AIUTO, CHE ANSIA! - Scuola Media Dante Alighieri Torino

“AIUTO, CHE ANSIA!”
Riflessioni e suggerimenti per gestire
stati emotivi e malesseri dei nostri figli
Dott.ssa
Associazione
Elisa Papa – albo n° 5343 del 3/3/2008
MeC Educational - www.meceducational.it
Il termine ansia deriva dal latino “anxius”, ovvero
cappio, per cui già etimologicamente richiama concetti
quali il sentirsi soffocare, ed è connotata da varie
sensazioni, per lo più spiacevoli, fra cui il timore, la
paura, l'apprensione, la preoccupazione, la sensazione
che le cose possano sfuggire di mano, il bisogno di
trovare
una
soluzione
immediata
e,
nel
caso
di
esposizione prolungata, la frustrazione e la disperazione.
Questa è l'ansia nella sua concezione patologica, ma
esiste anche un'ansia fisiologica, per così dire “normale”,
un'emozione naturale e universale.
L’ansia è un meccanismo fisiologico in risposta ad
uno stress, tutte le persone, di qualunque età, la
provano.
E’ una reazione naturale che fa parte della risposta
automatica ai potenziali pericoli fisici, la cosiddetta
risposta di attacco o fuga, che è presente in tutti
gli esseri viventi (compresi gli animali). Quindi,
l'ansia
ci
consente
di
sopravvivere
poiché
ci
permette di capire quando siamo di fronte a una
minaccia e ci prepara ad affrontarla al meglio.
Negli ultimi anni il numero di bambini e ragazzini
che manifesta specifici disturbi d’ansia ha raggiunto
un livello tale da costituire un vero e proprio allarme
sociale. Pare che il 21% dei ragazzi di 8, 12 e 17
anni presenti una sintomatologia e disturbi tali da
giustificare una diagnosi di ansia.

E’
importante
sottolineare
che
non
è
facile,
nei
bambini,
discriminare tra una paura normale ed un'ansia patologica: quella
normale è prevedibile in certi momenti dello sviluppo come nella
separazione dai genitori, in adolescenza oppure quando i bambini
rimangono soli al buio o durante un temporale.

Dove si situa quindi il limite tra ansia normale e patologica?
Quando diventa un disagio clinico? La risposta si trova
nell'osservazione del comportamento del piccolo: se l'ansia
interferisce con le consuete attività giornaliere, le rende
più complesse e sofferenti, durante la scuola, a casa o in
compagnia di altri coetanei. Inoltre, dato assai significativo, il
disturbo d’ansia nel bambino piccolo è spesso manifestato con
sintomi quali cefalea, vomito e dolori addominali.
Sintomi dell’ansia
I sintomi e i segni dell'ansia possono essere suddivisi nei
seguenti tre tipi:

Sintomi Fisiologici dell'ansia - come la tachicardia,
le palpitazioni, la sudorazione, i tremori, ecc.

Sintomi Psicologici dell'ansia - come la paura di morire, di
impazzire, di perdere il controllo, le fobie, ecc.

Sintomi Comportamentali dell'ansia - come i
comportamenti di evitamento, di fuga, di immobilizzazione
(freezing), reazioni eccessive a stimoli innocui,
comportamenti complessi ecc.

A partire dalla pre adolescenza invece ( verso i 11/12
anni) le crisi assumono atteggiamenti di continua
richiesta,
manifestazioni
comportamentali.
Quello
maggiormente
l’ansia
è
di
collera
che
da
e
oggi
alterazioni
preoccupa
separazione,
l’ansia
generalizzata, le fobie specifiche e i disturbi ossessivo
compulsivi (il bisogno di lavarsi continuamente le mani,
i pupazzi sempre nello stesso ordine, indossare sempre
le medesime scarpe o impiegare molto tempo nello
svolgimento delle giornaliere attività). Purtroppo però
l’ansia che colpisce in questa fascia di età viene spesso
misconosciuta e confusa con altri disturbi.
Quali sono i segnali dell’ansia negli adolescenti?
- Pensieri e paure costanti sulla propria incolumità e
quella dei genitori;
- Rifiuto di andare a scuola;
- Frequenti attacchi di mal di stomaco ed altri
malesseri fisici;
- Nervosismo e preoccupazione quando si è fuori casa;
- Difficoltà nel parlare o nell’incontrare persone nuove;
- Preoccupazione eccessiva per specifiche situazioni,
ancor prima che accadano;
- Preoccupazione eccessiva relativa alla scuola, alle
amicizie o allo sport;
- Bisogno eccessivo di rassicurazioni;
- Difficoltà nel rilassarsi e nel dormire
Conseguenze dell’ansia

Evitamento, cioè la tendenza a fuggire dalle situazioni, che permette
di ridurre rapidamente l'ansia stessa. Tuttavia, nel lungo periodo
questa strategia diventa controproducente perché, ogni volta che si
metterà in atto allontanandosi da una situazione, aumenterà al tempo
stesso la paura di affrontarla.

Inoltre l’evitamento può agire negativamente sull'autostima della
persona e può diffondersi anche a situazioni che inizialmente non
scatenavano ansia per un effetto di generalizzazione, portando
l'individuo a evitare sempre più situazioni e a limitare così la propria
vita.

