"Gli Uccelli" di Aristofane in musica al Goldoni

COMUNE DI BAGNACAVALLO
(Provincia di Ravenna)
Comunicato stampa
12.3.2009
Sabato 14 marzo, alle 21, la tournée del musical Gli Uccelli, tratto dalla celebre opera di
Aristofane e rappresentato dalla compagnia “La Corte delle Spade” di Imola, con musiche di
Giampiero Roversi, fa tappa al Teatro Goldoni di Bagnacavallo.
Sotto la regia di Claudio Calafiore, attore, drammaturgo e regista, “La Corte delle Spade” si
cimenta nel progetto musical. Ed è un’avventura di colori e atmosfere che riportano in vita una
storia antica di 24 secoli eppure ancora estremamente attuale. Riprenderà così vita la vicenda di
Pisetero ed Evelpide, i due uomini che, stanchi di Atene e della sua corruzione, decidono di
andare tra gli uccelli per fondare la città perfetta. Per farlo cercano Tereo, un tempo re della
Tracia, ma trasformato dagli dei in Upupa per punirlo della sua crudeltà. Nasce così la città tra
cielo e terra.
Specializzata nel teatro storico, dopo oltre un decennio sulla scena in Italia e all’estero, “La
Corte delle Spade” costituisce da anni anche la sezione teatrale del gruppo storico “Oste
Ghibellina”, e mette in scena gli spettacoli rappresentati ogni anno durante le feste medievali di
Palazzuolo sul Senio.
Info e prenotazioni: tel. 349 4567824; [email protected], www.lacortedellespade.com.
Note di regia
Aristofane mise in scena per la prima volta Gli Uccelli nel 414 a. C. in occasione di un concorso teatrale.
Queste manifestazioni, nell’antica Grecia, erano vere feste popolari: duravano diversi giorni e le famiglie si
presentavano compatte, portandosi da mangiare e, spesso, dormivano sui gradini del teatro. Gli autori
proponevano al pubblico testi infarciti di cattiverie e sberleffi ai danni di personaggi pubblici. E il pubblico si
divertiva. Proprio a causa di questo suo totale radicamento nel suo tempo, rappresentare oggi Aristofane
sembrerebbe assurdo. Ma la grandezza di questo autore trascende i limiti del tempo. Così, Gli Uccelli,
sfrondati delle loro incomprensibilità, fatti diventare puro scheletro di concetti, diventano un’opera immensa. E
allora vedi la capacità del testo di passare dalla farsa alla tragedia attraversando tutto lo spettro degli umori del
teatro, leggi l’orrore e l’amarezza nei confronti degli esseri umani capaci di trasformare il simbolo stesso della
libertà, gli uccelli, dotati del bene unico del volo e caratterizzati dall’individualità, in un massificato e non
pensante esercito invasore; vedi il rapporto conflittuale coi concetti di fede e divinità; vedi, soprattutto, la
corruttibilità dell’anima dell’uomo, la sua disperante capacità di cedere al male insito in lui stesso proprio a
causa del bene supremo di cui lui tra gli esseri viventi è dotato: l’intelligenza. Questo adattamento altro non è che
l’esposizione di tutti i concetti e di tutte le anime teatrali che il testo possiede. La satira è stata sostituita dalla
spettacolarità, gli ammiccamenti al pubblico da coreografie, danze e canzoni. Tutto è cambiato e tutto è rimasto
intatto, perché il vero spirito del testo è ancora lì, nudo e pulsante, in attesa di essere colto e capito. Tutto ciò che
abbiamo fatto, in realtà, è stato dire quello che Aristofane aveva lasciato all’intuizione: senza un cambiamento
nel pensiero degli esseri umani non si può parlare né di bene né di male, né di eroi né di tiranni, solamente di
sconfitti.
(72-09)
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