Nome scientifico: Aythya nyroca L

Averla capirossa
Lanius senator Linnaeus, 1758
Codice lista italiana: 110.593.0.004.0
Priorità: 9
RARITÀ GENERALE: valore = 3: Secondo la nuova “Lista Rossa” italiana appartiene alla
categoria delle specie “a più basso rischio”; rientra quindi nel novero delle specie
minacciate. In Italia risulta distribuita in maniera non uniforme nelle regioni nordoccidentali, in quelle del centro-sud e nelle isole maggiori. La popolazione riproduttiva
complessiva italiana è valutata in circa 15.000 coppie. Specie concentrata in Europa e con
uno status di conservazione complessivamente sfavorevole.
COROLOGIA: valore = 2: L’Averla capirossa ha corologia olomediterranea, con areale esteso
ai paesi che circondano il bacino mediterraneo; la sua distribuzione si estende a nord fino
alla Polonia e a sud fino al Nord Africa.
FRAGILITÀ [dimensioni della popolazione]: valore = 1: Soggetto a un ampio declino per
motivi ambientali (intensificazione dell’agricoltura, abbandono delle tecniche tradizionali
d’allevamento, uso non controllato di pesticidi) e persecuzione venatoria; sembra essere
soggetta ad una pressione predatoria relativamente elevata da parte di Gazza, Ghiandaia e
diversi roditori e rettili La popolazione europea è attualmente stimata in circa 690.000
coppie nidificanti. Abbastanza comune durante la migrazione primaverile sulle isole e sulla
costa occidentale italiana.
CONSISTENZA DEL POPOLAMENTO REGIONALE: valore = 3: Nidificante abbastanza raro,
distribuito in meno del 10% delle tavolette del territorio regionale, principalmente nell’area
pedemontana bresciana e sui rilievi morenici a sud del Lago di Garda.
SELETTIVITÀ AMBIENTALE: valore = 2: La specie seleziona habitat tipici delle zone agricole
estensive, in cui siano presenti siepi e filari adatti alla nidificazione e zone aperte (prati e
zone incolte) sfruttabili per la caccia.
CRITICITÀ: valore = 0: Il territorio regionale, nel contesto della situazione nazionale, risulta
di scarsissima importanza per la specie. In Italia infatti l'Averla capirossa nidifica con più
frequenza nelle regioni meridionali e sulle isole.
STRATEGIE DI CONSERVAZIONE: Trattandosi di una specie minacciata e fortemente selettiva,
la principale strategia di conservazione consiste nella applicazione di interventi diretti
sull’habitat [B]. La forte tendenza alla diminuzione dimostrata negli ultimi decenni in
Europa consiglia l’esecuzione di monitoraggi sulla popolazione esistente (così da
individuare eventuali azioni di supporto a nuclei in diminuzione) [C].
TIPOLOGIE DI INTERVENTO: Le preferenze dell’Averla capirossa per aree aperte ad
agricoltura non intensiva suggeriscono il mantenimento o la creazione di zone ecotonali
[Bc1] e l’incoraggiamento di pratiche agricole rotazionali [Bc5]. Poiché l'uso di pesticidi
ed erbicidi incide in modo pesante sulla reperibilità di insetti adatti alla dieta dell'Averla
capirossa, appare opportuno controllarne l'utilizzo e incrementare le attività agricole che
fanno uso di metodi di coltivazione "biologici" [Bc4]. Nell'ambito di una gestione agricoloforestale favorevole alla specie ulteriori misure includono il mantenimento di prati polifiti
permanenti [Bc6], l'utilizzo del set-aside [Bc7], l'incentivazione del pascolo programmato
[Bc12], il mantenimento e il ringiovanimento degli ambienti aperti naturali e semi-naturali
[Bc10] e lo sfalcio dei prati utilizzati quali aree di caccia [Bc11]. Dati i drammatici
decrementi registrati nella Pianura Padana risultano di fondamentale importanza attività di
monitoraggio rivolte alla verifica dello status delle popolazioni che nidificano nella
regione, con particolare riferimento alla loro consistenza e struttura [C1]. Trattandosi di
una specie particolarmente a rischio si consiglia l'effettuazione di studi particolareggiati
mirati alla individuazione di potenziali interventi futuri [C11].
COSA NON FARE: Nelle pratiche agricole occorre evitare l’eliminazione degli elementi di
diversificazione del paesaggio e minimizzare l'utilizzo di erbicidi e pesticidi. La gestione
forestale degli habitat collinari e montani dovrebbe evitare la ricolonizzazione delle radure
e dei prati pingui da parte della vegetazione arbustiva.
