,00
2,67
2,93
0,044
0,033
86,00 ± 11,68
19,50 ± 2,45
64,00 ± 15,49
13,87 ± 3,64
4,32
4,54
0,003
0,003
14,67 ± 7,47
9,83 ± 4,79
1,95
0,109
14,00 ± 4,50
9,75 ± 3,81
3,32
0,013
12,83 ± 5,64
8,50 ± 4,04
1,55
0,181
12,37 ± 6,46
10,12 ± 5,82
3,10
0,017
11,33 ± 3,88
8,00 ± 3,16
3,16
0,025
8,37 ± 2,13
7,00 ± 2,14
2,11
0,073
10,83 ± 4,12
7,33 ± 4,37
2,78
0,039
13,12 ± 2,29
9,37 ± 2,26
4,07
0,005
DI.PS.
Disintegrazione psicotica
34,67 ± 12,63
23,17 ± 10,34
2,20
0,070
36,50 ± 7,27
27,37 ± 8,02
3,94
0,006
V.G.F.
37,17 ± 15,39
64,83 ± 5,30
-4,88
0,005
45,00 ± 11,65
65,12 ± 10,49
-6,35
0,000
S.A.F.E.
C.A.N.
Totale Bisogni Evididenziati
CAN
T.B.E.
legati alla salute
CAN
T.B.E.
bisogni di base
CAN
T.B.E.
bisogni sociali
CAN
T.B.E.
bisogni legati ai servizi
CAN
T.B.E.
bisogni legati al funzionamento
CAN Totale valore Aiuto
Ricevuto dai Famigliari
CAN
V.A.R.F.
legati alla salute
CAN
V.A.R.F.
bisogni di base
CAN
V.A.R.F.
bisogni sociali
CAN
V.A.R.F.
bisogni legati ai servizi
CAN
V.A.R.F.
bigogni legati al funzionamento
CAN
Totale
Valore
Aiuto Ricevuto dai Servizi
CAN
V.A.R.S.
legati alla salute
CAN
V.A.R.S.
bisogni di base
CAN
V.A.R.S.
bisogni sociali
CAN
V.A.R.S.
bisogni legati ai servizi
CAN
V.A.R.S.
bisogni legati al funzionamento
41,00 ± 5,76
18,17 ± 6,49
8,96
0,000
30,00 ± 12,82
12,50 ± 6,16
4,79
0,002
24,83 ± 2,99
12,67 ± 2,50
8,27
0,000
16,62 ± 5,78
10,00 ± 4,78
2,84
0,025
6,67 ± 2,50
2,50 ± 1,22
4,4
0,007
4,75 ± 2,12
2,88 ± 1,24
1,89
0,100
4,50 ± 1,04
2,33 ± 0,51
7,05
0,001
3,38 ± 1,59
1,88 ± 1,45
1,87
0,104
3,50 ± 1,51
2,17 ± 0,75
3,16
0,025
3,38 ± 1,50
2,12 ± 1,24
2,75
0,028
4,33 ± 1,21
2,17 ± 1,16
3,08
0,027
2,25 ± 2,12
1,25 ± 1,16
1,67
0,138
5,83 ± 1,16
3,50 ± 0,83
5,53
0,003
2,88 ± 2,03
1,88 ± 1,24
3,05
0,018
6,83 ± 7,85
6,83 ± 7,73
0,00
1,000
8,12 ± 8,32
4,88 ± 5,66
1,78
0,117
0,83 ± 1,32
0,83 ± 0,98
0,00
1,000
1,25 ± 1,83
1,00 ± 1,41
0,37
0,722
2,17 ± 2,56
2,50 ± 3,20
-1,00
0,363
2,12 ± 2,10
1,12 ± 1,72
2,16
0,068
0,83 ± 0,98
0,67 ± 0,81
1,00
0,363
1,12 ± 1,24
0,88 ± 1,12
0,79
0,451
0,67 ± 1,21
0,83 ± 0,98
-0,41
0,695
1,00 ± 1,30
0,75 ± 0,70
0,79
0,451
2,33 ± 2,87
2,00 ± 2,28
1,00
0,363
2,62 ± 2,56
1,12 ± 1,35
2,64
0,033
34,50 ± 9,48
18,67 ± 5,61
2,76
0,040
24,25 ± 5,41
12,88 ± 5,46
4,80
0,002
9,00 ± 3,74
5,00 ± 2,60
1,85
0,123
7,12 ± 1,95
3,62 ± 1,30
3,56
0,009
6,67 ± 1,75
3,67 ± 0,81
3,22
0,023
5,25 ± 1,98
2,75 ± 2,12
2,64
0,033
4,67 ± 2,33
3,17 ± 2,13
1,96
0,107
4,50 ± 2,26
2,25 ± 1,48
3,10
0,017
6,00 ± 3,03
2,67 ± 1,36
1,97
0,105
3,62 ± 2,06
2,00 ± 1,19
3,87
0,006
8,17 ± 1,32
4,17 ± 1,16
5,47
0,003
3,75 ± 2,31
2,25 ± 1,58
3,96
0,005
29