Con il tempo si sviluppa l'ansia anticipatoria, cioè si inizia a provare
ansia al solo pensiero di dover affrontare quelle situazioni che si crede
potrebbero scatenare l'ansia, e quindi anche in questo caso si tende
ad evitarle del tutto.
In ambito scientifico è ormai consolidata la tesi per cui un
livello di ansia ottimale, né troppo basso né troppo
alto, costituisce lo sprone per ottenere il meglio in
una prestazione: un livello troppo basso di ansia indica
un'attivazione fisiologica e psicologica troppo bassa e per
questo inefficace, mentre un livello troppo alto porta a
confusione
e
quindi
inficia
la
buona
qualità
della
performance. Con l'aumento dell'ansia l'efficienza della
prestazione aumenta proporzionalmente, ma soltanto fino
a un livello ottimale oltre il quale l'efficienza prestazionale
diminuisce, con ulteriore aumento dell'ansia che ai livelli
massimi può portare all’impossibilità di ogni prestazione.
Cause dell’ansia
I disturbi d'ansia causati dalla compresenza di tre fattori:
1. Genetici: predisposizione biologica, ereditarietà Se i
genitori sono apprensivi, il loro bambino può ereditare la
stessa propensione. la tendenza a essere ansiosi
dipende almeno per il 35% dall’albero genealogico.
2. Di personalità: emotività e/o immaturità eccessive
nel bambino, tendenza eccessiva alla dipendenza dalle
figure di attaccamento (mamma, papà, nonni, etc...).
3. ambientali: condizioni di vita stressanti ed ansiogene
(mancanza
di
autorevolezza
genitoriale,
importanza per il carico scolastico, ecc)
eccessiva

Inoltre, per quanto riguarda la genesi dei disturbi
d'ansia nel bambino, hanno un ruolo fondamentale le
prime esperienze di vita che questi fa, in primis
l'allattamento. Le
cause
dell’aumento
di
questi
disturbi sono in parte da ricercare tutte nella storia
personale di questi bambini e ragazzi e in quella
dei loro genitori. Ma anche la società, con i fattori
ambientali, ha un ruolo preponderante: la civiltà è
cambiata, siamo passati in pochi anni da una realtà
contadina a una industriale e tecnologica e insieme è
cambiata la forma e le relazioni della famiglia.
Cosa fare?

L’ansia è spesso relazionata con la paura e le spiegazioni
razionali non aiutano ma spesso aumentano la frustrazione nel
ragazzo. La tendenza, spontanea e naturale, del genitore a
spingere il ragazzo ad attivare comportamenti diversi e a non
provare paura e ansia sono spesso tentativi vani!

Frasi come “non devi avere paura”, “smettila di essere
timido”, ”non ci devi pensare”,“cerca di stare tranquillo”
sono poco utili e spesso ottengono l’effetto contrario.

Quando l’ansia del ragazzo sottende un senso di incapacità ed
evitamento, poco fiducia nelle sue risorse, emergono attacchi di
panico, ossessioni, compulsioni è il caso di rivolgersi ad un
professionista.
Che fare?

Lo
sport
è
terapeutico.
Permettergli
di
correre
e
muoversi. Se lo sport diventa una buona abitudine e viene
mantenuta anche in età adulta è addirittura una medicina:
una
recente
ricerca
dell’Università
del
Maryland
ha
dimostrato che bastano 30 minuti di esercizio aerobico a
intensità moderata (per esempio una passeggiata in bici)
per sentirsi subito più tranquilli.

Ridere: aiuta a distaccarsi dai problemi e a vederli da un
altro punto di vista e con “gli occhiali rosa”, perché innesca
una cascata chimica naturale che agisce al pari di una
pillola ansiolitica, valida per adulti e bambini» (Pellai).

Questo non vuol dire negare l’esistenza dei problemi, ma
aiuta a evitare che diventino un tormentone o che tutto
quel che succede venga letto in chiave catastrofica.

«È invece importante che i genitori reagiscano ai
momenti no cercando di sdrammatizzare e con un
atteggiamento positivo». Così trasmetti a tuo figlio
l’idea che, con la calma e la serenità, si può
trovare una soluzione. Se per esempio il bambino è in
ansia perché c’è una verifica a scuola, gli si può
suggerire di «fare il possibile per riuscire a superarla, ma
che non è indispensabile che faccia tutto giusto».

I genitori devono consentire ai figli
esperienze dirette,
comprese quelle sgradevoli. I fallimenti e gli errori sono
fonte di apprendimento e solo superando gli ostacoli il
piccolo matura quella sicurezza di base che è il primo
antidoto contro l’ansia.

L’occhiata della mamma è la chiave di lettura attraverso
cui il bimbo interpreta quel che gli succede. Se è
rassicurante, gli permette di regolare meglio le sue emozioni e
crea una sorta di imprinting che gli consente di affrontare
nuove prove, senza paure immotivate.

Importante quindi lasciare spazio alla “disinvoltura” di certi
papà (o comunque del genitore più “easy”) che, in
genere, permettono ai figli di saggiare la zona del
rischio, con un pizzico di calcolata imprudenza.
Un adulto spaventato è un
adulto spaventante!
“Sono più le cose che ci preoccupano di
quelle che ci danneggiano e noi soffriamo
di più per il timore che per la realtà”.
Seneca, I secolo a.C.
Grazie per l’attenzione