FATTORI CRITICI: La specie non è più sottoposta a persecuzione diretta. Il principale fattore
di minaccia è costituito dai cambiamenti nelle pratiche agricole.
Passeriforme di taglia media, lungo 17-19 cm, con apertura alare di 26-28 cm. Il
dimorfismo sessuale non è molto pronunciato. Il maschio si distingue dalle averle maggiore
e cenerina per il vertice e la nuca castano- rossastri; ha un’ampia banda frontale e una
maschera attorno agli occhi, entrambe di colore nero; la gola e le parti inferiori sono di
colore bianco puro; le ali sono nere, come anche il mantello. La femmina è simile al
maschio, ma più opaca. Gli immaturi sembrano dei pallidi giovani di Averla piccola, con
un mantello fittamente barrato, scapolari e groppone molto chiari e tracce della corta barra
alare biancastra. Il volo è tipico del genere, ma notevolmente diretto e impetuoso. Per
appollaiarsi compie una brusca curva verso l’alto, accentuata dall’abitudine di posarsi in
punti più alti rispetto alle altre averle.
Il canto del maschio è alto e molto più regolare delle congeneri europee: consiste in
un’alternanza tra un gorgheggio continuo, estremamente vario, sostenuto e molto musicale
ed un chiacchiericcio stridente (spesso predominante) caratterizzato da fischi e trilli in toni
alti; contiene anche molte abili imitazioni ed è spesso preceduto da richiami caratteristici.
La femmina canta occasionalmente, talvolta in duetto con il maschio. Solitamente è una
specie solitaria e territoriale. Il sistema di accoppiamento è essenzialmente monogamico,
ma in alcune aree i maschi superano in numero le femmine; in tal caso, i maschi in esubero
si associano alle coppie già formate. Può capitare di osservare comportamenti di nutrizione
del partner durante il corteggiamento al momento dell’arrivo nei territori di nidificazione.
L’Averla capirossa si nutre di insetti e altri invertebrati (soprattutto Coleotteri) ed
occasionalmente di piccoli vertebrati. Come le altre averle, attende sui posatoi da cui si
lascia cadere o scivola sopra la preda sul terreno, o balza fuori in volo dopo aver
individuato un insetto.
Migratrice su lunga distanza, nidifica in Europa centrale, principalmente nel bacino del
Mediterraneo, e sverna nelle aree tropicali dell’Africa. L’Italia è interessata dalla
migrazione primaverile in aprile e maggio, da quella autunnale tra luglio e settembre.
L’Averla capirossa è praticamente assente lungo l’arco alpino ed in vasti settori dell’Italia
nord-orientale, mentre altrove è distribuita in modo non uniforme, con un incremento di
densità al centro-sud e nelle isole maggiori. In Lombardia, come in tutta la parte
settentrionale dell’areale, è una specie localizzata, con una distribuzione omogenea solo
nella fascia comprendente il pedemonte bresciano; presenze sporadiche di coppie isolate o
popolazioni frammentate a bassa densità sono state segnalate nel Parco Agricolo Sud
Milano e in alcuni Parchi fluviali (Adda Sud, Serio, Mincio) oltre che nelle zone del Parco
del Bernina, Disgrazia, Val Masino e Val Codera. Una seconda area relativamente
importante, in ambito non protetto, si trova nell’Oltrepo Pavese.
Predilige aree a clima mediterraneo e steppico, principalmente in ambienti collinari o
pedemontani xerici. La fascia altimetrica occupata si estende fino a 500 m, con il massimo
degli insediamenti tra i 100 e 300 m. Occupa aree semi-aperte con cespugli ed alberi ben
spaziati, come anche terreni boscosi, vecchi frutteti, giardini e parchi con siepi spinose. In
alcune zone divide l’habitat con l’Averla piccola senza competizione evidente. Frequenta
anche i margini di zone pascolate o coltivate non intensivamente. Nidifica tra i primi di
maggio e la metà di luglio, su alberi da frutto e olivi o in cespugli fitti e spinosi, dove si
ritrovano nidi a coppa estremamente resistenti, costituiti da materiale vegetale (foglie e
radici) e foderati con lana, peli, ragnatele, muschi e licheni; spesso sono incorporati fiori
raccolti dal terreno. L’unica covata annuale è mediamente composta da 5-6 uova
(raramente 7); la cova dura 14-15 giorni e l’allevamento dei piccoli al nido 15- 18. In
genere è la femmina ad incubare le uova, ma i piccoli vengono nutriti da entrambi i
genitori.
Elisabetta de Carli e Lia Nuvoli
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