Dai risultati si evince che in tutti i due gruppi avviene un miglioramento generale così descritto:
Nella BPRS i valori totali per entrambi i gruppi di persone diminuiscono dimostrando una spiccata
diminuzione della patologia psichiatrica, specie nel gruppo con assenza di ritardo mentale. Questo a
significare come anche la scala utilizzata sia più sensibile (come intenzione degli autori) per
pazienti psichiatrici.
In numerosi studi è stata effettuata l’analisi fattoriale (Guy et al. 1975; Hedlund &Vieweg, 1980;
Overal &Beller, 1984; Montgomery et al., 1978; Anderson et al., 1989) sia per studiare la cosidetta
validità di costrutto, sia per identificare gruppi di sintomi specifici da valutare separatamente nelle
ricerche psicofarmacologiche. Questi autori hanno messo in evidenza fattori clinici relativi a:
-
ansia-depressione (AN.DP), che comprende gli item: implicazione somatica, ansia,
sentimenti di colpa, umore depresso;
- anergia (ANER), che comprende gli item; inibizione emotive, rallentamento motorio,
insensibilità affettiva, disorientamento;
- disturbo del pensiero (THOT), che comprende gli item: disorganizzazione concettuale,
grandiosità, allucinazioni, insolito contenuto del pensiero;
- attività (ACTV), che comprende gli item: tensione, atteggiamento manierato, eccitamento;
- ostilità-sospettosità (HOST), che comprende gli item:ostilità, sospettosità, mancanza di
cooperazione.
Successivamente altri autori (Hafkenscheld, 1991, 1993) hanno individuato una sottoscala di:
-
Disintegrazione Psicotica (DI.PS), che comprende gli item: ostilità, grandiosità, sospettosità,
allucinazioni, insolito contenuto del pensiero, disorganizzazione concettuale, appiattimento
affettivo, isolamento emotivo, mancanza di cooperazione, manierismi e posture.
Da queste considerazioni emerge un miglioramento nei vari raggruppamenti, più significativo per il
gruppo senza ritardo mentale.
30
STATISTICA PER CAMPIONE TEST Gr 1° RETEST Gr1°
APPAIATI
M ± DS
M ± DS
T
P
TEST Gr
M ± DS
BPRS totale
83,83 ± 20,67
58,67 ± 20,28
2,67
0,044
86,00 ± 11,68
64,00 ± 15,49
4,32
0,003
AN.DP
fattore ansia-depressione
14,00 ± 3,90
10,00 ± 4,00
2,93
0,033
19,50 ± 2,45
13,87 ± 3,64
4,54
0,003
ANER
fattore anergia
14,67 ± 7,47
9,83 ± 4,79
1,95
0,109
14,00 ± 4,50
9,75 ± 3,81
3,32
0,013
THOT
fattore disturbo del pensiero
12,83 ± 5,64
8,50 ± 4,04
1,55
0,181
12,37 ± 6,46
10,12 ± 5,82
3,10
0,017
ACTV
fattore attività
11,33 ± 3,88
8,00 ± 3,16
3,16
0,025
8,37 ± 2,13
7,00 ± 2,14
2,11
0,073
HOST
fattore ostilità-sospettosità
10,83 ± 4,12
7,33 ± 4,37
2,78
0,039
13,12 ± 2,29
9,37 ± 2,26
4,07
0,005
DI.PS.
Disintegrazione psicotica
34,67 ± 12,63
23,17 ± 10,34
2,20
0,070
36,50 ± 7,27
27,37 ± 8,02
3,94
0,006
SCALA
2° RETEST Gr 2°
M ± DS
T
P
B.P.R.S.
40
35
30
25
20
GR 2 test
15
GR 2 retest
10
GR 1 test
5
GR 1 retest
0
DI.PS.
AN.DP
GR 1 retest
ANER
THOT
GR 1 test
AC.TV
HO.ST.
GR 2 retest
GR 2 test
31
Inoltre in un’analisi dettagliata dei 24 item, si sono evidenziati alcuni elementi significativi.
STATISTICA
PER TEST Gr 1° RETEST Gr1° T
CAMPIONE APPAIATI
M ± DS
M ± DS
P
TEST
Gr 2° M ± DS
RETEST Gr T
2°
M ± DS
1
preoccupazioni somatiche
2,66 ± 1,63
2,00 ± 1,09
1,34
0,235
4,75 ± 1,28
3,25 ± 1,03
3,96
0,005
2
ansia
4,16 ± 1,47
2,66 ± 1,36
3,00
0,030
5,50 ± 1,06
4,12 ± 0,99
3,66
0,008
3
depressione
3,33 ± 1,21
2,66 ± 1,03
2,00
0,102
4,50 ± 1,06
3,25 ± 1,38
3,03
0,019
4
rischio di suicidio
1,83 ± 0,98
1,33 ± 0,81
1,46
0,203
2,75 ± 1,58
1,87 ± 0,99
1,82
0,111
5
sentimenti di colpa
2,66 ± 1,21
2,90
0,034
4,75 ± 1,03
3,25 ± 1,38
5,61
0,001
6
ostilità
3,50 ± 1,87
2,50 ± 1,76
1,93
0,111
4,00 ± 1,41
3,00 ± 1,19
2,36
0,050
7
elevazione
dell'umore
tono 2,33 ± 1,63
2,33 ± 1,21
0,00
1,000
3,12 ± 0,83
2,62 ± 1,18
1,52
0,170
8
grandiosità
3,00 ± 1,67
2,16 ± 1,32
1,74
0,141
3,00 ± 1,60
2,62 ± 1,50
1,15
0,285
9
sospettosità
3,83 ± 1,32
2,33 ± 1,36
3,00
0,030
4,62 ± 0,74
3,50 ± 1,30
3,21
0,015
10
allucinazioni
2,33 ± 1,96
1,50 ± 0,83
1,00
0,363
2,50 ± 1,92
2,37 ± 1,68
1,00
0,351
11
contenuto
pensiero
del 3,83 ± 1,47
2,33 ± 1,21
1,96
0,107
3,75 ± 2,12
2,87 ± 1,95
3,86
0,006
12
comportamento bizzarro
4,50 ± 1,51
2,66 ± 1,21
3,37
0,020
3,25 ± 1,48
2,50 ± 1,19
3,00
0,020
13
trascuratezza nella cura di 4,00 ± 1,89
se
2,66 ± 0,81
2,00
0,102
3,87 ± 1,35
2,25 ± 0,70
4,33
0,003
14
disorientamento
2,66 ± 1,50
2,00 ± 1,54
1,34
0,235
2,00 ± 0,75
1,50 ± 0,75
1,87
0,104
15
disorganizzazione
concettuale
3,66 ± 1,86
2,50 ± 1,51
1,47
0,201
3,12 ± 2,16
2,25 ± 1,75
2,49
0,041
16
appiattimento affettivo
4,16 ± 2,31
2,83 ± 1,32
1,66
0,158
4,00 ± 1,41
2,75 ± 1,28
3,41
0,011
17
isolamento emotivo
4,16 ± 2,13
2,66 ± 1,21
2,66
0,045
4,50 ± 1,69
3,12 ± 1,35
2,76
0,028
18
rallentamento motorio
3,66 ± 2,33
2,33 ± 1,21
1,66
0,158
3,50 ± 1,92
2,37 ± 1,18
2,34
0,051
19
tensione motoria
5,00 ± 1,26
3,33 ± 1,21
2,50
0,054
3,50 ± 1,06
3,00 ± 1,06
1,18
0,275
20
mancanza di cooperazione
3,50 ± 1,37
2,50 ± 1,37
2,73
0,041
4,50 ± 1,41
2,87 ± 0,83
4,33
0,003
21
eccitamento
3,66 ± 1,96
2,83 ± 1,47
2,71
0,042
2,37 ± 0,91
2,00 ± 0,75
1,42
0,197
22
distraibilità
4,16 ± 1,47
3,00 ± 1,09
2,15
0,084
3,12 ± 1,45
2,50 ± 1,30
2,37
0,049
23
iperattività motoria
3,33 ± 2,33
3,00 ± 1,54
0,79
0,465
2,50 ± 1,06
2,12 ± 1,12
2,04
0,080
24
manierismi e posture
2,66 ± 1,86
1,83 ± 1,16
1,53
0,185
2,50 ± 0,75
2,00 ± 0,75
2,64
0,033
del
3,83 ± 1,16
insolito
P
32
Per il gruppo 2°:
 il grado di preoccupazione relativo alle proprie condizioni fisiche diminuisce
significativamente, la salute fisica cioè è percepita molto meno come problema
indipendentemente dalla presenza o meno di una condizione reale di malattia.
 Riferisce di sentirsi meno ansioso, con meno sintomi fobici o stati di panico.
 Meno tristi, infelici e capaci di distogliere il loro pensiero da temi depressivi, più soddisfatti
di se.
 Vivono meno rimorsi per l’eccessiva importanza attribuita ad errori del passato.
 Sono meno aggressivi, litigiosi o meno inclini agli accessi d’ira o distruzione delle cose.
 Molto meno sospettosi dei comportamenti degli altri.
 Le stranezze o le bizzarrie del contenuto delle idee diminuiscono sensibilmente. Come i
comportamenti strani, insoliti o inappropriati.
 La cura di se migliora significativamente.
 Sono meno confusi nei discorsi, meno disorganizzati, nell’eloquio. Con meno blocchi del
pensiero o incoerenza dello stesso o distraibilità. Aumenta la collaborazione con lo
psichiatra
 Aumenta la capacità di esprimere le proprie emozioni sia con il linguaggio verbale che non
verbale. Come migliora la capacità di rapportarsi all’altro, con sempre minor isolamento
emotivo.
 Diminuiscono i movimenti stereotipati o posture inappropriate.
Per il gruppo anche con ritardo mentale (Gr 1°) le riduzioni significative avvengono su:
 Gli stati d’ansia, apprensione, paure o fobie.
 Rimorsi su errori passati con i relativi sensi di colpa.
 Sospettosità di azioni con intenti malevoli degli altri, discriminatori nei propri confronti.
 I comportamenti strani, insoliti, financo manifestazioni d’affetto inappropriate.
 Migliora la capacità di rapportarsi all’operatore, anche per manifestare propri bisogni o
necessità. Diminuisce la “barriera invisibile” tra il soggetto e l’operatore.
 Aumenta la capacità di collaborare e diminuisce, durante i colloqui, il tono dell’umore o la
reattività emotiva nei confronti dell’operatore o degli argomenti in discussione.
33
Anche nella scala VGF, come risulta evidente dalla tabella sotto riportata, c’è un spiccato
miglioramento per tutti i due gruppi di persone coinvolte nella ricerca, oltre ad un’alta
significatività dei risultati. Il miglioramento avviene cioè sia nelle attività socialmente utili; che nei
Rapporti personali e sociali; sia nella cura dell’aspetto e dell’igiene; che nei comportamenti
disturbanti e aggressivi.
STATISTICA PER CAMPIONE TEST Gr 1° RETEST Gr1°
APPAIATI
M ± DS
M ± DS
T
P
TEST Gr
M ± DS
VGF
0,005
45,00 ± 11,65
37,17 ± 15,39
64,83 ± 5,30
-4,88
2° RETEST Gr 2°
M ± DS
T
65,12 ± 10,49
P
-6,35
0,000
Totale soggetti coinvolti
media
VGF TEST
Attività socialmente utili (inclusi lavoro e studio); Rapporti personali e sociali (inclusi rapporti con i familiari); Cura dell'aspetto e
dell'igiene;Comportamenti disturbanti e aggressivi
funzionamento da 0 a 100 sulla base delle aree
61
21
50
45
60
50
50
25
30
31
35
25
50
50
41,64
VGF RETEST
Attività socialmente utili (inclusi lavoro e studio); Rapporti personali e sociali (inclusi rapporti con i familiari); Cura dell'aspetto e dell'igiene;
Comportamenti disturbanti e aggressivi
funzionamento da 0 a 100 sulla base delle aree
69
70
70
70
80
70
70
60
60
60
60
51
70
50
65,00
DIFFERENZA VGF TRA 1° E 2°
8
49
20
25
20
20
20
35
30
29
25
26
20
0
23,36
distribuzione valori del test e retest su tutti i 14 soggetti
80
70
60
50
40
30
20
10
0
1
2
3
4
5
6
test
7
8
9
10
11
12
13
14
test
retest
34
Valutando la CAN emerge chiaramente come:
1. I bisogni totali per entrambi i gruppi di persone diminuiscono;
a. Per il gruppo con ritardo mentale anche tutti i cinque raggruppamenti;
b. Per il secondo gruppo la significatività e maggiore per i bisogni sociali e per i bisogni
legati al funzionamento.
2. Diminuisce l’aiuto totale che i servizi danno alle persone di entrambi i gruppi;
a. Per il gruppo senza il ritardo mentale i valori di tutti i cinque raggruppamenti risulta
diminuito;
b. Per il gruppo con ritardo mentale la significatività e maggiore per l’aiuto ricevuto nei
bisogni di base e per i bisogni legati al funzionamento.
3. Mentre poco significativo risulta l’analisi dell’aiuto ricevuto da parte dei famigliari. In
questa scala la significatività viene raggiunta nel raggruppamento dei bisogni legati al
funzionamento solo per il secondo gruppo di persone.
Per quanto riguarda la distribuzione totale dei bisogni nelle cinque aree principali emerge che l’area
con il numero più alto di bisogni è l’area della salute, che comprende: la salute fisica, il disagio
psicologico, i sintomi psicotici, abuso di farmaci e alcol, sicurezza personale e sicurezza per gli
altri.
L’area contenente il numero minore di bisogni si evidenzia per tutti i soggetti come l’area dei
bisogni legati ai servizi, che comprende: le informazioni sui disturbi e sul trattamento, l’uso del
telefono, l’uso dei mezzi di trasporto, i sussidi economici. Mentre se analizziamo i due sottogruppi,
per il gruppo con la discriminante ritardo mentale il numero di minor bisogni si lega ai bisogni
sociali, che comprende: la vita di relazione, la vita di coppia, la vita sessuale.
Come si vede dalla tabella generale, l’aiuto maggiore ricevuto da parte dei servizi, considerando la
totalità dei soggetti, si distribuisce principalmente nell’area della salute, come risposta ai bisogni
precedentemente evidenziati. Mentre l’aiuto minore viene fornito nell’area dei bisogni legati al
funzionamento che comprende: la cura di se, la cura della casa, la cura dei figli, l’istruzione, la
gestione del denaro. Questo avviene, secondo noi, anche perchè è un’area dove l’aiuto della
famiglia che accoglie il paziente entra in gioco in modo più incisivo.
Questo raggruppamento, l’area dell’aiuto ricevuto per i bisogni legati al funzionamento, appare in
diminuzione anche per quel scarso aiuto che la famiglia d’origine offre. Secondo noi per gli stessi
motivi citati sopra. Inoltre la significatività è maggiore per il gruppo senza ritardo mentale, anche
perché sono le persone che inserite in un contesto etero familiare possono giocarsi l'autonomia e
l’indipendenza dalla famiglia d’origine (o da quel che ne resta) in modo più marcato.
35
STATISTICA PER CAMPIONE
APPAIATI
CAN
Totale
Bisogni Evididenziati
CAN
T.B.E.
legati alla salute
CAN
T.B.E.
bisogni di base
CAN
T.B.E.
bisogni sociali
CAN
T.B.E.
bisogni legati ai servizi
CAN
T.B.E.
bisogni legati al funzionamento
CAN
V.A.R.F.
bigogni legati al funzionamento
CAN
Totale
Valore
Aiuto Ricevuto dai Servizi
CAN
V.A.R.S.
legati alla salute
CAN
V.A.R.S.
bisogni di base
CAN
V.A.R.S.
bisogni sociali
CAN
V.A.R.S.
bisogni legati ai servizi
CAN
V.A.R.S.
bisogni legati al funzionamento
TEST Gr 1° RETEST Gr1°
M ± DS
M ± DS
T
P
TEST
Gr
M ± DS
2° RETEST Gr 2°
M ± DS
T
24,83 ± 2,99
12,67 ± 2,50
8,27
0,000
16,62 ± 5,78
10,00 ± 4,78
2,84
0,025
6,67 ± 2,50
2,50 ± 1,22
4,4
0,007
4,75 ± 2,12
2,88 ± 1,24
1,89
0,100
4,50 ± 1,04
2,33 ± 0,51
7,05
0,001
3,38 ± 1,59
1,88 ± 1,45
1,87
0,104
3,50 ± 1,51
2,17 ± 0,75
3,16
0,025
3,38 ± 1,50
2,12 ± 1,24
2,75
0,028
4,33 ± 1,21
2,17 ± 1,16
3,08
0,027
2,25 ± 2,12
1,25 ± 1,16
1,67
0,138
5,83 ± 1,16
3,50 ± 0,83
5,53
0,003
2,88 ± 2,03
1,88 ± 1,24
3,05
0,018
2,33 ± 2,87
2,00 ± 2,28
1,00
0,363
2,62 ± 2,56
1,12 ± 1,35
2,64
0,033
34,50 ± 9,48
18,67 ± 5,61
2,76
0,040
24,25 ± 5,41
12,88 ± 5,46
4,80
0,002
9,00 ± 3,74
5,00 ± 2,60
1,85
0,123
7,12 ± 1,95
3,62 ± 1,30
3,56
0,009
6,67 ± 1,75
3,67 ± 0,81
3,22
0,023
5,25 ± 1,98
2,75 ± 2,12
2,64
0,033
4,67 ± 2,33
3,17 ± 2,13
1,96
0,107
4,50 ± 2,26
2,25 ± 1,48
3,10
0,017
6,00 ± 3,03
2,67 ± 1,36
1,97
0,105
3,62 ± 2,06
2,00 ± 1,19
3,87
0,006
8,17 ± 1,32
4,17 ± 1,16
5,47
0,003
3,75 ± 2,31
2,25 ± 1,58
3,96
0,005
P
36
Per ultimo, nell’analisi della scala SAFE appare un miglioramento con una diminuzione delle
disabilità maggiore del 50% e con una significatività legata ad un margine d’errore max. di 2/1000.
E se consideriamo il gruppo con ritardo mentale l’errore diminuisce ulteriormente.
Migliorano perciò le abilità sociali, strumentali e funzionali dell’individuo!
STATISTICA PER CAMPIONE
APPAIATI
TEST Gr 1°
M ± DS
RETEST Gr1°
M ± DS
SAFE
41,00 ± 5,76
18,17 ± 6,49
T
P
8,96
0,000
TEST Gr 2°
M ± DS
RETEST Gr 2°
M ± DS
30,00 ± 12,82
12,50 ± 6,16
T
P
4,79
0,002
distribuzione valori del test e retest su tutti i 14 soggetti
60
50
40
medie test
30
medie retest
20
10
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
In un’analisi più approfondita, anche se considerato il numero di pazienti coinvolti questa può avere
un limite, emerge che l’abilità strumentale che percentualmente migliora maggiormente sulla
globalità del campione è l’uso del telefono (83 %), mentre l’abilità funzionale che migliora “solo”
del 41% è la gestione del denaro.
Medie degli singoli item di tutti i 14 soggetti al test - retest
test
retest
d
%
miglioramento
1
lavarsi, radersi, pettinarsi,truccarsi, curare il proprio corpo
1,43
0,79
0,64
45,00
2
vestirsi, scegliere e abbinare i capi adatti
1,64
0,57
1,07
65,22
3
mangiare e regolare la propria alimentazione
1,93
0,64
1,29
66,67
4
gestire i soldi
2,07
1,21
0,86
41,38
5
pulire e tenere in ordine la propria camera e gli ambienti
2,07
0,93
1,14
55,17
6
orientamento e mobilità all'esterno
1,29
0,29
1,00
77,78
7
leggere e scrivere
0,93
0,50
0,43
46,15
8
controllare gli impulsi, pazientare quando si ha una necessità
2,50
1,14
1,36
54,29
9
avere cura delle proprie cose e rispettare quelle degli altri
1,57
0,57
1,00
63,64
10
usare il telefono, consultare l'elenco o la rubrica
0,86
0,14
0,71
83,33
11
conversare con gli altri
1,64
0,71
0,93
56,52
12
comunicare i proppri bisogni e raggiungere i propri scopi
2,14
1,00
1,14
53,33
13
prestare attenzione agli altri e rispettarli
1,79
0,57
1,21
68,00
14
mostrare appropriatezza ed educazione nei rapporti con gli altri
1,93
0,86
1,07
55,56
15
rispondere al cercare l'interazione con gli altri
1,93
0,93
1,00
51,85
16
mantenere relazioni di amicizia (in comunità, casa o all'esterno)
2,36
1,21
1,14
48,48
17
svolgere attività (individuali non sociali) di tempo libero
2,43
1,14
1,29
52,94
18
partecipare alle attività sociali della comunità o casa
1,93
0,64
1,29
66,67
19
collaborare a programmi di trattamento
2,29
1,07
1,21
53,13
37
Conclusioni
La quasi totalità dei soggetti ha presentato un significativo miglioramento clinico e
cognitivo, con una stabilizzazione/diminuzione farmacologica, oltre ad una notevole diminuzione
dei propri bisogni e un marcato miglioramento delle proprie abilità/competenze sociali.
Le scale che, come da intenzione degli autori, vogliono misurare gli aspetti più clinici che
sociali, evidenziano un miglioramento marcato per il gruppo di Pazienti senza la discriminante del
ritardo mentale. Miglioramento che avviene anche per il primo gruppo ma che, secondo noi,
considerati gli handicap cognitivi non raggiunge gli stessi risultati stabilizzandosi su una soglia più
alta. D’altro canto nelle sottoscale in cui viene osservata la tensione, l’atteggiamento manierato e
l’eccitamento, i pazienti con ritardo mentale tendono ad avere un miglioramento più significativo
rispetto gli altri.
Gli strumenti che invece misurano il deficit nel funzionamento adattivo sociale come nella
cura di se o dell’ambiente in cui vivono, il miglioramento delle abilità personali o la necessità di
aiuto per affrontare i propri bisogni di base, evidenziano risultati significativamente importanti per
tutti e più marcati per il gruppo con ritardo mentale.
Emerge chiaramente come nell’affrontare o soddisfare i propri bisogni di base o legati alla
salute o sociali o legati ai servizi, la famiglia d’origine non è significativamente un aiuto.
Interessante è notare come il progetto IESA partecipi a riattivare le relazioni famigliari che, anche
se per molti di loro, non diventano punti di riferimento solidi e maturi, riattivano considerazioni
positive del congiunto e tentativi di dare, ognuno con le proprie peculiarità, sostegno al proprio
familiare.
Interessante notare anche la diminuzione dell’aiuto fornito dai servizi per alcuni aspetti dei
bisogni valutati. Come se la soddisfazione di questi bisogni, specie per i pazienti del secondo
gruppo, potesse portare ad un minor carico di lavoro/impegno per gli operatori dei CSM. Mentre
per i pazienti del primo gruppo, i bisogni legati alla salute, quelli sociali e quelli legati ai servizi,
permangono necessità d’aiuto, anche se diminuite, per le ragioni legate, secondo noi, alla
discriminante ritardo mentale.
Occorre, tuttavia, procedere ad una smitizzazione. Nessuno dei pazienti sceglierebbe mai in
prima istanza l’allontanamento dalla famiglia d’origine, ne per una comunità ma neppure per
inserirsi in un’altra famiglia. Presi nelle loro dinamiche conflittuali con un passato di sofferenza,
rivendicano dalla loro famiglia le risposte ai loro bisogni inascoltati, sperimentando la conseguente
rabbia e delusione, perché spesso ne colgono il pericolo.
Non dobbiamo dimenticare che lo strumento dell’accoglienza famigliare è integrativo del
più globale progetto riabilitativo, e rappresenta un momento di transizione verso situazioni di
maggior indipendenza e sicurezza. D’altronde, il fatto che sia previsto un contratto che prevede
specifici impegni sia della famiglia che accoglie sia dell’ospite, contribuisce a promuovere in
quest’ultimo un’assunzione di responsabilità, che porta il paziente da oggetto passivo a soggetto
attivo della propria cura.
In un’ottica istituzionale attenta all’aspetto economico l’accoglienza eterofamigliare può
essere una forma di risparmio rispetto altri tipi di percorsi riabilitativi. Non solo lo IESA costa
meno confrontato con l’inserimento in comunità alloggio, (comunità alloggio gestita in mix
pubblico privato sociale alta intensità sulle 24 ore € 100,95 al gg / rimborso spese mensile famiglia
affidataria € 1.291,14 mensile sulle 24 ore, equivalente a € 43,04 al gg) ma emerge che anche
l’impegno da parte degli operatori nel rispondere ai bisogni degli utenti può diminuire e di
conseguenza anche questa spesa, oppure orientarsi anche su altri aspetti molte volte trattati come
secondari e perciò migliorare il servizio offerto allo stesso costo.
È necessario evidenziare però che questo studio presenta dei limiti, innanzitutto, dato il
campione di pazienti ridotto, le statistiche misurate su di essi assumono un valore indicativo, anche
se tracciano una strada che fino ad oggi sembra inesplorata con l’uso di strumenti di valutazione
38
come questi. Inoltre il fatto che gli operatori coinvolti nella somministrazione dei test–retest
conoscano i pazienti può essere un limite, superabile solo se prevale la loro preparazione e
professionalità (come avvenuto, secondo noi, nella presente ricerca).
Sarebbe inoltre necessario applicare dei sondaggi relativi alla soddisfazione dell’utente per
valutare globalmente la qualità del servizio offerto.
39